• Africa: povertà e denutrizione in aumento nonostante la crescita economica e l’aumento dell’import di prodotti agro-industriali

    L’Africa nel suo insieme, nonostante i progressi intrapresi a partire dall’inizio del nuovo millennio, si presenta tutt’oggi, sia dal punto di vista economico che sociale, come il continente meno sviluppato.

    Sotto il primo aspetto, benché la ricchezza prodotta dall’intero continente, secondo l’Ocse, sia triplicata fra il 2000 e il 2016,[1], il pil pro capite medio africano risulta ancora di soli 2.000 $ annui[2]. Un valore che uniforma differenze anche marcate, non solo macroregionali fra la parte Mediterranea, più sviluppata, e quella sub-sahariana, più arretrata in assoluto su scala globale, ma anche fra i vari stati all’interno delle stesse, dove, ad esempio, entro quest’ultima, nel 2017[3], troviamo il Burundi con un pil pro capite di soli 312 $ a fronte della Guinea Equatoriale che invece raggiunge i 12.727 $. Avallando la definizione di alcuni analisti che preferiscono utilizzare il termine Afriche per indicare appunto una situazione di relativa differenziazione interna al continente.

    Il quadro sociale

    Anche sotto l’aspetto dello sviluppo sociale complessivamente l’Africa evidenzia una marcata arretratezza: nonostante la speranza di vita media alla nascita sia cresciuta fra il 2015 e il 2018 di ben 3 anni (da 50,8 a 53,9)[4], risulta ancora inferiore rispetto agli altri continenti e la mortalità infantile, benché scesa solo negli ultimi anni al di sotto della soglia del 100 per 1.000, vede gli stati della parte sub-sahariana situati in blocco nelle ultime posizioni nell’apposita graduatoria dell’Unicef relativa al 2018 (tab. 1).

    Tabella 1: mortalità infantile nel primo anno di vita. Fonte (Unicef 2018)[5]

    Un quadro sociale generale ancora indubbiamente critico come certificato dai valori della povertà assoluta dichiarati dalla presidente della Banca africana di sviluppo Celestine Monga[1], con addirittura oltre il 40% della popolazione continentale, a fronte di una media mondiale dell’10%, che cerca di sopravvivere con meno di 1,90 $ al giorno e la sottoalimentazione che nel 2018, secondo la Fao[2], colpiva il 20% degli africani. Una drammatica situazione che vede concentrarsi, nel continente che accoglie solo il 17% della popolazione mondiale, circa un terzo del totale dei denutriti sulla Terra (con meno di 2.000 calorie al giorno), confermando che il binomio fame-povertà, lungi dall’essere sradicato, presenta addirittura un inquietante trend in fase di aggravamento.

    [1] studio americano del Brookings Institution (classifica dei paesi più poveri al mondo)

    [2] http://www.fao.org/news/story/it/item/1180461/icode

    A fronte di un tendenza globale di lungo periodo di riduzione della povertà estrema dai 1,850 miliardi (35%) del 1990 ai 735 milioni (10%) del 2015, nel periodo compreso fra il 2013 e il 2015, al cospetto di una contrazione mondiale di 68 milioni di unità, in Africa sub-sahariana, secondo la Banca Mondiale si è registrato invece un aumento di 8 milioni e addirittura 9 milioni in Nord Africa e Medio Oriente (Tab. 2). In quest’ultima area la situazione è risultata peggiore visto che i poveri sono quasi raddoppiati da 9,5 a 18,6 milioni a causa delle cosiddette Primavere arabe in Tunisia ed Egitto e delle guerre in Libia e in Siria che hanno destabilizzato dal punto di vista politico ed economico la macroregione.

    Tabella 2: povertà assoluta in percentuale e in valore assoluto 2013-2015. Fonte: Banca Mondiale[8]

    La gravità della situazione è testimoniata dallo studio realizzato dai ricercatori del World Poverty Clock con il sostegno delle Nazioni Unite e del governo tedesco concluso nel 2018 dal quale emerge che si trovano in Africa sub-shariana 12 dei 14 paesi dove la povertà estrema risulta in aumento in valore assoluto: Nigeria, Niger, Ciad, Repubblica Centrafricana, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo, Angola, Zambia, Madagascar, Burundi e Sud Sudan, sul quale ci soffermeremo in seguito.

    Caso paradigmatico è rappresentato, ad esempio, dalla Nigeria, stato più popoloso del continente con circa 195 milioni di abitanti, che in base alle proiezioni del World Poverty Clock 2018 del World Data Lab di Vienna[10], ad inizio 2018, risultava, nonostante le ingenti riserve petrolifere, il paese con il più elevato numero di persone in condizione di povertà assoluta, stimate a fine maggio 2018 in ben 87 milioni scalzando l’India (73 milioni) dal vertice della poco gratificante graduatoria mondiale (grafico 1). La reale gravità della situazione tuttavia emerge dal rapporto fra la consistenza demografica dei due paesi che nel 2018 risultava di ben 7:1 a favore del colosso asiatico.

    Grafico 1: stati per numero di persone in povertà assoluta. Fonte: World Poverty Clock

    Una situazione molto critica in Nigeria, al cui interno convive il 44,2%[11] della popolazione in situazione di estrema povertà (tab. 3) e al contempo è il Paese d’origine del miliardario più ricco del continente, l’uomo d’affari Aliko Dangote, e quello dove cresce un’elite di benestanti sempre più abbienti. Povertà e disuguaglianza, fenomeno che in Europa dopo la crisi del 2008 è andato sempre consolidandosi.

    Tabella 3: primi 4 paesi africani per numero di abitanti in povertà assoluta. Fonte: World Poverty Clock

    Riguardo alla sottoalimentazione rileviamo una situazione ancora più critica rispetto a quella della povertà: infatti, in base al report dell’Unicef 2018[12], dopo aver toccato, a livello mondiale, il minimo storico nel 2015 a 785 milioni di persone è risalita nel 2017 a 821, dato confermato anche nel 2018[13], con l’Africa che assorbe la quasi totalità dell’aumento: ben 34,5 su 36 milioni di aumento globale. Il numero di persone sottoalimentate in Africa sale così nel 2017 a 257 milioni di unità, suddivise fra i 20 milioni nella parte Mediterranea ed i 237 in quella sub-sahariana. Quasi la metà dell‘incremento è dovuta all’aumento del numero di persone denutrite nell’Africa occidentale, mentre un altro terzo proviene dall’Africa orientale.

    L’ampia porzione di Africa posta sud del Sahara si conferma così come la macroregione in stato di maggior sofferenza a livello mondiale, con la speranza di vita media più bassa, la più elevata mortalità infantile e con le maggior percentuali di persone sottoalimentate e in condizioni di povertà assoluta.

    Le previsioni

    Dal rapporto del World Poverty Clock pubblicato il 7 settembre 2018[14] fuoriesce, del continente africano, una situazione a luci e ombre: se da un lato, nell’Africa sub-sahariana, la povertà assoluta è prevista in riduzione dal 39% del 2018 al 27% del 2030, lo stesso problema sta invece assumendo, per alcuni paesi, i connotati di una piaga sociale endemica per la quale non si intravedono prospettive di risoluzione nemmeno a medio termine. Infatti, in base alle stime dello stesso report del World Poverty Clock pubblicato il 5 maggio 2018, è previsto che nel Continente Nero nel 2030 si troveranno sia i 13 dei 15 paesi in cui la povertà avrà registrato un aumento in valore assoluto che i primi 4, fra i soli 5, che vedranno aumentare il tasso di povertà assoluta a livello mondiale (tab. 4). Per il 2018 invece è stato calcolato un ulteriore aumento di 3 milioni di unità a livello continentale.

    Tabella 4: stati africani col più elevato tasso di povertà assoluta in percentuale: stime 2018-previsioni 2030. Fonte: World Poverty Clock

    Sud Sudan: l’ultimo nato in peggiori condizioni

    Particolarmente drammatica risulta, dal report del Word Poverty Clock pubblicato il 1 agosto 2018[15], la situazione del Sud Sudan, paese di più recente formazione della Terra (2011), che vedrà aumentare il numero di poveri assoluti dagli 11,5 milioni del 2018 ai 14 del 2030, con una incidenza sulla popolazione che passerà dall’85,1% al 95,8% (tab. 4). Il conflitto per la leadership politica fra il presidente, Salva Kiir di etnia Dinka, e il suo vice, Riek Machar leader dei Nuer, il secondo gruppo etnico nazionale, ha insanguinato e destabilizzato il Paese per quasi 5 anni sino al luglio 2018 minandone lo sviluppo e la diversificazione economica: ancora oggi circa l’85% della popolazione attiva risulta impegnata in attività non salariate, principalmente agricoltura di sussistenza e allevamento (circa il 78% degli attivi)[16]. La sostanziale assenza dell’industria manifatturiera costringe all’importazione di quasi tutti i beni sia di consumo che intermedi; l’unico settore industriale moderno risulta quello petrolifero, nel quale dominano gli investimenti stranieri, in particolare cinesi, indiani e malesi[17]. Ricco di risorse del sottosuolo, il Sud Sudan, detiene, oltre ai pozzi petroliferi, giacimenti di oro, argento, ferro e rame.

    Ricoprendo il 99% dell’export e il 60% della ricchezza nazionale, il settore petrolifero risulta di gran lunga dominante, causando tuttavia fragilità alla struttura economica nazionale a seguito della dipendenza della stessa dall’andamento delle quotazioni borsistiche: il pil pro capite secondo la Banca Mondiale è infatti crollato, insieme al valore del petrolio, dai 1.111 $ del 2014 ai meno di 228 $ del 2017[18]. Il conseguente deficit fiscale ha causato un’ondata inflazionistica e gravissime carenze alimentari: nel Paese ben 7 milioni di persone (pari al 63%) sono stati colpiti da carestia e vengono assistite tramite gli aiuti umanitari del World Food Programme (Wfp), mentre quasi 2 milioni sono gli sfollati interni e altri 2,5 milioni sono fuggiti dal Paese, dando vita alla più grave crisi dei rifugiati in Africa dopo quella del Ruanda di metà anni ’90.

    A prescindere dalla grave crisi alimentare in atto, nel complesso il Sud Sudan presenta un quadro strutturale disastroso caratterizzato dall’83% di popolazione rurale, da un elevato analfabetismo (73% maschile e l’84% femminile), da una carenza di servizi pubblici che esclude il 75% della popolazione dall’assistenza sanitaria e dalla maggior percentuale di popolazione in povertà assoluta (85%) a livello mondiale, ai quali si aggiungono carenze infrastrutturali, debolezza delle istituzioni politiche, corruzione al pari del resto del continente, frammentazione etnica (ben 64 gruppi) e dispute di confine[19].

    Fame in aumento e boom dell’import di prodotti agricoli: un’apparente contraddizione

    Dal report del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) del 2 novembre 2015[20] emerge che nel ventennio 1995-2014 le importazioni di cibo e prodotti agricoli intermedi e primari ha subito in Africa sub-sahariana un incremento medio del 13% annuo come effetto combinato della sostenuta crescita economica (60% di incremento del pil totale nei 10 anni precedenti) e del consistente incremento demografico (dai 720 del 1995 ai 1.156 milioni del 2014)[21]. Le importazioni agricole totali hanno raggiunto nel 2014 un controvalore pari a 48,5 miliardi $, secondo solo al 2013, ripartito fra i 11,7 miliardi proveniente da altri Paesi della macroregione e i 36,8 da fuori del continente. Emerge tuttavia un aspetto incoraggiante per il progetto di integrazione panafricano riconducibile alla crescita del commercio agricolo intra-africano, che fra il 2009 e il 2014, ha superato quello proveniente dall’esterno: 100% contro 60% (grafico 2).

    Grafico 2: importazioni agricole in Africa sub-sahariana in miliardi $ 1994-2014

    Per individuare le cause della contraddizione sottoalimentazione/aumento dell’import agroalimentare è opportuno sovrapporre alla dinamica demografica quella sociale: in Africa sub-sahariana infatti nel decennio 2005-2014 si è registrata un’espansione della classe media addirittura del 90%, ceto sociale che, al pari di quello di altre aree emergenti del Sud del mondo, persegue consumi di tipologia e livello occidentale, alimentando una sensibile crescita della domanda di tali prodotti. Infatti, dall’analisi merceologica del comparto rileviamo come le principali importazioni agroalimentari dell’Africa sub-sahariana siano prodotti orientati al consumatore: alimenti preparati, latticini, pollame, vino/birra e verdure. Tali prodotti diretti al consumo finale hanno registrato nel quinquennio 2010-2014 addirittura un incremento del 70% arrivando, in quell’anno, a rappresentare oltre il 40% delle importazioni totali della macroregione.

    Al pari le importazioni di prodotti intermedi, principalmente olio di palma e zucchero, utilizzati come materie prime dall’industria agroalimentare, sono cresciute anch’esse rapidamente, mentre quelle di merci sfuse, prodotti primari destinati all’alimentazione di base, sono state invece più contenute, tant’è che l’import di cereali, in un sub-continente “affamato” rappresentavano solo il 21% nel 2014: grano 9% e riso 12% (grafico 3).

    Grafico 3: paniere merceologico dell’import agroalimentare in Africa sub-sahariana 2014

    Lo stesso report prospetta un futuro addirittura prosperoso per l’export agricolo statunitense verso l’Africa sub-sahariana teso al recupero delle quote perse, scese nel ventennio 1994-2005 dal 15 al 5%, in quanto la classe media della macroregione dovrebbe crescere di un ulteriore 90% nel successivo decennio 2014-2024 (grafico 4) determinando un incremento della domanda di prodotti orientati al consumatore di un altro 60%. Un business plan che, tuttavia, non mostra particolare attenzione alle fasce sociali in sofferenza.

    Grafico 4: crescita in % della classe media nelle principali macroregioni terrestri 2014 – 2024

    Un modello agroalimentare contraddittorio

    La critica situazione alimentare del Continente Nero, e in particolare della parte sub-sahariana, è riconducibile alle distorsioni del modello agroalimentare mondiale, sempre più caratterizzato dall’Agrobusiness e dalle sue perverse dinamiche. Un settore, definito dal dizionario curato da Aldo Gabrielli come “il complesso di attività e mezzi connessi allo sviluppo capitalistico dell’agricoltura”, nel quale le finalità esulano dalla funzione primaria di soddisfacimento del fabbisogno alimentare per perseguire invece la massimizzazione del profitto in linea con le logiche capitalistiche.

    Basato sull’integrazione fra agricoltura e industria, al suo interno operano poche grandi imprese multinazionali che controllano l’intera filiera: dalla produzione alla trasformazione industriale sino alla commercializzazione dei prodotti finiti. Le produzioni agricole avvengono in ogni area del pianeta, sia del Nord che del Sud, mentre i prodotti finiti vengono indirizzati dove esiste facoltà di spesa, la famosa domanda, quindi principalmente nei paesi sviluppati e verso i ceti sociali emergenti (nuovi ricchi e classi medie) di quelli in via di sviluppo (Cina, India ecc.) e addirittura di quelli ad economia meno sviluppata, come nel caso africano.

    L’agricoltura costituisce l’asse portante del sistema in quanto produttrice delle indispensabili materie prime ma l’attività industriale economicamente ha la preminenza poiché gran parte del valore aggiunto deriva dalla trasformazione dei prodotti agricoli. Negli Stati Uniti, ad esempio, il sistema agroalimentare industriale assorbe il 20% della popolazione attiva ma soltanto l’1% è impiegato nel settore primario. A rimanere schiacciati da questo sistema sono i produttori locali, soprattutto quelli piccoli, del Sud del mondo ai quali vengono dettate le scelte colturali, a discapito della sovranità alimentare quindi dei prodotti di sussistenza, e imposto prezzi di acquisto molto bassi, a causa dell’asimmetria contrattuale fra le parti contraenti. Emblematico risulta a tal proposito il caso del caffè che, contrariamente ad altri prodotti di piantagione, è coltivato da una moltitudine di piccoli contadini che si trovano in condizione di subalternità rispetto alle multinazionali che acquistano la materia prima per la trasformazione e la commercializzazione.

    In base al rapporto “Scopri il marchio“ di Oxfan le 10 più grandi aziende agroalimentari vale a dire Associated British Foods (Abf), Coca-Cola, Danone, General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez International (ex Kraft Foods), Nestlé, PepsiCo e Unilever generano collettivamente entrate superiori a 1,1 miliardi di dollari al giorno[22] 1 con un volume d’affari stimato intorno ai 7.000 miliardi annui, addirittura 18 volte superiore al settore dell’energia, rappresentando circa il 10% dell’economia globale. Nei vari comparti in cui operano tendono a crearsi oligopoli egemonizzati da queste imprese di enormi proporzioni, come nel comparto del cacao in cui tre aziende controllano il 30% del mercato mondiale[23] o quello della frutta tropicale dove cinque multinazionali ne coprono addirittura l’80%[24] .

    Le dimensioni economiche di queste macroaziende superano talvolta quelle di stati del Sud del mondo consentendo loro di esercitare pressioni sui governi tese ad influenzarne le scelte politiche a proprio vantaggio, ma che finiscono per concretizzarsi in dinamiche vessatorie per le popolazioni locali quali: l’espansione dei latifondi, delle monocolture da esportazione e del land grabbing (l’accaparramento delle terre). Quest’ultimo fenomeno, attuato sia da imprese che da stati, affligge Sud America, Sud-est asiatico, Asia centrale e, soprattutto, l’Africa, nella quale quasi 30 milioni di ettari di terreni coltivabili, di cui ben il 64% per colture non alimentari (carta 1), sono controllati attraverso due forme contrattualistiche: acquisizioni e leasing. In particolare, principali vittime risultano i piccoli contadini che vengono schiacciati dal potere soverchiante delle grandi aziende che ne provoca un impoverimento sino a costringerli a vendere loro i terreni; in altri casi vengono addirittura espulsi con la violenza, da eserciti o paramilitari, dalle proprie terre trasformandoli in profughi, spesso costretto a fuggire all’estero. Il Centro Studi Internazionali, riporta alcuni casi emblematici relativi all’Africa come quello della regione di Gambella in Etiopia dove, dal 2010 l’esercito ha costretto molti abitanti ad abbandonare le terre e a spostarsi in altre aree a vantaggio delle imprese straniere fra le quali spicca l’impresa Saudi Star (Arabia Saudita) che è riuscita ad impossessarsi di ben 15.000 ettari di territorio per la coltivazione di canna da zucchero e riso[25]

    Carta tematica 1: i principali attori attivi e passivi del land grabbing. Fonte: land matrix 2018[26]

    Crescita senza redistribuzione

    Un continente che, dopo la lunga recessione del ventennio 1980-2000, causata dalla contrazione delle quotazioni delle commodities, ha finalmente imboccato col nuovo millennio il percorso di sviluppo economico, triplicando, in base ai dati Ocse[27], la ricchezza prodotta tra il 2000 e il 2016 con una crescita media annua del 4,6% (tab. 5), la seconda più elevata a livello mondiale dopo i paesi asiatici in via di sviluppo

    Tabella 5: crescita economica media annua nelle principali macroregioni del Sud del mondo fra 2.000 e 2016 in base ai dati Ocse 2018[28]

    Parallelamente, l’Africa nel suo complesso è risultato l’unico continente a registrare un aumento della povertà assoluta da 405 a 413 milioni fra il 2013 e il 2015 (tab. 2) ed ha assorbito nel 2017 la quasi totalità dell’incremento mondiale della sottoalimentazione, 34,5 su 36 milioni, facendo salire il numero di coloro che soffrono la fame a 257 milioni, paradossalmente in contemporanea all’aumento dell’import di prodotti agroalimentari che, fra il 1995 e il 2014, si è attestato su un valore medio annuo del +13%. Indubbiamente la rapida crescita demografica che sta interessando il continente, quasi 60 milioni fra il 2013 e il 2015 (tab. 6), ha creato problemi sociali aggiuntivi ma non è stata determinante visto che la povertà al contempo ha registrato un incremento di 8 milioni nella parte sub-sahariana e altrettanti in Nord Africa e Medio Oriente.

    Tabella 6: crescita della popolazione in Africa fra il 2013 e il 2010. Fonte: population pyramid [29]

    Causa principale della situazione è un modello economico non inclusivo che evidentemente va a beneficio dei ricchi e del ceto medio, quest’ultimo in espansione nell’Africa sub-sahariana fra il 2005 e il 2015 addirittura del 90%, al quale vanno aggiunti problemi economici strutturali quali un’eccessiva dipendenza dall’export di prodotti primari grezzi e una massiccia penetrazione delle multinazionali, tipica dei rapporti di subordinazione neocoloniale, che fanno incetta delle abbondanti risorse minerarie, energetiche, agricole e naturali drenando ingenti profitti.

    Conclusioni

    Sullo sfondo di questo quadro economico e sociale resta la questione delle disparità sociali, che seppur ridottesi a livello continentale fra il 1998 e il 2013, nella parte sub-sahariana rimangono ancora le più elevate a livello mondiale dopo l’America Latina (tab. 7).

    Tabella 7: riduzione dell’indice Gini nelle principali macroregioni nel breve periodo 2008-2013

    La situazione risulta critica soprattutto nell’Africa australe, dove si trovano, a parte Haiti, 4 fra i 5 paesi con il più alto livello di disuguaglianza nella graduatoria mondiale nella distribuzione del reddito fra le fasce sociali, calcolata in base all’Indice Gini: Sudafrica, Botswana, Namibia e Zambia, seguiti dalla Repubblica Centrafricana nell’area equatoriale (tab. 8).

    Tabella 8: stati per indice indice Gini più elevato. Fonte: World Population Rewiew 24/10/2019[30]

    Ed è lo stesso Ocse a confermare il rapporto disparità sociali/povertà: “Se l’Africa abbassasse ulteriormente il proprio coefficiente di Gini, da 41 a 35 (il livello dei Paesi asiatici in via di sviluppo), ciascun punto percentuale di crescita del PIL ridurrebbe i dati sulla povertà di un altro mezzo punto percentuale l’anno. Un tale calo nelle disuguaglianze diminuirebbe il numero di persone che vivono in povertà di 130 milioni. I progressi compiuti per ridurre la povertà estrema sono troppo lenti: nel periodo 2009-16, il 36% della popolazione africana (circa 400 milioni di persone) viveva con 1,90 dollari USA al giorno o meno, rispetto al 49% degli anni ‘90. Per una più rapida lotta alla povertà, la crescita deve diventare più inclusiva e le disuguaglianze devono essere ridotte“[31].

    Rileviamo, a conforto della nostra analisi, la coincidenza di conclusioni con il Rapporto regionale 2018 sulla sicurezza alimentare e la nutrizionedella Fao[32], il quale testualmente riporta che “È interessante notare come le economie africane siano cresciute a ritmi impressionanti, spesso superiori al 5% negli ultimi dieci anni, dal 2004 al 2014. Tuttavia, la povertà e la fame sono ancora in sospeso poiché una crescita economica significativa non è risultata né integrata e né inclusiva“ aggiungendo che “L’insicurezza alimentare in alcuni paesi dell’Africa è stata aggravata dai conflitti, spesso in combinazione con condizioni meteorologiche avverse (riconducibili ai cambiamenti climatici ndr.)” e che è necessario “Orientare le politiche nazionali di sicurezza alimentare verso una maggiore autosufficienza alimentare interna“, vale a dire eliminare il land grabbing, ridurre i latifondi ed estromettere le monocolture da esportazione e riacquisire la sovranità alimentare.

    Una sfida impegnativa per il Continente nero quella dello sviluppo autonomo, integrato ed inclusivo che passa attraverso un processo di integrazione continentale (un passo significativo in tal senso è rappresentato dall’entrata in vigore dell’Area di Libero Scambio dell’Africa – Afcfta – il 30 maggio 2019 che secondo la Commissione economica Onu per l’Africa potrebbe incrementare del 53% il commercio intra-africano[33]) e per il superamento della subordinazione neocoloniale, imposta dalle potenze Occidentali e in forme diverse, recentemente, anche dalla Cina.

    Un percorso, come tutti i processi emancipatori, che non può prescindere da una rottura della storica subalternità politica dei Paesi africani e la riscrittura di un nuovo ordine economico, commerciale e finanziario che può essere implementato solo da una nuova classe dirigente preparata, non corrotta e con un efficace progetto panafricano. In pratica l’effettiva indipendenza, 60 anni dopo quella formale.

    http://www.pisorno.it/africa-poverta-e-denutrizione-in-aumento-nonostante-la-crescita-economica-e-

    #Afrique #pauvreté #économie #croissance_économique #exportation #importation #industrie_agro-alimentaire #sous-alimentation #alimentation #mortalité_enfantile #pauvreté_absolue #Nigeria #RDC #République_démocratique_du_congo #statistiques #chiffres #Sud_Soudan #Soudan_du_Sud #land_grabbing #accaparement_des_terrres

  • FAO - Nouvelles : Les échanges agricoles doivent s’inscrire dans un cadre prévisible pour relever le défi de la sécurité alimentaire mondiale
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/1143866/icode

    La production mondiale de la plupart des #produits_agricoles croît sans discontinuer. Elle a atteint des sommets en 2017 pour la majeure partie des #céréales, des #viandes, des #produits_laitiers et des #produits_halieutiques et aquacoles, tandis que les #stocks de céréales battaient tous les records, selon un rapport annuel de l’OCDE et de l’Organisation des Nations Unies pour l’#alimentation et l’#agriculture.

    Mais on meurt de #faim #agrocarburants #maïs

  • L’agroécologie peut aider à améliorer la production alimentaire mondiale
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/1113669/icode

    M. José Graziano da Silva, Directeur général de la FAO, a appelé à construire des systèmes alimentaires plus sains et équilibrés, ajoutant que l’#agroécologie pouvait contribuer à une telle transformation. Le Directeur général a lancé cet appel lors de son discours inaugural prononcé à l’occasion du 2ème Symposium international sur l’agroécologie qui se tient à Rome du 3 au 5 avril.

    Il a expliqué que la plupart de la #production_alimentaire se basait sur des systèmes agricoles nécessitant beaucoup d’intrants et de ressources et nocifs pour l’#environnement, et que cela avait pour conséquence, la dégradation croissante des #sols, des #forêts, de l’#eau, de la qualité de l’#air et de la #biodiversité. Il a par ailleurs ajouté que le fait d’augmenter la production à tout prix n’avait pas été suffisant pour éradiquer la #faim et que « nous étions confrontés à une épidémie mondiale d’#obésité ».

    nocifs pas seulement pour l’environnement mais aussi pour la #santé #agriculture

  • FAO - Nouvelles : L’USAID et la FAO travaillent côte à côte afin d’éviter la prochaine épidémie mondiale
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/1106065/icode
    http://www.fao.org/fileadmin/user_upload/newsroom/photos/small_24631_5610 (1).jpg

    « Près de 75 des nouvelles maladies infectieuses qui ont fait leur apparition ces dernières décennies trouvent leurs origines chez les animaux avant de nous contaminer, nous Homo sapiens, mammifères terrestres. C’est pourquoi améliorer l’identification des risques de maladies animales et s’attaquer directement à la source pour les combattre représentent des étapes stratégiques en vue d’éviter de futures pandémies », a déclaré M. Juan Lubroth, Chef vétérinaire à la FAO.

    « Avoir une approche proactive est essentiel et, pour cela, le monde a besoin de professionnels bien formés et opérationnels - des biologistes, des écologistes, des microbiologistes, des modélisateurs, des médecins et des vétérinaires - voilà, pourquoi le soutien continu des Etats-Unis dans le but de renforcer ce type de capacité a été inestimable », a-t-il ajouté.

    Celle-là est à encadrer

    « A travers ce partenariat, nous avons appris qu’il existait de nombreux centres d’intérêts mutuellement bénéfiques entre la communauté liée à l’alimentation et à l’agriculture et a la communauté liée à la santé humaine , » a déclaré M. Dennis Carroll, Directeur de l’Unité Sécurité sanitaire mondiale et développement à l’USAID.

    #santé #élevage #agriculture

  • FAO - Nouvelles : Lancement de la carte la plus complète au monde sur les stocks de carbone dans le sol
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/1071080/icode

    #le_titre

    A l’ occasion de la Journée mondiale des sols, la FAO a lancé la carte mondiale la plus complète à ce jour montrant la quantité de stocks de carbone présents dans le sol.

    La matière organique du sol et le carbone, en tant que son principal composant, sont essentiels pour la santé et la fertilité des sols, pour une bonne infiltration et rétention de l’eau, ainsi que pour la production alimentaire. Permettant de stocker du carbone, la conservation et la restauration des sols est importante pour parvenir à une agriculture durable et atténuer le changement climatique.

    Les sols mondiaux constituent le plus grand puits de carbone au monde permettant de réduire les émissions de gaz à effet de serre dans l’atmosphère. Intensifier son rôle pourrait fortement compenser l’augmentation de dioxyde de carbone présent dans l’atmosphère. La dernière Conférence sur le changement climatique à Bonn (COP23) a reconnu la nécessité d’améliorer le #carbone du #sol, la sante du sol et la fertilité du sol.

    #cartographie
    http://54.229.242.119/apps/GSOCmap.html

  • 108 millions de personnes dans le monde sont confrontées à une insécurité alimentaire grave, la situation s’aggrave
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/876606/icode

    Selon un nouveau rapport mondial sur les crises alimentaires publié aujourd’hui à Bruxelles, malgré les efforts internationaux entrepris pour lutter contre l’#insécurité_alimentaire, près de 108 millions de personnes à travers le monde étaient confrontées à une situation d’insécurité alimentaire grave en 2016, soit une hausse spectaculaire par rapport aux 80 millions de personnes enregistrées en 2015.

    #faim #famine #alimentation #malnutrition

  • Corne de l’Afrique : Des millions de personnes confrontées à des pénuries alimentaires
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/468955/icode

    Actuellement, près de 12 millions de personnes à travers la Somalie, l’Éthiopie et le Kenya ont besoin d’une aide alimentaire. En effet, de nombreuses familles ont un accès limité à l’alimentation et aux revenus tout en faisant face à une hausse de leurs dettes. A cela s’ajoute de faibles stocks de céréales et de semences et une diminution de la production de lait et de viande. Un avis d’alerte correspondant à une situation de pré-famine a été émis pour la Somalie, soulignant le fait qu’ une intervention humanitaire immédiate et de grande échelle est indispensable.

    De graves #pénuries_alimentaires et des souffrances liées à la malnutrition suscitent également de vives inquiétudes dans certaines zones de la région de Karamoja, en Ouganda.

    La FAO avertit que si cette intervention n’est pas immédiatement mise en place et qu’elle se révèle insuffisante, ces régions encourent de grands risques et les frais en seront d’autant plus élevés.

    #faim #famine #malnutrition #inadmissible

  • 10 million hectares a year in need of restoration along the Great Green Wall
    http://www.fao.org/news/story/en/item/452701/icode

    A groundbreaking map of restoration opportunities along Africa’s Great Green Wall has been launched at the UN climate change conference, based on collection and analysis of crucial land-use information to boost action in Africa’s drylands to increase the resilience of people and landscapes to climate change.

    “The Great Green Wall initiative is Africa’s flagship programme to combat the effects of climate change and desertification,” said Eduardo Mansur, Director of FAO’s Land and Water Division, while presenting the new map at the COP22 in Marrakech.

    “Early results of the initiative’s actions show that degraded lands can be restored, but these achievements pale in comparison with what is needed,” he added during a high-level event at the African Union Pavilion entitled: “Resilient Landscapes in Africa’s Drylands: Seizing Opportunities and Deepening Commitments”.

    En français
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/452739/icode

    #sols #Afrique #grande_muraille_verte #cartographie

  • Ongoing conflicts and droughts exacerbate food needs
    http://www.fao.org/news/story/en/item/417108/icode

    Drought linked to El Niño and civil conflict have pushed the number of countries currently in need of external food assistance up to 37 from 34 in March, according to a new FAO report.

    The new edition of the Crop Prospects and Food Situation report, released today, adds Papua New Guinea, Haiti and Nigeria to the list of countries requiring outside help to feed their own populations or communities of refugees they are hosting.

    In Haiti, output of cereals and starchy roots in 2015 dropped to its lowest level in 12 years. Around 3.6 million people, more than one-third of the population, are food insecure, almost half of them “severely”, while at least 200 000 are in an extreme food emergency situation, according to the report.

    #conflits #sécheresse #El_Niño #climat #faim #alimentation

  • Nouvelles : Google et la FAO ont pour objectif d’entrer dans une nouvelle ère de conscience de l’environnement destinée à tous
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/410445/icode

    La FAO et Google travaillent conjointement pour faire des #données satellitaires à haute résolution un outil quotidien afin de gérer les #ressources_naturelles mondiales. Cette initiative intervient dans le cadre d’un effort commun en passe de changer la démarche de développement durable engagée dans le monde.

    Au cours de l’événement, le Directeur général de la FAO, José Graziano da Silva, et Rebecca Moore, Directrice de Google Earth, Earth Engine et Earth Outreach ont salué les derniers efforts effectués dans le cadre du partenariat établi récemment. La rencontre fait suite à une semaine de formation et de réflexion au siège de la FAO, à Rome.

    Cette collaboration permet déjà aux chercheurs et aux gestionnaires des ressources dans plusieurs pays d’évaluer l’utilisation du #sol pour chaque parcelle de terrain identifiée par les #satellites. Il s’agit d’un grand pas en avant en ce qui concerne le renforcement des aptitudes en matière d’évaluation de la capacité de #stockage_du_carbone ou d’élaboration d’une approche nationale envers la réduction des émissions de #gaz_à_effet_de_serre.

    openforis
    Free open-source solutions for environmental monitoring
    http://www.openforis.org

    #image_satellite

  • La fertilité des sols part en poussière, Énergie - Environnement
    http://www.lesechos.fr/industrie-services/energie-environnement/021608908597-la-fertilite-des-sols-part-en-poussiere-1191186.php

    Au cours des cent dernières années, un milliard d’hectares de terres fertiles, l’équivalent de la surface des Etats-Unis, se sont littéralement volatilisés. Et l’organisation des Nations unies pour l’alimentation et l’agriculture (FAO) s’inquiète de de l’avenir des surfaces restantes. Dans un rapport de 650 pages, publié en décembre à l’occasion de la clôture de l’Année internationale des #sols, elle constate qu’un tiers des terres arables de la planète sont plus ou moins menacées de disparaître. « Si rien n’est fait, explique son directeur José Graziano da Silva, c’est la production vivrière et la sécurité alimentaire de l’humanité qui pourraient être compromises. »

    Le temps de trouver le dit rapport et je mets le lien

  • FAO - Nouvelles : Changement climatique et #nourriture : 10 faits et chiffres
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/356926/icode

    À l’échelle mondiale, 75 pour cent des #pauvres et des populations touchées par l’#insécurité alimentaire dépendent de l’#agriculture et des ressources naturelles pour leur survie.

    La FAO estime que la production vivrière mondiale doit augmenter de 60 pour cent environ pour nourrir une population plus nombreuse. Le #changement_climatique compromet cet objectif.

    Selon #IPPC - le Groupe d’experts intergouvernemental sur l’évolution du climat (GIEC), les baisses de rendement de10 à 25 pour cent pourraient devenir chose courante d’ici 2050 en raison du changement climatique. 

    La hausse des températures devrait entraîner une baisse de 40 % des captures de la plupart des espèces de poisson.

    Alors que les émissions mondiales dues au déboisement diminuent, le déboisement et la dégradation des forêts représentent toujours de 10 à 11 pour cent des émissions mondiales de gaz à effet de serre (#GES). Les émissions dues à la dégradation des #forêts (abattage et feux de brousse) ont, entre 1990 et 2015, augmenté de 0,4 à 1,0 gigatonne de CO 2 par an.

    L’#élevage est à l’origine de près des deux tiers des GES d’origine agricole et de 78 pour cent des émissions agricoles de méthane.

    Le changement climatique pourrait propager les maladies causées par l’alimentation d’une région à une autre, ce qui menacerait la #santé publique de difficultés nouvelles.

    La FAO estime que le potentiel de réduction des émissions dues à l’élevage et au méthane en particulier représente environ 30 pour cent des émissions de base.

    Actuellement, un tiers de la nourriture produite est perdu ou gaspillé. Les coûts mondiaux de ce gaspillage alimentaire atteindraient environ 2 600 milliards de dollars par an, dont 700 milliards de coûts environnementaux et 900 milliards de coûts sociaux.

    Les pertes et gaspillages alimentaires dans le monde produisent environ 8 pour cent des GES annuellement.

    #alimentation #climat

  • FAO - Nouvelles : Une étude dresse un tableau préoccupant de la #faim dans les zones de #montagne du monde
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/358109/icode
    http://www.fao.org/fileadmin/user_upload/newsroom/photos/small_22418 (002).jpg

    « Pour les habitants de la montagne, c’est une injustice criante : les communautés ayant une des empreintes #carbone les plus réduites au monde sont parmi les premières à faire les frais du réchauffement de la planète », a déclaré le Coordonnateur du Secrétariat du Partenariat de la montagne, Thomas Hofer.

    « Par exemple, compte tenu de la hausse des températures, les ravageurs et les maladies gagnent en altitude. Les pertes de récolte et d’animaux d’élevage sont une réalité croissante. En outre, les impacts toujours plus lourds des tempêtes, des avalanches, des glissements de terrain et des débordements de lacs glaciaires emportent des vies humaines et détruisent les infrastructures, interrompant l’accès des communautés aux routes, aux écoles, aux marchés et aux services de santé », a-t-il ajouté.

    #climat

  • #Yara, ou comment les multinationales se servent du climat pour renforcer leur domination sur l’agriculture
    http://multinationales.org/Yara-ou-comment-les-multinationales-se-servent-du-climat-pour-renfo

    L’agriculture, et en particulier l’agriculture industrielle, est une source majeure de #gaz_à_effet_de_serre : dioxyde de carbone, mais aussi méthane (issu de l’élevage) et protoxyde d’azote (application d’engrais synthétiques). Alors que les alternatives agro-écologiques gagnent du terrain, les multinationales de l’agrobusiness ont trouvé la parade : le concept d’« #agriculture climato-intelligente », censé permettre de produire à la fois plus et mieux, à l’aide d’« engrais intelligents » ou de plantes (...)

    #Enquêtes

    / #Agroalimentaire, #Walmart, #Agriculture_et_alimentation, Yara, agriculture, #alimentation, #Greenwashing, #changement_climatique, #OGM, #influence, #chaîne_d'approvisionnement, gaz à effet de (...)

    « https://www.grain.org/article/entries/5271-les-exxon-de-l-agriculture#sdfootnote38sym »
    « http://www.prix-pinocchio.org/nomine/yara »
    « http://www.fao.org/3/a-ax295e.pdf »
    « http://www.infogm.org/viet-nam-ogm-trois-mais-autorises-a-la-culture-en-2014#nb5 »
    « http://www.climatesmartagconcerns.info/francais.html »
    « http://www.cirad.fr/content/download/9226/103526/version/1/file/Discours_Girardin_NewYork_Climate_smart_agriculture_2014-09-24.pdf »
    « http://www.midilibre.fr/2015/03/18/agriculture-et-climat-le-defi,1137526.php »
    « http://yara.com/media/stories/tropicana_carbon_footprint_project.aspx »
    « http://agriculture.gouv.fr/4-pour-1000-et-si-la-solution-climat-passait-par-les-sols »
    « https://france.attac.org/IMG/pdf/note_climate-smart.pdf »
    « http://lctpi.wbcsdservers.org/portfolio-item/climate-smart-agriculture »
    « http://monsantoblog.com/2015/09/21/from-nyc-to-paris-the-road-to-a-cooler-planet »
    « https://www.flickr.com/photos/ciat/6249397735

    Flickr
     »
    « https://www.flickr.com/photos/49897360@N04/16977751678/in/album-72157651927162086
    Flickr
     »
    http://yara.com
    « http://www.fao.org/news/story/fr/item/216994/icode »
    « http://yara.com/sustainability/climate_smart_agriculture »
    « https://cgspace.cgiar.org/rest/bitstreams/24750/retrieve »
    « http://csa2015.cirad.fr »
    « http://corporate.walmart.com/global-responsibility/environment-sustainability/sustainable-agriculture »
    « http://www.corporateknights.com/channels/food-beverage/walmart-targets-climate-smart-suppliers-2-14298636 »

  • FAO - Nouvelles : De nouvelles opportunités pour les pays en développement dans l’#énergie #géothermique
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/281619/icode

    De l’#électricité à l’#agriculture

    A l’échelle mondiale, 38 pays appliquent déjà l’énergie géothermique directement à la production agricole et quelque 24 pays l’exploitent pour générer de l’électricité, l’Islande, le Costa Rica, El Salvador, le Kenya, la Nouvelle-Zélande et les Philippines tirant plus de 10 pour cent de leurs besoins en électricité des sources de chaleur naturelle.

    Sur les 23 pays en développement utilisant l’énergie géothermique, la majorité l’applique actuellement à des fins de chauffage et de loisirs (baignade), sans exploiter son énorme potentiel pour les utilisations agricoles.

    Mais des projets d’agriculture géothermique sont en cours dans presque la moitié de ces pays, notamment dans les domaines de l’aquaculture, de l’agriculture et de l’agroalimentaire.

  • La FAO donne le coup d’envoi de l’Année internationale des sols 2015
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/270978/icode

    Des sols sains sont indispensables pour la #production_alimentaire mais nous n’accordons pas assez d’attention à cet ’allié silencieux’, a déclaré M. José Graziano da Silva, Directeur général de la FAO à la veille de la célébration, le 5 décembre, de la Journée mondiale des sols.

    Des #sols sains sont non seulement à la base de la nourriture, des combustibles, des fibres et des produits pharmaceutiques mais ils sont également essentiels pour nos #écosystèmes car ils remplissent un rôle très important dans le cycle du carbone, stockent et filtrent l’eau et améliorent la résilience face aux inondations et aux sécheresses, a noté le Directeur général de la FAO.

    L’ONU a déclaré 2015 #Année_internationale_des_sols. Le coup d’envoi en sera donné demain avec des événements qui auront lieu notamment à Rome, New York et Santiago du Chili, dans le cadre d’un effort de sensibilisation et de promotion de l’utilisation plus durable de cette ressource vitale.

  • Detail Audio | FAO | Food and Agriculture Organization of the United Nations
    http://www.fao.org/news/audio-video/detail-audio/en/?uid=10794

    17 October 2014, Rome--- Registered Dietitian, Melinda Hemmelgarn, host of Food Sleuth interviews #Raymon_Seidler, Ph.D., formely with the U.S. Environmental Protection Agency, and author of ’’Pesticide Use on Genetically Engineered Crops’’. Seider describes the risks of GMO seeds/crops.

    #OGM

  • FAO - Nouvelles : Nouvelle découverte sur les #mouches_des_fruits : quatre variétés ne forment en fait qu’une seule espèce
    http://www.fao.org/news/story/fr/item/263153/icode

    Maintenir les mouches des fruits exotiques à distance est une préoccupation majeure pour beaucoup de pays. Mais les résultats de l’étude coordonnée par la FAO et l’AIEA montrent que les restrictions commerciales relatives à la mouche Orientale des fruits ne sont plus de mise lorsque l’insecte est présent aussi bien dans le pays exportateur que dans le pays importateur, selon M. Jorge Hendrichs, expert auprès de la Division mixte FAO/AIEA des techniques nucléaires en #alimentation et #agriculture, dont le siège se trouve à Vienne.

    « Ce résultat a des conséquences importantes pour la biosécurité des plantes au niveau mondial, en particulier dans les pays en développement d’#Afrique et d’#Asie », indique l’auteur principal de l’étude, M. Mark Schutze, expert australien auprès du Centre de recherche coopérative sur la biosécurité des plantes (PBCRC) et chercheur à l’Université de technologie du Queensland (QUT).

    « A titre d’exemple, les ravages provoqués par la mouche des fruits Invasive - aujourd’hui Orientale - à la production de fruits africaine avec des pertes de plus de 80 pour cent ont entraîné des restrictions commerciales sur les expéditions sous forme de refus d’entrée en Asie, en Europe et au Japon, ce qui a eu un impact économique et social négatif considérable sur les communautés paysannes », précise M. Schutze.