• Migranti, sui centri in Albania il governo smentisce se stesso. Pronti non prima di novembre

    In base al bando per la gestione avrebbero dovuto aprire a maggio, il ministero della Difesa prevede la consegna dei lavori per le strutture in autunno. I costi rischiano di arrivare a un miliardo di euro

    Inizio lavori 23 marzo, consegna prevista dopo 233 giorni, cioè il 10 novembre. Così si legge nella determina del ministero della Difesa che ha affidato al Genio militare la realizzazione dei centri per migranti in Albania. Che, però, stando alle intenzioni della premier Giorgia Meloni e soprattutto al bando per la gestione degli stessi centri, avrebbero dovuto aprire i battenti il 20 maggio, giusto in tempo per incassare il risultato di quella che il governo ritiene una soluzione innovativa per alleggerire l’Italia dall’onere dell’accoglienza dei migranti.

    Cantieri appena aperti, ci vorranno mesi

    Al porto di Shengjin e nell’ex base militare di Gjader, i lavori stanno appena muovendo i primi passi, siamo ai sopralluoghi che per altro starebbero rilevando una serie di difficoltà nel territorio. Impossibile che i centri siano pronti per maggio, ci vorranno mesi, passerà tutta l’estate. E, al di là della propaganda di governo, i primi documenti svelano il bluff dell’operazione Albania, i cui costi continuano a lievitare e rischiano di arrivare a sfiorare la cifra monstre di un miliardo di euro in cinque anni. Perchè alle cifre ufficiali, già elevatissime che ammontano a circa 150 milioni di euro all’anno moltiplicati per cinque anni, devono aggiungersi i costi non quantificabili: quelli rimborsabili a piè di lista, per i trasporti e la sanità e, per quel che riguarda le strutture i subappalti «senza limiti di spesa», come si legge appunto nella determina della Difesa.

    Fondi extrabudget dirottati dal Pnrr

    Anche i costi per realizzare i due centri, l’hotspot nel porto di Shengjin e il centro di detenzione per richiedenti asilo da 880 posti, con un’ala destinata a Cpr ( altri 144 posti) e un’altra a vero e proprio carcere ( da 20 posti), a Gjader, sono da considerarsi un extrabudget. I lavori affidati al Genio costeranno circa 65 milioni di euro. Soldi che, in parte, vengono prelevati da un disegno di legge che riguarda l’utilizzo dei fondi del Pnrr, come sottolineano i rappresentanti dell’opposizione. «Ogni giorno che passa è sempre più chiaro il bluff dell’accordo Italia Albania - dice Matteo Mauri che per il Ps ha seguito i lavori in commissione sul protocollo Albania - I costi aumentano ogni mese. In un decreto di marzo hanno aggiunto altri 65 milioni di euro, sfondando il tetto dei 700 milioni totali. Una cifra spropositata per fare una cosa completamente inutile».

    In aggiudicazione il bando per la gestione dei centri

    Nei prossimi giorni il ministero dell’Interno aggiudicherà la gara da 36 milioni di euro a base d’asta per la gestione dei centri. All’esame ci sono le offerte delle tre imprese selezionate sulle trenta partecipanti. Ancora da bandire invece quella per la fornitura dei moduli prefabbricati che saranno piazzati sulle aree quando il Genio e le imprese subappaltatrici avranno terminato di sbancarle, bonificarle, realizzare fogne e impianti, Senza limiti di spesa.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/04/14/news/centri_migranti_albania_cpr_governo_meloni-422527456

    #Italie #asile #migrations #réfugiés #Albanie #accord #externalisation #centres

    –-

    Ajouté à la Métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

  • The pact kills : l’istituzionalizzazione della fine del diritto d’asilo nell’UE

    Un documento dell’Associazione #Open_Your_Borders di Padova sul nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo.

    Il 10 aprile il Parlamento europeo ha approvato il Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, frutto di un lungo negoziato cominciato nel 2020 tra Parlamento, Consiglio e Commissione.

    Prima di entrare in vigore, dovrà essere votato anche dal Consiglio dell’UE, l’organo in cui risiedono i rappresentanti dei governi dei 27 stati membri, la cui votazione è attesa entro la fine di aprile.

    In sintesi, questo Nuovo Patto prevede una serie di riforme del sistema di gestione dei flussi migratori e della richiesta di protezione internazionale nel territorio dell’Unione Europea e, in particolare, raccoglie al suo interno dieci proposte di legge che vanno brutalmente a rafforzare l’approccio securitario della ormai consolidata “fortezza Europa”, costituita dalle 27 nazioni, sulle 43 + 7 dell’Europa geografica.

    È evidente che i tempi e i contenuti di questa mossa hanno chiare motivazioni elettoralistiche in vista delle elezioni Europee, con il riposizionamento dei vari partiti nazionali in funzione sia della propria affermazione locale che della futura riaggregazione in probabili inedite coalizioni. Infatti “il Patto” è stato approvato trasversalmente con 301 voti favorevoli, 269 contrari e 51 astensioni.

    La coalizione di centrodestra governativa guidata da Giorgia Meloni è risultata non omogenea, con lo spostamento di Fratelli d’Italia (attualmente all’opposizione in Europa) a favore e con la Lega che ha confermato il proprio voto contrario, probabilmente perché considera la linea adottata troppo moderata e poco sovranista.

    Con motivazioni opposte, si sono schierati contrari anche il PD (che è organico dell’attuale maggioranza in UE) e il Movimento 5 stelle.

    Si rincorrono i toni trionfalistici per la “decisione storica” presa, dipinta come “un enorme risultato per l’Europa”, “un solido quadro legislativo su come affrontare la migrazione e l’asilo nell’Unione europea” e per una fantomatica e propagandistica “vittoria italiana” sottolineata da Meloni, nonostante il tanto criticato Regolamento di Dublino (per cui è il paese di primo ingresso l’unico responsabile di esaminare le richieste di protezione internazionale e di gestire e trattenere al suo interno le persone migranti) sia stato di fatto rafforzato.

    Noi, in questa giornata buia per il diritto d’asilo europeo e per la libertà di movimento internazionale, vediamo solo un consolidamento di pratiche di violazione dei diritti umani, che sono già attuate e condivise da parecchio tempo, sia alle frontiere che nei territori degli Stati dell’Unione Europea, in vista di quello che si prospetta come un inasprimento e allargamento del conflitto mediorientale e di una sempre maggiore instabilità di tutta l’area del Sahel (testimoniato da 7 colpi di Stato in pochi anni e dalla guerra solo apparentemente interna in Sudan che continua nell’indifferenza generale) dove si stanno giocando gli interessi egemonici in Africa dei due blocchi politici ed economici contrapposti, con Stati Uniti e Francia su tutti da un lato, e paesi Brics (Russia, Cina, India, ecc.) dall’altro.

    Con l’Unione Europa dal peso politico inconsistente tra le due parti e i suoi Stati membri che si percepiscono (erroneamente) come meta di approdo per tutti i movimenti di fuga delle popolazioni, i confini esterni dell’Unione diventano in primis la rappresentazione materiale da blindare assolutamente a scopo preventivo.

    Di seguito, analizziamo nello specifico le nuove norme per noi più critiche e problematiche.
    1) Procedure accelerate e sommarie per la richiesta di protezione internazionale

    Il Nuovo Patto divide in maniera importante i percorsi di richiesta di protezione internazionale, con l’applicazione di una procedura accelerata e generalizzata basata soprattutto sulla provenienza geografica legata alla classificazione dei cosiddetti “Stati sicuri” e non sulla storia individuale delle persone.

    Il testo prevede che tali procedure accelerate – che dovrebbero durare al massimo 12 settimane – siano svoltedirettamente nelle zone di frontiera, con il trattenimento di migliaia di persone in centri di detenzione posizionati ai confini degli Stati dell’Unione Europea.

    Lo svolgimento dell’esame approssimativo delle richieste sulla base della nazionalità porterà quindi ad un aumento generalizzato delle espulsioni, limitando la possibilità di richiesta di asilo, in violazione del principio internazionale del non respingimento, ma anche, ad esempio, al diritto alle cure mediche e al ricongiungimento familiare.

    Il criterio basato sullo Stato di provenienza è già stato eccezionalmente usato per velocizzare l’ingresso e l’integrazione diffusa delle persone rifugiate ucraine – però limitato a donne, bambin* e anzian*. Tale applicazione, causata dal conflitto Russia-Ucraina, che evidentemente ci tocca da vicino sia per posizione geografica che etnica, ha però contestualmente escluso l’evacuazione di tutti gli altri “non bianchi” presenti in quel territorio per motivi di lavoro, di studio o in transito migratorio. Anche per questo motivo, utilizzare solamente il criterio di provenienza geografica di origine senza considerare le specificità delle persone nelle procedure accelerate è funzionale alla negazione dell’asilo, in quanto arbitraria e strumentale da parte degli Stati.
    2) Un nuovo regolamento di screening (ovvero l’esercizio della bio-politica)

    Le persone richiedenti asilo non possono scegliere se seguire una procedura tradizionale (che richiede molti mesi) o accelerata, ma vengono divisi e indirizzati in base al loro profilo, stilato attraverso un nuovo e uniforme regolamento di screening obbligatorio inserito nell’Eurodac, creando così una enorme banca dati comune: questa “procedura di frontiera” preliminare, da farsi entro 7 giorni dall’arrivo, comprende identificazione, raccolta dei dati biometrici, controlli sanitari e di sicurezza, controllo di eventuali trasferimenti e precedenti, il tutto a partire dai 6 anni di età. Questa procedura sarà adottata principalmente per le persone richiedenti asilo che per qualche motivo vengono considerati un “pericolo” per i paesi dell’Unione, per coloro che provengono dai paesi considerati “sicuri” e per chi proviene da paesi che, anche per altri motivi, hanno un tasso molto basso (sotto il 20 per cento) di domande d’asilo accolte.
    3) Introduzione del concetto di “finzione del non ingresso”

    Il patto introduce il concetto di “finzione giuridica di non ingresso”, secondo il quale le zone di frontiera sono considerate come non parte del territorio degli Stati membri. Questo interessa in particolare l’Italia, la Grecia e la Spagna per gli sbarchi della rotta mediterranea, mentre sono più articolati “i confini” per la rotta balcanica. Durante le 12 settimane di attesa per l’esito della richiesta di asilo, le persone sono considerate legalmente “non presenti nel territorio dell’UE”, nonostante esse fisicamente lo siano (in centri di detenzione ai confini), non avranno un patrocinio legale gratuito per la pratica amministrativa e tempi brevissimi per il ricorso in caso di un primo diniego (e in quel caso rischiano anche di essere espulse durante l’attesa della decisione che li riguarda). In assenza di accordi con i paesi di origine (come nella maggioranza dei casi), le espulsioni avverranno verso i paesi di partenza.

    Tale concetto creadelle pericolose “zone grigie” in cui le persone in movimento, trattenute per la procedura accelerata di frontiera, non potranno muoversi sul territorio né tantomeno accedere a un supporto esterno. Tutto questo in spregio del diritto internazionale e della tutela della persona che, sulla carta, l’UE si propone(va) di difendere.
    4) L’istituzione di un meccanismo di “solidarietà obbligatoria” e l’esternalizzazione dei confini

    All’interno di una narrazione in cui le persone in movimento sono un onere da cui gli Stati Europei cercano di sottrarsi, viene istituito un meccanismo di “accettazione obbligatoria” di ricollocamento e trasferimento delle persone migranti, ma solo in caso di non precisate impennate di arrivi. Gli Stati potranno però scegliere se “accettare” un certo numero di migranti o, in alternativa all’accoglienza, fornire supporto operativo al paese d’arrivo, inviando del personale o mezzi, oppure pagare una quota di 20mila euro per ogni richiedente che si rifiutano di accogliere, da versare in un fondo comune dell’Unione Europea.

    I soldi versati in questo fondo comune, oltre a poter essere redistribuiti tra i paesi di frontiera (come l’Italia), potranno essere utilizzati per sostenere e finanziare «azioni nei paesi terzi o in relazione ad essi che hanno un impatto diretto sui flussi migratori verso l’UE» ossia paesi, come Libia e Tunisia da cui le persone migranti partono per raggiungere l’Europa.

    Un meccanismo disumanizzante e che trasforma le persone e le garanzie dei diritti umani in merci barattabili con un compenso economico destinabile a rafforzare i confini ancora più esternamente.

    Un ulteriore sviluppo è dato dalla delocalizzazione della zona di frontiera, attraverso la creazione di hotspot al di fuori dei confini nazionali, come nel caso dei futuri centri italiani in Albania.

    L’adozione di questo Nuovo Patto – non ancora definitivo, si ricorda – dimostra come i valori di accoglienza e “integrazione” e il diritto alla libertà di movimento, previsto dall’art. 12 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, vengano sgretolati di fronte ad una sempre più marcata diffidenza, chiusura e difesa della sovranità nazionale.

    Con la recrudescenza dei nazionalismi negli Stati Europei e la loro incapacità di agire con una lungimiranza alternativa e una visione decolonializzata nello scacchiere geopolitico, la tutela degli individui e della dignità umana viene “semplicemente” sostituita da inquietanti concetti privi di senso legati alla purezza della nazione e dell’etnia e alla difesa, in modalità securitaria e repressiva, della patria e della tradizione, che si traducono in istituzionalizzazione e normalizzazione dell’agire violento ai confini della UE e in una crescente esternalizzazione della frontiera attraverso il respingimento delle persone razzializzate nell’ultimo Paese di partenza, con l’intento dichiarato di voler scoraggiare la mobilità verso l’Europa.

    https://www.meltingpot.org/2024/04/the-pact-kills-listituzionalizzazione-della-fine-del-diritto-dasilo-nell
    #pacte #asile #migrations #réfugiés #droit_d'asile #procédure_accélérée #pays_sûrs #rétention #frontières #rétention_aux_frontières #screening #Eurodac #procédure_de_frontière #biométrie #fiction_juridique #zones_frontalières #solidarité_obligatoire #externalisation #relocalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur #Pacte_européen_sur_la_migration_et_l’asile :
    https://seenthis.net/messages/1019088

    ajouté à la métaliste autour de la Création de zones frontalières (au lieu de lignes de frontière) en vue de refoulements :
    https://seenthis.net/messages/795053

  • UK : Government considers ’Rwanda-like’ deals with four other countries

    The UK’s so-called Rwanda deal, which would see asylum seekers in the UK flown out to Rwanda to be processed, has yet to be passed into law; but already, the government is reportedly considering similar deals with four other countries.

    The UK government’s Rwanda deal, which intends to fly asylum seekers from the UK to Rwanda to have their claims assessed there, may pass into law within days despite strong opposition.

    The plan has been highly contested, both within parliament and by organizations supporting migrant and refugee rights.

    But despite facing setbacks for almost two years, the British government is now reportedly also considering striking similar deals with at least four other countries, modelled after the same principle.

    The Times newspaper revealed at the weekend that it had obtained “leaked documents” from government officials, listing Armenia, Ivory Coast, Costa Rica and Botswana as potential target countries for the government to set up similar deals to process asylum seekers in third countries.

    The Daily Mail, which reported on the Times’ exclusive, adds that the British Foreign Office was also considering deals with other Latin American countries, including Paraguay, Peru, Brazil and Ecuador, adding, however, that these governments are thought to have “less interest” in signing up to such a scheme compared to the four aforementioned governments.

    According to the reports, bilateral talks on asylum pacts are being scheduled to take place in the foreseeable future.

    ’Reserve list’ of potential partners

    The Daily Mail highlights that a series of other countries are also on a “reserve list,” including Cape Verde, Senegal, Tanzania and Sierra Leone.

    According to the right-wing newspaper, these governments could be “approached, if talks with other, more favored countries didn’t succeed.”

    The leaked information also suggests that other countries such as Morocco, Tunisia and Namibia all “explicitly declined” to enter discussions about becoming third-country processing centers for the UK, and were thus ruled out by UK officials as “non-starters.”

    Some of the information reported suggests that civil servants have laid out specific “feasibility criteria” reported the Daily Mail, which included assessing “the size of the territory and its population.”

    The Daily Mail added that this had resulted in some smaller states such as Suriname and Belize being ruled out.

    ’Following the Rwanda process closely’

    These new plans have, however, reportedly been hampered by fears that the problems that have dogged the Rwanda plan for two years could put potential new partners off.

    Reports highlighting the costs of the Rwanda scheme, compared to the actual number of potential asylum seekers who might eventually be flown, there have also recently drawn increased criticism from political opposition within the UK parliament.

    Armenia, is reported to be waiting for the outcome of the current Rwanda policy to become finalized and public before it decides whether to enter talks with the UK.

    Meanwhile, the Daily Mail also reported that officials working at the Home Office expressed fears about the problems the Rwanda Bill is having an impact on discussions with officials at the Foreign Office hoping to expand the model to other countries.

    According to the Daily Mail, one unnamed senior Foreign Office official was reported to have written the following in communications with the Home Office:

    “We are conscious that many potential partner countries are following the UK legal process on the partnership with Rwanda and may be cautious about engaging substantively until this process is satisfactorily resolved.”

    Although the government has not commented directly on specific countries nor confirmed or denied the reports, a government spokesperson told the Daily Mail that the UK was “continuing to work with a range of international partners to tackle global illegal migration challenges.”

    Government focus on passing Rwanda bill first

    The spokesperson continued: “Our focus right now is passing the Safety of Rwanda Bill, which builds on the Illegal Migration Act, and putting plans in place to get flights off the ground as soon as possible.”

    Britain’s Prime Minister Rishi Sunak meanwhile met with Rwandan President Paul Kagame last week in London for further talks about the bill.

    At the time, both leaders were reportedly looking forward to seeing planes taking off “in spring” — i.e. within a matter of weeks.

    The Rwanda plan was first announced in spring 2022, and has gone through several iterations under the leadership of various Home Secretaries as part of UK government efforts to actually get a plane carrying asylum seekers to take off from the UK to Rwanda to be processed there.
    From file: Stopping boats from crossing the English Channel is one of Prime Minister Rishi Sunak’s five main pledges - something he has so far failed to successfully accomplish | Photo: James Manning/AP/picture alliance

    Last week, as the British and Rwandan leaders met, the Times, the Daily Telegraph and the Daily Mail also reported that some of the homes earmarked for asylum seekers in Rwanda and built with British funding in a private-public partnership in Rwanda had since been sold off to Rwandan clients.

    Government still looking for airline partner

    Meanwhile, the Daily Mail reported on April 15, that it is unlikely that any asylum seekers will head to Rwanda “before June” despite the UK government marking spring as the launch window of flights.

    The newspaper added that this was due to the UK government having “so far failed to secure an airline to carry out the flights.”

    In the past, campaigners have targeted airlines which had agreed to operate government deportation flights in a bid to try and stop them participating in such schemes.

    This has resulted in some airline partners withdrawing from potential agreements; others were reported to loathe to have their reputations associated with the scheme.

    In 2022, the Spain-based Privilege Style airline, which had been hired to operate government flights to Rwanda, pulled out of the deal following pressure from campaigners, reports the newspaper.

    Even Rwanda’s state-owned airline, RwandAir, reportedly turned down any involvement with the scheme, states the Daily Mail.
    Political ping-pong

    Before the Easter recess, parliament’s upper house, the House of Lords, pushed the Safety of Rwanda Bill back to the lower house, the House of Commons, with a reinsertion of a number of amendments and recommendations.

    This is part of a parliamentary process in the UK which has become known as ’political ping pong.’

    The bill, now in its final stages, has to be voted on again by the House of Commons before it is then passed to the final Royal Assent stage before it can become law. This requires the signature of the Sovereign, which currently is King Charles III, who cannot break with tradition and reject the bill.

    The divisive Bill is expected to win a majority in the parliament this week but many of the amendments suggested by the Lords have meanwhile caused further ruptures in the ruling Conservative Party, which tabled the bill and the entire Rwanda plan in the first place.

    Some right-wing members of the Conservative Party, such as former Home Secretary Suella Braverman, have declared the bill ineffective if it is allowed to pass with the current amendments.
    New bill ’seeks to respond to [court] findings’

    The British government continues to insist that the “quicker we can begin flights, the quicker we can stop the boats,” meaning migrant boats departing from the French and Belgian coasts for the UK.

    Rishi Sunak, who is currently experiencing new lows in his popularity ratings, has staked part of his and his government’s reputation on making the Rwanda bill work. “Stopping the small boats” from crossing the Channel is one of his five main pledges for this legislature.

    With mere months to go to fresh elections in the UK, it is unclear whether Sunak will succeed in achieving this as his legacy. Even if the Safety of Rwanda Bill passes as expected, it remains uncertain if and how airplanes will be cleared to take asylum seekers to the small African nation.

    According to the government fact sheet on the Safety of Rwanda Bill, the new bill does not seek to override the UK Supreme Court’s judgement which deemed that Rwanda is not safe for migrants, but rather seeks to “respond to its key findings to ensure the policy can go ahead.”

    The bill, says the government, “ensures asylum seekers relocated to Rwanda … are not at risk of being returned to a country where their life or freedom would be threatened — known as refoulement.”

    The new treaty, they say, will also strengthen Rwanda’s asylum system, requiring the country to establish a new appeal body within its court system in order to hear appeals against refusals of asylum or humanitarian protection claims.

    Finally, under the new bill, the government has also set up an independent monitoring committee, which will oblige all signatories to make sure the terms and obligations of the treaty are upheld and adhered to in practice.

    https://www.infomigrants.net/en/post/56446/uk-government-considers-rwandalike-deals-with-four-other-countries

    #Arménie #Côte_d'Ivoire #Costa_Rica #Botswana #externalisation #asile #migrations #réfugiés #UK #Angleterre #externalisation_de_la_procédure

    –-

    et ajouté à la métaliste sur la mise en place de l’#externalisation des #procédures_d'asile au #Rwanda par l’#Angleterre (2022) :
    https://seenthis.net/messages/900122

  • Face à la hausse des arrivées irrégulières, Chypre annonce la suspension des demandes d’asile de Syriens

    Les autorités chypriotes ont annoncé dimanche la suspension du traitement des demandes d’asile des Syriens. Le président #Nikos_Christodoulides a évoqué « une mesure d’urgence » face à la forte hausse des arrivées irrégulières sur l’île, principalement depuis le Liban voisin.

    « Il s’agit d’une mesure d’urgence, d’une décision difficile à prendre pour protéger les intérêts de Chypre », a déclaré dimanche 14 avril le président chypriote Nikos Christodoulides lors de l’annonce de la suspension des demandes d’asile de Syriens dans le pays.

    Le gouvernement chypriote a pris cette décision en réaction à une forte augmentation des arrivées irrégulières ce mois-ci sur l’île. Plus de 1 000 personnes sont arrivées à Chypre sur des bateaux en provenance du Liban depuis le début du mois d’avril, dans un contexte d’aggravation des tensions au Moyen-Orient.

    Nicosie a donc demandé à ses partenaires de l’Union européenne (UE) de faire davantage pour aider le Liban et de reconsidérer le statut de la #Syrie - jusqu’à aujourd’hui déchirée par la guerre et considérée trop dangereuse pour y rapatrier les demandeurs d’asile.

    Nikos Christodoulides et la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, ont discuté de la possibilité de renforcer l’aide économique attribuée à Beyrouth, a indiqué un porte-parole du gouvernement chypriote dans un communiqué. À cette fin, il a été convenu qu’ils se rendraient ensemble au Liban après une visite préparatoire de la Commission.

    Le #Liban, en proie à une grave crise financière, accueille des centaines de milliers de réfugiés syriens. Et les arrivées ne cessent de se poursuivre, les Syriens continuant à quitter leur pays désormais en proie à une très grave crise économique.

    Chypre, l’État le plus à l’est de l’UE et le plus proche du Moyen-Orient, se trouve à environ 160 km à l’ouest des côtes libanaises ou syriennes. L’île a enregistré plus de 2 000 arrivées par voie maritime au cours des trois premiers mois de l’année, contre seulement 78 au cours de la même période en 2023.

    Une mise en application encore floue

    Dans la pratique, la suspension du traitement des demandes signifie que les demandeurs d’asile pourront déposer un dossier mais qu’il ne sera pas traité.

    Ils seront confinés dans deux camps d’accueil qui fournissent un abri, de la nourriture, et réglementent les sorties, sans autre avantage.

    Ceux qui choisissent de quitter ces installations perdront automatiquement toute forme d’aide et ne seront pas autorisés à travailler, ont indiqué des sources gouvernementales.

    Pour Corinna Drousiotou, coordinatrice de l’ONG Cyprus Refugee Council interrogée par InfoMigrants, la décision du gouvernement chypriote concernant les demandeurs d’asile syriens ne repose sur aucune base légale. Par ailleurs, « il n’est pas encore clair de savoir comment les autorités vont appliquer cette décision […] Mais, nous ne pensons pas qu’elle parvienne à réduire les arrivées de réfugiés car ils ne sont généralement pas au courant de ce type de décision et les passeurs ne les en informent pas », souligne-t-elle.

    La responsable met également en garde : la mesure risque au contraire d’aggraver la crise de l’accueil des demandeurs d’asile, les deux seuls centres d’hébergement de l’île n’ayant que des capacités d’accueil limitées. Or, de plus en plus de demandeurs d’asile syriens risquent de se retrouver bloqués dans ces centres si leurs demandes d’asile ne sont pas examinées.

    En 2022, une décision similaire avait déjà été prise pour tenter de limiter les arrivées de Syriens à Chypre. Mais, selon Corinna Drousiotou, elle n’avait eu aucun effet sur le nombre d’arrivées.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/56463/face-a-la-hausse-des-arrivees-irregulieres-chypre-annonce-la-suspensio

    #Chypre #asile #migrations #réfugiés #statistiques #chiffres #2024 #réfugiés_syriens

  • Stella #Assange #FreeAssangeNOW sur X :
    https://twitter.com/Stella_Assange/status/1780258878237667377

    “The United States has issued a non-assurance in relation to the First Amendment, and a standard assurance in relation to the death penalty. It makes no undertaking to withdraw the prosecution’s previous assertion that Julian has no First Amendment rights because he is not a U.S citizen. Instead, the US has limited itself to blatant weasel words claiming that Julian can “seek to raise” the First Amendment if extradited. The diplomatic note does nothing to relieve our family’s extreme distress about his future — his grim expectation of spending the rest of his life in isolation in US prison for publishing award-winning journalism. The Biden Administration must drop this dangerous prosecution before it is too late.”

  • 28.12.2023, Migrante travolto da un treno trovato morto sui binari a #Taggia
    (pour archivage)

    Il corpo di un migrante è stato trovato all’interno della galleria “Santo Stefano”, subito dopo la stazione di Taggia in direzione Genova dal personale delle Ferrovie dello Stato intorno all’una e trenta della scorsa notte.

    Non è ancora chiaro se il migrante sia stato investito in quel punto o in un altro tratto e poi trascinato lì dal treno.

    Sul posto sono accorsi i vigili del fuoco del distaccamento di Sanremo, la polizia e il medico legale. Accertamenti sono in corso per ricostruire l’accaduto. Al termine del primo sopralluogo, effettuato intorno alle 5, è stato riattivato un binario con riduzione di velocità ed attivata circolazione alternata.

    Alle 7.15, la circolazione ferroviaria è stata nuovamente sospesa, e lo è tuttora, per consentire l’intervento dei necrofori giunti sul posto.
    Tre i treni regionali fermi nelle stazioni, mentre un Intercity è stato cancellato. Personale di assistenza alla clientela è presente nella stazione di Taggia.

    https://www.riviera24.it/2023/12/migrante-travolto-da-un-treno-trovato-morto-sui-binari-a-taggia-845357

    #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #mort #décès #Alpes #Italie #France #frontières #Alpes_Maritimes

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Taggia, forse caduto dal tetto del treno il migrante trovato morto sui binari

      Probabilmente il giovane egiziano cercava di raggiungere la Francia.

      Potrebbe essere morto cadendo dal tetto del treno, il migrante egiziano di 24 anni trovato ieri cadavere all’interno di una galleria ferroviaria tra la stazione di Taggia e quella di Imperia. Nel corso dell’esame autoptico, eseguito oggi all’ospedale di Sanremo dal dottor Davide Bedocchi dell’istituto di Medicina Legale di Genova, sono infatti state riscontrate diverse fratture craniche e agli arti superiori.

      Probabilmente il giovane era salito sul treno nella speranza di attraversare il confine e raggiungere clandestinamente la Francia, sbagliando però convoglio e finendo nella direzione opposta. Poi, forse, ha perso la presa a causa dell’alta velocità ed è caduto sui binari, battendo la testa.

      https://www.riviera24.it/2023/12/taggia-forse-caduto-dal-tetto-del-treno-il-migrante-trovato-morto-sui-bina

  • 17.07.2022, Frontière franco-italienne : deux personnes sans-papiers renversées sur l’autoroute près de #Menton

    (pour archivage)

    Deux personnes, vraisemblablement migrantes, ont été renversées au bord de l’autoroute A8, près de Menton, à la frontière franco-italienne, dans la nuit de samedi à dimanche. Un homme a succombé à ses blessures sur les lieux de l’accident et une femme a été évacuée dans un état grave. Pour l’association Tous citoyens, la région est devenue « une zone de non-droit meurtrière ».

    Nouvelle victime à la frontière franco-italienne. Vers 1h du matin dimanche 17 juillet, deux personnes ont été renversées le long de l’autoroute A8 près de #Roquebrune-Cap-Martin, une des premières villes françaises depuis l’Italie voisine. Un homme a succombé à ses blessures sur les lieux de l’accident, tandis que la femme qui l’accompagnait a été transportée à l’hôpital dans un état grave, indique à InfoMigrants la préfecture des Alpes-Maritimes, confirmant une information de Nice matin. Les deux piétons auraient tenté de traverser les voies quand la voiture « circulant en direction de l’Italie » est arrivée dans cette zone peu éclairée.

    Selon le média local, les corps ont été retrouvés sans documents d’identité, laissant penser que ces personnes étaient entrées en France de manière illégale. « Cet accident [est] survenu dans un secteur où les passeurs déposent fréquemment des migrants », signale la préfecture.

    Une enquête a été ouverte pour identifier les deux exilés, qui « semblent assez jeunes », précise encore Nice matin.
    Des drames « évitables »

    David Nakache, président de l’association Tous citoyens, déplorent de son côté des drames qui « pourraient être évités » si « les autorités françaises respectaient la loi et le droit d’asile ».

    Sur le tronçon de 32 km allant du poste-frontière jusqu’à Nice, les migrants sont régulièrement interpellés par les forces de l’ordre et renvoyés manu militari côté italien, sans avoir la possibilité de déposer une demande de protection.

    Pour éviter d’être repérés et refoulés de l’autre côté de la frontière, les exilés se cachent et prennent tous les risques, au péril de leur vie. Ils montent sur le toit des trains, traversent la montagne ou empruntent des routes dangereuses, le plus souvent la nuit, pour échapper aux policiers et gendarmes. Pour David Nackache, cette région est devenue au fil des années « une zone de non-droit meurtrière ». Le militant réclame l’ouverture de voie légale pour les personnes cherchant à trouver refuge en France.

    Le dernier accident remonte à février, quand le corps carbonisé d’un homme avait été retrouvé sur le toit d’un train régional qui reliait la ville italienne de Vintimille à la France. Depuis 2015, au moins 30 personnes ont perdu la vie à la frontière franco-italienne, d’après les associations.

    Mais le chiffre pourrait être plus élevé car le nombre de morts n’est plus systématiquement recensé par les médias et les autorités. Certains décès passent ainsi en dehors des radars. David Nackache dénonce des drames qui se produisent désormais dans « l’indifférence générale » et qui « n’émeuvent plus personne ».

    https://www.infomigrants.net/fr/post/42033/frontiere-francoitalienne--deux-personnes-sanspapiers-renversees-sur-l

    #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #mort #décès #Alpes #Italie #France #frontières #Alpes_Maritimes
    #Roquebrune-Cap-Martin

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • 26.11.2021, Ventimiglia. migrante trovato morto : si indaga per omicidio
    (pour archivage)

    Il corpo di un uomo, un migrante, è stato trovato stamani sotto il cavalcavia di Roverino, a Ventimiglia. Durante l’esame esterno del cadavere sono state notate alcune ferite da taglio. Sul posto sono intervenuti il personale sanitario del 118 e i carabinieri. La zona, che è area di bivacco per alcuni migranti, è stata isolata e chiusa al transito. Si indaga per omicidio che potrebbe essere avvenuto ieri tra le 19 e le 24. Potrebbe essere secondo gli inquirenti un regolamento di conti o coinvolgere il traffico gestito dai passeur che si fanno pagare per accompagnare i migranti oltre frontiera.

    E’ stata confermata l’ipotesi di omicidio del migrante trovato morto sotto il cavalcavia di Roverino, a Ventimiglia. Il cadavere presentava diverse ferite da taglio a schiena e addome. La vittima, probabilmente un giovane nordafricano, potrebbe essere stata accoltellata nel corso di una lite, ma non è ancora chiara la dinamica dell’accaduto. I carabinieri di Ventimiglia stanno ascoltando diverse testimonianze anche da parte di altri migranti, tra cui quelli che stamani hanno segnalato la presenza del cadavere.
    L’area del cavalcavia di Roverino, infatti, è frequentata da numerosi migranti che vivono nella tendopoli in attesa di espatriare. Sul posto sono intervenuti il medico legale e il magistrato Luca Scorza Azzarà. Il Comune di Ventimiglia ha reso disponibile l’impianto di videosorveglianza cittadino per esaminare i filmati e trovare nuovi elementi investigativi.

    https://genova.repubblica.it/cronaca/2021/11/26/news/ventimiglia_migrante_trovato_morto_si_indaga_per_omicidio-32790820

    #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #mort #décès #Alpes #Vintimille #Italie #France #frontières #Roverino #Alpes_Maritimes

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Ventimiglia: giovane migrante trovato morto. Ferite da taglio su schiena e addome, ipotesi omicidio/Le immagini

      In breve: Il corpo senza vita di un giovane migrante, apparentemente tra i 20 e i 30 anni, è stato trovato sotto il cavalcavia di Roverino.

      L’ipotesi più accreditata è quella dell’omicidio. Sul cadavere, infatti, sono state trovate diverse ferite da taglio, all’addome e alla schiena. La vittima, trovata riversa a terra, vicino ad un pilone del cavalcavia, dove con tuttà probabilità aveva trovato riparo per la notte, potrebbe essere stata uccisa a coltellate al cultime di una lite. Ad allertare i soccorsi alcuni migranti.

      Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia di Ventimiglia, affiancati dalla sezione Investigazioni Scientifiche dell’Arma. Presenti anche il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Marco Morganti, il Comandante del nucleo investigativo, Tenente Colonnello Pier Enrico Burri e il comandante della Compagnia di Imperia, Tenente Colonnello Pierluigi Giglio.

      Il corpo è stato trovato questa mattina e la morte, secondo una prima ricostruzione, potrebbe risalire a questa notte. I Carabinieri della sezione Investigazioni Scientifiche hanno effettuato tutti i rilievi del caso, alla ricerca dell’arma del delitto e di eventuali elementi utili a chiarire la dinamica dei fatti. Sentiti anche diversi migranti che bivaccano nella zona alla ricerca di eventuali testimoni.

      Le indagini sono state affidate al Pubblico Ministero Luca Scorza Azzarà. Il primo esame sul corpo è stato eseguito dal medico legale Andrea Leoncini.

      https://www.imperiapost.it/533859/ventimiglia-giovane-migrante-trovato-morto-ferite-da-taglio-su-schiena-e

    • Migrante ucciso: all’origine lite per un telefonino

      Difesa omicida, situazione di grave disagio tra connazionali.

      C’è il presunto furto di un telefonino all’origine della lite tra due connazionali sudanesi che ieri notte è terminata nel sangue con un migrante di 35 anni che ha accoltellato e ucciso un giovane sotto il cavalcavia di Roverino, a Ventimiglia (Imperia).

      L’omicida è stato sottoposto a fermo di polizia giudiziaria e lunedì sarà sottoposto a interrogatorio di convalida.

      A quanto risulta, avrebbe accusato la vittima di avergli sottratto il telefonino, tra i due è scoppiata una lite e il sudanese ha estratto un coltellino aggredendo il rivale.
      «Dal primo interrogatorio - afferma l’avvocato della difesa, Stefania Abbagnano - è emerso un quadro di grave disagio tra questi connazionali, ma non è emersa l’effettiva volontà di uccidere il ragazzo da parte del mio assistito, che anzi non pensava di aver commesso un atto così grave».
      In un primo tempo si pensava che la lite tra i due connazionali fosse iniziata nel centro di Ventimiglia, visto che dalle telecamere risultava che il presunto killer avesse litigato con altri connazionali. Invece quel diverbio si è concluso senza conseguenze, mentre l’omicidio è avvenuto sotto il cavalcavia, sull’argine del fiume Roya, dove da anni i migranti vivono in una tendopoli in attesa di trovare il momento opportuno per espatriare clandestinamente in Francia.
      Sembra che l’aggressore vivesse da parecchio tempo in Italia e dopo un primo tentativo di ottenere il permesso di soggiorno si sarebbe pian piano «irregolarizzato». La vittima sarebbe stata uccisa con almeno cinque coltellate. Le indagini sono condotte dei carabinieri di Ventimiglia, coordinate dal pm Luca Scorza Azzarà della procura di Imperia.

      https://www.ansa.it/liguria/notizie/2021/11/27/migrante-ucciso-allorigine-lite-per-un-telefonino_d28c6b5b-420f-46fa-875e-3dc95

  • 17.02.2017, Cannes : électrocuté sur le toit d’un train qui venait de Vintimille

    (pour archivage)

    Le corps carbonisé d’un homme a été retrouvé vendredi matin sur le toit d’un train en provenance de Vintimille (Italie). Il pourrait s’agir d’un migrant.

    Le corps d’un homme entièrement carbonisé a été retrouvé vendredi matin au centre de maintenance SNCF de #Cannes La Bocca (Alpes-Maritimes) sur le toit d’un train en provenance de Vintimille. Selon les premiers éléments de l’enquête, il pourrait s’agir d’un migrant qui aurait tenté de passer la frontière. L’homme n’avait pas de papiers sur lui et était difficilement identifiable.

    Confirmant des informations parues dans les médias locaux français et italiens, la SNCF a indiqué qu’un train de voyageurs, un TER, parti de Vintimille a effectivement connu des problèmes électriques. Une fois les voyageurs descendus, il a dû être remorqué pour le centre de Cannes la Bocca. C’est là que le personnel de maintenance a fait la macabre découverte sur le toit d’une des voitures de cette rame.
    De nombreux migrants meurent en voulant passer la frontière

    Selon une source policière, il y a de fortes présomptions que la personne retrouvée décédée soit un migrant qui serait monté sur le train en gare de Vintimille. Une enquête a été confiée à la police locale pour déterminer les circonstances exactes du drame et le parquet de Grasse a été saisi.

    Ces dernières mois, plusieurs migrants ont perdu la vie en tentant de passer la frontière franco-italienne, soit par l’autoroute, soit par la voie ferrée, après avoir été heurtés par des trains ou des automobiles ou avoir chuté depuis des viaducs.

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Ventimiglia, migrante morto sul tetto di un treno

      E’ stato trovato all’arrivo della stazione di #Cannes_La_Bocca, probabilmente folgorato dai cavi dell’alta tensione.

      Ennesima tragedia sulla linea ferroviaria Ventimiglia-Cannes, dove ancora una volta e’ un migrante ad aver perso la vita. ‎La drammatica vicenda e’ avvenuta questa mattina sul treno partito alle 5.30 da Ventimiglia e diretto a Cannes. Secondo una prima ricostruzione fatta dalle autorita’ italiane e francesi, un migrante sarebbe salito sul tetto del treno, con la speranza di poter varcare il confine ed eludendo i controlli alla frontiera dei francesi ma e’ rimasto poi folgorato dai cavi dell’alta tensione che alimentano il locomotore, rimanendo poi incastrato tra il pantografo. La macabra scoperta e’ avvenuta alla stazione di Cannes La Bocca e per questo motivo il traffico ferroviario, nella mattinata odierna, ha subito dei rallentamenti in direzione Francia. E ancora una volta la morte corre sui binari e le vittime sono sempre migranti che a rischio della propria vita provano in tutti i modi a varcare quel muro invisibile che divide l’Italia dalla Francia. Due settimane fa un migrante era stato investito da un treno ad un chilometro dal confine di Ponte San Ludovico.

      https://genova.repubblica.it/cronaca/2017/02/17/news/ventimiglia_migrante_morto_sul_tetto_di_un_treno-158536549

  • 05.02.2017, #Tal_Abdoul, VENTIMIGLIA : MIGRANTE TRAVOLTO E UCCISO DA UN TRENO NELL’ULTIMA GALLERIA PRIMA DELLA FRANCIA
    (pour archivage)

    Un migrante è stato travolto e ucciso da un treno regionale francese, che procedeva verso l’Italia, intorno alle 7, a Ventimiglia, all’interno della galleria «Dogana», di 407 metri di lunghezza, l’ultima prima del confine con la Francia. Sul posto sono presenti il personale sanitario del 118 con polizia, carabinieri e vigili del fuoco. La vittima si trovava assieme ad altri stranieri e, come solitamente accade in questi casi, sarebbe stato lo spostamento d’aria provocato dal treno in corsa, a rivelarsi fatale.

    Il traffico ferroviario è stato inizialmente interrotto in entrambi i sensi di marcia e sarà ripristinato a senso unico alternato, prima del definitivo ripristino della circolazione. Il bilancio degli ultimi due anni è di due morti e un ferito sulla linea ferroviaria Ventimiglia-Mentone (in territorio italiano).

    Episodi, comunque, tutti risalenti al periodo tra l’agosto del 2016 e il gennaio del 2017. Nel pomeriggio del 5 agosto scorso, in concomitanza con i disordini tra «no border» e forze dell’ordine, ai Balzi Rossi di Ventimiglia, veniva investito e gravemente ferito un giovane africano che assieme ad altri stranieri cercava di raggiungere la Francia.

    La sera del 23 dicembre scorso, un algerino di 25 anni veniva ucciso sullo stesso tratto di linea, compreso tra Ventimiglia e Mentone. Assieme ad altri stranieri era appena saltato sulla ferrovia, quando è passato il treno che lo ha centrato. A questi si aggiungono altri morti sulla strada. Sull’autostrada, in particolare. Africani travolti da auto piuttosto che furgoni o, in un caso, anche da uno scooter.

    https://primalariviera.it/cronaca/ventimiglia-migrante-travolto-e-ucciso-da-un-treno-nellultima-galleri
    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

    Nom présent sur cette liste :
    5 février 2017 : Tal Abdoul (1997,Guinée) est mort percuté par un train de la SNCF dans le tunnel des Douanes.
    https://www.roya-citoyenne.fr/2023/02/frontiere-de-tous-les-dangers-la-fermeture-des-frontieres-tue-les-dec

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Muore travolto da un trenoi sogni infranti di un migrante

      La vittima non ancora identificata investita in galleria dopo Latte.

      Non si sa ancora chi fosse. Si sa soltanto che cercava disperatamente di oltrepassare il confine con la Francia, verso una nuova vita, ma che a pochi metri dalla meta ha trovato la morte, nella galleria ferroviaria «Dogana», l’ultima dopo #Latte di Ventimiglia, prima della frontiera. E’ stato investito da un treno in corsa ed è deceduto sul colpo. Il migrante, secondo i primi accertamenti, proverrebbe dall’Africa Centrale e avrebbe tra i 25 e i 30 anni. Viaggiava solo, a piedi, lungo i binari. Addosso pochi effetti personali e nessun documento: per questo gli agenti della scientifica del commissariato di Ventimiglia stanno faticando a identificarlo. Il suo corpo è stato composto all’obitorio di Sanremo e in queste ore saranno prelevate le impronte digitali, per tentare di scoprirne l’identità e di ricostruire il suo viaggio (non è escluso che sia stato fotosegnalato durante altri controlli).

      L’allarme è stato lanciato dal macchinista del treno francese che ha investito lo straniero. Il convoglio era partito da Cannes alle 5,18 e sarebbe dovuto arrivare a Ventimiglia alle 6,53. Già in territorio italiano, a una manciata di minuti dall’arrivo in stazione, l’incidente. In galleria, in un tratto buio, dove sarebbe stato praticamente impossibile evitare l’impatto. Il macchinista, che ha riferito alla polizia di aver soltanto avvertito l’impatto improvvisamente, ha fermato il treno e chiamato i soccorsi. Sono intervenuti gli agenti della polizia Ferroviaria di Ventimiglia, agli ordini del dirigente Sergio Moroni. Il traffico ferroviario è stato interrotto ed è ripreso soltanto verso le 11,30.

      «Sono tragedie ormai annunciate - commenta Maurizio Marmo, direttore della Caritas diocesana che da anni è in prima linea per gli aiuti ai profughi - Sono già capitate e non è cambiato nulla. Il blocco francese alla frontiera rende il viaggio più pericoloso (per chi vuole evitare i controlli), o più costoso (per chi sceglie di affidarsi ad un passeur)». Marmo sottolinea anche che è necessario comunque predisporre luoghi di accoglienza adeguati, «soprattutto per le donne e i minori. Le istituzioni devono dare una risposta umana a chi è in viaggio». Senza contare che dalla scorsa settimana sono stati anche sospesi gli arrivi al centro migranti del Parco Roja, per svolgere alcuni lavori di manutenzione ai moduli abitativi che ospitano i bagni e le docce. «L’unica cosa da fare è proseguire con gli accordi e arrivare a diminuire gli arrivi. Altrimenti continueremo a fare i conti con tragedie come questa - spiega il sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano - Distribuire i profughi è l’unica strada per aiutare loro ed evitare disagi per i cittadini».

      https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2017/02/06/news/muore-travolto-da-un-trenoi-sogni-infranti-di-un-migrante-1.34649005

  • 04.01.2017, #Mohamed_Hani : Migrante investito a Ventimiglia : limite di 30 km/h sulla strada
    (pour archivage)

    Il Comune di Ventimiglia ha emesso un’ordinanza con cui istituisce il limite di velocità unico a 30 chilometri all’ora sulla strada dove il 4 gennaio scorso si è verificato l’impatto tra uno scooterista e un migrante costato la vita sia al profugo, Mohamed Hani, di 26 anni che al conducente dello scooter Luciano Guglielmi di 66 anni.

    Fino ad oggi su quella strada il limite andava, a seconda delle zone, dai 30 ai 70 chilometri orari. la decisione è stata assunta proprio per il rischio della presenza di migranti per strada unitamente alla scarsa visibilità.

    https://www.primocanale.it/archivio-news/181064-migrante-investito-a-ventimiglia-limite-di-30-km-h-sulla-strada.h 

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • 07.10.2026, #Milet_Tesfamariam : Une jeune migrante meurt sur l’autoroute à la frontière italienne

    (pour archivage)

    La jeune fille faisait partie d’un groupe de migrants qui tentaient de gagner la France depuis Vintimille. Elle est décédée après avoir été percutée par un poids-lourds alors qu’elle marchait sur la bande d’arrêt d’urgence.

    Selon le site italien Riviera24.it, qui a diffusé des images de l’intervention des secours après l’accident, La victime est une Erythréenne de 17 ans. « La victime est une femme à ma connaissance. Quatre autres personnes, des femmes, ont été hospitalisées en état de choc à Bordighera mais ne sont pas blessées »,a indiqué la police italienne de Vintimille qui n’a pas pu préciser les circonstances de l’accident.

    Le drame s’est produit « au niveau du #tunnel_de_la_Giraude, côté italien, un poids-lourd a percuté un migrant », a-t-on précisé au centre opérationnel de la gendarmerie de Nice.

    Début septembre, un jeune Africain avait été retrouvé mort sous un viaduc autoroutier près de Menton, dans le même secteur, et une enquête a été ouverte pour déterminer s’il aviat pu se tuer après avoir paniqué à la vue d’une patrouille de gendarmes et enjambé la glissière de sécurité.

    Vintimille, une impasse pour les migrants africains

    L’Italie, notamment l’ONG catholique Caritas et la Croix-Rouge, continuent d’apporter une aide humanitaire. Les opérations de police se multiplient aussi. Les migrants prennent des risques importants pour gagner l’Hexagone, par la montagne, l’autoroute ou le train tout en tentant d’échapper aux contrôles. Plus de 24.000 migrants ont été interpellés depuis janvier dans les Alpes-Maritimes, selon le dernier décompte de la préfecture fin septembre.

    https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/jeune-migrante-meurt-autoroute-frontiere-italienne-1104

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Giovane migrante a piedi in autostrada, travolta da un camion muore sul colpo

      Una giovane migrante di 17 anni, di origine eritrea, è morta sul colpo nel tardo pomeriggio di oggi dopo essere stata investita da un tir spagnolo all’interno della galleria Cima Girata.

      La tragedia è avvenuta verso le 18.15, sull’A10, nell’ultimo tunnel prima del confine di Stato al chilometro 158, sei chilometri dopo la barriera autostradale, a pochi metri dalla Francia. Secondo quanto ricostruito la donna stava camminando a piedi lungo la corsia di marcia della galleria dell’Autofiori, insieme alla sua famiglia composta da altre sei persone, rimaste miracolosamente illese.

      Quattro migranti sono stati accompagnati all’ospedale Saint Charles di Bordighera in stato di choc. Mentre altri due familiari della vittima sono rimasti sul luogo della tragedia per vegliare il cadavere. Sul posto, oltre agli agenti della polizia stradale, è intervenuto anche il personale del 118 con l’automedica e una ambulanza con i militi della Croce Verde Intemelia e la gendarmeria. Già informata la Procura della Repubblica di Imperia che disporrà l’autopsia, mentre la polstrada, attraverso la testimonianza dell’autista del camion, cercherà di ricostruire la dinamica dell’incidente. Da accertare inoltre se la donna fosse ospitata nei locali della chiesa di Sant’Antonio, alle Gianchette.

      L’autista del tir, uno spagnolo, è ora indagato per omicidio colposo e il mezzo è sotto sequestro: un atto dovuto vista la dinamica dell’incidente. Sottoposto ad alcoltest, l’uomo è risultato negativo: nel sangue nemmeno una goccia di alcol. Le indagini sono coordinate dal pm Marco Zocco.

      Non è la prima volta che in quel tratto di autostrada automobilisti e camionisti di passaggio incontrano migranti che procedono verso la Costa Azzurra rischiando di essere travolte dai mezzi in transito e oggi pomeriggio una di loro è morta travolta da un tir in corsa.

      https://www.riviera24.it/2016/10/giovane-migrante-a-piedi-in-autostrada-travolta-da-un-camion-muore-sul-col

    • Milet Tesfamariam, « victime de nos frontières »

      Une collecte pour rapatrier le corps de Milet Tesfamariam à Asmara, la capitale de l’Erythrée est organisée par Caritas. Le 7 octobre, cette jeune migrante de 17 ans a été tuée par un semi-remorque sur l’autoroute italienne, sous le tunnel de la Giraude, alors qu’elle tentait de rejoindre la France avec un groupe de cinq ou six personnes. Lors d’une cérémonie le 15 octobre, l’évêque de Vintimille-Sanremo, Monseigneur Antonio Suetta, a estimé que Milet Tesfamariam est une « victime de nos frontières », tout en pointant « l’hypocrisie » des sociétés européennes dans ce dossier.

      https://monaco-hebdo.com/actualites/international/milet-tesfamariam-caritas-intemelia

  • Germany prepares to widen fixed border checks

    (automne 2023 —> pour archivage)

    Germany is expected to notify the EU about plans to introduce fixed border checks on the Polish, Czech Republic and Swiss borders. Previously, this had only been possible at the Austrian frontier.

    The German Interior Ministry is expected to register fixed border controls with Poland, the Czech Republic and Switzerland with the European Commission in light of a high number of refugees entering Germany.

    The intention of the checks is to more effectively fight against people smugglers and to detect and stop unauthorized entries.
    What we know so far

    According to government sources, the necessary notification in Brussels was being prepared on Monday.

    The plan is an extension of police checks directly at the border in place at the border with Austria since 2015.

    German Interior Minister Nancy Faeser had long rejected permanent fixed contro points, citing, among other things, the effects on commuters and freight transport. The norm in the EU’s Schengen Zone is for open borders but with police reserving the right to check anybody crossing at random, but not at set checkpoints.

    Interior ministers of the eastern German states of Brandenburg and Saxony have pressed Faeser to implement fixed checks.

    Germany had introduced additional controls at border crossings with Poland and the Czech Republic in September, but these were not intended to be permanent.

    German municipalities have urged the federal government to provide more funding to cope with the surge in migrant arrivals. They have pointed to stretched accommodation and services that seem similar to the events of 2015, when Germany took in over 1 million refugees mainly fleeing war in the Middle East.

    Opposition parties in Germany have also called on the government to limit the number of asylum-seekers, with Bavaria’s conservative Premier Markus Söder suggesting an annual upper limit on asylum seekers of 200,000.

    https://www.dw.com/en/germany-prepares-to-widen-fixed-border-checks/a-67109731

    #Allemagne #Pologne #Suisse #République_Tchèque

    #Allemagne #Suisse #contrôles_systématiques_aux_frontières #France #frontières_intérieures #frontières #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #prolongation #2023 #2024 #contrôles_frontaliers #frontière_sud-alpine

    –—

    ajouté à cette métaliste sur l’annonce du rétablissement des contrôles frontaliers de la part de plusieurs pays européens :
    https://seenthis.net/messages/1021987

    • 15.12.2023 : L’Allemagne prolonge de trois mois les contrôles aux frontières suisses

      L’Allemagne estime que la protection des frontières extérieures de l’UE est déterminante pour limiter l’immigration irrégulière. Elle prolonge donc les contrôles à la frontière avec la Suisse jusqu’au 15 mars 2024 au moins. Les frontières allemandes avec la Pologne et la République tchèque sont également concernées.

      Afin de lutter encore plus fortement contre la criminalité liée au trafic de migrants et de limiter la migration irrégulière, les contrôles seront poursuivis et ont été notifiés à la Commission européenne, a annoncé vendredi le ministère allemand de l’Intérieur.

      Berlin avait introduit en octobre des contrôles aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse, en raison de la nette augmentation du nombre de réfugiés en Allemagne. Cette mesure a été prolongée à plusieurs reprises.

      Mesures efficaces

      Le nombre d’entrées non autorisées en Allemagne a diminué de 60%, passant de plus de 20’000 en octobre à 7300 entrées non autorisées en novembre. « Nos mesures sont efficaces », a déclaré la ministre de l’Intérieur Nancy Faeser.

      Les contrôles aux frontières intérieures entre l’Allemagne et l’Autriche, qui avaient déjà commencé à l’automne 2015, durent actuellement jusqu’au 11 mai 2024.

      Les contrôles aux frontières ne sont en fait pas prévus au sein de l’espace Schengen et doivent être notifiés à Bruxelles. S’il ne s’agit que de quelques jours, il est possible de le faire à court terme, mais cette possibilité prend fin après deux mois, soit vendredi 15 décembre dans le cas de l’Allemagne.

      https://www.rts.ch/info/monde/14556738-lallemagne-prolonge-de-trois-mois-les-controles-aux-frontieres-suisses.

    • 17.10.2024 : Face à l’immigration illégale, l’Allemagne réinstaure des contrôles à la frontière suisse

      Le ministère allemand de l’Intérieur a notifié lundi auprès de la Commission européenne « des contrôles temporaires aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse »

      Le gouvernement allemand a annoncé le renforcement de sa surveillance aux frontières au sud et à l’est. Depuis lundi, des contrôles stationnaires aux passages douaniers avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse ont été instaurés, indique le ministère allemand de l’Intérieur. Cette mesure exceptionnelle, qui nécessite l’aval de Bruxelles, est destinée à durer 10 jours, et peut être prolongée pour deux mois, précise le ministère.

      Des contrôles de ce type ont été mis en place à la frontière autrichienne depuis 2015, au moment de l’afflux sans précédent d’immigrants vers l’Allemagne, une décision dont la prolongation de six mois à compter du 12 novembre a également été annoncée ce lundi. « La police fédérale peut utiliser les mêmes moyens aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse que ceux déjà en place avec l’Autriche », précise le ministère. Les voyageurs transfrontaliers ne devraient cependant pas être confrontés à des contrôles systématiques : « un paquet de contrôles fixes et mobiles » sera mis en œuvre « de façon flexible et selon la situation », a déclaré la ministre allemande Nancy Faeser, citée dans le communiqué.

      Une importante hausse des arrivées en Allemagne

      L’Allemagne est confrontée à une forte hausse de l’immigration illégale. De janvier à début octobre, la police a comptabilisé environ 98 000 arrivées illégales dans le pays, dépassant déjà le nombre total des arrivées pour l’année 2022 qui était d’environ 92 000. Pour justifier les mesures décidées, l’Allemagne s’appuie sur un article de la réglementation de Schengen qui permet d’introduire pour une période limitée des contrôles intérieurs aux frontières en cas « de menace sérieuse à l’ordre public ou à la sécurité intérieure ».

      Nancy Faeser s’était pourtant jusqu’ici montrée réticente à l’idée d’instaurer des contrôles fixes, en raison notamment de leur impact sur les travailleurs frontaliers ainsi que sur les échanges commerciaux avec les pays voisins : ces mesures ralentissent en effet considérablement le trafic et créent des embouteillages. Mais la hausse des arrivées illégales provoque un vif débat en Allemagne, dont les capacités d’accueil s’épuisent. Les communes et les régions, qui ont aussi absorbé l’arrivée d’un million de réfugiés ukrainiens depuis février 2022, se disent à la limite de leur capacité d’accueil, alors que la situation profite à l’extrême-droite, qui a obtenu des résultats records dans deux scrutins régionaux il y a une semaine.

      « Le nombre de personnes qui viennent actuellement chez nous est trop élevé », avait récemment martelé le chancelier Olaf Scholz, en présentant des mesures pour accélérer les expulsions de personnes déboutées de l’asile. La décision était donc attendue, et « la ministre de l’Intérieur […] a apparemment attendu les élections législatives polonaises avant de rendre publique sa décision », note le Tages-Anzeiger.
      Poursuite de la collaboration avec les douaniers suisses

      Nancy Fraeser « a assuré à [Elisabeth] Baume-Schneider que le trafic frontalier serait entravé aussi peu que possible », indique le Département fédéral de justice et police (DFJP) à Keystone-ATS. La conseillère fédérale et la ministre allemande ont par ailleurs convenu lundi de renforcer la « collaboration fructueuse » entre les deux pays dans le cadre du plan d’action mis en place en 2022 qui prévoit des patrouilles en commun et un meilleur échange d’informations pour enrayer les migrations secondaires, ajoute le DFJP. Au parlement, l’annonce allemande semble être accueillie avec compréhension : « ce n’est pas un secret que de nombreux migrants utilisent la Suisse comme pays de transit, tous ceux qui prennent le train de Milan à Zurich le voient », a réagi dans la Neue Zürcher Zeitung le président de la Commission de politique extérieure du Conseil national, Hans-Peter Portmann (PLR/ZH).

      Un porte-parole du gouvernement allemand a par ailleurs confirmé au quotidien zurichois que les contrôles avaient commencé à être mis en place ce lundi, et qu’ils « seront renforcés dans les jours à venir en fonction de l’évaluation de la situation par la police fédérale » allemande. « Les contrôles fixes aux frontières présentent l’avantage […] que les personnes peuvent être refoulées par la police fédérale dès qu’elles tentent de franchir la frontière », poursuit la NZZ. « Elles sont alors considérées comme n’étant pas entrées sur le territoire » et nécessitent un investissement bureaucratique « incomparablement plus faible » que dans le cas d’un processus d’expulsion du territoire, argumente le journal.

      « Les spécialistes, les politiciens et les policiers sont loin d’être d’accord » sur l’efficacité des contrôles, tempère le Tages-Anzeiger qui rappelle qu’il y a quelques semaines encore, Nancy Faeser qualifiait les contrôles fixes de « fausses solutions ». Reste, conclut le Tagi, qu’il est « pour l’instant impossible d’estimer » les effets concrets des nouvelles mesures à la frontière suisse, notamment sur le trafic important des pendulaires avec le Bade-Wurtemberg.

      https://www.letemps.ch/suisse/face-a-l-immigration-illegale-l-allemagne-reinstaure-des-controles-a-la-fron

    • La Suisse accusée de « #laisser_passer » les migrants

      Le président du Conseil national Martin Candinas est en visite à Berlin ce vendredi, dans un climat tendu : l’Allemagne reproche à la Suisse de faciliter le transit des demandeurs d’asile.

      Le nombre des réfugiés arrivant en Europe atteint un nouveau record… et l’Allemagne est une fois de plus en première ligne. Elle accuse ses voisins de « laisser passer » des demandeurs d’asile de Syrie, d’Afghanistan, du Pakistan ou d’Irak, voire de leur faciliter le transit comme en Suisse. La télévision suisse alémanique avait révélé fin 2022 comment la compagnie ferroviaire CFF avait mis en place des « wagons réservés aux étrangers » avec des portes fermées à clé pour conduire les réfugiés jusqu’à Bâle.

      « Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse. » (Thomas Strobel, ministre de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg)

      La situation est particulièrement dramatique à la frontière avec la Pologne avec 14’303 illégaux arrêtés dans les sept premiers mois de l’année (+143% par rapport à 2022). En provenance de Suisse, la progression est encore plus importante : +200%, soit plus de 6000 illégaux arrêtées à la frontière avec le #Bade-Wurtemberg. « Les passages entre la Suisse et l’Allemagne n’ont jamais été aussi élevés depuis 2016 », s’est plaint le Ministère de la justice de la région frontalière dans un communiqué officiel.

      « Nos villes et nos communes ont atteint leurs capacités d’accueil. Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse », a insisté avant l’été Thomas Strobel, le ministre conservateur (CDU) de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg. Pour le chef du groupe parlementaire des libéraux (FDP), Hans-Ulrich Rülke, il n’est « pas normal qu’un État non-membre de l’UE comme la Suisse introduise des réfugiés en Allemagne par le Bade- Wurtemberg ».

      Menace de l’opposition

      Lors du débat de politique générale à l’assemblée fédérale (Bundestag), mercredi 6 septembre, Friedrich Merz, le leader de l’opposition conservatrice (CDU), a attaqué lui aussi la Suisse en l’accusant de ne pas respecter le « règlement de Dublin » qui l’oblige à traiter les demandes d’asile chez elle ou à renvoyer des réfugiés dans le premier pays d’enregistrement (la plupart des demandes sont faites en Autriche).

      « Vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles aux frontières. » (Friedrich Merz, leader de l’opposition conservatrice (CDU))

      « Notre volonté n’est pas de réinstaller des barrières douanières aux frontières polonaises, tchèques et suisses. Mais vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles », at- il menacé dans l’hémicycle sous les huées de la gauche gouvernementale.

      Une déclaration qui met le président du Conseil national dans l’embarras. Martin Candinas rencontre ce vendredi à 9 heures la vice-présidente du Bundestag, Yvonne Magwas (CDU), pour un entretien bilatéral. « La Suisse respecte le règlement de Dublin », nous a-t-il assuré jeudi, ne voulant pas davantage commenter cette crise. Il ne compte pas aborder le sujet avec les officiels allemands, sauf si ces derniers souhaitent lui en parler. Du côté allemand, on reste également discret sur la teneur de l’entretien.

      Le président du Conseil national Martin Candinas, qui doit rencontrer vendredi la vice-présidente du Bundestag, assure que « la Suisse respecte le règlement de Dublin ».

      La tension est sensible aux frontières polonaises et tchèques. La Saxe a décidé d’envoyer sa propre police pour épauler les agents fédéraux chargés de contrôler seulement les passages frontaliers officiels. Le ministre de l’Intérieur de Saxe, Armin Schuster, a estimé qu’il n’avait pas d’autre choix que d’employer cette méthode. Dès la première semaine, ses agents ont arrêté 307 clandestins et 7 passeurs sur un total de 514 personnes contrôlées… « Vous le voyez, le principe des accords de Dublin ne fonctionne pas », regrette-t-il. Friedrich Merz abonde : « Cela me fait mal au coeur de voir que nous ne sommes même pas en mesure de protéger nos propres frontières, d’autant plus que celles de l’Europe ne sont toujours pas sécurisées. »

      Épargner les frontaliers

      Mais la ministre fédérale de l’Intérieur, la social-démocrate Nacy Faeser, refuse catégoriquement la mise en place de contrôles permanents, surtout vers la Suisse. Les experts les considèrent comme inefficaces. La Bavière a mis en place 5 points de contrôle à la frontière autrichienne en 2015. « Ces contrôles n’ont aucun sens », estime Andreas Roßkopf du syndicat de la police (GdP).

      « Ils bouleversent surtout le quotidien des frontaliers. Le personnel soignant, les artisans et de nombreux pendulaires des deux pays sont concernés. Ils affectent durablement notre économie », ajoute la ministre. Elle a en revanche ordonné le renforcement des contrôles aléatoires aux frontières.

      https://www.tdg.ch/tensions-avec-lallemagne-la-suisse-accusee-de-laisser-passer-les-migrants-428988

    • A #Buchs, « porte d’entrée orientale du pays », la banalité de l’immigration

      Sorti ce lundi, le baromètre des préoccupations Ipsos réalisé par « Le Temps » place l’immigration en quatrième position. A Buchs, où plus de 26 000 personnes « illégales » ont été contrôlées l’an dernier, le phénomène fait désormais partie du paysage.

      La scène est devenue parfaitement ordinaire : il est un peu moins de 10h à la #gare de Buchs (SG) ce mardi 23 août et une cinquantaine d’hommes en training sont alignés contre un mur par les gardes-frontières suisses. Les voyageurs – des Afghans fuyant les talibans, des Nord-Africains en quête d’une vie meilleure et d’autres compagnons d’infortune internationaux – affluent tous du même endroit : #Vienne, d’où les trains de nuit rallient régulièrement Zurich (notre reportage sur la question : https://www.letemps.ch/suisse/rails-entre-vienne-zurich-migrants-route-balkans).

      L’année dernière, pas moins de 26 000 « entrées illégales » ont été enregistrées par l’Office fédéral de la douane à la frontière orientale suisse. Ce qui représente deux fois la population de Buchs, 13 000 habitants. Dans la petite localité saint-galloise, cet afflux ininterrompu laisse cependant froid. Les nouveaux arrivants ne sont pas là pour rester, alors à quoi bon s’en soucier ? Et qu’importent les Accords de Schengen-Dublin.

      « Les journaux n’en parlent plus »

      L’immigration. Politiquement, la thématique est omniprésente. Toutefois, rares sont les lieux en Suisse où le phénomène est aussi visible qu’à Buchs. « Porte d’entrée orientale » du pays comme il est souvent qualifié, le gros bourg est connu pour son joli château surplombant un petit lac, sa vieille ville bucolique. Mais surtout pour sa gare où, ce mardi, à quelques centaines de mètres d’écart, deux réalités s’affrontent. Sur le quai 5, des migrants dépenaillés cheminent en file indienne, entourés par des douaniers et des policiers… alors qu’à deux pas du quai 1, des ouvriers s’affairent pour préparer la 39e édition de la Buchserfest. Agendée trois jours plus tard, la manifestation annonce « concerts, spectacles de danse et restauration variée pour petits et grands ». Et c’est surtout cette perspective qui anime les bistrots de la rue centrale.

      « C’est une gare de transit, dit avec fatalité Barbara Gähwiler-Bader, présidente du PS de la commune, attablée au Café Wanger. Pour être franche, à moins de prendre le train, rien ne laisse penser que des milliers de personnes mettent un premier pied en Suisse ici chaque année. La politique locale ne s’intéresse pas au sujet, les journaux du coin n’en parlent plus, ni vraiment les habitants. C’est parfois à se demander si le phénomène est encore là. Ici tout va bien, et tant que c’est le cas, rien ne bouge. Réfléchir à la situation de ces gens, c’est réfléchir à ses propres privilèges. Et tout le monde n’a pas envie de faire l’effort. » Dans la station frontière, seul un panneau en persan indiquant les toilettes signale la spécificité des lieux. Le centre d’asile le plus proche est à plus de 30 kilomètres.

      « Rien n’est vraiment entrepris dans la commune, admet la socialiste, mais que faire ? C’est une situation tragique mais ils ne font qu’entrer et sortir. Très peu souhaitent s’attarder en Suisse. Les autorités les chargent dans le train suivant et ils partent pour la France, l’Allemagne, le Royaume- Uni. Voilà. » Si les arrivants dénués de papiers sont censés être identifiés, enregistrés et contrôlés, la police saint-galloise reconnaît laisser passer nombre d’entre eux sans intervenir. La plupart des vagabonds (contrôlés ou non) poursuivent ensuite leur chemin – avec ou sans billet – vers Zurich, puis Bâle, avant de sortir des frontières de la Suisse. Et de la liste des problèmes du pays.

      « On se sent en danger à la gare »

      Une attitude laxiste, selon Sascha Schmid, représentant local de l’UDC, membre du législatif cantonal et candidat au Conseil national aux élections fédérales 2023. « Il y a des lois en Suisse et elles doivent être respectées, tonne le vingtenaire, banquier au Liechtenstein. Ces gens ne restent peut-être pas à Buchs mais qui sait s’ils sortent vraiment du pays ? Il n’y a aucune garantie. Et qui nous dit que l’Allemagne ou la France ne durciront pas un jour les contrôles à leurs frontières ? Nous nous retrouverions dans une situation intenable. » Le politicien dénonce particulièrement le laisser-faire autrichien… tout en reconnaissant que Berne agit grosso modo comme Vienne, une étape plus loin.

      « Le problème est global, poursuit-il. Mais il existe des solutions. L’UDC aimerait une mise en oeuvre stricte des Accords de Schengen-Dublin (le renvoi des étrangers dans leur premier pays d’enregistrement). Toutefois, comme ces accords sont cliniquement morts, j’estime qu’il faut faire preuve de courage et considérer d’autres options. De très nombreux Autrichiens viennent travailler chaque jour dans la région. Il doit être possible de mettre la pression sur leur gouvernement pour qu’il respecte les accords internationaux. Il n’est pas acceptable d’enrichir les frontaliers sans contrepartie. » Si la plupart des migrants ne s’attardent pas à Buchs, Sascha Schmid considère tout de même qu’ils font « grimper l’insécurité à la gare et que la criminalité augmente en ville, tout comme les cambriolages et les vols ».

      « Ici la vie continue »

      Un diagnostic que Rolf Pfeiffer, président indépendant de la ville de Buchs depuis mars, réfute en bloc. « Les arrivants ne sont mêlés à aucun souci local, dit-il. Tout est calme. Tout se passe bien.

      C’est un non-sujet. Buchs surgit régulièrement dans les médias parce que nous sommes situés à la frontière, mais la ville est concentrée sur d’autres problèmes. » Jouxtant le Liechtenstein – dont la place financière attire de nombreux habitants optant pour une résidence en Suisse voisine – mais également proche de Saint-Gall, Coire (GR), Zurich (ZH), Feldkirch (AU) et Bregenz (AU), la petite cité grandit vite et il s’agit d’adapter ses infrastructures, précise-t-il. Un défi bien plus pressant que ce qui se trame au bord des rails.

      « Si le besoin surgit, complète le Saint-Gallois, nous nous mettons à disposition des membres de la protection civile pour monter quelques tentes destinées à accueillir les migrants qui en ont besoin. Généralement pendant une nuit tout au plus. Les coûts engendrés nous sont ensuite remboursés par la Confédération. Comprenez-moi bien, d’un point de vue humanitaire, la condition des arrivants est certainement triste. Ils sont là, nous les voyons. Nous n’ignorons pas la chose. Mais ici la vie continue. Nous ne pouvons pas influencer la situation, qui doit être réglée entre Etats. » Le jour de notre visite, la Confédération annonçait justement une nouvelle contribution de 300 millions d’euros sur sept ans destinée à « l’amélioration de la protection des frontières extérieures de l’espace Schengen ». Une décision qui fait suite au plébiscite (71,6% de oui) des Suisses à une participation élargie de Berne aux activités de Frontex en 2022. Et aux difficultés de la Suisse à gérer cette problématique.

      Car même si beaucoup de migrants poursuivent leur chemin, pas moins de 14 000 demandes d’asile ont été enregistrées par le Secrétariat d’Etat aux migrations en juillet 2023 et, au vu des pronostics – le nombre total pourrait monter à plus de 30 000 d’ici à la fin de l’année –, les centres d’accueil fédéraux craignent d’atteindre leurs limites. Vendredi dernier, la conseillère fédérale Elisabeth Baume-Schneider annonçait avoir arraché 1800 places supplémentaires aux cantons sur un objectif de 3000 – sans pour autant rassurer sur le long terme. Au centre de l’Europe, la Suisse mise cependant sur une autre solution : déléguer. « Une protection efficace des frontières extérieures de l’espace Schengen contribue à la sécurité et à la gestion migratoire de la Suisse, affirmait mercredi dernier le Conseil fédéral. Mieux les contrôles aux frontières extérieures fonctionneront, moins il y aura besoin de contrôles aux frontières nationales suisses. » Et, à l’instar de Buchs, moins il faudra se préoccuper de la chose.

      https://www.letemps.ch/suisse/suisse-alemanique/a-buchs-la-banalite-de-la-migration

      #statistiques #chiffres #2023

  • Inchiesta su #Ousmane_Sylla, morto d’accoglienza

    A distanza di un mese dal suicidio di Ousmane Sylla nel #Cpr di #Ponte_Galeria, il 4 febbraio 2024, sono emersi nuovi elementi sulla sua triste vicenda, non raccontati nelle prime settimane. La prima cosa che sappiamo ora per certo è che Ousmane voleva vivere. Lo dimostrano i video e le foto che ho avuto da persone che lo hanno conosciuto, che lo ritraggono mentre balla, gioca, canta, sorride e scherza con il suo compagno di stanza. La sua vita però è stata stravolta da una violenza ingiustificabile, che scaturisce dalle dinamiche perverse su cui si basa il nostro sistema di accoglienza (ma non solo) e che impongono di farsi delle domande.

    Già nei primi giorni dopo la morte si venne a sapere che Ousmane aveva denunciato maltrattamenti nella casa famiglia di cui era stato ospite, prima di essere trasferito al Cpr di Trapani. Gli avvocati che si stanno occupando del caso e alcune attiviste della rete LasciateCIEntrare hanno rintracciato la relazione psico-sociale redatta dalla psicologa A.C. del Cpr di Trapani Milo il 14 novembre 2023. Era passato un mese dal suo ingresso nella struttura, a seguito del decreto di espulsione emesso dalla prefettura di Frosinone in data 13 ottobre 2023.

    La relazione dice che Ousmane “racconta di essere arrivato in Italia sei anni fa; inizialmente ha vissuto in una comunità per minori a Ventimiglia in Liguria, poi una volta raggiunta la maggiore età è stato trasferito presso la casa famiglia di Sant’Angelo in Theodice (Cassino). Racconta che all’interno della struttura era solito cantare, ma questo hobby non era ben visto dal resto degli ospiti. Così, un giorno, la direttrice del centro decide di farlo picchiare da un ospite tunisino. In conseguenza delle percosse subite, Sylla si reca al consiglio comunale di Cassino, convinto di trovarsi in Questura, per denunciare la violenza di cui si dichiara vittima”.

    La casa famiglia di Sant’Angelo in Theodice è menzionata anche sulla scritta lasciata da Ousmane – sembrerebbe con un mozzicone di sigaretta – su una parete del Cpr di Roma, prima di impiccarsi a un lenzuolo, la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2024.

    “LASCIATEMI PARLARE”
    Sulle cronache locali della Ciociaria, l’8 ottobre 2023 venne pubblicata la notizia di un giovane profugo africano presentatosi in consiglio comunale venerdì 6 ottobre (due giorni prima) per denunciare di aver subito violenze fisiche e maltrattamenti nella casa famiglia di cui era ospite, in questa frazione di Cassino di circa cinquecento abitanti. “Lasciatemi parlare o mi ammazzo”, avrebbe gridato, secondo Ciociaria oggi, che riferiva inoltre che “il giovane adesso ha paura di tornare nella casa famiglia”. La struttura era stata inaugurata sei mesi prima, il 3 aprile 2023, dal sindaco di Cassino Enzo Salera, originario proprio di Sant’Angelo, e dall’assessore con delega alle politiche sociali Luigi Maccaro, alla presenza del funzionario dei servizi sociali, Aldo Pasqualino Matera. Si trovano diversi articoli datati 4 aprile 2023, corredati di foto della cerimonia e della targa con il nome della casa famiglia. La struttura si chiamava Revenge, che significa rivincita ma anche vendetta.

    La casa famiglia è stata chiusa tra dicembre e gennaio per “irregolarità”; le indagini sono ancora in corso. Era gestita dalla società Erregi Progress s.r.l.s. con sede in Spigno Saturnia, in provincia di Latina; la titolare della società e responsabile della casa famiglia è Rossella Compagna (non Campagna, come riportato in alcune cronache), affiancata nella gestione dall’avvocato Michelangiolo Soli, con studio legale a Minturno. Oggi sappiamo che mancavano le autorizzazioni della Asl locale all’apertura, e altri adempimenti; e che la maggior parte degli operatori che si sono succeduti nel corso dei circa nove mesi di apertura non ha mai percepito lo stipendio, né la malattia: almeno quelli che non erano vicini alla responsabile. Alcuni di essi hanno fatto causa alla società e sono in attesa di risarcimento. Altri non avevano neanche le qualifiche per operare in una struttura per minori stranieri non accompagnati.

    Sono stata a Sant’Angelo in Theodice e ho incontrato diverse persone che hanno conosciuto Ousmane, che lo hanno seguito e aiutato durante il mese e mezzo circa della sua permanenza in paese. Grazie a loro ho potuto capire chi era Ousmane e ciò che ha vissuto in quel periodo. Ousmane è arrivato a Sant’Angelo tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, insieme a un ragazzo marocchino, oggi maggiorenne. Provenivano da Ventimiglia, dove avevano trascorso insieme circa un mese in un campo della Croce Rossa Italiana, prima di essere trasferiti nella casa famiglia di Cassino. Ousmane non era però “da sei anni in Italia”, come trascritto dalla psicologa del Cpr di Trapani nella sua relazione. Sembrerebbe che fosse arrivato l’estate prima, nel 2023, a Lampedusa, come si intuisce anche dalla sua pagina Fb (“Fouki Fouki”). Il 3 agosto ha pubblicato un video in cui canta sulla banchina di un porto, quasi certamente siciliano. Forse era arrivato nella fase di sovraffollamento, caos e ritardi nei trasferimenti che spesso si verificano sull’isola in questa stagione. Avrebbe poi raggiunto Roma e successivamente Ventimiglia.

    Il suo “progetto migratorio” era quello di arrivare in Francia, dove ha un fratello, cantante rap e animatore d’infanzia, Djibril Sylla, che ho incontrato di recente: è venuto a Roma per riconoscere il corpo di Ousmane e consentirne il ritorno in Africa. Ousmane parlava bene il francese e lo sapeva anche scrivere, come dimostra la scritta che ha lasciato sul muro prima di uccidersi. Con ogni probabilità è stato respinto al confine francese, verso l’Italia. Ousmane non era minorenne; si era dichiarato minorenne probabilmente perché né allo sbarco né al confine con la Francia ha potuto beneficiare di un orientamento legale adeguato che lo informasse dei suoi diritti e delle possibilità che aveva. Il regolamento “Dublino”, in vigore da decenni, prevede che i migranti restino o vengano rinviati nel primo paese in cui risultano le loro impronte (ci sono delle apposite banche dati europee), impedendo loro di raggiungere i luoghi dove hanno legami e comunità di riferimento o semplicemente dove desiderano proseguire la loro vita.

    Una volta respinto, però, anziché fare domanda di protezione internazionale in Italia, Ousmane si è dichiarato minore, pur essendo ventunenne. Non sarà facile ricostruire chi possa averlo consigliato, guidato o influenzato in queste scelte e nei suoi rapporti con le autorità, dal suo arrivo in Italia in poi. Sappiamo, tuttavia, che dichiarandosi “minore” ha determinato l’inizio, incolpevole e inconsapevole, della fine della sua breve vita, non più in mano a lui da quel momento in poi.

    Dichiarandosi maggiorenne, Ousmane avrebbe potuto presentare una domanda di protezione. Nel paese da cui proveniva, la Guinea Conakry, vige una dittatura militare dal 2021. I migranti possono chiedere protezione internazionale se manifestano il timore, ritenuto fondato da chi esamina il loro caso, di poter subire “trattamenti inumani e degradanti”, ovvero un danno grave, nel proprio paese di provenienza, laddove lo Stato di cui sono cittadini non fornisca loro adeguate protezioni. A Ousmane è accaduto l’inverso: i trattamenti inumani e degradanti li ha subiti in Italia.

    Sin dal suo arrivo nella casa famiglia di Cassino, Ousmane ha patito uno stillicidio di vessazioni, minacce e deprivazioni, come ci riferiscono tutte le persone che lo hanno assistito e accompagnato in quel mese e mezzo, che testimoniano delle modalità inqualificabili con cui veniva gestita quella struttura, della brutalità con cui venivano trattati gli ospiti, del clima di squallore e terrore che vigeva internamente. Abbiamo ascoltato i messaggi vocali aggressivi che la responsabile inoltrava ai suoi operatori, sia ai danni degli operatori che degli ospiti, scarsamente nutriti e abbandonati a sé stessi, come appare anche dalle foto. Ousmane, a causa del suo atteggiamento ribelle e “resistente”, sarebbe stato punito ripetutamente con botte, privazione di cibo, scarpe, coperte e indumenti, e di servizi cui aveva diritto, non solo in quanto “minore”, ma in quanto migrante in accoglienza: per esempio, l’accesso ai dispositivi di comunicazione (telefono e scheda per poter contattare i familiari), la scuola di italiano, il pocket money.

    Tutte le persone con cui ho parlato sono concordi nel descrivere Ousmane come un ragazzo rispettoso, intelligente, altruista e sensibile; sano, dinamico, grintoso, si ispirava alla cultura rasta e cantava canzoni di rivolta e di libertà in slang giamaicano e in sousou, la sua lingua madre. La sua unica “colpa” è stata opporsi a quello che vedeva lì, riprendendo con foto e video le ingiustizie che subiva e vedeva intorno a sé. A causa di questo suo comportamento è stato discriminato dalla responsabile e da alcuni personaggi, come un ragazzo tunisino di forse vent’anni. Dopo un mese di detenzione lo stesso Ousmane raccontò alla psicologa del Cpr di Trapani che la responsabile della casa famiglia l’avrebbe fatto picchiare da un “ospite tunisino”.

    Il 6 ottobre 2023, forse indirizzato da qualche abitante del luogo, Ousmane raggiunse il consiglio comunale di Cassino, nella speranza che le autorità italiane potessero proteggerlo. Una consigliera comunale con cui ho parlato mi ha descritto lo stato di agitazione e sofferenza in cui appariva il ragazzo: con ai piedi delle ciabatte malridotte, si alzava la maglietta per mostrare i segni di percosse sul torace. Ousmane non fu ascoltato dal sindaco Salera, tutore legale dei minori non accompagnati della casa famiglia. Ousmane fu ascoltato solo dalla consigliera che comprendeva il francese, in presenza di poche persone, dopo che il sindaco e la giunta si erano allontanati. A quanto pare quel giorno si presentò in consiglio anche una delegazione di abitanti per chiedere la chiusura della struttura, ritenuta mal gestita e causa di tensioni in paese.

    Una settimana dopo, il 13 ottobre, Ousmane tornò al consiglio comunale, dichiarando di essere maggiorenne. Pare che prima avesse provato a rivolgersi alla caserma dei carabinieri – chiedeva dove fosse la “gendarmerie” – per mostrare i video che aveva nel telefono: la sua denuncia non fu raccolta, perché in quel momento mancava il maresciallo. Di nuovo, forse non sapremo mai da chi Ousmane sia stato consigliato, guidato e influenzato, nella sua scelta di rivelare la sua maggiore età. Perché non gli fu mai consentito di esporre denuncia e di ottenere un permesso di soggiorno provvisorio, per esempio per cure mediche, o per protezione speciale, visto che aveva subito danni psicofisici nella struttura di accoglienza, e che voleva contribuire a sventare dei crimini?

    Come in molte strutture per minori migranti, la responsabile era consapevole della possibilità che molti dei suoi ospiti fossero in realtà maggiorenni. “Una volta che scoprono che sono maggiorenni, devono tornare a casa loro, perché le strutture non li vogliono”, spiega in un messaggio audio ai suoi operatori. In un altro dei messaggi che ho sentito, questa consapevolezza assume toni intimidatori: “Quindi abbassassero le orecchie, perché io li faccio neri a tutti quanti”, diceva. “Io chiudo la casa, e poi riapro, con altra gente. Dopo un mese. Ma loro se ne devono andare affanculo. Tutti! Ne salvo due o tre forse. Chiudiamo, facciamo finta di chiudere. Loro se ne vanno in mezzo alla strada, via, e io faccio tutto daccapo, con gente che voglio io. Quindi abbassassero le orecchie perché mi hanno rotto i coglioni”. Nello stesso messaggio, la responsabile aggiunge: “Tu devi essere educato con me; e io forse ti ricarico il telefono; sennò prendi solo calci in culo, e io ti butto affanculo nel tuo paese di merda”.

    La minore età può essere usata come arma di ricatto. I migranti che si dichiarano minori, infatti, entrano nel circuito delle strutture per minori stranieri non accompagnati, e ottengono un permesso di soggiorno per minore età appena nominano un tutore (solitamente il sindaco). In caso di dubbio sulla minore età questi vengono sottoposti ad accertamenti psico-fisici, che consistono nella radiografia del polso e in una serie di visite specialistiche presso una struttura sanitaria.

    Per l’accoglienza di un minore straniero non accompagnato, il ministero dell’interno eroga ai comuni che ne fanno richiesta (tramite le prefetture) dai novanta ai centoventi euro al giorno, che finiscono in buona parte nelle tasche degli enti gestori (che per guadagnare possono risparmiare su cibo, servizi, personale, in quanto non sono previsti controlli davvero efficaci sulla gestione dei contributi statali). Ma anche i comuni hanno da guadagnare sull’accoglienza ai minori. A questo proposito, vale la pena richiamare le parole pronunciate dall’assessore ai servizi sociali Maccaro in occasione dell’apertura della casa famiglia e riportate in un articolo di Radio Cassino Stereo, presente in rete: “Una nuova realtà sociale al servizio del territorio è una ricchezza per tutto il sistema dei servizi sociali che vive della collaborazione tra pubblico e privato sociale. Siamo certi che questa nuova realtà potrà integrarsi in una rete sociale che in questi anni sta mostrando grande attenzione al tema dei minori”.

    Le autorità possono in qualsiasi momento sottoporre i giovani stranieri non accompagnati ad accertamento dell’età. È così che questi ragazzi divengono vulnerabili e costretti a sottostare a qualsiasi condizione venga loro imposta, poiché rischiano di perdere l’accoglienza e finire nei Cpr. Molti migranti ventenni con un viso da adolescente, come Ousmane, vengono incoraggiati a dichiararsi minori: più ce ne sono, più saranno necessarie strutture e servizi ben sovvenzionati (molto più dei servizi per maggiorenni).

    NEL LIMBO DEI CPR
    Dopo la seconda apparizione in consiglio comunale, il 13 ottobre, anziché essere supportato, tutelato e orientato ai suoi diritti, Ousmane è stato immediatamente colpito da decreto di espulsione, e subito trasferito (il 14 ottobre) nel Cpr di Trapani Milo, dove trascorrerà tre mesi. Inutile il tentativo dell’avvocato del Cpr Giuseppe Caradonna di chiederne dopo un mese il trasferimento, con una missiva indirizzata alla questura di Trapani, in cui scriveva “continua purtroppo a mantenere una condotta del tutto incompatibile con le condizioni del Centro [Cpr] (probabilmente per via di disturbi psichici derivanti da esperienze traumatiche) al punto da mettere a serio rischio la propria e l’altrui incolumità. A supporto della presente, allego una relazione psico-sociale, redatta in data odierna dalla dottoressa A.C., psicologa che opera all’interno della struttura, la quale ha evidenziato dettagliatamente la condizione in cui versa Ousmane Sylla. Pertanto, mi permetto di sollecitare un Suo intervento per far sì che quest’ultimo venga trasferito al più presto in una struttura più idonea e compatibile con il suo stato di salute mentale”.

    La psicologa aveva scritto: “Ritengo che l’utente possa trarre beneficio dal trasferimento presso un’altra struttura più idonea a rispondere ai suoi bisogni, in cui siano previsti maggiori spazi per interventi supportivi e una maggiore supervisione delle problematiche esposte”. Richiesta alla quale la questura di Trapani risponderà negativamente, con la motivazione che “lo straniero aveva fatto ingresso nella struttura munito di adeguata certificazione sanitaria che attesta l’idoneità alla vita in comunità ristretta e che costituisce condicio sine qua non per l’accesso all’interno dei Cpr”.

    Chi aveva redatto quella “adeguata certificazione sanitaria” di cui Ousmane era munito all’ingresso nel Cpr di Trapani, se ancora portava addosso i segni delle violenze subite, come testimoniato dalla consigliera cassinese che lo aveva ascoltato nella settimana precedente, rilevandone anche lo stato di estremo disagio psicologico?

    Ousmane affermava, ripetutamente, di voler tornare in Africa. Lo diceva anche alle operatrici della casa famiglia con cui abbiamo parlato: “Gli mancava la mamma”, hanno riferito, con la quale non poteva neanche comunicare, perché privato del telefono. Un’operatrice ricorda che una volta la disegnò, perché Ousmane amava anche disegnare, oltre che cantare e giocare a pallone. Studiava l’italiano con lei ed “era molto bravo”, dice, apprendeva rapidamente.

    Voleva tornare in Africa, non perché volesse rinunciare al sogno di una vita migliore in Europa, in Francia o in Italia, anche per poter aiutare la famiglia che vive in povertà in un sobborgo di Conakry (madre, sorelle e fratelli più piccoli), ma perché non aveva trovato qui alcuna forma di accoglienza degna di chiamarsi tale, se non nelle persone che lo hanno assistito, ascoltato e che testimoniano oggi in suo favore; persone che hanno fatto il possibile per lui, tuttavia non sono “bastate” a salvargli la vita; non per loro responsabilità, ma perché ignorate o sovrastate dalle istituzioni e dalle autorità che avrebbero potuto e dovuto tutelare Ousmane.

    Dopo tre mesi trascorsi nel Cpr di Trapani, Ousmane verrà trasferito a fine gennaio nel Cpr di Roma, per continuare a restare in un assurdo limbo, in condizioni “inumane e degradanti” nelle quali è ben noto versino i Cpr. L’Italia non ha accordi bilaterali con la Guinea Conakry, come con tanti altri paesi di provenienza dei migranti detenuti nei Cpr.

    Il 19 settembre 2023, il sito istituzionale integrazionemigranti.gov.it, informava che il giorno prima il Consiglio dei ministri aveva varato nuove norme contro l’immigrazione irregolare: “Si estende – come consentito dalla normativa euro-unitaria – a diciotto mesi (sei mesi iniziali, seguiti da proroghe trimestrali) il limite massimo di permanenza nei centri per il rimpatrio degli stranieri non richiedenti asilo, per i quali sussistano esigenze specifiche (se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei paesi terzi). Il limite attuale è di tre mesi, con una possibile proroga di quarantacinque giorni. […] Inoltre, si prevede l’approvazione, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della difesa, di un piano per la costruzione, da parte del Genio militare, di ulteriori Cpr, da realizzare in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili”. È il cosiddetto Decreto Cutro.

    Secondo la relazione del Garante nazionale per le persone private della libertà personale, sono transitate nei Cpr 6.383 persone, di cui 3.154 sono state rimpatriate. Quelle provenienti da Tunisia (2.308), Egitto (329), Marocco (189) e Albania (58), rappresentano il 49,4%. In base allo scopo dichiarato per cui esistono i Cpr, la maggioranza è stata trattenuta inutilmente.

    Come riporta il Dossier statistico sull’immigrazione 2023, “il governo si ripromette di aprire altri dodici centri, uno per ogni regione, in luoghi lontani dai centri abitati […]. Nei dieci centri attivi in Italia possono essere ospitate 1.378 persone. Tuttavia, complici la fatiscenza delle strutture e le continue sommosse, la cifra reale si dimezza. […] Dal 2019 al 2022, otto persone sono morte nei Cpr, in circostanze diverse. Infiniti sono i casi di autolesionismo e di violenza. Numerose sono le inchieste che confermano come in questi luoghi si pratichi abuso di psicofarmaci a scopo sedativo”.

    Il caso più noto è quello del ventiseienne tunisino Wissem Ben Abdel Latif, deceduto nel novembre 2021, ancora in circostante sospette, dopo essere rimasto legato a un letto per cento ore consecutive nel reparto psichiatrico del San Camillo di Roma. La detenzione amministrativa di Ousmane si sarebbe potuta protrarre molto a lungo, inutilmente. Sono pochissimi i migranti che a oggi beneficiano dei programmi di “rimpatrio assistito”, che prevedono anch’essi accordi e progetti con i paesi di origine per la loro effettiva attuazione. Con la Guinea Conakry non ci risultano accordi neanche sui rimpatri assistiti.
    Ousmane, trovato impiccato a un lenzuolo la mattina del 4 febbraio, non vedeva forse vie di uscita e ha scelto di morire per “liberarsi”, chiedendo, nel messaggio lasciato sul muro prima di togliersi la vita, che il suo corpo venisse riportato in Africa “affinché riposi in pace” e sua madre non pianga per lui. Alcuni migranti che hanno condiviso con lui la detenzione nel Cpr di Trapani, dicono fosse stato “imbottito di psicofarmaci”. A oggi, sono ancora tanti i lati oscuri di questa vicenda, ma sono in molti a invocare verità e giustizia per Ousmane Sylla, come per tutte le persone schiacciate dall’insostenibile peso del “sistema”, al quale alcune di esse – come Ousmane – hanno provato a ribellarsi, con coraggio e dignità.

    https://www.monitor-italia.it/inchiesta-su-ousmane-sylla-morto-daccoglienza
    #migrations #asile #réfugiés #Italie #décès #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Trapani #détention_administrative #rétention

    –-

    Vu que Ousmane a été arrêté à Vintimille pour l’amener dans un centre de détention administrative dans le Sud de l’Italie et que, selon les informations que j’ai récolté à la frontière Vintimille-Menton, il avait l’intention de se rendre en France, j’ai décidé de l’inclure dans les cas des personnes décédées à la #frontière_sud-alpine.
    Ajouté donc à cette métaliste des morts à la frontière #Italie-#France (frontière basse, donc #Vintimille / #Alpes_Maritimes) :
    https://seenthis.net/messages/784767

  • Le Parlement européen valide le pacte sur la migration et l’asile
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/04/10/le-parlement-europeen-valide-le-pacte-sur-la-migration-et-l-asile_6227089_32

    Le Parlement européen valide le pacte sur la migration et l’asile
    Après neuf ans de négociations, les eurodéputés ont adopté définitivement, mercredi, un ensemble de textes qui doivent harmoniser les procédures d’accueil des migrants.
    Par Philippe Jacqué (Bruxelles, bureau européen)
    Certains convoquent l’histoire, d’autres espèrent enfin passer à autre chose. Mercredi 10 avril, le Parlement européen a validé, quatre mois après les Etats membres, la dizaine de règlements et directives qui composent le pacte sur la migration et l’asile. Le vote a été un peu moins serré qu’attendu sur les textes les plus controversés, passant avec une trentaine de voix de majorité. Des militants de défense des droits de l’homme ont interrompu le vote pendant quelques minutes, chantant « The pact kills, vote no ! » (« Le pacte tue, votez non »).
    Neuf ans après l’arrivée de deux millions de réfugiés syriens en Europe et après plusieurs tentatives de réforme afin d’harmoniser les politiques nationales d’accueil des migrants, les Vingt-Sept ont fini par trouver un compromis sur un sujet qui a alimenté les tensions entre eux depuis des années. Ils espèrent désormais que les nouvelles règles communes permettront de mieux traiter l’arrivée des migrants aux frontières de l’Europe. En 2023, quelque 380 000 personnes ont tenté d’entrer de manière irrégulière sur le territoire européen, en hausse de 17 % par rapport à 2022.
    « C’est un énorme pas en avant pour l’Europe », a salué Ursula von der Leyen, la présidente de la Commission européenne. « Ce pacte est équilibré, avec des règles plus strictes contre ceux qui abusent du système, et une attention aux plus vulnérables », a-t-elle ajouté après le vote.
    « C’est un moment de fierté, confie Ylva Johansson, la commissaire aux affaires intérieures, qui a porté le projet depuis quatre ans et demi. Ce texte fera une importante différence par rapport à la manière dont on gère aujourd’hui l’immigration irrégulière. Nous le ferons de manière ordonnée. D’un côté, nous protégerons nos frontières, tout en donnant de l’autre une protection aux personnes qui fuient la guerre et les persécutions. »
    Les Etats devront mettre en place l’enregistrement, le filtrage (y compris un examen de santé) et des procédures accélérées de demande d’asile aux frontières pour les demandeurs manifestement non éligibles à un statut de réfugié. Les pays auront six semaines pour analyser leur demande. Si celle-ci est refusée, les Etats pourront les renvoyer dans un délai de six à dix semaines. En cas de hausse soudaine de la pression migratoire, des mécanismes de solidarité entre Etats membres seront activés afin de soulager les pays en première ligne.
    Si cette série de textes a trouvé une majorité au Conseil et au Parlement – une partie de la gauche et l’extrême droite ont voté contre ou se sont abstenues, la première les jugeant trop fermes, la seconde trop laxistes –, elle est néanmoins perçue comme un durcissement sans précédent de la gestion migratoire en Europe.
    Alors qu’une grande partie des dirigeants européens saluent ce vote, d’autres acteurs la condamnent. Quelque 161 ONG de défense des droits humains ou d’aide aux réfugiés, ainsi que des spécialistes travaillant sur le sujet, appelaient au rejet du texte. Pour eux, « l’introduction de procédures frontalières obligatoires sera dangereuse, inhumaine, irréalisable et inefficace ».
    De manière générale, tous veulent néanmoins passer désormais à d’autres étapes. « La critique du pacte est légitime, mais il pose un certain nombre de règles communes. Ce n’est pas une fin en soi, mais un point de départ vers autre chose », juge Camille Le Coz, du Migration Policy Institute à Bruxelles. « Le seul côté positif de ce vote qui va rendre encore plus difficile l’accès à la protection européenne pour les réfugiés, note Catherine Woollard, du Conseil européen pour les réfugiés et les exilés, c’est que nous allons enfin pouvoir passer à autre chose. »
    Théoriquement, les Etats membres devront appliquer les nouvelles règles au plus tard en 2026. « Cela ira plus vite, pronostique Mme Johansson. La Commission va proposer en juin, trois mois avant le délai prévu, un plan d’application afin d’accélérer sa mise en œuvre. » Des Etats ont déjà mis en place certains éléments de la réforme, comme l’Espagne sur l’enregistrement des migrants arrivant aux îles Canaries, ou la Bulgarie et l’Italie sur les procédures organisées directement à la frontière.
    « Le pacte n’aura pas d’effet à court terme, estime Mme Le Coz. Cela ne va pas modifier la situation aux frontières de l’Europe. » Il est donc nécessaire de traiter de nouveaux sujets au niveau européen comme l’amélioration des retours, qui restent très faibles. Seules 21 % des personnes déboutées du droit d’asile rentrent dans leur pays. De même, l’harmonisation des voies légales d’entrée en Europe et des procédures d’asile est désormais sur la table.
    « La question des voies légales est, et doit rester, une compétence nationale, assure Mme Johansson. Nous devons mieux coopérer entre Etats, pour préparer et former en amont, dans leur pays, les personnes que nous souhaitons faire venir légalement en Europe. Je vois beaucoup de potentiel pour affiner les recrutements de cette manière, sans changer la législation européenne. » Une tâche qui est par définition extrêmement lourde.
    Sur l’asile, également du ressort exclusif de chaque Etat, l’Agence de l’Union européenne (UE) pour l’asile s’efforce d’harmoniser, par le biais de séminaires entre magistrats, la lecture du droit pour permettre une application si ce n’est uniforme, au moins cohérente dans l’ensemble de l’Europe. Par ailleurs, l’actuelle Commission a multiplié les accords avec les pays du pourtour méditerranéen et africains (Tunisie, Egypte, Mauritanie) afin que ces derniers bloquent les départs des migrants, en échange d’aides au développement économique.
    L’adoption de la réforme en pleine campagne pour les élections européennes, organisées du 6 au 9 juin, peut-elle réduire l’influence des partis d’extrême droite, qui surfent sur cette thématique ? « En adoptant le pacte, l’Europe démontre que ce sujet peut être géré de manière ordonnée, cela enlève des arguments aux partis extrémistes », juge Mme Johansson. Avant même l’adoption du pacte, des partis ont proposé pendant la campagne d’aller plus loin. Alors que le Parti populaire européen évoque dans son manifeste la possibilité d’externaliser dans des Etats tiers jugés « sûrs » toute la procédure d’asile, à l’image de ce que le Royaume-Uni tente de mettre en place avec le Rwanda, d’autres insistent davantage sur la création de voies de migration légales cohérentes et harmonisées au niveau européen.
    Les sociaux-démocrates veulent « travailler sur les voies légales, assure Nicolas Schmit, la tête de liste des socialistes européens. Je note que les pays qui sont les plus hostiles, qui essayent d’utiliser le plus ce thème de l’immigration, eux-mêmes organisent de l’immigration en provenance de pays tiers, que ce soit la Hongrie ou l’Italie ». L’Italie a décidé d’ouvrir ses portes à près de 500 000 travailleurs recrutés hors de l’UE, tandis que la Hongrie fait venir des travailleurs de l’autre bout du monde.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#pacte#asile#immigration#paystiers#frontiere#droit#protection

  • « Notre travail, c’est du bidouillage » : la #débrouille impossible pour sauver l’#école_publique | #StreetPress

    https://www.streetpress.com/sujet/1712654163-travail-bidouillage-debrouille-impossible-sauver-ecole

    #Profs absents et jamais remplacés
    « On a demandé à des #AESH de repeindre le mur du préau de l’école ! » C’était il y a longtemps, mais Florence s’en souvient très bien. « Ça m’a marquée. » Un exemple qui illustre le #bricolage permanent imposé au #personnel de l’#école. « Dans certains collèges du 93, il n’y a pas assez de #chaises pour les #élèves », lâche Yuna, professeur en école maternelle à Paris. À l’image du collège Travail Langevin à Bagnolet, dont StreetPress racontait récemment les galères. Les #murs des #locaux sont moisis et laissent passer la pluie. Il manque une #infirmière_scolaire et une #assistante_sociale.

    #lucie_inland

  • Pour les tenants du projet de réforme, « les allocations-chômage sont les ennemis de l’emploi et des politiques de remise en activité des chômeurs »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/04/10/pour-les-tenants-du-projet-de-reforme-les-allocations-chomage-sont-les-ennem

    0n peine à comprendre le bien-fondé d’une nouvelle #réforme de l’#assurance-chômage visant à durcir les conditions d’indemnisation des #chômeurs, doctrine dont ce double mandat présidentiel se sera fait une spécialité. Les motivations pour justifier ces coups de canif portés à l’Unédic ont varié au fil du temps.

    Ce fut l’argument financier de résorption de la #dette : s’il s’agit d’en réduire le poids, il aurait été utile que l’Etat en donnât l’exemple en remboursant à l’institution paritaire ce qu’il lui doit : le financement du chômage partiel durant la crise sanitaire et l’équivalent des cotisations sociales perdues du fait de la politique d’allégement des charges sociales conduite depuis des années par ce gouvernement et ceux qui l’ont précédé.

    Indemniser, placer, former

    L’autre argument avancé consiste à justifier cette réforme au nom du #travail avec le postulat implicite que les allocations-chômage, leur montant, leur durée sont les ennemis de l’emploi et des politiques de remise en activité des chômeurs, les fameuses politiques dites « actives ».
    Et c’est sur ce point de l’argumentation que le bât blesse lourdement, et pour plusieurs raisons. Car depuis la création des premières formes d’indemnisation des chômeurs à la création de l’Unédic en 1958, puis de celle de l’Agence nationale pour l’emploi (ANPE) en 1967 (aujourd’hui France Travail), l’indemnisation des chômeurs et leur placement sur le marché du travail ne faisaient qu’un seul et même binôme.

    Ce fut tout le sens de la mise en place d’un service public de l’emploi dans ces années-là, tout ce dont le rapport Ortoli, rédigé par un certain Jacques Delors (1925-2023), appelait de ses vœux en 1963 : mettre en place une grande politique d’infrastructure publique de l’emploi au service de la mobilité professionnelle des actifs. Pour cela il fallait avant toute chose indemniser correctement les chômeurs (Unédic), les accompagner pour les placer (ANPE) avec le recours éventuel de la formation professionnelle (Association pour la formation professionnelle des adultes). L’indemnisation, au cœur des réformes aujourd’hui, constituait l’indispensable maillon et le levier principal de ces politiques actives.

    Plus récemment, un inspecteur de l’inspection générale des affaires sociales (IGAS), Jean-Marc Boulanger, chargé par le gouvernement en 2008 d’une mission de préfiguration pour la création de Pôle emploi, présentait l’indemnisation des chômeurs comme la rémunération du travail de recherche d’emploi des chômeurs. Il rappelait, ce que l’actuel gouvernement semble ignorer, que « l’indemnisation et le placement via une politique d’intermédiation active constituaient les deux leviers à mettre en une même main pour donner corps à la volonté de donner toute sa puissance à la stratégie de sécurité des parcours dans un marché de l’emploi souple et dynamique ».

    Perte en puissance inquiétante

    Si l’indemnisation est la condition d’une politique active de l’emploi, force est de constater que la perte en puissance de ce levier, pour soutenir le revenu de remplacement des chômeurs et l’adosser à une aide active au retour à l’emploi, est pour le moins inquiétante. En effet, au cours de l’année 2023 ce sont moins de 40 % des demandeurs d’emploi qui sont couverts par le régime d’assurance-chômage. Dans ces conditions il va devenir de plus en plus difficile d’utiliser l’indemnisation comme le support d’une politique d’accompagnement et d’activation des demandeurs d’emploi.

    Pour les 60 % de chômeurs non indemnisés le risque est d’abandonner le chemin de France Travail, de renoncer à être accompagnés par ses services pour privilégier la recherche de petits boulots, souvent précaires, et subvenir ainsi à leurs besoins.

    Pour celles et ceux des chômeurs qui choisiraient de maintenir leur inscription à France Travail, ils risquent, eux, de bénéficier d’un accompagnement bien moins intensif et soutenu que les demandeurs indemnisés puisque la doxa de l’équilibre budgétaire n’a rien à gagner financièrement de leur retour à l’emploi. Pour le dire dans le jargon des politiques de l’emploi : rien ne sert de les activer, puisqu’il n’y a aucune dépense passive (l’allocation-chômage) à récupérer.

    Ils ne sont pas rares, les demandeurs d’emploi non indemnisés, qui ont le sentiment à tort ou à raison que l’accompagnement qu’ils reçoivent de #France_Travail est plus light que pour les autres chômeurs encore indemnisés. C’est du reste une norme de comportement qu’ils ont eux-mêmes intégrée provoquant un même retrait vis-à-vis de leur investissement dans la recherche d’emploi.

    Course contre la montre

    Quant aux chômeurs indemnisés qui verraient leur période d’indemnisation ramenée à douze mois maximum si cette réforme devait être adoptée, il y a fort à parier que ce sera la course contre la montre pour parvenir à être pleinement accompagné dans un laps de temps aussi court.
    Car du côté de France Travail, il faudra, pour aligner l’accompagnement sur ce timing, revoir singulièrement le processus de prise en charge des demandeurs d’emploi. Conseillers comme demandeurs d’emploi font souvent le même constat d’un manque de réactivité de l’institution à la demande des usagers. Il y a d’abord le temps de la demande d’indemnisation, puis celui de l’entretien de situation pour orienter le chômeur vers la modalité d’accompagnement la plus adaptée à son profil, puis enfin la rencontre avec son conseiller qui va l’accompagner.

    Les délais d’entrée dans les prestations se comptent souvent en semaines pouvant entraîner le renoncement à suivre la prestation en question. Mais c’est surtout sur le volet de la formation professionnelle que les délais d’entrée dans les stages sont les plus longs même si, sous l’effet du plan d’investissement dans les compétences adopté en 2018, ces délais se sont légèrement réduits. Globalement, il faut encore attendre un bon trimestre pour pouvoir intégrer la formation voulue en espérant que l’on soit indemnisé suffisamment longtemps pour pouvoir y faire face.
    Voilà donc tout l’enjeu de la période actuelle : faire du triptyque indemnisation/formation/placement une seule et même politique pour répondre aux enjeux à venir dans le champ des multiples transitions (écologiques, numériques…) qui nous attendent. Il est temps que l’idéologie cède le pas à la raison.

    Carole Tuchszirer est chercheuse au Conservatoire national des arts et métiers/Centre d’études de l’emploi et du travail (CNAM/CEET).

    • La « classe moyenne » qui s’en prend aux « chômeurs » ne s’en prend qu’à elle-même, Mathieu Grégoire, Sociologue, enseignant-chercheur à l’université Paris-Nanterre (IDHES)
      04 AVRIL 2024
      https://www.alternatives-economiques.fr/mathieu-gregoire/classe-moyenne-sen-prend-aux-chomeurs-ne-sen-prend/00110237

      Pour vous, le RSA, c’est dans douze mois ? Oui : « vous ». C’est à vous que je m’adresse. Vous qui êtes salariés dans le privé (ou allez le devenir). En CDI ou en CDD, peu importe. Vous qui êtes un homme ou une femme. Vous qui êtes ouvrier, employé, technicien, ingénieur, cadre… Vous qui avez 20, 30, 40 ou 50 ans.

      Pour la plupart d’entre vous, le revenu de solidarité active (RSA), dans douze mois, ça ne rentrait pas, objectivement, dans l’univers des possibles. Mais le Premier ministre souhaite que ça le devienne en diminuant la durée maximale des indemnités servies par l’assurance chômage à 12 mois.

  • Chypre s’inquiète des arrivées de migrants syriens depuis le Liban - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/56252/chypre-sinquiete-des-arrivees-de-migrants-syriens-depuis-le-liban

    Chypre s’inquiète des arrivées de migrants syriens depuis le Liban
    Par RFI Publié le : 05/04/2024
    C’est l’une des portes de l’Europe en Méditerranée : l’île de Chypre, qui s’inquiète de l’arrivée de plus en plus de migrants. Il s’agit de Syriens fuyant la guerre, la plupart passeraient désormais par le Liban. Nicosie a accusé le gouvernement libanais de participer à ces entrées sur son territoire. Chypre détient actuellement le deuxième plus haut taux de demandeurs d’asile de l’Union européenne par rapport à sa population. Cela fait plusieurs mois que Nikos Christo-Doulides voit arriver de plus en plus de migrants syriens sur ses côtes. Ces derniers jours, 350 personnes en 48 heures, un record.
    Le président chypriote a une explication : selon lui, le Liban, à 160 kilomètres de là, encouragerait les traversées clandestines.
    "Le nombre de migrants syriens en provenance du Liban n’a fait qu’augmenter ces dernières semaines, ce qui est extrêmement préoccupant, raconte Nikos Christo-Doulides. Je comprends parfaitement les défis que le Liban doit affronter, mais exporter des migrants vers Chypre ne devrait pas être la réponse et ne peut pas être accepté. »
    Le Liban est le premier pays d’accueil des réfugiés syriens, ils seraient entre 800 000 et 1,5 million sur son sol. Mais la terrible crise économique dans le pays pousse les exilés à partir.
    De l’autre côté, à Chypre, le gouvernement n’hésite pas à renvoyer directement les migrants syriens vers le Liban. En août, le Haut-commissariat aux réfugiés de l’ONU s’en inquiétait déjà, craignant le retour de ces personnes en Syrie où elles risquent les persécutions et la torture.

    #Covid-19#migrant#migration#chypre#syrie#liban#HCR#UE#asile#sante

  • La Finlande prête à refouler les migrants sur sa frontière orientale
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/04/05/la-finlande-prete-a-refouler-les-migrants-sur-sa-frontiere-orientale_6226201

    La Finlande prête à refouler les migrants sur sa frontière orientale
    Par Anne-Françoise Hivert (Malmö (Suède), correspondante régionale)
    Depuis le 15 décembre 2023, la frontière terrestre entre la Finlande et la Russie est fermée. Cette mesure, prise par le gouvernement à Helsinki, qui accuse Moscou de vouloir déstabiliser son pays en « instrumentalisant l’immigration », devait être temporaire. Elle est en train de se pérenniser : jeudi 4 avril, la fermeture a été prolongée « jusqu’à nouvel ordre » et étendue au trafic maritime, alors que la Finlande prépare une loi d’urgence qui pourrait lui permettre de refouler les migrants à la frontière.
    Dirigé par le conservateur Petteri Orpo, le gouvernement de coalition reproche aux autorités russes d’avoir rompu, à partir de l’été 2023, avec la pratique habituelle consistant, des deux côtés de la frontière, à stopper l’arrivée des migrants dépourvus de titre de séjour avant qu’ils ne traversent. Depuis le mois de juillet 2023, environ 1 300 demandeurs d’asile, originaires de pays tiers, sont ainsi entrés en Finlande, la plupart sur des vélos fournis par des policiers russes, selon des témoignages recueillis par Le Monde.
    Quatre mois après la fermeture de la frontière, la ministre de l’intérieur, Mari Rantanen, membre des Vrais Finlandais (extrême droite), assure que rien n’a changé : « Les autorités finlandaises considèrent qu’il s’agit d’une situation à long terme. » L’arrivée du printemps pourrait même, selon elle, « accroître la pression sur la Finlande », alors que « des centaines, voire des milliers de personnes [se trouvent] près de la frontière finlandaise du côté russe ».
    D’où le projet de loi d’urgence en préparation, qui prévoit d’autoriser les refoulements de migrants à la frontière, dans des situations exceptionnelles, c’est-à-dire si les autorités « ont des informations ou des soupçons sérieux qu’un Etat étranger ou un autre acteur tente d’influencer la Finlande en exploitant les immigrants », et que ces tentatives « mettent sérieusement en danger la souveraineté ou la sécurité nationale de la Finlande ».
    La loi, qui devra être approuvée par une majorité des quatre cinquièmes au Parlement, ne pourra être appliquée qu’avec l’accord du président de la République et pour une période d’un mois. L’objectif est de doter la Finlande d’un outil en cas de réouverture des postes-frontières, ou si les migrants pénètrent sur le territoire à travers la forêt. Trente-quatre entrées illégales ont été recensées depuis la fermeture de la frontière.
    Mais le texte est très controversé. « Dans la présentation du projet de loi, le gouvernement déclare d’emblée que, si le texte est adopté en l’état, la Finlande ne pourra pas garantir le principe de non-refoulement ou la prohibition de la torture, ce qui est très problématique », observe Elina Pirjatanniemi, professeure de droit à l’université de Turku. Or, ajoute-t-elle, Helsinki « ne peut pas décider unilatéralement de déroger à ses obligations au regard du droit européen et international, même dans une situation d’urgence ».Un point de vue partagé par le Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR) qui, dans son avis au gouvernement, rappelle que le principe de non-refoulement est « contraignant, universel et intangible ». Ne pas s’y conformer pourrait avoir des conséquences graves, renchérit la Fondation Mannerheim pour la protection de l’enfance, soulignant que « l’objectif de la Russie est de saper les droits fondamentaux et les droits de l’homme, ainsi que l’Etat de droit ». Si la Finlande fait des concessions, elle risque de « perdre sa crédibilité », avertit la fondation.
    L’application de la loi suscite également des questions. « Les gardes-frontières devront décider, au cas par cas, si une personne fait partie ou non d’une instrumentalisation, ou si elle se trouve dans une situation qui justifierait qu’elle puisse demander l’asile [un dispositif prévu pour les mineurs, les personnes vulnérables ou souffrant d’un handicap, ainsi que les migrants risquant la torture ou la peine de mort]. Mais rien ne dit comment ils pourront faire cette évaluation », remarque Mme Pirjatanniemi. Le syndicat des gardes-frontières s’inquiète que ses agents puissent ensuite faire l’objet de poursuites judiciaires.Interrogé sur les motivations du gouvernement, qui a fait du durcissement des conditions d’accueil des demandeurs d’asile une de ses priorités, le député conservateur Jukka Kopra, président de la commission de la défense au Parlement, balaie les critiques : « C’est une mesure qui ne sera appliquée que dans des circonstances exceptionnelles, affirme-t-il. Quand les règles du jeu changent et que des responsables russes et des gangsters se mettent à utiliser cyniquement des gens, pour des gains financiers et des intérêts géostratégiques, nous devons nous adapter. »Le risque autrement, selon M. Kopra, serait de « voir s’ouvrir une nouvelle route d’immigration illégale vers la Finlande et l’Europe ». En février 2023, le pays nordique a commencé à ériger une barrière de 3 mètres de haut, sur sa frontière orientale. Longue d’environ 200 kilomètres, sur les 1 340 kilomètres de frontière avec la Russie, elle devrait être achevée en 2025.

    #Covid-19#migrant#migration#finkande#russie#frontiere#asile#refoulement#crise#routemigratoire#migrationirreguliere#sante

  • Accord migratoire Albanie-Italie : les travaux de construction des centres pour migrants ont commencé - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/56160/accord-migratoire-albanieitalie--les-travaux-de-construction-des-centr

    Accord migratoire Albanie-Italie : les travaux de construction des centres pour migrants ont commencé
    Par La rédaction Publié le : 01/04/2024
    Depuis trois jours, des engins de chantiers s’activent sur un vaste terrain de Gjadër, en Albanie. C’est là que seront accueillis, d’ici quelques mois selon Rome, les migrants secourus en Méditerranée par les autorités italiennes. Le projet est garanti par un accord migratoire très controversé entre l’Albanie et l’Italie. Les engins de chantier sont déjà sur place. À Gjadër, dans le nord de l’Albanie, les travaux de construction de deux centres d’accueil pour les migrants secourus dans les eaux italiennes ont commencé. Depuis le 29 mars, des poids lourds s’emploient à terrasser et aménager le terrain à l’entrée de l’ancien camp militaire, où les migrants seront placés dans l’attente d’une réponse à leur demande d’asile, a constaté l’AFP.
    Le projet d’aménagement du terrain à Gjadër, situé au pied de la montagne de Kakarriq, se compose de deux structures : un premier bâtiment sera dédié à l’hébergement des demandeurs d’asile en attente du traitement de leur dossier. Un second, construit sur le même terrain, servira de centre de détention pour les exilés amenés à être expulsés. Sur place, les migrants bénéficieront d’une assistance juridique de la part de représentants d’organisations internationales, dont l’Union européenne (UE), conformément aux législations italienne, albanaise et européenne.Selon Paulin Lucaj, un habitant de Gjadër, les deux centres d’accueil seront par ailleurs entourés d’un mur de sept mètres de haut pour empêcher les migrants d’en partir.
    Les migrants seront transférés à Gjadër après un premier passage par le « hotspot » du port de Shengjin, à 20 km de là. C’est dans cette structure, également financé et gérée par Rome, que les exilés seront enregistrés après leur débarquement. La construction de ces deux infrastructures italiennes en terre albanaise, pays qui ne fait pas partie de l’UE, a été avalisée par le Parlement du pays en février dernier. Censées ouvrir le 20 mai 2024, elles seront gérées par l’Italie et pourront accueillir jusqu’à 3 000 migrants à la fois, secourus par les autorités italiennes - garde-côtes, Marine, Garde financière - en mer Méditerranée. Avec ces structures, l’Italie compte réduire les arrivées de migrants sur son sol, près de 158 000 migrants en 2023. La construction et le fonctionnement des centres, évalués entre 650 et 750 millions d’euros, seront payés à 100% par Rome, sur cinq ans. Les autorités italiennes seront chargées du maintien de l’ordre dans les centres, la police albanaise en étant responsable à l’extérieur et au cours du transport des migrants d’une zone à une autre.
    Mais dès sa signature le 6 novembre 2023 entre la Première ministre d’extrême droite Giorgia Meloni et son homologue Edi Rama, l’accord migratoire avait essuyé une pluie de critiques. L’ONG International Rescue Committee (IRC) avait dénoncé un accord « déshumanisant », tandis qu’Amnesty International a déploré une « proposition irréalisable, nuisible et illégale ».cLe député italien et secrétaire du parti d’opposition Più Europa, Riccardo Magi, avait fustigé « une sorte de Guantanamo italien, en dehors de toute norme internationale, en dehors de l’UE, sans la possibilité de contrôler la détention des personnes enfermées dans ces centres ».cL’Union européenne, elle, a exprimé son intérêt pour l’accord, soulignant que les centres seront gérés en vertu du droit italien et non du droit albanai

    #Covid-19#migrant#migration#italie#albanie#UE#accordmigratoire#externatlisation#frontiere#asile#droit#centredetention#sante#mediterranee

  • « Il faut prendre en compte les réalités de l’économie de la culture fondée sur la contribution des artistes-auteurs faiblement rémunérés »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/03/25/il-faut-prendre-en-compte-les-realites-de-l-economie-de-la-culture-fondee-su

    Un collectif rassemblant plusieurs milliers de personnalités du monde culturel, dont la réalisatrice Agnès Jaoui, l’écrivain Nicolas Mathieu et la dessinatrice de bandes dessinées Pénélope Bagieu, demande, dans une tribune au « Monde », l’adoption d’une proposition de loi visant à intégrer les #artistes-auteurs dans la caisse commune de l’#assurance-chômage.

    Aucun livre, film, spectacle vivant, aucune création visuelle, plastique, graphique ou sonore ne peut exister sans le #travail initial d’un ou d’une artiste, ou d’un auteur ou d’une autrice. Nous, les artistes-auteurs, sommes à l’origine de toute œuvre. Nous sommes la condition sine qua non de la création contemporaine, l’élément moteur de la vie culturelle et intellectuelle de notre pays. Notre travail génère une activité économique qui fait vivre les secteurs de la musique, de l’art contemporain, de l’édition, du design ou du cinéma.

    Environ 720 700 emplois dépendaient directement de nos créations en 2019, selon l’analyse conjoncturelle du chiffre d’affaires de la culture au quatrième trimestre 2022. En 2022, les secteurs de l’art et de la #culture représentaient plus de 90 milliards d’euros de chiffre d’affaires. Un montant colossal, mais sans rapport avec nos conditions de vie.
    En 2021, nous étions plus de 300 000 à avoir déclaré des revenus au régime des artistes-auteurs. Parmi nous, des écrivains, des compositeurs, des réalisateurs, des scénaristes, des photographes, des graphistes, des peintres, des sculpteurs, des illustrateurs, des designers ou encore des traducteurs.

    Une précarité structurelle

    Malgré la diversité de nos professions, nous partageons un statut offrant une faible protection sociale. Contrairement aux artistes-interprètes, nous ne bénéficions pas des #droits_sociaux fondamentaux que sont la reconnaissance des accidents du travail ou des maladies professionnelles. Nous n’avons pas non plus accès à l’assurance-chômage, en dépit de nos #emplois_précaires et discontinus.

    Pourtant, nous sommes aussi des travailleurs et prétendons à une couverture sociale digne de ce nom. La situation sociale des métiers de la création est bien documentée : en 2017, 53 % des artistes graphiques et plastiques ont perçu moins de 8 703 euros de revenus artistiques annuels, selon le rapport d’activité 2018 de la Maison des artistes. Si toutes nos professions ne sont pas égales face à la #pauvreté, tous les artistes-auteurs partagent une précarité structurelle qui les empêche de se projeter et d’envisager l’avenir sereinement.

    La situation est également bien connue du Parlement européen, qui, dans sa résolution du 21 novembre 2023, alerte sur les droits des artistes-auteurs, soulignant qu’ils devraient, comme tous les travailleurs, bénéficier « du droit à un salaire minimum, à la négociation collective, à une protection en ce qui concerne le temps de travail et la santé, à des congés payés et à un accès amélioré à la protection contre les accidents du travail, aux prestations de chômage et de maladie, ainsi qu’aux pensions de vieillesse contributives ».

    Intégrer la caisse commune de l’assurance-chômage

    Il est temps de prendre en compte les réalités d’une économie fondée sur la contribution de travailleurs faiblement rémunérés, soumis à une concurrence féroce et relégués dans des dispositifs inadaptés comme le RSA [revenu de solidarité active] et l’ASS [allocation de solidarité spécifique]. Les réformes en cours menacent d’ailleurs d’en priver nombre d’artistes-auteurs, qui risquent alors de devoir renoncer à leur métier.

    C’est pourquoi, avec Pierre Dharréville, député (Gauche démocrate et républicaine) des Hauts-de-Seine, et la commission culture du Parti communiste français, des syndicats et associations (SNAP CGT, STAA CNT-SO, La Buse, la SRF, l’AFD) ont rédigé, sous l’œil attentif de la majorité des organisations professionnelles, une proposition de loi visant à intégrer les artistes-auteurs dans la caisse commune de l’assurance-chômage.

    Son adoption serait une avancée historique s’inscrivant dans la continuité des dispositifs en place. Car, depuis le milieu des années 1970, nous sommes adossés au régime général de la Sécurité sociale et bénéficions des droits de salariés en ce qui concerne la retraite, la maladie et la famille. Il s’agira ici d’étendre ces prestations au chômage, conformément aux recommandations du Parlement européen.

    Une usure physique et psychique

    Ce progrès social majeur serait financé par une augmentation des cotisations payées par les diffuseurs, qui passeraient de 1,1 % à 5,15 % – les artistes-auteurs s’acquittant déjà d’une part salariale de la contribution chômage via la CSG [contribution sociale généralisée].

    La liberté, au cœur de la création, ne peut exister qu’à l’abri de logiques ultra-concurrentielles qui favorisent les violences systémiques. Contre l’incertitude des règles du marché, qui conduisent à obéir plutôt qu’à inventer, nous devons construire des droits qui changent la donne. S’il est émancipateur, le travail de création génère aussi du stress, des angoisses, amplifiés par l’absence de protection sociale. Cette précarité provoque de l’usure physique et psychique.

    Une rémunération archaïque héritée du XIXe siècle

    L’effet immédiat de ce dispositif de continuité du revenu sera de sortir de la #précarité économique nombre d’entre nous, qui pourront ainsi se maintenir en activité. Nous aurons plus d’aisance pour négocier nos contrats, et serons en meilleure position dans les rapports de force, forcément inégaux, instaurés par les diffuseurs et les commanditaires.
    Moins #précaires, nous n’aurons plus à choisir entre une vie de famille et la poursuite de notre carrière. Nous pourrons envisager plus sereinement des situations de vie extrêmement banales qui sont particulièrement complexes pour nombre d’entre nous (location, emprunts bancaires, etc.).

    La sécurisation des conditions de travail des artistes-auteurs est essentielle pour que continuent d’éclore des talents qui font l’attractivité de la France et contribuent à son rayonnement. Nous demandons aux parlementaires, députés et sénateurs, de défendre et de voter ce texte qui mettrait fin à un mode de rémunération archaïque hérité du XIXe siècle.

    Les premiers signataires de cette tribune : Pénélope Bagieu (dessinatrice de bandes dessinées), Lucas Belvaux (réalisateur), Philippe Faucon (réalisateur et producteur), Gisèle Vienne (chorégraphe et metteuse en scène), Arthur Harari (cinéaste), Agnès Jaoui (actrice et cinéaste), Ange Leccia (artiste plasticien), Nicolas Mathieu (écrivain), Catherine Meurisse (illustratrice et dessinatrice), Usul (vidéaste) et Jean-Luc Verna (artiste plasticien).

    Liste complète des signataires https://continuite-revenus.fr/tribune

  • Transférer les demandeurs d’asile au Rwanda : l’obstination du gouvernement de Rishi Sunak
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/03/22/transferer-les-demandeurs-d-asile-au-rwanda-l-obstination-du-gouvernement-de

    Transférer les demandeurs d’asile au Rwanda : l’obstination du gouvernement de Rishi Sunak
    Par Cécile Ducourtieux (Londres, correspondante)
    Dans le jargon parlementaire britannique, cela s’appelle un « ping-pong ». Une délicate passe d’armes entre la Chambre des communes et celle des Lords s’est engagée mercredi 20 mars derrière les murs épais du palais de Westminster. Menés par des membres du Labour et une poignée d’évêques (membres de droit de la Chambre haute), les Lords tentent d’adoucir les termes du Safety of Rwanda Bill, un projet de loi visant à déporter des demandeurs d’asile au Rwanda. Le Parlement étant suspendu quinze jours à partir du 26 mars, le projet de loi retournera aux Communes à la mi-avril où, les conservateurs disposant d’une majorité, les ajouts des Lords seront probablement biffés.
    Ce « ping-pong » durera jusqu’à ce que le gouvernement cède du terrain ou, plus vraisemblablement, que les Lords lâchent prise, la Chambre haute n’ayant pas le dernier mot sur des projets de loi. Le premier ministre conservateur, Rishi Sunak, veut que le texte soit adopté pour que des avions puissent décoller pour le Rwanda dès « ce printemps ». Son ambition est devenue largement symbolique. A en croire les médias britanniques, seuls 150 à 200 demandeurs d’asile ont été identifiés par le Home Office pour être envoyés au Rwanda, où un unique hôtel, le Hope Hostel, à Kigali, la capitale, est prêt à les accueillir. Mais les tories sont en perdition dans les sondages, et ces vols vers le pays d’Afrique de l’Est semblent être le dernier espoir de Rishi Sunak de ne pas sombrer aux élections générales de l’automne. Si le Safety of Rwanda Bill est adopté, si d’ultimes recours en justice ne clouent pas les avions au sol, leurs passagers seront les premiers déplacés forcés dans le cadre du fameux accord « Rwanda », annoncé deux ans auparavant mais toujours pas opérationnel car ayant viré à la saga politico-juridique.
    14 avril 2022 : l’hôte de Downing Street s’appelle encore Boris Johnson, le dirigeant, encalminé dans le scandale du « partygate » (qui lui coûtera son poste quelques mois plus tard), crée la surprise en dévoilant un accord avec le Rwanda, dirigé d’une main de fer par le président Paul Kagame, toujours marqué par le génocide de 1994, mais qui connaît un fort dynamisme économique. Il s’agira d’y déporter les personnes arrivées illégalement au Royaume-Uni (sans visa, en bateau ou cachés dans des camions). Elles ne pourront réclamer l’asile que sur le territoire du Rwanda, qui examinera leur demande. Le Royaume-Uni est le premier pays européen à tenter une délégation totale de ses responsabilités dans les procédures de
    Avec cet accord, résultat de neuf mois de négociations avec Kigali, Boris Johnson jure qu’il s’agit de lutter contre les passeurs « qui engendrent trop de misère humaine et de morts », après la mort de vingt-sept personnes, noyées dans la Manche en novembre 2021.
    Mais, depuis le Brexit, Londres ne peut plus invoquer le règlement de Dublin pour renvoyer des demandeurs d’asile vers leur pays de première entrée dans l’Union européenne. Et, ses relations avec le président français, Emmanuel Macron, étant exécrables, M. Johnson peut difficilement demander plus d’efforts à Paris pour stopper les traversées. Or ces dernières ont bondi : en 2021, plus de 28 000 personnes ont franchi le Channel en small boats, des bateaux pneumatiques. D’où la solution « créative » rwandaise, comme la qualifie Priti Patel, la ministre de l’intérieur de M. Johnson, connue pour ses positions antimigrants, bien que ses parents, d’origine indienne, aient trouvé asile au Royaume-Uni dans les années 1970, après avoir fui le régime du dictateur Idi Amin Dada en Ouganda.
    Londres a pris modèle sur Canberra, l’Australie ayant expérimenté à partir des années 2000 l’expulsion de demandeurs d’asile sur les îles pacifiques de Nauru, en Micronésie, et de Manus, en Papouasie-Nouvelle Guinée. Cette politique controversée s’est révélée traumatisante pour les déplacés : des cas de mauvais traitements et des suicides ont été rapportés, tandis que les associations de protection des droits humains dénonçaient des détentions indéfinies. L’accord « Rwanda » révulse de la même manière les ONG et les autorités religieuses britanniques : sous-traiter les responsabilités du pays en matière d’asile « est contraire à la nature de Dieu », fustige Justin Welby, archevêque de Canterbury et primat de l’Eglise anglicane. Lord Alf Dubs, rescapé de l’horreur nazie grâce à l’opération Kindertransport (qui a permis le sauvetage d’enfants juifs vers le Royaume-Uni entre 1938 et 1940), dénonce un « trafic [d’humains] sponsorisé par l’Etat ».
    La résistance s’organise. Epaulés par des ONG, des demandeurs d’asile saisissent les tribunaux pour éviter d’être expulsés. Le premier (et le seul à ce jour) avion affrété pour Kigali, un Boeing 767 devant décoller le 14 juin 2022 d’une base militaire du sud du pays, reste cloué au sol en raison d’une mesure provisoire de la Cour européenne des droits de l’homme (CEDH), qui estime que les passagers risquent de ne pas accéder à des procédures d’asile justes au Rwanda. Trois autres décisions de justice se succèdent : le 19 décembre 2022, la Haute Cour de justice de Londres conclut que l’accord « Rwanda » est légal. La Cour d’appel d’Angleterre et du Pays de Galles la contredit le 29 juin 2023. Le 15 novembre, la Cour suprême confirme dans une décision unanime que l’accord « Rwanda » est « illégal », celle-ci estimant « réel » le risque de voir des migrants renvoyés vers leur pays d’origine par les autorités rwandaises, et ce même dans le cas où leur demande de protection serait justifiée.
    Pourtant, Rishi Sunak s’entête. Arrivé à Downing Street fin 2022, il a mis la promesse de « stopper les bateaux » au cœur de son mandat. En décembre 2023, il annonce un « traité » avec le Rwanda et le projet Safety of Rwanda Bill, visant, fait inédit dans l’histoire législative britannique, à contourner la décision de la plus haute instance juridique du pays.Le traité est une version améliorée de l’accord « Rwanda », avec des engagements de Kigali à ne pas refouler les demandeurs d’asile vers leur pays d’origine. Le projet de loi décrète, lui, que le Rwanda est un pays « sûr », et restreint donc les possibilités pour les migrants de faire appel de leur expulsion au motif qu’il ne l’est pas. Le texte donne aussi pouvoir aux ministres de s’opposer aux mesures provisoires de la CEDH. Il pose des problèmes évidents : « On ne peut pas décréter par la loi que les chiens sont des chats, que le ciel est vert et le gazon bleu », raille Stephen Kinnock, ministre à l’immigration du cabinet fantôme travailliste.
    « Il risque de mettre le Royaume-Uni en contradiction avec la Convention européenne des droits de l’homme [dont il est signataire], en particulier ses articles 2 et 3, actant le droit à la vie et le droit de ne pas être torturé ou de subir de traitement dégradant », relève Sarah Singer, spécialiste du droit des réfugiés à l’université de Londres. Ce projet de loi soulève aussi de graves questions constitutionnelles. « En contournant une décision unanime de la plus haute instance juridique du pays et en limitant significativement la possibilité pour les juges de questionner l’action du gouvernement [ils ne peuvent contester le caractère “sûr” du Rwanda], il déstabilise notre Etat de droit », s’inquiète Sarah Singer, d’autant que la Cour suprême ne peut contrer le Parlement, en l’absence de Constitution écrite.Pour beaucoup, ce texte prouve la dérive populiste du Parti conservateur, déjà amorcée avec le Brexit, l’essentiel de ses députés ne cillant plus quand il faut voter contre un amendement des Lords au Safety of Rwanda Bill visant à éviter la déportation d’ex-collaborateurs de l’armée britannique en Afghanistan. Une frange radicale menée par Suella Braverman, ex-ministre de l’intérieur de M. Sunak (issue, comme lui et Mme Patel, de l’immigration) réclame même la sortie de la CEDH, oubliant que Winston Churchill (1874-1965) en est l’un des pères fondateurs. Rishi Sunak passe pourtant pour un modéré : « Il ne croyait pas à l’accord “Rwanda” quand il était chancelier de l’Echiquier [ministre des finances ; jusqu’en 2022], mais il l’a défendu durant sa campagne pour remplacer Boris Johnson à la tête du parti, pour séduire les membres tory », décrypte Sunder Katwala, directeur de British Future, un cercle de réflexion spécialiste de la migration.
    Lire aussi | Près de 30 000 migrants ont traversé illégalement la Manche en 2023, le gouvernement britannique se félicite d’une forte baisseQuel intérêt le Rwanda a-t-il à figurer dans ce psychodrame britannique ? L’argent est une motivation indéniable. Londres a déjà promis 370 millions de livres sterling (431 millions d’euros) à Kigali, même sans envoi de migrants, et 120 millions supplémentaires quand les 300 premières personnes auront été déplacées. En 2023, le Home Office évaluait à 169 000 livres le coût de l’envoi d’un demandeur d’asile au Rwanda. « C’est plus cher que de leur payer le Ritz », déplore sur le réseau social X le député travailliste Chris Bryant. Et l’effet dissuasif recherché n’a rien de garanti : plus de 29 000 personnes ont traversé le Channel en 2023 (et près de 4 000 depuis janvier 2024), l’annonce du plan « Rwanda » ne les ayant manifestement pas arrêtées.
    « Rishi Sunak ne peut pas tenir sa promesse de “stopper les bateaux” car, pour que le plan “Rwanda” fonctionne à plein, il faudrait que le Royaume-Uni se retire de la CEDH, et le premier ministre n’est pas assez populiste ni stupide pour cela », tranche Rory Stewart, ancien ministre du développement de Theresa May.
    M. Sunak maintient-il l’accord en vie pour des raisons politiques, car il a besoin de l’aile droite de son parti pour se maintenir à Downing Street ? Ce serait maladroit, à en croire Sunder Katwala, pour qui l’accord « Rwanda » n’est pas spécialement populaire : « L’électorat Labour le trouve cruel, les sympathisants tory veulent un meilleur contrôle des frontières, mais au moyen d’un système juste, proposant l’asile au Royaume-Uni à ceux qui le méritent. »
    Même si l’accord se limitait à un ou deux avions en partance pour Kigali, Rashmin Sagoo, directrice du programme droit international à l’institut de réflexion Chatham House, redoute qu’il abîme la réputation du pays, alors que « le Royaume-Uni est considéré comme exemplaire en matière de promotion et de respect de l’Etat de droit ». L’universitaire Sarah Singer s’inquiète aussi à l’idée que Londres donne un « chèque en blanc » à d’autres pays tentés de renoncer à leurs responsabilités : fin 2023, le Pakistan a cité l’accord « Rwanda » pour justifier sa décision d’expulser en masse des milliers d’Afghans ayant fui les talibans.
    Pour le Labour, l’accord « Rwanda » est un « gadget », il a promis de s’en débarrasser s’il remporte les élections générales (en janvier 2025 au plus tard). Le Royaume-Uni a besoin de solutions de long terme, argue le parti : une coopération accrue avec les autres pays européens pour lutter contre les passeurs et un système d’asile national plus efficace, alors que le Home Office manque de moyens, avec plus de 130 000 demandes d’asile en souffrance. Les personnes en attente sont logées dans des conditions précaires, des hôtels, et même, pour environ 300 d’entre elles, sur une barge, le Bibby-Stockholm, amarré depuis l’été 2023 au large de Portland, dans le Dorset.(...) »

    #Covid-19#migrant#migration#royaumeuni#rwanda#migrationirreguliere#australie#CEDH#asile#manche#traversee#immigration#frontiere#sante

  • #Christian_Estrosi voit sa #condamnation confirmée pour #diffamation envers un universitaire engagé dans une association d’aide aux migrants

    La cour d’appel d’Aix-en-Provence a confirmé ce mercredi 20 mars la condamnation du maire de Nice pour diffamation envers un universitaire azuréen, engagé dans une association d’aide aux migrants.

    Christian Estrosi (Horizons) a vu sa condamnation pour diffamation confirmée ce mercredi 20 mars par la cour d’appel d’Aix-en-Provence, dans les Bouches-du-Rhône.

    #Pierre-Alain_Mannoni, géographe niçois, avait été poursuivi pour avoir brièvement hébergé trois Erythréennes dans un centre de vacances français désaffecté, avant de les conduire en voiture à une gare pour qu’elles puissent être soignées à Marseille.

    Une décision de relaxe en 2017, qui a été définitivement confirmée en 2020, avait provoqué la colère du maire de Nice qui avait alors estimé que Pierre-Alain Mannoni « favorisait le travail des passeurs ».

    « Comment ces individus peuvent-ils nous certifier qu’ils ne font pas rentrer des terroristes sur notre sol en violant la loi comme ils le font ? », avait écrit l’élu sur X, anciennement Twitter. L’élu a depuis quitté ce réseau social.

    #Plainte pour diffamation

    Pierre-Alain Mannoni avait alors porté plainte pour diffamation. En première instance, en juin 2021, le tribunal correctionnel de Nice avait condamné le maire à 3.000 euros d’amende et 5.000 euros de dommages et intérêts.

    En janvier 2022, la cour d’appel d’Aix-en-Provence avait infirmé ce jugement et relaxé M. Estrosi. Mais, en juin 2023, la Cour de cassation avait invalidé cette décision et l’avait renvoyée à la cour d’appel. Mercredi, cette dernière a confirmé le jugement de première instance.

    « Justice a été faite, le maire de la cinquième ville de France a jeté mon client en pâture et il a été sanctionné. » (Maeva Binimelis, avocate de Pierre-Alain Mannoni à l’Agence France-Presse)

    L’avocat de M. Estrosi, Me Gérard Baudoux, a annoncé un nouveau pourvoi en Cassation.

    https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/nice/christian-estrosi-condamne-pour-diffamation-envers-un-u

    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #solidarité #criminalisation_de_la_solidarité #justice #Alpes_Maritime

  • Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader

  • Espagne : des jeunes migrants se déclarant mineurs incarcérés pour avoir conduit des canots

    En Espagne, les cas de jeunes migrants se disant mineurs enfermés dans les prisons du pays pour avoir piloté des canots se multiplient, à mesure que les arrivées irrégulières augmentent. Les adultes, eux aussi, subissent le même sort. Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent également des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible.

    B.C. a quitté la prison de Las Palmas, sur l’île de Grande Canarie, jeudi 14 mars. Le jeune Sénégalais de 17 ans, accusé par la justice d’être un passeur pour avoir conduit un canot de migrants, était incarcéré dans ce centre pour adultes depuis presque trois mois.

    Quelques heures plus tôt, le tribunal avait ordonné sa libération en raison de son âge. « Les conclusions [de l’examen] médico-légal » effectué sur B.C. ne permettent pas d’affirmer avec « certitude que le sujet est majeur », avait estimé le juge.

    Depuis son incarcération le 21 décembre 2023, le Sénégalais répétait inlassablement qu’il n’avait que 17 ans. Une photocopie de son acte de naissance transmis à l’administration n’avait pas suffi à mettre fin à son emprisonnement. Ni même un test médical qui avait conclu que « l’âge estimé du mineur présumé est compatible avec l’âge qu’il a mentionné ».

    L’ONU s’était emparé du sujet et avait exhorté le 11 mars les autorités espagnoles à libérer l’adolescent et à le traiter conformément à la Convention internationale des droits de l’enfant. L’organisation avait rappelé qu’en cas de doute sur l’âge d’une personne se déclarant mineure, elle doit être prise en charge en tant qu’enfant.

    Après la décision du tribunal de Las Palmas, B.C. a été transféré dans un centre fermé pour mineurs sur l’île de Ténérife en attendant son procès.
    Plusieurs jeunes enfermés en prison

    Comme ce garçon originaire du Sénégal, d’autres Subsahariens connaissent le même sort : arrivés aux Canaries à bord d’une pirogue surchargée, ils ont été accusés de piloter le canot, et n’ont pas été considérés comme des mineurs. Depuis, ils croupissent dans les prisons canariennes.

    C’est le cas d’Alioune (prénom d’emprunt), un Gambien de 16 ans enfermé depuis octobre 2023 à Ténérife, après avoir été désigné comme le « patron » de l’embarcation dans laquelle il se trouvait en arrivant dans l’archipel. À l’intérieur, le corps d’un enfant de 13 ans avait été retrouvé et 10 personnes avaient péri pendant la dangereuse traversée de l’Atlantique.

    Comme B.C., Alioune a fourni un acte de naissance prouvant son âge, et s’est soumis à des tests osseux, via une radiographie de la main. Les résultats signalaient alors que « la personne examinée a un âge osseux supérieur à 18 ans », tout en rappelant qu’il « n’est pas possible d’établir avec certitude l’âge réel ».

    On peut aussi citer l’histoire d’A.G., emprisonné avec B.C. alors qu’il n’avait que 15 ans. Ce Sénégalais a passé un mois et demi derrière les barreaux avant qu’un juge de surveillance pénitentiaire ordonne son transfert vers un centre fermé pour mineurs et que des tests prouvent sa minorité.

    Hausse du nombre d’#emprisonnement

    Alors, les jeunes étrangers seraient-ils de plus en plus nombreux à remplir les prisons espagnoles ? Difficile à affirmer en raison du manque de données sur le sujet, l’enfermement des mineurs étant interdit par la loi. Mais pour Daniel Arencibia, avocat en droit des étrangers, les affaires de ce type se multiplient.

    Il dit observer ces derniers mois une hausse des cas et regrette « beaucoup d’erreurs pour déterminer l’âge » d’un migrant. Cette recrudescence des emprisonnements s’explique, selon lui, par l’augmentation du nombre de mineurs débarqués en Espagne. « En 2020, il y avait moins de 400 mineurs aux Canaries. Aujourd’hui, ils sont plus de 5 000 », précise l’avocat.

    Un chiffre qui coïncide avec la hausse des débarquements en Espagne : on comptait en 2023, plus de 56 000 arrivées de migrants dans le pays, soit un bond de 82% par rapport à 2022. Parmi eux, près de 40 000 ont été enregistrés aux Canaries, une hausse de 154% par rapport à l’année précédente.
    Des peines différentes selon les provinces espagnoles

    Les jeunes ne sont pas les seuls à subir le même sort. Les migrants adultes aussi se voient désigner comme passeurs, pour avoir piloté leur embarcation. Et selon le lieu de leur arrestation, les peines diffèrent de plusieurs années, révèle une étude de Daniel Arencibia.

    Ce dernier a analysé plus de 200 condamnations portées contre des exilés dans les provinces espagnoles – sur les îles et sur la péninsule – les plus touchées par les arrivées irrégulières, du 1er janvier 2021 à aujourd’hui. Et le constat est sans appel : les migrants jugés aux Canaries écopent de peines plus lourdes pour les mêmes chefs d’accusation que dans les autres régions du pays.

    « Aux Baléares, ils sont condamnés à deux ans de prison, et aux Canaries à trois voire cinq ans », affirme l’avocat dans une interview accordée au média local Diario de Canarias.

    Pour avoir conduit une pirogue, et être poursuivi en tant que passeur, les exilés encourent jusqu’à huit ans de prison en Espagne. Une circulaire stipule cependant que dans le cas où la personne cherche également à obtenir une protection, une circonstance atténuante peut être appliquée et permet de réduire la peine.

    Daniel Arencibia a également découvert que le jugement pouvait être plus clément si le migrant renonce à son procès et se déclare donc coupable : dans ce cas, le Parquet réclame trois années de prison, en vertu de la circulaire évoquée précédemment. Dans le cas inverse, il demande sept ans d’emprisonnement. « Dans la province de Las Palmas [sur l’île de Grande Canarie, ndlr], 91% des accusés ont signé le document et accepte la peine de trois ans », renonçant à faire reconnaitre leur innocence.

    Rien d’étonnant pour l’avocat car, selon lui, les exilés n’ont d’autres choix : « Le migrant ne comprend pas la langue, a peur et on lui dit : ‘Si vous ne signez pas ce papier, vous ferez sept ans de prison au lieu de trois’ », résume-t-il.

    Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent aussi des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible. Les migrants emprisonnés « n’appartiennent pas à des mafias, ce sont de pauvres pêcheurs pour la plupart. Nous dépensons des millions pour mettre en prison des pêcheurs mais nous n’avons pas le budget nécessaire pour poursuivre ceux qui deviennent réellement millionnaires, au Maroc ou en Mauritanie », déplore l’avocat.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/55997/espagne--des-jeunes-migrants-se-declarant-mineurs-incarceres-pour-avoi
    #scafisti #criminalisation_de_la_migration #migrations #asile #réfugiés #Espagne #détention #mineurs #enfants #enfance #route_Atlantique #Canaries #îles_Canaries