• Il nuovo volto del #water_grabbing e la complicità della finanza

    Fondi pensione e società di private equity investono sulla produzione di colture di pregio, dai piccoli frutti alle mandorle, che necessitano abbondanti risorse idriche. Il ruolo del fondo emiratino #Adq che ha acquisito l’italiana #Unifrutti.

    Per osservare più da vicino il nuovo volto del water grabbing bisogna andare nella regione di Olmos, nel Nord del Perù, dove il Public sector pension investment board (Psp), uno dei maggiori gestori di fondi pensionistici canadesi (con un asset di circa 152 miliardi di dollari) ha acquistato nel 2022 un’azienda agricola di 500 ettari specializzata nella coltivazione di mirtilli. Un investimento finalizzato a sfruttare il boom della produzione di questi piccoli frutti, passata secondo le stime della Banca Mondiale dalle 30 tonnellate del 2010 alle oltre 180mila del 2020: quantità che hanno fatto del Paese latino-americano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti.

    Nella regione di Olmos l’avvio di questa coltivazione intensiva è stato reso possibile grazie a un progetto idrico, costato al governo di Lima oltre 180 milioni di dollari, per deviare l’acqua dal fiume Huancabamba verso la costa e migliorare la produzione agricola locale. “Ma il progetto non ha ottenuto i risultati annunciati”, denuncia il report “Squeezing communities dry” pubblicato a metà settembre 2023 da Grain, una Ong che lavora per sostenere i piccoli agricoltori nella loro lotta per la difesa dei sistemi alimentari controllati dalle comunità e basati sulla biodiversità. Chi ha realmente beneficiato del progetto, infatti, sono state le grandi realtà agroindustriali. “Quasi tutta l’acqua convogliata dalle Ande va alle aziende di recente costituzione che producono avocado, mirtilli e altre colture che vengono vendute a prezzi elevati all’estero -continua Grain-. Il progetto, finanziato con fondi pubblici, ha avuto pochi benefici per la popolazione ma ha creato una fonte di profitti per le aziende che hanno accesso libero e gratuito all’acqua e i loro investitori”.

    I protagonisti di questa nuova forma di water grabbing sono fondi pensione, società di private equity e altri operatori finanziari che si stanno muovendo in modo sempre più aggressivo per garantirsi le abbondanti risorse idriche necessarie alla produzione di colture di pregio. A differenza del passato, però, non cercano più di acquisire enormi superfici di terre coltivabili.

    “L’accesso all’acqua è sempre stato un fattore cruciale -spiega ad Altreconomia Delvin Kuyek, ricercatore di Grain e autore dello studio-. Ma negli ultimi anni abbiamo osservato un nuovo modello: investimenti in colture come mirtilli, avocado o mandorle che richiedono meno terra rispetto al grano o alla soia, ma quantità molto maggiori di acqua. A guidare l’investimento, in questo caso, è proprio la possibilità di accedere ad abbondanti risorse idriche per mettere sul mercato prodotti che permettano di generare un ritorno economico importante”. Una forma di sfruttamento che Grain paragona all’estrazione di petrolio: si pompa acqua da fiumi o falde fino all’esaurimento, senza preoccuparsi degli impatti sull’ambiente o dei bisogni della popolazione locale. Gli operatori finanziari, infatti, non prevedono di sviluppare attività produttive sul lungo periodo ma puntano a ritorno sui loro investimenti entro 10-15 anni. Un’altra caratteristica di questi accordi, è che tendono a realizzarsi in località in cui l’acqua è già scarsa o in via di esaurimento.

    Negli ultimi anni il fondo pensionistico canadese ha acquistato direttamente o investito in società che gestiscono piantagioni di mandorle in California, di noci in Australia e California. Mentre in Spagna, attraverso la controllata Hortifruit, è diventato uno dei principali produttori di mirtilli nella regione di Huelva (nel Sud-Ovest del Paese) dove si concentra anche la quasi totalità della coltivazione di fragole spagnole, destinata per l’80% all’export.

    In Perù nel 2020 sono stati prodotte 180mila tonnellate di mirtilli. Numeri che fanno del Paese latinoamericano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti. Nel 2010 erano solo 30

    Tutto questo sta avendo effetti devastanti sulle falde che alimentavano le zone umide della vicina riserva di Doñana, ricchissimo di biodiversità e patrimonio Unesco: un riconoscimento oggi messo a rischio proprio dall’eccessivo sfruttamento idrico. Lo studio “Thirty-four years of Landsat monitoring reveal long-term effects of groundwater abstractions on a World heritage site wetland” pubblicato ad aprile 2023 sulla rivista Science of the total environment, evidenzia come tra il 1985 e il 2018 il 59,2% della rete di stagni sia andata perduta a causa delle attività umane. “Il problema è collegato anche alla produzione di frutti rossi che ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni Ottanta, grazie alla presenza di condizioni climatiche ottimali e a un suolo sabbioso”, spiega ad Altreconomia Felipe Fuentelsaz del Wwf Spagna. Ma la crescita del comparto ha portato a uno sfruttamento eccessivo delle falde, da cui viene prelevata troppa acqua rispetto al tempo che necessitano per rigenerarsi. L’organizzazione stima che nel corso degli anni siano stati scavati più di mille pozzi illegali: “L’80% dei produttori rispetta le norme per l’utilizzo delle risorse idriche, ma il restante 20%, che equivale a circa duemila ettari di terreno, pompa acqua senza averne diritto”, puntualizza Fuentelsaz.

    Questa nuova forma di water grabbing interessa diversi Paesi: dal Marocco (dove il settore agro-industriale pesa per l’85% sul consumo idrico nazionale) al Messico dove è attiva la società di gestione Renewable resources group. Secondo quanto ricostruito da Grain, nel 2018 ha acquisito centomila ettari di terreni agricoli in Messico, Stati Uniti, Cile e Argentina, nonché diritti idrici privati negli Stati Uniti, in Cile e in Australia, generando rendimenti annuali superiori al 20% per i suoi investitori, che comprendono fondi pensione, di private equity e compagnie di assicurazione.

    Tra le società indicate nel report di Grain figura anche Adq, il fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi anni ha effettuato importanti investimenti nel comparto agro-alimentare: attraverso la sua controllata Al Dahra ha acquistato terreni in Egitto, Sudan e Romania. Nel 2020 ha acquisito il 45% di Louis Dreyfus Company, una delle quattro principali aziende che controllano il mercato globale del commercio agricolo. E nel 2022 ha comprato la quota di maggioranza di Unifrutti group, società italiana specializzata nella produzione e nella commercializzazione di frutta fresca con oltre 14mila ettari di terreni tra Cile, Turchia, Filippine, Ecuador, Argentina, Sudafrica e Italia.

    Unifrutti group ha sede fiscale a Cipro, uno dei Paesi dell’Unione europea a fiscalità agevolata che garantiscono vantaggi alle società che vi hanno sede. Ma a sfruttare i benefici sono anche oligarchi russi colpiti dalle sanzioni dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014 e inasprite a seguito dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. A rivelarlo l’inchiesta “Cyprus confidential” pubblicata a novembre dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (Icij)

    “Questi investimenti hanno un doppio obiettivo -spiega ad Altreconomia Christian Henderson, esperto di investimenti agricoli nel Golfo e docente presso l’Università di Leiden nei Paesi Bassi- da un lato, sono orientate a trarre profitto dal commercio internazionale e dalle materie prime. In secondo luogo, si preoccupano di garantire la sicurezza alimentare. Queste due logiche in qualche modo sono intrecciate tra loro, in modo da rendere la sicurezza alimentare redditizia per gli Emirati Arabi Uniti. C’è poi un altro elemento: penso che i Paesi del Golfo siano piuttosto preoccupati dal fatto di essere visti come ‘accaparratori’ di terra. In questo modo, invece, possono affermare di aver effettuato un semplice investimento sul mercato”.

    Fondata dall’imprenditore Guido De Nadai nel 1948 ad Asmara come compagnia di import/export di frutta e verdura, oggi Unifrutti group è una realtà globale “che produce in quattro diversi continenti e distribuisce in oltre 50 Paesi” si legge sul sito. Trecento tipologie di prodotti commercializzati, 14mila ettari di terreni (di proprietà o in gestione) e 12mila dipendenti sono solo alcuni numeri di una realtà che ha ancora la propria sede principale a Montecorsaro, in provincia di Macerata, dove si trova il domicilio fiscale di Unifrutti distribution spa. La società è controllata da Unifrutti international holdings limited, con sede fiscale a Cipro, Paese a fiscalità agevolata. Con l’ingresso di Adq come socio di maggioranza sono cambiati anche i vertici societari: il 13 novembre 2023, ha assunto l’incarico di amministratore delegato del gruppo Mohamed Elsarky che ha alle spalle una carriera ventennale come Ceo per società del calibro di Kellog’s Australia e Nuova Zelanda e Godiva chocolatier e come presidente di United biscuits del gruppo Danone. Mentre Gil Adotevi, chief executive officer per il settore “Food and agriculture” del fondo emiratino Adq, ricopre il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione: “Mentre il Gruppo si avvia verso un nuovo entusiasmante capitolo di crescita -ha dichiarato- siamo certi che la guida e la leadership di Mohamed porteranno l’azienda a realizzare i suoi ambiziosi piani”.

    Nel 2021 il gruppo ha commercializzato circa 620mila tonnellate di prodotti (in primo luogo banane, uva, mele, pere, limoni e arance) registrando un fatturato complessivo di 720 milioni di dollari (in crescita del 2% rispetto al 2020) e un margine operativo lordo di 78 milioni. Una performance estremamente positiva che “si è verificata nonostante le numerose sfide che hanno caratterizzato il perimetro operativo del gruppo a partire dalle condizioni climatiche avverse senza precedenti in Cile e in Italia”. Il Paese latino-americano -principale sito produttivo del gruppo, con oltre seimila ettari di terreno dove si producono mele, uva, pere e ciliegie- è stato infatti colpito per il quarto anno di fila da una gravissima siccità che alla fine del 2021 ha visto 19 milioni di persone vivere in aree caratterizzate da “grave scarsità d’acqua”. Come ricorda Grain nel report “Squeezing communities dry” tutte le regioni cilene specializzate nella produzione di frutta “stanno affrontando una crisi idrica aggravata dalla siccità causata dal cambiamento climatico”.

    https://altreconomia.it/il-nuovo-volto-del-water-grabbing-e-la-complicita-della-finanza
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  • « Je ne veux plus parler, je ne veux plus gamberger ; je laisse les jours s’effeuiller, comme les pétales que je brode sur les petits mouchoirs de ces dames, et je me laisse piquer par leurs épines. Bientôt, je verrai la fin de tout cela : je vais être jugée, mon homme a tout fait pour me disculper, les avocats bâtiront leur plaidoirie sur le mode sentimental : j’imagine leur voix lorsqu’ils traceront, à grand renfort de manches noires décrivant l’air, l’esquisse d’un Moi fictif, une pauvre petite femme de truand comme les autres : oui, bien sûr, il s’en va la nuit, mais je ne sais pas où il va, moi je prépare les pantoufles et le café, parce que, voyez-vous, messieurs, je l’aiîîîme. »

    #temps #avocat #justice #moifictif #sexisme #identité

  • « À cette minute où je reviens du parloir des avocats, et où je tourne et vire avec fureur dans la piaule tant l’entretien m’a agacée, je me dis que si c’est pour ça qu’il vient, le bavard, il ferait mieux de rester dans ses couloirs. Je l’attendais depuis deux semaines, je pouvais aussi bien attendre le jugement, et la sortie et la mort. »

    #avocat #justice

  • « Mon bavard se flingue, mais il fait ce que je veux ; il m’aime bien, je dois le changer un peu de sa clientèle habituelle. Toujours ces voleurs, assassins et autres figures patibulaires, ça l’ennuie, sûr. Moi, je fais ma petite moyenne dans la malhonnêteté, bien sûr ; mais ça ne m’empêche pas de recevoir mon bavard en nattes et petit col blanc, ni de lui dessiner des en-têtes fleuris sur ses bafouilles. »

    #avocat #identité #déguisement

  • Car je me suis mis dans le cigare que l’envie de cavaler la tenait toujours et que, si j’insistais avec suffisamment de conviction, il y aurait moyen de faire quelque chose de global, un genre de bonne œuvre quoi, où seraient cristallisés les penchants de toutes ces dames.
    Je suis encore indécise quant à mes propres projets : peut-être mon affaire va-t-elle être correctionnalisée, l’avocat se démène dans ce sens ; peut-être obtiendrai-je ma provisoire ; je rêve, le soir, lorsque les sommets des platanes, courbés par le zeph, semblent à portée de barreau ; je rêve d’une gigantesque farce-attrape, où personne ne serait rattrapé, bien sûr, de la prison déserte, et de mes retrouvailles avec la vie.

    La Cavale, Partie I Chapitre VII

    #cavale #rêve #évasion #avocat

  • „Hier ist der Teufel persönlich“ – Matthias Schöneburg vertritt mutmaßlichen Autobahnkiller
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/erschossene-lehrerin-auf-a9-prozessauftakt-in-berlin-matthias-schoe

    Les avocats spécialistes du droit pénal sont souvent et dans tous les pays appelés "avocat du diable". Jacques Vergès en est le cas le plus célèbre. L’avocat du tueur à gage auteur présumé de l’assassinat d’une jeune enseignante en a eu assez et revendique le nom du diable à part entière. Sur son répondeur on entend le message "Vous parlez au répondeur du diable en personne. Si vous ne voulez pas finir en enfer, parlez après le beep sonore." Ce reportage décrit la première session d’un procès pour un fémicide particulièrement odieux.

    14.1.2024 von Katrin Bischoff - Erschossene Lehrerin auf A9 – Matthias Schöneburg vertritt Angeklagten im Prozess.

    Am Montag beginnt am Landgericht Potsdam der Prozess um den Mord an der Lehrerin Carolin G. Die Frau wurde in ihrem Auto auf der A9 erschossen. Der Angeklagte wird von keinem Unbekannten verteidigt.

    Matthias Schöneburg ist ein viel gefragter Strafverteidiger. Auch deshalb geht der 68-Jährige selten ans Handy, stattdessen springt die Mailbox an. „Hier ist der Teufel persönlich, wenn ihr nicht in die Hölle wollt, sprecht nach dem Piep“, ist dann zu hören.

    Der Spruch stammt aus dem Film „Anwalt des Teufels“, in dem Al Pacino den Advokaten spielt. Dabei hat Schöneburg nichts Teuflisches an sich. Im Gegenteil, der Potsdamer Anwalt ist ein freundlicher Mann mit wachem Blick, der für seine sachliche Art im Gerichtssaal geschätzt wird – auch weil er keine unnötigen Anträge stellt.

    Schöneburg ist es gewohnt, Mandanten in spektakulären Fällen zu vertreten. Er stand den schlimmsten Kriminellen, die Brandenburg hervorgebracht hat, als Verteidiger zur Seite: dem Schwerverbrecher Frank Schmökel, der bei seiner Flucht aus dem Maßregelvollzug seine Mutter niederstach und einen Mann erschlug. Dem Russen Sergej Serow, der den Gastwirtssohn Matthias Hintze mit entführte und in einem Erdloch ersticken ließ. Dem Neonazi Marco S., der mit seinen Gesinnungsgenossen in Potzlow Marinus Schöberl mit einem sogenannten Bordsteinkick den Kopf zertrat. Der Mutter Sabine H., die neun ihrer Kinder nach der Geburt getötet und die Leichen in Blumentöpfen versteckt hat.

    Ex-Partner der Lehrerin soll Mord-Auftrag wegen Sorgerechtsstreit erteilt haben

    Am Montag wird Schöneburg wieder in einem Gerichtssaal stehen, in dem jeder Zuschauerplatz besetzt sein wird. Er vertritt Benjamin K., der im Mai vorigen Jahres die Lehrerin Carolin G. auf dem Standstreifen der Autobahn 9 zwischen Brück und Beelitz in ihrem Auto erschossen haben soll. Der mitangeklagte Björn R. soll den Auftrag dazu erteilt haben. Er ist der Ex-Partner des 40-jährigen Opfers.

    Den beiden 42-jährigen Angeklagten wird vorgeworfen, die Frau heimtückisch und aus niedrigen Beweggründen ermordet zu haben. Motiv für die Tat soll ein Sorgerechtsstreit zwischen Carolin G. und Björn R. um den gemeinsamen Sohn gewesen sein. Für das Verfahren hat die Schwurgerichtskammer insgesamt 26 Verhandlungstage geplant. Ein Urteil könnte demnach am 21. Mai gesprochen werden.

    Schöneburg stammt aus einer Potsdamer Juristenfamilie, konnte sich schon früh vorstellen, Anwalt zu werden. Allerdings sei das nicht sein erster Berufswunsch gewesen, verriet er einmal dieser Zeitung. Veterinärmedizin habe er studieren wollen. Dafür aber sei er zu faul gewesen. Das Zeugnis reichte nicht. Gefragt, warum er immer wieder in furchtbaren Fällen die Täter vertritt, antwortete der Fan der Berliner Eisbären: „Ich entschuldige nichts, ich verteidige. Ich bin Anwalt.“

    #Allemagne #justice #avocat_du_diable

  • Wanted Dead Or Alive
    https://en.wikipedia.org/wiki/Email_spam


    Depuis toujours je rêve de faire payer avec leur temps de vie les spammeurs qui en volent à un nombre infini de gens. Si le compte était bon ils disparîtraient instantanément de la surface de la terre. Malheureusement ce n’est qu’un rêve.

    Voici un des avocats de la bande californienne qui a osé m’envoyer un email pour m’inciter à les engager pour détruire mes ennemis. Manque de peau je fais partie des gens qui ont connu l’internet avant qu’un cabinet d’avocats états-unien (bien sûr) a fait perdre du temps de vie à un nombre illimité de gens par le premier email publicitaire envoyé en grande quantité. Je ne suis pas dupe.

    At the beginning of the Internet (the ARPANET), sending of commercial email was prohibited. Gary Thuerk sent the first email spam message in 1978 to 600 people. He was reprimanded and told not to do it again. Now the ban on spam is enforced by the Terms of Service/Acceptable Use Policy (ToS/AUP) of internet service providers (ISPs) and peer pressure.

    Spam is sent by both otherwise reputable organizations and lesser companies. When spam is sent by otherwise reputable companies it is sometimes referred to as Mainsleaze Mainsleaze makes up approximately 3% of the spam sent over the internet.

    On ne peut pas le savoir, mais peut-être un jour la prophétie du Hitchhiker’s Guide to the Galaxy sera réalité.
    https://hitchhikers.fandom.com/wiki/Sirius_Cybernetics_Corporation

    The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy describes the Marketing Department of the Sirius Cybernetics Corporation as: “A bunch of mindless jerks who’ll be the first against the wall when the revolution comes.”

    Ceci concerne d’abord les #Microsoft de ce monde, mais ces law firms rentrent bien dans le cadre.

    #USA #SPAM #avocats #juristes #wtf

  • Subprimes, brevets médicaux, algorithmes… Comment le monde de la finance impose sa loi
    https://www.telerama.fr/debats-reportages/subprimes-brevets-medicaux-algorithmes-comment-le-monde-de-la-finance-impos

    Une interview éclairante sur la manière dont le capital écrit les lois qui arrangent le capital.

    Partout dans le monde, des avocats tordent le droit au profit de leurs clients. En accaparant le bien commun, ils sapent la démocratie, alerte Katharina Pistor, juriste et professeure à Colombia, à New York.

    « Le codage juridique est le processus par lequel des avocats ou des intermédiaires financiers prennent n’importe quels produits financiers et les légalisent. » Illustration Timothée Moreau
    Par Olivier Pascal-Moussellard
    Réservé aux abonnés
    Publié le 07 mai 2023 à 10h05

    On connaît l’adage : les hommes naissent libres et égaux… mais certains sont plus égaux que d’autres. Qui sont ces « plus égaux » ? Les avocats des grands cabinets de droit des affaires anglo-saxons et les intermédiaires financiers, affirme Katharina Pistor, professeure de droit comparé à l’université Columbia, à New York. Dans un essai rigoureux, accessible et accablant, Le Code du capital, elle raconte comment les marionnettistes du droit privé, libres d’élaborer eux-mêmes le code juridique du capital, provoquent l’envol insensé des inégalités. Ce « codage » — c’est-à-dire les règles de droit privé — du capital n’est pas nouveau, rappelle l’autrice : commencé dès le XVIe siècle en Angleterre, avec l’accaparement des terres communes (les fameuses enclosures) par des propriétaires fonciers, il s’est ensuite poursuivi avec le codage juridique des entreprises, de la dette, de la connaissance et même de la nature. Avec, à chaque fois, un même objectif : accroître les possibilités d’accumuler des richesses en inventant de nouveaux contrats et instruments financiers flirtant avec l’illégalité… avant de les faire valider par la loi ! Une mécanique conçue dans l’intérêt exclusif de riches acteurs privés, qui accentue considérablement les inégalités, abîme la démocratie et transforme tribunaux publics et responsables politiques en simples observateurs d’un quasi-racket à l’échelle mondiale.

    Que signifie « coder le capital » ?
    Le codage juridique est le processus par lequel des avocats ou des intermédiaires financiers prennent n’importe quels produits financiers, y compris les plus douteux, et les « légalisent ». Très ouvertes, ambiguës et hautement modulables, les structures juridiques de droit privé leur offrent, en effet, une grande liberté pour le faire. Même la propriété privée laisse une marge d’interprétation dans sa définition ! Ils profitent donc de ces zones grises pour « élargir » le champ du capital en exploitant les lacunes de la loi et autres frictions entre systèmes juridiques concurrents, et proposent à leurs clients de nouveaux produits situés aux limites de la loi.

    Ce flirt avec l’illégalité est possible parce que le droit privé est fabriqué par les avocats eux-mêmes…
    C’est un point essentiel. Et nous ne pouvons pas totalement éviter ce paradoxe. Les systèmes juridiques les plus largement appliqués sur notre planète s’inspirent en effet de la common law des droits anglais et américain, qui favorise les acteurs privés au détriment du droit public, des juges et des régulateurs, contrairement aux droits civils adoptés en France et en Allemagne. Évoluer dans un paysage économique dynamique et fluide est évidemment plus facile si l’on peut adapter les règles de manière décentralisée, et c’est ce que font ces avocats en jouant avec les limites. En théorie, le législateur pourrait surveiller leurs activités et dire « Vous allez trop loin », mais l’essentiel des innovations étant écrit dans l’entre-soi des cabinets privés, le législateur ne découvre ces produits que lorsqu’une crise éclate !

    La pression exercée par les banques pour déréglementer ne faiblit jamais. Et le législateur les écoute !
    Les marchés ne pourraient pourtant pas fonctionner sans l’État.
    Ils ont effectivement besoin de la loi quand les choses tournent mal, pour garantir, par exemple, le droit de propriété ou le droit des contrats. Mais comment obtenir ces garanties sur l’ensemble de la planète, alors qu’il n’existe pas d’État mondial unifié ? Tout simplement en permettant aux entreprises de choisir elles-mêmes les juridictions dont elles veulent dépendre, c’est-à-dire celles qui leur sont les plus favorables — en l’occurrence, le droit anglais et le barreau de New York. Cette règle sur mesure a été acceptée par quasiment tous les pays. Si vous êtes impliqués dans un litige à l’autre bout de la planète mais que vous avez opté pour la common law anglaise, le droit privé britannique sera appliqué et devra être accepté par les tribunaux locaux. C’est ce qu’on appelle la « portabilité » du droit.

    Que le droit privé favorise les plus puissants, ce n’est pas nouveau…
    On découvre, en effet, cette façon d’opérer dès le mouvement des « enclosures » — ou « enclavement » — en Angleterre, aux XVIe et XVIIe siècles. À l’époque, il n’existait pas de droit immobilier et la majorité des terres étaient communes. Certains propriétaires fonciers les ont accaparées de force avant d’exiger des tribunaux qu’ils reconnaissent leur droit de propriété et légalisent ainsi leur forfait. Ils ont gagné la guerre sur le terrain juridique et mis fin aux communaux.

    Katharina Pistor. Illustration Timothée Moreau
    Le codage juridique n’est-il pas, au fond, une façon pour des privilégiés de s’offrir une forme de couverture multirisque ?
    Le droit privé n’a cessé, au fil des siècles, de créer des mécanismes juridiques limitant la responsabilité des mieux lotis lorsque les choses tournaient mal. C’était vrai avec l’accaparement des terres. C’est aussi vrai quand l’entreprise « moderne » est apparue au XIXe siècle et que ses actionnaires ont bénéficié d’un véritable privilège légal : en cas de faillite, ils pouvaient perdre l’argent dépensé pour acheter leurs actions, mais pas davantage, quand bien même l’entreprise s’était endettée. Cette règle pouvait faire sens dans un système qui souhaite favoriser l’industrialisation du pays en incitant les petits épargnants à investir leur argent sans risquer leur patrimoine personnel. Mais elle continue de profiter à des banques et investisseurs privés qui font courir des risques énormes à la collectivité : seuls bénéficiaires de leurs paris financiers tant que tout va bien, ils transmettent le fardeau à l’ensemble de la société quand les choses déraillent.

    La même responsabilité limitée est d’ailleurs accordée aux propriétaires d’actions de sociétés pétrolières ou gazières, qui s’enrichissent sur la pollution de notre environnement — une pollution dont la collectivité tout entière devra payer les conséquences. Cette irresponsabilité n’est plus tenable : nous devons repenser l’ensemble du « code » juridique.

    Seuls maîtres du « code », les intermédiaires financiers se sont même assurés d’être toujours les premiers indemnisés…
    Avec le système des « Safe Harbors » que ces cabinets d’avocats ont mis en place, certains bénéficient, en effet, de protections supplémentaires par rapport à l’investisseur lambda. Normalement, quand un débiteur fait faillite et devient insolvable, je ne peux pas exécuter les créances que j’ai contre lui, je dois attendre les décisions du tribunal qui examinera toutes les demandes, établira une liste des priorités puis distribuera à chacun sa part. Mais le secteur financier a réussi à convaincre le législateur que, si vous faisiez cela avec ce qu’on appelle les produits dérivés (type subprimes), l’ensemble du marché risquait de s’effondrer, mettant l’économie à l’arrêt : il faut absolument que les échanges se poursuivent… en permettant aux gros investisseurs de récupérer en premier l’argent des débiteurs insolvables ! En 2008, lorsque Lehman Brothers a coulé, ceux qui possédaient un Safe Harbor ont ainsi sauvé une partie de leur mise, voire la totalité, quand les autres essuyaient des pertes sèches. Vous pensez que le législateur aura retenu la leçon ? Pas du tout, rien n’a changé. Sans doute parce que beaucoup de ces « élites » ont été formées dans les mêmes écoles et partagent une même façon de penser. Parfois aussi, le législateur et le pouvoir exécutif ne comprennent tout simplement rien au fonctionnement, il est vrai complexe, des produits mis sur le marché…

    Après le codage juridique de la terre et des sociétés, il y a eu celui de la connaissance et même de la nature.
    Aux États-Unis, la Cour suprême considère que, chaque fois que l’ingéniosité humaine est à l’origine d’une innovation, il faut accorder un droit de propriété intellectuelle à ses auteurs. Mais où tracer la limite ? Il y a un siècle, les juges considéraient par exemple que les lois de la nature ne pouvaient pas être brevetées, mais ils se sont ravisés, pour autant, ont-ils expliqué, que certaines conditions soient réunies. C’est ce qu’il s’est passé avec le BRCA, le gène responsable du cancer du sein. Des scientifiques financés par des fonds publics ont été les premiers à l’identifier, mais il fallait encore déterminer la séquence précise responsable du cancer. Une rude compétition s’est engagée entre un consortium public et une entreprise privée, et, cette dernière l’ayant emporté, elle s’est immédiatement adressée au bureau des brevets pour exiger que ses droits de propriété intellectuelle soient protégés. Avec succès : du jour au lendemain, des milliers de médecins et d’hôpitaux ont été forcés d’utiliser son test de dépistage, qui est passé entre-temps de 100 dollars… à 3 000 ! Près de vingt ans — et quelques dizaines d’actions en justice — plus tard, la Cour suprême a fait marche arrière. Cela n’a pas empêché l’entreprise concernée de faire fortune et de disposer de toutes les données des patientes testées, sur lesquelles elle continue de gagner beaucoup d’argent. A-t-on franchi les limites ? Selon moi, coder juridiquement la nature revient à exploiter à titre privé une partie du patrimoine commun de l’humanité. Le danger que certains brevets de ce type soient de nouveau attribués ne peut pas être totalement écarté.

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    Et la même chose se produit avec les données personnelles…
    Facebook et d’autres ont déclaré que l’aspiration, le nettoyage et l’organisation de nos données grâce à leurs algorithmes engageaient à la fois du travail et de l’innovation, deux critères clés pour obtenir un brevet. Elles avaient donc un droit de propriété sur nos données « retouchées ». L’idée reste la même qu’à l’époque des enclosures : profiter d’une zone grise où personne ne sait qui possède les droits, s’emparer de la ressource et attendre avec une armée d’avocats que quelqu’un vienne contester cette appropriation…

    Le droit public semble vraiment mal armé pour lutter.
    Il n’est pas assez puissant et beaucoup trop lent. Mais tenter de réguler le système capitaliste en faisant intervenir le droit public ne peut être qu’une solution temporaire. La question est d’abord politique, et la pression des banques pour déréglementer — sous prétexte de rester compétitives sur un marché mondial toujours plus concurrentiel — ne faiblit jamais. Le problème est que le législateur les écoute ! Aux États-Unis, les politiciens font grosso modo ce que le secteur financier exige. Et vous aurez beau voter pour que le système change, le système reste en place, ce qui explique en partie l’émergence du populisme. Beaucoup de gens ont en effet le sentiment d’avoir perdu le contrôle de leur avenir, au profit des plus puissants et de leurs bataillons d’avocats ! Ne croyant plus dans la capacité des institutions à corriger les excès, ils se tournent vers des hommes forts. On peut critiquer leur choix mais leur instinct est juste, et nous devons réfléchir ensemble à la manière de reprendre le contrôle sur ce système.

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    Comment ?
    Ceux qui se rebellent sont souvent décrits comme des radicaux, mais privatiser l’eau et la santé, breveter la nature sans se soucier de pollution, n’est-ce pas radical ? Nous devons nous réveiller et faire quelque chose pour remédier à cette brutalité imposée par codages juridiques successifs. Il est dans la structure même du système capitaliste de ne pas changer spontanément. Lui confier la responsabilité de trouver des solutions à des problèmes comme le réchauffement climatique est donc une aberration. C’est la logique du droit privé, son modus operandi, qui doit être modifiée : il faut lui imposer l’idée qu’il n’y a pas de droits sans responsabilités, et que ceux qui jouent avec les limites seront tenus responsables des dommages qu’ils ont causés.

    Katharina Pistor en quelques dates
    1963 Naissance à Fribourg- en-Brisgau (Allemagne).
    2001 Enseigne à l’université de Columbia, à New York.
    2012 Colauréate du prix de recherche Max-Planck.
    2019 The Code of Capital dans la liste des meilleurs livres de l’année du Financial Times.
    Le Code du capital. Comment la loi fabrique la richesse capitaliste et les inégalités, traduit de l’anglais (États-Unis) par Baptiste Mylondo, éd. Seuil, 372 p., 24,50 €.

    #Loi #Droit #Capital #rapports_de_force #Avocats #Multinationales

  • #Yassine_Bouzrou, #avocat : « Il n’y a pas de problème policier en France, il y a un problème judiciaire »
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/07/05/yassine-bouzrou-il-n-y-a-pas-de-probleme-policier-en-france-il-y-a-un-proble

    Pour moi, il n’y a pas de problème #policier en France, il y a un problème #judiciaire. Tant que la justice protégera d’une manière aussi flagrante les policiers, ils n’auront aucune raison de modifier leur comportement. La responsabilité est d’abord judiciaire. Si, demain, la justice décidait, comme elle le fait en matière de #violences_policières, de prononcer des non-lieux dans toutes les affaires de stupéfiants par exemple, on risquerait d’avoir une explosion du trafic de stupéfiants en France. Dans les faits, comme il y a une #impunité_judiciaire presque complète, il est logique que les actes de violences policières se multiplient. Or, il y a eu une #aggravation des violences policières illégitimes ces dernières années, avec l’impunité totale dans les dossiers de « #gilets_jaunes » éborgnés au #LBD [lanceur de balles de défense], avec l’augmentation du nombre de morts du fait de la loi de 2017 sur les refus d’obtempérer. La justice n’a jamais été aussi radicale dans l’#exonération des policiers.

    Pour moi, l’#IGPN, c’est un faux problème. Conduire des enquêtes pénales suppose de faire appel à des officiers de police judiciaire, eux seuls peuvent placer en garde à vue et conduire des investigations importantes. Remplacer l’IGPN signifiera qu’on changera de nom, c’est tout. Le problème, c’est que l’IGPN ne travaille pas pour les #avocats, mais pour les procureurs, et travaille surtout pour le ministère de l’intérieur. Comme l’IGPN a la double casquette, administrative et judiciaire, ils disent, dans leurs conclusions, s’il y a eu ou non une faute commise, donc ils portent un jugement. Ensuite, il est très facile pour un magistrat de se ranger derrière l’avis de l’IGPN, en expliquant qu’aucune faute n’a été commise, et donc de classer sans suite ou de rendre un non-lieu.

    • En quoi c’est un faux problème puisque dans pas mal de pays l’IGPN locale ne dépend pas du même ministère, c’est vraiment indépendant. C’est bien une énorme différence que juste le nom, de pas dépendre de la même hiérarchie du tout et d’avoir un organisme plus indépendant (dans la mesure du possible, ça reste le même gouvernement).

    • Des premières communications des parquets jusqu’à l’utilisation de l’#IGPN ou des expertises, tout est fait pour criminaliser nos clients et protéger les forces de l’ordre. Nous avons un mal fou à obtenir les dossiers des policiers. Cela serait pourtant important. Ont-ils déjà fait usage de leurs armes ? Ont-ils déjà été l’objet de plaintes ? D’enquêtes ? Dans l’affaire Traoré, il a fallu cinq ans pour obtenir, non pas les dossiers, mais une synthèse de l’#IGGN [inspection générale de la gendarmerie nationale] sur leur parcours. Dans l’affaire Zineb Redouane, nous n’avons rien. Dans un dossier de tir de LBD dans la tête d’une enfant à Chanteloup-les-Vignes (Yvelines), nous avons demandé que l’ADN soit prélevé sur le projectile – que la famille avait remis à la police. La justice a refusé. Puis elle a conclu à un classement sans suite pour défaut d’identification du tireur.

      Nous sommes aussi confrontés à des faux sur les procès-verbaux. Dans un dossier à Saint-Ouen (Seine-Saint-Denis), par exemple, d’un homme tabassé par un policier, ce dernier avait rédigé un PV – complètement faux – sans savoir qu’il était filmé. Il avait été renvoyé devant le tribunal correctionnel et non devant la cour criminelle. Il a fallu se battre pour obtenir qu’il soit jugé pour faux en écriture. Les peines, lorsqu’il y a un procès, sont aussi, très souvent, trop légères. Même lorsqu’ils sont convaincus de la culpabilité des policiers, les magistrats ont tendance à requérir du sursis. Le slogan « Pas de justice, pas de paix » a du sens. Or, il n’y a aucune justice en matière de violences policières illégitimes.

      https://justpaste.it/bnl4t

      #Police #justice #impunité #immunité

    • ce qu’il dit, @rastapopoulos, c’est que si la justice ne sanctionne pas ces fonctionnaires (au moyen de peines diverses, y compris des interdictions d’exercer, des interdictions d’utilisation d’une arme) il n’y aura - sauf exception et a minima -pas de sanction dont l’institution policière elle-même serait à l’origine en cas d’excès de pouvoir, d’abus, de délit ou de crime à l’encontre des justiciables, que c’est à la justice de protéger les justiciables et de traiter les fonctionnaires de policiers comme des justiciables.

      il essaie de creuser une brèche dans et contre la justice comme institution policière, de tordre ce bras de la police. c’est du moins -peut-être est-ce « optimiste » -ce que je comprends.

    • @rastapopoulos
      il me semble que le discours s’entende, voire est même stratégique. L’idée, comme détaillée par @colporteur, est que tant que la justice ne punit pas les mauvais élève, il n’y a aucune raison que cela change, quand bien même les enquêtes seraient menées sérieusement ou que l’IGPN serait un organisme indépendant (les juges sont libres ensuite de suivre, ou non, ses recommandations).

      Il est peut-être d’autant plus stratégique de raisonner ainsi, que les magistrats pourraient être sensibles à ces critiques, issues de praticiens des cours de justice. En tant qu’avocat impliqué depuis plus de 15 ans sur ces cas de violences policières (avec notamment Arie Alimi), il estime en tout cas que c’est par cette brèche qu’il est plus probable de pouvoir avancer sur ces questions dans le cas français... je lui fait personnellement confiance et suis plutôt heureux de la médiatisation des arguments de la défense, qui est souvent relayée en second ordre.

    • Mort de Nahel : la troublante fiche de police qui relance la piste du mensonge
      https://www.leparisien.fr/faits-divers/mort-de-nahel-la-troublante-fiche-de-police-qui-relance-la-piste-du-menso

      Versée à l’enquête judiciaire, une fiche d’intervention mentionne que l’adolescent a foncé sur le policier auteur du tir mortel. Un comportement depuis remis en doute par la vidéo des faits. La famille de la victime y voit la preuve d’un mensonge policier.

      #Paywall... #faux_en_écriture_publique

    • Un comportement depuis remis en doute

      Même face à l’évidence, notre journaliste ne parvient pas à écrire « ...depuis remis en cause... ». Parce que la parole policière ne doit pas être remise en cause. Remise en doute, à la limite, mais encore faut-il qu’un juge se laisse convaincre, et alors, alléluia, on pourra passer à autre chose et faire comme si la vidéo n’avait jamais existé. Ou l’inverse. L’important étant de passer à autre chose, avec sursis.

    • la presse se fait fort de souligner que la défense Nahel avait pointé un « faux en écriture publique » de manière erronée puisque les premiers éléments policiers ne résultaient que d’échanges radios et de leur résumé (et non de PV). or voici que ce crime spécifique ressurgit mécaniquement. le travail de défense juridique des policiers impliqués avait commencé. il fallait étayer un scénario mensonger qui ne pouvait reposer sur les seules déclarations des concernés par une parole assermentée (qui prend valeur de preuve).
      pas de bol. la défense police s’est effondrée et doit se reconstruire.

      l’expression police criminelle désigne une caractéristique générale de l’institution.

  • Il costo nascosto dell’avocado e le nuove “zone di sacrificio” nelle mire dei grandi produttori

    La produzione globale del frutto viaggia verso le 12 milioni di tonnellate nel 2030. Le monocolture intensive interessano sempre più Paesi, compromettendo falde e biodiversità. Dalla Colombia allo Sri Lanka, dal Vietnam al Malawi. Grain ha analizzato la paradigmatica situazione del Messico, dove si concentra il 40% della produzione.

    “La salsa guacamole che viene consumata durante il Super bowl potrebbe riempire 30 milioni di caschi da football”. La stima è di Armando López, direttore esecutivo dell’Associazione messicana dei coltivatori, confezionatori ed esportatori di avocado, che in occasione della finale del campionato di football americano del 12 febbraio scorso ha pagato quasi sette miliardi di dollari per avere uno spazio pubblicitario in occasione dell’evento sportivo più seguito degli Stati Uniti.

    Solo pochi giorni prima, il 2 febbraio, era stata presentata una denuncia contro il governo del Messico presso la Commissione trilaterale per la cooperazione ambientale (organismo istituito nell’ambito dell’accoro di libero scambio tra il Paese, Stati Uniti e Canada) per non aver fatto rispettare le proprie leggi sulla deforestazione, la conservazione delle acque e l’uso del suolo.

    La notizia ha trovato spazio per qualche giorno sui media statunitensi proprio per la concomitanza con il Super bowl, il momento in cui il consumo della salsa a base di avocado tocca il picco. Ed è anche il punto partenza del report “The avocados of wrath” curato da Grain, rete di organizzazioni che lavorano per sostenere i piccoli agricoltori e i movimenti sociali, e dall’organizzazione messicana Colectivo por la autonomia, che torna a lanciare l’allarme sull’altissimo costo ambientale di questo frutto.

    La denuncia presentata alla Commissione trilaterale si concentra sulla situazione nello Stato del Michoacán, che produce il 75% degli avocado messicani. Qui tra il 2000 e il 2020 la superficie dedicata alla coltura è passata da 78mila a 169mila ettari a scapito delle foreste di abeti locali. Oltre alla deforestazione, il documento pone in rilievo lo sfruttamento selvaggio delle risorse idriche, oltre a un uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi che compromettono le falde sotterranee, i fiumi e i torrenti nelle aree limitrofe alle piantagioni.

    “Il Messico non riesce ad applicare efficacemente le sue leggi ambientali per proteggere gli ecosistemi forestali e la qualità dell’acqua dagli impatti ambientali negativi della produzione di avocado nel Michoacán”, denunciano i curatori. Il Paese nordamericano “non sta rispettando le disposizioni della Costituzione messicana e le varie leggi federali sulla valutazione dell’impatto ambientale, la conservazione delle foreste, lo sviluppo sostenibile, la qualità dell’acqua, il cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente”.

    Questa vicenda giudiziaria, di cui non si conoscono ancora gli esiti, rappresenta per Grain un’occasione per guardare più da vicino il Paese e la produzione dell’avocado, diventato negli ultimi anni il terzo frutto più commercializzato al mondo, dopo banana e ananas: nel 2021 la produzione globale di questo frutto, infatti, ha raggiunto quota 8,8 milioni di tonnellate (si stima che possa raggiungere le 12 milioni di tonnellate nel 2030) e il 40% si concentra proprio in Messico, una quota che secondo le stime della Fao potrebbe arrivare al 63% entro il 2030.

    Statunitensi ed europei importano circa il 70% della produzione globale e la domanda è in continua crescita anche per effetto di intense campagne di marketing che ne promuovono i benefici nutrizionali. Di conseguenza dal 2011 a oggi le piantagioni di avocado hanno moltiplicato per quattro la loro superficie in Paesi come Colombia, Haiti, Marocco e Repubblica Dominicana. In Sri Lanka la superficie è aumentata di cinque volte. La produzione intensiva è stata avviata anche in Vietnam e Malawi che oggi rientrano tra i primi venti produttori a livello globale.

    Il mercato di questo frutto vale circa 14 miliardi di dollari e potrebbe toccare i 30 miliardi nel 2030: “La maggiore quota di profitti -riporta Grain- vanno a una manciata di gruppi imprenditoriali, fortemente integrati verticalmente e che continuano a espandersi in nuovi Paesi, dove stanno aprendo succursali”. È il caso, ad esempio, delle società californiane Misison Produce e Calvaro Growers. La prima ha aumentato costantemente le sue vendite nel corso degli ultimi anni, fino a superare di poco il miliardo dollari nel 2022, mentre la seconda ha registrato nello stesso anno vendite per 1,1 miliardi.

    “Queste aziende hanno basato la loro espansione su investimenti da parte di pesi massimi del mondo della finanza -scrive Grain-. Mission Produce e Calavo Growers sono quotate alla Borsa di New York e stanno attirando investimenti da parte di fondi hedge come BlackRock e Vanguard. Stiamo assistendo all’ingresso di fondi di private equity e fondi pensione nel settore degli avocado. Mission Produce, ad esempio, si è unita alla società di private equity Criterion Africa partners per lanciare la produzione di oltre mille ettari di avocado a Selokwe, in Sudafrica”.

    Per Grain guardare da vicino a quello che è accaduto in Messico e al modello produttivo messo in atto dalle aziende dell’agribusiness californiane è utile per comprendere a pieno i rischi che incombono sui Paesi che solo in anni recenti hanno avviato la coltivazione del frutto. Lo sguardo si concentra in particolare sullo Stato del Michoacán dove il boom delle piantagioni è avvenuto a scapito della distruzione delle foreste locali, consumando le risorse idriche di intere regioni e a un costo sociale altissimo.

    Secondo i dati di Grain, ogni ettaro coltivato ad avocado in Messico consuma circa 100mila litri di acqua al mese. Si stima che Perù, Sudafrica, Cile, Israele e Spagna utilizzino 25 milioni di metri cubi d’acqua, l’equivalente di 10mila piscine olimpioniche, per produrre gli avocado importati nel Regno Unito. “Mentre continua a spremere le ultime falde già esaurite in Messico, California e Cile, l’industria del settore sta migrando verso altre ‘zone di sacrificio’ -si legge nel report-. Per irrigare l’arida Valle di Olmos in Perù, dove operano le aziende californiane, il governo locale ha realizzato uno dei megaprogetti più contestati e segnati dalla corruzione del Paese: un tunnel di venti chilometri che attraversa la cordigliera delle Ande per portare l’acqua deviata dal fiume Huancabamba a Olmos”. All’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche si aggiunge poi il massiccio utilizzo di prodotti chimici nelle piantagioni: nel solo Michoacán, la coltura dell’avocado si porta dietro ogni anno 450mila litri di insetticidi, 900mila tonnellate di fungicidi e 30mila tonnellate di fertilizzanti.

    https://altreconomia.it/il-costo-nascosto-dellavocado-e-le-nuove-zone-di-sacrificio-nelle-mire-
    #avocat #agriculture #Mexique #globalisation #mondialisation #cartographie #visualisation #Michoacán #déforestation #produits_phytosanitaires #fertilisants #pesticides #plantation #fruits #Misison_Produce #Calvaro_Growers #multinationales #financiarisation #bourse #hedge_funds #private_equity #Criterion_Africa #industrie_agro-alimentaire #eau #Pérou #Huancabamba #Olmos #exploitation #insecticides

    • The Avocados of Wrath

      This little orchard will be part of a great holding next year, for the debt will have choked the owner. This vineyard will belong to the bank. Only the great owners can survive, for they own the canneries too... Men who have created new fruits in the world cannot create a system whereby their fruits may be eaten… In the souls of the people the grapes of wrath are filling and growing heavy, growing heavy for the vintage.”

      So wrote John Steinbeck when, perhaps for the first time, the immense devastation provoked by capitalist agribusiness, the subsequent expulsion of peasant families from the Midwest, and their arrival in California in the 1930s became visible.[1] Perhaps, if he were writing today, he would replace grapes with avocados. The business model for this popular tropical fruit is the epitome of agribusiness recrudescent, causing rampant deforestation and water diversion, the eradication of other modes of agriculture, and the expulsion of entire communities from the land.

      Avocados are, after bananas and pineapples, the world’s third-largest fruit commodity. Their production is taking up an ever-growing area and continually expanding into new countries. What are the implications of this worldwide expansion? What forces are driving it? How does this model, working on both global and local scales, manage to keep prices high? How did the current boom, with avocados featured at major sporting events and celebrations of all kinds, come to pass? What are the social repercussions of this opaque business?

      We begin the story on 12 February 2023 in Kansas City at the 57th Super Bowl, American football’s premier annual event. A month earlier, more than 2000 km away in Michoacán, Mexico, tens of thousands of tons of avocados were being packed for shipping. The United States imports 40% of global avocado production and the Super Bowl is when consumption peaks. “The guacamole eaten during the Super Bowl alone would fill 30 million football helmets,” says Armando López, executive director of the Mexican Association of Avocado Growers, Packers, and Exporters (APEAM), which paid nearly $7 million for a Super Bowl ad.[2]

      Despite its limited coverage in US media, the dark side of avocado production was the unwelcome guest at this year’s event. A complaint against the Government of Mexico had recently been filed with the Commission for Environmental Cooperation under the USMCA, accusing the government of tolerating the ecocidal impacts of avocado production in Michoacán.[3]

      Mexico can be seen as a proving ground for today’s avocado industry. Focusing on this country helps tell the story of how the avocado tree went from being a relic of evolutionary history to its current status as an upstart commodity characterized by violence and media-driven consumerism.

      Booming world production

      For a decade now, avocados have been the growth leaders among tropical fruit commodities.[4] Mexico, the world’s largest exporter, accounts for 40% of total production. According to OECD and FAO projections, this proportion could reach 63% in 2030. The United States absorbs 80% of Mexican avocado exports, but production is ramping up in many other countries.

      In 2021, global production reached 8.8 million tons, one third of which was exported, for a value of $7.4 billion. By 2030, production is expected to reach 12 million tons. Within a decade, the average area under cultivation doubled in the world’s ten largest producer countries (see Figure 1). It quadrupled in Colombia, Haiti, Morocco, and the Dominican Republic, and quintupled in Zimbabwe. Production has taken off at a gallop in Malawi and Vietnam as well, with both countries now ranking among the top 20 avocado producers.

      The top 10 countries account for 80% of total production. In some of these, such as Mexico, Peru, Chile, and Kenya (see Table 1), the crop is largely grown for export. Its main markets are the United States and Europe, which together make up 70% of global imports. While Mexico supplies its neighbour to the north all year long, the avocados going to Europe come from Peru, South Africa, and Kenya in the summer and from Chile, Mexico, Israel, and Spain in the winter.[5] The Netherlands, as the main port of entry for the European Union, has become the world’s third-leading exporter.

      Other markets are rapidly opening up in Asia. Kenya, Ethiopia, and recently Tanzania have begun exporting to India and China,[6] while Chinese imports from Peru, Mexico, and Chile are also on the rise. In 2021, despite the pandemic, these imports surpassed 41,000 tons.[7] In addition, US avocado companies have begun cutting costs by sourcing from China, Yunnan province in particular.[8]

      The multimillion dollar “#green_gold” industry

      According to some estimates, the global avocado market was worth $14 billion in 2021 and could reach $30 billion by 2030.[10] The biggest profits go to a handful of vertically integrated groups that are continuing to fan out to new countries, where they are setting up subsidiaries. They have also tightened their control over importers in the main global hubs.
      For two examples, consider the California-based Mission Produce and Calavo Growers. In 2021, Mission Produce reported sales equivalent to 3% of global production,[11] and its sales have risen steadily over the last decade, reaching $1.045 billion in 2022.[12] The United States buys 80% of the company’s volume, with Europe, Japan, and China being other large customers, and it imports from Peru, Mexico, Chile, Colombia, Guatemala, the Dominican Republic, South Africa, Kenya, Morocco, and Israel. It controls 8600 hectares in Peru, Guatemala, and Colombia.[13]

      Calavo Growers, for its part, had total sales of $1.191 billion in 2022.[14] More than half its revenues came from packing and distribution of Mexican, US, Peruvian, and Colombian avocados.[15] The United States is far and away its biggest market, but in 2021 it began stepping up Mexican exports to Europe and Asia.[16]

      South Africa-based Westfalia Fruits is another relevant company in the sector. It has 1200 hectares in South Africa and is expanding to other African and Latin American countries. It controls 1400 hectares in Mozambique and has taken over large exporters such as Aztecavo (Mexico), Camet (Peru), and Agricom (Chile).[17] Its main markets are Europe, the United States, South America, and Asia.[18] Some of its subsidiaries are incorporated in the tax haven of Delaware, and it has acquired importers in the UK and Germany.[19]

      These companies have based their expansion on investment from heavyweight players in the world of finance. Mission Produce and Calavo Growers are listed on the New York Stock Exchange and are attracting investment from such concerns as BlackRock and The Vanguard Group.[20] We are also seeing private equity, endowment, and pension funds moving into avocados; Mission Produce, for example, joined with private equity firm Criterion Africa Partners to launch production of over 1000 hectares of avocados in Selokwe (South Africa).[21]

      In 2020, Westfalia sold shares in Harvard Management Company, the company that manages Harvard University’s endowment fund.[22] Also involved is the Ontario Teachers’ Pension Plan, which in 2017 acquired Australia’s second-largest avocado grower, Jasper Farms. PSP Investments, which manages Canada’s public service sector pensions, made a controversial acquisition of 16,500 hectares in Hawaii for production of avocado, among other crops, and faces grave accusations deriving from its efforts to monopolize the region’s water supply.[23]

      Finally, it has to be emphasized that the expansion enjoyed by these companies has been aided by public funding. For example, South Africa’s publicly owned Industrial Development Corporation (IDC) and the World Bank’s International Finance Corporation (IFC) have supported Westfalia’s incursions into Africa and Latin America under the guise of international development.[24]

      A proving ground for profit and devastation

      To take the full measure of the risks looming over the new areas being brought under the industrial avocado model, it is important to read Mexico as a proving ground of sorts. The country has become the world’s largest producer through a process bound up with the dynamics of agribusiness in California, where avocado production took its first steps in the early twentieth century. The US market grew rapidly, protected from Mexican imports by a 1914 ban predicated on an alleged threat of pests coming into the country.

      This was the genesis of Calavo Growers (1924) and Henry Avocado (1925). California began exporting to Europe and expanding the area under cultivation, reaching a peak of 30,000 hectares in the mid-1980s, when Chile began competing for the same markets.[29] It was then that consortia of California avocado producers founded West Pak and Mission Produce, and the latter of these soon began operations as an importer of Chilean avocados. In 1997, 60% of US avocado purchases came from Chile, but the business collapsed with the signing of the North American Free Trade Agreement (NAFTA).[30] Lobbying by APEAM and the US companies then led to the lifting of the ban on Mexican imports. With liberalization under NAFTA, Mexican avocado exports multiplied by a factor of 13, and their commercial value by a factor of 40, in the first two decades of the twenty-first century.

      The California corporations set up subsidiaries in Mexico and began buying directly from growers, going as far as to build their own packing plants in Michoacán.[31] One study found that by 2005, Mission Produce, Calavo Growers, West Pak, Del Monte, Fresh Directions, and Chiquita had cornered 80% of US avocado imports from Mexico.[32]

      Today, the state of Michoacán monopolizes 75% of the nation’s production, followed by Jalisco with 10% and Mexico state with 5%.[33] In 2019, export-oriented agriculture was a high-profile player in the industry, with public policies being structured around its needs. And if the business had become so profitable, it was because of the strategies of domination that had been deployed by avocado agribusiness and the impacts of these strategies on peasant and community ways of life.[34] The Mexican avocado boom is now reliant on the felling of whole forests. In many cases these are burned down or clear-cut to make way for avocado groves, using up the water supply of localities or even whole regions. The societal costs are enormous.

      In 2021, Mexico produced some 2.5 million tons of avocados; within the preceding decade, nearly 100,000 hectares had been directly or indirectly deforested for the purpose.[35] In Michoacán alone, between 2000 and 2020, the area under avocados more than doubled, from 78,530.25 to 169,939.45 ha.[36] And reforestation cannot easily repair the damage caused by forest destruction: the ecological relationships on which biodiversity depends take a long time to evolve, and the recovery period is even longer after removal of vegetation, spraying of agrotoxins, and drying of the soil.

      In Jalisco, the last decade has seen a tripling of the area under avocado, agave, and berries, competing not only with peasants and the forests stewarded by original peoples, but also with cattle ranchers.[37] “Last year alone,” says Adalberto Velasco Antillón, president of the Jalisco ranchers’ association, “10,000 cattlemen (dairy and beef) went out of business.”[38]

      According to Dr. Ruth Ornelas, who studies the avocado phenomenon in Mexico, the business’s expansion has come in spite of its relative cost-inefficiency. “This is apparent in the price of the product. Extortion garners 1.4% of total revenues,… or 4 to 6 pesos per kilogram of avocados.” It is a tax of sorts, but one that is collected by the groups that control the business, not by the government.[39] According to Francisco Mayorga, minister of agriculture under Vicente Fox and Enrique Calderón, “they collect not only from the farmer but from the packer, the loggers, the logging trucks and the road builders. And they decide, depending on the payments, who gets to ship to Manzanillo, Lázaro Cárdenas, Michoacán and Jalisco. That’s because they have a monopoly on what is shipped to the world’s largest buyer, the United States.”[40]

      By collecting this toll at every link in the chain, they control the whole process, from grower to warehouse to packer to shipper, including refrigeration and the various modes of distribution. And not only do they collect at every step, but they also keep prices high by synchronizing supply from warehouse to consumer.

      Dr. Ornelas says, “They may try to persuade people, but where that doesn’t work, bribes and bullets do the trick. Organized crime functions like a police force in that it plays a certain role in protecting the players within the industry. It is the regulatory authority. It is the tax collector, the customs authority, and the just-in-time supplier. Sadly, the cartels have become a source of employment, hiring halcones [taxi drivers or shoeshine boys working as spies], chemists, and contract killers as required. It seems that they even have economists advising them on how to make the rules.” Mayorga adds: “When these groups are intermingled with governmental structures, there is a symbiosis among growers, criminals, vendors, and input suppliers. If somebody tries to opt out of the system, he may lose his phytosanitary certification and hence his ability to export.” Mayorga stresses that the criminals administer the market and impose a degree of order on it; they oversee the process at the domestic and international levels, “regulating the flow of product so that there is never a glut and prices stay high.” Investment and extortion are also conducive to money laundering. It is very hard to monitor who is investing in the product, how it is produced, and where it is going. Yet the government trumpets avocados as an agri-food success.

      Official data indicate that there are 27,712 farms under 10 hectares in Michoacán, involving 310,000 people and also employing 78,000 temporary workers.[41] These small farms have become enmeshed in avocado capitalism and the pressures it places on forests and water; more importantly, however, the climate of violence keeps the growers in line. In the absence of public policy and governmental controls, and with organized crime having a tight grip on supply chains and world prices, violence certainly plays a role in governance of the industry. But these groups are not the ones who run the show, for they themselves are vertically integrated into multidimensional relationships of violence. It is the investors and large suppliers, leveraged by the endowment, pension, and private equity funds, who keep avocado production expanding around the world.[42]

      A headlong rush down multiple paths

      The Mexican example alerts us to one of the main problems associated with avocado growing, and that is water use. In Mexico, each hectare consumes 100,000 litres per month, on top of the destruction of the biodiverse forests that help preserve the water cycle.[46] A whole other study ought to be devoted to the indiscriminate use of agrotoxins and the resulting groundwater contamination. In Michoacán alone, the avocado crop receives 450,000 litres of insecticides, 900,000 tons of fungicides, and 30,000 tons of fertilizers annually.[47]

      Wherever they are grown, avocados consume an astonishing volume of water. An estimated 25 million m³, or the equivalent of 10,000 Olympic swimming pools, are estimated to be used by Peru, South Africa, Chile, Israel, and Spain to produce the avocados imported into the UK.[48]

      California has maintained its 90% share of the US avocado market, but this situation is not predicted to endure beyond 2050.[49] California’s dire water crisis has been driven to a significant extent by the industrial production of avocados and other fruits, with climate change exacerbating the problem.[50]
      In the Chilean province of Petorca, which accounts for 60% of Chile’s avocado exports, the production of one kilogram of avocados requires 1280 litres of water. Water privatization by the Pinochet dictatorship in 1981 coincided with the rise of the country’s export industry and abetted the development of large plantations, which have drained the rivers and driven out peasant farming.[51] This appears to be one of the reasons why Chile is no longer self-sufficient in this commodity. “We import more than we export now,” said the director of Mission Produce, Steve Barnard, two years ago, stating that avocados were being brought in not only from Peru but also from California.[52]

      Even as it continues to squeeze the last drops of water out of depleted aquifers in Mexico, California, and Chile, the industry is migrating into other sacrifice zones.[53] To water the arid Olmos Valley in Peru, where California’s avocado companies operate, the Peruvian government developed one of the country’s most corrupt and conflict-ridden megaprojects: a 20-km tunnel through the Andes range, built in 2014, to deliver water diverted from the Huancabamba River to Olmos. The project was sold as an “opportunity to acquire farmland with water rights in Peru.”[54]

      Colombia was the next stop on the avocado train, with the crop spreading out across Antioquia and the coffee-growing region, and with even large mining interests joining forces with agribusiness.[55] “Peru is destined to replace much of its avocado land with citrus fruit, which is less water-intensive,” said Pedro Aguilar, manager of Westfalia Fruit Colombia, in 2020, although “water is becoming an absolutely marvelous investment draw, since it is cost-free in Colombia.”[56]

      Sowing the seeds of resistance

      If Mexico has been an experiment in devastation, it has also been an experiment in resistance, as witness the inspiring saga of the Purépecha community of Cherán, Michoacán. In 2012, the community played host to a preliminary hearing of the Permanent Peoples’ Tribunal that condemned land grabbing, deforestation, land conversion, agrotoxin spraying, water depletion, fires, and the widespread violence wielded against the population. It laid the blame for these plagues squarely on timber theft, the avocado industry, berry greenhouses, and agave production.

      –—

      One year earlier, the population had decided to take matters in hand. They were fed up with this litany of injustices and with the violence being inflicted on them by the paramilitary forces of organized crime. Led by the women, the community took up the arduous task of establishing checkpoints marked out by bonfires (which were also used for cooking) throughout the area. Any institution or group that questioned their collective authority was immediately confronted. The newly created community police force is answerable to the general assembly, which in turn reports to the neighbourhood assemblies. A few years ago, the community gated itself to outsiders while working on restoring the forest and establishing its own horizontal form of government with respect for women, men, children, and elders.

      The community then took another step forward, opting for municipal and community autonomy. This was not a straightforward process, but it did finally lead to approval by the National Electoral Institute for elections to take place under customary law and outside the party system. This example spread to other communities such as Angahuan that are also grappling with agribusiness, corruption, and organized crime.[57]

      Clearly, this struggle for tradition-rooted self-determination is just beginning. The cartels, after all, are pursuing their efforts to subdue whole regions. Meanwhile, for their own defence, the people are continuing to follow these role models and declaring self-government.

      An unsustainable model

      “The works of the roots of the vines, of the trees, must be destroyed to keep up the price, and this is the saddest, bitterest thing of all. Carloads of oranges dumped on the ground. The people came for miles to take the fruit, but … men with hoses squirt kerosene on the oranges, and they are angry at the crime, angry at the people who have come to take the fruit. A million people hungry, needing the fruit—and kerosene sprayed over the golden mountains.”[58]

      Per capita consumption of avocados has kept on growing in the importing countries, driven by intense marketing campaigns promoting the nutritional benefits of this food. In the United States alone, consumption has tripled in 20 years.[59] While avocados are sold as a superfood, a convenient veil remains thrown over what is actually happening at the local level, where the farmers are not the ones benefiting. While this global trend continues, various false solutions are proposed, such as water-saving innovations or so-called “zero deforestation” initiatives.

      In this exploitative model, small- and medium-sized growers are forced to take on all the risk while also bearing the burden of the environmental externalities. The big companies and their investors are largely shielded from the public health and environmental impacts.

      As we have said, the growers are not the ones who control the process; not even organized crime has that power. They are both just cogs in the industrial agri-food system, assisting the destruction it wreaks in order to eke out a share of the colossal dividends it offers. To truly understand the workings of the system, one has to study the supply chain as a whole.

      Given these realities, it is urgent for us to step up our efforts to denounce agribusiness and its corrupting, devastating model. The people must organize to find ways out of this nightmare.

      * Mexico-based Colectivo por la Autonomía works on issues related to territorial defence and peasant affairs, through coordination with other Mexican and Latin American social movement organizations, as well as legal defence and research on the environmental and social impacts experienced by indigenous and rural territories and communities.

      Banner image: Mural in Cherán that tells the story of their struggle. This mural is inside the Casa Comunal and is part of a mural revival throughout the city, where there are collective and individual works in many streets and public buildings. This mural is the work of Marco Hugo Guardián Lemus and Giovanni Fabián Gutiérrez.

      [1] John Steinbeck, The Grapes of Wrath Penguin Classics, 1939, 2006.
      [2] Guillermina Ayala, “López: “Un Súper Bowl con guacamole,” Milenio, 11 February 2023, https://www.milenio.com/negocios/financial-times/exportaciones-de-toneladas-de-aguacate-para-la-final-de-la-nfl.
      [3] The USMCA is the trade agreement between Mexico, the United States, and Canada. See also Isabella González, “Una denuncia lleva a la producción mexicana de aguacate ante la comisión ambiental del T-MEC por ecocidio,” El País, 8 February 2023, https://elpais.com/mexico/2023-02-08/una-denuncia-lleva-a-la-produccion-mexicana-de-aguacate-ante-la-comision-amb.
      [4] In what follows, the sources for production volumes, areas under cultivation, and sales are the FAOSTAT and UN Comtrade databases [viewed 25 January 2023]. The source for 2030 projections is OECD/FAO, OECD-FAO Agricultural Outlook 2021–2030, 2021, https://doi.org/10.1787/19428846-en.
      [5] Ruben Sommaruga and Honor May Eldridge, “Avocado Production: Water Footprint and Socio-economic Implications,” EuroChoices 20(2), 13 December 2020, https://doi.org/10.1111/1746-692X.12289.
      [6] See George Munene, “Chinese traders plan on increasing Kenyan avocado imports,” Farmbiz Africa, 1 August 2022, https://farmbizafrica.com/market/3792-chinese-traders-plan-on-increasing-kenyan-avocado-imports; Tanzania Invest, “Tanzania sign 15 strategic agreements with China, including avocado exports,” 5 November 2022, https://www.tanzaniainvest.com/economy/trade/strategic-agreements-with-china-samia.
      [7] USDA, "China: 2022 Fresh Avocado Report, 14 November 2022, https://www.fas.usda.gov/data/china-2022-fresh-avocado-report.
      [8] Global AgInvesting, “US-based Mission Produce is developing its first domestic avocado farm in China,” 8 June 2018, https://www.farmlandgrab.org/post/view/28223-us-based-mission-produce-is-developing-its-first-domestic-avocad.
      [9] Wageningen University & Research, “Improved mango and avocado chain helps small farmers in Haiti,” 2022, https://www.wur.nl/en/project/improved-mango-and-avocado-chain-helps-small-farmers-in-haiti-1.htm.
      [10] See Grand View Research, “Avocado market size, share & trends analysis report by form (fresh, processed), by distribution channel (B2B, B2C), by region (North America, Europe, Asia Pacific, Central & South America, MEA), and segment forecasts, 2022–2030,” 2022, https://www.grandviewresearch.com/industry-analysis/fresh-avocado-market-report; Straits Research, “Fresh avocado market,” 2022, https://straitsresearch.com/report/fresh-avocado-market.
      [11] Mission Produce, “Mission Produce announces fiscal 2021 fourth quarter financial results,” 22 December 2021, https://investors.missionproduce.com/news-releases/news-release-details/mission-produce-announces-fiscal-2021-fourth-quarter-finan.
      [12] Sources: Capital IQ and United States Securities and Exchange Commission, “Mission Produce: Form 10-K,” 22 December 2022, https://investors.missionproduce.com/financial-information/sec-filings?items_per_page=10&page=.
      [13] The company reports that it has had avocado plantations since 2011 on three Peruvian farms covering 3900 ha, in addition to producing blueberries on 400 hectares (including greenhouses) as part of a joint venture called Moruga. See Mission Produce, “Investor relations,” December 2022, https://investors.missionproduce.com; United States Securities and Exchange Commission, “Mission Produce: Form 10-K,” 22 December 2022, https://investors.missionproduce.com/financial-information/sec-filings?items_per_page=10&page=1, and https://missionproduce.com/peru.
      [14] Sources: https://ir.calavo.com; Calavo Growers, “Calavo Growers, Inc. announces fourth quarter and fiscal 2021 financial results,” 20 December 2021, https://ir.calavo.com/news-releases/news-release-details/calavo-growers-inc-announces-fourth-quarter-and-fiscal-2021
      [15] Its main subsidiaries in Mexico are Calavo de México and Avocados de Jalisco; see Calavo Growers, Calavo Growers, Inc. Investor Presentation, 12 December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/f4ee2e5a-0221-4b48-9b82-7aad7ca69ea7; United States Securities and Exchange Commission, Calavo Growers, Inc. form 10-K, December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/9c13da31-3239-4843-8d91-6cff65c6bbf7.
      [16] Among its main US clients are Kroger (15% of 2022 total sales), Trader Joe’s (11%), and Wal-Mart (10%) Source: Capital IQ. See also “Calavo quiere exportar aguacate mexicano a Europa y Asia,” El Financiero, 8 January 2021, https://www.elfinanciero.com.mx/opinion/de-jefes/calavo-quiere-exportar-aguacate-mexicano-a-europa-y-asia.
      [17] See IDC, “Westfalia grows an empire,” 2018, https://www.idc.co.za/westfalia-grows-an-empire; IFC, Creating Markets in Mozambique, June 2021, https://www.ifc.org/wps/wcm/connect/a7accfa5-f36b-4e24-9999-63cffa96df4d/CPSD-Mozambique-v2.pdf?MOD=AJPERES&CVID=nMNH.3E; https://www.westfaliafruit.com/about-us/our-operations/westfalia-fruto-mocambique; “Agricom y Westfalia Fruit concretan asociación en Latinoamérica,” Agraria.pe, 9 January 2018, https://agraria.pe/noticias/agricom-y-westfalia-fruit-concretan-asociacion-en-latinoamer-15664.
      [18] Marta del Moral Arroyo, “Prevemos crecer este año un 20% en nuestras exportaciones de palta a Asia y Estados Unidos,” Fresh Plaza, 27 May 2022, https://www.freshplaza.es/article/9431020/prevemos-crecer-este-ano-un-20-en-nuestras-exportaciones-de-palta-a-asia-.
      [19] See https://opencorporates.com/companies?jurisdiction_code=&q=westfalia+fruit&utf8=%E2%9C%93.
      [20] For example, in the case of Calavo Growers, BlackRock controls 16%, Vanguard Group 8%, and five other investment 20%; see Capital IQ, “Nuance Investments increases position in Calavo Growers (CVGW),” Nasdaq, 8 February 2023, https://www.nasdaq.com/articles/nuance-investments-increases-position-in-calavo-growers-cvgw; “Vanguard Group increases position in Calavo Growers (CVGW),” Nasdaq, 9 February 2023, https://www.nasdaq.com/articles/vanguard-group-increases-position-in-calavo-growers-cvgw.
      [21] Liam O’Callaghan, “Mission announces South African expansion,” Eurofruit, 8 February 2023, https://www.fruitnet.com/eurofruit/mission-announces-south-african-expansion/248273.article. Criterion Africa Partners invests with funds from the African Development Bank, the European Investment Bank, and the Dutch Entrepreneurial Development Bank (FMO) (Source: Preqin).
      [22] Harvard Management Company subsequently spun out its holdings in Westfalia to the private equity fund Solum Partners; see Lynda Kiernan, “HMC investment in Westfalia Fruit International to drive global expansion for avocados,” Global AgInvesting, 17 January 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29422-hmc-investment-in-westfalia-fruit-international-to-drive-global-; Michael McDonald, “Harvard spins off natural resources team, to remain partner,” Bloomberg, 8 October 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29894-harvard-spins-off-natural-resources-team-to-remain-partner.
      [23] See “Ontario Teachers’ acquires Australian avocado grower Jasper Farms,” OTPP, 19 December 2017, https://www.farmlandgrab.org/post/view/27774-ontario-teachers-acquires-australian-avocado-grower-jasper-farms; “Canadian pension fund invests in ex-plantation privatizing Hawaii’s water,” The Breach, 23 February 2022, https://www.farmlandgrab.org/post/view/30782-canadian-pension-fund-invests-in-ex-plantation-privatizing-hawai.
      [24] See https://disclosures.ifc.org/enterprise-search-results-home/42280; https://disclosures.ifc.org/project-detail/SII/40091/westfalia-intl. Westfalia is a subsidiary of the South African logging company Hans Merensky Holdings (HMH), whose main shareholders are the Hans Merensky Foundation (40%), IDC (30%), and CFI (20%) (see https://disclosures.ifc.org/project-detail/SII/42280/westfalia-moz-ii).
      [25] Amanda Landon, “Domestication and significance of Persea americana, the avocado, in Mesoamerica,” Nebraska Anthropologist, 47 (2009), https://digitalcommons.unl.edu/cgi/viewcontent.cgi?referer=https://en.wikipedia.org/&httpsredir=1&article=1046&context=nebanthro.
      [26] Ibid., 70.
      [27] Jeff Miller, Avocado: A Global History (Chicago: University of Chicago Press, 2020), https://press.uchicago.edu/ucp/books/book/distributed/A/bo50552476.html.
      [28] Maria Popova, “A ghost of evolution: The curious case of the avocado, which should be extinct but still exists,” The Marginalian, https://www.themarginalian.org/2013/12/04/avocado-ghosts-of-evolution/?mc_cid=ca28345b4d&mc_eid=469e833a4d, citing Connie Barlow, The Ghosts of Evolution: Nonsensical Fruit, Missing Partners, and Other Ecological Anachronisms, https://books.google.com.mx/books/about/The_Ghosts_Of_Evolution.html?id=TnU4DgAAQBAJ&redir_esc=y.
      [29] Patricia Lazicki, Daniel Geisseler, and Willliam R. Horwath, “Avocado production in California,” UC Davis, 2016, https://apps1.cdfa.ca.gov/FertilizerResearch/docs/Avocado_Production_CA.pdf.
      [30] Flavia Echánove Huacuja, “Abriendo fronteras: el auge exportador del aguacate mexicano a United States,” Anales de Geografía de la Universidad Complutense, 2008, Vol. 28, N° 1, https://revistas.ucm.es/index.php/aguc/article/download/aguc0808110009a/30850.
      [31] Calavo Growers, Calavo Growers, Inc. Investor Presentation, 12 December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/f4ee2e5a-0221-4b48-9b82-7aad7ca69ea7.
      [32] Flavia Echánove Huacuja, op cit., the evolution of these companies in the sector was different. Chiquita withdrew from the avocado industry in 2012, while for Del Monte, this fruit accounts for a steadily declining share of its sales, reaching 8% ($320 million) in 2021 (see https://seekingalpha.com/article/1489692-chiquita-brands-restructuring-for-value; United States Securities and Exchange Commission, Fresh Del Monte Produce Inc. Form 10-K, 2022; Del Monte Quality, A Brighter World Tomorrow, https://freshdelmonte.com/wp-content/uploads/2022/10/FDM_2021_SustainabilityReportFINAL.pdf. )
      [33] Source: SIAP (http://infosiap.siap.gob.mx/gobmx/datosAbiertos_a.php) [viewed 27 November 2022].
      [34] María Adelina Toribio Morales, César Adrián Ramírez Miranda, and Miriam Aidé Núñez Vera, “Expansión del agronegocio aguacatero sobre los territorios campesinos en Michoacán, México,” Eutopía, Revista de Desarrollo Económico Territorial, no. 16, December 2019, pp. 51–72, https://revistas.flacsoandes.edu.ec/eutopia/article/download/4117/3311?inline=1.
      [35] Enrique Espinosa Gasca states: “The Ministry of the Environment, Natural Resources, and Climate Change (Semadet) in Michoacán acknowledged in March 2019 that in the first twenty years of the millennium, Michoacán has lost a million hectares of its forests, some due to clandestine logging and some due to forest fires set for purposes of land conversion”; “Berries, frutos rojos, puntos rojos,” in Colectivo por la Autonomía and GRAIN, eds, Invernaderos: Controvertido modelo de agroexportación (Ceccam, 2021).
      [36] Gobierno de México, SIACON (2020), https://www.gob.mx/siap/documentos/siacon-ng-161430; idem, Servicio de Información Agroalimentaria y Pesquera (SIAP), http://infosiap.siap.gob.mx/gobmx/datosAbiertos_a.php.
      [37] “Se triplica cosecha de agave, berries y aguacate en Jalisco,” El Informador, 23 December 2021, https://www.informador.mx/Se-triplica-cosecha-de-agave-berries-y-aguacate-en-Jalisco-l202112230001..
      [38] María Ramírez Blanco, “Agave, berries y aguacate encarece precio de la tierra en Jalisco, roba terreno al maíz y al ganado,” UDG TV, 31 January 2023, https://udgtv.com/noticias/agave-berries-aguacate-encarece-precio-tierra-jalisco-roba-maiz.
      [39] Agustín del Castillo, Territorio Reportaje, part 8, “Negocio, ecocidio y crimen,” Canal 44tv, Universidad de Guadalajara, October 2022, https://youtu.be/WfH3M22rrK8

      .
      [40] Agustín del Castillo, Territorio Reportaje, part 7, “La huella criminal en el fruto más valioso del mundo: la palta, el avocado, el aguacate,” Canal 44tv, Universidad de Guadalajara, September 2022, https://www.youtube.com/watch?v=GSz8xihdsTI
      .
      [41] Gobierno de México, Secretaría de Agricultura y Desarrollo Rural, “Productores de pequeña escala, los principales exportadores de aguacate a Estados Unidos: Agricultura,” 29 January 2020, https://www.gob.mx/agricultura/prensa/productores-de-pequena-escala-los-principales-exportadores-de-aguacate-a-estados.
      [42] Our results and arguments coincide with those found in Alexander Curry, “Violencia y capitalismo aguacatero en Michoacán,” in Jayson Maurice Porter and Alexander Aviña, eds, Land, Markets and Power in Rural Mexico, Noria Research. Curry is skeptical of analyses in which violence can be understood in terms of its results, such as the coercive control of a market square or highway. “Such analyses forget that violence is part of a social process, with its own temporal framework,” he writes. It is therefore necessary to frame the process within a broader field of relations of inequality of all kinds, in which the paradox is that legal and illegal actors intermingle at the local, national, and international levels, but in spheres that rarely intersect. The avocado industry cannot be explained by the cartels but by the tangled web of international capitalism.
      [43] See https://www.netafim.com.mx/cultivos/aguacate and https://es.rivulis.com/crop/aguacates.
      [44] Jennifer Kite-Powell, “Using Drip Irrigation To Make New Sustainable Growing Regions For Avocados”, Forbes, 29 March 2022: https://www.forbes.com/sites/jenniferhicks/2022/03/29/using-drip-irrigation-to-make-new-sustainable-growing-regions-for-avocados .
      [45] See Pat Mooney, La Insostenible Agricultura 4.0: Digitalización y Poder Corporativo en la Cadena Alimentaria, ETC Group, 2019, https://www.etcgroup.org/sites/www.etcgroup.org/files/files/la_insostenible_agricultura_4.0_web26oct.pdf. See also Colectivo por la Autonomía and GRAIN, eds, Invernaderos: controvertido modelo de agroexportación.
      [46] Colectivo por la Autonomía, Evangelina Robles, José Godoy, and Eduardo Villalpando, “Nocividad del metabolismo agroindustrial en el Occidente de México,” in Eduardo Enrique Aguilar, ed., Agroecología y Organización Social: Estudios Críticos sobre Prácticas y Saberes (Monterrey: Universidad de Monterrey, Editorial Ítaca, 2022), https://www.researchgate.net/publication/365173284_Agroecologia_y_organizacion_social_Estudios_criticos_sobre_p.
      [47] Metapolítica, “La guerra por el aguacate: deforestación y contaminación imparables,” BiodiversidadLA, 24 June 2019, https://www.biodiversidadla.org/Noticias/La-guerra-por-el-Aguacate-deforestacion-y-contaminacion-imparables.
      [48] Chloe Sutcliffe and Tim Hess, “The global avocado crisis and resilience in the UK’s fresh fruit and vegetable supply system,” Global Food Security, 19 June 2017, https://www.foodsecurity.ac.uk/blog/global-avocado-crisis-resilience-uks-fresh-fruit-vegetable-supply-sy.
      [49] Nathanael Johnson, “Are avocados toast? California farmers bet on what we’ll be eating in 2050,” The Guardian, 30 May 2016, https://www.theguardian.com/environment/2018/may/30/avocado-california-climate-change-affecting-crops-2050.
      [50] GRAIN, “The well is running dry on irrigated agriculture,” 20 February 2023, https://grain.org/en/article/6958-the-well-is-running-dry-on-irrigated-agriculture.
      [51] Danwatch, “Paltas y agua robada,” 2017, http://old.danwatch.dk/wp-content/uploads/2017/05/Paltas-y-agua-robada.pdf.
      [52] Fresh Fruit Portal, “Steve Barnard, founder and CEO of Mission Produce: We now import more to Chile than we export,” 23 August 2021, https://www.freshfruitportal.com/news/2021/08/23/steve-barnard-founder-and-ceo-of-mission-produce-we-now-import-mor.
      [53] Sacrifice zones are “places with high levels of environmental contamination and degradation, where profits have been given priority over people, causing human rights abuses or violations”: Elizabeth Bravo, “Zonas de sacrificio y violación de derechos,” Naturaleza con Derechos, Boletín 26, 1 September 2021, https://www.naturalezaconderechos.org/2021/09/01/boletin-26-zonas-de-sacrificio-y-violacion-de-derechos.
      [54] See Catalina Wallace, “La obra de ingeniería que cambió el desierto peruano,” Visión, March 2022, https://www.visionfruticola.com/2022/03/la-obra-de-ingenieria-que-cambio-el-desierto-peruano; “Proyecto de irrigación Olmos,” Landmatrix, 2012, https://landmatrix.org/media/uploads/embajadadelperucloficinacomercialimagesstoriesproyectoirrigacionolmos201. The costly project was part of the Odebrecht corruption case fought in the context of the “Lava Jato” operation: Jacqueline Fowks, “El ‘caso Odebrecht’ acorrala a cuatro expresidentes peruanos,” El País, 17 April 2019, https://elpais.com/internacional/2019/04/16/america/1555435510_660612.html.
      [55] Liga contra el Silencio, “Los aguacates de AngloGold dividen a Cajamarca,” 30 October 2020, https://www.biodiversidadla.org/Documentos/Los-aguacates-de-AngloGold-dividen-a-Cajamarca.
      [56] “Colombia: Los aguacates de AngloGold dividen a Cajamarca,” La Cola de Rata,16 October 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29921-colombia-los-aguacates-de-anglogold-dividen-a-cajamarca.
      [57] See Las luchas de Cherán desde la memoria de los jóvenes (Cherán Ireteri Juramukua, Cherán K’eri, 2021); Daniela Tico Straffon and Edgars Martínez Navarrete, Las raíces del despojo, U-Tópicas, https://www.u-topicas.com/libro/las-raices-del-despojo_15988; Mark Stevenson, “Mexican town protects forest from avocado growers and drug cartels,” Los Angeles Times, https://www.latimes.com/world-nation/story/2022-01-31/mexican-town-protects-forest-from-avocado-growers-cartels; Monica Pellicia, “Indigenous agroforestry dying of thirst amid a sea of avocados in Mexico,” https://news.mongabay.com/2022/06/indigenous-agroforestry-dying-of-thirst-amid-a-sea-of-avocados-in-mex
      [58] The Grapes of Wrath, op. cit.
      [59] USDA, “Imports play dominant role as U.S. demand for avocados climbs,” 2 May 2022, https://www.ers.usda.gov/data-products/chart-gallery/gallery/chart-detail/?chartId=103810.

      https://grain.org/e/6985#_edn36

      #rapport #Grain #land_grabbing #accaparement_des_terres

  • In Europa nascono reti di avvocati per difendere i migranti

    Qualche anno fa, al termine di un’intervista sul Patto sulla migrazione e l’asilo presentato dalla Commissione europea l’avvocata italiana #Anna_Brambilla aveva lanciato una proposta: “Fondiamo il #Gtmaaf: #gruppo_transnazionale_di_mutuo_aiuto_per_avvocati_frustrati”.

    A metà tra la battuta e l’appello alla resistenza, l’idea di Brambilla, socia dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), nasceva da una constatazione: in un contesto europeo sempre più ostile alle persone migranti, di fronte allo smantellamento sempre più rapido del diritto d’asilo e degli stranieri, difendere i diritti dei migranti era diventata una missione quasi impossibile, un mestiere screditato da governi che agitavano lo spauracchio degli “avvocati attivisti”.

    Dal 2020 la situazione è peggiorata, accrescendo il senso d’impotenza tra giuriste e giuristi impegnati al fianco di richiedenti asilo e altre persone che tentano di regolarizzare la propria presenza sul territorio dell’Unione europea. Da sinistra a destra, i governi europei si sforzano di restringere i diritti delle persone non europee modificando le leggi o ignorandole, e calpestando di conseguenza i loro diritti fondamentali.

    Unire le forze
    Nessuna pratica è più emblematica di quella dei pushback (o respingimenti). Benché il diritto internazionale vieti di rimandare i richiedenti asilo verso territori nei quali la loro vita o la loro libertà potrebbero essere minacciate, questo tipo di operazione è ormai comune in molti stati membri, alle frontiere tanto esterne (Bulgaria, Croazia, Spagna, Grecia, Ungheria, l’elenco è lungo) quanto interne dell’Ue (come accade alla frontiera franco-italiana).

    La Lituania si è recentemente distinta approvando un provvedimento che legalizza questa pratica, ma la maggior parte dei paesi che eseguono dei respingimenti lo fa violando deliberatamente la legge.

    A Lesbo, isola greca a una decina di chilometri dalle coste della Turchia, i respingimenti avvengono “quasi ogni giorno, in certi casi anche più volte al giorno, cosa che le autorità negano sistematicamente”, denuncia Ozan Mirkan Balpetek, responsabile della comunicazione e dell’advocacy presso il Legal centre Lesvos (Centro legale di Lesbo, Lcl), un’organizzazione senza scopo di lucro registrata in Grecia, che fornisce assistenza legale gratuita alle persone migranti.

    Le associazioni puntano anche sul contenzioso strategico, con l’obiettivo di ottenere un cambiamento più ampio sul piano giuridico e sociale

    In Polonia, l’avvocata Aleksandra Pulchny, socia dell’Association for legal intervention di Varsavia, descrive una situazione simile: “Dall’agosto 2021, le persone che arrivano dalla Bielorussia vengono trasferite dalle guardie di frontiera polacche nella foresta di Białowieża. I respingimenti continuano perché, nonostante la costruzione del muro, le persone riescono ancora a entrare in territorio polacco. E anche se abbiamo ottenuto delle condanne emesse da alcuni tribunali, le guardie di frontiera continuano con i respingimenti”.

    Per rafforzare l’assistenza legale e umanitaria alle persone che arrivano alla frontiera, l’associazione ha creato, con altri partner, la rete Grupa Granica. “Facciamo anche parte del Migration consortium”, spiega Pulchny, “una rete di ong polacche con le quali prendiamo posizioni comuni e incontriamo le autorità”. Al livello europeo, l’associazione ha aderito al progetto Prab, che riunisce diverse organizzazioni impegnate contro i pushback. “Unire le forze con altri è essenziale”, assicura Pulchny.

    Balpetek è d’accordo, ma sottolinea quanto sia importante costruire alleanze che vadano oltre le frontiere dell’Ue, com’è successo in occasione del settimo anniversario dell’accordo di cooperazione tra l’Ue e la Turchia, denunciato dall’Lcl con 73 partner. “Il fatto che le persone muoiano in acque internazionali o in una no man’s land (terra di nessuno) deve naturalmente portare gli avvocati che lavorano nell’Ue a collaborare con i loro colleghi nei paesi vicini”.

    Balpetek cita la collaborazione nata intorno al caso di Barış Büyüksu, un cittadino turco morto il 22 ottobre 2022, poco dopo essere stato trovato su un canotto gonfiabile al largo della città turca di Bodrum. Secondo alcune testimonianze, l’uomo era arrivato sull’isola greca di Kos, dove sarebbe stato detenuto e torturato dalle autorità greche prima di essere respinto insieme ad altre 14 persone. Il rapporto dell’autopsia, da poco rilasciato in Turchia, conferma le accuse di tortura.

    “Più i respingimenti diventano una realtà e più sentiamo il bisogno di collaborare con i nostri colleghi in Turchia”, spiega Balpetek, “perché la Grecia continentale è a 500 chilometri da qui, mentre ora, mentre parlo, vedo la Turchia dalla mia finestra L’Europa non finisce in Grecia o in Bulgaria”.

    Il rovescio della medaglia
    Le tre associazioni puntano anche sul contenzioso strategico, portando casi emblematici davanti a tribunali nazionali o internazionali con l’obiettivo di ottenere un cambiamento più ampio sul piano giuridico e sociale. “Può essere utile, ma c’è il rovescio della medaglia”, osserva Brambilla, “perché anche quando vinci, il potere si riorganizza per vanificare questo risultato. Non bisogna lasciarsi scoraggiare ma occorre forse riconsiderare il contenzioso anche prevedendo quale potrebbe essere la possibile risposta delle autorità statali”.

    Pulchny dà un esempio. In seguito ad alcune decisioni della Corte europea dei diritti umani, che condannava la Polonia per la detenzione amministrativa di minorenni, “alcuni tribunali polacchi avevano cambiato posizione”. Poi, di recente, il centro di detenzione per famiglie di Kętrzyn, nel nord del paese, è stato trasformato in una struttura riservata agli uomini. “Secondo noi, potrebbe essere accaduto perché il tribunale responsabile di esaminare i casi di quel centro era diventato troppo ‘a favore dei bambini’”, spiega l’avvocata. “Oggi le famiglie con bambini sono detenute in un’altra città, dove il tribunale è meno attento a questo tema, e dobbiamo ricominciare tutto da capo”.

    “Lo stato non ama sottomettersi alla legge”, osserva l’avvocata belga Selma Benkhelifa, socia del Progress lawyers network. Benkhelifa è il tipo di avvocata che non esita a recitare una poesia di Bertolt Brecht (“Le nostre sconfitte, vedete/non provano nulla, se non/che siamo troppo pochi/a lottare contro l’infamia”) quando un giudice decide di rinviare la sua cliente, una giovane afgana scolarizzata in Belgio, nel suo paese di origine. “Quando ho cominciato a esercitare la professione, nel 2001, giudici e avvocati si trovavano spesso d’accordo sui princìpi di base: l’esistenza dei diritti umani, il fatto che una persona bianca e una nera sono uguali. Però ci dicevano: ‘Il suo cliente mente’, e noi dovevamo dimostrare che non mentiva. Da qualche anno, anche quando dimostriamo che la persona potrebbe morire se fosse rispedita nel suo paese di origine, il giudice risponde: ‘Pazienza’”.

    Arrendersi all’incredulità
    Benkhelifa e i suoi colleghi hanno preso l’abitudine di non presentarsi più soli “quando rischiamo di ritrovarci con un tribunale molto ostile: per sostenerci a vicenda, ma anche perché a volte ti capita di sentire certe cose… e ti chiedi se stai sognando”.

    Di recente, in Belgio, anche i giudici hanno dovuto arrendersi all’incredulità. Nonostante le oltre ottomila condanne da parte del tribunale del lavoro e le molteplici ingiunzioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, le autorità belghe continuano a violare la legge lasciando per strada migliaia di richiedenti asilo, che hanno tutti diritto a un alloggio. Secondo Benkhelifa, questo rifiuto di rispettare le decisioni della giustizia segna un punto di svolta: “Spesso dico che gli stranieri sono un banco di prova delle politiche liberticide. L’erosione dei diritti fondamentali comincia da loro perché non interessa a nessuno. È un precedente molto pericoloso”.

    Nonostante la gravità delle sfide, da Varsavia a Bruxelles, da Lesbo a Milano la volontà di battersi rimane intatta, anche grazie alla solidarietà che cresce tra, e intorno a, chi difende i diritti delle persone in movimento. “Certo, proviamo frustrazione”, riconosce Balpetek, “ma quello che ci permette di andare avanti è l’enorme solidarietà internazionale”, come quella ispirata dal caso dei “Moria 6”, i sei giovani afgani condannati, sulla base di elementi discutibili, a pesanti pene detentive per l’incendio del campo di Moria a Lesbo nel 2020 (il processo di appello, che doveva cominciare il 6 marzo 2023, è stato rinviato di un anno). “Questa solidarietà è importante per noi, ma anche per le persone detenute”. In tutta l’Ue e oltre, i rapporti tra coloro che resistono – giuristi, ong, attivisti – si stanno quindi consolidando su scala transnazionale.

    Qualcosa sta cambiando anche tra gli stessi giuristi. “Credo che di fronte alla situazione attuale, alcuni colleghi si radicalizzino”, osserva Benkhelifa, “e riconoscano che bisogna aprire le frontiere se vogliamo smettere di far morire le persone”. Anna Brambilla parla della necessità di cambiare rotta e prospettiva, di non pensare esclusivamente in termini di asilo ma di tornare alla riflessione originaria sui diritti, sulla libertà di movimento e sulle migrazioni.

    “Il cambiamento deve essere anche culturale e personale”, afferma. Così, dal 2022, l’Asgi propone ai suoi soci degli incontri con specialisti della migrazione in ambiti diversi dal diritto, per stimolare questo cambio di prospettiva ed evitare l’isolamento e il frazionamento disciplinare. “Non possiamo inoltre non osservare come, anche tra gli ‘addetti ai lavori’, il sapere sia ancora essenzialmente bianco e occidentale”, aggiunge Brambilla. “Come sostiene Rachele Borghi, docente di geografia all’Université Paris-Sorbonne, occorre ‘decolonizzare il sapere’”, e questo anche nel campo del diritto.

    “Certo che sono arrabbiata, ma non ho perso la speranza, perché credo che la questione dei diritti umani e della democrazia sia un’eterna lotta”, conclude Benkhelifa. “La situazione potrebbe peggiorare ancora per qualche anno, e poi migliorare. Uno dei motivi per cui ho deciso di diventare avvocata era l’ammirazione che provavo per la giurista franco-tunisina Gisèle Halimi. Durante la guerra di Algeria, difese attivisti e attiviste del Fronte di liberazione nazionale che avevano ricevuto una condanna a morte. Halimi e i suoi colleghi ebbero il coraggio di portare avanti questa battaglia perché credevano nell’Algeria libera. Io credo nell’uguaglianza di tutti gli esseri umani e nell’apertura delle frontiere e questo mi dà la forza per continuare questa lotta, anche se per ora può sembrare utopistica”.

    https://www.internazionale.it/notizie/francesca-spinelli/2023/05/23/migranti-difesa-reti-avvocate-europa

    #avocats #droit #réseau #réseaux_européens #réseaux #défense

  • La très grande discrétion des arrêtés interdisant les rassemblements spontanés contre la réforme des retraites
    https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2023/03/29/la-tres-grande-discretion-des-arretes-interdisant-les-rassemblements-spontan

    Pour les manifestants, il est difficile voire impossible de savoir qu’ils risquent une contravention lors d’un rassemblement non déclaré – que la loi autorise par défaut.

    [...] Quant à l’arrêté interdisant les rassemblements non déclarés pour samedi soir, il n’a même pas été mis en ligne. Le document a été simplement affiché devant la préfecture de police de Paris, comme a pu le constater l’avocat David van der Vlist, membre du Syndicat des avocats de France (SAF, classé à gauche). Pour prendre connaissance de l’interdiction, les manifestants auraient donc dû se rendre préalablement rue de Lutèce, dans le 4e arrondissement.

    [...]
    Lundi 27 mars, à 18 h 41, le SAF, le Syndicat de la magistrature (SM), la Ligue des droits de l’homme (LDH) et l’union syndicale Solidaires ont déposé ensemble un référé-liberté auprès du tribunal administratif de Paris visant l’arrêté pris pour la nuit de lundi à mardi, non affiché en préfecture et publié en ligne au recueil des actes administratifs à 17 h 30, soit trente minutes après le début de l’interdiction. Mardi en fin de journée, le tribunal administratif a rejeté leur requête, jugeant avoir été saisi trop tard pour convoquer une audience. Le tribunal constate par ailleurs qu’au moment où il rend son ordonnance, l’arrêté n’est déjà plus valable et qu’il « n’y a pas lieu d’y statuer ».
    « La stratégie de la Préfecture de police aura produit ses effets », a aussitôt réagi le SAF, demandant une nouvelle fois aux autorités de publier les arrêtés « dans un délai permettant un contrôle juridictionnel effectif ».

    [...]
    « On n’a jamais vu ça, même pendant le mouvement des “gilets jaunes” les arrêtés étaient publiés la veille, ce n’était pas fait en cachette, et les périmètres d’interdiction n’étaient pas aussi larges », se souvient-il. Avec la LDH, le SAF a annoncé qu’il aiderait l’ensemble des manifestants verbalisés à contester leurs amendes devant le tribunal de police. « Il y aura alors un vrai débat sur l’heure de publication et sur les modalités de publicité de ces arrêtés qui ne sont pas adéquates », estime l’avocat.

    #référé_liberté #droit #avocats #juristes #manifestations #police #Droit_de_manifester #contraventions #libertés_publiques

  • Avocat et anarchiste
    http://anarlivres.free.fr/pages/nouveau.html#gandini

    L’émission « Dissonances », animé par Dani Joulié et Josef Ulla, sur Radio Saint-Affrique (Aveyron) a reçu récemment Jean-Jacques Gandini pour partager son « parcours de vie ». Se livrant assez rarement aux médias, il est d’autant plus intéressant de mieux connaître cet avocat qui, tout au long de sa carrière, a choisi le camp des dominés contre celui des dominants. (...)

    http://www.dissonances.ovh/jean-jacques-gandini-avocat-et-anarchiste
    #anarchisme #avocat #extrêmedroite

  • Salade #Argentine de cœurs de palmier
    https://www.cuisine-libre.org/salade-argentine-de-coeurs-de-palmier

    Dans le bol de service, mélanger les jus, le sel, le poivre et l’huile. Ajouter les oignons verts et la coriandre. Ajouter les cœurs de palmier, les tomates et l’avocat. Mélanger délicatement pour enrober. #Avocat, #Salades, #Cœur_de palmier, Argentine, #Tomate_cerise / #Végétarien, #Sans viande, #Sans œuf, #Sans lactose, Végétalien (vegan), #Sans gluten

    #Végétalien_vegan_

  • 5 questions à Roland Riachi. Comprendre la #dépendance_alimentaire du #monde_arabe

    Économiste et géographe, Roland Riachi s’est spécialisé dans l’économie politique, et plus particulièrement dans le domaine de l’écologie politique. Dans cet entretien, il décrypte pour nous la crise alimentaire qui touche le monde arabe en la posant comme une crise éminemment politique. Il nous invite à regarder au-delà de l’aspect agricole pour cerner les choix politiques et économiques qui sont à son origine.

    https://www.carep-paris.org/5-questions-a/5-questions-a-roland-riachi
    #agriculture #alimentation #colonialisme #céréales #autosuffisance_alimentaire #nationalisation #néolibéralisme #Egypte #Soudan #Liban #Syrie #exportation #Maghreb #crise #post-colonialisme #souveraineté_nationale #panarabisme #militarisme #paysannerie #subventions #cash_crop #devises #capitalisme #blé #valeur_ajoutée #avocats #mangues #mondialisation #globalisation #néolibéralisme_autoritaire #révolution_verte #ouverture_du_marché #programmes_d'ajustement_structurels #intensification #machinisation #exode_rural #monopole #intrants #industrie_agro-alimentaire #biotechnologie #phosphates #extractivisme #agriculture_intensive #paysans #propriété_foncière #foncier #terres #morcellement_foncier #pauvreté #marginalisation #monoculture #goût #goûts #blé_tendre #pain #couscous #aide_humanitaire #blé_dur #durum #libre-échange #nourriture #diète_néolibérale #diète_méditerranéenne #bléification #importation #santé_publique #diabète #obésité #surpoids #accaparement_des_terres #eau #MENA #FMI #banque_mondiale #projets_hydrauliques #crise_alimentaire #foreign_direct_investment #emploi #Russie #Ukraine #sécurité_alimentaire #souveraineté_alimentaire

    #ressources_pédagogiques

    ping @odilon

  • Vinaigrette à l’avocat
    https://www.cuisine-libre.org/vinaigrette-a-l-avocat

    Que faire d’un #Avocat trop mur ? Diluer le sel dans le jus de citron, ajouter la moutarde et mélanger. Couper l’avocat, le dénoyauter et prélever la chair à l’aide d’une cuillère. Ajouter la chair de l’avocat et l’écraser. Ajouter l’huile et fouetter pour émulsionner. Goûter et ajuster l’assaisonnement à votre goût. Avocat, #Vinaigrettes, #Citron_à presser / #Végétarien, #Sans œuf, #Sans gluten, Végétalien (vegan), #Sans lactose, #Sans viande, Crudité

    #Végétalien_vegan_ #Crudité

  • Le film « Léa Tsemel, avocate » remporte l’Emmy Award du meilleur documentaire

    Mercredi 29 septembre, le film israélien « Léa Tsemel, avocate » (« Advocate » en anglais) a remporté l’Emmy Award du meilleur #documentaire lors de la 42ème cérémonie des Emmy Awards consacrée à l’actualité et aux documentaires. 

    Au travers de ce film, les réalisateurs Rachel Leah Jones et Philippe Ballaiche ont voulu rendre hommage à la détermination et à l’engagement de Léa Tsemel, #avocate israélienne spécialisée dans les #droits_humains, engagée auprès des #prisonniers_politiques palestiniens, qu’elle défend devant les juridictions israéliennes. 

    Depuis plus de cinquante ans, Léa Tsemel, 72 ans, se bat pour les droits et la liberté des #Palestiniennes et #Palestiniens – un dévouement et un militantisme qui lui valent d’être considérée comme une ennemie de l’intérieur en #Israël.

    #palestine

    https://agencemediapalestine.fr/blog/2021/10/05/le-film-lea-tsemel-avocate-remporte-lemmy-award-du-meilleur-doc

  • Affaire de Viry-Châtillon : comment la police a fabriqué de faux coupables
    16 mai 2021 Par Pascale Pascariello, Antton Rouget et Antoine Schirer | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/france/160521/affaire-de-viry-chatillon-comment-la-police-fabrique-de-faux-coupables?ong

    De nouveaux documents consultés par Mediapart, dont plusieurs vidéos d’audition que nous diffusons, montrent que des policiers chargés de l’enquête sur l’agression de leurs collègues à Viry-Châtillon ont déformé, en rédigeant leurs procès-verbaux, les propos de leur témoin principal, jusqu’à lui faire dire l’opposé de ce qu’il avait déclaré.

    https://www.youtube.com/watch?v=qpkxkupSQVs


    #Violences_policières #mensonges_policiers

  • Le Pétrole contre le Droit. Quand Chevron s’acharne sur un avocat | Elisabeth Schneiter
    http://www.terrestres.org/2020/11/02/petrole-vs-droit-lorsque-chevron-sacharne-sur-un-avocat

    Classée deuxième au rang des entreprises les plus émettrices de gaz à effet de serre, la compagnie pétrolière Chevron s’est fait condamner au début des années 2000 par un courageux avocat pour les ravages qu’elle a provoqué en Equateur. La réplique du géant a été impitoyable : une guérilla juridique hors-norme et un procès-baillon. C’est cette histoire édifiante, sur le point de se dénouer, qui est ici racontée. Source : Terrestres

  • Lea Tsemel, avocate (ADVOCATE), un film de Rachel Leah Jones et Philippe Bellaïche (CANADA/ISRAËL/SUISSE | 2019 | DOCUMENTAIRE | 108 MINUTES)
    https://seenthis.net/messages/758607

    Enfin en France, en replay ici :
    https://www.france.tv/documentaires/societe/1492893-lea-tsemel-avocate.html

    Lea Tsemel défend les Palestinien.nes : des féministes aux fondamentalistes, des manifestant.es non violent.es aux militant.es armé.es . En tant qu’avocate juive israélienne qui représente des prisonnier.es politiques depuis cinq décennies, Tsemel, dans sa quête inlassable de justice, repousse sans cesse les limites de la pratique de la défense des droits humains. Pour la plupart des Israélien.nes, elle défend l’indéfendable. En ce qui concerne les Palestinien.nes, elle est plus qu’une avocate, elle est une alliée.

    #Palestine #Lea_Tsemel #Avocate #Justice #Injustice #documentaire

  • Un fichier de police détourné pour repérer les récidivistes qui violent le confinement
    https://www.lemonde.fr/police-justice/article/2020/04/15/un-fichier-de-police-detourne-pour-reperer-les-recidivistes-qui-violent-le-c

    Un avocat rennais a obtenu la relaxe d’un jeune homme après s’être rendu compte que les forces de l’ordre consultaient illégalement le dossier des contraventions. Le ministère de l’intérieur prépare dans l’urgence un arrêté pour corriger la faille. C’est un peu la panique dans les services juridiques du gouvernement depuis le jeudi 9 avril. Ce jour-là, un jeune avocat, commis d’office auprès d’un récidiviste du non-respect du confinement jugé en comparution immédiate, obtient du tribunal judiciaire de (...)

    #bug #surveillance #santé #police #COVID-19

    ##santé

  • Romans-sur-Isère | Attaque de Romans-sur-Isère : les avocats s’écharpent sur la défense de l’assaillant présumé
    https://www.ledauphine.com/edition-de-valence-au-diois/2020/04/10/les-avocats-s-echarpent-sur-la-defense-de-l-assaillant-presume

    Au lendemain de l’attaque, les droits de la défense de l’assaillant présumé ont suscité de vifs échanges sur un groupe privé Facebook qui rassemble des avocats du barreau de la Drôme. Ce groupe fermé nommé “Avocats Valence” compte 137 membres.

    Dimanche 5 avril, un premier commentaire injurieux d’un avocat est posté : “À tous les connards (sic) qui veulent défendre les sous merde (re-sic) du type de celui qui a tué deux personnes à Romans”. Il est suivi d’un émoji doigt d’honneur. Après une salve de réactions, le bâtonnier de la Drôme, Me Thierry Chauvin, a poursuivi la discussion : “Il peut crever où il veut, rien à… et, moi aussi, je pèse mes mots.” Ce post a attisé les indignations.
    « Un bâtonnier n’a pas le droit de dire ça »

    « Ça fait mal de lire ça. Ces idées trahissent le serment des avocats et les droits de la défense. On espère que le bâtonnier reviendra à la raison rapidement », insiste, écœuré, un avocat drômois.

    Me Ivan Flaud, ancien bâtonnier de la Drôme, se dit aussi « indigné par de tels propos ». « J’ai honte. Un bâtonnier n’a pas le droit de dire ça », ajoute-t-il.

    Me Alain Fort a aussi tenu à réagir : « Notre premier mouvement de compassion est évidemment dirigé vers les victimes. Il ne faut pas se tromper de combat. Des actes de cette nature nous font horreur, mais nous sommes en démocratie et le droit à la défense est un droit fondamental. Notre rôle n’est pas d’avoir de la sympathie pour ces actes intolérables. Il en va ensuite de la responsabilité des juges de sanctionner de tels actes à la hauteur de la douleur qu’ils ont provoquée. »

    « Mon commentaire a été publié sous le coup de la révolte face à l’acte terroriste »

    Contacté par Le Dauphiné Libéré , Me Thierry Chauvin a tenu à préciser : « Ce sont des conversations privées entre avocats. Je n’approuve pas les propos de mon confrère. Mon commentaire a été publié sous le coup de l’émotion, de la colère, de la révolte face à l’acte terroriste. Mes premières pensées ont été pour les victimes. C’est très certainement excessif… »

    #facebook = conversation privée, nouvelle jurisprudence ?
    #justice
    #racisme