• Lawyer fired from anti-war NGO for Gaza tweet – Middle East Monitor
    https://www.middleeastmonitor.com/20240424-lawyer-fired-from-anti-war-ngo-for-gaza-tweet

    #chasse_aux_sorcières

    Lawyer Ousman Noor was fired from a high profile NGO job for tweeting about Gaza. The Stop Killer Robots campaign, supported by Human Rights Watch and Amnesty, is an anti-war NGO that advocates against the use of robotic and autonomous weapons. It would seem like exactly the sort of organisation that would be opposed to Israel using Palestinians as guinea pigs to test these weapons on but, as Noor discovered, criticism of Israel is off-limits in some anti-war NGOs.

    Noor believes his sacking speaks to a wider issue of NGOs like this that operate in the United Nations and rely on relationships with Western diplomats and officials who are, according to him, ‘ideologically pro-Israel’. Noor hasn’t stayed silent, however, and is taking Stop Killer Robots to court in Switzerland for unfair dismissal in order to make sure other pro-Palestine workers in the NGO community and beyond have the confidence to speak out.

  • Exclusif : C’est désormais une certitude, le chômage tue - POLITIS
    https://www.politis.fr/articles/2024/04/assurance-chomage-etude-inserm-cest-desormais-une-certitude-le-chomage-tue

    Surtout, plusieurs études internationales établissent le lien entre la qualité de la protection sociale et la plus faible surmortalité liée au chômage. Autrement dit, plus ­l’assurance-chômage est protectrice, plus elle permet d’atténuer la violence du chômage et donc de réduire l’augmentation des facteurs de risque cardiovasculaire. Une étude comparée entre les États-Unis et l’Allemagne est très claire sur ce point. Alors que l’Allemagne présente une surmortalité liée au chômage bien moindre qu’outre-­Atlantique, les chercheurs concluent : « [Ce résultat] confirme l’hypothèse selon laquelle l’environnement institutionnel, y compris des niveaux plus élevés de chômage et de protection de l’emploi, tempère la relation chômage-mortalité. »

    Diminuer la protection sociale va augmenter la surmortalité.
    P. Meneton

    En France, du fait d’acquis sociaux importants et d’un modèle social plus protecteur, la surmortalité liée au chômage est bien inférieure à celle observée aux États-Unis, par exemple. Dans le pays du libéralisme, celle-ci s’élève à 140 %, selon la même étude ! « On peut donc aisément faire l’hypothèse que diminuer cette protection sociale va augmenter la surmortalité », commente Pierre Meneton, qui rappelle que les résultats trouvés sont « a minima ».

    • Eh non, ce qui tue c’est le manque de moyens dignes pour subvenir à ses besoins. L’argent n’est qu’une (sale) manière dans l’organisation de la production actuelle. Mais avoir un logement décent, de la nourriture suffisante et de qualité, la santé, et participer à la vie en commun (à produire ces subsistances et à la vie politique), ce n’est pas le manque d’argent le problème.

    • Ah tiens, encore les vieux gauchos qui n’ont pas besoin de recevoir de leçon sur internet (leur science est infuse et leur connaissance indépassable) et qui ont mis un WP à la place de SPIP
      hé ben oui, je m’y habitue pas, pourtant qu’est-ce que j’en vois passer, et puis surtout avec tout plein d’arguments sans savoir du tout de quoi iels parlent, pire que des gamins, extraordinaire. C’est un peu comme les cibles commerciales privilégiée d’apple : celleux qui ne connaissent rien à la techeunique et rechignent jusqu’à ce qu’un jour ils lâchent le pactole pour un téléphonesniffer dernier cri et qu’ils se lancent de façon acharnée sur les réseaux qui puent, ravis de ne plus dormir la nuit, plongés sur leur truc même durant les repas.
      Comment ça j’ai mangé des cactus ?

  • « Droit de correction » : que sait-on sur ce motif qui a permis à un policier accusé de violences contre sa femme et ses enfants d’être relaxé ? - ladepeche.fr
    https://www.ladepeche.fr/2024/04/23/droit-de-correction-que-sait-on-sur-ce-motif-qui-a-permis-a-un-policier-ac

    « Cette décision m’a laissé sans voix », a déclaré Me Jérôme Tiberi, avocat des enfants. La cour d’appel relaxe parce qu’elle considère ces violences comme légitimes. Mais c’est se baser sur un fait justificatif qui n’existe pas en droit positif !". Et pour cause, voilà près de cinq ans que ce présumé « droit de correction » est interdit en France. « Le droit de correction a existé, il y a longtemps, d’un parent sur un enfant, d’un mari sur sa femme, il s’appliquait même aux enseignants sur leurs élèves, mais il a été plusieurs fois contredit par la Cour européenne des droits de l’Homme », évoque Me Mikaël Benillouche, auprès de nos confrères du Parisien.

  • Il cotone “sporco e insostenibile” di #Zara ed #H&M e la distruzione del #Cerrado

    La Ong inglese #Earthsight ha condotto un’inchiesta per un anno lungo la filiera di questa fibra tessile: i due marchi della fast fashion avrebbero immesso sul mercato 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nella savana tropicale che copre un terzo del Brasile. “Il sistema di filiera ‘etica’ su cui si basano questi colossi è fondamentalmente difettoso”

    Se negli ultimi anni avete acquistato vestiti di cotone, asciugamani o lenzuola di H&M o Zara “probabilmente sono macchiati del saccheggio del Cerrado”, un’area ricchissima di biodiversità che copre quasi un quarto della superficie del Brasile. Sam Lawson, direttore della Ong britannica Earthsight, non usa mezzi termini per commentare l’esito dell’inchiesta “Fashion crimes. The European retail giants linked to dirty Brazilian cotton”, pubblicata l’11 aprile, che analizza la lunga e insostenibile filiera di questa fibra dalla produzione (in Brasile) alla lavorazione (in Paesi come Indonesia e Bangladesh), fino alla commercializzazione in Europa (Italia compresa) dove, secondo le stime di Earthsight, i due brand avrebbero messo in commercio prodotti realizzati con 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nel Cerrado.

    Ma andiamo con ordine. L’inchiesta di Earthsigh prende le mosse proprio dal grande Paese latinoamericano che, negli ultimi dieci anni, ha guadagnato crescente importanza nel mercato globale del cotone, di cui oggi è il secondo esportatore mondiale “e si prevede che entro il 2030 supererà gli Stati Uniti”. Il cuore di questa produzione si concentra in uno degli ecosistemi più fragili e preziosi del mondo: il Cerrado, una grande savana tropicale che ospita una delle più importanti aree di biodiversità al mondo, dove vivono oltre seimila specie di alberi così come centinaia di rettili, mammiferi, anfibi e uccelli.

    La sopravvivenza di questo inestimabile patrimonio è minacciata dalla deforestazione illegale che nel 2023 ha raggiunto livelli record, con un aumento del 43% rispetto al 2022. “Circa la metà della vegetazione nativa del Cerrado è già andata perduta, soprattutto per far posto all’espansione dell’agrobusiness”, evidenzia il report. Milioni di litri d’acqua vengono prelevati regolarmente dai fiumi e dalle falde per irrigare i campi di cotone, la cui coltivazione richiede l’utilizzo di 600 milioni di litri di pesticidi ogni anno.

    L’inchiesta di Earthsight analizza in particolare il ruolo di due dei principali produttori di cotone brasiliani: il gruppo Horita e SLC Agrícola che controllano enormi aziende e centinaia di migliaia di ettari di terreno. “Nel 2014 l’agenzia ambientale dello Stato di Bahia ha rilevato 25mila ettari deforestati illegalmente nelle aziende agricole di Horita a Estrondo -si legge nel report-. Nel 2020 la stessa agenzia ha dichiarato di non essere riuscita a trovare i permessi per altri 11.700 ettari deforestati dall’azienda tra il 2010 e il 2018”. Tra il 2010 e il 2019 l’azienda è stata multata complessivamente più di venti volte, per un totale di 4,5 milioni di dollari, per violazioni ambientali.

    Altrettanto gravi, le denunce rivolte a SLC Agrícola: tre aziende, tutte coltivate a cotone, hanno cancellato per sempre 40mila ettari di Cerrado nativo negli ultimi 12 anni. E, sebbene l’azienda abbia adottato una politica “zero deforestazione” nel 2021, è accusata di aver distrutto altri 1.356 ettari di vegetazione nel 2022. Accuse che hanno spinto il fondo pensionistico pubblico della Norvegia a ritirare i propri investimenti nella società brasiliana.

    Al termine di un lavoro d’inchiesta di un anno -durante il quale hanno analizzato migliaia di registri di spedizione, relazioni aziendali, elenchi di fornitori e siti web– i ricercatori di Earthsight hanno ricostruito la filiera che porta il cotone coltivato illegalmente nel Cerrado nei negozi di Zara ed H&M e poi negli armadi di milioni di persone. I ricercatori hanno identificato otto produttori di abbigliamento asiatici che utilizzano il cotone Horita e SLC e che allo stesso tempo forniscono alle due società di fast fashion milioni di capi di cotone finiti. Tra questi figura l’indonesiana PT Kahatex “il più grande acquirente di cotone contaminato Horita e SLC che abbiamo trovato”. H&M è il secondo cliente dell’azienda indonesiana, da cui ha acquistato milioni di paia di calzini, pantaloncini e pantaloni che sono poi stati messi in vendita nei negozi del gruppo negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, in Svezia, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Francia, in Polonia, in Irlanda, in Italia.

    Il cotone sporco del Cerrado è finito anche negli stabilimenti di Jamuna Group, uno dei maggiori conglomerati industriali del Bangladesh: “Nei negozi Zara in Europa, fino ad agosto 2023, sono stati venduti per 235 milioni di euro jeans e altri capi in denim confezionati da Jamuna, circa 21.500 paia al giorno -si legge nel report-. Inditex importa i capi prodotti da Jamuna in Spagna e nei Paesi Bassi, da dove li distribuisce ai suoi negozi Zara, Bershka e Pull&Bear in tutta Europa”. Complessivamente, secondo le stime che i ricercatori hanno elaborato consultando i registri delle spedizioni il Gruppo Horita e SLC Agrícola hanno esportato direttamente almeno 816mila tonnellate di cotone da Bahia verso i mercati esteri tra il 2014 e il 2023. Una quantità di materia prima sufficiente a produrre dieci milioni di capi d’abbigliamento e prodotti per la casa tra lenzuola, tovaglie e tende.

    Ma come è stato possibile, si sono chiesti i ricercatori, che le catene di approvvigionamento dei due marchi di moda siano state “contaminate” da cotone brasiliano legato a deforestazione e land grabbing? “Parte della risposta sta nel fatto che le loro politiche etiche sono piene di falle. Ma soprattutto, il sistema di filiera etica su cui si basano è fondamentalmente difettoso”.

    Il riferimento è al fatto che, nel tentativo di presentarsi come sostenibili e responsabili, i due brand si sono affidati a un sistema di certificazione denominato Better Cotton (BC). “Il cotone che abbiamo collegato agli abusi ambientali a Bahia ne riportava il marchio di qualità. Questo non dovrebbe sorprendere dal momento che Better Cotton è stata ripetutamente accusata di greenwashing e criticata per non aver garantito la piena tracciabilità delle catene di approvvigionamento”, scrivono i ricercatori di Earthsight nel rapporto. Evidenziando come, sebbene dal primo marzo 2024 le regole di BC siano state aggiornate, rimangano comunque una serie di criticità e di punti deboli. A partire dal fatto che il cotone proveniente da terreni disboscati illegalmente prima del 2020 venga ancora certificato.

    “È ormai molto chiaro che i crimini legati ai beni che consumiamo devono essere affrontati attraverso la regolamentazione, non attraverso le scelte dei consumatori -conclude Sam Lawson, direttore di Earthsignt-. Ciò significa che i legislatori dei Paesi consumatori dovrebbero mettere in atto leggi forti con un’applicazione rigorosa. Nel frattempo, gli acquirenti dovrebbero pensarci due volte prima di acquistare il prossimo capo di abbigliamento in cotone”.

    https://altreconomia.it/il-cotone-sporco-e-insostenibile-di-zara-ed-hm-e-la-distruzione-del-cer
    #industrie_textile #coton #mode #déforestation #Brésil #rapport #chiffres #statistiques #SLC_Agrícola #Horita #SLC #fast-fashion #land_grabbing #accaparement_de_terres #Better_Cotton #greenwashing #green-washing

    • Fashion Crimes: The European Retail Giants Linked to Dirty Brazilian Cotton


      Key Findings:

      - The world’s largest fashion brands, H&M and Zara, use cotton linked to land grabbing, illegal deforestation, violence, human rights violations and corruption in Brazil.
      - The cotton is grown by two of Brazil’s largest agribusinesses – SLC Agrícola and the Horita Group – in western Bahia state, a part of the precious Cerrado biome, which has been heavily deforested in recent decades to make way for industrial-scale agriculture.
      - Unlike in the Amazon, deforestation in the Cerrado is getting worse. The biome is home to five per cent of the world’s species. Many face extinction due to habitat loss if current deforestation trends are not reversed.
      - For centuries, traditional communities have lived in harmony with nature. These communities have seen their lands stolen and suffered attacks by greedy agribusinesses serving global cotton markets.
      - The tainted cotton in H&M and Zara’s supply chains is certified as ethical by the world’s largest cotton certification scheme, Better Cotton, which has failed to detect the illegalities committed by SLC and Horita. Better Cotton’s deep flaws will not be addressed by a recent update to its standards.
      - Failure by the fashion sector to monitor and ensure sustainability and legality in its cotton supply chains means governments in wealthy consumer markets must regulate them. Once in place, rules must be strictly enforced.

      https://www.earthsight.org.uk/fashion-crimes

  • Nordkoreanischer Server-Fehler legt illegale Zeichentrick-Arbeit​ offen
    https://www.heise.de/news/Nordkorea-Trickfilmstudio-umgeht-Sanktionen-9694339.html

    Cer article nous informe sur le rôle de l’internet pour le dumping salarial pratiqué par les plateformes de distribution et studios de production comme Netflix afin de réduire le coût de leurs films et séries d’animation. L’article mentionne aussi la BBC ou on a cessé de ne produire qu’en Grande Bretagne. On emploie des sous-traitants dans des pays où les dessinateurs ne sont pas syndiqués. Évidemment on trouve les salaires les moins élevés en Corée du Nord, où toute la population travaille sous les conditions horribles qu’impose la famille au pouvoir.

    L’histoire n’est pas présentée sous cet angle. La notion de dumping salarial par Internet n’est pas mentionnée. On s’intéresse à la question comment les Coréens du Nord contournent les sanctions imposées par l’Occident et on identifie le coupable, suprise, la Chine.

    C’est normal, on évite de critiquer les plateformes capitalistes anti-sociales qui sont à la base de ces abus, mais on obtient le soutien de réseaux puissants quand on s’en prend à l’ennemi numéro un des cercles du pouvoir de son propre pays.

    23.4.2024 von Daniel AJ Sokolov - Nordkorea verdient weiterhin Devisen mit Zeichentrickfilmen. Die Mittelsmänner sitzen in China. Auftraggeber müssen besser aufpassen.​

    Nordkoreas Regime verschafft sich weiterhin Einnahmen durch den Export von Zeichentrickfilmen und umgeht damit internationale Wirtschaftssanktionen. Aufgedeckt hat dies Nick Roy, ein eifriger Beobachter der überschaubaren Online-Präsenzen Nordkoreas. Er hat 2023 einen Server unter einer nordkoreanischen IP-Adresse gefunden, der falsch konfiguriert war, sodass umfangreiches Datenmaterial frei einsehbar war.

    Das berichtet das Stimson Center. Gefunden hat Nick Roy demnach neben Logs vor allem Dateien, die die täglichen Arbeitsfortschritte eines nordkoreanischen Animationsstudios einerseits, und Arbeitsanweisungen andererseits, zeigen. Hinzu kamen Dateien, deren Zweck sich nicht zweifelsfrei erschließt, beispielsweise ein chinesischer Film über Basketball oder russische Anweisungen zur Haltung von Pferden. Die Anweisungen für das Trickfilmstudio waren auf Chinesisch abgefasst und mit nordkoreanischen Übersetzungen versehen.

    Einige der Projekte, an denen in Nordkorea gearbeitet wird, konnte Roy gemeinsam mit von ihm beigezogenen Mitarbeitern des Stimson Center identifizieren: Staffel 3 der Amazon.com-Serie Invincible, eine neue Superhelden-Zeichentrickserie für HBO Max, sowie eine neue japanische Serie. Außerdem lagen da neben einer nicht identifizierten chinesischen Produktion auch die BBC-Zeichentrickserie Octonauts, an denen aber offenbar in Nordkorea nicht (mehr) gearbeitet wurde.
    Verschleierter Export

    Hinweise darauf, dass die Geldgeber in den USA und Japan wussten, dass ihre Aufträge in Nordkorea erledigt werden, sind nicht bekannt. Mandiant, eine auf IT-Sicherheit spezialisierte Google-Tochter, hat die Serverlogs analysiert. Dabei hat Mandiant festgestellt, dass Zugriffe auf den Server aus Nordkorea, über virtuelle private Netzwerke (VPN), sowie direkt über IP-Adressen aus Spanien und China erfolgt sind. Gemeinsam mit den chinesischen Anweisungen deutet dies darauf hin, dass chinesische (Sub-)Unternehmen Aufträge annehmen und an die billigeren Arbeiter in Nordkorea auslagern.

    Die Erbdiktatur ist schon seit Jahrzehnten im Zeichentrickgeschäft. Einen interessanten Einblick in die Abläufe vor Ort im Jahr 2001 verschafft das Comicbuch „Pjöngjang“ des kanadischen Zeichners Guy Delisle. Er war damals im Auftrag des französischen TV-Senders TF1 zwei Monate in der nordkoreanischen Hauptstadt, um die Arbeiten vor Ort auf Schiene zu bringen. Aufgrund nordkoreanischer Atomwaffentests im Jahr 2006 haben die Vereinten Nationen ab diesem Jahr schrittweise immer strengere Wirtschaftssanktionen verhängt, sodass die 2001 noch legale Kooperation inzwischen international verboten ist.

    Das Regime versucht natürlich laufend, die Sanktionen zu umgehen. Zu den Methoden gehören unter anderem Onlineverbrechen, Waffen- und Drogenhandel, Scheinfirmen, Machenschaften von Diplomaten, Handel unter falschen Angaben, die Verschiffung von Arbeitskräften in abgeriegelte Fabriken in verschiedenen befreundeten Ländern, Bauarbeiten in befreundeten Staaten, und der verschleierte Export von Dienstleistungen. Dazu gehören neben Zeichentrickfilmen beispielsweise IT-Aufträge aller Art. Dabei übernehmen Nordkoreaner unter falschen, nicht-koreanischen Identitäten Aufträge oder lassen sich sogar für Heimarbeit anstellen.
    Westliche Firmen müssen besser aufpassen

    Das FBI und die Regierung Südkoreas drängen westliche Firmen schon seit Jahren darauf, vorsichtiger zu sein, die Identität ihrer Auftrags- oder Arbeitnehmer genauer zu prüfen und auch Subunternehmern auf die Finger zu schauen. Im Oktober ist eine neue Liste mit Empfehlungen erschienen. Wer Opfer nordkoreanischer Irreführung wird, solle das dem FBI, dessen südkoreanischem Partner NIS und der südkoreanischen Polizei melden.

    Im Herbst hat das US-Justizministerium über die Beschlagnahme von 1,5 Millionen US-Dollar sowie 17 Internetdomains berichtet, über die Nordkorea unter falschen Angaben IT-Dienstleistungen vertrieben hat. Erwischt wurde auch ein Amerikaner, der vier Laptops an seinen privaten Internetanschluss gehängt hatte. Dafür erhielt er 400 US-Dollar monatlich. Die Laptops dienten demnach nordkoreanischen IT-Arbeitern als Relay, damit es für Dritte so aussah, als würden sie einen privaten Internetzugang in den USA nutzen. Außerdem stellte der Amerikaner ein unter seinem Namen bei einer Onlineplattform eingerichtetes Konto zu Verfügung und schickte die damit generierten Einnahmen abzüglich einer Kommission nach China – monatlich tausende Dollar.

    #Netflix #HBO #BBC #TF1 #Paypal #dumping_salarial #FBI
    #Corée_du_Nord #Chine #film_d_animation

  • Ken Klippenstein sur X :
    https://twitter.com/kenklippenstein/status/1782573217967673753

    Q: Palestinian civil defense crews have uncovered a mass grave with 180 people, including men, women and children. Are you aware of this?

    STATE DEPARTMENT: We are inquiring about it with the Government of Israel.

    https://video.twimg.com/ext_tw_video/1782572728026910720/pu/vid/avc1/1280x720/3PyyTK2qwug94iAT.mp4?tag=12

    #charniers #génocide #gaza #états-unis #génocidaires

  • Marc Botenga sur X : « Le massacre des Palestiniens serait impossible sans le soutien des pays européens. Mais même maintenant qu’on découvre un #charnier après l’autre, image de tout #génocide, il n’y a toujours aucune sanction contre Israël. Même pas d’embargo militaire. Impardonnable #complicité. » / X

    https://twitter.com/BotengaM/status/1782827279598465235

    https://video.twimg.com/ext_tw_video/1782826942745481216/pu/vid/avc1/720x720/HSX6VY5Muq75Gsi4.mp4?tag=12

  • Wohin verschwand eigentlich der eiserne Maschinen-Mensch vor dem Berliner ICC?
    https://www.berliner-zeitung.de/kultur-vergnuegen/kunst/berlin-wo-steckt-eigentlich-der-eiserne-maschinenmensch-vorm-icc-li


    Mächtig gewaltig: Jean Ipoustéguys Alexander der Große, von 1980 bis 2005 vor dem Internationalen Congress Centrum (ICC)
    Mächtig gewaltig: Jean Ipoustéguys Alexander der Große, von 1980 bis 2005 vor dem Internationalen Congress Centrum (ICC)Arcaid Images/Imago

    22.4.2024 von Ingeborg Ruthe - Die monströse Skulptur war vor 46 Jahren ein Auftragswerk des West-Berliner Senats: Jean Ipoustéguys „Ekbatana“ sollte Alexander den Großen als Städtebauer darstellen.

    Aus den Augen heißt nicht immer aus dem Sinn. Leserinnen und Leser der Berliner Zeitung schaffen es bisweilen, uns Redakteure und Autoren als dilettierende Detektive in die Stadtgeschichte zu schicken. In diesem Falle mit der Frage: Wohin verschwand eigentlich der eiserne Riese, der vor dem ICC (Internationales Congress Centrum) stand, anzusehen wie ein Maschinen-Mensch aus „Krieg der Sterne“?

    Der gigantische Zwitter war auf einmal weg, mitten in der Nachwendezeit. Gelegentlich war er aufgefallen, beim Vorbeifahren Richtung Autobahn oder zum Messegelände, seit es möglich war, vom Osten der Stadt aus dieses westliche Areal grenzenlos zu erkunden. Aber ich hatte als Kunstfrau Ost, die schon auf Schnitzeljagd gehen musste, um herauszufinden, wo denn bloß all die nunmehr „unliebsamen“ Denkmäler und Skulpturen im öffentlichen Raum und all die Fassadenwerke der „Kunst am Bau“ aus DDR-Zeit hinbugsiert worden waren, von besagter Riesenskulptur namens „Ekbatana“ vor dem ICC so gar nichts gewusst.
    Diffamierung von Denkmalen

    An diesem Unwissen änderte sich auch nichts, zumal inmitten des alle Energien fordernden beginnenden Kunstbooms, einer förmlichen Galerien-Explosion, dem Zuzug Tausender Künstler aus aller Welt, der Lust auf neue, möglichst poppige Bildwerke im Stadtraum – und des aufkochenden fatalen deutsch-deutschen Bilderstreits. In dessen Gemengelagen wurde erstmal die Kunst der DDR gründlich als „unfrei“ und „sozialistisch linientreu“ diffamiert. Das rot granitene Lenin-Denkmal am heutigen Platz der Vereinten Nationen wurde vor den TV-Kameras der ganzen Welt abgerissen. Wer hätte da einen Ikonoklasmus-Akt am westlichen Stadtrand Berlins thematisiert?

    Das eiserne Monstrum verschwand 2005 von seinem Platz vor dem ICC – und ist mit Ausnahme einiger unserer treuen Leser so gut wie vergessen. Aber Europas einst größtes Kongresszentrum am Messedamm steht noch und harrt, längst ungenutzt als Architekturdenkmal, irgendeiner künftigen Bestimmung. Die 1980 davor aufgestellte monumentale Stahlplastik (20 Meter lang und 6,5 Meter hoch) eines roboterhaft gestalteten Riesen aus Tonnen von Eisen und Stahl und gesetzt auf einen allein schon 70 Tonnen schweren Betonsockel jedoch wurde im fünfzehnten Jahr der Wiedervereinigung abgebaut. Wie es sich dieser Tage mithilfe freundlicher Leute aus der Kulturszene Berlins herausfinden ließ, wurde es zerlegt und in einer ungenutzten Messehalle eingelagert. Dort ruht es in Frieden.

    Der französische Bildhauer Jean Ipoustéguy (1920-2006) hatte die monumentale Skulptur „Ekbatana“ genannt. Das ist altgriechisch und kommt vom altpersischen „Hangmatana“, das bedeutet Zusammenkunft. Beim Dichter Aischylos ist Agbatana die Hauptstadt des Mederreichs. Im Rahmen seines großen Rachefeldzuges gegen die Perser eroberte Alexander der Große (356 bis 323 v. Chr.) die Polis Ekbatana im Jahre 330 v. Chr.: Er zerstörte sie und baute sie wieder auf. Mehrmals wird sie im Alten Testament erwähnt, war später Königsresidenz im persischen Achämenidenreich. Heute befindet sich dort die iranische Großstadt Hamadan, der Name ist eine Abwandlung des altpersischen Hangmatana.
    Ein zwiespältiger antiker Held

    Für Ipoustéguy war der Makedonier, der Erschaffer des „eurasischen Reiches“, ein Erbauer von Städten. Und einer der erfolgreichsten Feldherren der Geschichte. Doch scheiterte er, wie die Historie es ungeschönt zeigt, am Ende an seinem eigenen Machtstreben. Das riesige eurasische Reich war zwar nicht von langer Dauer, doch Alexanders Heldentaten leben als Legenden weiter. Er war der Sohn von König Philipp II. von Makedonien, das im Norden an Griechenland grenzte.

    Der schier nicht enden wollende Peloponnesische Krieg hatte Athen geschwächt. Philipp ergriff die Gelegenheit und unterwarf um 339 v. Chr. Griechenland. Während des Krieges erhielt Alexander eine umfassende Ausbildung, unter anderem in Mathematik und Bogenschießen. Zu seinen Lehrern gehörte sogar der berühmte Philosoph Aristoteles. Aber die monströse Wurfmaschinerie des Eroberers diente nicht der friedlichen Völkerverständigung, vielmehr zum Zerstören von Stadtmauern.


    Trotz „Blauer Stunde“ war der eiserne Maschinen-Mensch nie romantisch anzusehen.Günter Schneider/Imago

    Der französische Bildhauer Ipoustéguy stammte aus einer armen Familie in Lothringen, rechnete sich selbst zu den „Kindern der Banlieue“. Er formte den legendären „Helden als surrealen Maschinen-Menschen“ und stellte ihm in der monumentalen Skulptur ebenso legendäre, sehr populäre „Berliner Originale“ aus dem 19. Jahrhundert zur Seite: den Berliner Bären und die Literaturgestalt des Eckensteher Nante. Die Wirkung des Ganzen war total auf Fernsicht angelegt.

    Mit „stalinorgelhaftem“ Katapult

    Der wie einem Science-Fiction- oder einem historisierenden Fantasy-Film entstiegene Riese Alexander der Große vor einem, wie der Historiker Jörg Kuhns niederschrieb, „monströsen, stalinorgelhaften Katapult“ war ein Auftragswerk des Senats von West-Berlin, damals ausgeschrieben in einem verkleinerten Wettbewerb. Mitbewerber waren das Bildhauerpaar Matschinsky-Denninghoff, Engelbert Kremser, Rolf Szymanski, Joachim Schmettau, Alfred Hrdlicka und Jean Tinguely.

    Das in der Kunstgießerei Tesconi im italienischen Pietrasanta gegossene, aufwändig aus der nördlichen Toskana über die Alpen transportierte halb kubistische, halb surreale Bildwerk des damals international sehr renommierten Ipoustéguy polarisierte von Anfang an. Futuristisch Gesinnte fanden die Bildsprache des angesagten Franzosen, der sich zu dieser Zeit von der Abstraktion zur Figur hinwandte, ausgesprochen modern und dem Stadtraum zwischen den alten Messehallen, dem Funkturm und dem damals brandneuen Internationalen Congress Centrums modernistisch und angemessen. Es sei ein Beitrag zum Fortschritt und erhöhe die „Attraktivität der Stadt“ – was freilich vor allem mit dem Ruhm des französischen Bildhauers verbunden war.
    Berliner Denkmal-Verschiebung: Ein Überblick über die verwirrenden Standort-Wechsel

    Die konservative Öffentlichkeit indes konnte der Riesenplastik wenig abgewinnen. Und das Volk, laut Heinrich Heine, „der große Lümmel“, steckte der gewaltigen Figur immer mal wieder mit Spottlust respektlos Klopapierrollen in die riesige eiserne Pofalte. Die intellektuelle Kritik richtete sich einerseits gegen die Monumentalität und die hierarchische Aufstellung der Skulptur entlang der Mittelachse des Gebäudes und war andererseits mit dem Titel und den für die damalige Zeit problematischen inhaltlichen Dimensionen des Werks befasst.

    „Alexander vor Ekbatana wurde“, so schreibt dazu der Berliner Kunsthistoriker und Skulpturenkenner Marc Wellmann, „im Berlin der späten 70er-Jahre als Eroberer und feudale Herrscherfigur gelesen.“ Gegen die Heroisierung der historischen Figur der Weltgeschichte wandten Kritiker – und wenden Gegner einer Wiederaufstellung – auch heute ein, dass Alexander der Große schließlich an seinem eigenen Machtgebaren gescheitert sei. Historiker machten und machen darauf aufmerksam, dass Alexander die persische Stadt zunächst gewaltsam unterworfen hatte und plündern ließ, bevor er dort das neue Ekbatana als Hauptstadt am Schnittpunkt seines westlichen und östlichen Reichs erbaute.

    Ekbatana statt Einheitswippe?

    Auch schon 1980, zum Festakt des Senats vor dem ICC (Regierender Bürgermeister war Dietrich Stobbe, SPD), wurde der antike Eroberer von vielen Architekten, Künstlern, Gelehrten, Studenten und auch einem großen Teil der West-Berliner Bevölkerung eher negativ, als feudale Herrscherfigur gelesen. Ganz anders Jean Ipoustéguys Botschaft. Er wollte mit seinem Werk „generell menschlich-schöpferische Aspekte“ zum Ausdruck bringen: „Der Sieger gleicht sich dem Besiegten an, wird eins mit ihm, in der Katharsis zu einem neuen, friedvollen, sich wechselseitig befruchtenden Ganzen.“ Denn Ipoustéguy sah Berlin, gerade die Frontstadt West-Berlin, als „unvollendete Metropole“– und permanent im Werden begriffen.


    Die martialische Schleuder Alexander des Großen war eher Zeichen für Stadtzerstörung als fürs Erbauen einer Stadt. Imposant war das brutalistische Bildwerk Ekbatana dennoch – und gehörte zudem zur jüngeren Berliner Kunstgeschichte.Günter Schneider/Imago

    Statt den generell menschlich-schöpferischen Aspekten, die Ipoustéguy mit der Plastik ausdrücke, so seine Anhänger, habe sich der Sinn der Kritiker ganz auf eine vermeintliche Brutalität der kriegerisch gepanzerten Hauptfigur verlagert. Und trotz der nachträglich vorgenommenen Änderung des Titels in „Der Mensch baut seine Stadt“ – im Sinne von Ekbatana (Zusammenkunft), wurde die gewaltige Skulptur im fünfzehnten Jahr der Wiedervereinigung als nicht mehr zeitgemäß empfunden. Zudem gab es veritable Schadstellen; das Metall war an vielen Stellen brüchig geworden. Eine kostspielige Restaurierung war nicht angedacht.

    In der Zwischenzeit gab es allerdings so kuriose wie ironische Vorschläge. In einem Bauwelt-Artikel 2018 etwa war die Empfehlung zu lesen: „Ekbatana statt Einheitswippe!“ Die Idee wurde natürlich ignoriert. Aber die Einheitswippe steht auch noch immer nicht vorm Humboldt-Forum. Und haben will sie eigentlich, wenn man so herumfragt, auch niemand in dieser Stadt.

    #Berlin #Charlottenburg #Neue_Kantstraße #Messedamm #Kunst #Architektur #ICC

  • RTS : L’inquiétude de la population qui vit sur le tracé du futur collisionneur du CERN

    À Genève et en France voisine, le projet gigantesque du nouvel accélérateur de particules du CERN, prévu pour 2045, fait débat. Actuellement à l’étude, son impact environnemental suscite déjà des craintes auprès de la population.

    La petite commune française de Charvonnex, située à 35 kilomètres au sud de Genève, est un lieu encore préservé : une route et, tout autour, des forêts et des champs.


    Ce tableau champêtre n’existera bientôt plus. La commune se situe en effet sur le tracé du futur collisionneur circulaire du CERN (FCC). C’est à cet endroit précis que prendra place l’un des huit sites de surface du FCC, d’une superficie de cinq hectares. Le tunnel, lui, sera creusé à 200 mètres de profondeur et mesurera 91 kilomètres.

    Une aberration écologique
    « C’est un territoire qui est déjà saturé par les travaux, la bétonnisation. On sent que les habitants en ont déjà marre, j’ai peur que le projet du CERN par dessus provoque une rébellion », peste Benjamin Joyeux, originaire de la commune de Fillinges, en Haute-Savoie.

    Alors qu’on demande aux habitants de faire un effort pour baisser leurs émissions de gaz à effet de serre, le projet du CERN vient ajouter des tonnes et des tonnes d’émissions de CO2
    Benjamin Joyeux, conseiller régional Auvergne-Rhône-Alpes 

    Le conseiller régional Auvergne-Rhône-Alpes craint les répercussions locales du projet, mais pas seulement. Membre du parti Les Écologistes, il estime que la consommation d’énergie et les émissions de CO2 qui découlent du futur FCC sont une aberration : « Alors qu’on demande aux habitants de faire un effort pour baisser leurs émissions de gaz à effet de serre, le projet du CERN vient ajouter des tonnes et des tonnes d’émissions de CO2. »

    Un projet à plusieurs tonnes de CO2
    La suite : https://www.rts.ch/info/regions/geneve/2024/article/l-inquietude-de-la-population-qui-vit-sur-le-trace-du-futur-collisionneur-du-cer

    #béton #cern #scientifiques #co2 #artificialisation des #sols #destruction #atomes #suisse #recherche

  • Le cumul des énergies
    https://laviedesidees.fr/Fressoz-Sans-transition

    L’historien J.B. Fressoz fournit la première enquête généalogique de la notion de #transition énergétique. Face aux discours qui remettent la « transition » toujours à plus tard, l’historien relève le défi politique inédit d’une sortie définitive des énergies fossiles.

    #Histoire #énergie #Sciences #changement_climatique
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20240422_fressoz.pdf

  • Les dépenses militaires mondiales augmentent dans un contexte de guerre, d’escalade des tensions et d’insécurité
    https://www.obsarm.info/spip.php?article649

    (Stockholm, 22 avril 2024) – Le total des dépenses militaires mondiales s’élève à 2 443 milliards de dollars en 2023, soit une augmentation de 6,8 % en termes réels par rapport à 2022. Il s’agit de la plus forte augmentation d’une année sur l’autre depuis 2009. Les 10 plus grands dépensiers en 2023 – avec en tête les États-Unis, la Chine et la Russie – ont tous augmenté leurs dépenses militaires, selon les nouvelles données sur les dépenses militaires mondiales publiées aujourd’hui par le (...) #Armements

    / Dépenses militaires / Budgets, #Guerres, #Industrie_d'armement

    #Dépenses_militaires_/_Budgets
    https://www.obsarm.info/IMG/pdf/milex_press_release_fre-5.pdf

  • Comité de soutien Assange – La bataille se poursuit !
    https://comiteassange.fr

    Julian Assange est un journaliste australien, il a fondé l’entreprise de presse #WikiLeaks en 2006, qui permet à des lanceurs d’alerte de transmettre des documents d’intérêt public de façon anonyme. Le site s’est fait mondialement connaître en 2010 en publiant des documents classifiés obtenus grâce à la lanceuse d’alerte #Chelsea_Manning, ex-analyste du renseignement militaire US. Ceux-ci révélaient notamment des crimes de guerre commis en Irak et en Afghanistan par l’armée états-unienne.

    Pour avoir accompli ce travail journalistique, pour avoir informé, Julian Assange est persécuté par Washington et certains de ses alliés. Privé de liberté sous une forme ou sous une autre depuis 14 ans, il est enfermé dans la prison de haute sécurité de Belmarsh à Londres depuis avril 2019. Les États-Unis réclament son extradition pour le traduire en justice. Il risque jusqu’à 175 ans de prison. La Haute Cour britannique examine en ce moment la recevabilité de son ultime appel au Royaume-Uni. Ses proches et des observateurs alertent depuis longtemps sur la dégradation de son état de santé physique et psychologique.

    Le Comité de soutien Assange a pour vocation d’informer et de mobiliser en France sur le cas de #Julian_Assange. Il ne s’agit pas seulement d’alerter sur le sort d’un prisonnier politique en Occident, de sauver un homme victime d’une immense injustice. Les enjeux de cette affaire sont immenses. Il en va bien sûr du droit d’informer (et donc d’être informé) puisqu’à travers la persécution du fondateur de WikiLeaks, c’est le journalisme d’investigation que l’on cherche à criminaliser. Plus largement, il s’agit d’une attaque contre la #liberté_de_la_presse, la liberté d’expression, mais aussi contre les idéaux démocratiques.

  • Expulsions en hausse à Chypre : plus de 3 300 migrants renvoyés depuis janvier - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/56479/expulsions-en-hausse-a-chypre--plus-de-3-300-migrants-renvoyes-depuis-

    Expulsions en hausse à Chypre : plus de 3 300 migrants renvoyés depuis janvier
    Par Julia Dumont Publié le : 18/04/2024
    Les autorités chypriotes ont annoncé avoir expulsé plus de 3 300 étrangers du pays au cours des quatre premiers mois de 2024. Une augmentation qui illustre la volonté du gouvernement « débordé » par les arrivées de concentrer ses moyens sur les renvois dans les pays d’origine, plutôt que sur l’accueil.
    C’est un nombre qui reflète la volonté du gouvernement chypriote de réduire le nombre de demandeurs d’asile dans le pays. Au cours des quatre premiers mois de 2024, 3 337 migrants ont été expulsés de Chypre. Un nombre supérieur à la même période en 2023, où 2 348 expulsions avaient été enregistrées.Ces renvois, qui incluent des expulsions forcées, des retours volontaires et des relocalisations, concernent généralement les Maghrébins, les Africains subsahariens, les Bangladais et les Égyptiens. Pour rappel, les renvois contraints ne concernent pas les Syriens ou les Afghans, nombreux à Chypre, mais inexpulsables en raison de la situation politique de ces États.
    Une politique d’éloignement assumée à l’heure où Chypre fait face à une hausse considérable d’arrivées de Syriens sur son sol. Plus de 1 000 personnes ont débarqué sur des bateaux en provenance du Liban depuis le début du mois d’avril, dans un contexte d’aggravation des tensions au Moyen-Orient. Face à l’explosion des arrivées, Nicosie a annoncé suspendre le traitement des demandeurs d’asile syriens.
    Pour lutter contre les arrivées illégales sur son sol, Chypre mise, depuis plusieurs mois, sur son partenariat avec Frontex, l’agence européenne de surveillance des frontières. Le pays propose aussi une incitation financière aux migrants pour pousser les exilés à accepter un retour « volontaire » vers leur pays. Un bureau entier dédié à ces départs consentis : The Civil Registry and Migration Department (CRMD). C’est cette structure qui fournit à chaque exilé un billet d’avion retour, et la somme promise pour les faire partir. Le montant varie selon le pays d’origine : les Égyptiens, Marocains, Tunisiens, Algériens, Bangladais et Indiens touchent 1 000 euros. Les personnes en partance pour la Gambie, le Nigéria, le Sénégal, la RDC et le Cameroun, 1 500."Ici, les agents de la police de l’immigration nous proposent de nous donner 1 500 euros [...] pour qu’on parte", expliquait Steve à InfoMigrants, en juin dernier. Ce Camerounais de 23 ans est détenu dans le centre de détention Mennogia, au sud de l’île, en vue de son expulsion. « Moi, je viens de Douala, au Cameroun, mais je ne peux pas rentrer dans mon pays. J’ai un problème familial », détaillait le demandeur d’asile.
    En trois ans, le pays a multiplié les outils favorisant les renvois forcés. Depuis novembre 2020, un arrêté d’expulsion est automatiquement prononcé lors d’un rejet de la demande d’asile, même si le recours en justice est encore possible. Et ce, alors même que le taux de rejet à Chypre est considérable : en 2022, il s’élevait à 93 % pour 22 182 demandes, d’après une étude du Cyprus Refugee Council.
    Sur l’ensemble de l’année 2023, ce sont 12 750 migrants au total qui ont été rapatriés dans leur pays d’origine, principalement au Nigeria, en RDC et au Cameroun, selon les chiffres du ministère de l’Intérieur chypriote. Ils étaient 7 500 en 2022 et un peu plus de 2 000 en 2021. Ces chiffres placent l’île méditerranéenne au premier rang des pays de l’UE en terme d’expulsions, proportionnellement au nombre de demandeurs d’asile sur son territoire, a annoncé le ministère de l’Intérieur en octobre dernier. Pour de nombreux candidats à l’exil, Chypre constitue une des portes d’entrée de l’Union européenne. D’après le Haut-commissariat aux réfugiés des Nations unies (HCR), fin septembre 2023, 26 995 demandeurs d’asile étaient en attente d’une réponse auprès du service de l’Asile, dont un tiers ayant déposé leur dossier cette même année. Fin 2022, un peu plus de 29 000 demandes étaient en attente, et quelque 13 000 en 2021.Les autorités se disent « débordées » et incapable de gérer autant de dossiers. L’accueil pèche : attente interminable d’un rendez-vous d’asile, absence d’hébergements dédiés, allocations versées au compte-goutte… Le quotidien de la majorité des exilés s’apparente parfois à un cauchemar.
    Chypre s’est aussi doté en 2021 d’un centre de rétention pour demandeurs d’asile déboutés à Limnes, dans le sud de l’île. En août dernier, le gouvernement a annoncé d’importants travaux d’agrandissement afin d’accélérer encore le retour des exilés dans leur pays d’origine. D’ici 24 mois, la structure, cofinancée par l’UE et la République de Chypre, comptera 1 000 places. Pour le ministre de l’Intérieur Constantinos Ioannou, « l’absence » jusqu’ici sur le territoire « d’un tel lieu constitue un obstacle à la réalisation de retours systématiques ».

    #Covid-19#migrant#migration#chypre#asile#retour#expulsion#rapatriement#HCR#FRONTEX#UE#sante#centrederetention

  • Et si on laissait réellement à des IA les rênes d’un site ?
    https://threadreaderapp.com/thread/1649163855375769613?refresh=1713511502


    #merdification

    Il y a quelques semaines, j’ai voulu tenter une expérience.
    Et si on laissait réellement à des IA les rênes d’un site ? J’ai donc créé un network de sites gérés à 100% par des IA (#chatGPT notamment), totalement autonomes… Le network Generation !
    Thread explicatif ⤵️⤵️ Image
    2 sites, l’un qui est un site de news technologiques, et l’autre est un site de recettes de cuisines. Les 2 fonctionnent aujourd’hui sans aucune intervention humaine, et crées du contenus « original », en choisissant leurs sujets. Image
    Le 2nd d’abord, cuisine-generation.fr/un site de cuisine, qui crées de nouvelles recettes originales chaque jour, ainsi que les photos (qui n’existent donc pas non plus) – déjà 380 recettes, inventées ! Image
    Cuisine Generation - La cuisine générée, pour vous !
    Une touche fruitée Les plats en sauce
    https://www.cuisine-generation.fr/un
    Géré par 4 chefs (qui n’existent pas donc) eux-mêmes inventés par des IA.
    Allez vous trouver l’anagramme derrière les noms ? ImageImageImageImage
    Des recettes de saison, toujours originales et personnalisées par les "chefs génératifs" ImageImageImageImage
    De belles recettes, qui donnent envie !
    Je n’ai pas encore fait de recettes du site mais si jamais vous êtes tentés, n’hésitez pas à faire un retour et une comparaison avec l’image créée par l’IA ! ImageImageImageImage
    Chaque « chef » met sa touche de personnalité, anecdotes, avec humour ! ImageImageImageImage
    Le 2nd site, tech-generation.fr Tech Generation est un site de news tech, avec déjà plus de 750 articles. Le constat est que la majorité des news tech sont à 80% des reprises de sites américains, et reformulés… (je ne critique pas du tout c’est même essentiel) Image
    Tech Generation - La technologie générée autrement
    https://www.tech-generation.fr
    On retrouve ici aussi 2 « journalistes génératifs » avec chacun leur style ImageImage
    Les sources sont toujours indiquées, les articles sont des résumées et des reformulations avec « la patte » de chaque journaliste (humoristique, enquête…) ImageImageImageImage
    Premier test de turing réussi, le site est « validé » pour fonctionner dans google news (après ça vaut ce que ça vaut comme vérification...) Image
    Non seulement les traductions sont bonnes, et contextualisés, mais ce ne sont pas juste des traductions mais bien une réécriture dans un cadre précis (ordre, taille du texte, style…) Exemple avec cet article, avec un texte bien travaillé tech-generation.fr/2023/04/11/eto… ImageImage
    Étoile explosive : Cas A, la nébuleuse qui en met plein la vue ! - Tech Generation
    « Espace, la dernière frontière… » Comme le dit si bien la citation célèbre de Star Trek, l’espace est un territoire infini, recelant de mystères et de découvertes en tous genres. Aujourd’hui, nous al…
    https://www.tech-generation.fr/2023/04/11/etoile-explosive-cas-a-la-nebuleuse-qui-en-met-plein-la-vue
    L’IA (#ChatGPT) est connectée à différents flux RSS, et décide seules des sujets à garder en regardant ce qui est déjà publiée, pour éviter les doublons, et sous contraintes. Ensuite chaque article à réécrire est donnée à un des journalistes, avec son style.
    Bien entendu avec peu de publicités, les visites sont encore faibles et le référencement aussi (même s augmente assez rapidement vu le contenu généré), mais il faut imaginer qu’avec un budget marketing très limité on peut bumper ce type de sites facilement. Et être bien référencé ImageImage
    A noter, à aucun moment le fait que ces sites soient « générés » n’est pas vraiment caché, les mentions légales (écrites par GPT aussi) explicitent bien le directeur de publication notamment ^^ ImageImage
    Alors à quoi s’attendre ? De nombreux journaux commencent déjà à utiliser la partie image, en faisant attention
    L’IA bouscule et inquiète le monde de l’image
    Des médias et des entreprises commencent à utiliser des clichés produits avec les logiciels d’intelligence artificielle Midjourney ou Dall-E 2. Des photographes et des illustrateurs estiment leurs dro…
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2023/04/11/l-ia-bouscule-et-inquiete-le-monde-de-l-image_6169004_3234.html
    Cela fait des années que des journaux utilisent déjà des IA pour rédiger, (quelques articles sur CNET qui s’est fait attraper)
    engadget.com/cnet-gets-caug…

    futurism.com/leaked-message…

    CNET has used an AI to write financial explainers nearly 75 times since November
    Turns out CNET has been using AI to write financial explainers and only mumblecoughed that it was doing so.
    https://www.engadget.com/cnet-gets-caught-playing-ai-mad-libs-with-its-financial-news-coverage-0010
    Leaked Messages Show How CNET’s Parent Company Really Sees AI-Generated Content
    Leaked messages from CNET’s parent company, Red Ventures, show deep concern about a potential consequence of AI-generated content.
    https://futurism.com/leaked-messages-cnet-red-ventures-ai
    Inside CNET’s AI-powered SEO money machine
    CNET employees are wondering : what’s AI and what’s not ?
    https://www.theverge.com/2023/1/19/23562966/cnet-ai-written-stories-red-ventures-seo-marketing
    Certaines entreprises vont même plus loin et pense pouvoir se passer de certains métiers
    Mon avis est différent, c’est plutôt un complément pour accélérer les travail
    Cette entreprise veut remplacer ses graphistes et rédacteurs externes par l’IA générative
    L’entreprise chinoise BlueFocus, spécialisée dans le marketing, veut remplacer certains collaborateurs externes par l’IA générative.
    https://siecledigital.fr/2023/04/14/bluefocus-ia-generative
    On peut conclure par une citation de mon IA sur le site tech generation, qui ne semble pas savoir que ce qu’elle est en train de faire est exactement ce qu’elle prédit.
    On ne peut pas faire sans les IA à l’avenir, à nous de les intégrer dans nos processus. Image

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  • Immigrants Contribute Billions to Federal and State Taxes Each Year

    Without fail, each Tax Day a prevalent myth resurfaces that conceals the truth about immigrants’ contributions to federal, state, and local taxes. Bolstered by social media and other outlets, it misleadingly asserts that immigrants, particularly those who are undocumented, evade taxes. The facts don’t back up these claims.

    Immigrants, including undocumented immigrants, pay taxes. Our analysis of the 2022 American Community Survey (ACS) found that immigrants in the United States have a combined household income of $2.1 trillion and contribute $382.9 billion to federal taxes and $196.3 billion in state and local taxes, leaving them with $1.6 trillion in spending power.

    Our findings underscore the fact that immigrants have significant economic influence, helping to support local communities not only as consumers but also as taxpayers. Like all U.S. residents, immigrants do use public services, such as education, healthcare, and public safety.

    But the economic contributions of immigrants far exceed the costs of those additional public services. A 2023 CATO study found that first-generation immigrants contributed an average of $16,207 per capita to the economy in 2018 yet cost an average of just $11,361. This resulted in a net fiscal benefit of $4,846 per immigrant in 2012 dollars.

    Undocumented immigrants in the U.S. contribute to the tax system through sales, income, and property taxes, often using Individual Tax Identification Numbers (ITINs) to file income tax returns. In 2022, undocumented immigrants had a combined household income of $290.0 billion and paid $21.5 billion in federal taxes and $13.6 billion in state and local taxes. Their combined spending power was $254.8 billion. Despite their substantial contributions, many do not qualify for the benefits their taxes support, such as social security and Medicare benefits or the Earned Income Tax Credit.

    Taxes paid by undocumented immigrants also help pay for public higher education, yet undocumented immigrants are also often unable to reap the benefits through in-state tuition options. An analysis of the Higher Education Immigration Portal developed by the Presidents’ Alliance on Higher Education and Immigration, revealed that 26 states do not provide in-state tuition to undocumented residents.

    As we move through another tax season, addressing and dispelling the widespread misconceptions about immigrants and their tax contributions is crucial. The facts are undeniable: immigrants, including those who are undocumented, not only meet their tax obligations but also significantly enhance our economy through their contributions. Their collective household income leads to considerable federal and state tax payments, making a profound economic impact. Moreover, their spending power, running into trillions, highlights their indispensable role as consumers, and effective taxpayers, in our communities.

    Yet despite their notable contributions many immigrants, especially those who are undocumented, face a challenging contradiction. They contribute to services through their taxes yet remain ineligible to access several services. This situation lays the groundwork for a deeper conversation on fairness and community support. In addressing key immigration issues, our discussions and decisions must be founded on fact. This approach ensures that every member of our society is appropriately recognized for their contributions.

    https://immigrationimpact.com/2024/04/15/immigrants-contribute-billions-federal-state-taxes

    #taxes #impôts #migrations #immigrés #immigration #coût #bénéfice #welfare_state #USA #Etats-Unis #statistiques #chiffres
    –—

    ajouté à la métaliste sur le lien entre #économie (et surtout l’#Etat_providence) et la #migration :
    https://seenthis.net/messages/971875

  • Romania, allerta deforestazione
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Romania/Romania-allerta-deforestazione-231018

    La Romania si è impegnata ad eliminare gradualmente la produzione di energia da lignite e carbon fossile: nonostante le buone intenzioni, però, lo stato continua a cedere fette di foreste pubbliche per l’apertura e l’espansione di centrali a carbone

  • Face à la hausse des arrivées irrégulières, Chypre annonce la suspension des demandes d’asile de Syriens

    Les autorités chypriotes ont annoncé dimanche la suspension du traitement des demandes d’asile des Syriens. Le président #Nikos_Christodoulides a évoqué « une mesure d’urgence » face à la forte hausse des arrivées irrégulières sur l’île, principalement depuis le Liban voisin.

    « Il s’agit d’une mesure d’urgence, d’une décision difficile à prendre pour protéger les intérêts de Chypre », a déclaré dimanche 14 avril le président chypriote Nikos Christodoulides lors de l’annonce de la suspension des demandes d’asile de Syriens dans le pays.

    Le gouvernement chypriote a pris cette décision en réaction à une forte augmentation des arrivées irrégulières ce mois-ci sur l’île. Plus de 1 000 personnes sont arrivées à Chypre sur des bateaux en provenance du Liban depuis le début du mois d’avril, dans un contexte d’aggravation des tensions au Moyen-Orient.

    Nicosie a donc demandé à ses partenaires de l’Union européenne (UE) de faire davantage pour aider le Liban et de reconsidérer le statut de la #Syrie - jusqu’à aujourd’hui déchirée par la guerre et considérée trop dangereuse pour y rapatrier les demandeurs d’asile.

    Nikos Christodoulides et la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, ont discuté de la possibilité de renforcer l’aide économique attribuée à Beyrouth, a indiqué un porte-parole du gouvernement chypriote dans un communiqué. À cette fin, il a été convenu qu’ils se rendraient ensemble au Liban après une visite préparatoire de la Commission.

    Le #Liban, en proie à une grave crise financière, accueille des centaines de milliers de réfugiés syriens. Et les arrivées ne cessent de se poursuivre, les Syriens continuant à quitter leur pays désormais en proie à une très grave crise économique.

    Chypre, l’État le plus à l’est de l’UE et le plus proche du Moyen-Orient, se trouve à environ 160 km à l’ouest des côtes libanaises ou syriennes. L’île a enregistré plus de 2 000 arrivées par voie maritime au cours des trois premiers mois de l’année, contre seulement 78 au cours de la même période en 2023.

    Une mise en application encore floue

    Dans la pratique, la suspension du traitement des demandes signifie que les demandeurs d’asile pourront déposer un dossier mais qu’il ne sera pas traité.

    Ils seront confinés dans deux camps d’accueil qui fournissent un abri, de la nourriture, et réglementent les sorties, sans autre avantage.

    Ceux qui choisissent de quitter ces installations perdront automatiquement toute forme d’aide et ne seront pas autorisés à travailler, ont indiqué des sources gouvernementales.

    Pour Corinna Drousiotou, coordinatrice de l’ONG Cyprus Refugee Council interrogée par InfoMigrants, la décision du gouvernement chypriote concernant les demandeurs d’asile syriens ne repose sur aucune base légale. Par ailleurs, « il n’est pas encore clair de savoir comment les autorités vont appliquer cette décision […] Mais, nous ne pensons pas qu’elle parvienne à réduire les arrivées de réfugiés car ils ne sont généralement pas au courant de ce type de décision et les passeurs ne les en informent pas », souligne-t-elle.

    La responsable met également en garde : la mesure risque au contraire d’aggraver la crise de l’accueil des demandeurs d’asile, les deux seuls centres d’hébergement de l’île n’ayant que des capacités d’accueil limitées. Or, de plus en plus de demandeurs d’asile syriens risquent de se retrouver bloqués dans ces centres si leurs demandes d’asile ne sont pas examinées.

    En 2022, une décision similaire avait déjà été prise pour tenter de limiter les arrivées de Syriens à Chypre. Mais, selon Corinna Drousiotou, elle n’avait eu aucun effet sur le nombre d’arrivées.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/56463/face-a-la-hausse-des-arrivees-irregulieres-chypre-annonce-la-suspensio

    #Chypre #asile #migrations #réfugiés #statistiques #chiffres #2024 #réfugiés_syriens

    • Des centaines de migrants syriens refoulés par Chypre et renvoyés au Liban

      Plusieurs bateaux de migrants syriens ont été bloqués par les #gardes-côtes et la police chypriotes, selon des sources concordantes. Certains ont été renvoyés au Liban, d’autres dérivent en mer dans le plus grand dénuement.

      Les Libanais ne veulent pas de nous et les Chypriotes nous renvoient ici, alors que faire ? » s’exclame Bassem*, frère d’un passager de l’un des bateaux partis du Liban-Nord vers Chypre depuis plusieurs jours et renvoyé à son point de départ après une traversée infernale en Méditerranée.

      Plusieurs centaines de personnes, en majorité syriennes, ayant tenté de rejoindre Chypre de manière irrégulière depuis le Liban ont été interceptées dans les eaux territoriales chypriotes en début de semaine par la police et les gardes-côtes, selon des sources concordantes. Une partie d’entre elles ont été renvoyées mercredi vers le Liban, dans un contexte de raidissement de la politique migratoire et de montée du racisme antisyrien dans les deux pays.

      Raflé au Liban, refoulé à Chypre

      Il est pour l’instant difficile de quantifier avec certitude le nombre de ces candidats malheureux à l’exil. Mais une chose est sûre, ils sont nombreux. Un média chypriote évoque cinq embarcations transportant 500 migrants, tandis que l’ONG Alarm Phone, qui soutient les personnes traversant la mer Méditerranée, assure sur son compte X (anciennement Twitter) être en contact avec les passagers de quatre bateaux et dénonce le refus du Centre commun de coordination des opérations de sauvetage chypriote (JRCC) de lancer une opération de sauvetage.

      Dérivant dans les eaux territoriales chypriotes depuis le 12 avril, « d’aucuns sont malades, ils n’ont plus de nourriture, d’eau et d’essence pour poursuivre leur voyage », écrit Alarm Phone mardi. Parmi eux, des passagers affirment que la police chypriote les a menacés avec des armes à feu en leur disant de rentrer en Syrie. « Les derniers jours ont été un cauchemar pour eux. Nous sommes accablés par le refus des autorités de leur venir en aide », témoigne Anja, membre d’Alarm Phone.

      Bassem, lui, assure que huit embarcations sont parties du Liban : cinq continueraient de dériver en mer tandis que trois auraient fait le chemin inverse vers le Liban. Parti lundi, son frère Ziad* a fait cet aller-retour cauchemardesque pour la somme de 2 650 dollars. Vivant depuis plus de dix ans au Liban où il travaille à Jounieh comme réparateur de climatiseurs, le jeune homme de 28 ans a subitement décidé de remettre son destin dans les mains des passeurs après avoir été victime d’une rafle raciste. « Après la mort de Pascal Sleiman (responsable des Forces libanaises pour la région de Jbeil), mon frère raccompagnait notre soeur à Ghazir, avec son époux et un cousin, quand ils se sont fait tabasser par les
      autoproclamés “Gardiens de Ghazir”. Ils n’ont même pas pu aller à l’hôpital car il était interdit aux Syriens de se déplacer. C’est la goutte d’eau qui l’a décidé à partir pour Chypre », relate-t-il.

      Peur de « mourir de faim »

      Mais son rêve d’exil échoue à quelques milles des côtes chypriotes. « Ils sont arrivés hier à 10h du matin dans les eaux territoriales chypriotes, mais les gardes-côtes les ont bloqués pendant deux jours. Puis ils leur ont donné de l’essence, de l’eau et de la nourriture et les ont renvoyés vers le Liban », dit-il. Mercredi, plusieurs photos et vidéos circulent sur les réseaux sociaux montrant des femmes, des hommes et des enfants débarquant d’un bateau de pêche en bois à Mina, la ville portuaire accolée à Tripoli. Sur ces images, ils expliquent avoir été refoulés par les gardes-côtes chypriotes.

      Selon Mohammad Sablouh, avocat membre de l’ONG Cedar Center for Legal Studies, l’un des trois bateaux arrivés au Liban est détenu par l’armée, avec le risque que ses passagers soient déportés en Syrie. Interrogé, le porte-parole de l’armée n’a pas apporté d’éléments sur ce sujet. Or, selon Bassem, « beaucoup sont recherchés par le régime, soit pour être enrôlés dans l’armée, soit parce qu’ils font partie de l’opposition ».

      Le sort des passagers qui ne sont pas retournés au Liban inquiète aussi Alarm Phone. Sur le réseau X, l’ONG affirme que certains lui « disent craindre de mourir de faim ». D’autres rapportent que le JRCC « leur a dit qu’ils n’atteindraient jamais Chypre et qu’ils devaient retourner en Syrie ». « Cela constitue une violation de la Convention relative au statut des réfugiés et met leur vie en danger », poursuit l’ONG, qui dénonce « un jeu cruel entre le Liban et Chypre », aux dépens du droit d’asile des personnes tentant la traversée irrégulière. « C’est du refoulement et cela est prohibé quoi qu’il arrive. Chypre, comme l’ensemble des États membres de l’UE, doit respecter le principe de non-refoulement qui est la pierre angulaire du droit d’asile », réagit Brigitte Espuche, co-coordinatrice du réseau Migreurop.

      Confrontées à un pic d’arrivées de demandeurs d’asile syriens depuis le Liban, les autorités de l’État insulaire ont exhorté début avril le Liban à ne pas « exporter » son problème migratoire. Le 15 avril, Nicosie a décidé de suspendre tout traitement des demandes d’asile de Syriens. « Nous l’avons appris tandis que mon frère était déjà avec les passeurs. Sinon, il ne serait jamais parti », soupire Bassem. Selon Brigitte Espuche, « le nombre de demandeurs d’asile ne peut justifier une réduction de l’accueil et de la protection, c’est absolument illégal ».

      Après avoir signé en 2020 un protocole d’accord secret avec le Liban visant à freiner les départs et faciliter les retours des candidats à la migration, Chypre cherche désormais à obtenir un accord officiel sur les migrants entre l’Union européenne et le Liban. L’objectif du lobbying de Nicosie ? Convaincre les Européens qu’il existe des « zones sécurisées » à l’intérieur de la Syrie où les réfugiés pourraient être transférés. Les organisations internationales soulignent toutefois de nombreux cas de disparition forcée ou d’arrestation de réfugiés lors de leur retour en Syrie.

      *Les prénoms ont été modifiés pour des raisons de sécurité.

      https://www.lorientlejour.com/article/1410738/des-centaines-de-migrants-syriens-refoules-par-chypre-et-renvoyes-au-
      #refoulements #renvois #expulsions

  • Voitures électriques : une association alerte sur la difficulté à les réparer
    https://www.francetvinfo.fr/economie/automobile/voitures-electriques-une-association-alerte-sur-la-difficulte-a-les-rep

    Dans un rapport, l’association « Halte à l’obsolescence programmée » affirme que la plupart des véhicules électriques seraient difficiles voire impossibles à réparer.

    #mobilité (plus ou moins) douce : qui a dit que l’électrification ne pourrait pas vous surprendre ?

    • L’obsolescence accélérée des voitures thermiques et électriques
      https://www.halteobsolescence.org/wp-content/uploads/2024/04/Rapport-HOP-obsolescence-dans-lautomobile-vers-des-voitures-jetab

      Il est possible de faire des voitures électriques légères et durables, comme c’était le cas avec les voitures thermiques dont on a diminué la durabilité. On choisit le lourd, gavé d’accessoire, d’électronique irréparable sans faire appel aux concessionnaires, et aussi jetable que les smartphones et la fast fashion.
      #voiture_electrique #obsolescence_programmée

    • « Vers des voitures jetables en 2044 » : l’association HOP met en garde contre la non-réparabilité des voitures électriques
      https://www.lemonde.fr/economie/article/2024/04/17/vers-des-voitures-jetables-en-2044-l-association-hop-met-en-garde-contre-la-

      Pour réduire ses émissions, le parc automobile doit s’électrifier, mais l’association Halte à l’obsolescence programmée (HOP) s’inquiète du manque de réparabilité des Tesla et des « wattures » chinoises [et des Tesla,ndc]
      Par Sophie Fay

      Laetitia Vasseur en a des sueurs froides. Après les téléphones portables et des appareils électroniques, la cofondatrice de l’association Halte à l’obsolescence programmée (HOP) publie, avec Julie Caillard et Flavie Vonderscher, un rapport intitulé « L’obsolescence accélérée et planifiée des voitures thermiques et électriques ». Pour que les enjeux soient clairs, les autrices se projettent dans vingt ans et nous décrivent les routes, les garages et les cimetières de voitures à cette date. « Si rien ne change, nous allons tout droit vers des voitures jetables en 2044 », prévient cette militante de 35 ans qui a réussi à imposer l’indice de réparabilité, devenu au 1er janvier indice de durabilité, pour les appareils électroménagers.

      Dans le monde dystopique de 2044 que trace HOP, « les véhicules électriques ont une durée de vie assez limitée, car les batteries ne sont globalement ni réparables, ni remplaçables. En 2044, malgré une relative fiabilité, quand la batterie fatigue ou dysfonctionne, il faut jeter la voiture ! De ce fait, le secteur de l’occasion n’est pas attractif. D’autant plus que les efforts des constructeurs pour baisser les prix de production payent : les voitures électriques neuves sont moins chères qu’avant ».

      Aujourd’hui, la filière automobile version motorisation thermique est « à l’avant-garde des bonnes pratiques de réemploi, de réparation, de pièces d’occasion, riche d’un écosystème économique divers et dynamique », salue HOP. D’ici vingt ans, tout cela peut avoir disparu. « En 2044, l’économie circulaire repose essentiellement sur un nouveau modèle de “fast fashion” » de l’automobile, peut-on lire dans le rapport. « On cherche prioritairement à intégrer des matières recyclées à la fabrication plutôt que de favoriser le réemploi ou la réparation. »

      Aucune norme

      Comment en arriverait-on à ce point ? La première raison, ce sont les #batteries. Constructeurs et utilisateurs ont eu une bonne surprise avec celles de la Zoe, sortie en 2012, « qui affichaient encore une valeur moyenne de 80 % de leur capacité initiale après dix ans d’utilisation », note Louis-Pierre Geffray, expert pour l’Institut mobilités en transition. Tesla annonce aussi une bonne performance : 10 % de perte sur la capacité initiale après 200 000 miles (321 800 kilomètres).

      Mais ces résultats ne sont pas inscrits dans le marbre : ils ne correspondent à aucune norme. Ils pourraient se dégrader, notamment si les automobilistes utilisent davantage la #charge_rapide. Les composants électroniques des systèmes de gestion des batteries − dits BMS (Battery Management System) − ou la connectique entraînent aussi des « pannes aléatoires », selon HOP. La chimie des batteries peut aussi faire apparaître des défauts en vieillissant. Les réparer est alors une opération complexe pour laquelle peu de techniciens sont formés.

      Se pose surtout un deuxième problème : il n’est pas toujours possible d’accéder au pack batterie ou aux cellules qui le composent. HOP a fait appel aux techniciens du garage Revolte à Nantes, spécialisés dans la réparation de véhicules électriques, pour comprendre les différents cas de figure. Pour réduire les coûts, certaines marques scellent les couvercles des batteries avec du silicone plutôt que de les visser, d’autres appliquent une résine ou une mousse entre le boîtier et les modules de batterie, ce qui les rend pratiquement irréparables.

      « C’est la loterie »

      Mobivia, l’actionnaire de Norauto, confirme que ces pratiques − que l’on retrouve dans les Tesla ou les voitures des deux marques chinoises les plus vendues en Europe, MG et BYD − conduisent_ « vers quelque chose qui ressemble de plus en plus à des batteries jetables ». Combien de temps les constructeurs européens résisteront-ils à ces pratiques moins coûteuses ? Le mode d’intégration de la batterie ferait baisser le coût de fabrication de la Seal de BYD de 10 % par rapport à la Mégane E-Tech de Renault.
      « C’est la loterie pour l’automobiliste lors de l’achat puisqu’il n’a pas de moyens de savoir facilement quel modèle dispose d’une batterie réparable ou non, alors que celle-ci coûte 30 % à 40 % de la valeur du véhicule », note HOP. Le plus étonnant pour HOP, c’est le flou juridique : la batterie n’est pas considérée comme une pièce détachée comme une autre et rien n’impose, à ce stade, qu’elle soit réparable et remplaçable et que le constructeur garantisse cette possibilité pendant sept ans comme pour un téléphone.

      Une troisième tendance, popularisée par Tesla ou les constructeurs chinois, menace aussi la réparabilité des véhicules : le gigacasting. Cette pratique industrielle consiste à produire en un seul bloc les parties avant et arrière du véhicule. L’assemblage va plus vite et coûte beaucoup moins cher (jusqu’à 40 %). Mais « au moindre choc, il faut remplacer une partie si importante de la voiture qu’il sera probablement plus rentable de la mettre à la casse », prévient HOP.

      Quatrième risque, avec ces voitures conçues comme des smartphones : l’obsolescence de certains composants électroniques, du logiciel, ou encore la « sérialisation des pièces », équipées d’un verrou électronique qui ne leur permet d’être utilisées que sur le véhicule auquel elles sont appariées. Enfin, les voitures sont de plus en plus connectées et « les constructeurs renforcent progressivement leur monopole de détention des données »_, note HOP, ce qui leur permettra de contrôler les opérations de maintenance.

      Bonnes pratiques

      HOP n’est pas la seule organisation à s’inquiéter. Ce rapport va dans le sens des mises en garde renouvelées des assureurs. « Un automobiliste, en pensant à ses enfants, à l’environnement, aux ZFE [zones à faibles émissions], peut passer à l’électrique et, s’il tombe en panne après deux ans, lorsque la garantie constructeur ne joue plus, se retrouver avec un véhicule qui subit un choc, tombe en panne et ne vaut plus rien », regrette Yann Arnaud, chargé des relations avec les sociétaires et de l’innovation à la Macif.

      Pour l’instant, les tarifs de la Macif avantagent le passage à l’électrique : « Nous construisons ainsi notre expérience et nos données », explique l’expert, en reconnaissant que cela pourrait évoluer. Laetitia Vasseur note que les primes d’assurance ont déjà augmenté pour les véhicules électriques au Royaume-Uni, créant un coût caché pour l’automobiliste.

      La dystopie décrite par HOP n’a toutefois rien d’une fatalité. Les fondateurs du garage Revolte ont lancé le réseau des « garages branchés » pour former plus de techniciens à la réparation des véhicules électriques. « Volkswagen, Stellantis et Porsche ont créé des “cliniques” de batteries en France », note le rapport, qui salue aussi le travail de Renault à Flins. « Nos enfants sont plus intéressés par l’extension de vie de nos produits que par leur remplacement. C’est une tendance sociétale, un changement qu’il faut capter », a d’ailleurs confirmé Carlos Tavares, le patron de Stellantis, en visitant l’usine de moteurs électriques de Trémery (Moselle).

      L’adoption de bonnes pratiques et de normes est d’autant plus indispensable que l’association HOP rappelle, dès le début de son rapport, qu’il n’y a guère d’autre choix que la bascule vers l’électrique pour réduire les émissions. A quelques semaines des élections européennes, elle demande donc aux candidats de prendre l’engagement d’ouvrir vite une réflexion « multipartite » sur ces sujets, et de préparer un indice de réparabilité ainsi qu’une extension de la garantie légale.

      #irréparable #écologie_capitaliste

    • Le coût est le principal inconvénient de la pile à combustible. Comme expliqué plus haut, l’usage de matériaux chers et les volumes de production encore limités ne permettent pas de diminuer les prix de façon suffisante.
      A cela s’ajoutent la problématique de la durée de vie, jugée encore insuffisante pour des applications larges.

      Sur le volet environnemental, la question de la source énergétique doit aussi être posée. Si une pile à combustible affiche un fonctionnement « zéro émission », la source d’énergie en amont doit être évidemment prise en compte. Gris, bleu, vert… selon sa couleur, l’hydrogène est plus ou moins émetteur en CO2.

      https://www.h2-mobile.fr/dossiers/pile-combustible-fonctionnement-avantages-inconvenients

    • Y a hertz (le loueur) qui se débarrasse de 20 000 voitures électriques (essentiellement des Tesla) à cause du coût de maintenance et du manque de réparabilité (les Tesla sont très peu fiables, comme son PDG), en plus d’un marché de l’occasion moribond.
      Sixt, un loueur aussi, pour les mêmes raisons, se débarrasse aussi de ses Tesla (mais pas des autres électriques, pour le moment).
      Il y a également eu l’affaire (pas mal étouffée) de pipeautage des émissions des SUV hybrides qui en fait sont quasi autant émetteurs que les thermiques purs.
      Le vent semble tourner dans la mauvaise direction pour les bagnoles électriques, surmarketées, ultra subventionnées (et dès qu’une aide disparaît les ventes dégringolent) et parfois produites n’importe comment.

      https://www.geo.fr/environnement/automobile-hertz-apprete-a-se-debarrasser-20000-tesla-voitures-electriques-pour-

      https://www.automobile-propre.com/pourquoi-le-loueur-sixt-veut-se-separer-de-ses-tesla

  • #World_Immunization_Week : What do you see ?
    https://redasadki.me/2024/04/17/world-immunization-week-what-do-you-see

    This is the preface of the new publication The many faces of immunization. Learn more… Download the collection… Every day, thousands of health workers, from Afghanistan to Zimbabwe, get up and go to work with a single goal in mind ­ to ensure that vaccines reach those who need them. To mark World Immunization Week 2023 (24­–30 April 2023) and the launch of the “Big Catch Up” campaign, #The_Geneva_Learning_Foundation (TGLF) invited members of the Movement for #Immunization_Agenda_2030 (IA2030) to share photographs of themselves and their daily work. More than 1,000 visual stories were shared. These are not the carefully composed and technically accomplished shots of the professional photographer: rather, they capture a raw and authentic view of what immunization means in practice. The transport (...)

    #Global_health #Chris_de_Bode #IA2030 #VaccinesWork #visual_storytelling

  • Perturbations à Dubaï au lendemain de pluies records - L’Orient-Le Jour
    https://www.lorientlejour.com/article/1410674/perturbations-a-dubai-au-lendemain-de-pluies-records.html

    Pour Friederike Otto, maître de conférences en sciences du climat au Grantham Institute de l’Imperial College de Londres, « les pluies meurtrières et destructrices à Oman et Dubaï » ont probablement été accentuées par le « changement climatique provoqué par l’homme ».

    254 mm de pluie, plus de deux fois le total annuel quand même
    Mais l’excès d’eau au sol est surtout dû à l’insuffisance, ou à l’absence, de réseaux pluviaux pour évacuer les trop-pleins. Les villes sont inadaptées aux conséquences aggravées du changement climatique. Voir plusieurs commentaires dans ce fil ( https://twitter.com/Pascal_Laurent_/status/1780262609477832994)
    Par ailleurs plusieurs twittos soupçonnent que ces pluies record ont été provoquées par l’ensemencement des nuages. Cette pratique est avérée à Dubai mais il n’y a pas pour l’instant de preuves que ces orages exceptionnels en seraient le résultat
    #changement_climatique
    #géoingénierie

    • Karma’s a bitch…
      https://seenthis.net/messages/1030033

      Pour le président émirati de la COP28, sortir des énergies fossiles ramènerait l’humanité “à l’âge des cavernes” (décembre 2023)
      https://www.courrierinternational.com/article/pour-le-president-emirati-de-la-cop28-mettre-fin-aux-energies

      “The Guardian” a diffusé dimanche une vidéo dans laquelle Sultan Al-Jaber estime qu’il n’existe “aucune étude scientifique” montrant qu’une élimination progressive des énergies fossiles permettrait de limiter le réchauffement à 1,5°C. Ces déclarations, qui émergent en pleine COP, ont provoqué l’indignation des scientifiques.

    • No, Dubai’s Floods Weren’t Caused By Cloud Seeding
      Heavy rain has triggered flash flooding in Dubai. But those pointing the finger at cloud seeding are misguided.
      https://www.wired.com/story/dubai-flooding-uae-cloud-seeding-climate-change

      News reports and social media posts were quick to point the blame at cloud seeding. The UAE has a long-running program for trying to squeeze more rain out of the clouds that pass over the normally arid region—it has a team of pilots who spray salt particles into passing storms to encourage more water to form. The floods were positioned as a cautionary tale by some: Here’s what happens when you mess with nature. Even Bloomberg reported that cloud seeding had worsened the flooding.

      The truth is more complicated. I’ve spent the last few months reporting on cloud seeding in the UAE for an upcoming WIRED feature, and while it’s true that the UAE has been running cloud seeding missions this week—it performs more than 300 a year—it’s a stretch to say that it was responsible for the floods. (In fact, as we were preparing this story for publication on Wednesday morning, the UAE’s National Center for Meteorology told CNBC it had not seeded any clouds before the storm struck on Tuesday.)

      There are a few reasons for this. First: Even the most optimistic assessments of cloud seeding say that it can increase rainfall by a maximum of 25 percent annually. In other words, it would have rained anyway, and if cloud seeding did have an impact, it would only have been to slightly increase the amount of precipitation that fell. The jury is still out on the effectiveness of cloud seeding in warm climates, and even if it does work, cloud seeding can’t produce rain out of thin air, it can only enhance what’s already in the sky.

      Secondly, seeding operations tend to take place in the east of the country, far from more populated areas like Dubai. This is largely because of restrictions on air traffic, but means that it was unlikely that any seeding particles were still active by the time the storms reached Dubai. Most of the scientists I’ve spoken to say the impact of cloud seeding has a very small, localized effect and is unlikely to cause flooding in other areas. But perhaps the best evidence that cloud seeding wasn’t involved in these floods is the fact that it rained all over the region. Oman didn’t do any cloud seeding, but it was even more badly affected by flooding, with a number of casualties.

      It’s exciting to point the finger at a scary technology, but the real cause of the flooding is likely more banal: Dubai is comically ill-equipped to deal with rainfall. The city has expanded rapidly over the last few decades, with little attention paid in the past to infrastructure like storm drains that could help it deal with a sudden influx of water. It’s largely concrete and glass, and there’s very little green space to soak up rainfall. The result is chaos whenever it rains—though to be fair, most cities would struggle to deal with a year’s worth of rain falling in 12 hours.

      However, climate change may also be playing a role. As the planet heats up, the complex weather dynamics of the region are shifting and changing in ways that may bring more violent storms. City planners around the world are trying to make their cities “spongier” to help deal with flash flooding and save more water for drier parts of the year. Instead of using cloud seeding to turn the sky into a sponge, Dubai would be better off trying to turn the city into one.

  • Germany prepares to widen fixed border checks

    (automne 2023 —> pour archivage)

    Germany is expected to notify the EU about plans to introduce fixed border checks on the Polish, Czech Republic and Swiss borders. Previously, this had only been possible at the Austrian frontier.

    The German Interior Ministry is expected to register fixed border controls with Poland, the Czech Republic and Switzerland with the European Commission in light of a high number of refugees entering Germany.

    The intention of the checks is to more effectively fight against people smugglers and to detect and stop unauthorized entries.
    What we know so far

    According to government sources, the necessary notification in Brussels was being prepared on Monday.

    The plan is an extension of police checks directly at the border in place at the border with Austria since 2015.

    German Interior Minister Nancy Faeser had long rejected permanent fixed contro points, citing, among other things, the effects on commuters and freight transport. The norm in the EU’s Schengen Zone is for open borders but with police reserving the right to check anybody crossing at random, but not at set checkpoints.

    Interior ministers of the eastern German states of Brandenburg and Saxony have pressed Faeser to implement fixed checks.

    Germany had introduced additional controls at border crossings with Poland and the Czech Republic in September, but these were not intended to be permanent.

    German municipalities have urged the federal government to provide more funding to cope with the surge in migrant arrivals. They have pointed to stretched accommodation and services that seem similar to the events of 2015, when Germany took in over 1 million refugees mainly fleeing war in the Middle East.

    Opposition parties in Germany have also called on the government to limit the number of asylum-seekers, with Bavaria’s conservative Premier Markus Söder suggesting an annual upper limit on asylum seekers of 200,000.

    https://www.dw.com/en/germany-prepares-to-widen-fixed-border-checks/a-67109731

    #Allemagne #Pologne #Suisse #République_Tchèque

    #Allemagne #Suisse #contrôles_systématiques_aux_frontières #France #frontières_intérieures #frontières #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #prolongation #2023 #2024 #contrôles_frontaliers #frontière_sud-alpine

    –—

    ajouté à cette métaliste sur l’annonce du rétablissement des contrôles frontaliers de la part de plusieurs pays européens :
    https://seenthis.net/messages/1021987

    • 15.12.2023 : L’Allemagne prolonge de trois mois les contrôles aux frontières suisses

      L’Allemagne estime que la protection des frontières extérieures de l’UE est déterminante pour limiter l’immigration irrégulière. Elle prolonge donc les contrôles à la frontière avec la Suisse jusqu’au 15 mars 2024 au moins. Les frontières allemandes avec la Pologne et la République tchèque sont également concernées.

      Afin de lutter encore plus fortement contre la criminalité liée au trafic de migrants et de limiter la migration irrégulière, les contrôles seront poursuivis et ont été notifiés à la Commission européenne, a annoncé vendredi le ministère allemand de l’Intérieur.

      Berlin avait introduit en octobre des contrôles aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse, en raison de la nette augmentation du nombre de réfugiés en Allemagne. Cette mesure a été prolongée à plusieurs reprises.

      Mesures efficaces

      Le nombre d’entrées non autorisées en Allemagne a diminué de 60%, passant de plus de 20’000 en octobre à 7300 entrées non autorisées en novembre. « Nos mesures sont efficaces », a déclaré la ministre de l’Intérieur Nancy Faeser.

      Les contrôles aux frontières intérieures entre l’Allemagne et l’Autriche, qui avaient déjà commencé à l’automne 2015, durent actuellement jusqu’au 11 mai 2024.

      Les contrôles aux frontières ne sont en fait pas prévus au sein de l’espace Schengen et doivent être notifiés à Bruxelles. S’il ne s’agit que de quelques jours, il est possible de le faire à court terme, mais cette possibilité prend fin après deux mois, soit vendredi 15 décembre dans le cas de l’Allemagne.

      https://www.rts.ch/info/monde/14556738-lallemagne-prolonge-de-trois-mois-les-controles-aux-frontieres-suisses.

    • 17.10.2024 : Face à l’immigration illégale, l’Allemagne réinstaure des contrôles à la frontière suisse

      Le ministère allemand de l’Intérieur a notifié lundi auprès de la Commission européenne « des contrôles temporaires aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse »

      Le gouvernement allemand a annoncé le renforcement de sa surveillance aux frontières au sud et à l’est. Depuis lundi, des contrôles stationnaires aux passages douaniers avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse ont été instaurés, indique le ministère allemand de l’Intérieur. Cette mesure exceptionnelle, qui nécessite l’aval de Bruxelles, est destinée à durer 10 jours, et peut être prolongée pour deux mois, précise le ministère.

      Des contrôles de ce type ont été mis en place à la frontière autrichienne depuis 2015, au moment de l’afflux sans précédent d’immigrants vers l’Allemagne, une décision dont la prolongation de six mois à compter du 12 novembre a également été annoncée ce lundi. « La police fédérale peut utiliser les mêmes moyens aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse que ceux déjà en place avec l’Autriche », précise le ministère. Les voyageurs transfrontaliers ne devraient cependant pas être confrontés à des contrôles systématiques : « un paquet de contrôles fixes et mobiles » sera mis en œuvre « de façon flexible et selon la situation », a déclaré la ministre allemande Nancy Faeser, citée dans le communiqué.

      Une importante hausse des arrivées en Allemagne

      L’Allemagne est confrontée à une forte hausse de l’immigration illégale. De janvier à début octobre, la police a comptabilisé environ 98 000 arrivées illégales dans le pays, dépassant déjà le nombre total des arrivées pour l’année 2022 qui était d’environ 92 000. Pour justifier les mesures décidées, l’Allemagne s’appuie sur un article de la réglementation de Schengen qui permet d’introduire pour une période limitée des contrôles intérieurs aux frontières en cas « de menace sérieuse à l’ordre public ou à la sécurité intérieure ».

      Nancy Faeser s’était pourtant jusqu’ici montrée réticente à l’idée d’instaurer des contrôles fixes, en raison notamment de leur impact sur les travailleurs frontaliers ainsi que sur les échanges commerciaux avec les pays voisins : ces mesures ralentissent en effet considérablement le trafic et créent des embouteillages. Mais la hausse des arrivées illégales provoque un vif débat en Allemagne, dont les capacités d’accueil s’épuisent. Les communes et les régions, qui ont aussi absorbé l’arrivée d’un million de réfugiés ukrainiens depuis février 2022, se disent à la limite de leur capacité d’accueil, alors que la situation profite à l’extrême-droite, qui a obtenu des résultats records dans deux scrutins régionaux il y a une semaine.

      « Le nombre de personnes qui viennent actuellement chez nous est trop élevé », avait récemment martelé le chancelier Olaf Scholz, en présentant des mesures pour accélérer les expulsions de personnes déboutées de l’asile. La décision était donc attendue, et « la ministre de l’Intérieur […] a apparemment attendu les élections législatives polonaises avant de rendre publique sa décision », note le Tages-Anzeiger.
      Poursuite de la collaboration avec les douaniers suisses

      Nancy Fraeser « a assuré à [Elisabeth] Baume-Schneider que le trafic frontalier serait entravé aussi peu que possible », indique le Département fédéral de justice et police (DFJP) à Keystone-ATS. La conseillère fédérale et la ministre allemande ont par ailleurs convenu lundi de renforcer la « collaboration fructueuse » entre les deux pays dans le cadre du plan d’action mis en place en 2022 qui prévoit des patrouilles en commun et un meilleur échange d’informations pour enrayer les migrations secondaires, ajoute le DFJP. Au parlement, l’annonce allemande semble être accueillie avec compréhension : « ce n’est pas un secret que de nombreux migrants utilisent la Suisse comme pays de transit, tous ceux qui prennent le train de Milan à Zurich le voient », a réagi dans la Neue Zürcher Zeitung le président de la Commission de politique extérieure du Conseil national, Hans-Peter Portmann (PLR/ZH).

      Un porte-parole du gouvernement allemand a par ailleurs confirmé au quotidien zurichois que les contrôles avaient commencé à être mis en place ce lundi, et qu’ils « seront renforcés dans les jours à venir en fonction de l’évaluation de la situation par la police fédérale » allemande. « Les contrôles fixes aux frontières présentent l’avantage […] que les personnes peuvent être refoulées par la police fédérale dès qu’elles tentent de franchir la frontière », poursuit la NZZ. « Elles sont alors considérées comme n’étant pas entrées sur le territoire » et nécessitent un investissement bureaucratique « incomparablement plus faible » que dans le cas d’un processus d’expulsion du territoire, argumente le journal.

      « Les spécialistes, les politiciens et les policiers sont loin d’être d’accord » sur l’efficacité des contrôles, tempère le Tages-Anzeiger qui rappelle qu’il y a quelques semaines encore, Nancy Faeser qualifiait les contrôles fixes de « fausses solutions ». Reste, conclut le Tagi, qu’il est « pour l’instant impossible d’estimer » les effets concrets des nouvelles mesures à la frontière suisse, notamment sur le trafic important des pendulaires avec le Bade-Wurtemberg.

      https://www.letemps.ch/suisse/face-a-l-immigration-illegale-l-allemagne-reinstaure-des-controles-a-la-fron

    • La Suisse accusée de « #laisser_passer » les migrants

      Le président du Conseil national Martin Candinas est en visite à Berlin ce vendredi, dans un climat tendu : l’Allemagne reproche à la Suisse de faciliter le transit des demandeurs d’asile.

      Le nombre des réfugiés arrivant en Europe atteint un nouveau record… et l’Allemagne est une fois de plus en première ligne. Elle accuse ses voisins de « laisser passer » des demandeurs d’asile de Syrie, d’Afghanistan, du Pakistan ou d’Irak, voire de leur faciliter le transit comme en Suisse. La télévision suisse alémanique avait révélé fin 2022 comment la compagnie ferroviaire CFF avait mis en place des « wagons réservés aux étrangers » avec des portes fermées à clé pour conduire les réfugiés jusqu’à Bâle.

      « Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse. » (Thomas Strobel, ministre de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg)

      La situation est particulièrement dramatique à la frontière avec la Pologne avec 14’303 illégaux arrêtés dans les sept premiers mois de l’année (+143% par rapport à 2022). En provenance de Suisse, la progression est encore plus importante : +200%, soit plus de 6000 illégaux arrêtées à la frontière avec le #Bade-Wurtemberg. « Les passages entre la Suisse et l’Allemagne n’ont jamais été aussi élevés depuis 2016 », s’est plaint le Ministère de la justice de la région frontalière dans un communiqué officiel.

      « Nos villes et nos communes ont atteint leurs capacités d’accueil. Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse », a insisté avant l’été Thomas Strobel, le ministre conservateur (CDU) de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg. Pour le chef du groupe parlementaire des libéraux (FDP), Hans-Ulrich Rülke, il n’est « pas normal qu’un État non-membre de l’UE comme la Suisse introduise des réfugiés en Allemagne par le Bade- Wurtemberg ».

      Menace de l’opposition

      Lors du débat de politique générale à l’assemblée fédérale (Bundestag), mercredi 6 septembre, Friedrich Merz, le leader de l’opposition conservatrice (CDU), a attaqué lui aussi la Suisse en l’accusant de ne pas respecter le « règlement de Dublin » qui l’oblige à traiter les demandes d’asile chez elle ou à renvoyer des réfugiés dans le premier pays d’enregistrement (la plupart des demandes sont faites en Autriche).

      « Vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles aux frontières. » (Friedrich Merz, leader de l’opposition conservatrice (CDU))

      « Notre volonté n’est pas de réinstaller des barrières douanières aux frontières polonaises, tchèques et suisses. Mais vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles », at- il menacé dans l’hémicycle sous les huées de la gauche gouvernementale.

      Une déclaration qui met le président du Conseil national dans l’embarras. Martin Candinas rencontre ce vendredi à 9 heures la vice-présidente du Bundestag, Yvonne Magwas (CDU), pour un entretien bilatéral. « La Suisse respecte le règlement de Dublin », nous a-t-il assuré jeudi, ne voulant pas davantage commenter cette crise. Il ne compte pas aborder le sujet avec les officiels allemands, sauf si ces derniers souhaitent lui en parler. Du côté allemand, on reste également discret sur la teneur de l’entretien.

      Le président du Conseil national Martin Candinas, qui doit rencontrer vendredi la vice-présidente du Bundestag, assure que « la Suisse respecte le règlement de Dublin ».

      La tension est sensible aux frontières polonaises et tchèques. La Saxe a décidé d’envoyer sa propre police pour épauler les agents fédéraux chargés de contrôler seulement les passages frontaliers officiels. Le ministre de l’Intérieur de Saxe, Armin Schuster, a estimé qu’il n’avait pas d’autre choix que d’employer cette méthode. Dès la première semaine, ses agents ont arrêté 307 clandestins et 7 passeurs sur un total de 514 personnes contrôlées… « Vous le voyez, le principe des accords de Dublin ne fonctionne pas », regrette-t-il. Friedrich Merz abonde : « Cela me fait mal au coeur de voir que nous ne sommes même pas en mesure de protéger nos propres frontières, d’autant plus que celles de l’Europe ne sont toujours pas sécurisées. »

      Épargner les frontaliers

      Mais la ministre fédérale de l’Intérieur, la social-démocrate Nacy Faeser, refuse catégoriquement la mise en place de contrôles permanents, surtout vers la Suisse. Les experts les considèrent comme inefficaces. La Bavière a mis en place 5 points de contrôle à la frontière autrichienne en 2015. « Ces contrôles n’ont aucun sens », estime Andreas Roßkopf du syndicat de la police (GdP).

      « Ils bouleversent surtout le quotidien des frontaliers. Le personnel soignant, les artisans et de nombreux pendulaires des deux pays sont concernés. Ils affectent durablement notre économie », ajoute la ministre. Elle a en revanche ordonné le renforcement des contrôles aléatoires aux frontières.

      https://www.tdg.ch/tensions-avec-lallemagne-la-suisse-accusee-de-laisser-passer-les-migrants-428988

    • A #Buchs, « porte d’entrée orientale du pays », la banalité de l’immigration

      Sorti ce lundi, le baromètre des préoccupations Ipsos réalisé par « Le Temps » place l’immigration en quatrième position. A Buchs, où plus de 26 000 personnes « illégales » ont été contrôlées l’an dernier, le phénomène fait désormais partie du paysage.

      La scène est devenue parfaitement ordinaire : il est un peu moins de 10h à la #gare de Buchs (SG) ce mardi 23 août et une cinquantaine d’hommes en training sont alignés contre un mur par les gardes-frontières suisses. Les voyageurs – des Afghans fuyant les talibans, des Nord-Africains en quête d’une vie meilleure et d’autres compagnons d’infortune internationaux – affluent tous du même endroit : #Vienne, d’où les trains de nuit rallient régulièrement Zurich (notre reportage sur la question : https://www.letemps.ch/suisse/rails-entre-vienne-zurich-migrants-route-balkans).

      L’année dernière, pas moins de 26 000 « entrées illégales » ont été enregistrées par l’Office fédéral de la douane à la frontière orientale suisse. Ce qui représente deux fois la population de Buchs, 13 000 habitants. Dans la petite localité saint-galloise, cet afflux ininterrompu laisse cependant froid. Les nouveaux arrivants ne sont pas là pour rester, alors à quoi bon s’en soucier ? Et qu’importent les Accords de Schengen-Dublin.

      « Les journaux n’en parlent plus »

      L’immigration. Politiquement, la thématique est omniprésente. Toutefois, rares sont les lieux en Suisse où le phénomène est aussi visible qu’à Buchs. « Porte d’entrée orientale » du pays comme il est souvent qualifié, le gros bourg est connu pour son joli château surplombant un petit lac, sa vieille ville bucolique. Mais surtout pour sa gare où, ce mardi, à quelques centaines de mètres d’écart, deux réalités s’affrontent. Sur le quai 5, des migrants dépenaillés cheminent en file indienne, entourés par des douaniers et des policiers… alors qu’à deux pas du quai 1, des ouvriers s’affairent pour préparer la 39e édition de la Buchserfest. Agendée trois jours plus tard, la manifestation annonce « concerts, spectacles de danse et restauration variée pour petits et grands ». Et c’est surtout cette perspective qui anime les bistrots de la rue centrale.

      « C’est une gare de transit, dit avec fatalité Barbara Gähwiler-Bader, présidente du PS de la commune, attablée au Café Wanger. Pour être franche, à moins de prendre le train, rien ne laisse penser que des milliers de personnes mettent un premier pied en Suisse ici chaque année. La politique locale ne s’intéresse pas au sujet, les journaux du coin n’en parlent plus, ni vraiment les habitants. C’est parfois à se demander si le phénomène est encore là. Ici tout va bien, et tant que c’est le cas, rien ne bouge. Réfléchir à la situation de ces gens, c’est réfléchir à ses propres privilèges. Et tout le monde n’a pas envie de faire l’effort. » Dans la station frontière, seul un panneau en persan indiquant les toilettes signale la spécificité des lieux. Le centre d’asile le plus proche est à plus de 30 kilomètres.

      « Rien n’est vraiment entrepris dans la commune, admet la socialiste, mais que faire ? C’est une situation tragique mais ils ne font qu’entrer et sortir. Très peu souhaitent s’attarder en Suisse. Les autorités les chargent dans le train suivant et ils partent pour la France, l’Allemagne, le Royaume- Uni. Voilà. » Si les arrivants dénués de papiers sont censés être identifiés, enregistrés et contrôlés, la police saint-galloise reconnaît laisser passer nombre d’entre eux sans intervenir. La plupart des vagabonds (contrôlés ou non) poursuivent ensuite leur chemin – avec ou sans billet – vers Zurich, puis Bâle, avant de sortir des frontières de la Suisse. Et de la liste des problèmes du pays.

      « On se sent en danger à la gare »

      Une attitude laxiste, selon Sascha Schmid, représentant local de l’UDC, membre du législatif cantonal et candidat au Conseil national aux élections fédérales 2023. « Il y a des lois en Suisse et elles doivent être respectées, tonne le vingtenaire, banquier au Liechtenstein. Ces gens ne restent peut-être pas à Buchs mais qui sait s’ils sortent vraiment du pays ? Il n’y a aucune garantie. Et qui nous dit que l’Allemagne ou la France ne durciront pas un jour les contrôles à leurs frontières ? Nous nous retrouverions dans une situation intenable. » Le politicien dénonce particulièrement le laisser-faire autrichien… tout en reconnaissant que Berne agit grosso modo comme Vienne, une étape plus loin.

      « Le problème est global, poursuit-il. Mais il existe des solutions. L’UDC aimerait une mise en oeuvre stricte des Accords de Schengen-Dublin (le renvoi des étrangers dans leur premier pays d’enregistrement). Toutefois, comme ces accords sont cliniquement morts, j’estime qu’il faut faire preuve de courage et considérer d’autres options. De très nombreux Autrichiens viennent travailler chaque jour dans la région. Il doit être possible de mettre la pression sur leur gouvernement pour qu’il respecte les accords internationaux. Il n’est pas acceptable d’enrichir les frontaliers sans contrepartie. » Si la plupart des migrants ne s’attardent pas à Buchs, Sascha Schmid considère tout de même qu’ils font « grimper l’insécurité à la gare et que la criminalité augmente en ville, tout comme les cambriolages et les vols ».

      « Ici la vie continue »

      Un diagnostic que Rolf Pfeiffer, président indépendant de la ville de Buchs depuis mars, réfute en bloc. « Les arrivants ne sont mêlés à aucun souci local, dit-il. Tout est calme. Tout se passe bien.

      C’est un non-sujet. Buchs surgit régulièrement dans les médias parce que nous sommes situés à la frontière, mais la ville est concentrée sur d’autres problèmes. » Jouxtant le Liechtenstein – dont la place financière attire de nombreux habitants optant pour une résidence en Suisse voisine – mais également proche de Saint-Gall, Coire (GR), Zurich (ZH), Feldkirch (AU) et Bregenz (AU), la petite cité grandit vite et il s’agit d’adapter ses infrastructures, précise-t-il. Un défi bien plus pressant que ce qui se trame au bord des rails.

      « Si le besoin surgit, complète le Saint-Gallois, nous nous mettons à disposition des membres de la protection civile pour monter quelques tentes destinées à accueillir les migrants qui en ont besoin. Généralement pendant une nuit tout au plus. Les coûts engendrés nous sont ensuite remboursés par la Confédération. Comprenez-moi bien, d’un point de vue humanitaire, la condition des arrivants est certainement triste. Ils sont là, nous les voyons. Nous n’ignorons pas la chose. Mais ici la vie continue. Nous ne pouvons pas influencer la situation, qui doit être réglée entre Etats. » Le jour de notre visite, la Confédération annonçait justement une nouvelle contribution de 300 millions d’euros sur sept ans destinée à « l’amélioration de la protection des frontières extérieures de l’espace Schengen ». Une décision qui fait suite au plébiscite (71,6% de oui) des Suisses à une participation élargie de Berne aux activités de Frontex en 2022. Et aux difficultés de la Suisse à gérer cette problématique.

      Car même si beaucoup de migrants poursuivent leur chemin, pas moins de 14 000 demandes d’asile ont été enregistrées par le Secrétariat d’Etat aux migrations en juillet 2023 et, au vu des pronostics – le nombre total pourrait monter à plus de 30 000 d’ici à la fin de l’année –, les centres d’accueil fédéraux craignent d’atteindre leurs limites. Vendredi dernier, la conseillère fédérale Elisabeth Baume-Schneider annonçait avoir arraché 1800 places supplémentaires aux cantons sur un objectif de 3000 – sans pour autant rassurer sur le long terme. Au centre de l’Europe, la Suisse mise cependant sur une autre solution : déléguer. « Une protection efficace des frontières extérieures de l’espace Schengen contribue à la sécurité et à la gestion migratoire de la Suisse, affirmait mercredi dernier le Conseil fédéral. Mieux les contrôles aux frontières extérieures fonctionneront, moins il y aura besoin de contrôles aux frontières nationales suisses. » Et, à l’instar de Buchs, moins il faudra se préoccuper de la chose.

      https://www.letemps.ch/suisse/suisse-alemanique/a-buchs-la-banalite-de-la-migration

      #statistiques #chiffres #2023

  • Ostfrau erster Generation: Selbstbewusst zwischen Traumberuf, Kindern und Karrieremann
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/ostfrau-erster-generation-selbstbewusst-zwischen-traumberuf-kindern


    September 1984: Fidel Castro plaudert privat mit Konrad „Konni“ Naumann (l.). Fidel redet und redet. Irmingart Lemke (r.) dolmetscht und folgt dem Comandante bis in die Fingerbewegung.


    Irmingart Lemke als Sprachmittlerin zwischen Luis Corvalán (l.) und Erich Honecker

    14.4.2024 Maritta Adam-Tkalec - Wie die Dolmetscherin Irmingart Lemke den Dreikampf des Lebens bewältigte und wie sie Männer wie Fidel Castro und Erich Honecker erlebte.

    Ein Mädchen aus Bülzig macht 1955 Abitur in Wittenberg, und anstatt risikoarm und ortsverhaftet Lehrerin zu werden, erhält sie unerwartet die Chance, Spanisch und Englisch zu studieren statt Russisch. 20 Jahre später erklimmt sie die Höhen des Dolmetscherfachs. Sie übersetzt offizielle und – viel interessanter – informelle Treffen mit Fidel Castro und DDR-Spitzenpolitikern. Sie weiß von Erich Honecker und seiner Frau Margot, der DDR-Bildungsministerin, aus dem Nähkästchen zu plaudern.

    Viele Delegationen hat sie auf Reisen ins sozialistische Kuba, nach Spanien und Lateinamerika als Dolmetscherin begleitet – ein Traum für eine junge Frau aus der DDR. Aber sie war eben einfach gut in ihrem Fach.

    Irmingart Lemke, geboren 1937, hat neben dem anspruchsvollen Beruf eine Tochter und einen Sohn großgezogen und den Haushalt für einen ebenso viel beschäftigten wie viel abwesenden Mann bewältigt, einen passionierten Außenhändler, der in den letzten DDR-Jahren zum stellvertretenden Außenhandelsminister aufgestiegen war. Eine Ostfrau der ersten Generation. Wie hat sie das gemacht? War das eher Last oder mehr Lust? Und was hat sie von den Begegnungen mit charismatischen Welt-Persönlichkeiten wie Fidel zu erzählen?
    Fidel Castro privat: Wie der Comandante ein Nashorn erledigte

    Ihre Lieblingsgeschichte bestätigt, was man über den kubanischen Revolutionsführer, Partei-, Staats- und Regierungschef Kubas so hörte. Sie geht so: Konrad Naumann, Konni, volkstümlicher SED-Parteisekretär der DDR-Hauptstadt, reiste vom 6. bis zum 14. September 1984 nach Havanna, Irmingart Lemke an seiner Seite. Sein Gegenüber war der Bürgermeister Havannas, aber: „Keiner durfte heimkommen, ohne nicht wenigstens einen kurzen Termin bei Fidel Castro nachweisen zu können, sonst galt die Reise als nicht richtig erfolgreich“, erinnert sich die Dolmetscherin.

    „Soll der Mann im Haushalt helfen?“

    Tatsächlich hatte Konrad Naumann seinen offiziellen Termin beim Revolutionsidol in dessen Palast der Revolution; man redete unter anderem über den Nato-Raketenbeschluss: „Konni Naumann tat so, als wisse er viel mehr als andere über die Stationierung; Fidel wusste gar nichts.“

    Am späten Abend rollte eine Autokolonne vor die Residenz der DDR-Delegation. Ins Haus trat der bärtige Comandante sehr entspannt in seiner Arbeitskleidung, der grünen Uniform. Er wolle mehr erfahren, sagte er, um dann unablässig selbst zu sprechen. Er lud alle – auch das Küchenpersonal – zum Zuhören ein.

    Irmingart Lemke hat unter die Bilder in ihrem Fotoalbum geschrieben: „Er redete und redete“ – über die Vorbereitung der Expedition mit der „Granma“ (das Schiff, das die ersten 82 kubanischen Kämpfer 1952 von Mexiko nach Kuba brachte) und wie sie die Gewehre besorgt hatten. Oder die Macho-Schnurre à la Hemingway von einem Nashorn, das beim Umzug des Zoos von Havanna vom Auto gesprungen war und er, der Comandante en jefe, das Tier persönlich „erledigte“. Angeregt plauderte Fidel über Treibjagden, die der damalige sowjetische Staats- und Parteichef Nikita Chruschtschow für ihn organisierte oder über das Gämsenschießen in der ČSSR.

    Die Dolmetscherin hatte zu tun. Man muss eine sehr strapazierfähige Stimme haben in diesem Beruf und eine noch stabilere Konzentration – zumal beim Simultandolmetschen. Drei Stunden ging das so, Fidel immer die Havanna-Zigarre in der Hand. Dann stand er auf und teilte gut gelaunt mit, er habe sich „wunderbar entspannt im Kreise von Freunden gefühlt“.

    Irmingart Lemke war schwer beeindruckt: „Er war enorm locker, natürlich auch ein Selbstdarsteller, aber man konnte sich der Ausstrahlung nicht entziehen.“ Und sie war stolz, dass Fidel sie als Dolmetscherin zugelassen und nicht den mitgebrachten eigenen gewählt hatte. Im Nachhinein wertet sie Fidel als tragische Persönlichkeit mit historischer Bedeutung, die ihr Leben lang für die Verwirklichung einer Vision gekämpft habe, die sie wohl im hohen Alter selber als „so, wie versucht, nicht realisierbar“ erkannt habe.

    Aber zurück zu den Anfängen. Die Geburt der Tochter, ein ungeplantes Kind, bremste zunächst den Start in den Beruf. Anfang der 1960er stand den Paaren die Pille noch nicht zur Verfügung, die kam 1965. Auch Krippen waren selten. „Da saß ich mit dem Kind zu Hause und sah jeden Morgen Frauen und Männer zur Arbeit gehen.“ Sie empfand das als eine harte Zeit: „Ich hatte die Ausbildung, ich wollte arbeiten. Der Wunsch hat uns – ohne jede Ideologie – geprägt“, erinnert sie sich: „Wir waren eben eine neue Generation.“ Der Beruf als Dolmetscherin – als Dienstleisterin – habe perfekt zu ihrem Charakter gepasst.
    Wie die DDR „eigentlich alles“ an Kuba verschenkte

    Sie hatte allerdings zu jener Zeit schon eine erste, zum Süchtigwerden taugende Erfahrung: An ihrem ersten Arbeitsplatz, einem Außenhandelsbetrieb, waren 1960, kurz nach der Revolution, die ersten Kubaner aufgetaucht und baten um Hilfe. Die Berufsanfängerin wurde zum Dolmetschen in den Bereich Feinmechanik-Optik gebeten („Da saß mein späterer Mann und hat mich umgehend abends zum Essen eingeladen“) und kurz darauf ging es mit einer Gruppe von Ingenieuren und Händlern (darunter ihr späterer Mann) nach Kuba –„ein absolutes Wunder“, sagt sie.

    Was für Wege man damals flog! Über Amsterdam, die kapverdische Insel Sal und das karibische Curaçao nach Havanna. Sie erlebte, wie die DDR an das junge Kuba „eigentlich alles verschenkte“: Straßenbaumaschinen, Krankenhausausrüstung, Zusagen auf Kredit. Mit hochfliegenden Gefühlen spazierte sie durch Havanna, ihre erste große Stadt außerhalb der Heimat. Auf der Treppe der Uni hörte sie die flammende Rede eines jungen Mannes: „Ich hatte keine Ahnung, dass das Fidel Castro war.“

    Dann saß sie wieder im Ost-Berliner Büro, übersetzte „brav und mühsam mit Wörterbuch, jede Seite maschinengetippt, drei Durchschläge mit Blaupapier“. Das Kind kam, sie fand, es war zu früh. Der wenig geliebte Ausweg: „Was man heute Homeoffice nennt und damals Heimarbeit hieß.“ Ein Kollege brachte zu übersetzendes Material in die AWG-Neubauwohnung in Friedrichsfelde und holte es fertig wieder ab. Etwa vier Jahre lang ging das so. Das Kind saß neben ihr im Ställchen. „Das war Stress.“

    Hat sie mit ihrer Situation gehadert? „Ja, ich dachte schon, dass ich gerade zu kurz komme.“ Und dann kam „der Lichtblick“: Gamal Abdel Nasser, der erste Präsident des unabhängigen Ägyptens, hatte DDR-Chef Walter Ulbricht eingeladen. Es ging um Handelsverträge. So reiste Irmingart Lemke im Februar 1965 nach Kairo und übersetzte auf der Reiseschreibmaschine. Sie sah die Pyramiden – Ulbricht und Nasser leider nicht.

    Angesichts der zweiten Schwangerschaft und der Perspektive, weiter zu Hause zu hocken, beschloss sie: „So geht’s nicht weiter.“ Sie drängte ihren Mann, der eine Karriere in seinem Betrieb in Aussicht hatte, für beide „was im Ausland“ zu suchen. Wo man Spanisch spricht, das konnte der Außenhändlergatte nämlich auch ganz ordentlich.
    Ausnahmeleben in Havanna

    So kam er als Handelsattaché nach Kuba und sie als fest angestellte Mitarbeiterin der Dolmetscherabteilung des Außenhandelsministeriums. Die vierjährige Tochter ging in den deutschen Kindergarten, das sechs Monate alte Baby wurde in die Obhut einer jungen Kubanerin gegeben. „Sie war den ganzen Tag bei uns, gewissermaßen eine Haushälterin, froh über den Verdienst. Ein unglaublicher Luxus.“

    War es schwer, den Mann zu überzeugen, seiner Frau zuliebe die Laufbahn zu ändern? „Das hat gedauert“, sagt sie, „aber letztlich hat er positiv reagiert.“ Eine partnerschaftlich getroffene Entscheidung. 1965 – das war zwölf Jahre, bevor in der Bundesrepublik das Gesetz aufgehoben wurde, das Frauen die Arbeitsaufnahme nur nach Genehmigung durch den Gatten erlaubte.

    Freundschaften und Spannungen bei Intertext

    Als wunderbare Zeit erlebte sie die Jahre in Havanna, nur dass sie sich immer wieder für Empfänge schick aufbrezeln musste: „Das war nicht mein Ding.“ Fotos zeigen die junge Irmingart Lemke mit einer feschen blonden Kurzhaarfrisur, eine attraktive, sportliche Frau. Offenkundig aufs Praktische orientiert.

    Nach drei Jahren folgte der Ehemann einem Ruf in sein künftiges Ministerium. Sie landete beim parteieigenen Sprachmittlerbetrieb Intertext, Anfang der 1970er wurde die Abteilung Auslandsinformation geschaffen, für alle Weltsprachen. Ihr unterstanden 15 bis 20 Leute der Spanischgruppe, darunter Muttersprachler, ins DDR-Exil geflüchtete Chilenen zum Beispiel. „Da entstanden viele Freundschaften“, sagt die damalige Gruppenleiterin. Spannungen habe es allerdings auch gegeben – zwischen jenen, die reisen durften, und den anderen.

    Jetzt begann das Dolmetschen auf politischer Ebene: Damals kamen viele Persönlichkeiten aus Lateinamerika in die DDR, Menschen wie Luis Corvalán, Generalsekretär der KP Chiles, nach langer Haft in Pinochets Gefängnis freigekämpft, und seine Frau Lily oder Rodney Arismendi, Chef der KP Uruguays, „ein Intellektueller, beeindruckend“. Etwa 40 Gespräche dieser Kategorie mit Erich Honecker hat Irmingart Lemke gedolmetscht.

    Wie war das mit Erich Honecker? „Eine sehr einfache Sprache, meist Floskel an Floskel, leicht zu übersetzen, aber langweilig.“ Sie hat den Mann, der mehr als zwei Jahrzehnte die Geschicke der DDR bestimmte, als höflichen, aber sehr steifen Menschen erlebt, der, so vermutet sie, seinen Mangel an Bildung und die folglich „dünne Sprache“ durch Förmlichkeit überspielte.

    Die beiden Kinder waren inzwischen als Teenager selbstständig genug und ganz froh, dass nicht ständig einer zu Hause war. Beklagt hätten sie sich nie, nur der Sohn habe dem Vater mal vorgeworfen, er sei zu wenig da. „Sie haben sich beizeiten ein eigenes Leben gebaut.“ Doch der Haushalt klebte im Wesentlichen und recht traditionell an der Frau: „Wenn ich eine Woche auf Reisen war, füllte sich der Wäschekorb, da wurde nur das Allernötigste gemacht.“ Aber die Kinder profitierten auch von den Reisen der Mutter. Die sparte sich nämlich das zur Verpflegung gedachte Tagegeld (in Devisen) vom Munde ab und brachte begehrte Schallplatten oder schicke Klamotten mit.

    Jetzt ist Irmingart Lemke 86 Jahre alt, pflegt den Garten um das Häuschen in einem Berliner Vorort. Der Sohn ist ein erfolgreicher CEO, die Tochter lebt in Chile, deren Tochter bereitet sich auf ein Informatik-Studium in Potsdam vor. Die frühere Dolmetscherin hat ihre Erinnerungen in Alben geordnet. Wie oft wohl ihr blonder Schopf neben den Männern auf der Seite 1 des Neuen Deutschland war – und damit auch in der Berliner Zeitung? Natürlich ohne Namensnennung – wer kennt schon die Dolmetscher? Immerhin verdiente sie sich den Vaterländischen Verdienstorden in Bronze (1987) und den Orden Banner der Arbeit Stufe III (1984). Diese Information muss man im Archiv suchen, ihr selbst ist das nicht der Rede wert.

    Zu Besuch bei Honeckers in Chile

    Als die Lemkes nach der Wende regelmäßig zur Tochter nach Chile flogen, besuchten sie dort auch die Honeckers. Irmingart hatte auch für die als arrogant geltende Margot gearbeitet, sie zum Beispiel nach Nicaragua begleitet. Im persönlichen Umgang sei sie gar nicht hochnäsig gewesen, aber bis zum Schluss vom bevorstehenden Sieg des Kommunismus überzeugt.

    Beim ersten Besuch in dem kleinen Häuschen in Santiago lebte Erich Honecker noch: „Er kam im eleganten Morgenmantel herbei und scherzte, er bekäme mehr Rente als seine Frau, weil er ja schon als 14-Jähriger gearbeitet habe.“ Er sei freundlich, aber kühl und unpersönlich geblieben, auch im Umgang mit den Chilenen, denen er doch eigentlich nahestand. Die Margot, so berichtet die Besucherin, sei ihrem Enkel eine gute Oma gewesen.

    Rückblickend sagt Irmingart Lemke: „Ich bin meinem Mann und seiner beruflichen Entwicklung gefolgt“, allerdings mit wachsendem Selbstbewusstsein. In der nächsten Generation gab es Pille, Krippen, Kindergärten; qualifizierte Frauen waren keine Seltenheit mehr. Aber sie führten dieselben Diskussionen. Heutige Paare handeln ihr Leben mit größerer Selbstverständlichkeit aus: Wer steckt wann zurück, wer bringt den Müll runter, wer geht zum Elternabend? Die Ergebnisse des Aushandelns haben sich zugunsten der Frauen verschoben. Hoffen wir mal.

    #DDR #Cuba #Chili #histoire #femmes #socialisme #langues