• #Composthumain : « Nous avons peur d’être mangés par des petits vers »
    https://reporterre.net/Compost-humain-Nous-avons-peur-d-etre-manges-par-des-petits-vers

    #Compost humain : « Nous avons peur d’être mangés par des petits vers »
    Compost humain :Nous avons peur d’être mangés par des petits vers

    #Terramation, #aquamation... Il est possible de faire des #funérailles non polluantes. En France, des freins culturels et économiques persistent pourtant, analyse Martin Julier-Costes, spécialiste de ces questions.

    Martin Julier-Costes est socio-anthropologue, spécialiste de la #mort et des rites funéraires, et chercheur associé au laboratoire de #sciences_sociales Pacte, à l’université Grenoble Alpes.

  • 26.10.2023 : Waseem i Mohsen zmarli w Polsce / Cześć ich pamięci
    Waseem et Mohsen sont morts en Pologne / Honneur à leur mémoire

    Szukali pokoju, lepszego życia. Chcieli pomóc swoim rodzinom. Pochodzili z państw targanych wojną i konfliktami.
    #Waseem_Abojesh z Syrii i #Mohsen_Ahmed_Hussein_Al-Huwaisek z Jemenu zmarli w Polsce w Puszczy Białowieskiej.
    Ich ciała odnalazły wolontariuszki Grupa Granica.
    Pogrzeb mężczyzn odbył się na cmentarzu w Narewce.

    Trad google translate :

    Ils cherchaient la paix, une vie meilleure. Ils voulaient aider leurs familles. Ils venaient de pays déchirés par la guerre et les conflits.
    Waseem Abojesh de Syrie et Mohsen Ahmed Hussein Al-Huwaisek du Yémen sont morts en Pologne dans la forêt de Białowieża.
    Leurs corps ont été retrouvés par des volontaires du Grupa Granica.
    Les funérailles des hommes ont eu lieu au #cimetière de #Narewka.


    https://www.facebook.com/watch/?v=863656465376288&extid=NS-UNK-UNK-UNK-AN_GK0T-GK1C&ref=sharing
    https://www.facebook.com/watch/live/?extid=NS-UNK-UNK-UNK-AN_GK0T-GK1C&ref=watch_permalink&v=713335326916771
    #vidéo #migrations #asile #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Pologne #enterrement #funérailles

  • #Aadam_Cabdi_Mohamed, 21.10.2023 #Bordighera, il cadavere sulla spiaggia è di un migrante africano. Continuano le ricerche del disperso

    Le ricerche continueranno finché non si avrà certezza che il cadavere sia del migrante dato per disperso venerdì sera

    Bordighera. Finché non si avrà certezza che il corpo del migrante rinvenuto intorno alle 22 di ieri, sulla spiaggia del lungomare di Bordighera, appartiene all’uomo visto attraversare la foce del torrente #Nervia, tra Ventimiglia e Camporosso, la sera di venerdì scorso, continueranno le ricerche da parte dalla Capitaneria di Porto.

    Da questa mattina, infatti, l’elicottero della Guardia Costiera sta sorvolando lo specchio acqueo antistante la costa tra Ventimiglia e Bordighera, dove le correnti, secondo gli esperti, avrebbero trascinato lo straniero.

    Nel frattempo è stato identificato il corpo dello straniero trascinato ieri tra gli scogli bordigotti. A lanciare l’allarme, intorno alle 22, sono stati alcuni passanti, che lo hanno visto galleggiare in acqua, tra alcuni scogli. La salma è stata poi adagiata dai soccorritori sul bagnasciuga.

    Il cadavere era privo di vestiti, forse strappati dalla mareggiata che da venerdì scorso imperversa sulle coste dell’estremo Ponente ligure. 
Sul posto sono accorsi carabinieri, polizia di frontiera e capitaneria di porto, che stanno indagando per ricostruire quanto accaduto. Il corpo presenta alcune ferite: solo l’esame autoptico potrà dire se le lesioni siano o meno compatibili con la collisione tra il cadavere e gli scogli. Per risalire all’identità dello straniero, sono state rilevate le impronte digitali. Elementi utili alle indagini saranno ricavati dalle telecamere di videosorveglianza presenti nell’area.

    https://www.riviera24.it/2023/10/bordighera-il-cadavere-sulla-spiaggia-e-di-un-migrante-africano-continuano
    #asile #migrations #réfugiés #frontières #frontière_sud-alpine #Alpes_maritimes #Italie #décès #France #Vintimille #Italie #France #frontières

    –—

    ajouté à cette métaliste sur les migrants décédés à la frontière italo-française « basse » :
    https://seenthis.net/messages/784767

  • L’enterrement de Pierre Kropotkine : Dernière manifestation de masse - PARTAGE NOIR
    https://www.partage-noir.fr/l-enterrement-de-pierre-kropotkine-derniere-manifestation-de

    Nous avons décidé de consacrer une place importante au récit de la mort de Pierre Kropotkine car son enterrement fut la dernière manifestation de masse publique du mouvement anarchiste russe. Se sont joints au cortège tous ceux (associations, partis, syndicats, etc.) qui, dans ce pays ployant sous la botte bolchevique, refusaient de se soumettre à la dictature des commis­saires. Curieusement, et très symboliquement, ce fut aussi la dernière mani­festation de masse oppositionnelle tout court dans la Russie soviétisée.
    Le texte que vous lirez ci-après est pour l’essentiel tiré du livre, aujourd’hui épuisé, de G. Woodkock et I. Avakoumovitch : Pierre Kropotkine, le prince anarchiste (Calmann-Lévy, 1953). Pour mettre en évidence l’influence de Pierre Kropotkine sur la société russe de l’époque, nous avons inséré dans ce texte les lignes consacrées à son décès par deux hommes charnières, qui montrent involontairement dans leurs témoignages les ravages exercés par le bolchevisme dans les rangs révolutionnaires.
    Il s’agit de Victor Serge et d’Alfred Rosmer. L’un et l’autre, issus de l’anar­chisme et du syndicalisme révolutionnaire, seront fascinés par le léninisme et aideront puissamment son ascension, reniant pour ce faire leurs convictions antérieures et jouant le rôle de fossoyeurs, en Russie et dans le reste du monde, des courants socialistes non-bolcheviques. Leur prise de conscience tardive ne réparera pas le mal fait.
    Le « montage » que nous avons ainsi réalisé a été possible grâce aux extraits de Mémoires d’un révolutionnaires (Ed. du Seuil, 1951) de Victor Serge et de Moscou sous Lénine (Ed. Pierre-Horay, 1953) d’Alfred Rosmer.

    #kropotkine #funerailles #russie

  • Sur la gestion des #funérailles et de l’#enterrement des victimes du #naufrage du #3_octobre_2013 :

    «Invece di stabilire un luogo comune per la sepoltura, i corpi sono stati sparpagliati senza un criterio preciso per tutto l’ampio territorio dell’agrigentino. Al quotidiano ’Europa’, in un articolo di Luca Gambardella, Don Mimmi il parroco di Lampedusa aveva dichiarato:
    ’E i parenti delle vittime? Sono settimane che girano per la Sicilia alla ricerca dei loro cari defunti. Non si sa nemmeno chi sia stato tumulato e dove.’
    Quei poveri corpi straziati hanno trovato alla fine loculi vuoti o sono stati ospitati caritatevolmente in tombe di famiglia. Un unico luogo avrebbe permesso all’Italia di riflettere al regime eritreo di fare i conti con la sua spietatezza. Ma così non è stato. Le esequie sono state l’ennesimo buco nell’acqua del governo italiano sulla questione. All’indomani della tragedia erano stati annunciati funerali di Stato per le vittime. Funerali che non sono mai avvenuti e che sono stati sostituiti in fretta e furia da una commemorazione. Ma invece di farla a Lampedusa, come ogni logica dettava, è stata fatta ad Agrigento. Questa commemorazione ha brillato per assenze obbligate e presenze ingombranti. Ed è risultata una farsa che tutti noi ci saremmo volentieri risparmiati. Prima di tutto non sono stati invitati i sopravvisuti alla strage del 3 ottobre. Uomini, donne, bambini che hanno visto morire decine e decine di persone: una moglie, un amico, un compagno di sventura, un figlio. Loro, che in ogni paese civile sarebbero stati messi in prima fila ad assistere alla cerimonia, ad Agrigento sono stati di fatto considerati indesiderabili. Invece è stato chiamato a presenziare l’ambasciatore eritreo in Italia, ovvero uno dei membri di quel regime feroce da cui le vittime del 3 ottobre scappavano. Incongruenze insomma. Intenzionali o no... Purtroppo non mi è dato saperlo, ma la fotografia di quel giorno mi è rimasta tatuata nella testa. E per l’ira il fegato credo mi sia ingrossato. Vedere l’ambasciatore eritreo, tra l’allora ministro degli Interni Angelino Alfano e la ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge rimarrà di fatto una delle immagini meno edificanti della Repubblica italiana. Leggendo i giornali in quei tragici giorni ricordo di aver condiviso la preoccupazione per una pressione del regime sui rifugiati. Era scattato l’allarme: si temeva che spie del regime si mescolassero con gli operatori nei centri temporanei per schedare a Lampedusa i migranti eritrei. I pericoli erano numerosi e tutti in agguato, pronti a sbranare anche la più piccola speranza nascente.
    Quello che più mi rendeva sgomenta era però il furto del rito che era stato perpetrato ai danni degli eritrei da parte dello Stato italiano. Di fatto con la commemorazione-farsa di Agrigento il funerale legittimo era stato scippato. False lacrime erano state sparse. Lacrime assassine. Alcuni eritrei mi hanno rivelato in confidenza che una volta finita la commemorazione la delegazione dell’ambasciata eritrea è rimasta finché la piccola folla, accorsa per i ministri, non si è dileguata del tutto. Dopodiché hanno recuperato i fiori delle autorità e li hanno gettti in mare, però questa volta davanti ad una telecamera. Per mandare questo filmato a getto continuo, ventiquattr’ore su ventiquattro, sulla Tv eritrea. Non so se questa notizia sia una leggenda metropolitana o una realtà. Comunque è molto verosimile. Non mi sarei meravigliata, dopo tutto quello che è successo, di veder succedere anche questo. La vita, in quei giorni, mi aveva insegnato quanto poteva essere ridicola, farsesca, profondamente inumana, a volte.»

    source : Igiaba Scego, Roma negata , 2014, pp.38-40
    https://seenthis.net/messages/867993

    #migrations #asile #mourir_en_mer #décès #morts_aux_frontières #commémoration

  • A qui profite la #mort ?

    Longtemps, l’#économie des #funérailles a relevé d’un #monopole communale. Ce n’est que dans les années 1990 que le #marché_de_la_mort s’est libéralisé en #France. Aujourd’hui, plus de 4000 prestataires funéraires se partagent un marché estimé à 2,5 milliards d’euros dans le pays. D’après un étude de l’UFC-Que-Choisir mené en 2019, le #prix total des #obsèques pour une #inhumation, hors caveau et concession, s’élève en moyenne à 3 815 euros.

    Pour parler de ce #business pas comme les autres, Le Chantier reçoit Pascale Trompette, sociologue, directrice de recherche au CNRS, au sein du laboratoire PACTE, et autrice du livre “Le marché des défunts” paru aux Presses de Sciences Po en 2009.

    https://lechantier.radio/infos/a-qui-profite-la-mort
    #libéralisation

  • #Roma_negata. Percorsi postcoloniali nella città
    Un viaggio attraverso la città per recuperare dall’oblio un passato coloniale disconosciuto.

    Libia, Somalia, Eritrea, Etiopia: quali sono le tracce dell’avventura coloniale italiana a Roma? Roma negata è un viaggio attraverso la città per recuperare dall’oblio un passato coloniale disconosciuto e dare voce a chi proviene da quell’Africa che l’Italia ha prima invaso e poi dimenticato. Igiaba Scego racconta i luoghi simbolo di quel passato coloniale; Rino Bianchi li fotografa, assieme agli eredi di quella storia. Il risultato è una costruzione narrativa e visiva di un’Italia decolonizzata, multiculturale, inclusiva, dove ogni cittadino possa essere finalmente se stesso. Negli anni trenta del secolo scorso Asmara, Mogadiscio, Macallè, Tripoli, Adua erano nomi familiari agli italiani. La propaganda per l’impero voluta da Benito Mussolini era stata battente e ossessiva. Dai giochi dell’oca ai quaderni scolastici, per non parlare delle parate, tutto profumava di colonie. Di quella storia ora si sa poco o niente, anche se in Italia è forte la presenza di chi proviene da quelle terre d’Africa colonizzate: ci sono eritrei, libici, somali, etiopi. Il libro riprende la materia dell’oblio coloniale e la tematizza attraverso alcuni luoghi di Roma che portano le tracce di quel passato dimenticato. I monumenti infatti, più di altre cose, ci parlano di questa storia, dove le ombre sono più delle luci. Prende vita così un’analisi emozionale dei luoghi voluti a celebrazione del colonialismo italiano, attraverso un testo narrativo e delle fotografie. In ogni foto insieme al monumento viene ritratta anche una persona appartenente a quell’Africa che fu colonia dell’Italia. Scego e Bianchi costruiscono così un percorso di riappropriazione della storia da parte di chi è stato subalterno. «Volevamo partire dal Corno D’Africa, dall’umiliazione di quel colonialismo crudele e straccione, perché di fatto era in quel passato che si annidava la xenofobia del presente (…) Da Roma negata emerge quel Corno d’Africa che oggi sta morendo nel Mediterraneo, disconosciuto da tutti e soprattutto da chi un tempo l’aveva sfruttato».

    https://www.ediesseonline.it/prodotto/roma-negata

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    Citations :

    «Ma non tutte le memorie, lo stavo scoprendo con il tempo, avevano lo stesso trattamento.
    C’erano memorie di serie B e serie C. Memorie che nessuno voleva ricordare, perché troppo scomode, troppo vere.»

    (pp.16-17)

    «Ahi, il colonialismo italiano ferita mai risanata, ferita mai ricucita, memoria obliata»

    (p.18)

    «Ora la stele sta ad Axum, insieme alle sue sorelle etiopi. Ma a Piazza di Porta Capena cos’è rimasto di quel passaggio?
    Solo vuoto, solo silenzio, assenza, oblio, smemoratezza in salsa italica».

    (p.18)

    «E anche dimenticare la storia che lega Africa e Italia è un’infamia. Perché dimenticandola si dimentica di essere stati infami, razzisti, colonialisti. Italiani brava gente, ti dicono i più autoassolvendosi, e si continua beatamente a rifare gli stessi errori. Ieri i colonizzati, oggi i migranti, vittime di un sistema che si autogenera e autoassolve. Ecco perché sono ossessionata dai luoghi. E’ da lì che dobbiamo ricominciare un percorso diverso, un’Italia diversa.»

    (p.25)

    Sur le Cinema Impero :

    «Il colonialismo italiano era davanti ai loro occhi tutti i giorni con i suoi massacri, i suoi stupri, la sopraffazione dei corpi e delle menti. Era lì con la sua storia di lacrime e di sangue sparso. Era lì a testimoniare quel legame tra Africa e Italia. Un legame violento, cattivo, sporco e non certo piacevole. Anche nel nome quel cinema era violento. L’impero era quello che Benito Mussolini sognava per aver prestigio davanti alle altre potenze europee e soprattutto davanti a quell’Adolf Hitler che lo preoccupava tanto. L’imprero era quello del Mare Nostrum dove le faccette nere sarebbero state costrette a partorire balilla per la nazione tricolore. L’impero era quello che era riapparso ’sui colli fatali di Roma’. Un impero che Benito Mussolini nel discorso del 9 maggio 1936 aveva dichiarato
    ’Impero fascista, perché porta i segni indistruttibili della volontà e della potenza del Littorio romano, perché questa è la meta verso la quale durante quattordici anni furono sollecitate le energie prorompenti e disciplinate delle giovani, gagliarde generazioni italiane’.
    Era la violenza delle squadracce, ma anche gli sventramenti indiscriminati del tessuto urbano delle città africane.
    L’Africa colonizzata dagli italiani si rempì così di archi di trionfo, busti pavoneggianti, palazzi improbabili. In Somalia per esempio De Vecchis, uno dei quadrumviri della marcia su Roma, aveva voluto costruire una cattedrale che fosse l’esatta copia di quella di Cefalù con le sue due torri altissime. Una volta costruita alcuni somali notarono l’altezza sproporzionata delle torri rispetto ai palazzi nei dintorni e cominciarono a definire la costruzione ’la doppia erezione’. E poi come dimenticare il faro di Capo Guardafui trasformato in un fascio littorio? Asmara (ma in generale l’Eritrea) fu quella che però subì più trasformazioni di tutti. Infatti fu chiamata da più parti la piccola Roma. Tra il 1935 e il 1941 gli architetti italiani si sbizzarrirono in questa città creando uno stile assai stravagante che mischiava modernismo, futurismo e un teutonico stile littorio.»

    (pp.32-33)

    Poésie de Ulisse Barbieri (anarchico poeta direttore del giornale « Combattiamo »), Dopo il disastro :

    «No, non è patriottismo, no, per DIO!
    Al massacro mandar nuovi soldati,
    Né tener lì... quei che si son mandati
    Perché dei vostri error paghino il Fio!
    Ma non capire... o branco di cretini...
    Che i patriotti... sono gli Abissini?»

    (p.56)

    «Il Risorgimento, se vogliamo dare anche questa lettura, fu la lotta di liberazione degli italiani dal dominio straniero, dal dominio coloniale. Una liberazione portata avanti da un’élite che si era legata ad uno strano potere monarchico, quello dei Savoia, ma pur sempre una liberazione. Ecco perché il colonialismo italiano è tra quelli europei uno dei più assurdi. Gli italiani, che avevano sperimentato sulla propria pelle il giogo straniero, ora volevano sottoporre lo stesso trattamento brutale a popolazioni che mai si erano sognate di mettersi contro l’Italia. Ma l’Italia voleva il suo posto al sole. Questa espressione sarà usata nel secolo successivo da Benito Mussolini per la guerra d’Etiopia, ma disegna bene le mire espansionistiche italiane anche durante questi primi passi come nazione neocoloniale. L’Italia, questa giovincella, viveva di fatto un complesso di inferiorità verso l’altra Europa, quella ricca, che conquistava e dominava. Si sentiva da meno di Gran Bretagna e Francia. Si sentiva sola e piccolina. Per questo l’Africa si stava affacciando nei pensieri di questa Italietta provinciale e ancora non del tutto formata. L’Italia voleva contare. Voleva un potere negoziale all’interno del continente europeo. E pensò bene (anzi male, malissimo!) di ottenerlo a spese dell’Africa.»

    (pp.56-57)

    «Venne infatti collocato davanti al monumento ai caduti un leone in bronzo proveniente direttamente da Addis Abeba. Non era un leone qualsiasi, bensì il celeberrimo #Leone_di_Giuda, simbolo che suggellava il patto dell’Etiopia con Dio. Sigillo, quindi, della tribù di Giuda, dal quale discendevano molti profeti e Cristo stesso.»

    (p.61)

    #Piazza_dei_cinquecento

    «E chi lo immaginava che proprio questa piazza babilonia fosse legata alal storia del colonialismo italiano? Infatti i cinquecento citati nel nome della piazza sono i cinquecento caduti di Dogali. Non so bene quando l’ho scoperto. Forse l’ho sempre saputo. E forse anche per questo, per un caso fortuito della vita, è diventata la piazza dei somali, degli eritrei, degli etiopi e anche di tutti gli altri migranti. Una piazza postcoloniale suo malgrado, quasi per caso. Perché è qui che la storia degli italiani in Africa orientale è stata cancellata. Nessuno (tranne pochi) sa chi sono stati i cinquecento o che cosa è successo a Dogali».

    (p.68)

    «Quello che successe in quei vent’anni scerellati non era solo il frutto di Benito Mussolini e dei suoi sgherri, ma di una partecipazione allargata del popolo italiano.
    Ed è forse questo il punto su cui non si è mai lavorato in Italia. In Germania per esempio non solo ci fu il processo di Norimberga contro i criminali di guerra nazisti, ma anche un lavoro incessante e certosino sulla memoria. Nel nostro paese si preferì invece voltare pagina senza capire, interiorizzare, percorrere la memoria delle atrocità vissute e/o perpetrate. In Italia la memoria è divisa o dimenticata. Mai studiata, mai analizzata, mai rivissuta, mai ripensata. Soprattutto la storia in Italia non è mai stata decolonizzata. Il colonialismo fu inghiottito da questo oblio e quelli che furono dei punti di riferimento simbolici del fascismo furono lasciati andare alla deriva come fossero delle zattere fantasma in un fiume di non detto.»

    (p.87)

    –—
    Obelisco di Axum, sur la Piazza Capena :

    «#Piazza_di_Porta_Capena fu teatro di alcune manifestazioni, e alcune riguardarono proprio le proteste per la restituzione dell’obelisco all’Etiopia. Ma in generale si può dire che il monumento era di fatto dimenticato. Stava lì, i romani lo sapevano, ma non ci facevano più tanto caso.
    Era lì, sola, immobile, eretta, dimenticata...
    Era lì lontana da casa...
    Era lì spogliata di ogni significato.
    Era giusto uno spartitraffico. Più imponente e raffinato di altri... certo, ma non tanto dissimile dai tanti alberi spennacchiati che svolgevano la stessa funzione in giro per la città.
    Nessuno per anni si occupò della stele. Qualcuno di tanto in tanto vagheggiava una ipotetica restituzione. Ma tutto era lento, tutto sembrava quasi impossibile.»

    (p.90)
    –-> 2005 :

    «Poi i soldi si trovarono e la stele ritornò a casa tra canti e balli popolari»

    (p.95)
    Et une fois restitué...

    «Ma il vuoto, mi chiedo, non si poteva colmare?
    Improvvisamente Piazza di Porta Capena divenne invisibile. Lo era già prima con la stele. Ma almeno con lei presente capitava che qualche romano la guardasse distrattamente e si interrogasse altrettanto distrattamente. Ma senza la stele il luogo è rimasto un non detto. Tutta la storia, tutto il dolore, tutte le nefandezze sparite con un colpo di spugna.»

    (p.96)

    «Quello che mi colpisce di questa polemica, di chi era contrario a una nuova stele e chi era a favore di un monumento nel sito del fu obelisco di Axum, è la totale assenza del dibattito del colonialismo italiano.
    Nessuno, da Fuksas a La Rocca, nominò mai i crimini di guerra che l’Italia fascista aveva compiuto contro l’Africa. Nessuno sottolineò il fatto che quella stele era un bottino di guerra. Nessuno percepì quel vuoto nella piazza come un vuoto di memoria. Anche un urbanista serio e sensibile come Italo Insolera disse non a caso che di obelischi era piena la città.
    Ora un monumento è stato messo. Ne ho parlato all’inizio del nostro viaggio. Un monumento per ricordare le vittime dell’11 settembre. Due colonne anonime di cui i romani ignorano il significato.»

    (pp.97-98)

    «La memoria non è negare quello che è stato, ma rielaborare quella vita passata, contestualizzarla e soprattutto non dimenticarla.»

    (p.101)

    «E poi la democrazia non si insegna, non si esporta, non si crea dal nulla. La democrazia è un moto spontaneo dell’anima. Ognuno ha il suo modo, i suoi tempi, le sue sfumature.»

    (p.103)

    Sur l’inscription sur le #Ponte_Principe_Amedeo_di_Savoia :

    «Comandante superiore delle forze armate dell’Africa Orientale Italiana durante unidici mesi di asperrima lotta isolato alla Madre Patria circondato dal nemico soverchiante per mezzo per forze confermava la già sperimentata capacità di condottiero sagace ed eroico. Aviatore arditissimo instancabile animatore delle proprie truppe le guidava ovunque per terra sul mare nel cielo in vittoriose offensive in tenaci difese impegnando rilevanti forze avversarie. Assediato nel ristretto ridotto dell’#Amba_Alagi alla testa di una schiera di prodi resisteva oltre il limite delle umane possibilità in un titanico sforzo che si imponeva all’ammirazione dello stesso nemico. Fedele continuatore delle tradizioni guerriere della stirpe sabauda puro simbolo delle romane virtù dell’Italia Imperiale Fascista. Africa Orientale Italiana 10 Giugno 1940, XVIII 18 maggio 1941. Motivazione della Medaglia d’Oro al valor militare conferita per la difesa dell’Impero.»

    «Ad Asmara gli abitanti del villaggio di Beit Mekae, che occupavano la collina più alta della città, furono cacciati via per creare il campo cintato, ovvero il primo nucleo della città coloniale, una zona interdetta agli eritrei. Una zona solo per bianchi. Quanti conoscono l’apartheid italiano? Quanti se ne vergognano?»

    (p.107)

    «Girando per Roma questo si percepisce molto bene purtroppo. I luoghi del colonialismo in città vengono lasciati nel vouto (Axum), nell’incuria (Dogali), nell’incomprensione (quartiere africano). Si cancella quello che è troppo scomodo. E’ scomodo per l’Italia ammettere di essere stata razzista. E’ scomodo ammettere che il razzismo di oggi ha forti radici in quello di ieri. E’ scomodo ammettere che si è ultimi anche nel prendersi le proprie responsabilità.»

    (p.107)

    «Etiopia e Eritrea avevano imbracciato le armi per una contesa sorta sul confine di Badme. Il confine era stato tracciato in modo incerto nel 1902 tra l’Italia (allora paese colonizzatore dell’Eritrea) e il regno d’Etiopia. E dopo più di un secolo Etiopia ed Eritrea si combattevano per quel mal nato confine coloniale»

    (p.112)

    «L’Europa è colpevole tutta per lo sfacelo di morte e dolore che sta riversando in uno dei mari più belli del mondo.»

    (p.124)

    «Per la maggior parte degli italiani, e dei media, erano semplicemente disperati, i soliti miserabili morti di fame (quasi un’icona, come il bambino del Biafra macilento e schelettrico), in fuga da guerra, dittatura e carestia. Una sorta di stereotipo universale, quello del disperato senza passato, senza presente e con un futuro impossibile da rivendicare.»

    (p.124)

    «Occupare uno spazio è un grido di esistenza.»

    (p.125)

    «La crisi è quando non sai che strada percorrere e soprattutto che strada hai percorso.»

    (p.125)

    «E come si fa a smettere di essere complici?
    In Somalia tutti i nomadi sanno che il miglior antidoto all’ignoranza, a quella jahilia che ci vuole muti e sordi, è il racconto. Io, che per metà vengo da questa antica stirpe di nomadi e cantastorie, so quanto valore può avere una parola messa al posto giusto. La storia va raccontata. Mille e mile volte. Va raccontata dal punto di vista di chi ha subito, di chi è stato calpestato, di chi ha sofferto la fame e la sete. La visione dei vinti, dei sopravvissuti, di chi ha combattuto per la sua libertà. Solo raccontando, solo mettendo in fila fatti, sensazioni, emozioni possiamo davvero farcela. Solo così le narrazioni tossiche che ci avvelenano la vita ci possono abbandonare. Il concetto di narrazione tossica viene dal collettivo Wu Ming:
    ’Per diventare ’narrazione tossica’, una storia deve essere raccontata sempre dallo stesso punto di vista, nello stesso modo e con le stesse parole, omettendo sempre gli stessi dettagli, rimuovendo gli stessi elementi di contesto e complessità.
    E’ sempre narrazione tossica la storia che gli oppressori raccontano agli oppressi per giustificare l’oppressione, che gli sfruttatori raccontano agli sfruttati per giustificare lo sfruttamento, che i ricchi raccontano ai poveri per giustificare la ricchezza.’»

    (p.128)

    –-> sur la #narration_toxique (#narrazione_tossica) :
    https://www.wumingfoundation.com/giap/2013/07/storie-notav-un-anno-e-mezzo-nella-vita-di-marco-bruno

    «La madre patria era nulla senza le sue colonie, per questo amava mostrarle succubi. Si era inventata il fardello dell’uomo bianco, la civilizzazione, la missione di Dio, solo per poter sfruttare il prossimo senza sensi di colpa.»

    (p.130)

    –-

    Sur la gestion des #funérailles et de l’#enterrement des victimes du #naufrage du #3_octobre_2013 :
    https://seenthis.net/messages/971940

    #mémoire #livre #colonialisme_italien #colonisation #Italie #Rome #traces #paysage #géographie_urbaine #post-colonialisme #toponymie #monuments #mémoire #Igiaba_Scego #passé_colonial #photographie #oubli_colonial #histoire #Asmara #Erythrée #architecture #urbanisme #stele_di_dogali #Dogali #Tedali #Adua #massacre #ras_Alula #Saati #maggiore_Boretti #Ras_Alula #Tommaso_De_Cristoforis #Vito_Longo #Luigi_Gattoni #Luigi_Tofanelli #basci-buzuk #Ulisse_Barbieri #Taitù #regina_Taitù #Pietro_Badoglio #Rodolfo_Graziani #italiani_brava_gente #oubli #ponte_Amedeo_d'Aosta #Principe_Amedeo #mémoire #démocratie #troupes_coloniales #dubat #meharisti #Badme #frontières #frontières_coloniales #zaptiè #retour_de_mémoire #Affile #Ercole_Viri

    –—

    ajouté à la métaliste sur la #colonialisme_italien :
    https://seenthis.net/messages/871953

    ping @cede @albertocampiphoto @olivier_aubert

    • Citation tirée du livre «#La_frontiera» de #Alessandro_Leogrande:

      «Si è acceso qualcoa dentro di me quando ho scoperto che alcuni dei campi di concentramento eretti negli ultimi anni da Isaias Afewerki per reprimere gli oppositori sorgono negli stessi luoghi dove erano disposti i vecchi campi di concentramento del colonialismo italiano.
      In particolare nelle isole di #Dahlak, cinquanta chilometri al largo di Massaua, dove le galere italiane sono state prima riutilizzate dagli occupanti etiopici e in seguito dallo stesso regime militare del Fronte.
      Il penitenziario di #Nocra, una delle isole dell’arcipelago, fu attivo dal 1887 (proprio l’anno dell’eccidio di Dogali) al 1941, come ricorda Angelo Del Boca in Italiani, brava gente? Vi furono rinchiusi prigionieri comuni, ascari da punire, detenuti politici, oppositori e, dopo l’inizio della campagna d’Etiopia nel 1935, ufficiali e funzionari dell’impero di Hailé Selassié, perfino preti e monaci. (...) L’idea di fare di Nocra e delle isole limitrofe una gabbia infernale si è tramandata nel tempo, da regime a regime»

      (p.85-86)

      –---

      Sul Campo di concentramento di Nocra

      Il campo di Nocra o carcere di Nocra fu il più grande campo di prigionia italiano nella Colonia eritrea e dal 1936 il più grande dell’Africa Orientale Italiana. Venne aperto nel 1887 e chiuso nel 1941 dagli inglesi. Era situato nell’isola di Nocra, parte dell’Arcipelago di Dahlak, a 55 chilometri al largo di Massaua. Dal 1890 al 1941 fece parte del Commissariato della Dancalia. Arrivò a detenere tra un minimo di 500 prigionieri e un massimo di 1.800[1].


      https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Nocra

      #camp_de_concentration #Tancredi_Saletta #Oreste_Baratieri

    • #Igiaba_Scego: “Scopriamo i simboli della storia coloniale a Roma per riempire un vuoto di memoria”

      Igiaba Scego, scrittrice italo somala autrice di libri come ‘Roma negata’ e ‘La linea del colore’, racconta e spiega i simboli del colonialismo presenti nella capitale. Spesso sconosciuti, ignorati, o lasciati nel degrado, narrano una storia che l’Italia ha rimosso: quella delle guerre coloniali che ebbero luogo anche prima del fascismo, e che oggi rappresentano il ‘vuoto di memoria’ del nostro paese. Un dibattito che si è accesso a Roma dopo la decisione di intitolare la stazione della metro C al partigiano italo-somalo #Giorgio_Marincola e non chiamarla più #Amba_Aradam.

      A Roma da qualche settimana si parla dei simboli e dei nomi del rimosso coloniale italiano, grazie alla proposta di intitolare la stazione della metro C su via dell’Amba Aradam a Giorgio Marincola, partigiano italo-somalo morto durante la Resistenza. Una proposta diventata realtà con il voto del consiglio comunale che ha deciso che Roma non appellerà una stazione della metropolitana ‘Amba Aradam’, l’altipiano montuoso dove l’esercito italiano massacrò 20.000 uomini e donne con bombardamenti a tappeto e l’utilizzo di armi chimiche. Di questo e altro abbiamo parlato con la scrittrice Igiaba Scego.

      Quali sono i simboli coloniali a Roma che andrebbero spiegati e sui quali bisognerebbe accendere l’attenzione?

      Non sono molti ma sono collocati in punti simbolici. A Roma, tra piazza della Repubblica e la stazione Termini c’è la Stele di Dogali, a riprova che il colonialismo non è stato solo fascista ma anche ottocentesco. L’obelisco è egiziano ma ha un basamento ottocentesco dedicato alla battaglia avvenuta nel 1887 a Dogali, in Eritrea, dove una colonna italiana venne intercettata e massacrata. Da lì anche il nome di piazza dei 500 davanti la stazione Termini. Di questa battaglia ne ho parlato in due libri, ‘Roma negata’ e ‘La linea del colore’. E nella piazza dove c’è la Stele, s’incontra il colonialismo con le migrazioni di oggi. Questo monumento, che nessuno conosce, è tra l’altro lasciato nel degrado. C’è poi il ponte Duca d’Aosta nei pressi del Vaticano, o il Cinema Impero a Tor Pignattara, che oggi si chiama Spazio Impero. Oltre al fatto di inserire il termine ‘impero’ nel nome, la struttura è quasi uguale a un cinema che è stato realizzato ad Asmara in Eritrea. Ma la cosa che colpisce di più sono i vuoti. Negli anni ’30, venne portata da Mussolini come bottino di guerra dall’Etiopia la Stele di Axum. Questa fu posizionata a piazza di Porta Capena, dove inizia anche il libro ‘Roma negata’. Dopo la guerra, non è stata restituita subito. Nel 1960, Abebe Bikila (campione olimpionico etiope) ha vinto i Giochi di Roma correndo a piedi nudi. Ho sempre pensato che il motivo della sua vittoria non fu solo la sua capacità fisica e la sua caparbietà, ma anche il dover essere costretto a passare per ben due volte davanti la Stele sottratta al suo popolo. Sono convinta che gli abbia dato lo sprint per vincere. La Stele fu poi restituita all’Etiopia negli anni Duemila, tra mille polemiche. Il problema è che ora in quella piazza non c’è nulla, solo due colonnine che rappresentano le Torri Gemelli e di cui nessuno sa nulla. Sarebbe stato giusto ergere sì un monumento per ricordare l’11 settembre, ma soprattutto uno per ricordare le vittime del colonialismo italiano e chi ha resistito ai colonizzatori. Un monumento riparatore per avvicinare i popoli vista la storia scomoda. Quella piazza rappresenta il vuoto di memoria, è come se qualcuno avesse fotografato il rimosso coloniale".

      Quali potrebbero essere i passi da compiere per far emergere il rimosso coloniale?

      Inserirlo nei programmi scolastici e nei libri di testo. Negli ultimi anni è emersa una certa sensibilità e tanti libri sono entrati a scuola grazie agli insegnanti. Sarebbe bello però avere anche nei programmi non solo la storia del colonialismo, ma anche il punto di vista del sud globale. Mi piacerebbe che la storia italiana fosse studiata globalmente, e far emergere le connessioni dell’Italia con l’Europa, l’Africa, l’America Latina e l’Asia. Non penso solo al colonialismo, ma anche alla storia delle migrazioni italiane. Alle superiori andrebbe studiata soprattutto la storia del ‘900. L’altro giorno è scoppiata quella bomba terribile a Beirut: quanti studenti e studentesse sanno della guerra civile in Libano? Sempre nella direzione di far emergere il rimosso coloniale, sarà istituito un museo che si chiamerà ‘Museo italo – africano Ilaria Alpi’. Ma la cosa che servirebbe tantissimo è un film o una serie tv. Presto sarà tratto un film da ‘The Shadow King’, libro di Maaza Mengiste, una scrittrice etiope – americana, che parla delle donne etiopi che resistono all’invasione fascista degli anni ’30. Un libro bellissimo e importante, come è importante che la storia del colonialismo italiano sia raccontata da un prodotto culturale potenzialmente globale. Ma perché un film sul colonialismo italiano lo deve fare Hollywood e non Cinecittà? Perché c’è ancora questa cappa? Non penso a un film nostalgico, ma a una storia che racconti la verità, la violenza. Serve sia lo studio alto sia il livello popolare. Altrimenti il rischio è che diventi solo un argomento per studiosi. È bello che escano libri all’estero, ma dobbiamo fare un lavoro anche qui.

      Quali sono le figure, magari anche femminili, che dovrebbero essere valorizzate e raccontate?

      Metterei in scena la collettività. Un’idea è fare un murales. Nel Medioevo le cattedrali erano piene di affreschi, e attraverso le immagini è stata insegnata la storia della chiesa. Userei la stessa tecnica, mostrando le immagini della resistenza anche delle donne etiope e somali. Servirebbe poi creare qualcosa che racconti anche le violenze subite nel quotidiano, perché non ci sono solo le bombe e i gas, ma anche i rapporti di potere. Mio padre ha vissuto il colonialismo e mi raccontava che prima dell’apartheid in Sudafrica c’era l’apartheid nelle città colonizzate, dove c’erano posti che non potevano essere frequentati dagli autoctoni. Racconterei queste storie sui muri delle nostre città e nelle periferie. È importante ricordare ciò che è stato fatto anche lì.

      https://www.fanpage.it/roma/igiaba-scego-scopriamo-i-simboli-della-storia-coloniale-a-roma-per-riempire-
      #histoire_coloniale #mémoire #symboles

      –---

      –-> sur la nouvelle toponymie de la station de métro:
      https://seenthis.net/messages/871345

    • Citations tirées du livre « #La_frontiera » de #Alessandro_Leogrande :

      «Dopo aver letto Roma negata, il libro di Igiaba Scego sui monumenti, le targhe, le lapidi e i palazzi della capitale che ricordano il colonialismo, sono andato a vedere l’#oblisco_di_Dogali. (...) Il libro è un viaggio nelle pieghe di Roma alla ricerca delle tracce del passato coloniale.
      (...)
      Il paradosso è che la rimozione del passato coloniale riguarda esattamente quelle aree che a un certo punto hanno cominciato a rovesciare i propri figli verso l’Occidente. Sono le nostre ex colonie uno dei principali ventri aperti dell’Africa contemporanea. I luoghi di partenza di molti viaggi della speranza sono stati un tempo cantati ed esaltati come suolo italiano, sulle cui zolle far sorgere l’alba di un nuovo impero»

      (pp.80-81)

      «In realtà il mausoleo [l’obelisco di Dogali], realizzato già nel giugno 1887 dall’architetto #Francesco_Azzurri, fu inizialmente collocato nella vicina piazza dei Cinquecento, l’enorme capolinea degli autobus che sorge davanti alla stazione Termini e si chiama così in onore dei caduti di #Dogali. Ma poi, nei primi anni del regime fascista, fu spostato qualche centinaio di metri in direzione nord-ovest, verso piazza della Repubblica. Ed è lì che è rimasto»

      (pp.82-82)

      https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/la-frontiera

  • « Si l’Afrique veut être plus efficace face aux épidémies futures, elle doit tirer les leçons de ses insuffisances »
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2020/05/31/si-l-afrique-veut-etre-plus-efficace-face-aux-epidemies-futures-elle-doit-ti

    Ces mesures gouvernementales ont été prises sans concertation, mal expliquées, incohérentes, dépourvues de suivi et d’appui de proximité, et peu adaptées aux contextes locaux. Elles ont oscillé entre violence et laxisme, avec des fermetures d’églises et de mosquées, rouvertes ultérieurement alors même que le nombre de cas augmentait, des tentatives velléitaires (souvent non suivies d’effets) de restreindre la fréquentation des marchés ou de mettre fin à l’activité des motos-taxis, des couvre-feux arbitraires, des interdictions et exhortations contradictoires. Pour l’essentiel, les marchés, les églises, les mosquées continuent d’être fréquentés, les motos-taxis à rouler avec leurs passagers, les baptêmes et les funérailles à rassembler les proches, les jeunes à prendre le thé sur les trottoirs, les gens à voyager et même à traverser des frontières poreuses, tout cela malgré les bastonnades sans ménagement des forces de police.

    #Covid-19#migrant#migration#Afrique#mesures-sanitaires#pandémie#funérailles#frontières#santé#OlivierDeSardan

  • ’A generation has died’: Italian province struggles to bury its #coronavirus dead

    Coffins pile up and corpses are sealed off in homes as Bergamo’s funeral firms are overwhelmed.

    Coffins awaiting burial are lining up in churches and the corpses of those who died at home are being kept in sealed-off rooms for days as funeral services struggle to cope in Bergamo, the Italian province hardest hit by the coronavirus pandemic.

    As of Wednesday, Covid-19 had killed 2,978 across Italy, all buried or cremated without ceremony. Those who die in hospital do so alone, with their belongings left in bags beside coffins before being collected by funeral workers.

    In Bergamo, a province of 1.2 million people in the Lombardy region, where 1,959 of the total deaths in the country have taken place, 4,305 people had contracted the virus by Wednesday. The death toll across the province is unclear, but the situation has become so intense that on Wednesday night the army was brought in to move 65 coffins from the cemetery in Bergamo town and take them to Modena and Bologna in Emilia-Romagna.

    CFB, the area’s largest funeral director, has carried out almost 600 burials or cremations since 1 March.

    “In a normal month we would do about 120,” said Antonio Ricciardi, the president of CFB. “A generation has died in just over two weeks. We’ve never seen anything like this and it just makes you cry.”

    There are about 80 funeral companies across Bergamo, each receiving dozens of calls an hour. A shortage of coffins as providers struggle to keep up with demand and funeral workers becoming infected with the virus are also hampering preparations.

    Hospitals have adopted more stringent rules regarding the handling of the dead, who need to be placed in a coffin straight away without being clothed due to the risk of infection posed by their bodies. “Families can’t see their loved ones or give them a proper funeral. This is a big problem on a psychological level,” said Ricciardi. “But also because many of our staff are ill, we don’t have as many people to transport and prepare the bodies.”

    For those who die at home, the bureaucratic process is lengthier as deaths need to be certified by two doctors. The second is a specialist who would ordinarily have to certify the death no later than 30 hours after a person has passed away.

    “So you have to wait for both doctors to come and at this time, many of them are also ill,” added Ricciardi.

    Stella, a teacher in Bergamo, shared the story of one of the deceased with the Guardian. “Yesterday, an 88-year-old man died,” she said. “He’d had a fever for a few days. There was no way to call an ambulance because the line was always busy. He died alone in his room. The ambulance arrived an hour later. Obviously, nothing could be done. And since no coffins were available in Bergamo, they left him on the bed and sealed his room to keep his relatives from entering until a coffin could be found.”

    Adding to the torment is the fact that relatives cannot visit their loved ones in hospital, or give them proper funerals.

    “Usually you would be able to dress them and they would stay one night in the family home. None of this is happening,” said Alessandro, whose 74-year-old uncle died in Codogno, the Lombardy town where the outbreak began. “You can’t even see them to say goodbye, this is the most devastating part.”

    The harrowing impact of the virus on Bergamo can be gleaned from the obituary section of the local newspaper L’Eco di Bergamo. On Friday, reader Giovanni Locatelli shared online footage comparing the newspaper’s obituary section on 9 February, when listings took up just one page, to a copy dated 13 March, when 10 pages were needed to commemorate the dead. On Sunday, Il Messaggero posted a video of coffins lined up in a church.

    “We have asked for support from funeral companies nationally as deaths have risen exponentially,” said Pietro Bonaldi, the director of Lia, a business association in Bergamo. “We have reached capacity. And unfortunately, in recent days a lot of funeral workers have become sick with the virus and so can’t work.”

    Elsewhere in Italy, there have been cases of funeral companies refusing to take bodies, for example in Naples, where the body of Teresa Franzese, 47, was kept at home for almost two days before it was collected.

    All religious ceremonies, including funerals, masses and weddings, are banned amid the lockdown. However, two priests, one near Venice and another in the southern Campania region, were charged for officiating a funeral.

    https://www.theguardian.com/world/2020/mar/19/generation-has-died-italian-province-struggles-bury-coronavirus-dead?CM
    #Italie #morts #Bergamo #Bergame #armée #cadavres #funérailles #cimetières #covid-19 #décès

  • L’UFAL s’oppose au projet de privatisation du crématorium du Père-Lachaise | UFAL
    https://www.ufal.org/laicite/lufal-soppose-au-projet-de-privatisation-du-crematorium-du-pere-lachaise

    La construction du crématorium du Père-Lachaise et la loi sur la liberté des funérailles sont des conquêtes laïques et républicaines majeures de la fin du 19e siècle. Elles ont permis la pratique de la crémation et la possibilité d’organiser des cérémonies civiles alternatives à celles de la religion dominante, et ce dans un lieu d’une grande qualité architecturale propice au recueillement dans le respect de la dignité des proches des défunts.
    Le crématorium du cimetière du Père-Lachaise

    Or, ce que le Conseil municipal de Paris a porté à travers la construction et la gestion d’un service public funéraire, de la 3e République à aujourd’hui, le Conseil Municipal de Paris du 11 juin 2019 s’apprête à le privatiser sur proposition de la majorité municipale. Nous appelons l’ensemble des conseillers municipaux attachés à cette histoire, au principe de laïcité et aux services publics, à rejeter cette délibération(1) portant délégation de gestion, par un contrat de 30 ans, au fonds d’investissement SCF-Funécap.❞
    #laïcité #funérailles #crematorium

  • Variations sur le thème "sic transit et gloria mundi"

    « La mort est le capital à un tel degré d’accumulation qu’il devient image. »
    « « Le spectacle est le mauvais rêve de la société moderne enchaînée, qui n’exprime finalement que son désir de dormir. Le spectacle est le gardien de ce sommeil » »
    Guy Debord

    MORT DU MANAGER DE CÉLINE DION : Prière Païenne
    https://lundi.am/Mort-du-manager-de-Celine-Dion

    À l’occasion des funérailles nationales de René Angélil, des lecteurs québecois de lundimatin ont réalisé une vidéo anonyme.
    https://www.youtube.com/watch?v=vKPLXwVEkZM

    La narration est tirée d’un film exemplaire au propos anti-colonial tourné en 1993 au Québec par le réalisateur Pierre Falardeau : "Le temps des bouffons" ’1985) un documentaire à charge sur un banquet du Beaver Club, ces "profiteurs qui passent pour des philantropes... aux dents affreusement blanches... qui se reproduisent de pères en fils." https://www.youtube.com/watch?v=SiJGQYd6Kw0

    #la_société_du_spectacle #funérailles_nationales #state_funerals #Céline_dion #René_Angélil #show_business #Guy_Debord #Pierre_Falardeau #Beaver_Club #lundi.am

  • Un #naufrage et 366 #enterrements - #funérailles à l’italienne

    Ce lundi 21 octobre, une commémoration en mémoire des victimes des naufrages de Lampedusa a été organisée en Sicile, à Agrigente. Sans les cercueils qui ont tous été enterrés à la va-vite, sans les survivants qui n’ont pas pu honorer leurs morts, sans la maire de l’ile de Lampedusa, mais en présence de l’ambassadeur d’Erythrée - une des pires dictatures au monde - et du ministre de l’intérieur, Angelino Alfano, qui a été hué dans sa ville natale.

    https://soundcloud.com/mathilde-auvillain/un-naufrage-et-366

    #Lampedusa #Italie #migration #asile #réfugié

    • La vergogna dei morti
      –-> la honte des morts

      La solita passerella politica. Passerella “turbata” dall’accoglienza dedicata al Ministro dell’Interno Angelino Alfano, contestato da quanti urlavano: “Assassini, assassini, basta con la Bossi-Fini”. È terminata così la partecipazione del Ministro alla commemorazione dei 366 migranti morti nel naufragio del 3 ottobre a Lampedusa.

      http://www.lavalledeitempli.net/2013/10/21/46407

  • #Bangladesh : mort du #blogueur Thaba Baba ( #CaptainClaw )
    http://www.argotheme.com/organecyberpresse/spip.php?article1647

    Une marée #humaine, à #Shahbag , exige le #jugement des #criminels #islamistes

    La marée humaine qui a assisté aux #funérailles d’Ahmed Rajib Haider au Bangladesh dans la capitale #Dhaka est en réalité une #manifestation pour exiger l’ #arrestation et le #jugement les #criminels de guerre et leurs associés du #parti #islamiste. Il a été abattu près de chez lui le 15 février… Sous l’accusation d’ #athéisme .

  • 1- LES REPRESENTANTES DES #AMBASSADES #EUROPEENNES avec celle de toute l’ #UE (Union Européenne) ont #boycott é...

    http://goo.gl/3W4QH

    #ALGERIE : #funérailles du 1er #Président, des atteintes à la #mémoire du défunt…
    … comme une crasseuse couche tapissant le prestige du pays.

    2- L’ #imam qui a dit l’ORAISON FUNEBRE a fait un discours de soutien du POUVOIR en place.

    3- La représentation #Marocaine s’est retiré en croisant celle du #Polisario. Chose qui pouvait être évité en TOUTE simplicité.

  • #ALGERIE : #funérailles du 1er #Président, des atteintes à la #mémoire du défunt… #Benbella

    http://goo.gl/aEq26

    … comme une crasseuse couche tapissant le #prestige du #pays.

    Même les funérailles du premier président de la #république indépendante, Benbella, ont été émaillées de faiblesses à rappeler l’état de déliquescence des #institutions et de l’appareil administratif. L’Algérie vit sa plus sombre époque. Avec la détérioration des ressorts républicains, et la ruée effarouchée d’une rampante islamisation maladivement fanatique.

    SUITE Prochain sujet :

    Bouteflika : un bilan noir contrastant avec le faste…