• « Quand vous avez un nombre de médecins insuffisant, il ne faut pas s’étonner que des groupes financiers prennent l’initiative »
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2024/04/21/quand-vous-avez-un-nombre-de-medecins-insuffisant-il-ne-faut-pas-s-etonner-q

    Les #groupes_financiers ont bénéficié du désengagement de l’Etat dans les besoins de #santé pour s’engouffrer dans le secteur, explique l’économiste Nicolas Da Silva dans un entretien au « Monde ». Au risque d’imposer leurs normes.
    Propos recueillis par Véronique Julia, Publié le 21 avril

    Nicolas Da Silva est économiste, maître de conférences en sciences économiques à l’université Sorbonne-Paris-Nord. Il appelle l’Etat à faire preuve d’imagination pour améliorer l’organisation de l’offre de soins sur tout le territoire [ah ah ah].

    L’offensive de la finance dans le secteur de la santé résulte-t-elle en partie des défaillances de l’Etat ?

    La finance profite de l’absence d’une réponse publique organisée aux problèmes que connaît le secteur de la médecine libérale. Et elle propose de pallier ces défaillances, en effet. Quand vous avez des besoins de santé non couverts, avec un nombre insuffisant de #médecins, des #déserts_médicaux et des urgences saturées faute d’alternative, il ne faut pas s’étonner que des groupes financiers prennent l’initiative et trouvent leur place dans le parcours de soins, en réorganisant l’offre et en investissant massivement. Et cela dans tous les domaines : la biologie, la radiologie, mais aussi les soins de premier recours.

    Juridiquement, les pouvoirs publics ont même facilité les initiatives privées et l’entrée d’investisseurs au capital des structures médicales. D’ailleurs, on entend davantage ceux qui râlent, mais certains médecins s’y retrouvent et ne se plaignent pas : quand un groupe privé s’occupe de toutes les tâches administratives et vous dit de vous concentrer sur votre cœur de métier, ça répond aussi à une attente formulée par les professionnels qui n’est pas suffisamment entendue.

    Vous alertez sur les dangers de cette tendance…

    Les financiers cherchent à rémunérer leur capital et ils sont dans leur rôle. Mais les risques sont multiples. Les risques d’inégalité d’abord, car ils ne vont investir que là où c’est rentable, ce qui peut les conduire à délaisser des actes, des zones géographiques, des pathologies et des publics moins intéressants d’un point de vue lucratif. Dans le domaine de la santé, la rémunération de l’offre de soins provient de financements publics, qui ne sont pas extensibles, donc comment faire du profit sans que ce soit sur le dos des patients et des professionnels de santé ?

    J’ajoute le risque de déposséder ces mêmes professionnels de leur outil de travail, ce dont les médecins prennent conscience. S’ils ne possèdent plus le contrôle de leur outil, ils peuvent perdre leur liberté d’exercice, et la logique financière pourrait prendre le pas sur le choix médical et l’intérêt du patient.

    Comment peut-on limiter ces risques ?

    Déjà, il serait bénéfique de chercher à quantifier et à qualifier la tendance observée depuis plusieurs années. On manque de données, c’est un travail titanesque de construire une cartographie des financiers et des financements. Ensuite, il faut réguler les statuts juridiques des groupes constitués pour s’assurer de l’indépendance réelle des praticiens. Enfin, il faut que les pouvoirs publics réagissent et aient un peu d’imagination pour mieux organiser l’offre sur le territoire : investir massivement dans certaines régions sous-dotées, mieux rémunérer certaines démarches d’installation, penser une organisation pérenne qui ne peut pas être que libérale…

    Laisser la finance pallier les manques relève d’une vue de court terme : cela rend service dans un premier temps, mais, finalement, cela peut bousculer le rapport de force avec des mastodontes qui imposeront leurs exigences tarifaires. C’est un vrai risque à prendre en compte.

    Véronique Julia

  • Il cotone “sporco e insostenibile” di #Zara ed #H&M e la distruzione del #Cerrado

    La Ong inglese #Earthsight ha condotto un’inchiesta per un anno lungo la filiera di questa fibra tessile: i due marchi della fast fashion avrebbero immesso sul mercato 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nella savana tropicale che copre un terzo del Brasile. “Il sistema di filiera ‘etica’ su cui si basano questi colossi è fondamentalmente difettoso”

    Se negli ultimi anni avete acquistato vestiti di cotone, asciugamani o lenzuola di H&M o Zara “probabilmente sono macchiati del saccheggio del Cerrado”, un’area ricchissima di biodiversità che copre quasi un quarto della superficie del Brasile. Sam Lawson, direttore della Ong britannica Earthsight, non usa mezzi termini per commentare l’esito dell’inchiesta “Fashion crimes. The European retail giants linked to dirty Brazilian cotton”, pubblicata l’11 aprile, che analizza la lunga e insostenibile filiera di questa fibra dalla produzione (in Brasile) alla lavorazione (in Paesi come Indonesia e Bangladesh), fino alla commercializzazione in Europa (Italia compresa) dove, secondo le stime di Earthsight, i due brand avrebbero messo in commercio prodotti realizzati con 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nel Cerrado.

    Ma andiamo con ordine. L’inchiesta di Earthsigh prende le mosse proprio dal grande Paese latinoamericano che, negli ultimi dieci anni, ha guadagnato crescente importanza nel mercato globale del cotone, di cui oggi è il secondo esportatore mondiale “e si prevede che entro il 2030 supererà gli Stati Uniti”. Il cuore di questa produzione si concentra in uno degli ecosistemi più fragili e preziosi del mondo: il Cerrado, una grande savana tropicale che ospita una delle più importanti aree di biodiversità al mondo, dove vivono oltre seimila specie di alberi così come centinaia di rettili, mammiferi, anfibi e uccelli.

    La sopravvivenza di questo inestimabile patrimonio è minacciata dalla deforestazione illegale che nel 2023 ha raggiunto livelli record, con un aumento del 43% rispetto al 2022. “Circa la metà della vegetazione nativa del Cerrado è già andata perduta, soprattutto per far posto all’espansione dell’agrobusiness”, evidenzia il report. Milioni di litri d’acqua vengono prelevati regolarmente dai fiumi e dalle falde per irrigare i campi di cotone, la cui coltivazione richiede l’utilizzo di 600 milioni di litri di pesticidi ogni anno.

    L’inchiesta di Earthsight analizza in particolare il ruolo di due dei principali produttori di cotone brasiliani: il gruppo Horita e SLC Agrícola che controllano enormi aziende e centinaia di migliaia di ettari di terreno. “Nel 2014 l’agenzia ambientale dello Stato di Bahia ha rilevato 25mila ettari deforestati illegalmente nelle aziende agricole di Horita a Estrondo -si legge nel report-. Nel 2020 la stessa agenzia ha dichiarato di non essere riuscita a trovare i permessi per altri 11.700 ettari deforestati dall’azienda tra il 2010 e il 2018”. Tra il 2010 e il 2019 l’azienda è stata multata complessivamente più di venti volte, per un totale di 4,5 milioni di dollari, per violazioni ambientali.

    https://i0.wp.com/altreconomia.it/app/uploads/2024/04/7.-Cerrado-accumulated-deforestation-1987-2022.png

    Altrettanto gravi, le denunce rivolte a SLC Agrícola: tre aziende, tutte coltivate a cotone, hanno cancellato per sempre 40mila ettari di Cerrado nativo negli ultimi 12 anni. E, sebbene l’azienda abbia adottato una politica “zero deforestazione” nel 2021, è accusata di aver distrutto altri 1.356 ettari di vegetazione nel 2022. Accuse che hanno spinto il fondo pensionistico pubblico della Norvegia a ritirare i propri investimenti nella società brasiliana.

    Al termine di un lavoro d’inchiesta di un anno -durante il quale hanno analizzato migliaia di registri di spedizione, relazioni aziendali, elenchi di fornitori e siti web– i ricercatori di Earthsight hanno ricostruito la filiera che porta il cotone coltivato illegalmente nel Cerrado nei negozi di Zara ed H&M e poi negli armadi di milioni di persone. I ricercatori hanno identificato otto produttori di abbigliamento asiatici che utilizzano il cotone Horita e SLC e che allo stesso tempo forniscono alle due società di fast fashion milioni di capi di cotone finiti. Tra questi figura l’indonesiana PT Kahatex “il più grande acquirente di cotone contaminato Horita e SLC che abbiamo trovato”. H&M è il secondo cliente dell’azienda indonesiana, da cui ha acquistato milioni di paia di calzini, pantaloncini e pantaloni che sono poi stati messi in vendita nei negozi del gruppo negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, in Svezia, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Francia, in Polonia, in Irlanda, in Italia.

    Il cotone sporco del Cerrado è finito anche negli stabilimenti di Jamuna Group, uno dei maggiori conglomerati industriali del Bangladesh: “Nei negozi Zara in Europa, fino ad agosto 2023, sono stati venduti per 235 milioni di euro jeans e altri capi in denim confezionati da Jamuna, circa 21.500 paia al giorno -si legge nel report-. Inditex importa i capi prodotti da Jamuna in Spagna e nei Paesi Bassi, da dove li distribuisce ai suoi negozi Zara, Bershka e Pull&Bear in tutta Europa”. Complessivamente, secondo le stime che i ricercatori hanno elaborato consultando i registri delle spedizioni il Gruppo Horita e SLC Agrícola hanno esportato direttamente almeno 816mila tonnellate di cotone da Bahia verso i mercati esteri tra il 2014 e il 2023. Una quantità di materia prima sufficiente a produrre dieci milioni di capi d’abbigliamento e prodotti per la casa tra lenzuola, tovaglie e tende.

    Ma come è stato possibile, si sono chiesti i ricercatori, che le catene di approvvigionamento dei due marchi di moda siano state “contaminate” da cotone brasiliano legato a deforestazione e land grabbing? “Parte della risposta sta nel fatto che le loro politiche etiche sono piene di falle. Ma soprattutto, il sistema di filiera etica su cui si basano è fondamentalmente difettoso”.

    Il riferimento è al fatto che, nel tentativo di presentarsi come sostenibili e responsabili, i due brand si sono affidati a un sistema di certificazione denominato Better Cotton (BC). “Il cotone che abbiamo collegato agli abusi ambientali a Bahia ne riportava il marchio di qualità. Questo non dovrebbe sorprendere dal momento che Better Cotton è stata ripetutamente accusata di greenwashing e criticata per non aver garantito la piena tracciabilità delle catene di approvvigionamento”, scrivono i ricercatori di Earthsight nel rapporto. Evidenziando come, sebbene dal primo marzo 2024 le regole di BC siano state aggiornate, rimangano comunque una serie di criticità e di punti deboli. A partire dal fatto che il cotone proveniente da terreni disboscati illegalmente prima del 2020 venga ancora certificato.

    “È ormai molto chiaro che i crimini legati ai beni che consumiamo devono essere affrontati attraverso la regolamentazione, non attraverso le scelte dei consumatori -conclude Sam Lawson, direttore di Earthsignt-. Ciò significa che i legislatori dei Paesi consumatori dovrebbero mettere in atto leggi forti con un’applicazione rigorosa. Nel frattempo, gli acquirenti dovrebbero pensarci due volte prima di acquistare il prossimo capo di abbigliamento in cotone”.

    https://altreconomia.it/il-cotone-sporco-e-insostenibile-di-zara-ed-hm-e-la-distruzione-del-cer
    #industrie_textile #coton #mode #déforestation #Brésil #rapport #chiffres #statistiques #SLC_Agrícola #Horita #SLC #fast-fashion #land_grabbing #accaparement_de_terres #Better_Cotton #greenwashing #green-washing

    • Fashion Crimes: The European Retail Giants Linked to Dirty Brazilian Cotton


      Key Findings:

      - The world’s largest fashion brands, H&M and Zara, use cotton linked to land grabbing, illegal deforestation, violence, human rights violations and corruption in Brazil.
      - The cotton is grown by two of Brazil’s largest agribusinesses – SLC Agrícola and the Horita Group – in western Bahia state, a part of the precious Cerrado biome, which has been heavily deforested in recent decades to make way for industrial-scale agriculture.
      - Unlike in the Amazon, deforestation in the Cerrado is getting worse. The biome is home to five per cent of the world’s species. Many face extinction due to habitat loss if current deforestation trends are not reversed.
      - For centuries, traditional communities have lived in harmony with nature. These communities have seen their lands stolen and suffered attacks by greedy agribusinesses serving global cotton markets.
      - The tainted cotton in H&M and Zara’s supply chains is certified as ethical by the world’s largest cotton certification scheme, Better Cotton, which has failed to detect the illegalities committed by SLC and Horita. Better Cotton’s deep flaws will not be addressed by a recent update to its standards.
      - Failure by the fashion sector to monitor and ensure sustainability and legality in its cotton supply chains means governments in wealthy consumer markets must regulate them. Once in place, rules must be strictly enforced.

      https://www.earthsight.org.uk/fashion-crimes

  • La #LDH et #Utopia_56 portent plainte pour #complicité de #crimes_contre_l'humanité et complicité de #torture contre le n°3 de la liste RN

    #Fabrice_Leggeri est visé par une plainte pour complicité de crimes contre l’humanité et complicité de torture, révèlent franceinfo et Le Monde, mardi.

    La Ligue des Droits de l’Homme et Utopia 56 ont déposé, mardi 23 avril, une plainte à Paris pour complicité de crimes contre l’humanité et complicité de torture contre Fabrice Leggeri, le n°3 de la liste RN pour les élections européennes, révèlent franceinfo et Le Monde.

    De 2015 et 2022, Fabrice Leggeri a occupé le poste de directeur exécutif de Frontex, l’agence européenne de gardes-frontières et de gardes-côtes. Dans cette plainte, il lui est reproché d’avoir activement facilité des refoulements illégaux en mer de bateaux de migrants dans le cadre de ses fonctions.

    Interception de bateaux de migrants et obstacle à l’intervention d’ONG

    Les deux associations estiment que, lorsqu’il était à la tête de Frontex, Fabrice Leggeri a permis l’interception de bateaux de migrants par les #garde-côtes_libyens, à la fois en faisant obstacle à l’intervention d’ONG présentes en mer, mais aussi en livrant aux garde-côtes libyens les coordonnées GPS ou les photos aériennes de ces embarcations. Les Nations unies avaient pourtant établi que ces migrants, qui cherchaient à traverser la Méditerranée, étaient exposés en #Libye aux risques de violences physiques et sexuelles, de détention arbitraire, de torture et d’esclavage.

    La Convention de Genève de 1951, relative au statut des réfugiés et à leur droit d’asile, stipule qu’en mer, lorsque des personnes sont en danger, le principe doit toujours être celui de l’assistance et de l’aide. Les règles de l’ONU et de l’Union européenne imposent les mêmes usages.

    La LDH et Utopia 56 accusent également Fabrice Leggeri d’avoir facilité le #refoulement de bateaux de migrants de la #Grèce vers la #Turquie, en refusant, dit la plainte, de relayer leurs signaux de détresse. La plainte lui reproche aussi d’avoir dissimulé ces opérations, en ne les mentionnant pas dans les rapports de l’agence Frontex, et enfin d’avoir fait obstacle à la saisine de l’officier des droits fondamentaux en charge du contrôle des opérations de Frontex.

    Pour rédiger cette plainte, la LDH et Utopia 56 s’appuient notamment sur un rapport de l’Office européen de lutte anti-fraude, qui a précisément mis au jour des pratiques illégales et a mis en cause le rôle de Fabrice Leggeri, dont il était par ailleurs souligné le dirigisme à son poste de numéro 1 de Frontex. Les conclusions de ce rapport avaient contraint Fabrice Leggeri à la démission en 2022. Moins de deux ans plus tard, en février dernier, celui qui a été formé à l’ENA et a fait toute sa carrière dans la haute fonction publique a annoncé rejoindre la liste du Rassemblement national, conduite par Jordan Bardella, pour les élections européennes du 9 juin prochain.
    Des « allégations totalement incorrectes »

    Fabrice Leggeri, contacté par franceinfo, estime que « ces allégations » "sont totalement incorrectes". Il y voit « des manœuvres totalement politiciennes pour [le] discréditer et discréditer la liste du RN lors des élections européennes ». ⁠"Lorsque j’étais directeur de Frontex de 2015 à 2022, l’agence européenne a sauvé plus de 350 000 migrants en mer en conformité avec le droit international de la mer", ajoute le candidat RN. Il indique que « des plaintes pour diffamation sont déjà en préparation contre plusieurs membres de LFI qui ont publiquement proféré ce genre d’accusations totalement infondées ». Sur son compte X, mardi, il ajoute que « le RN est le seul rempart contre le terrorisme intellectuel que l’extrême-gauche et ses ONG font peser sur la France et sur l’Europe pour démanteler l’idée même d’un contrôle des frontières ».

    « La qualification de complicité de crime contre l’humanité est une qualification criminelle et grave, mais ce qui est plus grave, c’est de laisser mourir des dizaines de milliers d’hommes, de femmes et d’enfants en Méditerranée, c’est de favoriser leur transfert forcé vers des centres d’esclavage en Libye », estime Emmanuel Daoud, l’avocat de la Ligue des Droits de l’Homme. « À partir du moment où ils sont dans des bateaux, on ne doit pas les refouler, on doit les accueillir et on doit les sauver. Monsieur Leggeri l’a oublié et il devra en répondre », conclut-il.

    La plainte de 53 pages avec constitution de partie civile concernant Fabrice Leggeri a été déposée ce mardi après-midi au doyen des juges d’instruction du tribunal judiciaire de Paris. Une ONG allemande, le Centre européen pour les Droits constitutionnels et Humains, avait demandé il y a deux ans à la Cour pénale internationale à La Haye d’ouvrir une enquête sur le rôle de plusieurs hauts fonctionnaires, dont Fabrice Leggeri, dans ces refoulements de bateaux de migrants entre 2018 et 2021.

    https://www.francetvinfo.fr/faits-divers/justice-proces/info-franceinfo-europeennes-la-ldh-et-utopia-56-portent-plainte-pour-co

    #plainte #justice #migrations #réfugiés #frontières

    –—

    voir aussi :
    Revealed : The #OLAF report on Frontex
    https://seenthis.net/messages/976360

    • Fabrice Leggeri, numéro trois du RN aux européennes, visé par une plainte pour complicité de crime contre l’humanité

      Deux associations reprochent au directeur de Frontex de 2015 à 2022 d’avoir participé au refoulement d’embarcations de migrants par les autorités grecques vers la Turquie ainsi qu’à des interceptions par les garde-côtes libyens d’embarcations de migrants.

      Le numéro trois sur la liste Rassemblement national (RN) aux élections européennes de juin, Fabrice Leggeri, est visé par une plainte pour complicité de crime contre l’humanité et complicité de crime de torture. D’après nos informations, la Ligue des droits de l’homme (LDH) et l’association de défense des migrants Utopia 56 ont déposé plainte, mardi 23 avril, avec constitution de partie civile auprès du doyen des juges d’instruction du tribunal judiciaire de Paris.

      Cette action en justice vise celui qui est aujourd’hui un candidat du RN au Parlement européen et qui fut directeur de l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes, Frontex, de 2015 à 2022. Les plaignants reprochent à l’ex-haut fonctionnaire – aujourd’hui placé en disponibilité du ministère de l’intérieur, son administration d’origine – d’avoir participé, soit en les facilitant, soit en les couvrant, au refoulement d’embarcations de migrants par les autorités grecques vers la Turquie ainsi qu’à des interceptions par les garde-côtes libyens d’embarcations de migrants qui tentaient de rejoindre l’Italie.

      Ces faits ont « facilité la commission des crimes contre l’humanité et des crimes de torture à l’encontre des migrants, par les autorités grecques et libyennes », estime l’avocat Emmanuel Daoud, qui défend les associations. Sollicité, Fabrice Leggeri dénonce quant à lui « des allégations incorrectes » relevant de « manœuvres politiciennes » dans le but de « discréditer la liste du RN ».

      Les mouvements migratoires irréguliers à travers la Méditerranée nourrissent, depuis une décennie, une crise politique au sein de l’Union européenne (UE). En 2015, année record, plus d’un million de migrants ont rejoint le Vieux Continent par la mer. Pour renforcer les contrôles à ses frontières extérieures, les Vingt-Sept ont considérablement augmenté les moyens de l’agence Frontex au fil des ans, dont le budget est passé de 143 millions d’euros à 845 millions d’euros, entre 2015 et 2023.

      (#paywall)
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/04/23/fabrice-leggeri-numero-3-du-rn-aux-europeennes-vise-par-une-plainte-pour-com

    • la Convention de Genève de 1951 stipule que « lorsque des personnes sont en danger, le principe doit toujours être celui de l’assistance et de l’aide », ainsi que les règles de l’ONU et de l’UE. Ces pratiques « relèvent de crimes contre l’humanité », note Utopia 56 sur son site internet, rappelant par ailleurs qu’en « dix ans, plus de 29 500 femmes, hommes et enfants sont morts en Méditerranée », dont « 16 272 » morts ou disparus sous la direction de Fabrice Leggeri, entre 2015 et 2022.

      30k en 10 ans, dont 16k pour lui en 7-8 ans, ça laisse 14k morts en 2-3 ans pour son prédécesseur ? Qui le bat donc haut la main, mais n’est pas attaqué ?

  • Post de Utopia, 19.04.2024 :

    Avant la construction de ce mur il y a deux semaines, des centaines de personnes passaient sous ce pont pour accéder aux #distributions_alimentaires près de Grande-Synthe.

    Hier, un jeune homme a voulu passer en traversant la route, il est mort renversé par une voiture.

    https://twitter.com/Utopia_56/status/1781370600994361820

    #murs_intra-urbains #murs #Grande-Synthe #réfugiés #migrations #anti-migrants #barrières #France #Calais #frontières

  • Yanis Varoufakis: „Wir sind verantwortlich für die Niederlage der Linken“
    https://www.fr.de/politik/yanis-varoufakis-interview-niederlage-linke-deutschland-israel-ukraine-krieg-isra

    4.4.2024, von: Baha Kirlidokme -Der ehemalige griechische Finanzminister Yanis Varoufakis spricht über das Ende der Sozialdemokratie, den Zustand der EU und Frieden in der Welt.

    Herr Varoufakis, wir befinden uns in einer Zeit der großen Unordnung. Auf zahlreiche Krisen findet scheinbar niemand Antworten. Auch die politische Linke tut sich schwer, mit ihren Lösungsansätzen zu überzeugen. Woran liegt das?

    Erlauben Sie mir zu sagen, dass das Problem meiner Meinung nach darin besteht, dass die Leute keine Ideen mehr hören wollen. Nicht nur die Ideen der Linken. Die Rechte ist erfolgreich, weil die Menschen wütend sind – und die Rechten profitieren immer von der Wut der Menschen. Wir haben also eine Niederlage der Politik, nicht nur eine Niederlage der Linken. Die Linke ist sowieso völlig besiegt. Den Rechten geht es gut, weil die Menschen auf ihre Ideen hören. Niemand glaubt mehr an die Politiker. Auch nur sehr wenige AfD-Wähler glauben an die AfD. Viele von ihnen möchten das politische Establishment ärgern.

    Das ist auch in den USA zu beobachten. Die meisten Menschen, die für Trump gestimmt haben, glauben nicht an Trump. Sie wissen, dass er ein Lügner ist. Er ist ein Sexist. Er gibt vor, Christ zu sein, ist es aber nicht. Er gibt vor, schwulenfeindlich zu sein, ist es aber nicht. Aber seine Wähler:innen dachten sich „Okay, wie kann ich den Clintons, den Obamas, den Bushs, dem Establishment ans Bein pinkeln?“

    Welche Zusammenhänge spielen hier zusammen?

    Ich erinnere mich an den Zusammenbruch von Lehman Brothers im Jahr 2008. Ich habe die ganze Sache kommen sehen. Nicht weil ich schlau bin, sondern weil es schon einmal passiert ist. Dieser Moment war wie 1929. Die Weltordnung brach zusammen. Das war nicht nur eine Krise des Kapitalismus, es war eine Katastrophe des Kapitalismus. Wir hatten auch 1981 eine Rezession, oder 1991. Aber was geschah nach 1929? Sparpolitik und der Versuch, die Verluste der Banker auf die Schultern der Arbeiterklasse abzuwälzen. Dazu kam eine Spaltung der Linken, zwischen den Sozialdemokraten, den Kommunisten und anderen. Wer hat profitiert? Die Faschisten. Ich habe ein Buch darüber geschrieben, lange bevor es passierte.

    Nicht weil ich prophetisch bin, sondern weil man, wenn man einen Film einmal gesehen hat und dann einen neuen Film mit demselben Anfang sieht, wissen sollte, wohin es geht. Wir hatten 2015 mit Syriza die Gelegenheit in Griechenland, diesen Kreislauf zu durchbrechen. Dort war das Auge des Sturms. Was, wenn wir Erfolg gehabt hätten? Dann wäre Podemos anders gewesen. In Frankreich wäre es anders gelaufen. Aber wir sind mit Syriza gescheitert, wir sind verantwortlich für die Niederlage der Linken in ganz Europa.

    Viele linke oder vermeintlich linke Parteien werden derzeit wirtschaftsliberaler. Syriza hat einen Kapitalisten als Parteichef, die Labour Party hat sich von Corbyns Linksruck verabschiedet. Für manche wird die deutsche Linkspartei immer sozialdemokratischer und die SPD immer rechter. Das gab es schon in den 1990er Jahren und frühen 2000ern, Stichwort Schröder-Blair-Papier. Warum lernen diese Parteien nicht aus der Geschichte?

    Sie lernen aus zwei Gründen nicht aus der Geschichte. Erstens, weil Parteien keine Menschen sind. Sie sind Organisationen mit Macht. Wenn man in einer Welt lebt, in der die Macht sehr geballt ist, ist es für Parteien einfach, von der Agenda der Wenigen, der Oligarchie, infiziert zu werden. Und wenn man jemanden wie mich oder Jeremy Corbyn hat, die gegen die Vertreter der Oligarchie in der eigenen Partei aufstehen, können letztere nur ein Ziel haben, nämlich uns zu stürzen. Sie ziehen den rechten Flügel dem linken Flügel vor. Und wie man sieht hat das ziemlich gut funktioniert.
    Zur Person

    Yanis Varoufakis (63) ist griechischer Ökonom und ehemaliger Politiker. Während der Finanzkrise Griechenlands war er von Januar bis Juni 2015 Finanzminister. Aufgrund seines Widerstands gegen die Troika bekam er besonders in Deutschland Aufmerksamkeit.

    Im Jahr 2016 gründete Varoufakis die paneuropäische Bewegung DiEM25. Mit ihrer Partei MERA25 zog er 2019 ins griechische Parlament ein. Beim deutschen Ableger der Partei war er Spitzenkandidat für die EU-Wahl. Auch dieses Jahr tritt MERA25 an. kbi

    Und der zweite Grund?

    Der geht viel tiefer: Die Sozialdemokratie ist am Ende. Grund ist die Art und Weise, wie sich der Kapitalismus entwickelt hat. Als Willy Brandt regierte, oder Harold Wilson zur selben Zeit in Großbritannien, oder Bruno Kreisky in Österreich, war ihre Aufgabe, sich mit den Vertretern des industriellen Kapitals und den Gewerkschaften an einen großen Tisch zu setzen und einen Deal zu machen. Ein Teil des Mehrwerts wird an die Arbeiter:innen gehen, ein weiterer Teil geht an mich, an den Staat, um den Sozialstaat zu finanzieren. Das war die Sozialdemokratie und sie hat sogar ganz gut funktioniert.

    Dann, nach 1971, kam das Ende von der Bretton-Woods-Währungsordnung, und die Entfesselung des Finanzkapitals, die Macht wanderte vom industriellen Wirtschaftszweig zum Finanzzweig. Die Sozialdemokraten in Form von Blair und Schröder machten jetzt also Deals mit den Bankern, statt mit Industrie und Gewerkschaften. Das bedeutete, dass man die Finanzwirtschaft in Ruhe ließ und sagte, macht, was ihr wollt, es gibt keine Vorschriften. Im Gegenzug gebt ihr uns einen Teil eures Supergewinns, um Krankenhäuser zu finanzieren.

    Genau das hat Schröder getan. Genau das hat Blair getan. Doch dann brach das Bankensystem zusammen. Und die Sozialdemokraten verstanden nicht, was passiert war. Sie verfügten nicht über die analytischen Fähigkeiten, um zu verstehen, dass es ihre Schuld war. Außerdem hatten sie nicht die moralische Autorität, um den Bankern zu sagen: Ihr seid raus. Denn diese Banker finanzierten nicht nur die Krankenhäuser, sondern auch ihre Karrieren.

    Geht Sahra Wagenknecht deshalb mit ihrer Partei BSW einen anderen Weg? Auf der einen Seite gibt es klassische marxistische Werte...

    Nicht marxistisch, nein.

    Sagen wir also links.

    Eher altmodisch sozialdemokratisch liberal.

    Die BSW präsentiert sich als Kontrast zu anderen Parteien und betonen, sie würden Dialog und Frieden hochhalten. Das bewerten viele erst einmal als links.

    Als Linker bin ich davon nicht beeindruckt.

    Die Kombination aus Fokus auf den Mittelstand und rechten Ansichten, etwa wenn es um Migration geht, scheint aber zu funktionieren. Warum?

    Weil sie rechtslastig ist.

    Ist das nicht zu einfach?

    Weil es Nationalismus ist. Der sozialistische Nationalismus war nie eine gute Antwort auf den Nationalsozialismus.
    Yanis Varoufakis hat „die Hoffnung verloren“ - „ich habe große Angst um Europas Zukunft“

    Lassen Sie uns über Austerität sprechen. Wir haben gesehen, was Deutschland in Südeuropa mit einer knallharten Sparpolitik angerichtet hat. Mit dem Festhalten an der Schwarzen Null sagen viele Ökonom:innen, dass Deutschland sich das nun selbst antut.

    Austerität ist eine deutsche Theorie und Politik. Sie ist, historisch gesehen, eine sozialdemokratische. Und ich erinnere mich, dass Steinbrück damals als Finanzminister sagte, er müsste als Demokrat Sparmaßnahmen durchsetzen. Doch auf diese Weise lässt sich kein finanzieller Spielraum für die Politik schaffen. Aus makroökonomischer Sicht ist das falsch und unzutreffend. Austerität hat noch nie funktioniert und wird auch nie funktionieren. Eher lernen Schweine fliegen.

    Nun hat Ihre paneuropäische Partei MERA25 genug Unterschriften gesammelt, um bei der EU-Wahl anzutreten. Deshalb der Blick auf die politischen Mechanismen der EU: Könnte ein ökonomisch schwächeres Deutschland, auch wenn das der deutschen Bevölkerung nicht zu wünschen ist, das EU-Parlament, den Rat und die Kommission nicht sogar demokratisieren? Deutschlands Machtposition kommt eben auch durch seine Wirtschaftskraft.

    Nein. Ich habe die Hoffnung verloren. Als ich in der Regierung war, gab es in Europa ein Nord-Süd-Gefälle. Jetzt gibt es zusätzlich ein Ost-West-Gefälle. Sehen Sie, die Eurokrise war eine fantastische Gelegenheit für uns alle auf dem Weg zu einer politischen Union. Wir haben diese Gelegenheit aber nicht genutzt. Stattdessen haben wir einen Prozess der Zersplitterung in Gang gesetzt und dieser erlaubt niemals eine Demokratisierung. Jeder macht sein eigenes Ding.

    Der Binnenmarkt ist bereits verschwunden. Schon jetzt werden die Regeln für staatliche Beihilfen in vollem Umfang verletzt. Und dann gibt es noch die reichen Länder wie Deutschland, die Geld vernichten, Subventionen, die gegen die Regeln des Binnenmarktes verstoßen, gegen staatliche Beihilfen, dem Länder wie Portugal in gewisser Weise gefolgt sind. Das führt nicht zu einer Demokratisierung. Ich hoffe, ich liege falsch, aber ich habe große Angst um Europas Zukunft.

    Es regen sich auch Zeichen von Widerstand. In Deutschland demonstrieren immer noch tausende Menschen gegen rechte Politik. Mit dabei auch CDU und die Regierungsparteien, die aufgrund ihrer Politik für den Rechtsruck mitverantwortlich gemacht werden. Wie beurteilen Sie das?

    Die Regierungsparteien haben den Rechtsruck geschaffen. Ich erinnere mich, dass ich Schäuble damals gesagt habe: „Ich weiß, dass ihr uns nicht mögt, weil wir Linke sind. Aber wir sind Demokrat:innen und wir sind Europäer:innen. Wenn ihr uns zerquetscht, habt ihr es mit anti-europäischen Rechten zu tun.“ Er sah mich an, als ob ich ihn veräppeln wollte. Aber genau das ist eingetroffen. Die Geschichte der 30er Jahre wiederholt sich.

    Aber eine Bemerkung zu diesen Demonstrationen gegen Rechts: Ich bin froh, dass die Menschen sofort auf die Straße gegangen sind, als sie hörten, dass es ein geheimes Treffen gab zwischen der AfD und den anderen Mistkerlen … äh … Gruppen, in dem die Beseitigung von Bürgern mit Migrationshintergrund geplant wurde. Aber wie kann ein Teil von den Demonstrierenden gleichzeitig die ethnische Säuberung durch Israel unterstützen? Hier werden die Einheimischen deportiert, aus dem Land Palästina.

    Viele Deutsche würden dem nicht zustimmen.

    Die Palästinenser:innen sind Einheimische. Sie sind nicht erst vor 20 Jahren gekommen und haben sich ihren Pass geholt. Viele Deutsche wissen das gar nicht? Ich glaube nicht, dass sie nicht wissen, dass die Palästinenser:innen seit tausend Jahren dort sind. Und jetzt werden sie von Siedler:innen vertrieben, die aus New Jersey stammen.

    Varoufakis steht für seine Aussage, er verurteile weder die Hamas, noch israelische Siedler oder Benjamin Netanjahu, sondern Europäer:innen als Verantwortliche für den Nahostkonflikt (FR berichtete) in der Kritik. Auch in diesem Interview verwendet er kontrovers diskutierte Begriffe.

    Der Internationale Gerichtshof in Den Haag hat nach einer Klage Südafrikas festgestellt, dass er Anzeichen für einen mögichen Genozid beziehungsweise ethnische Säuberungen in Gaza sieht. Diese Ansicht wird nicht allgemein geteilt. Die israelische Regierung sieht darin eine antisemitische Haltung.

    Die Bezeichnung von Israels Ungleichbehandlung palästinensischer Menschen als „Apartheid“ ist umstritten und bezieht sich auf ungleiche Rechtssysteme vor allem im Westjordanland.

    Die Formulierung „from the river to the sea, Palestine will be free“ zu deutsch „vom Fluss bis zum Meer, Palästina wird frei sein“ wird mit Vernichtungserzählungen der Hamas in Verbindung gebracht. Die Parole gilt seit dem Hamasangriff vom 7. Oktober in manchen Orten als strafbar. Schon in den in den 1960ern wurde sie von der Partei „Palästinensische Befreiungsorganisation“ verwendet.

    Mit der Parole drücken manche einen Exklusiv-Anspruch der palästinensischen Menschen auf das Gebiet aus, aber auch auf einen gemeinsamen Staat für Israelis und Palästinenser:innen, welcher durch das Völkerrecht gedeckt wäre. Die rechts- konservative Likud-Partei des israelischen Ministerpräsidenten Benjamin Netanjahu lehnte sich im Wahlkampf von 1977 an diese Formulierung an, als Unterstreichung eines Großisraels, das sich vom Jordan bis hin zum Mittelmeer erstreckt. FR

    Wie könnte eine Lösung für den Krieg gegen Gaza aussehen?

    Wie wäre es mit der Beendigung der Apartheid? Ich war 1978 Mitglied des African National Congress. Wer hat die Apartheid in Südafrika beendet? Die internationale Gemeinschaft. Als einige von uns in London gegen die Apartheid demonstrierten, wurden wir von der Polizei verprügelt. Wir hatten einen Premierminister, der behauptete, Mandela sei ein Terrorist. Was wir damals gegen die Apartheid in Südafrika gemacht haben, war Boykott, Desinvestition und Sanktionierung.

    Das müssen wir auch gegen Israel betreiben. Die internationale Gemeinschaft kann den Israelis und Palästinenser:innen nicht sagen, wie ihr Staat aussehen soll. Das ist deren Aufgabe. Aber es ist unsere Aufgabe, für Gleichberechtigung einzutreten. Vom Fluss bis zum Meer. Ob es dann ein Staat ist, zwei Staaten, sechs oder ein halber Staat, werden die Menschen dort entscheiden müssen.
    Ein Dialog zwischen Kriegstreibern und Waffenhändlern - Varoufakis wirbt für Friedensbemühungen

    Im Februar haben Sie in München gegen die Sicherheitskonferenz protestiert. Am selben Wochenende haben Sie gesagt, dass der Dialog in der Außenpolitik nicht abreißen darf. Nun fanden zum Krieg gegen Gaza Dialoge auf der Konferenz statt, wenn auch hinter verschlossenen Türen.

    Erinnern Sie sich an die Scorsese-Filme über die Mafia in New York? Sie treffen sich, sie geben ihre Waffen am Eingang ab, sie sitzen alle an einem Tisch, essen Pasta und unterhalten sich. Das ist ein Dialog. Aber ein Dialog unter Mafiosi. So sieht es auch auf der Münchener Sicherheitskonferenz aus. Es ist ein Dialog zwischen Kriegstreibern und Waffenhändlern. Und ich bin nicht daran interessiert, denen zuzuhören, wie sie versuchen, ihren Begriff der Sicherheit zu verkaufen, nachdem sie die Kriege erst verursacht haben. Genau wie die Mafia.

    Die Mafia schafft eine Bedrohung und bietet den Menschen dann ihren Schutz an. So wie die Nato. Die Nato hat Europa nichts zu bieten außer wirtschaftlichem Niedergang, geopolitischer Bedeutungslosigkeit und Unterordnung unter den Vereinigten Staaten und ihrer endlosen Kriege.

    Für einige Länder ist die Nato die einzige Möglichkeit, sich geschützt zu fühlen.

    Nun, ich habe meinen Genoss:innen in Polen und Litauen Folgendes gesagt: Ich verstehe, dass ihr unter den Stiefeln der russischen Soldaten, der sowjetischen Soldaten, gelebt habt. Aber wer hat Putin geschaffen? Putin ist eine Schöpfung des Westens. Ohne die Verelendung und Verarmung Russlands durch den Westen wäre Russland nach 1991 nicht zusammengebrochen. Und die russische politische Klasse unter Jelzin hatte kein Interesse mehr an einem Rüstungswettlauf mit dem Westen. Sie war dem Westen gegenüber völlig offen. Putin selbst hat in den ersten Monaten seiner Präsidentschaft vorgeschlagen, dass Russland der Nato beitritt.

    Und was macht die Nato? Sie sagt Nein und fängt an, zunehmend expansionistisch zu werden. Das gibt jemandem wie Putin die perfekte Gelegenheit, Alarmbereitschaft und Militarismus zu propagieren, aufzurüsten und dann eine Bedrohung für Polen und Litauen darzustellen. Die Nato hat die Bedrohung geschaffen, die sie nachts um den Schlaf bringt. Und sie wird diese Bedrohung nicht beseitigen. Denn es liegt im Interesse derjenigen, die hinter der Nato stehen, diese Bedrohung auf dem höchsten Niveau zu halten. Wenn sie aber Putin so sehr hassen wie ich, wissen Sie, was sie tun sollten? Schließen Sie mit ihm ein Abkommen über den Frieden in der Ukraine.

    Wie würde das aussehen?

    Putin erklärt sich bereit, seine Truppen bis hinter die Grenzen vom 22. Februar 2022 zurückzuziehen. Zurück zurzeit vor dieser Invasion. Gleichzeitig gibt es ein internationales Abkommen, das die Unabhängigkeit und Souveränität der Ukraine gewährleistet und Putin verspricht, dass die Ukraine nicht der Nato beitreten wird. Man muss dafür China als Garant dabei haben. Man braucht die Europäische Union. Und die Vereinigten Staaten, denn natürlich kann man Putin nicht trauen. Putin braucht etwas, um sich in Russland als Sieger zu präsentieren. So könnte er sagen: Ich bin einmarschiert und habe die Zusage bekommen, dass die Ukraine nicht Teil der Nato wird. Der Donbass ist allerdings kompliziert. Ich habe dort Menschen getroffen, die sich als Ukrainer:innen sehen und Menschen, die sich als Russ:innen sehen. In den 1970er- und 80er-Jahren war das in Nordirland ähnlich.

    Es schien unmöglich, dass sich Protestant:innen und Katholik:innen einigten. Am Ende gab es das Karfreitagsabkommen. Das könnte für den Donbass eine Blaupause sein. Das System ist sehr umständlich und schafft Probleme, aber es funktioniert. Das ist eine gute Alternative zu Krieg oder ethnischer Säuberung. Unter diesen Bedingungen sollten die Ukrainer:innen in einem Referendum abstimmen, ob sie der EU beitreten wollen. Die Frage nach der Zugehörigkeit der Krim soll über die kommenden 500 Jahre in den Vereinten Nationen erörtert werden. Das wäre doch die pragmatischste Lösung, oder?

    Zumindest in der Theorie klingt das so. Aber woran scheitert der Dialog?

    Ich denke, die Antwort ist ganz einfach: Washington will das nicht. Wenn jemand zu mir sagt, aber Putin würde dem nicht zustimmen. Wissen Sie, was ich sagen würde? Haben Sie es ihm schon vorgeschlagen? Was haben Sie zu verlieren? Ich kann nicht garantieren, dass Putin dem zustimmen würde. Ich weiß es nicht. Aber ich sehe es als Pflicht an, es zu probieren. Und wenn er ablehnt, können wir wieder an das Reißbrett gehen.

    #Grèce #Europe #gauche

  • German colonial genocide in Namibia the #Hornkranz massacre

    Introduction

    On 12 April 1893, German colonial troops attacked the Nama settlement of ||Nâ‡gâs, known today as Hornkranz. Their intent was to destroy the settlement and its people, after its leader, Hendrik Witbooi, refused to sign so-called ‘protection’ treaties—tools of the German colonial administration for controlling sovereign indigenous nations and their lands. As their presence in what they declared in 1885 as ‘German Southwest Africa’ grew, the German regime was increasingly unwilling to tolerate the independence and agency exercised by Hendrik Witbooi and his clan in the face of the encroaching German empire.

    In their attack on Hornkranz, the Germans wanted to both make an example of the Witbooi clan and to punish them for their defiant rejection of German rule. Curt von Francois, who led the attack, made his objective clear: ‘to exterminate the Witbooi tribe’ (Bundesarchiv, R 1001/1483, p. 46). In this premeditated act of erasure, his troops massacred almost eighty women and children before capturing another hundred, burned what remained of the settlement to the ground, and established a garrison, rendering it impossible for survivors to return.

    Though the genocide of the Nama, Ovaherero and other peoples indigenous to what is now modern-day Namibia is widely recognised to have taken place between 1904 and 1908, the Nama people remember this massacre as the true first act in the genocide against them. This is substantiated not only by the clarity of the German objective to destroy the |Khowesin as a people, but also by the retrospective reading of Hornkranz as a clear precedent of the systemic tactics of dispossession and destruction that would be used by the Germans against the Nama, the Ovaherero, the San, and others in the years to come.

    Outside of the descendant communities, the events at Hornkranz have until now been overlooked and underrepresented, as has the cultural significance of the settlement itself within the dominant historiography, broadly based on the German visual and narrative record. The site of the former Witbooi settlement was expropriated and today constitutes a private farm, access to which is possible only with special permission from its owner. The descendants of Hornkranz are rarely able to visit their own cultural heritage sites and commemorate the struggle of their ancestors.

    The faint extant traces of the Witbooi settlement at Hornkranz can be identified today only with the guidance of the descendants and the historians that learned from them. Two plaques on the site are the only indications of the Nama presence on that land. One plaque was inaugurated by the community in 1997, the only occasion on which they were able to gather to commemorate the massacre at the site where it took place. The other plaque (date unknown) glorifies the German troops, even going so far as to include an offensive slur for the Nama; the massacre is described as a ‘battle’, conveying little of the atrocities perpetrated there.

    The descendants of Hornkranz and the wider Nama community continue to struggle for justice and for opportunities to correct the historical record and tell the story of Hornkranz on their own terms. In support of their efforts to resist this erasure, we worked with descendants, who have inherited knowledge of their community’s history through oral transmission over multiple generations, to reconstruct the lost settlement and produce a new body of visual evidence about the massacre and its aftermath. Led by their testimonies, we used modelling and mapping techniques along with our own field research and a very limited archival record to situate their accounts and rematerialize Hornkranz.

    Our reconstruction of the Witbooi settlement at Hornkranz aims to underscore the vitality of oral tradition in the act of reconstituting the colonial archive and testifies to the oral transmission of inherited knowledge as an ongoing act of resistance in itself.
    Background

    The |Khowesin (Witbooi) people, a semi-nomadic subtribe of the wider Nama peoples, settled around the perennial spring at Hornkranz in 1884-1885, the very period during which the Berlin Conference, formalising the fragmentation of Africa into colonies and protectorates, was taking place. The chief of the Witbooi clan, Hendrik Witbooi, later went on to become one of the most prominent figures of anti-colonial resistance in Southwest Africa, uniting all Nama clans and later forming a coalition with the Ovaherero to fight against the German colonial regime.

    Following the establishment of their settlement in Hornkranz, the Witbooi Nama lived relatively undisturbed until 1892, when first attempts to compel Hendrik Witbooi into signing a protection treaty began. Hendrik Witbooi, aware that the true objective of the so-called ‘protection treaties’ was nothing short of subjugation, was the last leader to refuse to comply:

    What are we being protected against? From what danger or difficulty, or suffering can one chief be protected by another? […] I see no truth or sense, in the suggestion that a chief who has surrendered may keep his autonomy and do as he likes.

    The German attempt to secure control over the peoples inhabiting the colony and their land is manifested in their mapping efforts. The first map we found featuring Hornkranz dates to 1892, the same year that the Germans began demanding the Witbooi sign such treaties. Despite Witbooi’s refusal to sign, Hornkranz is labelled in these German maps as ‘proposed Crown Land’ already six months before the attack—the very act of cartographic representation prefiguring the expulsion and massacre to follow less than a year later.

    After the Germans attacked Hornkranz, the Witboois were finally forced to concede and sign one of the protection treaties they had so long been resisting.

    A decade later, in 1904, the Nama joined the Ovaherero in an anti-colonial struggle against German rule. In response, the Germans issued an extermination order against the Ovaherero and later, another against the Nama. Hendrik Witbooi died in battle on 29 October 1905. Following his death, the Nama tribes surrendered. The extermination order against the Nama was never revoked.
    12 April 1893: The Attack and Aftermath

    The German troops approached the settlement in the early hours of 12 April, planning to attack under the cover of night without any warning. They then split into three contingents—a recounting of this strategy is recorded in the diary of Kurd Schwabe, one of the perpetrators of the attack. Von Francois led the attack from the northern side, entering the village first, while Schwabe approached from the east.

    Hendrik Witbooi, who was allegedly sitting outside of his house when he noticed the approaching troops, ordered all Nama fighters to retreat and take up defensive positions along the riverbed, where he expected the ensuing battle to take place. Instead, the German troops stopped when they reached the sleeping village and proceeded to target the defenceless population that had stayed behind. The brutality of the onslaught came as a shock to Hendrik Witbooi, who had not expected the Germans to unleash such ‘uncivilised’ tactics upon another sovereign nation.

    Sixteen thousand rounds of bullets were reportedly discharged by the Germans in the span of just thirty minutes. According to the testimony of descendants and corroborated by Schwabe’s diary, some victims were burned alive in their homes.

    The canisters recovered from the site during our fieldwork in September 2023 indicate where some exchange of fire may have taken place while the Witbooi fighters were retreating. While the found bullets were identified as those used by the Witbooi Nama, their location and distribution also corroborates written descriptions of the massacre unfolding in the inhabited area of the settlement, with stored ammunition exploding from inside the burning houses.

    The massacre yielded 88 victims: ten men, including one of Hendrik Witbooi’s sons, and 78 women and children.

    The following day, the German troops returned to raze what remained of the settlement to the ground. Promptly after, a garrison was established on the ashes of the Witbooi settlement, reinforcing the Germans’ clear intention to claim the land and prevent the Witboois from ever returning.

    Over the next year, the Witbooi Nama made several attempts to return to Hornkranz, resulting in four more skirmishes on the site. Eventually, they were forced to sign a protection treaty in Naukluft in August 1894, which cemented the dispossession of their land.

    The treaty meant that the Witbooi Nama were now obliged to assist the Schutztruppen in their battles against other tribes, most devastatingly at the Battle of Waterberg in August 1904 (see our Phase 1 investigation of this event). Once the Nama realised the true genocidal intent of the Schutztruppen, they united with the Ovaherero against colonial rule. The extermination order against the Nama was issued on 22 April 1905.

    After the genocidal war ended in 1908, Hornkranz was sold off to a private owner and a police station was established on its premises. Today, the police station building is the main farmhouse.

    Nama descendants are seeking to establish the 1893 massacre as the first act of genocide against the Nama, and 12 April as the official Genocide Remembrance Day in Namibia.

    This investigation—part of a larger collaboration between Forensic Architecture, Forensis, Nama Traditional Leaders Association (NTLA) and Ovaherero Traditional Authority (OTA)—seeks to support the community’s broader efforts to make the site accessible for commemoration and preservation.

    Methodology
    What Remains

    Little material evidence of Hornkranz survives today. This is in part due to the scale and totality of destruction by the Germans; but it is also a testament to the Witbooi’s steadfast resistance to being documented by the colonial regime, as well as to the light footprint the Nama exerted on the land through their semi-nomadic inhabitation and subsistence. The archival record about the Witbooi and Hornkranz is also sparse and skewed. Alongside an incomplete and biased colonial description of the massacre and the settlement, the only visual representation of Hornkranz on record is a soldier’s crude sketch showing its houses set alight by the German troops on the night of the massacre. The memory of Hornkranz as it was at the time of the attack lives on instead through the descendant communities who have inherited the testimonies of their forebearers about its material culture, rituals, life and environmental practices; our reconstruction and understanding of Hornkranz is possible only insofar as we are led by their testimonies.

    Around the rectangular patch where Hendrik Witbooi’s house once stood, Maboss Ortman and Lazarus Kairabeb, NTLA advisors, identified stones they said are the ruins of the house. Right next to it is the only stone foundation in the settlement, that of a church still under construction at the time of the German assault. These two traces anchored us spatially when we began the 3D reconstruction. We were told by Zak Dirkse, a Nama historian, that Hendrik Witbooi’s house was located higher up in the settlement, with the other houses further down toward the river.

    The other remains and known landmarks of the original Hornkranz settlement help us to navigate it and determine its approximate boundaries. During our visit to the site, the farm owner pointed us to a long strip of clustered stones he explained were the remains of the settlement’s defensive walls, some 300 metres north-west of the church ruins. To the south, by the river, the settlement’s former cemetery is marked by the spread of small rectangular cut stones marking each grave. Further along the river, Maboss and Lazarus showed us the remains of two defensive ramparts, guard outposts downhill from the settlement on its outer edges. They recounted that these ramparts were identifiable to the Witbooi from a distance by a white cornerstone that stands out among the brown stones the rest of the rampart is made of. The ramparts are placed along the hill leading down to the river and would have had a wide lookout view. A few steps to the west of one of the ramparts, we found what brought the Witbooi to this area, a rare perennial spring, which acted not only as a fresh water source for the village, but as a lifeline to the fauna and flora on which the Witbooi relied to survive. Since the early 20th century, this spring has been surrounded to its north by a concrete dam. By establishing this constellation of remains and landmarks, we were able to clarify the approximate outer edges of the settlement.

    Reconstruction

    To reconstruct the Hornkranz settlement, departing from the few architectural landmarks at our disposal, we replicated the architecture of each house and the elements of family life around it, estimated the area of inhabitation within the settlement, and constructed possible layouts of house distribution within the settlement. This reconstruction was led by the close guidance of descendants of the Witbooi we met with in Gibeon, the expertise of Nama historian Zak Dirkse, and the feedback of the Witbooi Royal House council, the representative body of the Witbooi Nama. Our model represents the most comprehensive visual reconstruction of the Witbooi settlement to date.

    Architecture of the Settlement

    Houses in Hornkranz consisted mostly of round domed huts, between four and five metres in diameter, and constructed with cladding made out of reed mat or a mix of animal dung and clay. Zak explained that these huts would have been constructed on a light foundation made up of the same dung and clay mixture spread on the ground. A central pole would act as the main structural pillar on which the reed mats would rest. According to members of the Witbooi descendants, alongside these huts there would have been other houses built of stone, like that of Hendrik Witbooi. Descendants also explained that houses typically had two entrances opposite one another and positioned on an east-west axis with the main entrance facing east.

    Working with the community descendants and Zak, we used 3D modelling software to reconstruct what a typical family home would have looked like. We were told that outside the houses, many families would have had a round kraal lined with a light wooden fence where they kept smaller livestock. Close to the main entrance, they would also have had a fireplace and a simple wooden rack to hang and dry meat. The main kraal of the settlement was near the chief’s house, where a separate storage hut also stood.

    The light environmental trace of the Nama, the German colonial army’s obliteration of the settlement, the failure of subsequent administrations to engage in preservation efforts, and the conversion of the land into a private farm all make it difficult to locate definitive traces of the layout and location of homes based on what little remains at the modern-day site. Nevertheless, by closely reading the texture of the ground, we found possible traces of cleared, round areas surrounded by larger rocks, and noted areas of sparse vegetation growth, a potential indicator of the impact of the huts’ clay-dung foundations. We marked five possible sites where Witbooi homes might have stood.

    Zak explained that a defensive wall would have flanked the settlement along its more vulnerable northern and eastern fronts. We studied the contours of the landscape to estimate, based on the presence of limited remains, how the wall might have cut through the landscape. We estimate that the eastern wall may have been constructed along the peak of the hill to the settlement’s east, given its optical reach and defensive position.

    Area of Inhabitation

    To estimate the area of inhabitation and the settlement’s population, we studied the remaining ruins of the settlement, the terrain of the landscape, and the land’s geological features.

    Houses, we were told, would have been built on flatter ground. We used a 12.5 metre resolution digital elevation model (DEM) to build the terrain in our 3D model and further analysed it in geographic information system (GIS) software. From the DEM, we extracted the contour lines of the landscape and conducted a slope analysis, which calculates the percentage of slope change in the settlement. Analysis of the contours and the areas of low slope help to define the curvature of the settlement’s inhabitation.
    Contour Analysis - 1 metre contours of the site of Hornkranz derived from a digital elevation model (DEM). (Forensic Architecture/Forensis)

    We then traced and excluded uninhabitable geological features from the area of potential inhabitation, including bodies of water and large embedded rock formations. Together, the land’s features, its topography, and our estimated location of the defensive wall help establish where people may have lived.

    Layout of Hornkranz

    Building on the traces of potential houses we previously identified within the landscape and the descendant’s description of the settlement, we were able to algorithmically model potential layouts of the settlement. We used the 3D procedural modelling software application Houdini to design an algorithm that would generate possible layouts of the settlement according to a set of rules, including our defined area of potential inhabitation and the approximate space each household would need for its family life (which we approximate to be a radius of 10 metres). The rules fed to the algorithm were that the houses had to be at least 20 metres apart, each house was approximately 5 metres in size, and there were sixty houses in total with a deviation of +/- ten houses.

    According to the Hornkranz descendants, there would have been around four to six people per household. With an average of five people per household, we estimate the population to be around 300 people per household.
    Number of inhabitants

    The exact population size of Hornkranz at the time of the attack is not known. Sources provide estimates ranging from 250 up to nearly one thousand inhabitants.

    In addition to the members of the |Khowesin Nama clan, Hendrik Witbooi also gathered followers from other clans at Hornkranz, including the ǀAixaǀaen (Afrikaner Oorlams), ǁKhauǀgoan (Swartbooi Nama), Khaiǁkhaun (Red Nation Nama) and ǂAonin (Topnaar Nama). Indeed, the various Nama subtribes were elastic social entities.

    We estimated the 1893 population of Hornkranz by referencing the reported number of individuals killed and captured. Hendrik Witbooi wrote in his diary that 88 people were killed by the Germans that day, 78 of them women and children and ten of them men, with one hundred women and children captured by German colonial forces. Other sources indicate a similar number of casualties: 85 women and children, and ten men (Missonary Olpp, cited in Steinmetz 2009). Descendant narratives also mention the successful escape of some women and children during the German assault. Assuming that before the attack, women and children totalled at least 178 (according to Hendrik Witbooi’s figures), and that women and children made up around three out of five family members in an average household, we estimate there could have been around sixty households and three hundred people in Hornkranz on the dawn of the German attack.

    https://forensic-architecture.org/investigation/restituting-evidence-genocide-and-reparations-in-german-colon

    #Allemagne #colonialisme #massacre #génocide #Namibie #architecture_forensique #histoire #histoire_coloniale #témoignage #Nama #Hendrik_Witbooi #Witbooi #Curt_von_Francois #Ovaherero #San

    ping @reka

  • Defences Down ! ClamTk is No Longer Maintained
    https://www.omgubuntu.co.uk/2024/04/clamtk-is-no-longer-maintained

    It’s always sad to see a long-standing bit of open-source software put itself out to pasture (a euphemism for going way of the dodo, which is a metaphor becoming extinct or obsolete – which is a lengthy way to open a post). A few weeks back the iconic IRC client Hexchat announced it is no longer under active development, citing a lack of manpower and will. This week the developer of ClamTk announced it is no longer maintained. The seemingly sole dev has chosen to step away for a mix of personal, technical, and modernity-related reasons, adding: – “My goals […] You’re reading Defences Down! ClamTk is No Longer Maintained, a blog post from OMG! Ubuntu. Do not reproduce elsewhere without (...)

    #News #antivirus #ClamAV #Graveyard

  • #Palestine & Israël, même dessein de solution finale : extermination.
    http://www.argotheme.com/organecyberpresse/spip.php?article4595

    Le logiciel sioniste n’a pas tenu le 7 octobre 2023. La démonstration des islamistes palestiniens, de résistance à la colonisation, a montré la méthode pour démolir la suprématie militaire de l’Etat hébreu qui a pour finalité la spoliation des Palestiniens. L’attaque surprise composée de plusieurs engins, n’a été qu’une démonstration pour que les prochaines frappes se déroulent entièrement et en profondeur et d’Israël, mais ce qui justifie de nouvelles atrocités et génocides plus féroces. Grands événements : Gigantisme de l’inattendu.

    / Netanyahou, Israël , #USA,_Maison_Blanche,_CIA, Palestine, Terrorisme , islamisme , Al-Qaeda , politique , , journaliste, poète, livre, écrits, Israël, Proche-Orient, droits de l’homme, (...)

    #Grands_événements_:Gigantisme_de_l’inattendu. #Netanyahou,_Israël #Terrorisme_,islamisme,Al-Qaeda,politique,_ #_journaliste,_poète,_livre,_écrits #Israël,_Proche-Orient,_droits_de_l’homme,_ONU

  • Einsturzgefahr: Wohnhaus in Schöneberger Goltzstraße evakuiert, mehrere Straßen gesperrt
    https://www.berliner-zeitung.de/news/wegen-einsturzgefahr-wohnhaus-in-schoeneberg-grunewaldstrasse-evaku

    Hier ist die Rede vom Haus Goltz-Grunewald, nordöstliche Ecke. Goltzstraße 1 / Grunewaldstraße 16.

    Alles privat, jeder ist für sich selbst verantwortlich und so braucht der Immobilienkonzern, dem das unbewohnbare Haus gehört, offenbar keinem Mieter eine Ersatzwohnung zu stellen. So ist das in Berlin, hier könnse überhöhte Mieten für Bruchbuden kassiern ohne irgeneine Verantwortung zu übernehmen.

    Wetten, dass hier in zwei oder drei Jahren ein schicker Neubau mit superteuren Eigentumswohnungen steht !

    10.4.2024 von Sophie Barkey, Elizabeth Rushton, Verena Zistler - Ein Haus an der Kreuzung von Grunewaldstraße und Goltzstraße droht zu kollabieren. Der Bereich um das Gebäude ist abgesperrt – darunter verläuft eine U-Bahnlinie.

    Mehrere Anwohner in Schöneberg haben am Mittwoch ihre Wohnungen verlassen, weil ihr Haus in der Goltzstraße, Ecke Grunewaldstraße, einzustürzen droht. Das bestätigte die Berliner Feuerwehr auf Anfrage der Berliner Zeitung. Ein Einsatzleiter hatte dort am Mittag die Lage geprüft. Weil das Gebäude jedoch auf einem privaten Grundstück steht und die öffentliche Sicherheit und Ordnung nicht gefährdet sei, wurde die Zuständigkeit an das Bezirksamt und Bauamt weitergegeben. Das Gebäude weist sichtbare Risse in der Fassade auf, die Kreuzung ist gesperrt. Mehrere Schaulustige hatten sich dort nach Angaben einer Reporterin versammelt. Auch die Polizei war vor Ort.

    Bauarbeiter hatten laut einem Polizisten vor Ort am Mittwochmorgen bei den Sanierungsarbeiten im Erdgeschoss festgestellt, dass offenbar „alles marode“ war und sollen dann gemeldet haben, dass die Sicherheit des Eckteils des Hauses nicht mehr zweifelsfrei gegeben sei. Das Haus wurde schließlich evakuiert, nachdem auch ein Statiker das Haus begutachtet hatte.

    Wie der Polizist weiter sagte, werde das Haus nun zunächst gesichert, bis eine Baufachfirma feststellen kann, ob womöglich der Eckteil des Hauses abgerissen werden müsse. Erst nach der Bewertung einer Fachfirma soll klar werden, wann die Anwohner zurück in ihre Wohnungen können. Bis dann würden die meisten von ihnen bei Verwandten unterkommen, so der Polizist weiter.

    Nach Angaben des Hauseigentümers können neun Mieter zunächst ihre Wohnungen nicht nutzen. Sie würden in Ersatzunterkünften untergebracht, falls sie nicht bei Freunden oder Verwandten unterkommen könnten, teilte die Heimstaden Germany GmbH auf Anfrage mit. „Einen Zeitraum zu nennen, wie lange die Wohnungen nicht genutzt werden können, ist aktuell leider nicht möglich“, hieß es.

    Anwohner erfuhren am Vormittag von Evakuierung

    Von den Evakuierungen betroffen ist auch das junge Paar Ella und Claus (Namen von der Redaktion geändert). Die beiden wohnen seit sechs Jahren im betroffenen Haus. Erst am Mittwoch um 11 Uhr wurden sie von ihrem Vermieter informiert, dass die Sicherheit des Hauses gerade geprüft werde – da hieß es ihnen zufolge noch, sie sollten erstmal zu Hause bleiben. „Wir gehen davon aus, dass das nur eine Vorsichtsmaßnahme ist“, sagt Ella. Die Polizei hat sich dann gegen 17.30 Uhr bei den Einwohnern gemeldet, mit dem Evakuierungsbefehl und der Empfehlung für ein bis zwei Wochen einzupacken.

    „Hoffentlich werden wir aber viel schneller wieder zu Hause sein – wir drücken uns einfach die Daumen“, sagt Claus. Bis dann wird das Paar bei Freunden in Schöneberg übernachten, Claus hat auch Verwandte in Berlin. Ihre Wohnung befindet sich nicht im betroffenen Eckteil des Hauses, sondern im Gebäude daneben in der Grunewaldstraße, ihre Wohnung grenzt allerdings an den betroffenen Eckteil an. In ihrer Wohnung habe es nichts gegeben, das bei dem Paar Sorge ausgelöst hätte, so Ella. „Diese Risse und die bröckelige Fassade waren schon länger so“, sagt sie. „Das Haus ist einfach super alt – das wissen halt alle.“

    Heimstaden sind statische Probleme am Wohnhaus schon länger bekannt

    Nach Angaben von Heimstaden sind tatsächlich schon seit Längerem statische Probleme an dem Gebäude bekannt. Die Ursache dafür habe bislang nicht geklärt werden können, hieß es. Bereits seit Dezember 2023 werde ein sogenanntes Rissmonitoring durchgeführt, bei dem Veränderungen der auffälligen Risse im Mauerwerk beobachtet und dokumentiert würden, teilte das Unternehmen mit.

    Für das Ladenlokal in dem Eckhaus gebe es seit dem 3. April Sicherungsmaßnahmen. Zudem sei das Fundament untersucht worden. Bei einer erneuten Überprüfung habe dann der beauftragte Statiker am (heutigen) Mittwoch eine Ausdehnung der Risse entdeckt. „Danach haben wir unmittelbar die Bauaufsicht in Kenntnis gesetzt, die eine Teil-Sperrung des Gebäudes (Erkerbereich/Eckhaus) und Teile der Grunewaldstraße angeordnet hat“, teilte das Unternehmen weiter mit.

    Die zuständige Bezirksstadträtin Eva Majewski (CDU) zeigte sich erstaunt darüber, dass dem Unternehmen offensichtlich schon länger Probleme bekannt sind. „Ich höre das jetzt das erste Mal, dass das offensichtlich seit Jahren bekannt ist“, sagte Majewski in der RBB-Abendschau.

    U7 verläuft unter dem einsturzgefährdeten Haus: Geschwindigkeit verringert

    Unter dem Gebäude verläuft nach Informationen der Berliner Zeitung auch die U-Bahnlinie 7 der Berliner Verkehrsbetriebe (BVG). Die Bahnen fahren daher als Vorsichtsmaßnahme derzeit mit deutlich verringerter Geschwindigkeit zwischen den naheliegenden U-Bahnhöfen Kleistpark und Eisenacher Straße, teilte ein BVG-Sprecher mit. Außerdem wird der Nachtbus N7 zunächst umgeleitet, andere Busse fahren dort nicht.

    Nach Informationen von vor Ort war am späten Nachmittag ein großer Bereich rund um das einsturzgefährdete Gebäude für Autos, Fußgänger und Radfahrende gesperrt. Betroffen ist die gesamte Kreuzung Grunewaldstraße/Goltzstraße/Akazienstraße. Wie die Berliner Verkehrsinformationszentrale auf Twitter-Nachfolger X am Mittag mitteilte, war auch die Hauptstraße von den Sperrungen betroffen. Eigentümer und Bezirksamt beraten nun über das weitere Vorgehen. Autofahrer müssen in dem Bereich weiterhin mit Behinderungen rechnen.

    #Berlin #Schöneberg #Goltzstraße #Grunewaldstraße #Immobilien #Wohnen #Kapitalismus

  • Araser, creuser, terrasser : comment le béton façonne le monde, Nelo Magalhães
    https://www.terrestres.org/2024/04/05/araser-creuser-terrasser-comment-le-beton-faconne-le-monde

    Nos infrastructures pèsent un poids matériel et écologique dont nous n’avons pas idée. Ainsi, une autoroute contemporaine exige 30 tonnes de sable et gravier par mètre. Pour commencer à explorer cette histoire environnementale des grandes infrastructures, nous publions l’introduction du livre Accumuler du béton, tracer des routes.

    #livre #béton #infrastructures #autoroutes #écologie

    • Accumuler du béton, tracer des routes. Une histoire environnementale des #grandes_infrastructures

      Dans les décennies d’après-guerre, des milliers de kilomètres de routes et d’autoroutes sortent de terre pour soutenir l’intensification du trafic et relier, à travers les paysages agricoles remembrés, les métropoles aux zones industrielles, ports, aéroports, centrales électriques et complexes touristiques. C’est le début d’une « Grande accélération » qui bouleverse la production de l’espace. Sur les chantiers, le béton coule à flots tandis que le bruit des machines (qui ne font pas grève) a remplacé le tumulte des terrassiers. La chimie et l’industrialisation des techniques affranchissent la construction des contraintes du relief, du climat et de la géologie : « abstraire le sol » pour faire passer la route – et supporter le poids des camions – devient un leitmotiv de « l’aménagement du territoire » qui nécessite l’extraction et le déplacement continus de milliards de mètres cubes de terres, sable et granulat.

      Si les dégâts se font rapidement sentir dans le lit des rivières, les abords des carrières et dans l’atmosphère – sans parler de la mortalité sur les routes –, la frénésie du bitume n’a jamais faibli : il faut sans cesse réparer, épaissir, étendre cette infrastructure dévoreuse d’hectares et d’argent public. Ce livre offre une remarquable vue en coupe de cet engrenage technique, économique et politique. Alors que les luttes se multiplient contre le modèle routier et l’industrie cimentière, il identifie quelques verrous qui rendent le bâti si pesant. Un préalable pour penser des perspectives plus légères.

      https://lafabrique.fr/accumuler-du-beton-tracer-des-routes

      #sable #livre #Nelo_Magalhães #Nelo_Magalhaes

  • The Hellenic Data Protection Authority fines the Ministry of Migration and Asylum for the “Centaurus” and “Hyperion” systems with the largest penalty ever imposed to a Greek public body

    Two years ago, in February 2022, Homo Digitalis had filed (https://homodigitalis.gr/en/posts/10874) a complaint against the Ministry of Immigration and Asylum for the “#Centaurus” and “#Hyperion” systems deployed in the reception and accommodation facilities for asylum seekers, in cooperation with the civil society organizations Hellenic League for Human Rights and HIAS Greece, as well as the academic Niovi Vavoula.

    Today, the Hellenic Data Protection Authority identified significant GDPR violations in this case by the Ministry of Immigration and Asylum and decided to impose a fine of €175.000 euro – the highest ever imposed against a public body in the country.

    The detailed analysis of the GDPR highlights the significant shortcomings that the Ministry of Immigration and Asylum had fallen into in the context of preparing a comprehensive and coherent Data Protection Impact Assessment, and demonstrates the significant violations of the GDPR that have been identified and relate to a large number of subjects who have a real hardship in being able to exercise their rights.

    Despite the fact that the DPA remains understaffed, with a reduced budget, facing even the the risk of eviction from its premises, it manages to fulfil its mission and maintain citizens’ trust in the Independent Authorities. It remains to be seen how long the DPA will last if the state does not stand by its side.

    Of course, nothing ends here. A high fine does not in itself mean anything. The Ministry of Immigration and Asylum must comply within 3 months with its obligations. However, the decision gives us the strength to continue our actions in the field of border protection in order to protect the rights of vulnerable social groups who are targeted by highly intrusive technologies.

    You can read our press release here: https://homodigitalis.gr/wp-content/uploads/2024/04/PressRelease_%CE%97omoDigitalis_Fine-175.000-euro_Hellenic_Data_Protec

    You can read Decision 13/2024 on the Authority’s website here: https://www.dpa.gr/el/enimerwtiko/prakseisArxis/aytepaggelti-ereyna-gia-tin-anaptyxi-kai-egkatastasi-ton-programmaton

    https://homodigitalis.gr/en/posts/132195

    #Grèce #surveillance #migrations #réfugiés #justice #amende #RGDP #données #protection_des_données #camps_de_réfugiés #technologie

    • Griechenland soll Strafe für Überwachung in Grenzcamps zahlen

      Wie weit darf die EU bei der Überwachung von Asylsuchenden an ihren Grenzen gehen? Griechenland testet das in neuen Lagern auf den Ägäischen Inseln. Nun hat die griechische Datenschutzbehörde dafür eine Strafe verhängt. Bürgerrechtler:innen hoffen auf eine Entscheidung mit Signalwirkung.

      Doppelter „Nato-Sicherheitszaun“ mit Stacheldraht. Kameras, die selbst den Basketballplatz und die Gemeinschaftsräume rund um die Uhr im Blick haben. Drohnen sorgen für Überwachung aus der Luft. Das Lager auf Samos, das die griechische Regierung 2021 mit viel Getöse eröffnet hat, gleicht eher einem Gefängnis als einer Erstaufnahme für Asylsuchende, die gerade in Europa gelandet sind.

      Das Überwachungssystem, das in diesem und vier weiteren Lagern auf den griechischen Inseln für „Sicherheit“ sorgen soll, heißt Centaurus. Die Bilder aus den Sicherheitskameras und Drohnen laufen in einem Kontrollzentrum im Ministerium in Athen zusammen. Bei besonderen Situationen sollen auch Polizeibehörden oder die Feuerwehr direkten Zugang zu den Aufnahmen bekommen. Mit dem System Hyperion wird der Zugang zum Lager kontrolliert: biometrischen Eingangstore, die sich nur mit Fingerabdrücken öffnen lassen.

      Für den Einsatz dieser Technologien ohne vorherige Grundrechtsprüfung hat das Ministerium nun eine Strafe kassiert. Die griechische Datenschutzaufsicht sieht einen Verstoß gegen Datenschutzgesetze in der EU (DSGVO). In einem lang erwarteten Beschluss belegte sie vergangene Woche das Ministerium für Migration und Asyl mit einem Bußgeld von 175.000 Euro.
      Erst eingesetzt, dann Folgen abgeschätzt

      Zwei konkrete Punkte führten laut Datenschutzbehörde zu der Entscheidung: Das Ministerium hat es versäumt, rechtzeitig eine Datenschutz-Folgenabschätzung zu erstellen. Gemeint ist damit eine Bewertung, welche Auswirkungen der Einsatz der Überwachung auf die Grundrechte der betroffenen Personen hat. Es geht um die Asylsuchenden, die in den Lagern festgehalten werden, aber auch Angestellte, Mitarbeitende von NGOs oder Gäste, die das Lager betreten.

      Eine solche Abschätzung hätte bereits vor der Anschaffung und dem Einsatz der Technologien vollständig vorliegen müssen, schreibt die Aufsichtsbehörde in ihrer Entscheidung. Stattdessen ist sie bis heute unvollständig: Ein Verstoß gegen die Artikel 25 und 35 der Datenschutzgrundverordnung, für die die Behörde eine Geldbuße in Höhe von 100.000 Euro verhängt.

      Zusätzlich wirft die Behörde dem Ministerium Intransparenz vor. Dokumente hätten beispielsweise verwirrende und widersprüchliche Angaben enthalten. Verträge mit den Unternehmen, die die Überwachungssysteme betreiben, hätte das Ministerium mit Verweis auf Geheimhaltung gar nicht herausgegeben, und damit auch keine Details zu den Bedingungen, zu denen die Daten verarbeitet werden. Wie diese Systeme mit anderen Datenbanken etwa zur Strafverfolgung verknüpft sind, ob also Aufnahmen und biometrische Daten auch bei der Polizei landen könnten, das wollte das Ministerium ebenfalls nicht mitteilen. Dafür verhängte die Aufsichtsbehörde weitere 75.000 Euro Strafe.
      Ministerium: Systeme noch in der Testphase

      Das Ministerium rechtfertigt sich: Centaurus und Hyperion seien noch nicht vollständig in Betrieb, man befinde sich noch in der Testphase. Die Aufsichtsbehörde habe nicht bedacht, dass „die Verarbeitung personenbezogener Daten nicht bewertet werden konnte, bevor die Systeme in Betrieb genommen wurden“. Hinzu kämen Pflichten zur Geheimhaltung, die sich aus den Verträgen mit den Unternehmen hinter den beiden Systemen ergeben.

      Die Behörde hat das nicht durchgehen lassen: Rein rechtlich mache es keinen Unterschied, ob ein System noch getestet wird oder im Regelbetrieb sei, schriebt sie in ihrer Entscheidung. Die Abschätzung hätte weit vorher, nämlich bereits bei Abschluss der Verträge, vorliegen müssen. Noch dazu würden diese Verstöße eine große Zahl an Menschen betreffen, die sich in einer besonders schutzlosen Lage befänden.

      Abschalten muss das Ministerium die Überwachungssysteme allerdings nicht, sie bleiben in Betrieb. Es muss lediglich binnen drei Monaten den Forderungen nachkommen und fehlende Unterlagen liefern. Das Ministerium kündigt an, die Entscheidung rechtlich überprüfen und möglicherweise anfechten zu wollen.
      Geheimhaltungspflicht keine Ausrede

      „Die Entscheidung ist sehr wichtig, weil sie einen sehr hohen Standard dafür setzt, wann und wie eine Datenschutz-Folgenabschätzung erfolgreich durchgeführt werden muss, sogar vor der Auftragsvergabe“, sagt Eleftherios Helioudakis. Er ist Anwalt bei der griechischen Organisation Homo Digitalis und beschäftigt sich mit den Auswirkungen von Technologien auf Menschenrechte. Eine Beschwerde von Homo Digitalis und weiteren Vereinen aus dem Jahr 2022 hatte die Untersuchung angestoßen.

      Helioudakis sagt, die Entscheidung mache deutlich, dass mangelnde Kommunikation mit der Datenschutzbehörde zu hohen Geldstrafen führen kann. Außerdem sei nun klar: Das Ministerium kann Vertragsklauseln zum Datenschutz nicht aus Gründen der Geheimhaltung vor der Datenschutzbehörde verbergen, denn für deren Untersuchungen ist die Geheimhaltungspflicht aufgehoben – wie es die DSGVO vorsieht. Das Urteil der Behörde beziehe sich zudem erst mal nur auf die Mängel bei der Einführung der Systeme, so der Bürgerrechtler. Es könnten also neue Fälle bei der Datenschutzbehörde anhängig gemacht werden.

      Die Sanktionen sind laut der Hilfsorganisation Hias die höchsten, die die Datenschutzbehörde je gegen den griechischen Staat verhängt hat. In der Summe fallen die Strafzahlungen allerdings gering aus. Sind die Datenschutzregeln der EU wirklich das geeignete Instrument, um die Rechte von Asylsuchenden zu schützen? Eleftherios Helioudakis sagt ja. „Die gesetzlichen Bestimmungen der Datenschutz-Grundverordnung sind Instrumente, mit denen wir die Bestimmungen zum Schutz personenbezogener Daten praktisch durchsetzen können.“ Es gebe keine richtigen und falschen Ansätze. „Wir können die uns zur Verfügung stehenden juristischen Instrumente nutzen, um unsere Strategie zu bündeln und uns gegen übergriffige Praktiken zu wehren.“

      Die Lager auf den Ägäischen Inseln werden vollständig von der EU finanziert und gelten als „Modell“. Nach ihrem Vorbild plant die EU in den kommenden Jahren weitere Lager an ihren Außengrenzen zu errichten. Die Entscheidung der griechischen Datenschutzaufsicht wird von der Kommission vermutlich mit Interesse verfolgt. Sie macht deutlich, unter welchen Voraussetzungen Überwachungstechnologien in diesen Camps eingesetzt werden können.

      https://netzpolitik.org/2024/panopticon-fuer-gefluechtete-griechenland-soll-strafe-fuer-ueberwachung

  • Plastic experts say recycling is a scam. Should we even do it anymore?

    Evidence shows fossil fuel companies pushed recycling instead of addressing our growing plastic problem

    When the #Center_for_Climate_Integrity released its report (https://climateintegrity.org/plastics-fraud) about plastic recycling, one might have expected the environmentalist non-profit to encourage the practice. Anyone raised in the late-20th and early-21st century knows that the term “recycle” is often synonymous with “environmentalist causes.”

    Yet the title of Center for Climate Integrity’s report — “The Fraud of Plastic Recycling” — reveals a very different point-of-view. What if plastic recycling in fact does little to help the environment, and instead serves the interests of the same Big Oil interest groups destroying Earth’s ecosystems?

    “Through new and existing research, ’The Fraud of Plastic Recycling’ shows how Big Oil and the plastics industry have deceptively promoted recycling as a solution to plastic waste management for more than 50 years, despite their long-standing knowledge that plastic recycling is not technically or economically viable at scale,” the authors of the report proclaim. “Now it’s time for accountability.”

    The Center for Climate Integrity is not alone in characterizing plastic recycling as a false crusade. Erica Cirino, communications manager at the Plastic Pollution Coalition and author of “Thicker Than Water: The Quest for Solutions to the Plastic Crisis,” pointed to data that clearly shows we do very little recycling anyway, despite the overwhelming emphasis on it.

    “In 2017, scientists estimated that just 9% of the 6.3 billion metric tons of plastics produced from about the 1950s (when plastics were first mass produced) up to 2015 had been recycled,” Cirino told Salon. “Plastic recycling rates vary widely from region to region around the world. In the U.S., plastic recycling rates are currently below 6 percent.”

    Yet even those numbers are deceptive, Cirino warned, as they incorrectly imply that at least the plastic which does get “recycled” is handled in ways that help the environment. “Unfortunately, it doesn’t matter where or how you set out your plastic for recycling collection, whether at the end of your driveway, at your local recycling center, or in a municipal recycling bin: Most plastic items collected as recycling are not actually recycled,” Cirino explained. “Surprisingly, plastic is not designed to be recycled — despite industries and governments telling the public that we should recycle plastic.”

    Instead the plastics that people think get “recycled” are often instead shipped from the Global North to the Global South, with waste haulers often dumping and openly burning plastic without regard to environmental laws, Cirino explained. People who live near the sites where these things happen face a lifetime of health risks, to say nothing of living in a degraded environment.

    “People who earn incomes by picking wastes make the least from cheap plastics, and because of constant exposure to plastics in their line of work face elevated risks of cancers, infectious diseases (which cling to plastics), respiratory problems and other serious health issues.” Even the plastics that do get reused somehow are less “recycled” than “downcycled,” as “manufacturers mix in a large portion of freshly made plastic or toxic additives to melted down plastic waste to restore some of its desirable properties.”

    If you want to understand why the general public mistakenly believes that plastic pollution significantly helps the environment, one must look at the same fossil fuel companies that caused the problem.

    “Many people in the Baby Boomer Generation and Generation X remember the ’crying Indian ad’ that was published in the 1970s,” Melissa Valliant, communications director for the nonprofit Beyond Plastics, told Salon by email. “It was an iconic ad of the time, created by Keep America Beautiful — a corporate front created in 1953 by powerful generators of plastic waste, like PepsiCo and Coca-Cola. This was really the start of a decades-long streak of multi-million dollar ad campaigns leveraged by the plastics industry to convince consumers that if they just were a little better at putting the right plastic in the right bin, the plastic pollution problem would disappear.”

    Simply put, the same companies that created the plastic pollution crisis are motivated to keep the public from believing that their product needs to be phased out. By claiming to care about the environment while presenting a false solution to the problem of plastic pollution — one that, conveniently, removes the onus of responsibility from the companies themselves — plastic manufacturers have been able to have their cake and eat it too.

    “The continued promotion of recycling, which is a proven failure, distracts from the real solutions,” John Hocevar, Greenpeace USA Oceans Campaign Director, told Salon by email. “Most people agree that we can no longer afford to produce trillions of items packaged in a material that will last for generations and that we will only use for a few minutes or seconds before being discarded. Plastic bottles and bags don’t typically get turned into bottles and bags, but the myth that they will is one of the biggest barriers to real solutions.”

    Indeed, a compelling question arises from the fact that the crusade to recycle plastic is more corporate propaganda than true Earth-saving measure: Should we recycle plastic at all?

    “No,” Cirino told Salon. “Even if plastic recycling rates were higher, recycling alone could never come close to solving the serious and wide-ranging health, justice, socio-economic, and environmental crises caused by industries’ continued plastic production and plastic pollution, which go hand in hand.” Cirino argued that, given how plastic production has grown exponentially and its pollution problems have likewise worsened, emphasizing recycling over meaningful solutions is at best irresponsible.

    “It’s clear recycling is not enough to solve the plastic pollution crisis,” Cirino concluded. “The fossil fuel industry, governments, and corporations really need to turn off the plastic tap, and the UN Plastics Treaty could be an opportunity to do so on a global level—if member states can come together and form a treaty with real ambition. Ultimately, our world must decide what it values: money or life.”

    Erin Simon, the vice president and head of plastic waste and business at the World Wildlife Fund (WWF), offered a different perspective.

    “Everyone has a role to play – and that includes the average consumer as well,” Simon wrote to Salon. “But individuals are often limited in what they can contribute because recycling infrastructure and availability is different in every community. For those who can recycle, they should understand what can and can’t go in their recycling bin by contacting their local waste manager. For those who currently can’t recycle at home or work, they should advocate for better access to recycling services by contacting local community leaders and local government officials. In addition to recycling, shifting to reusable products is another way for individuals to reduce personal waste.”

    Simon also advocates for multinational approaches, writing to Salon that the upcoming fourth (of five) negotiating session for a United Nations Global Treaty to End Plastic Pollution has promise.

    “A Global Treaty is a once-in-a-generation opportunity for governments, businesses, and communities to secure a future free from plastic pollution,” Simon explained. “As we approach the next round of negotiations in April 2024 in Canada, WWF will be advocating to ensure the final draft of the treaty is globally binding for all Member states, and provides a clear path to ban, phase out or reduce problematic single-use plastics. WWF is also calling for the treaty to include defined requirements for product design and innovation in plastic waste management systems, while also providing policies and incentives that allow businesses to transition to more sustainable and innovative options.”

    Hocevar also praised the Global Plastics Treaty as a possible solution to the pollution crisis.

    “The Global Plastics Treaty being negotiated right now is a huge opportunity to finally solve the plastics crisis,” Hocevar told Salon. “We need President Biden to ensure that the U.S. deals with the root cause and works to reduce plastic production and use. Without dramatically reducing plastic production, it will be impossible to end plastic pollution.”

    Chelsea Linsley, a staff attorney at the Center for Climate Integrity and one of the report co-authors, perhaps summed it up best.

    “The best and most effective solution to the plastic waste crisis is to reduce the amount of plastic produced in the first place, especially for unnecessary single-use plastics,” Linsley wrote to Salon. “The Break Free from Plastic Pollution Act is an example of legislation that could implement real solutions, such as reducing and banning non-recyclable or easily replaced single-use plastics and establishing programs to support reuse and refill efforts. However, for such measures to be successful, the plastics industry must not be allowed to perpetuate the myth that recycling is an equally effective solution.”

    https://www.salon.com/2024/02/23/plastic-experts-say-recycling-is-a-scam-should-we-even-do-it-anymore

    #recyclage #plastique #greenwashing #green-washing #rapport #arnaque #escroquerie
    via @freakonometrics

  • Unraveling Havana Syndrome : New evidence links the #GRU's assassination Unit 29155 to mysterious attacks on Americans, at home and abroad | Roman Dobrokhotov, Christo Grozev and Michael Weiss
    https://theins.ru/en/politics/270425

    A yearlong investigation by The Insider, in collaboration with 60 Minutes and Der Spiegel, has uncovered evidence suggesting that unexplained anonymous health incidents, also known as #Havana_Syndrome, may have their origin in the use of directed energy weapons wielded by members of Unit 29155.

    Among this investigation’s core findings is the fact that senior members of the unit received awards and political promotions for work related to the development of “non-lethal acoustic weapons,” a term used in Russian military-scientific literature to describe both sound- and radiofrequency-based directed energy devices, as both would result in acoustic artifacts in the victim’s brain.

    These and other operatives attached to Unit 29155, traveling undercover, have been geolocated to places around the world just before or at the time of reported anomalous health incidents — or #AHIs, as the U.S. government formally refers to Havana Syndrome. Furthermore, Joy is not the only victim to identify a known member of this Russian black ops squad lurking around her home.

    The first sighting may have happened exactly seven years earlier. Contrary to the information that has been made public about Havana Syndrome — that it began in the eponymous Cuban capital in 2016 — there were likely attacks two years earlier in Frankfurt, Germany, when a U.S. government employee stationed at the consulate there was knocked unconscious by something akin to a strong energy beam. The victim was later diagnosed with a traumatic brain injury, and was also able to identify a Geneva-based Unit 29155 operative. (The incident occurred within months of Russia’s 2014 invasion of #Ukraine, in which a stealthy, nearly bloodless seizure of the Crimean peninsula in Feb. and Mar. 2014 gave way to a roiling eight-year-long dirty war in the eastern industrial heartland of Donbas, close to Ukraine’s border with Russia.)

    tldr mais assez pour remettre en doute ma précédente position que c’était surtout une panique anti russe https://seenthis.net/messages/973344

  • How Hollywood writers triumphed over AI – and why it matters | US writers’ strike 2023 | The Guardian
    https://www.theguardian.com/culture/2023/oct/01/hollywood-writers-strike-artificial-intelligence
    https://i.guim.co.uk/img/media/689771a4945d1c8d8a88bf3f3d759512c6110153/0_221_5292_3175/master/5292.jpg?width=1200&height=630&quality=85&auto=format&fit=crop&overlay-ali

    Hollywood writers scored a major victory this week in the battle over artificial intelligence with a new contract featuring strong guardrails in how the technology can be used in film and television projects.

    With terms of AI use finally agreed, some writers are breathing easier – for now – and experts say the guidelines could offer a model for workers in Hollywood and other industries. The writers’ contract does not outlaw the use of AI tools in the writing process, but it sets up guardrails to make sure the new technology stays in the control of workers, rather than being used by their bosses to replace them.

    The new rules guard against several scenarios that writers had feared, comedian Adam Conover, a member of the WGA negotiating committee, told the Guardian. One such scenario was studios being allowed to generate a full script using AI tools, and then demanding that human writer complete the writing process.

    Under the new terms, studios “cannot use AI to write scripts or to edit scripts that have already been written by a writer”, Conover says. The contract also prevents studios from treating AI-generated content as “source material”, like a novel or a stage play, that screenwriters could be assigned to adapt for a lower fee and less credit than a fully original script.

    For instance, if the studios were allowed to use chatGPT to generate a 100,000-word novel and then ask writers to adapt it, “That would be an easy loophole for them to reduce the wages of screenwriters,” Conover said. “We’re not allowing that.” If writers adapt output from large language models, it will still be considered an original screenplay, he said.

    Simon Johnson, an economist at MIT who studies technological transformation, called the new terms a “fantastic win for writers”, and said that it would likely result in “better quality work and a stronger industry for longer”.

    #Intelligence_artificielle #Scénaristes #Hollywood #Grève

  • Time of israel : Gaza : Des images de soldats israéliens jouant avec de la lingerie féminine deviennent virales Reuters

    Des soldats de l’armée israélienne ont publié des photos et des vidéos les montrant en train de s’amuser avec de la lingerie féminine trouvée dans des habitations de Gaza.

    Dans une vidéo, un soldat est assis dans un fauteuil, souriant, une arme à la main et un sous-vêtement en satin blanc dans l’autre, qu’il tient au-dessus de la bouche ouverte d’un camarade allongé sur un sofa.

    Sur une autre, un militaire est assis sur un char avec un mannequin de femme simplement vêtu d’un soutien-gorge noir et d’un casque. Il dit : « J’ai trouvé une belle femme, une relation sérieuse à Gaza, une femme formidable ».

    Ces deux vidéos tournées par des soldats israéliens figurent parmi des dizaines de posts où des soldats, à Gaza, présentent des pièces de lingerie, des mannequins et parfois les deux dans certains cas. Ces images ont été vues des dizaines de milliers de fois sur les réseaux sociaux – une a glané plus d’un demi-million de vues – après avoir été signalées et partagées par Younis Tirawi, qui se dit être un journaliste palestinien.

    Interrogé sur les images qu’il a partagées à l’attention de ses plus de 100 000 abonnés sur X, entre le 23 février et le 1er mars, Tirawi a fourni les liens des publications originales, téléchargées sur internet par les soldats. Reuters a pu vérifier huit de ses photos et séquences qui avaient été postées sur Instagram ou sur YouTube.

    « La publication de telles images est humiliante pour les femmes palestiniennes comme pour toutes les femmes », a estimé Ravina Shamdasani, porte-parole du Bureau des Droits de l’Homme des Nations unies.

    Reuters a transmis à l’armée israélienne tous les renseignements qui ont pu être obtenus sur les huit publications vérifiées sur YouTube et sur Instagram, demandant d’éventuels commentaires.
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    Parmi les posts qui ont été authentifiés, la photo d’un militaire tenant un mannequin de femme, nue, de derrière, la main posée sur ses seins. Une autre montre un soldat tenant une poupée à moitié dénudée.

    Sur une image, un militaire pose avec son arme, levant le pouce, devant un lit double sur lequel des sous-vêtements féminins ont été éparpillés.

    YouTube a annoncé avoir supprimé l’une des vidéos trouvées par Reuters, estimant qu’elle contrevient aux politiques sur le harcèlement de la plateforme qui interdisent des contenus susceptibles de révéler des informations personnelles identifiables. Instagram, de son côté, n’a fait aucun commentaire.
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    Au mois de février, la générale Yifat Tomer-Yerushalmi, la procureure-générale militaire, avait indiqué qu’elle avait « rencontré des cas de conduite inacceptable, qui nient les valeurs et les protocoles de tsahal ».

    Tomer-Yerushalmi avait expliqué qu’il y avait, parmi ces cas, « des déclarations inappropriées qui encouragent des phénomènes inacceptables ; un usage injustifié de la force, notamment contre les détenus ; des pillages, ce qui comprend l’utilisation ou la saisie pure et simple de biens privés à des fins non-opérationnelles et des actes de destruction de biens civils, ce qui est contraire au protocole ».

    « Certains incidents vont au-delà du domaine disciplinaire et franchissent le seuil du pénal », avait-elle averti.

    Également au mois de février, le chef d’état-major, le général Herzi Halevi, avait expliqué aux troupes que « nous agissons comme des êtres humains et, contrairement à notre ennemi, nous conservons notre humanité. Nous devons prendre garde à ne pas utiliser la force quand elle n’est pas requise ; nous devons prendre garde à faire la distinction entre les terroristes et ceux qui ne le sont pas ; à ne pas prendre quelque chose qui ne nous appartient pas – un souvenir ou des armes – et à ne pas filmer de vidéo à des fins de vengeance ».

    Les propos tenus par Halevi et par Tomer-Yerushalmi étaient survenus quelques semaines après la publication d’un article paru dans le New York Times qui était intitulé : « Ce que révèlent les vidéos filmées par les soldats : Acclamation des destructions et railleries à l’encontre des Gazaouis ». L’article montrait des vidéos filmées par les troupes israéliennes, leurs pairs prononçant des paroles méprisantes à l’égard des Palestiniens, commettant des actes de vandalisme chez les particuliers et souriant à la caméra alors qu’ils conduisaient des bulldozers ou qu’ils utilisaient des explosifs.

    L’article avait publié une déclaration de l’armée qui avait estimé que les séquences étaient « déplorables ».

    Le porte-parole de Tsahal, Daniel Hagari, avait aussi, à l’époque, appelé les militaires à ne pas se filmer si les images n’avaient pas une visée opérationnelle, évoquant une violation des ordres militaires.

    #femmes #palestiniennes #Palestine #Gaza #Gazaouis #tsahal #violences #pillages #YouTube #palestine_assassinée #bds #occupation #apartheid #racisme #sexisme #culture_du_viol #israel

    Source : https://fr.timesofisrael.com/gaza-des-images-de-soldats-jouant-avec-de-la-lingerie-feminine-dev

  • Plus de 120 personnes secourues sur la dangereuse route des Canaries - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/56120/plus-de-120-personnes-secourues-sur-la-dangereuse-route-des-canaries

    Plus de 120 personnes secourues sur la dangereuse route des Canaries
    Par La rédaction Publié le : 29/03/2024
    Les garde-côtes espagnols ont porté secours à trois embarcations entre mercredi 27 et jeudi 28 mars. Au moins 120 exilés subsahariens, parmi lesquels des enfants, ont pu être débarqués sains et saufs sur l’île de Gran Canaria. L’archipel des Canaries, porte d’entrée vers l’Europe, fait face à une importante recrudescence des arrivées ces derniers mois.
    Soixante-neuf personnes ont été secourues jeudi 28 mars, après avoir été repérées sur une embarcation à environ 22 kilomètres au sud de l’île de Gran Canaria, la plus importante de l’archipel espagnol des Canaries.Le centre de coordination et de sauvetage maritime (MRCC) de Las Palmas a été alerté le matin, à 7h50, d’une embarcation en détresse. Le navire Salvamar Macondo, envoyé sur place, a pu la localiser une heure après, selon les autorités. L’opération de sauvetage a alors été lancée. À bord se trouvaient trois enfants, quatre femmes et 62 hommes subsahariens, rapporte l’agence de presse EFE. Toujours selon les autorités, l’embarcation se trouvait en panne de carburant. L’ensemble des rescapés a été débarqué au port d’Arguineguín. Une deuxième embarcation dont le nombre de passagers n’a pas encore été communiqué a été escortée, jeudi matin également, par le navire de sauvetage Guardamar Calíope jusqu’à ce même port.
    La veille, mercredi 27 mars, le Guardamar Calíope avait déjà été mobilisé sur une opération de sauvetage depuis le port d’Arguineguín. Un navire marchand avait donné l’alerte pour une embarcation, aperçue en haute mer, très tard dans la soirée du mardi 26 mars. Cinquante-trois exilés d’origine subsaharienne étaient à bord, parmi lesquels au moins une mineure. À 23h35 selon les autorités, le Guardamar Calíope a pu rejoindre l’embarcation, cette fois à 204 kilomètres au sud de Gran Canaria. Le navire a été appuyé dans son opération de sauvetage par un avion et un hélicoptère, souligne EFE. Les rescapés ont pu être débarqués à quai plusieurs heures après, le matin du 27 mars, vers 8h30.
    Selon les chiffres du ministère espagnol de l’Intérieur dévoilés mi-mars, plus de 15 000 personnes sont arrivées en Espagne par la mer depuis janvier, soit 300% de plus que l’an dernier à la même période. La majorité - plus de 12 000 - est arrivée via l’archipel des Canaries.La hausse des arrivées en Espagne, notamment aux Canaries, s’explique notamment par une augmentation des départs depuis la Mauritanie. La majorité des canots débarqués en janvier 2024 dans l’archipel espagnol avait pris la mer depuis les rives mauritaniennes, malgré de nombreux accords entre Nouakchott et Madrid pour lutter contre l’immigration irrégulière. Beaucoup partent aussi des côtes sénégalaises.
    En 2023, l’archipel a vu arriver 40 000 migrants, très majoritairement originaires d’Afrique subsaharienne. Un record, supérieur de 154% à celui de 2022.Cette route maritime est pourtant extrêmement meurtrière. Sept personnes sont décédées dans un naufrage annoncé par les autorités espagnoles le 12 mars. Une semaine plus tôt, quatre corps avaient déjà été retrouvés dans une pirogue par les sauveteurs au large de l’île canarienne d’El Hierro.
    D’après l’ONG Caminando Fronteras, au moins 6 618 migrants sont morts ou ont disparu en tentant de rejoindre l’Espagne en 2023, soit 18 exilés disparus par jour en moyenne.

    #Covid-19#migrant#migration#espagne#canaries#senegal#elhierro#grancanaria#mauritanie#routemigratoire#atlantique#sante#humanitaire#mortalite

  • Plus de 120 personnes secourues sur la dangereuse route des Canaries - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/56120/plus-de-120-personnes-secourues-sur-la-dangereuse-route-des-canaries

    Plus de 120 personnes secourues sur la dangereuse route des Canaries
    Par La rédaction Publié le : 29/03/2024
    Les garde-côtes espagnols ont porté secours à trois embarcations entre mercredi 27 et jeudi 28 mars. Au moins 120 exilés subsahariens, parmi lesquels des enfants, ont pu être débarqués sains et saufs sur l’île de Gran Canaria. L’archipel des Canaries, porte d’entrée vers l’Europe, fait face à une importante recrudescence des arrivées ces derniers mois.
    Soixante-neuf personnes ont été secourues jeudi 28 mars, après avoir été repérées sur une embarcation à environ 22 kilomètres au sud de l’île de Gran Canaria, la plus importante de l’archipel espagnol des Canaries.Le centre de coordination et de sauvetage maritime (MRCC) de Las Palmas a été alerté le matin, à 7h50, d’une embarcation en détresse. Le navire Salvamar Macondo, envoyé sur place, a pu la localiser une heure après, selon les autorités. L’opération de sauvetage a alors été lancée. À bord se trouvaient trois enfants, quatre femmes et 62 hommes subsahariens, rapporte l’agence de presse EFE. Toujours selon les autorités, l’embarcation se trouvait en panne de carburant. L’ensemble des rescapés a été débarqué au port d’Arguineguín. Une deuxième embarcation dont le nombre de passagers n’a pas encore été communiqué a été escortée, jeudi matin également, par le navire de sauvetage Guardamar Calíope jusqu’à ce même port.
    La veille, mercredi 27 mars, le Guardamar Calíope avait déjà été mobilisé sur une opération de sauvetage depuis le port d’Arguineguín. Un navire marchand avait donné l’alerte pour une embarcation, aperçue en haute mer, très tard dans la soirée du mardi 26 mars. Cinquante-trois exilés d’origine subsaharienne étaient à bord, parmi lesquels au moins une mineure. À 23h35 selon les autorités, le Guardamar Calíope a pu rejoindre l’embarcation, cette fois à 204 kilomètres au sud de Gran Canaria. Le navire a été appuyé dans son opération de sauvetage par un avion et un hélicoptère, souligne EFE. Les rescapés ont pu être débarqués à quai plusieurs heures après, le matin du 27 mars, vers 8h30.
    Selon les chiffres du ministère espagnol de l’Intérieur dévoilés mi-mars, plus de 15 000 personnes sont arrivées en Espagne par la mer depuis janvier, soit 300% de plus que l’an dernier à la même période. La majorité - plus de 12 000 - est arrivée via l’archipel des Canaries.La hausse des arrivées en Espagne, notamment aux Canaries, s’explique notamment par une augmentation des départs depuis la Mauritanie. La majorité des canots débarqués en janvier 2024 dans l’archipel espagnol avait pris la mer depuis les rives mauritaniennes, malgré de nombreux accords entre Nouakchott et Madrid pour lutter contre l’immigration irrégulière. Beaucoup partent aussi des côtes sénégalaises.
    En 2023, l’archipel a vu arriver 40 000 migrants, très majoritairement originaires d’Afrique subsaharienne. Un record, supérieur de 154% à celui de 2022.Cette route maritime est pourtant extrêmement meurtrière. Sept personnes sont décédées dans un naufrage annoncé par les autorités espagnoles le 12 mars. Une semaine plus tôt, quatre corps avaient déjà été retrouvés dans une pirogue par les sauveteurs au large de l’île canarienne d’El Hierro.
    D’après l’ONG Caminando Fronteras, au moins 6 618 migrants sont morts ou ont disparu en tentant de rejoindre l’Espagne en 2023, soit 18 exilés disparus par jour en moyenne.

    #Covid-19#migrant#migration#espagne#canaries#senegal#elhierro#grancanaria#mauritanie#routemigratoire#atlantique#sante#humanitaire#mortalite

  • Berliner Gebietsreform 1938
    https://de.m.wikipedia.org/wiki/Verwaltungsgeschichte_Berlins


    Grenzänderungen der Berliner Bezirke zum 1. April 1938

    Aus heutiger Sicht zeigt die Karte einen Bezirk zuviel, dafür fehlen ein bzw. zwei neue im Osten der Stadt.

    Mit Wirkung zum 1. April 1938 wurden zahlreiche Begradigungen der Bezirksgrenzen sowie einige größere Gebietsänderungen vorgenommen. Dabei kamen unter anderem

    – die Siedlung #Eichkamp vom Bezirk Wilmersdorf zum Bezirk #Charlottenburg
    – der westliche Teil von #Ruhleben vom Bezirk Charlottenburg zum Bezirk #Spandau
    - der nördlich des #Berlin-Spandauer_Schifffahrtskanal s gelegene Teil der #Jungfernheide vom Bezirk Charlottenburg zu den Bezirken #Reinickendorf und #Wedding
    - #Martinikenfelde vom Bezirk Charlottenburg zum Bezirk #Tiergarten
    – das Gebiet um den #Wittenbergplatz und den #Nollendorfplatz vom Bezirk Charlottenburg zum Bezirk #Schöneberg
    – das Gebiet südlich der #Kurfürstenstraße vom Bezirk #Tiergarten zum Bezirk Schöneberg
    – ein großer Teil des #Grunewald s vom Bezirk #Wilmersdorf zum Bezirk #Zehlendorf
    – ein Teil von #Dahlem vom Bezirk Zehlendorf zum Bezirk Wilmersdorf
    - der östliche Rand des Bezirks Zehlendorf (in Dahlem nur ein schmaler Streifen, sich in Richtung Süden verbreiternd bis hin zu einem größeren Gebiet im Südosten) zum Bezirk #Steglitz
    - #Späthsfelde vom Bezirk #Neukölln zum Bezirk #Treptow
    – Bohnsdorf vom Bezirk Köpenick zum Bezirk Treptow
    #Oberschöneweide und die #Wuhlheide vom Bezirk #Treptow zum Bezirk #Köpenick
    - die westlich der #Ringbahn gelegenen Gebiete von #Boxhagen-Rummelsburg und #Friedrichsberg vom Bezirk #Lichtenberg zum Bezirk #Friedrichshain, damals #Horst-Wessel-Stadt.
    - #Wilhelmsruh vom Bezirk #Reinickendorf zum Bezirk #Pankow
    - das Gebiet um die #Wollankstraße westlich der Berliner #Nordbahn vom Bezirk Pankow zum Bezirk #Wedding.

    Bereits in den Jahren 1928 und 1937 war es zu Verschiebungen zwischen Schöneberg und Tempelhof gekommen.

    Unmittelbar nach Ende des Zweiten Weltkriegs machte die sowjetische Militärverwaltung aus heute unbekannten Gründen #Friedenau zwischen dem 29. April und dem 30. Juni 1945 zum 21. Bezirk mit Willy Pölchen (KPD) als Bezirksbürgermeister; danach wurde Friedenau wieder wie vorher ein Ortsteil von Schöneberg. Entsprechend bestand in der Zeit das #Amtsgericht_Friedenau.

    #Berlin #Geschichte #Verwaltung #Bezirke #Nazis

  • Soutien des #personnels de l’#Enseignement_supérieur à la #grève dans l’éducation de #Seine-Saint-Denis | Le Club
    https://blogs.mediapart.fr/les-invites-de-mediapart/blog/260324/soutien-des-personnels-de-l-enseignement-superieur-la-greve-dans-l-e

    Soutien des personnels de l’Enseignement supérieur à la grève dans l’éducation de Seine-Saint-Denis
    Depuis cinq semaines, les personnels de l’#Éducation_nationale de Seine-Saint-Denis (93) sont en grève, dans le cadre d’un mouvement intersyndical et appuyés par les parents d’élèves, notamment pour obtenir un plan d’urgence pour les établissements scolaires de leur département. Un #collectif de personnels de l’enseignement supérieur leur apporte un « soutien sans réserve ».

  • Comme un sale parfum (brun). Causerie avec l’historien #Johann_Chapoutot | #Au_Poste

    https://www.auposte.fr/causerie-avec-lhistorien-johann-chapoutot

    #Gramsci nous avait prévenus : « Le vieux monde se meurt, le nouveau monde tarde à apparaître et dans ce clair-obscur surgissent les monstres ». Avec l’#historien Johan Chapoutot, nous allons tenter, justement, de voir clair dans nos temps obscurs. Où sont les monstres ? Le cadavre du Vieux monde est-il déjà froid ou encore chaud ? La France à l’envers, Manouchian panthéonisé sous le sourire de Le Pen et ses lieutenants, la macronie machine à « com » d’#extrême_droite au service des #élites. On va écouter le maître.

    PAR
    DAV_DUF

    19 MARS 2024
    Johann Chapoutot, Historien spécialiste du "nazisme et de l’Allemagne, professeur d’histoire contemporaine à Paris-Sorbonne, est l’auteur, entre autres, de « Le Meurtre de Weimar » (PUF, 2010), « La Loi du sang. Penser et agir en nazi » (Editions Gallimard, 2014), « Le Grand récit » (PUF, 2021). Son travail sur le "management #nazi, antichambre du management #capitaliste_moderne, est l’un des plus notables.

  • Espagne : des jeunes migrants se déclarant mineurs incarcérés pour avoir conduit des canots - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55997/espagne--des-jeunes-migrants-se-declarant-mineurs-incarceres-pour-avoi

    Espagne : des jeunes migrants se déclarant mineurs incarcérés pour avoir conduit des canots
    Par Leslie Carretero Publié le : 22/03/2024
    En Espagne, les cas de jeunes migrants se disant mineurs enfermés dans les prisons du pays pour avoir piloté des canots se multiplient, à mesure que les arrivées irrégulières augmentent. Les adultes, eux aussi, subissent le même sort. Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent également des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible.
    B.C. a quitté la prison de Las Palmas, sur l’île de Grande Canarie, jeudi 14 mars. Le jeune Sénégalais de 17 ans, accusé par la justice d’être un passeur pour avoir conduit un canot de migrants, était incarcéré dans ce centre pour adultes depuis presque trois mois.
    Quelques heures plus tôt, le tribunal avait ordonné sa libération en raison de son âge. « Les conclusions [de l’examen] médico-légal » effectué sur B.C. ne permettent pas d’affirmer avec « certitude que le sujet est majeur », avait estimé le juge. Depuis son incarcération le 21 décembre 2023, le Sénégalais répétait inlassablement qu’il n’avait que 17 ans. Une photocopie de son acte de naissance transmis à l’administration n’avait pas suffi à mettre fin à son emprisonnement. Ni même un test médical qui avait conclu que « l’âge estimé du mineur présumé est compatible avec l’âge qu’il a mentionné ».
    L’ONU s’était emparé du sujet et avait exhorté le 11 mars les autorités espagnoles à libérer l’adolescent et à le traiter conformément à la Convention internationale des droits de l’enfant. L’organisation avait rappelé qu’en cas de doute sur l’âge d’une personne se déclarant mineure, elle doit être prise en charge en tant qu’enfant.Après la décision du tribunal de Las Palmas, B.C. a été transféré dans un centre fermé pour mineurs sur l’île de Ténérife en attendant son procès. Comme ce garçon originaire du Sénégal, d’autres Subsahariens connaissent le même sort : arrivés aux Canaries à bord d’une pirogue surchargée, ils ont été accusés de piloter le canot, et n’ont pas été considérés comme des mineurs. Depuis, ils croupissent dans les prisons canariennes.
    (...) On peut aussi citer l’histoire d’A.G., emprisonné avec B.C. alors qu’il n’avait que 15 ans. Ce Sénégalais a passé un mois et demi derrière les barreaux avant qu’un juge de surveillance pénitentiaire ordonne son transfert vers un centre fermé pour mineurs et que des tests prouvent sa minorité. Alors, les jeunes étrangers seraient-ils de plus en plus nombreux à remplir les prisons espagnoles ? Difficile à affirmer en raison du manque de données sur le sujet, l’enfermement des mineurs étant interdit par la loi. Mais pour Daniel Arencibia, avocat en droit des étrangers, les affaires de ce type se multiplient. Il dit observer ces derniers mois une hausse des cas et regrette « beaucoup d’erreurs pour déterminer l’âge » d’un migrant. Cette recrudescence des emprisonnements s’explique, selon lui, par l’augmentation du nombre de mineurs débarqués en Espagne. « En 2020, il y avait moins de 400 mineurs aux Canaries. Aujourd’hui, ils sont plus de 5 000 », précise l’avocat. Un chiffre qui coïncide avec la hausse des débarquements en Espagne : on comptait en 2023, plus de 56 000 arrivées de migrants dans le pays, soit un bond de 82% par rapport à 2022. Parmi eux, près de 40 000 ont été enregistrés aux Canaries, une hausse de 154% par rapport à l’année précédente.
    Des peines différentes selon les provinces espagnoles Les jeunes ne sont pas les seuls à subir le même sort. Les migrants adultes aussi se voient désigner comme passeurs, pour avoir piloté leur embarcation. Et selon le lieu de leur arrestation, les peines diffèrent de plusieurs années, révèle une étude de Daniel Arencibia. Ce dernier a analysé plus de 200 condamnations portées contre des exilés dans les provinces espagnoles – sur les îles et sur la péninsule – les plus touchées par les arrivées irrégulières, du 1er janvier 2021 à aujourd’hui. Et le constat est sans appel : les migrants jugés aux Canaries écopent de peines plus lourdes pour les mêmes chefs d’accusation que dans les autres régions du pays. « Aux Baléares, ils sont condamnés à deux ans de prison, et aux Canaries à trois voire cinq ans », affirme l’avocat dans une interview accordée au média local Diario de Canarias. Pour avoir conduit une pirogue, et être poursuivi en tant que passeur, les exilés encourent jusqu’à huit ans de prison en Espagne. Une circulaire stipule cependant que dans le cas où la personne cherche également à obtenir une protection, une circonstance atténuante peut être appliquée et permet de réduire la peine. Daniel Arencibia a également découvert que le jugement pouvait être plus clément si le migrant renonce à son procès et se déclare donc coupable : dans ce cas, le Parquet réclame trois années de prison, en vertu de la circulaire évoquée précédemment. Dans le cas inverse, il demande sept ans d’emprisonnement. « Dans la province de Las Palmas [sur l’île de Grande Canarie, ndlr], 91% des accusés ont signé le document et accepte la peine de trois ans », renonçant à faire reconnaitre leur innocence. Rien d’étonnant pour l’avocat car, selon lui, les exilés n’ont d’autres choix : « Le migrant ne comprend pas la langue, a peur et on lui dit : ‘Si vous ne signez pas ce papier, vous ferez sept ans de prison au lieu de trois’ », résume-t-il. Comme en Grèce et au Royaume-Uni, deux États qui incarcèrent aussi des exilés vus à la barre d’un canot, les associations et les militants espagnols estiment que le gouvernement se trompe de cible. Les migrants emprisonnés « n’appartiennent pas à des mafias, ce sont de pauvres pêcheurs pour la plupart. Nous dépensons des millions pour mettre en prison des pêcheurs mais nous n’avons pas le budget nécessaire pour poursuivre ceux qui deviennent réellement millionnaires, au Maroc ou en Mauritanie », déplore l’avocat.

    #Covid-19#migrant#migration#espagne#canaries#baleares#mineur#prison#CIDE#droit#senegal#sante#grce#royaumeuni#pirogue

  • Der Trompeter von Mars-la-Tour, Die Gartenlaube, Heft 34, 1872
    https://de.m.wikisource.org/wiki/Der_Trompeter_von_Mars-la-Tour


    Construction d’un héro et l’apport du poète

    Dans son poème Die Trompete von Vionville , d’abord connu sous le titre Die Trompete von Gravelotte Ferdinand Freiligrath glorifie le courage des troupes allemandes qui se sont faits massacrer par les défenseurs français en 1971. Pourtant l’ancien ami proche de Karl Marx met un contre-point avec sa plainte des morts de cette bataille.

    Le rédacteur de la revue familale Die Gartenlaube n’en retient que la signification nationaliste et donne un semblant d’authenticité à son message par son explication de la prose héroïque qui précède le célèbre poème de Freiligrath. La revue y ajoute une perspective de trou de serrure et pervertit ainsi le simple récit du trompetistte.


    Les rues Gravelottestraße et Vionvillestraße à Berlin

    Le récit du trompettiste

    „Der sechszehnte August brach an. Wir ahnten nicht, welch schwerer Tag dies für uns werden sollte. Es wurde früh alarmirt, und eine halbe Stunde später standen wir schon im Feuer. Der Feind behauptete eine feste Stellung, wir zogen uns zurück, andere Befehle erwartend. Nachdem schon viele Menschen unsererseits geopfert waren, bekam unser Regiment, vereint mit den Sechszehner-Ulanen, den Befehl, das fast Unmögliche zu thun: den Feind durch eine kühne Attaque aus seiner festen Stellung zu werfen. Und das wurde auch ausgeführt, freilich mit schweren Opfern. Zwei Drittel unseres Regiments waren todt und verwundet. Mit völliger Todesverachtung ritt auch ich dem Feind entgegen, jedoch je weiter ich in den Feind hineinritt, desto weniger wurden meiner Cameraden. Zuletzt waren wir noch unser Sechs. Da machten wir denselben Weg über Hunderte von Leichen wieder zurück. Mein Rappe blutete bereits aus fünf Wunden. Endlich angekommen bei meinem Commandeur, befahl mir dieser, Appell zu blasen. Aber welch kläglicher Ton kam da zum Vorschein! Meine Trompete war von einer Kugel durchbohrt worden, ohne daß ich etwas davon wußte. Sie war mir auf dem Rücken zerschossen. Ich brauch’s nicht zu verschweigen, daß ich in Folge dieses Ritts einer der Ersten in unserem Regiment war, der mit dem eisernen Kreuz geschmückt wurde.“

    Commentaire par Die Gartenlaube

    Hier haben wir die einfache Darstellung der Thatsache von der Hand des Trompeters, August Binkebank in Halberstadt selbst. Wir begehen gegen ihn sogar ein Unrecht mit dieser Mittheilung, denn sie ist nicht etwa von ihm direct an uns zur Veröffentlichung, sondern an einen seiner Anverwandten in einem vertraulichen Briefe gerichtet. Wenn aber der brave Mann bedenkt, daß er durch dieses Ereigniß der Geschichte angehört, so wird er zugeben, daß es besser ist, die Nachwelt erfährt dies von ihm selbst, als durch Hörensagen.

    Bekanntlich war die Schlacht bei Vionville mit ihrem großartigen Reitergefecht bei Mars-la-Tour eine der gefahrdrohendsten und deshalb für die Deutschen blutigsten des Krieges. Die Deutschen standen an den für den Tag wichtigsten Stellen einer concentrirteren Uebermacht gegenüber und mußten darum außerordentliche Opfer an tapferer Mannschaft bringen. Namentlich wurde der linke Flügel durch den Feind, der durch Wälder gedeckt und auf Höhen vortheilhaft aufgestellt war, schwer bedroht. Schon hatte in einem Waldgefecht nördlich von Vionville die Division Buddenbrock nur durch große Verluste die feindliche Artillerie verdrängen können; da wurde sie durch eine neue Aufstellung dieser Artillerie auf einem östlichen Plateau in noch größere Gefahr gebracht, und da war es, wo General Bredow den Auftrag erhielt, mit seiner Reiterbrigade durch den kühnen Angriff auf Infanterie und Artillerie der Franzosen der hartbedrängten sechsten Division Luft zu machen. „Das Geschick des Tages hängt vom Erfolge ab!“ So lautete die Weisung.

    Sechs Schwadronen stark, drei vom Kürassierregiment Nr. 7 und drei vom Ulanenregiment Nr. 16, jene geführt vom Oberstlieutenant Grafen v. Schmettow, diese vom Oberstlieutenant v. d. Dollen, sprengte die Brigade gegen den Feind. Vom heftigsten Feuer empfangen, durchbrachen dennoch die Ulanen den rechten Flügel des sechsten französischen Corps, Infanterie, und die Kürassiere drangen in die Batterie ein und hieben deren Bedienung nieder. So gelangten sie auf das zweite Treffen des Feindes. Aber die französische Cavalleriedivision de Forton wirft sich auf ihre Flanke, das erste Infanterietreffen schließt sich hinter ihnen wieder zusammen, und nur mit den größten Verlusten eröffnen sie sich den Rückzug.

    Als das gerettete Häuflein im Sichern war, zählte Schmettow von den dreihundertzehn Mann, die er in’s Gefecht geführt, nur noch hundertvier. Von den Ulanen Dollen’s, der selbst mit dem Roß gestürzt und gefangen war, standen neunzig Mann da! Von elf Trompetern war nur Einer vorhanden – alle anderen waren gefallen, verwundet oder irrten ohne Rosse umher –, und selbst diesem Einen war die Trompete zerschossen. Von Bredow’s sechs Schwadronen kehrten drei schwache Züge zurück, aber die Helden der zwölften Cavalleriebrigade hatten „ihre Schuldigkeit“ gethan.

    Schließen wir diese Erinnerung an einen großen Augenblick der größten deutschen Zeit mit Ferdinand Freiligrath’s unsterblichem Trompeter-Liede:

    Le poème de Freligrath

    Sie haben Tod und Verderben gespie’n:
    Wir haben es nicht gelitten.
    Zwei Colonnen Fußvolk, zwei Batterie’n,
    Wir haben sie niedergeritten.

    Die Säbel geschwungen, die Zäume verhängt,
    Tief die Lanzen und hoch die Fahnen,
    So haben wir sie zusammengesprengt, –
    Kürassiere wir und Ulanen.

    Doch ein Blutritt war es, ein Todesritt;
    Wohl wichen sie unsern Hieben,
    Doch von zwei Regimentern, was ritt und was stritt,
    Unser zweiter Mann ist geblieben.
    [552]

    Die Brust durchschossen, die Stirn zerklafft,
    So lagen sie bleich auf dem Rasen,
    In der Kraft, in der Jugend dahingerafft, –
    Nun, Trompeter, zum Sammeln geblasen!

    Und er nahm die Trompet’, und er hauchte hinein;
    Da, – die muthig mit schmetterndem Grimme
    Uns geführt in den herrlichen Kampf hinein, –
    Der Trompete versagte die Stimme!

    Nur ein klanglos Wimmern, ein Schrei voll Schmerz,
    Entquoll dem metallenen Munde;
    Eine Kugel hatte durchlöchert ihr Erz, –
    Um die Todten klagte die wunde!

    Um die Tapfern die Treuen, die Wacht am Rhein,
    Um die Brüder, die heut gefallen, –
    Um sie alle, es ging uns durch Mark und Bein,
    Erhub sie gebrochenes Lallen.

    Und nun kam die Nacht, und wir ritten hindann;
    Rundum die Wachtfeuer lohten;
    Die Rosse schnoben, der Regen rann –
    Und wir dachten der Todten, der Todten!

    Commentaire par Die Gartenlaube

    Es ist wohl durch Freiligrath, der seinem Gedicht die Ueberschrift „Die Trompete von Gravelotte“ gab, die irrige Bezeichnung der Schlacht entstanden; da das Factum dem 16. August angehört, so kehren wir zur richtigen Benennung des Schlachtorts zurück.
    D. Red.

    Die Trompete von Vionville
    https://www.oxfordreference.com/display/10.1093/oi/authority.20110803105829877

    Quick Reference

    Also occurring as ‘Die Trompete von Gravelotte’, a patriotic war poem by F. Freiligrath. It refers to an incident in the combined battle of Vionville and Mars-la-Tour on 16 August ...

    From: ‘Trompete von Vionville, Die’ in The Oxford Companion to German Literature »

    Subjects: Literature

    #France #Mars-la-Tour #Vionville #Gravelotte

    #Allemagne #histoire #guerre #1870 #1871

    #Berlin #Steglitz #Gravelottestraße #Vionvillestraße