• Quand les présidences tournantes de l’Union européenne sont sponsorisées par des multinationales
    https://multinationales.org/Quand-les-presidences-tournantes-de-l-Union-europeenne-sont-sponsor

    Des réunions entre ministres européens avec des bouteilles de #Coca-Cola bien en évidence. Des sites web officiels où les symboles de l’Union européenne se mélangent avec les logos de #sponsors. Des diplomates baladés en #BMW ou en #Renault devant les caméras. Inconcevable, mais vrai : depuis quelques années, l’habitude s’est installée de faire sponsoriser la présidence tournante de l’Union européenne par des grandes entreprises. La France, qui s’apprête à prendre cette présidence pour 6 mois en janvier 2022, n’a pas exclu d’avoir recours elle aussi à des #mécènes privés. L’Observatoire des multinationales s’associe à une pétition lancée par #Foodwatch et #Corporate_Europe_Observatory pour exiger qu’elle y renonce.

    Le 1er janvier prochain, la France prendra pour six mois la Présidence tournante de l’Union européenne. La dernière présidence française remonte à 2008, et le président Emmanuel Macron ne cache pas sa volonté d’en faire une plateforme en vue de sa réelection, dans le cadre de la campagne électorale du printemps prochain.

    Entre-temps, une étrange pratique s’est installée : les États membres qui assurent tout à tour, tous les six mois, le leadership de l’Union européenne ont pris l’habitude faire sponsoriser leur présidence par des grandes entreprises.

    En 2017, la présidence de l’Estonie était sponsorisée par #Microsoft, #Mercedes et BMW, et celle de Malte par les mêmes BMW et Microsoft, plus la compagnie aérienne nationale #Air_Malta. En 2018, la présidence autrichienne de l’Union était sponsorisée par #Porsche, #Audi, Microsoft et quelques autres. En 2019, la Roumanie a fait appel à Coca-Cola, Renault et Mercedes, et la Finlande à BMW. En 2020, la Croatie a accepté les cadeaux de #Peugeot #Citroën et d’une compagnie pétrolière, INA. En 2021, le Portugal a fait sponsoriser sa présidence par plusieurs entreprises nationales, dont l’entreprise papetière The Navigator Companies. Seule exception : l’Allemagne, qui a renoncé en 2020, sous pression de la société civile, de recourir à ce type de sponsorship pour sa présidence.

    Les présidences de l’Union européenne doivent-elles être réduites au même triste sort que les grands événements sportifs ou culturels dans le monde d’aujourd’hui : celui de support pour les #logos de grandes #multinationales ? Au-delà de la publicité offerte à bon marché à leurs produits pas toujours très vertueux (boissons sucrées, voitures individuelles, pétrole), le #sponsoring privé des présidences de l’UE offre à des entreprises comme Renault ou Coca-Cola un accès privilégié aux décideurs, pour mieux faire passer leurs idées et leurs priorités et imposer leur agenda politique.

    La pratique du sponsoring des présidences est décriée de toutes parts : par la société civile, par la Médiatrice de l’Union européenne, et jusque dans les rangs des députés européens macronistes, qui ont demandé au gouvernement français de ne pas y avoir recours. Pourtant, l’option est clairement à l’étude. Au printemps dernier, le secrétaire d’État aux affaires européennes Clément Beaune déclarait à Mediapart : « Il n’y aura pas de financement privé de la présidence, pas de ’sponsorship’. Le seul débat que l’on ouvre, et qui sera mené de manière transparente, c’est de savoir si, sur des sujets ponctuels, il peut y avoir un soutien matériel. Je prends un exemple très concret : qu’un constructeur automobile français prête des voitures électriques pour un événement, parce que cela rentre par ailleurs dans nos priorités pour le climat. C’est le maximum que l’on s’autoriserait, en termes d’implication du monde de l’entreprise. »

    Cette distinction entre soutien financier et soutien en nature est parfaitement hypocrite : la plupart des sponsors passés des présidences tournantes de l’UE ont eux aussi apporté leur soutien en nature. C’est précisément ce qui les intéresse : pouvoir placer leurs produits.

    Toute forme de sponsoring privé des présidences de l’Union européenne est inacceptable. L’#Observatoire_des_multinationales s’associe à Foodwatch et à l’ONG bruxelloise Corporate Europe Observatory pour lancer une pétition en ligne demandant à la France d’être exemplaire et d’envoyer un message fort aux citoyen.nes et aux autres États membres en refusant ces accords douteux, qui n’ont pas leur place dans notre démocratie.

    -> Pour signer la pétition c’est ici : https://www.foodwatch.org/fr/sinformer/nos-campagnes/politique-et-lobbies/lobbies-et-multinationales/presidence-francaise-UE-non-aux-cadeaux-des-entreprises

    #ue #union_européenne #publicité

  • #Giuseppe_Valditara

    Sono nato a Milano il 12.1.1961, ho studiato al Berchet ed alla Statale dove mi sono laureato in Giurisprudenza. Sono diventato poco dopo i 30 anni ordinario di Diritto Romano. Insegno a Torino, ma non ho nessuna voglia di abbandonare la mia città natale. Ho raccontato il diritto romano anche ai cinesi e sono stato per qualche anno preside della Facoltà di Giurisprudenza della Università Europea di Roma. In politica ho fatto l’assessore all’Istruzione e all’Edilizia scolastica della Provincia di Milano e per 12 anni il senatore, prima di An, poi del Pdl, quindi di Fli, di cui sono stato vicepresidente del Gruppo parlamentare. Mi sono occupato di riforme costituzionali, di ricerca e di istruzione.

    Ora ho fondato con tanti amici un gruppo facebook che si chiama Crescita e Libertà, che ha già avuto l’onore delle cronache per qualche battaglia non marginale.

    Ritengo la politica, nonostante tutto, lo strumento che ha ogni cittadino per contribuire a costruire un Paese migliore.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/blog/gvalditara

    #extrême-droite #Italie #Lega_Nord
    cc @albertocampiphoto @marty

    • Sovranismo, il Manifesto di Giuseppe Valditara: rivoluzione culturale e politica contro la sinistra “globalista”

      “Sovranismo”, si sente sempre più spesso ripetere nel dibattito politico, come risposta necessaria al forte disorientamento di vaste aree del ceto medio da tempo deluso da una politica [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] che appare incapace di reagire ad una visione del mondo che, globalizzato nell’economia, dimostra anche di aver perduto ogni riferimento culturale, ideologico e identitario, quelli che poggiano sul concetto di Nazione, espressione delle radici più profonde dei popoli, sostituita da una visione della società senza valori, senza stati, senza confini.

      E di Sovranismo, come espressione di un’idea “forte” che si alimenta della identità di un popolo, scrive Giuseppe Valditara in un volume che già si è guadagnato recensioni e presentazioni in giro per l’Italia: Sovranismo”, Una speranza per la democrazia”, che sta rinnovando il successo di un fortunato libro del 2007, “Saggi sulla libertà, dei romani, dei cristiani e dei moderni” (Rubbettino), nel quale Valditara in qualche modo ha anticipato alcune sue riflessioni in tema di identità. Perché, come si legge nella presentazione di questa raccolta di saggi, “per sapere dove vogliamo andare, quale futuro dare alla nostra società, dobbiamo recuperare la consapevolezza dei nostri valori di riferimento”, appunto la nostra identità.

      Professore ordinario di diritto romano nell’Università di Torino, una vasta produzione scientifica, senatore per due legislature, Valditara è il Direttore scientifico di Logos (www.logos-rivista.it), rivista che vanta un Comitato di esperti composto da prestigiosi docenti universitari e professionisti che costituisce una sorta di “pensatoio”, un think thank, come oggi si dice, del Centrodestra e della Lega in particolare che del sovranismo ha fatto una bandiera in Italia e in Europa e che, abbandonato il riferimento al “Nord”, si è collocata al centro del dibattito politico con visione compiuta dell’Italia, della sua storia e delle sue diversità, di quella varietà di sentimenti e di esperienze umane e culturali che costituiscono la ricchezza di questo nostro Paese.

      Il libro guida il lettore tra storia e pensiero politico alla ricerca delle radici della cultura italiana ed europea, sicché costituisce un vero e proprio “Manifesto dei sovranisti”, una risposta a quanti, in particolare dal dopoguerra, hanno cavalcato con entusiasmo, certo degno di migliore causa, la fine delle ideologie in un percorso che al fondo ha inaridito anche le idee le quali hanno identificato negli anni partiti e movimenti politici, così sminuendo agli occhi dei cittadini e degli elettori le tradizionali distinzioni della politica, tra Destra e Sinistra, nell’illusione che pace e prosperità sarebbero state assicurate dalla globalizzazione dell’economia e da quella dimensione cosmopolita e internazionalista “gradualmente diventata il punto di riferimento di quei movimenti politici che avevano sempre contrastato i fenomeni identitari, variamente legati all’idea di nazione”, come scrive Valditara che analizza le ragioni della crisi delle tradizionali divisioni politiche.

      Ed identifica in certo “Cattolicesimo mondialista”, che concepisce il messaggio cristiano più come una “ideologia sociale che come una parola di salvezza individuale”, la sponda agli interessi finanziari internazionali che traggono vantaggi da una società senza frontiere per le merci e per gli uomini. Come dimostra l’aiuto fornito da ambienti finanziari internazionali all’immigrazione incontrollata che assicura forza lavoro a basso costo per comprimere i salari.

      In politica la globalizzazione, che patrocina un mondo senza frontiere, presuppone la cancellazione delle identità dei popoli, della loro storia, della loro cultura, di quelle tradizioni che, nel corso dei secoli, hanno formato le nazioni le quali si identificano per la lingua, l’ambiente, le istituzioni. Ne dà dimostrazione la scuola con il progressivo allontanamento dalla cultura classica nella convinzione, errata, che lo studio delle discipline scientifiche sia quello che offre maggiori occasioni di lavoro. Così privando i nostri giovani di quella base culturale sulla quale più facilmente si collocano e si consolidano i vari saperi, anche quelli scientifici, come dimostra l’esperienza dei tanti professionisti e studiosi che hanno conquistato in Europa e nel mondo posizioni di elevato prestigio.

      Per Valditara è mancata spesso la capacità di sviluppare una proposta alternativa, politica e di governo, che poggi su solide basi storiche e culturali, identitarie, appunto, “con una visione chiara e positiva del futuro, in grado di convincere quote maggioritarie di elettorato in particolare quello più moderato, che è decisivo per vincere”. Ed è innegabile – osserva ancora –“che in alcuni Paesi le tradizionali forze “conservatrici” fatichino a trovare un percorso propositivo fortemente innovativo a rimodellare la loro identità per essere capaci di affrontare la nuova sfida mondiale, che è culturale prima ancora che politica”.

      C’è al fondo una riscoperta dell’idea di nazione, di un nazionalismo che non è quello aggressivo di fine ‘800 che ha prodotto prevaricazioni e guerre, ma liberal conservatore, che rivendica l’identità di un popolo anche come mezzo di confronto con altri popoli, che, come scrive Andrea Geniola, nella prefazione al libro di Michael Billig, “Nazionalismo banale”: una identità che “sopravvive alla globalizzazione perché nelle democrazie avanzate spesso abbandona i tratti più marcatamente aggressivi o rivendicativi per comparire sotto le vesti “banali” della bandiera esposta negli uffici pubblici, nei riferimenti culturali diffusi dai mass media, nella simbologia più o meno esplicita delle ritualità sportive”.

      Insomma il nazionalismo si riproduce “in tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana come un fenomeno normalizzato e rassicurante. Occorre rendersene conto per comprendere il mondo in cui viviamo senza ricadere nelle semplificazioni giornalistiche”. Secondo la cultura borghese-liberale, che “più di altri aveva enfatizzato, dall’Ottocento in avanti il legame tra nazione e libertà, tra indipendenza nazionale e progresso storico, e aveva fatto del nazional-patriottismo, inteso in senso etico politico, l’unica base di legittimazione dello Stato democratico e lo strumento privilegiato di integrazione politica delle masse popolari”, come scrive Alessandro Campi (Nazione, Il Mulino, 200).

      Il libro sviluppa l’analisi della risposta sovranista su una solida base culturale partendo dalla storia, dagli studi che affondano le radici nell’esperienza della Roma repubblicana e imperiale che consentono a Valditara di individuare concetti precisi e chiari in “sovranista” e “identitario” che ritiene “essenzialmente legato al grande tema delle vicende della sovranità popolare, prima ancora che della sovranità nazionale, la cui crisi è una conseguenza della crisi della prima”. È anche una risposta al tentativo di “sovvertire tradizioni e sconvolgere identità mettendo in crisi un mondo certamente distante da quello “progressista” e, anzi a esso politicamente alternativo nel suo consueto conservatorismo valoriale”. Questa visione storica ha l’obiettivo di definire un pensiero corretto, scientificamente corroborato da riflessioni di studiosi di scienza della politica e del diritto pubblico che vada oltre gli slogan dei movimenti sbrigativamente definiti “populisti”, qualificazione che ha assunto un significato a volte dispregiativo e comunque limitativo dell’offerta politica, per passare dalle sensazioni ad una costruzione solida, “per contestualizzare i dati dell’attualità riguardanti temi interconnessi quali l’immigrazione di massa, la perdita progressiva di identità culturale e nazionale e la crescita dei poteri sovrannazionali”, come ha scritto Thomas D. Williams PhD, Professore di Filosofia etica, University of Saint Thomas, nella prefazione: Valditara delinea idee, speranze e programmi politici che dovrebbero essere condivisi dai movimenti di tutti i Paesi e coagulare un blocco in grado di contrastare il dilagante globalismo.

      Proseguendo nell’analisi del presente Valditara rileva come ormai la sovranità popolare è umiliata da oligarchie che rispondono ai grandi gruppi economici, da governi sovranazionali che non rappresentano i popoli, da Corti internazionali che condizionano la giustizia nazionale. Sicché anche il voto, espressione massima della democrazia, si rivela privo di reale efficacia in quanto il potere è gestito da politici che si occupano soprattutto dei loro referenti e trascurano il bene comune. Questo provoca sfiducia nei confronti dello Stato che dimostra di non tutelare l’identità, le tradizioni, gli usi e i costumi, dei quali la gente – anche la più umile – si sente generalmente gelosa custode.

      Nell’Antica Roma, ricorda Valditara, autore di un aureo volumetto che ha avuto molto successo, “L’immigrazione ai tempi dell’antica Roma”, tutti erano fieri di definirsi civis romanus. Oggi pochi si sentono civis europeus, anche se l’Europa è certamente nelle nostre radici indiscutibilmente greco-romane e giudaico-cristiane che si ricollegano a quelle delle singole Patrie di cui parlava il Generale De Gaulle.

      Nella primavera 2019 voteremo per il rinnovo del Parlamento europeo ed è certo che il dibattito tra i partiti dovrà affrontare le gravi carenze dimostrate concretamente dalle Istituzioni comunitarie, anche per quel deficit di democrazia e per l’ambiguità dei rapporti tra di esse, per come siamo abituati a guardarle sulla base della separazione dei poteri enunciata tre secoli fa da Charles-Louis de Secondat, Baron de La Brède et de Montesquieu, giustamente evocato da Giuliano Amato a Bruxelles in occasione del discorso di insediamento della Convenzione europea, attestando che il Barone francese “non è mai passato per Bruxelles”.

      Il tema è quello del ruolo degli stati e, per noi, dell’Italia, se “indipendente” o “integrata”, alternativa all’evidenza frutto di un equivoco. Perché partecipare ad una Europa integrata, scegliendo di essere protagonisti di un’unione politica che garantisca il mercato unico e la democrazia liberale è certamente compatibile con la lettura sovranista del ruolo degli stati. Si tratta, dunque, ancora una volta ricordando l’insegnamento di Montesquieu, di rendere più aperti, trasparenti e capaci di rispondere alle istanze dei cittadini quei processi decisionali a livello europeo nei quali oggi marginale è il ruolo della Commissione e assolutamente insufficiente quello del Parlamento, essendo le scelte significative rimesse alle riunioni deli Consigli dei capi di stato e di governo dove fa premio il “peso” politico ed economico-finanziario dei singoli stati.

      Il libro ha, dunque, l’ambizione di offrire idee ai boni viri, a quella “maggioranza morale di persone serie, per bene, responsabili e autenticamente generose, che hanno a cura innanzitutto il destino dei propri figli e dei propri nipoti”. Perché diano vita a quella rivoluzione “identitaria e sovranista, che è poi una rivoluzione democratica” la quale “presuppone proposte non improvvisate, concrete, realistiche, presuppone riflessione e studio” come scrive Valditara nelle conclusioni. Nelle quali richiama opportunamente l’esigenza di riscoprire il realismo contro l’ideologismo. E lo fa con rinvio al pensiero di un giurista e console romano, Sesto Elio: “a differenza dei Greci, amanti del filosofeggiare, i Romani preferivano la certezza del diritto, e il diritto deve a sua volta dare risposte efficaci ed equilibrate ai bisogni quotidiani dei cittadini”.

      È corretto, dunque, definire il libro di Valditara il “Manifesto” del sovranismo, idee e volontà di sviluppare un grande progetto di respiro internazionale alternativo al “globalismo”, “che vada oltre la pur nobile azione di contrasto e di rigetto di alcuni sui principi e di alcune sue realizzazioni”.

      https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/salvatore-sfrecola-opinioni/sovranismo-il-manifesto-di-giuseppe-valditara-2912868
      #souverainisme #globalisme

    • Giuseppe Valditara

      - Nel 1993 è nel direttivo della Fondazione Salvadori presieduta da Gianfranco Miglio e contribuisce a scrivere la bozza di Costituzione federale, approvata poi dal Congresso di Assago della Lega Nord.

      – Gennaio 1994: prende parte alla delegazione leghista che firma il patto Maroni-Segni (v. Montanelli, L’Italia di Berlusconi; Vespa, Il cambio). Sempre nel 1994 fonda e dirige Associazione per le Libertà che lancia per prima la proposta di un Partito Repubblicano che federi tutte le anime della destra italiana sul modello americano.

      – 1996: con Pinuccio Tatarella fonda Oltre il Polo per la costruzione in Italia di una destra «gollista e federalista».

      – 1998: alla conferenza programmatica di AN a Verona redige il documento sulla Questione settentrionale e scrive la proposta per statuti di autonomia particolare.

      – 1998: fa parte della Commissione istituita dalla Regione Lombardia per la redazione di uno statuto di autonomia particolare.

      – 1998: collabora con Pinuccio Tatarella alla redazione di uno statuto di autonomia particolare per la regione Puglia

      – Dal 1999 al giugno 2001 è stato vicepresidente dell’Istituto Regionale di Ricerca della regione Lombardia.

      – Dal 1998 è stato vicepresidente del comitato scientifico della rivista Federalismo e Libertà.

      – Assessore all’Istruzione e all’edilizia scolastica per la provincia di Milano dal giugno 2000 al luglio 2001.

      – Senatore della Repubblica dal maggio 2001 al marzo 2013 (Legislature XIV, XV, XVI).

      – Eletto nel 2001 al Senato della Repubblica per la Casa della Libertà in Lombardia, aderisce al gruppo di Alleanza Nazionale.

      – Rieletto nel 2006 in AN. Dal 2001 è responsabile del dipartimento Scuola e Università di AN.

      – Nel novembre 2007 propone un emendamento alla legge finanziaria per l’aumento delle borse di studio degli studenti di dottorato delle università pubbliche italiane da 800 euro a 1.100 euro circa. Nonostante il parere contrario del Governo Prodi II, l’emendamento viene approvato.[1]

      – Rieletto al Senato nel 2008 nel PDL.

      – Nel 2010 si distingue particolarmente nella stesura della Riforma Gelmini per l’università pubblica italiana.

      – Nel 2010 aderisce a Futuro e Libertà per l’Italia, divenendo coordinatore regionale della Lombardia.

      – Nel marzo 2015 ha fondato e dirige LOGOS ( www.logos-rivista.it ), rivista politico-culturale on line, un think tank vicino alle posizioni della Lega Nord e Noi con Salvini.

      https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Valditara

  • la cuisine du graphiste : La meilleure base de données sur les logos que je n’ai jamais vue !
    http://www.lacuisinedugraphiste.net/2017/02/la-meilleure-base-de-donnee-sur-les.html

    Logobook est un nouveau site base de donné sur les #logotypes.
    Les logos sont classés par genre (Lettres et chiffres, Business, Nature, objets…), puis sous divisés par thèmes ou par ordre alphabétique. Chaque fiche donne le pays, le client, le nom du créateur et l’année de création.
    Il y a un énorme paquet de créations différentes, des années 50 à aujourd’hui et, éléments non négligeable, l’ergonomie est limpide.
    Des fois, je parle de pépite, là, c’est carrément une mine d’or !

    http://www.logobook.com

    • J’ai regardé dans le reste de ce blog, les articles postés par ce Julien. J’y vois un manque de professionnalisme. Découvrir en pleine carrière Logobook qui est la bible des graphistes logo depuis 10 ans. Parler de l’élégance des polices de caractères, alors que cette discipline s’échine à se transmettre, allez, depuis 300 ans.
      Y’a un petit côté, « Hey, vous savez quoi, j’ai trouvé un super site hier en cuisinant, ça s’appelle Marmiton, vous connaissez ? »
      Les bonnes pratiques, le savoir faire et l’artisanat sont les 3 choses les plus dures à apprendre dans un métier, car il faut y être attentif toute sa carrière. Les employeurs ne le comprennent pas et préfèrent l’énergie débordante d’un débutant. Les écoles leur donnent raison. Le libéralisme semble s’accorder à ce modèle.

      Avant, on ne voyait pas passer les vicissitudes des professionnels « Qu’est ce que c’est ce fil rouge ? se demande l’électricien·ne avant de finalement le couper ». Alors qu’aujourd’hui, toutes les professions créatives ont un blog perso et ne rechignent pas à exposer toutes leurs pensées. Résultat, ça saute aux yeux.

      Mais sinon, très bon site Logobook, qui existe aussi sous forme de bouquin.
      https://www.taschen.com/pages/fr/catalogue/graphic_design/all/02825/facts.logobook.htm
      #coup_de_gueule #jugement

    • A priori logobook le site et logobook le bouquin ont aucun rapport et le site vient tout juste de sortir : ) Quand au livre, il est sorti en 2013 apparemment ?
      Je n’ai pas d’actions chez ce graphiste mais le fait que tu dise que c’est une base incontournable m’a interpellé… mais du coup tu faisais référence à autre chose ?

  • #Logos_nutritionnels : arrêtez cette #mascarade, Madame la Ministre
    https://www.foodwatch.org/fr/s-informer/topics/logo-nutritionnel-l-information-sur-l-etiquette/petition-stop-a-l-experimentation-des-logos-nutritionnels

    Au lieu de s’appuyer sur des avis scientifiques pour choisir un système d’étiquetage clair, la Ministre de la Santé a lancé une expérimentation pour évaluer en conditions réelles quatre de ces logos nutritionnels. Sauf que… cette expérimentation est mise en oeuvre par le Fonds français pour l’alimentation et la santé. Or le FFAS représente les intérêts de l’industrie agroalimentaire.

    #lobbys

  • Gloses marginales aux « Commentaires sur la société du spectacle » - Archives du Jura Libertaire - G. Agamben
    http://juralibertaire.over-blog.com/article-20137929.html

    Ce texte est la postface que Giorgio Agamben a écrite pour la traduction italienne des Commentaires sur la société du spectacle, qui paraît en même temps que la réédition de la Société du spectacle.

    Futur antérieur no 2, été 1990.

    En quel sens, à l’époque du triomphe accompli du #spectacle, la pensée peut-elle recueillir aujourd’hui l’héritage de #Debord ? Puisqu’il est clair que le spectacle est le langage, le caractère communicatif ou l’être linguistique même de l’homme. Ceci signifie que l’analyse marxienne doit être intégrée au sens où le #capitalisme (ou quel que soit le nom que l’on veuille donner au procès qui domine aujourd’hui l’histoire mondiale) ne concernait pas seulement l’expropriation de l’activité productive, mais aussi et surtout l’aliénation du #langage même, de la nature linguistique et communicative de l’homme, de ce #logos auquel un fragment d’Héraclite identifie le #Commun. La forme extrême de cette expropriation du commun est le spectacle, c’est-à-dire la politique où nous vivons. Mais ceci signifie aussi, que, dans le spectacle, c’est notre propre nature linguistique qui s’avance vers nous renversée. C’est pourquoi (précisément parce que c’est la possibilité même d’un lien commun qui est expropriée) la violence du spectacle est si destructrice, mais c’est aussi pourquoi, le spectacle contient encore quelque chose comme une possibilité positive, qu’il s’agit d’utiliser contre lui.

    je vois pas trop / la #communication_guérilla ?

    • L’État spectaculaire reste, malgré tout, un État qui se fonde, comme tout État (ainsi que Badiou l’a montré), non pas sur le lien social, dont il serait l’expression, mais sur sa déliaison, qu’elle interdit. En dernière instance, l’État peut reconnaître n’importe quelle revendication d’identité — (l’histoire des rapports, à notre époque, de l’État et du terrorisme en est l’éloquente confirmation) même celle d’une identité étatique en son propre sein ; mais que des singularités forment une communauté sans revendiquer une identité, que des hommes co-appartiennent sans une condition représentable d’appartenance (l’être italien, ouvriers, catholiques, terroristes…) voilà ce que l’État ne peut en aucun cas tolérer. Pourtant, c’est le même État spectaculaire, en tant qu’il annule et vide de son contenu toute identité réelle et substitue le public et son opinion au peuple et à sa volonté générale, qui engendre massivement en son propre sein des singularités qu’aucune identité sociale ni condition d’appartenance ne caractérisent plus : des singularités vraiment quelconques.

      #identité #individu #philosophie

  • Vendredi c’est graphism S02E25! | Geoffrey Dorne
    http://owni.fr/2011/07/01/vendredi-c%e2%80%99est-graphism-s02e25

    Cette semaine, des actus riches et variées : un splitscreen poétique réalisé avec un téléphone, logos détournés, enceinte hackée, un livre sur les papas geeks et une vidéo en soutient a un tibétain... Programme chargé !

    #Cultures_numériques #Graphisme #designer #geek #graphisme #imagination #logos_détournés #nokia #papa #split #Vidéo #wtf

  • www.LOGOTHEQUE.fr - La logothèque : banque de logos et de marques déposées du monde entier.
    http://www.logotheque.fr/main.php

    Propriétaires : pour les propriétaires des logos visualisables ou ( utilisables ) sur le site, notre but est de faciliter la compréhension, l’inspiration, la création des logos en communication graphique en générale. Nous sommes graphistes, et savons que dans notre métier comme en imprimerie, il est utile de pouvoir visualiser les logos et leurs évolutions pour améliorer la réalisation ou l’impression et vous faire gagner du temps. A terme ce sont des centaines de milliers de logos, de très grandes marques comme des petites symboles graphiques de tous les pays que nous avons mis en ligne et vu leurs nombres, nous ne pouvions pas demander les autorisations de diffusion à tous les propriétaires. Ne voulant nuire à quiconque en les diffusant, si vous ne voulez pas voir le votre dans notre base de donnée : envoyez nous un simple courriel ( email contact@logotheque.fr ) en nous demandant de le supprimer, d’avance, nous vous remercions pour votre compréhension. Nous avons choisis le format S

    #bibliotheque #entreprise #graphisme #logo #logos