• Gilets de sauvetage

    « Les îles les plus à l’est leur offrent quelques heures de répit dans leur longue marche.
    Chaque île est un point de fuite pour qui, chez lui, n’a plus de perspectives.
    Installés dans la torpeur de l’été, que ferons-nous pour eux ? »

    https://www.cambourakis.com/tout/bd/gilets-de-sauvetage
    #Chio #Chios #Grèce #îles #Mer_Egée #Massacre_de_Chio #histoire #hospitalité #tourisme #migrations #asile #réfugiés
    #BD #bande_dessinée #livre

  • Méritocratie : aux sources d’un mythe
    https://laviedesidees.fr/Bourdeau-Le-Marche-et-le-Merite

    Quel est le principe fondateur des sociétés modernes ? Vincent Bourdeau analyse la notion de mérite, à la lumière de la pensée du #XIXe_siècle et de la figure de Léon Walras. À propos de : Vincent Bourdeau, Le Marché et le Mérite. Léon Walras (1834-1910) et l’économie politique républicaine en France, Presses Universitaires de Rennes

    #Économie #Histoire #marché #méritocratie #Double_Une
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20240305_walras.pdf
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20240305_walras.docx

  • Interesting ideas in Observable Framework
    https://simonwillison.net/2024/Mar/3/interesting-ideas-in-observable-framework

    Mike Bostock, Announcing: Observable Framework:
    Today we’re launching Observable 2.0 with a bold new vision: an open-source static site generator for building fast, beautiful data apps, dashboards, and reports.

    Our mission is to help teams communicate more effectively with data. Effective presentation of data is critical for deep insight, nuanced understanding, and informed decisions. Observable notebooks are great for ephemeral, ad hoc data exploration. But notebooks aren’t well-suited for polished dashboards and apps.

    Enter Observable Framework.

    There are a lot of really interesting ideas in Observable Framework.
    • A static site generator for data projects and dashboards
    • JavaScript in Markdown
    • Everything is still reactive
    • Only include the code that you use
    • Cache your data at build time
    •Comparison to Observable Notebooks
    •A change in strategy

  • La Regione Lombardia e il rischio di un nuovo “saccheggio” dei fiumi

    La Giunta Fontana a metà febbraio ha disposto l’estrazione di sabbia e ghiaia dall’alveo di diversi fiumi, tra cui l’#Adda e il #Mera, e torrenti. Con la scusa di rimuovere materiali in eccesso e prevenire esondazioni dà il la a nuove concessioni per cavare. Un errore, denuncia il Centro italiano per la riqualificazione fluviale.

    “Siamo di fronte all’ennesimo episodio di saccheggio dei fiumi: quello approvato da Regione Lombardia è in realtà un ingiustificato programma di ‘disalveo’”, denuncia Andrea Goltara, direttore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf) commentando la delibera con cui la giunta regionale ha approvato, a metà febbraio, a un “programma di regimazione idraulica mediante escavazione di materiali litoidi” per l’anno 2024. “Il susseguirsi di più eventi di piena negli ultimi anni ha determinato la formazione di accumuli significativi di materiale litoide in alveo, tali da rendere necessaria la loro rimozione mediante un Programma di interventi di regimazione idraulica mediante escavazione di materiali litoidi”, si legge nel testo del documento.

    In altre parole, Regione Lombardia rilascerà delle concessioni per l’estrazione di sabbia e ghiaia dai letti di una dozzina tra torrenti e fiumi, a partire dall’Adda e dal Mera, giustificando questo intervento con la necessità di rimuovere l’eccessiva quantità di materiali che si è depositata in alcuni punti degli alvei a causa degli eventi alluvionali estremi degli ultimi anni.

    Il programma verrà attuato, prosegue la delibera, “mediante il rilascio di concessioni per l’asportazione del materiale eccedente secondo un progetto definitivo/esecutivo, approvato dall’Ufficio Territoriale Regionale competente per la gestione del corso d’acqua”. Tra quelli in elenco figurano appunto corsi d’acqua importanti come l’Adda (dove sono previsti nove interventi, l’#Oglio e il Mera (cinque gli interventi previsti); ma anche torrenti come il #Federia nel Comune di #Livigno, il #Mallero a #Chiesa_Valmalenco in provincia di #Sondrio o il #Tidone in provincia di Pavia e il torrente #Re in #Valle_Sabbia (BS).

    “La motivazione indicata da Regione Lombardia è la riduzione del rischio di possibili esondazioni a causa degli accumuli di sedimenti -spiega ad Altreconomia Andrea Goltara, direttore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf) -. Tuttavia, né la delibera né i suoi allegati contengono dati, risultati di modellazioni o alcuna valutazione che giustifichino la necessità di questo tipo di intervento per ridurre il rischio. Anche le immagini contenute nei documenti mostrano perlopiù normali forme e processi fluviali”.

    Interventi di questo tipo, che si limitano ad estrarre materiali dagli alvei, continua Goltara, risultano ancora più anacronistici se si pensa che dal 2015 è entrato in vigore per le Autorità di bacino distrettuali e le Regioni l’obbligo di elaborare i #Programmi_di_gestione_dei_sedimenti (#Pgs): strumenti conoscitivi, gestionale e di gestione dei sedimenti relativi all’assetto morfologico dei corsi d’acqua finalizzati a mitigare il rischio alluvioni, oltre che a tutelare e migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi d’acqua.

    “Non dovrebbe più essere possibile realizzare estesi interventi di questo tipo, in assenza di dimostrate situazioni di emergenza e senza un piano che definisca per ogni corso d’acqua stato di fatto, obiettivi e azioni conseguenti, come previsto dal Pgs”, sottolinea il direttore del Cirf. Anche l’obbligo di intervenire per ridurre i rischi, previsto dalla Direttiva alluvioni dell’Unione europea, non chiede di “regimare” i corsi d’acqua. “Non siamo più negli anni Sessanta -conclude-. Inoltre, è importante ricordare che la Lombardia, in ottemperanza con quanto previsto dalla Direttiva acque, è tra le poche ad aver realizzato una classificazione idro-morfologica dei propri fiumi e torrenti. Viene da chiedersi se e come vengano utilizzate queste informazioni”.

    https://altreconomia.it/la-regione-lombardia-e-il-rischio-di-un-nuovo-saccheggio-dei-fiumi

    #Italie #Lombardie #rivières #sable #extractivisme

    • Naufragio a Cutro

      https://www.youtube.com/watch?v=8DqKAVz7KSs&t=31s

      Li han visti nel buio aggrappati alle sponde,
      li hai sentiti gridare in mezzo alle onde.
      Hanno detto che c’era tempesta sul mare,
      la guardia costiera li ha guardati annegare.

      Fuggiti da guerre, violenze e da fame,
      da città sbriciolate fra bombe e pietrame
      Dove anche ai bambini è vietato sognare
      l’Europa civile non vuole aiutare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Rischiare la pelle, i figli e i parenti,
      stipati su barche sfasciate e cadenti
      Ha detto il ministro, non è cosa da fare,
      vi respinge l’Europa, potete annegare.

      Un orsacchiotto incrostato di sabbia,
      fra assi divelte rimane la rabbia.
      Restan soltanto nei vari rottami,
      speranze spezzate di poveri umani.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo un carico residuale.

      Per giorni e per notti affiorano i corpi,
      li cercano in mare, li cercano in molti.
      Riemergeranno, basta avere pazienza,
      sono dell’Europa la sporca coscienza.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      Addio, Mohamed, addio, Rashida,
      addio, Bashar, piccola Jalina.
      Non siete persone per chi è a governare,
      ma solo migranti annegati nel mare.

      #Marina_Corti #Bruno_Podestà #migrations #naufrage #chanson #musique #musique_et_politique #Cutro #mourir_aux_frontières #mourir_en_mer #Méditerranée #mer_Méditerranée #26_février_2023

  • Calendario Incivile
    https://resistenzeincirenaica.com/2024/02/13/calendario-incivile

    Ve lo avevamo anticipato, le iniziative correlate o tangenti al 19 febbraio – Yekatit 12 sono molte… Partiamo segnalandovi quella di Salò… Reset All, Circolo ARCI Zambarda, Collettivo Gardesano Autonomo, Casa dei Popoli Thomas Sankara, con il supporto della Federazione delle Resistenze e di quanti si vorranno aggiungere lungo il percorso, presentano: “Calendario incivile –... Continua a leggere

    #Antifascismo #Colonialismi #La_Federazione #alto_adriatico #Colonialismo #D'Annunzio #Gardaland_del_sovranismo #Giorno_del_ricordo #Impresa_di_Fiume #Mackda_Ghebremariam_Tesfau #marketing_territoriale #Merope #Mu.Sa #Piazza_della_Loggia #Salò #Sergio_Bresciani #Strage_di_Peteano #Vittoriale


    https://2.gravatar.com/avatar/23d8725e29be63f3a62790eb4565ea03f3a92a9974406a2d1b3243402663959c?s=96&d=

  • Senza frontiere: La criminalizzazione dei cosiddetti #scafisti nel 2023

    1. Dati e monitoraggio della cronaca
    Numero di fermi

    Come negli anni precedenti, nel 2023 abbiamo monitorato sistematicamente la cronaca sulle notizie degli arresti dei cosiddetti scafisti. Abbiamo registrato 177 arresti negli ultimi 12 mesi (rispetto ai 171 arresti nel 2021 e ai 261 arresti nel 2022). Una dichiarazione di Piantedosi che sostiene che “550 scafisti” sono stati arrestati nel biennio 2022-23 – visto che nell’aprile il governo ha rivendicato c. 350 fermi per 2022 – ci fa stimare un totale di 200 fermi nel 2023. Dal 2013, quindi, sono state fermate ormai circa 3.200 persone.

    Il numero di arresti nel 2023 non solo è inferiore in termini assoluti rispetto agli anni precedenti, ma mostra una diminuzione ancora più significativa in termini relativi. Nel 2023, circa 157.000 persone sono arrivate in Italia via mare, il che significa che sono state arrestate circa tre persone ogni 2.000 arrivi. Nel 2021 e nel 2022, il tasso di criminalizzazione era due volte questo.

    Esistono diverse ragioni che potrebbero spiegare questa diminuzione. La più significativa sembra essere un cambiamento di politica ad Agrigento e Lampedusa nel non effettuare arresti sistematici dopo gli sbarchi, concentrandosi invece su casi specifici che coinvolgono accuse di morti durante il viaggio, torture e, per la prima volta, pirateria. Ci teniamo ad aggiungere che – appoggiando il lavoro dell’associazione Maldusa – stiamo seguendo casi in cui le persone sono accusate dei suddetti reati, che hanno suscitato in noi importanti dubbi sulla correttezza delle accuse e sulle modalità con cui vengono portati avanti questi procedimenti penali che spesso sembrano vere e proprie sperimentazioni giuridiche. È anche evidente che le autorità ad Agrigento effettuano continuamente arresti di persone, soprattutto cittadini tunisini, che, essendo rientrati in Italia dopo espulsioni precedenti, sono imputati del reato di violazione del divieto di reingresso. Questo dimostra una manipolazione molto evidente del diritto penale come mezzo per sostenere le ingiuste politiche di chiusura e respingimento.

    Luoghi di fermo e il decreto Piantedosi

    In secondo luogo, l’anno scorso è stata attuata una nuova strategia nella guerra italiana contro le navi di soccorso delle ONG, a cui sono stati assegnati porti di sbarco in tutta Italia (il decreto Piantedosi). Un effetto collaterale è che spesso i luoghi che hanno accolto le imbarcazioni non hanno visto tanti sbarchi prima di quest’anno, e sono quindi poco familiari con la criminalizzazione sistematica che si è agita negli ultimi anni. Nei porti settentrionali a volte sono stati disposti gli arresti, che spesso poi non sono stati convalidati dai Giudici locali, che non hanno ritenuto neppure di disporre una misura cautelare dato che le prove contro gli imputati erano troppo deboli. Mentre ad Agrigento e nei porti del Nord possiamo forse notare una certa resistenza alla solita politica degli arresti sistematici dei capitani, lo stesso non si può dire in altre parti d’Italia. Nella Sicilia orientale e in Calabria un alto numero di persone è stato arrestato e incarcerato. Augusta ha registrato 28 arresti, Siracusa 11; Crotone ha visto 24 arresti e Roccella 18. E come si può vedere dalla mappa, questo modello si replica in altri porti delle stesse zone.

    Nazionalità

    Nel 2023, come nel 2021 e nel 2022, le autorità hanno preso di mira in particolare i cittadini egiziani, identificandone almeno 60 come capitani. Ciò è notevolmente diverso da quanto avveniva prima del 2020, quando gli egiziani avevano smesso di essere la principale nazionalità criminalizzata. Questa inversione di tendenza ha visto circa 300 cittadini egiziani arrestati dal 2020, la maggior parte dei quali probabilmente è ancora nelle carceri italiane.

    Un cambiamento significativo delle nazionalità delle persone arrestate registrato nel 2023 è invece l’importante aumento della criminalizzazione delle persone migranti provenienti dai paesi asiatici, che ammontano a circa 40 persone fermate quest’anno.

    Con riferimento alla rotta ionica, che arriva in Calabria – la stessa utilizzata dalla barca che è tragicamente affondata vicino a Cutro – nel 2021 la maggior parte delle persone arrestate come capitani proveniva da Russia e Ucraina. Con l’inizio della guerra, sono arrivate molte meno persone con queste nazionalità, mentre abbiamo assistito ad un allarmante aumento della persecuzione dei cittadini turchi nel 2022. Nell’ultimo anno, invece, abbiamo assistito a pochi arresti di persone provenienti dall’Europa orientale o dalla Turchia, e molti di più di persone provenienti dagli stati dell’Asia centrale.

    Va detto che la diminuzione dei fermi eseguiti dalla Procura di Agrigento dovrebbe essere letta alla luce della massiccia operazione posta in essere dalla polizia tunisina, con la benedizione e il finanziamento dell’Europa, contro i cosiddetti trafficanti a Sfax. I governi si vantano di ben 750 fermi nel paese nordafricano negli ultimi tre mesi, accanto a strategie violente di intercettazione e refoulement, come denunciato sia da Amnesty che dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali. Anche in Egitto, l’inasprimento della legge nazionale contro i ‘trafficanti’ ha portato a diffusi arresti e processi ingiusti. Ad esempio, l’11 giugno 2023, una campagna di arresti ingiustificati per “smuggling” ha portato alla morte, alla città di Marsa Matruh, di un cittadino egiziano per colpi di arma da fuoco inferti dalla polizia, come ha denunciato Refugees Platform in Egypt. A livello dell’UE, si provano invece ad affinare gli strumenti legali, accrescendo le infrastrutture di controllo e criminalizzazione della frontiera e proponendo emendamenti – come quelli presentati in occasione del lancio dell’Alleanza globale contro il traffico di migranti – al cosiddetto Facilitators Package (in italiano “pacchetto facilitatori”).

    È chiaro quindi che, mentre festeggiamo alcune limitate vittorie, non possiamo negare che il “trafficante/scafista” rimane il capro espiatorio per eccellenza in Europa e non solo.
    2. Un anno di casi e udienze

    Attualmente seguiamo la situazione di 107 persone accusate di essere ‘scafisti’, 66 delle quali sono ancora in carcere. Dei detenuti, 32 si trovano in Sicilia e 16 in Calabria; gli altri sono sparsi in tutta Italia. Come ci si aspetterebbe dagli arresti degli ultimi anni, quasi la metà delle persone detenute che seguiamo proviene dall’Africa del Nord (30 su 44), mentre la maggior parte di quelle provenienti dall’Africa occidentale con cui siamo in contatto sono ormai libere (23 su 30). Siamo anche in contatto con 24 persone provenienti da paesi asiatici (tra cui Turchia, Palestina e i paesi ex-sovietici), la maggior parte delle quali è ancora detenuta.
    Cutro

    E’ trascorso poco meno di un anno da quando quasi 100 persone hanno perso la vita nelle acque di Cutro, in Calabria. Il Governo ha reagito non solo con finta commozione e decreti razzisti, ma anche, come quasi sempre accade, con un processo contro i cosiddetti scafisti. Insieme alle realtà calabresi, seguiamo attentamente i processi contro Khalid, Hasab, Sami, Gun e Mohamed, sopravvissuti al naufragio e provenienti dalla Turchia e dal Pakistan: ora si devono difendere contro il Ministero dell’Interno, il Consiglio dei Ministri e la Regione Calabria che si sono costituiti parti civili nel processo penale. Le istituzioni governative, anche se non esiste un fondo per questo, chiedono un risarcimento superiore a un milione di euro per danni al turismo e all’immagine: come se la tragedia del massacro di Cutro fosse questa.
    Processi

    Sono diversi i procedimenti penali che siamo riusciti a seguire da vicino, offrendo il nostro supporto ad avvocatə e persone criminalizzate, e, in alcuni casi, andando personalmente alle udienze.

    - Tra le vittorie ottenute non possiamo non citare la recentissima sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Appello di Messina in favore di Ali Fabureh, un giovane ragazzo gambiano che era stato erroneamente condannato dal Tribunale di Messina a 10 anni di carcere senza che – come appurato dalla Corte – avesse mai preso un timone in mano. E sempre a Messina abbiamo registrato un’altra importante vittoria: si è, infatti, concluso con una sentenza di assoluzione anche il procedimento penale iniziato due anni fa contro 4 persone accusate di aver condotto un peschereccio con a bordo centinaia di persone ed essere responsabili della morte di 5 di esse. Tra le persone assolte c’è A., che attualmente è ospitato presso l’associazione Baobab, e con cui continuiamo a rimanere in contatto. Un’altra importante vittoria di quest’anno è stata raggiunta a febbraio a Palermo, quando il Tribunale ha assolto 10 persone accusate di art. 12 TUI, riconoscendo loro lo stato di necessità per le violenze subite in Libia e aprendo la strada, si spera, a un maggior riconoscimento di questa causa di giustificazione. La sentenza è ora definitiva.
    - Purtroppo non tutti i procedimenti seguiti si sono conclusi positivamente, a dimostrazione del fatto che, anche se qualche passo nella direzione giusta è stato fatto, ne restano ancora tanti da compiere. Spesso può succedere che il processo contro due imputati nello stesso procedimento, ha avuto esiti diversi. Questo è stato il caso in un processo nei confronti di due cittadini senegalesi al Tribunale di Agrigento, che ha disposto l’archiviazione per uno di loro, mentre per l’altro il processo continua.
    – Altre volte è stata emessa una sentenza di condanna senza assoluzioni o archiviazioni. Questo è il caso della riprovevole condanna di 7 anni inflitta dal Tribunale di Locri a Ahmid Jawad, magistrato afghano che ancora lotta per dimostrare che era un semplice passeggero dell’imbarcazione che dalla Turchia l’ha condotto in Italia. E’ anche la situazione di Ahmed, che si è visto rigettare l’appello proposto alla Corte di Appello di Palermo avverso la sentenza di condanna del Tribunale di Agrigento.
    - Inoltre, non possiamo non mostrare indignazione e preoccupazione per i casi, come quello di E. (egiziano) al tribunale di Locri e M. e J. (del Sierra Leone) a Reggio Calabria, con cui siamo in contatto, a cui è stata applicata la nuova fattispecie di reato di cui all’art. 12 bis TUI, introdotta con il decreto Cutro, che prevede pene ancora più elevate. Seguiamo il loro processo da lontano: a gennaio, il tribunale di Locri ha rigettato la richiesta di remissione alla Corte Costituzionale presentata dagli avvocati per contestare l’art 12 bis.

    Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR)

    I problemi per le persone accusate di essere ‘scafisti’ non finiscono a fine pena, e anche con riferimento alla detenzione nei CPR abbiamo seguito casi che hanno avuto esiti molto diversi. Siamo felicə che gli ultimi due casi seguiti si siano conclusi in modo positivo. Nel mese di dicembre, infatti, una donna ucraina e un uomo tunisino entrambə codannatə per art. 12 TUI, sono statə scarceratə, rispettivamente dalle carceri di Palermo e di Caltagirone, senza essere deportatə presso i centri di detenzione. Sicuramente nel primo caso ha inciso la nazionalità della persona, mentre nel secondo il sovraccaricamento dei centri.

    Purtroppo non sempre è stato possibile evitare il CPR. Molte persone seguite, nonostante la richiesta asilo presentata tempestivamente, sono state trattenute nei centri di detenzione, chi per pochi giorni, chi per due mesi. Per circostanze che sembrano spesso fortuite, la maggior parte è riuscita ad uscire e, anche se con poche prospettive di regolarizzarsi, possono vivere in “libertà” in Italia.

    Purtroppo, per due persone seguite le cose sono andate diversamente. La macchina burocratica ha mostrato il suo volto più spietato e sono stati rimpatriati prima che avessero la possibilità di ricevere un aiuto più concreto; oggi si trovano in Gambia e Egitto. Nell’ultimo caso, la situazione è ancora più preoccupante perché era stato assolto dal Tribunale di Messina; nonostante ciò, all’uscita dal carcere lo aspettava la deportazione.
    Misure alternative

    Quest’anno è stato particolarmente significativo in termini del superamento del regime ostativo alle misure alterantive alla detenzione posto dall’art. 4 bis o.p., che si applica a chi subisce una condanna per art. 12 TUI. Abbiamo infatti registrato i primi casi in cui le persone incarcerate che seguiamo hanno potuto accedere a misure alternative alla detenzione. Questo è stato il caso di B., che ha ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo l’affidamento in prova ai servizi sociali in provincia di Sciacca. Adesso che ha raggiunto il fine pena si è stabilito lì, in poco più di un mese ha aggiunto i suoi obiettivi personali: ha un lavoro e una rete sociale. E questa è la storia anche di A., e O., che hanno fatto accesso alle misure alternative presso la comunità Palermitana Un Nuovo Giorno. Rimaniamo, invece, in attesa dell’esito della seconda istanza di accesso per M., cugino di B., con cui tentiamo dal 2022, e che speriamo possa presto vedere il cielo oltre le quattro mura.

    Abbiamo anche seguito 6 persone, tra cui i 3 accusati palestinesi che l’estate scorsa sono entrati in sciopero della fame, che sono riusciti ad accedere agli arresti domiciliari, che pur non essendo oggetto dell’art. 4 bis o.p., nel corso degli anni sono comunque rimasti difficili da ottenere. Queste vittorie sono state possibili grazie ai tentativi, a volte ripetuti, dellə loro avvocatə difensorə, e alle offerte di ospitalità di un numero crescente di realtà conosciute.

    È bello vedere che qualcuno riesce a sgusciare attraverso alcune crepe di questo meccanismo. Certamente lavoreremo per continuare ad allargarle, anche se sappiamo che questo strumento può solo alleviare la sofferenza di alcune persone, e certamente non riparare i danni subiti per la loro detenzione.
    3. Rete

    Per noi è fondamentale ribadire che è solo grazie a una rete forte, impegnata, diffusa e informata, che questo lavoro è possibile. Anche quest’anno, possiamo dire di aver avuto il grandissimo piacere di collaborare con realtà diverse, in tanti luoghi, da Torino a Napoli, da Lampedusa a Londra, da Roma a Bruxelles e New York.

    In particolare, segnaliamo la campagna recentemente avviata Free #Pylos 9, promossa della rete Captain Support, per le persone arrestate in seguito al massacro di Pylos in Grecia. Negli ultimi mesi abbiamo inoltre avuto modo di conoscere realtà solidali a Bruxelles, tra cui PICUM, che ha organizzato a fine novembre un incontro di scambio sulle pratiche di criminalizzazione attuate intorno al controllo della migrazione. Qui abbiamo avuto l’opportunità di aprire insieme una conversazione sul lancio della nuova Alleanza Globale Europea contro il Traffico di Migranti, che stava avvenendo proprio in quei giorni.

    A New York a novembre abbiamo partecipato alla conferenza dell’Università di Columbia sulla criminalizzazione della migrazione nel mondo, e abbiamo presentato il nostro lavoro al centro sociale Woodbine, insieme ad altri gruppi locali impegnati nella lotta contro le frontiere.

    Qua in Italia, se da un lato il decreto Piantedosi ha ottusamente costretto le navi ONG a sbarcare in diversi porti d’Italia (come abbiamo scritto nei paragrafi sopra), dall’altro ha contribuito a catalizzare la consapevolezza sugli arresti allo sbarco in diverse città. Grazie al lavoro di alcunə avvocatə e individui solidali a Napoli, e con il supporto della Clinica Legale Roma 3, le persone arrestate agli sbarchi in Campania hanno avuto accesso a un supporto indipendente ed esaustivo.

    L’evento Capitani Coraggiosi, organizzato da Baobab Experience alla Città dell’Altra Economia a Roma, ha visto proiezione del film Io Capitano di Matteo Garrone (ora fra i candidati agli Oscar), e un dibattito col regista e con altre persone impegnate in questa lotta. Qui è stata lanciata la campagna in vista della presentazione della richiesta di revisione del caso di Alaji Diouf, che ha subito una condanna di 7 anni per il reato di favoreggiamento. Adesso, Alaji chiede che sia fatta giustizia sul suo caso, come affermato nel suo intervento dopo la proiezione del film “Io Capitano”, quando ha detto “Tutto quello che succede dopo, da lì parte davvero il film. […] ora che sono libero voglio far conoscere al mondo la verità”.

    ‘Dal mare al carcere’
    un progetto di Arci Porco Rosso e borderline-europe
    4° report trimestrale 2023.

    Leggete il report ‘Dal mare al carcere’ (2021), e i seguenti aggiornamenti trimestrale, al www.dal-mare-al-carcere.info.

    Ringraziamo Iuventa Crew, Sea Watch Legal Aid e Safe Passage Fund che hanno supportato il nostro lavoro nel 2023. Vuoi sostenerlo anche tu? Puoi contribuire alla nostra raccolta fondi.

    https://arciporcorosso.it/senza-frontiere
    #scafista #criminalisation_de_la_migration #migrations #asile #réfugiés #frontières #Méditerranée #mer_Méditerranée #Arci_Porco_Rosso #Italie #chiffres #statistiques #2023 #justice #procès #détention_administrative #rétention #Cutro

    • « Il est logique de reconnaître aux Maires la possibilité d’exiger des devoirs en contrepartie de droits, le respect de son pays et des morts pour la France en fait partie. »

      Le front de l’air est vraiment putride.
      Bientot le RSA conditionné à la présence lors des commemoration de Pétain et Maurras. La CAF à condition de dire notre fierté pour Depardieu....
      Bientôt tu pourra crever la dalle si t’es pas Charlie

    • Le tribunal administratif de Toulon a (...) validé le 26 janvier 2024, cette décision du maire, adoptée en septembre 2022, par la majorité des élus de #droite. Cette mesure avait été cependant contestée par la suite par la préfecture qui dénonçait : "une ingérence dans les libertés d’association et de conscience".

      Le tribunal administratif de Toulon a estimé que cette dernière favorisait "l’engagement des associations lors d’événements ayant un intérêt public local" sans enfreindre "le principe de neutralité".

      #Associations #subventions

      Droits et devoirs : la rupture Macron
      https://www.mediapart.fr/journal/france/250322/droits-et-devoirs-la-rupture-macron

      Pour le président-candidat, « les devoirs valent avant les droits ». Cette logique, qui va à l’encontre des principes fondamentaux de l’État social et l’#État_de_droit, irrigue l’ensemble de son projet de réélection. En distinguant les bons et les mauvais citoyens.
      Romaric Godin et Ellen Salvi
      25 mars 2022


      EmmanuelEmmanuel Macron a rarement parlé de « droits » sans y accoler le mot « devoirs ». En 2017 déjà, il présentait les contours de sa future réforme de l’assurance-chômage, en expliquant vouloir « un système exigeant de droits et de devoirs ». Deux ans plus tard, au démarrage du « grand débat national », pensé comme une campagne de mi-mandat pour endiguer la crise des « gilets jaunes », il déplorait l’usage de l’expression « cahier de doléances », lui préférant celle de « cahiers de droits et de devoirs » [le droit de se plaindre, et surtout le devoir de la fermer et d’obéir, ndc]..
      À l’époque, le chef de l’État prenait encore soin, au moins dans son expression, de maintenir un semblant d’équilibre. Mais celui-ci a volé en éclats au printemps 2021, en marge d’un déplacement à Nevers (Nièvre). Interpellé par un homme sans papiers, le président de la République avait déclaré : « Vous avez des devoirs, avant d’avoir des droits. On n’arrive pas en disant : “On doit être considéré, on a des droits.” » Avant d’ajouter, sans l’ombre d’une ambiguïté : « Les choses ne sont pas données. »

      Jeudi 17 mars, le président-candidat a de nouveau invoqué la question des devoirs en abordant le volet régalien de son projet. Rappelant son engagement à accueillir des familles ukrainiennes fuyant la guerre, il a immédiatement prévenu vouloir « changer les modes d’accès aux titres de séjour » et notamment les titres de séjour longs, qui seront désormais accordés « dans des conditions beaucoup plus restrictives ». Parce que non, définitivement, « les choses ne sont pas données ».
      Cette rhétorique du donnant-donnant irrigue aujourd’hui l’ensemble du programme d’Emmanuel Macron. Elle s’impose ainsi dans le volet économique de celui-ci. La mesure la plus représentative en la matière étant sans doute la mise sous condition de travail ou de formation du revenu de solidarité active (#RSA). Le porte-parole du gouvernement, Gabriel Attal, a d’ailleurs explicitement indiqué que cette proposition s’inscrivait dans cette « logique de droits et devoirs » proposée par le candidat.
      Une logique, ou plus exactement une précédence, que le chef de l’État a lentement installée, l’étendant des sans-papiers à tous les citoyens et citoyennes. « Être #citoyen, ce n’est pas demander toujours des droits supplémentaires, c’est veiller d’abord à tenir ses devoirs à l’égard de la nation », avait-il lancé en août 2021. « Être un citoyen libre et toujours être un citoyen responsable pour soi et pour autrui ; les devoirs valent avant les droits », insistait-il en décembre, à destination des personnes non vaccinées.

      Une vision digne de l’Ancien Régime

      Emmanuel Macron a balayé, en l’espace de quelques mois, l’héritage émancipateur de la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen de 1789. Pour les rédacteurs de cette dernière, rappelait l’avocat Henri Leclerc dans ce texte, « les droits qu’ils énoncent sont affaire de principe, ils découlent de la nature de l’homme, et c’est pourquoi ils sont imprescriptibles ; les devoirs eux sont les conséquences du contrat social qui détermine les bornes de la liberté, par la loi, expression de la volonté générale ».
      « Ce sont les sociétés totalitaires qui reposent d’abord sur l’#obéissance à des impératifs non négociables qui, en fait, ne sont pas des devoirs auxquels chacun devrait subordonner librement ses actes, écrivait-il en guise de conclusion. Les sociétés démocratiques reposent sur l’existence de droits égaux de citoyens libres qui constituent le peuple d’où émane la souveraineté. Chacun y a des devoirs qui, sans qu’il soit nécessaire de les préciser autrement, répondent à ses droits universels. »
      Début 2022, face aux critiques – Jean-Luc Mélenchon avait notamment tweeté : « Les devoirs avant les droits, c’est la monarchie féodale et ses sujets. Le respect des droits créant le devoir, c’est la République et la citoyenneté » –, Gabriel Attal avait assuré un nouveau service après-vente. Dans Le Parisien, le porte-parole du gouvernement avait expliqué vouloir « poursuivre la redéfinition de notre contrat social, avec des devoirs qui passent avant les droits, du respect de l’autorité aux prestations sociales ».

      La conception conservatrice du « bon sens »

      Cette « redéfinition de notre contrat social » se traduit par plusieurs mesures du projet présidentiel : le RSA donc, mais aussi l’augmentation des salaires du corps enseignant contre de nouvelles tâches – « C’est difficile de dire : on va mieux payer tout le monde, y compris celles et ceux qui ne sont pas prêts à davantage s’engager ou à faire plus d’efforts », a justifié Emmanuel Macron [avant d’introduire la notion de #salaire_au_mérite dans la fonction publique, ndc]–, ou même la réforme des retraites qui soumet ce droit devenu fondamental à des exigences économiques et financières.
      Cette vision s’appuie sur une conception conservatrice du « bon sens », qui conditionne l’accès aux droits liés aux prestations sociales à certains comportements méritants. Elle va à l’encontre total des principes qui fondent l’État social. Ce dernier, tel qu’il a été conçu en France par le Conseil national de la Résistance, repose en effet sur l’idée que le capitalisme fait porter sur les travailleurs et travailleuses un certain nombre de risques contre lesquels il faut se prémunir.

      Ce ne sont pas alors d’hypothétiques « devoirs » qui fondent les droits, c’est le statut même du salarié, qui est en première ligne de la production de valeur et qui en essuie les modalités par les conditions de travail, le chômage, la pénibilité, la faiblesse de la rémunération. Des conditions à l’accès aux droits furent toutefois posées d’emblée, l’État social relevant d’un compromis avec les forces économiques qui ne pouvaient accepter que le risque du chômage, et sa force disciplinaire centrale, ne disparaisse totalement.
      Mais ces conditions ne peuvent prendre la forme de devoirs économiques, qui relèvent, eux, d’une logique différente. Cette logique prévoit des contreparties concrètes aux aides sociales ou à la rémunération décente de certains fonctionnaires. Et ce, alors même que chacun, y compris Emmanuel Macron, convient de la dévalorisation du métier d’enseignant. Elle conduit à modifier profondément la conception de l’aide sociale et du traitement des fonctionnaires. À trois niveaux.
      Le premier est celui de la définition même des « devoirs ». Devoirs envers qui ou envers quoi ? Répondre à cette question, c’est révéler les fondements philosophiques conservateurs du macronisme. Un bénéficiaire du RSA aurait des devoirs envers un État et une société qui lui demandent de vivre avec un peu plus de 500 euros par mois ? Il aurait en quelque sorte des « contreparties » à payer à sa propre survie.
      Si ces contreparties prenaient la forme d’un travail pour le secteur privé, celui-ci deviendrait la source du paiement de l’allocation. C’est alors tout le centre de gravité de l’État social qui évoluerait, passant du travail au capital. En créant la richesse et en payant l’allocation, les entreprises seraient en droit de demander, en contrepartie, du travail aux allocataires au RSA, lesquels deviendraient forcément des « chômeurs volontaires » puisque le travail serait disponible.

      Les allocataires du RSA devront choisir leur camp

      Ce chômage volontaire serait une forme de comportement antisocial qui ferait perdre à la société sa seule véritable richesse : celle de produire du profit. On perçoit, dès lors, le retournement. La notion de « devoirs » place l’allocataire du RSA dans le rôle de #coupable, là où le RMI, certes imaginé par Michel Rocard dans une logique d’insertion assez ambiguë, avait été pensé pour compléter l’assurance-chômage, qui laissait de côté de plus en plus de personnes touchées par le chômage de longue durée.

      Ce retournement a une fonction simple : #discipliner le monde du travail par trois mouvements. Le premier, c’est celui qui veut lui faire croire qu’il doit tout au capital et qu’il doit donc accepter ses règles. Le second conduit à une forme de #criminalisation de la #pauvreté qui renforce la peur de cette dernière au sein du salariat – un usage central au XIXe siècle. Le dernier divise le monde du travail entre les « bons » citoyens qui seraient insérés et les « mauvais » qui seraient parasitaires.
      C’est le retour, déjà visible avec les « gilets jaunes », à l’idée que déployait Adolphe Thiers dans son discours du 24 mai 1850, en distinguant la « vile multitude » et le « vrai peuple », « le pauvre qui travaille » et le « vagabond ». Bientôt, les allocataires du RSA devront choisir leur camp. Ce qui mène à la deuxième rupture de cette logique de « devoirs ». Le devoir suprême, selon le projet d’Emmanuel Macron, est de travailler. Autrement dit de produire de la valeur pour le capital.

      Individualisation croissante

      C’est le non-dit de ces discours où se retrouvent la « valeur #travail », les « devoirs générateurs de droits » et le « #mérite ». Désormais, ce qui produit des droits, c’est une capacité concrète à produire cette valeur. Il y a, dans cette démarche, une logique marchande, là où l’État social traditionnel voyait dans la protection sociale une fenêtre de démarchandisation – c’est parce qu’on devenait improductif qu’on devait être protégé. À présent, chacun, y compris les plus fragiles, doit faire preuve de sa capacité constante de production pour justifier son droit à survivre.

      Cette #marchandisation va de pair avec une individualisation croissante. Dans le modèle traditionnel, la pensée est systémique : le capitalisme produit des risques sociaux globaux dont il faut protéger tous les travailleurs et travailleuses. Dans le modèle des contreparties, chacun est mis face à l’injonction de devoir justifier individuellement ses droits par une mise à l’épreuve du marché qui est le juge de paix final. On comprend dès lors pourquoi Christophe Castaner prétend que l’allocation sans contrepartie est « la réponse des lâches ».
      Car ce choix laisserait les individus sans obligations devant le marché. Or, pour les partisans d’Emmanuel Macron, comme pour Friedrich Hayek, la seule façon de reconnaître un mérite, c’est de se confronter au marché qui donne à chacun ce à quoi il a droit. La vraie justice est donc celle qui permet d’être compétitif. C’est la vision qu’a d’ailleurs défendue le président-candidat le 22 mars, sur France Bleu, en expliquant que la « vraie inégalité » résidait dans « les inégalités de départ ». L’inégalité de résultat, elle, n’est pas remise en cause. [voir L’égalité des chances contre l’égalité http://www.cip-idf.org/article.php3?id_article=4443]

      Le dernier point d’inflexion concerne l’État. Dans la logique initiale de la Sécurité sociale, la protection contre les risques induits par le capitalisme excluait l’État. De 1946 à 1967, seuls les salariés géraient la Sécu. Pour une raison simple : toutes et tous étaient les victimes du système économique et les bénéficiaires de l’assurance contre ces risques. Le patronat cotisait en tant qu’origine des risques, mais ne pouvait décider des protections contre ceux qu’il causait. Ce système a été progressivement détruit, notamment en s’étatisant.
      Le phénomène fut loin d’être anecdotique puisqu’il a modifié le modèle initial et changé la nature profonde de l’État : désormais, le monde du travail est redevable à celui-ci et au patronat de ses allocations. Ces deux entités – qui en réalité n’en forment qu’une – exigent des contreparties aux allocataires pour compenser le prix de leur prise en charge. L’État étant lui-même soumis à des choix de rentabilité, l’allocataire doit devenir davantage rentable. Dans cet état d’esprit, cette « #rentabilité » est synonyme « d’#intérêt_général ».
      Les propositions sur le RSA et le corps enseignant entrent dans la même logique. Emmanuel Macron agit en capitaliste pur. Derrière sa rhétorique des droits et des devoirs se profilent les vieilles lunes néolibérales : marchandisation avancée de la société, discipline du monde du travail et, enfin, idée selon laquelle l’État serait une entreprise comme les autres. Le rideau de fumée de la morale, tiré par un candidat qui ose parler de « dignité », cache mal le conservatisme social de son système de pensée.

      Romaric Godin et Ellen Salvi

      #subventions #associations #contrepartie #droits #devoirs #égalité #inégalité

  • RSA sous condition : la ministre du Travail annonce un élargissement de l’expérimentation « à 47 départements d’ici la fin du mois » - Public Sénat
    https://www.publicsenat.fr/actualites/emploi/rsa-sous-condition-la-ministre-du-travail-annonce-un-elargissement-de-le

    « La meilleure émancipation, c’est le travail », résume Catherine Vautrin au micro de Public Sénat pour expliquer la position du gouvernement en matière de lutte contre le chômage. À ce titre, la ministre du Travail, de la Santé et des Solidarités, a annoncé un élargissement de l’expérimentation du conditionnement du #RSA à 15 heures d’activité : « Aujourd’hui, il y a 18 expérimentations, nous allons passer à 47 d’ici la fin du mois. »

    Lors de son discours de politique générale, le Premier ministre avait déjà annoncé que ce dispositif – voté dans le cadre de la loi « pour le plein emploi » – serait généralisé à toute la France d’ici à 2025.
    Une réforme de l’allocation spécifique de solidarité

    Dans son discours devant l’Assemblée nationale, Gabriel Attal avait également annoncé son souhait de supprimer l’allocation spécifique de solidarité pour les #chômeurs en fin de droit, pour la remplacer par le versement du RSA.

    La disparition de cette allocation, destinée aux demandeurs d’emploi qui ont épuisé leurs droits à l’assurance chômage, suscite des inquiétudes. Les associations craignent une précarisation des chômeurs de longue durée, les départements – qui sont responsables du versement du RSA – alertent sur la création d’une nouvelle charge financière.

    « Un demandeur d’emploi, ce qu’il cherche c’est à retourner dans l’emploi. Notre objectif, c’est de l’accompagner à aller dans l’emploi, c’est la meilleure émancipation possible pour lui », assume de son côté Catherine Vautrin.

    Vain dieu, cette fois-ci je ne vais pas y couper alors que je ne cherche pas vraiment à retrouver du travail, le salaire me suffirai !

  • FROM LIBYA TO TUNISIA : HOW THE EU IS EXTENDING THE PUSH-BACK REGIME BY PROXY IN THE CENTRAL MEDITERRANEAN

    On August 21, 2023, the rescue ship Aurora from Sea Watch was detained by the Italian authorities after refusing to disembark survivors in Tunisia as ordered by the Rome MRCC (Maritime Rescue Coordination Center), a country which by no means can be considered a place of safety.

    This episode is just one example of the efforts of European states to avoid arrivals on their shores at all costs, and to evade their responsibility for reception and #Search_and_Rescue (#SAR). Already in 2018, the European Commission, with its disembarkation platform project, attempted to force sea rescue NGOs to disembark survivors in North Africa. While this project was ultimately unsuccessful as it stood, European states have endeavored to increase the number of measures aimed at reducing crossings in the central Mediterranean.

    One of the strategies employed was to set up a “push-back by proxy regime”, outsourcing interceptions at sea to the Libyan Coast guards, enabling the sending back of people on the move to a territory in which their lives are at risk, undertaken by Libyan border forces under the control of the EU authorities, in contravention of principle of non-refoulement, one of the cornerstones of international refugee law. Since 2016, the EU and its member states have equipped, financed, and trained the Libyan coastguard and supported the creation of a MRCC in Tripoli and the declaration of a Libyan SRR (search and rescue region).

    This analysis details how the European Union and its member states are attempting to replicate in Tunisia the regime of refoulement by proxy set up in Libya just a few years earlier. Four elements are considered: strengthening the capacities of the Tunisian coastguard (equipment and training), setting up a coastal surveillance system, creating a functional MRCC and declaring a Tunisian SRR.
    A. Building capacity of the Garde Nationale Maritime
    Providing equipment

    For several decades now, Tunisia has been receiving equipment to strengthen its coast guard capabilities. After the Jasmine Revolution in 2011, Italy-Tunisia cooperation deepened. Under the informal agreement of April 5, 2011, 12 boats were delivered to the Tunisian authorities. In 2017, in a joint statement by the IItalian Ministry of Foreign Affairs and its Tunisian counterpart, the two parties committed to “closer cooperation in the fight against irregular migration and border management,” with a particular focus on the maritime border. In this context, the Italian Minister declared Italy’s support for the modernization and maintenance of the patrol vessels supplied to Tunisia (worth around 12 million euros) and the supply of new equipment for maritime border control. On March 13, 2019, Italy also supplied Tunisia with vehicles for maritime border surveillance, sending 50 4-wheelers designed to monitor the coasts.

    Recently, Germany also started to support the coast guard more actively in Tunisia, providing it with equipment for a boat workshop designed to repair coast guard vessels in 2019. As revealed in an answer to a parliamentary question, in the last two years, the Federal Police also donated 12 inflatable boats and 27 boat motors. On the French side, after a visit in Tunis in June 2023, the Interior Minister Gérard Darmanin announced 25 million euros in aid enabling Tunisia to buy border policing equipment and train border guards. In August 2023, the Italian authorities also promised hastening the provision of patrol boats and other vehicles aimed at preventing sea departures.

    Apart from EU member states, Tunisia has also received equipment from the USA. Between 2012 and 2019, the Tunisian Navy was equipped with 26 US-made patrol boats. In 2019, the Tunisian national guard was also reinforced with 3 American helicopters. Primarily designed to fight against terrorism, the US equipment is also used to monitor the Tunisian coast and to track “smugglers.”

    Above all, the supply of equipment to the Tunisian coastguard is gaining more and more support by the European Union. Following the EU-Tunisia memorandum signed on July 16, 2023, for which €150 million was pledged towards the “fight against illegal migration”, in September 2023, Tunisia received a first transfer under the agreement of €67 million “to finance a coast guard vessel, spare parts and marine fuel for other vessels as well as vehicles for the Tunisian coast guard and navy, and training to operate the equipment.”

    In a letter to the European Council, leaked by Statewatch in October 2023, the European Commission president Ursula von der Leyen highlighted the provision of vessels and support to the Tunisian coast guards: “Under the Memorandum of Understanding with Tunisia, we have delivered spare parts for Tunisian coast guards that are keeping 6 boats operation and others will be repaired by the end of the year.”
    Trainings the authorities

    In addition to supplying equipment, the European countries are also organizing training courses to enhance the skills of the Tunisian coastguard. In 2019, Italy’s Interior Ministry released €11 million to Tunisia’s government for use in efforts to stem the crossing of people on the move from Tunisia, and to provide training to local security forces involved in maritime border control.

    Under the framework of Phase III of the EU-supported IBM project (Integrated Border Management), Germany is also organizing training for the Tunisian coast guards. As revealed in the answer to a parliamentary question mentioned before, the German Ministry of Interior admitted that 3.395 members of the Tunisian National Guard and border police had been trained, including within Germany. In addition, 14 training and advanced training measures were carried out for the National Guard, the border police, and the coast guard. These training sessions were also aimed at learning how to use “control boats.”

    In a document presenting the “EU Support to Border Management Institutions in Libya and Tunisia” for the year 2021, the European Commission announced the creation of a “coast guard training academy.” In Tunisia, the project consists of implementing a training plan, rehabilitating the physical training environment of the Garde Nationale Maritime, and enhancing the cooperation between Tunisian authorities and all stakeholders, including EU agencies and neighboring countries. Implemented by the German Federal Police and the International Centre for Migration Policy Development (ICMPD), the project started in January 2023 and is supposed to run until June 2026, to the sum of 13,5 million EUR.

    Although the European Commission underlines the objective that “the Training Academy Staff is fully aware and acting on the basis of human rights standards” the increase in dangerous maneuvers and attacks perpetrated by the Tunisian coast guard since the increase in European support leaves little doubt that respect for human rights is far from top priority.

    On November 17, 2023, the ICMPD announced on its Linkedin account the inauguration of the Nefta inter-agency border management training center, as a benefit to the three agencies responsible for border management in Tunisia (Directorate General Directorate of Borders and Foreigners of the Ministry of the Interior, the General Directorate of Border Guard of the National Guard and the General Directorate of Customs).
    B. Setting up a coastal surveillance system

    In addition to supplying equipment, European countries also organize training courses to enhance the skills of European coastguards in the pursuit of an “early detection” strategy, which involves spotting boats as soon as they leave the Tunisian coast in order to outsource their interception to the Tunisian coastguard. As early as 2019, Italy expressed its willingness to install radar equipment in Tunisia and to establish “a shared information system that will promptly alert the Tunisian gendarmerie and Italian coast guard when migrant boats are at sea, in order to block them while they still are in Tunisian waters.” This ambition seems to have been achieved through the implementation of the system ISMaris in Tunisia.
    An Integrated System for Maritime Surveillance (ISMaris)

    The system ISMaris, or “Integrated System for Maritime Surveillance”, was first mentioned in the “Support Programme to Integrated Border Management in Tunisia” (IBM Tunisia, launched in 2015. Funded by the EU and Switzerland and implemented by the International Centre for Migration Policy Development (ICMPD), the first phase of the program (2015-2018) supported the equipment of the Garde Nationale Maritime with this system, defined as “a maritime surveillance system that centralizes information coming from naval assets at sea and from coastal radars […] [aiming] to connect the sensors (radar, VHF, GPS position, surveillance cameras) on board of selected Tunisian Coast Guard vessels, control posts, and command centers within the Gulf of Tunis zone in order for them to better communicate between each other.”

    The implementation of this data centralization system was then taken over by the “Border Management Programme for the Maghreb Region” (BMP-Maghreb), launched in 2018 and funded by the EU Emergency Trust Fund for Africa. The Tunisia component, funded with €24,5 million is implemented by ICMPD together with the Italian Ministry of Interior and designed to “strengthen the capacity of competent Tunisian authorities in the areas of maritime surveillance and migration management, including tackling migrant smuggling, search and rescue at sea, as well as in the coast guard sphere of competence.” With the BMP programme, the Tunisian Garde Maritime Nationale was equipped with navigational radars, thermal cameras, AIS and other IT equipment related to maritime surveillance.
    Data exchange with the EU

    The action document of the BMP program clearly states that one of the purposes of ISMaris is the reinforcement of “operational cooperation in the maritime domain between Tunisia and Italy (and other EU Member States, and possibly through EUROSUR and FRONTEX).” Established in 2013, the European Border Surveillance system (EUROSUR) is a framework for information exchange and cooperation between Member States and Frontex, to prevent the so-called irregular migration at external borders. Thanks to this system, Frontex already monitors the coast regions off Tunisia using aerial service and satellites.

    What remains dubious is the connection between IS-Maris and the EU surveillance-database. In 2020, the European Commission claimed that ISMariS was still in development and not connected to any non-Tunisian entity such as Frontex, the European Border Surveillance System (EUROSUR) or the Italian border control authorities. But it is likely that in the meantime information exchange between the different entities was systematized.

    In the absence of an official agreement, the cooperation between Frontex and Tunisia is unclear. As already mentioned in Echoes#3, “so far, it has not been possible to verify if Frontex has direct contact with the Tunisian Coast Guard as it is the case with the Libyan Coast Guard. Even if most of the interceptions happen close to Tunisian shores, some are carried out by the Tunisian Navy outside of territorial waters. […] Since May 2021 Frontex has been flying a drone, in addition to its different assets, monitoring the corridor between Tunisia and Lampedusa on a daily basis. While it is clear that Frontex is sharing data with the Italian authorities and that Italian authorities are sharing info on boats which are on the way from Tunisia to Italy with the Tunisian side, the communication and data exchanges between Frontex and Tunisian authorities remain uncertain.”

    While in 2021, Frontex reported that “no direct border related activities have been carried out in Tunisia due to Tunisian authorities’ reluctance to cooperate with Frontex”, formalizing the cooperation between Tunisia and Frontex seems to remain one of the EU’s priorities. In September 2023, a delegation from Tunisia visited Frontex headquarters in Poland, with the participation of the Ministries of Interior, Foreign Affairs and Defence. During this visit, briefings were held on the cross-border surveillance system EUROSUR and where all threads from surveillance from ships, aircraft, drones and satellites come together.

    However, as emphasized by Mathias Monroy, an independent researcher working on border externalization and the expansion of surveillance systems, “Tunisia still does not want to negotiate such a deployment of Frontex personnel to its territory, so a status agreement necessary for this is a long way off. The government in Tunis is also not currently seeking a working agreement to facilitate the exchange of information with Frontex.”

    This does not prevent the EU from continuing its efforts. In September 2023, in the wake of the thousands of arrivals on the island of Lampedusa, the head of the European Commission, Ursula von der Leyen, reaffirmed, in a 10-point action plan, the need to have a “working arrangement between Tunisia and Frontex” and to “step up border surveillance at sea and aerial surveillance including through Frontex.” In a letter written by the European Commission in reply to the LIBE letter about the Tunisia deal sent on the Greens Party initiative in July 2023, the EU also openly admits that IT equipment for operations rooms, mobile radar systems and thermal imaging cameras, navigation radars and sonars have been given to Tunisia so far and that more surveillance equipment is to come.

    To be noted as well is that the EU4BorderSecurity program, which includes support to “inter-regional information sharing, utilizing tools provided by Frontex” has been extended for Tunisia until April 2025.
    C. Supporting the creation of a Tunisian MRCC and the declaration of a Search and rescue region (SRR)
    Building a MRCC in Tunisia, a top priority for the EU

    In 2021, the European Commission stated the creation of a functioning MRCC in Tunisia as a priority: “Currently there is no MRCC in Tunisia but the coordination of SAR events is conducted by Tunisian Navy Maritime Operations Centre. The official establishment of a MRCC is a necessary next step, together with the completion of the radar installations along the coast, and will contribute to implementing a Search and rescue region in Tunisia. The establishment of an MRCC would bring Tunisia’s institutional set-up in line with the requirements set in the International Convention on Maritime Search and Rescue (SAR) of 1979 (as required by the Maritime Safety Committee of the International Maritime Organisation IMO).”

    The objective of creating a functioning Tunisian MRCC is also mentioned in a European Commission document presenting the “strategy for the regional, multi-country cooperation on migration with partner countries in North Africa” for the period 2021-2027. The related project is detailed in the “Action Document for EU Support to Border Management Institutions in Libya and Tunisia (2021),” whose overall objective is to “contribute to the improvement of respective state services through the institutional development of the Maritime Rescue Coordination Centres” in the North Africa region. The EU also promotes a “regional approach to a Maritime Rescue Coordination Center,” that “would improve the coordination in the Central Mediterranean in conducting SAR operations and support the fight against migrant smuggling and trafficking in human beings networks in Libya and Tunisia.”

    The Tunisia component of the programs announces the objective to “support the establishment of a Maritime Rescue Coordination Centre, [… ] operational 24/7 in a physical structure with functional equipment and trained staff,” establishing “cooperation of the Tunisian authorities with all national stakeholders, EU agencies and neighbouring countries on SAR.”

    This project seems to be gradually taking shape. On the website of Civipol, the French Ministry of the Interior’s service and consultancy company, a new project entitled “Support for Search and Rescue Operations at Sea in Tunisia” is mentioned in a job advertisement. It states that this project, funded by the European Union, implemented together with the GIZ and starting in September 2023, aims to “support the Tunisian authorities in strengthening their operational capacities (fleet and other)” and “provide support to the Tunisian authorities in strengthening the Marine Nationale and the MRCC via functional equipment and staff training.”

    In October 2023, the German development agency GIZ also published a job offer for a project manager in Tunisia, to implement the EU-funded project “Support to border management institution (MRCC)” in Tunisia (the job offer was deleted from the website in the meantime but screenshots can be shared on demand). The objective of the project is described as such: “improvement of the Tunisia’s Search and Rescue (SAR) capacity through reinforced border management institutions to conduct SAR operations at sea and the fight against migrant smuggling and human being trafficking by supporting increased collaboration between Tunisian actors via a Maritime RescueCoordination Centre (MRCC).”

    According to Mathias Monroy, other steps have been taken in this direction: “[the Tunisian MRCC] has already received an EU-funded vessel tracking system and is to be connected to the “Seahorse Mediterranean” network. Through this, the EU states exchange information about incidents off their coasts. This year Tunisia has also sent members of its coast guards to Italy as liaison officers – apparently a first step towards the EU’s goal of “linking” MRCC’s in Libya and Tunisia with their “counterparts” in Italy and Malta.”

    The establishment of a functional MRCC represents a major challenge for the EU, with the aim to allow Tunisia to engage actively in coordination of interceptions. Another step in the recognition of the Tunisian part as a valid SAR actor by the IMO is the declaration of a search and rescue region (SRR).
    The unclear status of the current Tunisian area of responsibility

    Adopted in 1979 in Hamburg, the International Convention on Maritime Search and Rescue (SAR – Search & Rescue Convention) aimed to establish an international search and rescue plan to encourage cooperation and coordination between neighboring states in order to ensure better assistance to persons in distress at sea. The main idea of the convention is to divide seas and oceans into search and rescue zones in which states are responsible for providing adequate SAR services, by establishing rescue coordination centers and setting operating procedures to be followed in case of SAR operations.

    Whereas Tunisia acceded to the treaty in 1998, this was not followed by the delimitation of the Tunisian SAR zone of responsibilities nor by regional agreements with neighboring states. It is only in 2013 that Tunisia declared the limits of its SRR, following the approval of the Maghreb Convention in the Field of Search and Rescue in 2013 and by virtue of Decree No. 2009-3333 of November 2, 2009, setting out the intervention plans and means to assist aircraft in distress. In application of this norm, Tunisian authorities are required to intervene immediately, following the first signal of help or emergency, in the limits of the Tunisia sovereign borders (12 nautical miles). This means that under national legislation, Tunisian authorities are obliged to intervene only in territorial waters. Outside this domain, the limits of SAR interventions are not clearly defined.

    A point to underline is that the Tunisian territorial waters overlap with the Maltese SRR. The Tunisian Exclusive Economic Zone – which does not entail any specific duty connected to SAR – also overlaps with the Maltese SRR and this circumstance led in the past to attempts by the Maltese authorities to drop their SAR responsibilities claiming that distress cases were happening in this vast area. Another complex topic regards the presence, in international waters which is part of the Maltese SRR, of Tunisian oil platforms. Also, in these cases the coordination of SAR operations have been contested and were often subject to a “ping-pong” responsibility from the involved state authorities.
    Towards the declaration of a huge Tunisian SRR?

    In a research document published by the IMO Institute (International Maritime Organization), Akram Boubakri (Lieutenant Commander, Head, Maritime Affairs, Tunisian Coast Guard according to IMO Institute website) wrote that at the beginning of 2020, Tunisia officially submitted the coordinates of the Tunisian SRR to the IMO. According to this document, these new coordinates, still pending the notification of consideration by the IMO, would cover a large area, creating two overlapping areas with neighboring SAR zones – the first one with Libya, the second one with Malta* (see map below):

    *This delimitation has to be confirmed (tbc). Nothing proves that the coordinates mentioned in the article were actually submitted to the IMO

    As several media outlets have reported, the declaration of an official Tunisian SRR is a project supported by the European Union, which was notably put back on the table on the occasion of the signing of the Memorandum of Understanding signed in July 2023 between the EU and Tunisia.

    During the summer 2023, the Civil MRCC legal team initiated a freedom of information access request to the Tunisian authorities to clarify the current status of the Tunisian SRR. The Tunisian Ministry of Transport/the Office of the Merchant Navy and Ports replied that”[n]o legal text has yet been published defining the geographical marine limits of the search and rescue zone stipulated in the 1979 International Convention for Search and Rescue […]. We would like to inform you that the National Committee for the Law of the Sea, chaired by the Ministry of National Defence, has submitted a draft on this subject, which has been sent in 2019 to the International Maritime Organisation through the Ministry of Transport.” A recourse to the Ministry of Foreign Affairs and the Interior was sent but no reply was received yet.

    Replying in December 2023 to a freedom of information access request initiated by the Civil MRCC, the IMO stated that “Tunisia has not communicated their established search and rescue region to the IMO Secretariat.” However, on November 3, 2023, the Tunisian Ministerial Council adopted a “draft law on the regulation of search and rescue at sea in Tunisia’s area of responsibility.” A text which, according to FTDES, provides for the creation of a Tunisian SAR zone, although it has not yet been published. While the text still has to be ratified by the parliament, it is quite clear that the Tunisian authorities are currently making concrete steps to align on the IMO standards and, by doing so, on the EU agenda.
    Conclusion: A EU strategy to escape from its SAR responsibilities

    While some analysts have seen the drop in arrivals in Italy from Tunisia in recent months as a sign of the “success” of the European Union’s strategy to close its borders (in November, a drop of over 80% compared to the summer months), in reality, the evolution of these policies proves that reinforcing a border only shifts migratory routes. From autumn onwards, the Libyan route has seen an increase in traffic, with many departing from the east of the country. These analyses fail to consider the agency of people on the move, and the constant reinvention of strategies for transgressing borders.

    While condemning the generalization of a regime of refoulement by proxy in the central Mediterranean and the continued brutalization of the border regime, the Civil MRCC aims to give visibility to the autonomy of migration and non-stop solidarity struggles for freedom of movement!

    https://civilmrcc.eu/from-libya-to-tunisia-how-the-eu-is-extending-the-push-back-regime-by-prox

    #push-backs #refoulements #asile #migrations #réfugiés #frontières #externalisation #Tunisie #Libye #EU #UE #Union_européenne #gardes-côtes_libyens #push-back_by_proxy_regime #financement #training #formation #gardes-côtes #MRCC #Méditerranée #Mer_Méditerranée #Libyan_SRR #technologie #matériel #Integrated_Border_Management #surveillance #Integrated_System_for_Maritime_Surveillance (#ISMaris) #International_Centre_for_Migration_Policy_Development (#ICMPD) #Border_Management_Programme_for_the_Maghreb_Region #Trust_Fund #Trust_Fund_for_Africa #EUROSUR #Frontex #ISMariS #Search_and_rescue_region (#SRR)

    ping @_kg_

  • Naufrage de migrants dans la Manche : une association porte plainte contre les secours en mer
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/02/06/naufrage-de-migrants-dans-la-manche-une-association-porte-plainte-contre-les

    Naufrage de migrants dans la Manche : une association porte plainte contre les secours en mer
    Par Julia Pascual
    Une plainte pour « homicide involontaire » et « omission de porter secours » a été déposée, vendredi 2 février, à l’encontre du directeur du centre régional opérationnel de surveillance et de sauvetage (Cross) de Gris-Nez (Pas-de-Calais), du préfet maritime de la Manche et de la mer du Nord et des gardes-côtes anglais. Dans cette plainte transmise au procureur de la République du tribunal judiciaire de Boulogne-sur-Mer (Pas-de-Calais), dont Le Monde a pris connaissance, l’association d’aide aux migrants Utopia 56 met en cause la façon dont les autorités françaises et britanniques ont traité, le 14 décembre 2022, l’appel à l’aide d’une embarcation pneumatique qui tentait de rejoindre l’Angleterre.
    Au moins quatre personnes sont mortes noyées cette nuit-là et trente-neuf ont été secourues par les Britanniques et un chalutier, parmi lesquelles des ressortissants d’Afghanistan, d’Irak, du Sénégal et d’Inde.« Bonjour mon frère, nous sommes dans un bateau et nous avons un problème. S’il vous plaît, à l’aide. Nous avons des enfants et la famille dans le bateau. Et un bateau, de l’eau qui arrive. Nous n’avons rien pour le sauvetage, pour la sécurité. S’il vous plaît, aidez-moi mon frère. S’il vous plaît. S’il vous plaît. S’il vous plaît. Nous sommes dans l’eau, nous avons une famille. » A 2 h 54, cette nuit-là, l’association Utopia 56 reçoit un message de détresse vocal sur son téléphone d’urgence, par l’application WhatsApp. Il laisse entendre des personnes en pleurs et un moteur en marche. Le canot pneumatique partage sa localisation, dans les eaux françaises.
    Quelques minutes plus tard, l’association transmet l’information par téléphone au Cross de Gris-Nez, l’instance qui coordonne les secours en mer côté français. Un mail est envoyé dans la foulée au Cross ainsi qu’aux secours anglais. « Problème : eau dans le bateau (…) Il y a des familles avec des enfants à bord (…) Ils demandent de l’aide de façon urgente », y précise l’association.
    Que s’est-il alors passé ? « En dépit des informations communiquées (…), les services de secours français, tout comme les services de secours britanniques, ne sont pas intervenus sans délai, estime Utopia 56 dans sa plainte. Il apparaît en effet que le premier bateau des secours britanniques a quitté la côte à 3 h 40, soit plus de quarante minutes après l’appel de l’association. » Les secours anglais ont diffusé un « Mayday » faisant état du canot en train de couler à 4 h 21. D’après le communiqué du Cross diffusé le lendemain du naufrage, le canot aurait continué de progresser jusqu’aux eaux anglaises, après l’alerte donnée par Utopia 56. Le Cross aurait fait relocaliser l’embarcation et exercer une « veille attentive » par deux navires commerciaux successivement avant que les Britanniques n’envoient des secours.
    Le déroulé des événements relatés par Utopia 56 dans sa plainte combine des éléments communiqués par la préfecture maritime, des images prises par un chalutier anglais, l’Arcturus, qui a porté secours à l’embarcation, ainsi que les déclarations de son capitaine relayées dans la presse. L’association s’appuie aussi sur un rapport publié en décembre 2023 par le réseau d’activistes Alarm Phone, qui a notamment assisté en Angleterre au procès – toujours en cours – d’Ibrahim Bah, un Sénégalais de 19 ans qui conduisait l’embarcation cette nuit-là. Il est poursuivi pour « homicide involontaire » et « violation des lois sur l’immigration ». Les audiences ont notamment été l’occasion pour plusieurs rescapés de témoigner des circonstances du naufrage.
    A travers cet ensemble d’éléments, il apparaît que les migrants auraient appelé d’eux-mêmes les secours français, sans résultat, tandis que de l’eau entrait dans le canot. Les passagers en détresse se seraient par ailleurs portés vers un premier bateau de pêche qui aurait refusé de leur porter secours. Puis ils se seraient portés vers l’Arcturus, qui pêchait des coquilles Saint-Jacques dans les eaux britanniques, à environ 14 kilomètres des côtes anglaises. Pour attirer l’attention, les passagers auraient appelé à l’aide et plusieurs d’entre eux auraient sauté à l’eau pour nager jusqu’à s’agripper au filet de pêche du chalutier.
    Les rescapés ont rapporté lors du procès que la panique augmentait à bord du canot avarié. Ses occupants se seraient levés et l’effet conjugué de leur poids et de leur agitation aurait fait céder le plancher. « Comme le bateau s’est effondré sur lui-même, faisant tomber une partie des gens, certains sont restés coincés à l’intérieur », aurait déclaré un rescapé, d’après Alarm Phone.
    Finalement, l’équipage de l’Arcturus est parvenu à accoster le canot et à l’accrocher par une corde pour ensuite commencer à faire monter à son bord des naufragés. Sur des images prises par les pêcheurs, et diffusées par la presse britannique, on voit des personnes dans l’eau au milieu des boudins pneumatiques. D’après le communiqué du Cross, la température de la mer était de l’ordre de 10 degrés, « réduisant la durée de survie d’un naufragé à moins de deux heures ». Les personnes « sont restées pendant un long moment dans les eaux glacées de la Manche, en cherchant à s’accrocher à l’embarcation dégonflée dans l’attente de l’arrivée des secours », détaille la plainte.
    Une photo prise par l’équipage de l’Arcturus montre notamment le cadavre flottant d’un homme qui s’était accroché à une corde du chalutier. Au moins quatre personnes sont mortes noyées cette nuit-là mais cinq autres pourraient avoir disparu, le nombre de passagers n’étant pas connu de façon certaine.Dans son rapport, Alarm Phone s’interroge sur les moyens déployés par les pêcheurs pour secourir les migrants, sans jamais jeter de radeaux ou de gilets de sauvetage, mais prenant le temps de faire des images. Une façon de souligner le manque de maîtrise de la procédure par les pêcheurs, « alors que les services français avaient les moyens opérationnels d’intervenir immédiatement », souligne Utopia 56, convaincue que « le renvoi de responsabilité entre les services a immanquablement retardé le début de l’opération de recherche ».
    Des traversées « de plus en plus dangereuses »
    En 2023, un peu moins de 30 000 migrants ont rejoint les côtes anglaises par la mer, contre plus de 45 000 en 2022. Douze personnes sont décédées au cours de l’année, a précisé vendredi le préfet maritime de la Manche et de la mer du Nord, Marc Véran, lors d’une conférence de presse. Il a également regretté des traversées « de plus en plus dangereuses », notamment du fait d’embarcations davantage chargées et parce que « certains migrants en détresse n’acceptent pas notre assistance ».
    Le préfet a aussi déclaré avoir fait des « signalements » pour dénoncer « des associations » qui font « le jeu des passeurs » en avertissant le Cross de « faux départs » et de « fausses urgences ». « On est obligé d’envoyer des secours là où il n’y a rien du tout, a-t-il assuré. Ça leurre les forces de sécurité. » « Le préfet accuse les associations sans aucun fondement et cherche simplement à détourner l’attention et à se dédouaner », réagit Nikolaï Posner, d’Utopia 56. Une instruction pénale sur les circonstances du naufrage survenu le 24 novembre 2021, au cours duquel au moins vingt-sept personnes sont mortes, est par ailleurs toujours en cours. Dans ce cadre, sept militaires du Cross et du patrouilleur de service public Flamant sont notamment mis en examen pour « non-assistance à personne en danger ».

    #Covid-19#migrant#migration#france#manche#merdunord#traversee#mortalite#ong

    • #18_aprile

      Erano partiti di notte da un porto vicino a Zwara, a ovest di Tripoli, in Libia. Quando alcune ore più tardi la balena aveva cominciato a inabissarsi in un mugghiare di metallo dopo aver urtato per una manovra sbagliata il mercantile portoghese che la Capitaneria di porto di Roma aveva inviato a soccorrerla, quelli rinchiusi nella stiva si erano ammassati gli uni sugli altri, arrampicandosi su quelli che avevano davanti e di fianco per cercare di raggiungere la botola, lassù in alto. In due si erano abbracciati in quell’inferno che era la sala macchine. “Lì dentro si sviluppa un calore tale che neanche il macchinista ci mette spesso piede”, raccontano i Vigili del fuoco che li avevano tirati fuori, un anno dopo. Persino in mezzo ai motori avevano ammassato 65 persone. I mercanti li avevano stipati in ogni interstizio, mille persone pigiate come bestie in 23 metri di barca, e li avevano spediti nel Mediterraneo con due litri d’acqua a testa e senza uno straccio di ancora perché anche il gavone di prua doveva servire per farcene entrare ancora, per aumentare il guadagno. Erano riusciti a metterne 5 per ogni metro quadro.

      –-

      Settecento chilometri senza mangiare
      Bevendo sputi, a farsi bruciare
      Da questo sole feroce riflesso dal mare
      Da questo vento che di giorno scortica e di notte gela
      E rimescola il freddo con la paura

      Che quest’acqua buia, infinita e cattiva
      È più salata dei conti che ci han fatto saldare
      Non cura la sete, marcisce le ossa
      E questa Italia non vuole arrivare
      Questa terra che non ci vuole non si fa trovare

      E questo sarcofago sul mare è un cimitero per ottocento
      Sulla tavola fredda e muta che non finisce di violentare
      A perdita d’occhio e di cuore

      Amore mio, che ti ho lasciata a patire
      Tra la fame, la sete e l’orrore
      Tra gli arti amputati spezzati calpestati
      Le bombe esportate
      I bambini soldati
      Amore mio ascoltami bene: tu non morire che ti vengo a salvare
      Appena finisce questo mare io ti vengo a salvare

      E a noi ricchi senza pudore
      Ce lo spiega la televisione
      Un mantenuto ignorante e cafone
      Con la felpa e il ghigno arrogante
      Ce lo spiega lui cosa dobbiamo pensare
      Di questa gente che prende il mare
      Per provare a non morire

      https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67661&lang=it
      https://www.youtube.com/watch?v=BpCkiqp6zNs&t=64s


      #chanson #musique #musique_et_politique #naufrage #asile #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #18_avril_2015 #mourir_en_mer

      #commémoration #Libye #Méditerranée #mer_Méditerranée #Zouara

  • #Frontex, Cutro è un ricordo sbiadito: sorvegliare dall’alto resta la priorità

    Un anno dopo la strage, l’Agenzia europea della guardia di frontiera investe ancora su velivoli per sorvolare il Mediterraneo. Dal 2016 a oggi la spesa supera mezzo miliardo di euro. Una strategia dagli esiti noti: più respinti e più morti

    Frontex è pronta a investire altri 158 milioni di euro per sorvegliare dall’alto il Mediterraneo. A un anno dal naufragio di Steccato di Cutro (KR), costato la vita a 94 persone, la strategia dell’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee non cambia. Anzi, si affina con “occhi” sempre più efficaci per rintracciare e osservare dall’alto le imbarcazioni in difficoltà. “Si continua a pensare che Frontex sia un’innocua gregaria degli Stati, senza responsabilità -spiega Laura Salzano, docente di diritto dell’Ue presso l’Università di Barcellona-. Ma in mare, sempre di più, le sue attività hanno conseguenze dirette sulla vita delle persone”.

    Lo racconta, in parte, anche la strage di Cutro del 26 febbraio 2023. Alle 22.26 della sera prima infatti fu l’Agenzia, attraverso il velivolo “Eagle 1”, a individuare per prima la “Summer love” e a segnalarla, quand’era a circa 40 miglia delle coste crotonesi, al Frontex coordination centre. Da Varsavia le coordinate della nave furono girate alle autorità competenti: tra queste anche l’International coordination centre (ICC) di Pratica di mare (RM) in cui, allo stesso tavolo, siedono le autorità italiane e la stessa Agenzia che ha il dovere di monitorare quello che succede. “Nonostante fosse noto che c’erano persone nella ‘pancia della nave’ e il meteo stesse peggiorando, si è deciso di attivare un’operazione di polizia e non di ‘ricerca e soccorso’ -spiega Salzano-. Questa classificazione a mio avviso errata è responsabilità anche dell’Agenzia”. Un errore che potrebbe aver inciso anche sul ritardo nei soccorsi.

    Lo stabilirà la Procura di Crotone che, a metà gennaio 2024, non ha ancora chiuso le indagini sulla strage. Qualcosa di quanto successo quella sera, però, si sa già, perché il processo contro i presunti manovratori dell’imbarcazione è già in fase di dibattimento. “La prima barca della Guardia costiera -spiega Francesco Verri, avvocato di decine di familiari delle vittime- arriva sul luogo del naufragio alle 6.50, quasi tre ore dopo il naufragio: salva due persone ma recupera anche il cadavere di un bambino morto di freddo. Perché ci hanno impiegato così tanto tempo per percorrere poche miglia nautiche? Sulla spiaggia la pattuglia è arrivata un’ora e 35 minuti dopo il naufragio. Da Crotone a Cutro ci vogliono dieci minuti di macchina”. Domande a cui dovranno rispondere le autorità italiane.

    Al di là delle responsabilità penali, però, quanto successo quella notte mostra l’inadeguatezza del sistema dei soccorsi di cui la sorveglianza aerea è un tassello fondamentale su cui Frontex continua a investire. Con importi senza precedenti.

    Quando Altreconomia va in stampa, a metà gennaio, l’Agenzia sta ancora valutando le offerte arrivate per il nuovo bando da 158 milioni di euro per due servizi di monitoraggio aereo: uno a medio raggio, entro le 151 miglia nautiche dall’aeroporto di partenza (budget di 100 milioni), l’altro a lungo raggio che può superare le 401 miglia di distanza (48 milioni).

    https://pixelfed.zoo-logique.org/i/web/post/658926323750966119

    Documenti di gara alla mano, una delle novità più rilevanti riguarda i cosiddetti “Paesi ospitanti” delle attività di monitoraggio: si prevede infatti espressamente che possano essere anche Stati non appartenenti all’Unione europea. In sostanza: il velivolo potrebbe partire da una base in Tunisia o Libia; e, addirittura, si prevede che un host country liaison officer, ovvero un agente di “contatto” delle autorità di quel Paese, possa salire a bordo dell’aeromobile. “Bisogna capire se sarà fattibile operativamente -sottolinea Salzano-. Ma non escludere questa possibilità nel bando è grave: sono Paesi che non sono tenuti a rispettare gli standard europei”.

    Mentre lavora per dispiegare la sua flotta anche sull’altra sponda del Mediterraneo, Frontex investe sulla “qualità” dei servizi richiesti. Nel bando si richiede infatti che il radar installato sopra il velivolo sia in grado di individuare (per poi poter fotografare) un oggetto di piccole dimensioni a quasi dieci chilometri di distanza e uno “medio” a quasi 19. Prendendo ad esempio il caso delle coste libiche, più la “potenza di fuoco” è elevata più il velivolo potrà essere distante dalle coste del Nordafrica ma comunque individuare le imbarcazioni appena partite.

    La distanza, in miglia nautiche, che l’ultimo bando pubblicato da Frontex nel novembre 2023 prevede tra l’aeroporto di partenza del velivolo e l’area di interesse da sorvolare è di 401 miglia. Nella prima gara riguardante questi servizi, pubblicata dall’agenzia nell’agosto 2016, la distanza massima prevista era di 200 miglia

    Frontex sa che, oltre alla componente meccanica, l’efficienza “tecnica” dei suoi droni è fondamentale. Per questo il 6 e 7 settembre 2023 ha riunito a Varsavia 16 aziende del settore per discutere delle nuove frontiere tecnologiche dei “velivoli a pilotaggio remoto”. A presentare i propri prodotti c’era anche l’italiana Leonardo Spa, leader europeo nel settore aerospaziale e militare, che già nel 2018 aveva siglato un accordo da 1,6 milioni di euro per fornire droni all’Agenzia.

    L’ex Finmeccanica è tra le 15 aziende che hanno vinto i bandi pubblicati da Frontex per la sorveglianza aerea. Se si guarda al numero di commesse aggiudicate, il trio formato da DEA Aviation (Regno Unito), CAE Aviation (Stati Uniti) ed EASP Air (Spagna) primeggia con oltre otto contratti siglati. Valutando l’importo delle singole gare, a farla da padrone sono invece due colossi del settore militare: la tedesca Airbus DS e la Elbit System, principale azienda che rifornisce l’esercito israeliano, che si sono aggiudicate in cordata due gare (2020 e 2022) per 125 milioni di euro. Dal 2016 a oggi, il totale investito per questi servizi supera i cinquecento milioni di euro.

    “La sorveglianza è una delle principali voci di spesa dell’Agenzia -spiega Ana Valdivia, professoressa all’Oxford internet institute che da anni analizza i bandi di Frontex- insieme a tutte le tecnologie che trasformano gli ‘eventi reali’ in dati”. E la cosiddetta “datificazione” ha un ruolo di primo piano anche nel Mediterraneo. “La fotografia di una barca in distress ha un duplice scopo: intercettarla ma anche avere un’evidenza digitale, una prova, che una determinata persona era a bordo -aggiunge Valdivia-. Questa è la ‘sorveglianza’: non un occhio che ci guarda giorno e notte, ma una memoria digitale capace di ricostruire in futuro la nostra vita. Anche per i migranti”. E per chi è su un’imbarcazione diretta verso l’Europa è vitale a chi finiscono le informazioni.

    Nell’ultimo bando pubblicato da Frontex, si prevede che “il contraente trasferirà i dati a sistemi situati in un Paese terzo se è garantito un livello adeguato di protezione”. “Fanno finta di non sapere che non possono farlo -aggiunge Salzano- non potendo controllare che Paesi come la Tunisia e la Libia non utilizzino quei dati, per esempio, per arrestare le persone in viaggio una volta respinte”. Quello che si sa, invece, è che quei dati -nello specifico le coordinate delle navi- vengono utilizzate per far intervenire le milizie costiere libiche. Per questo motivo i droni si avvicinano sempre di più alla Libia. Se nel 2016 l’Agenzia, nella prima gara pubblicata per questa tipologia di servizi, parlava di area operativa nelle “vicinanze” con le coste italiane e greche, fino a 200 miglia nautiche dall’aeroporto di partenza, dal 2020 in avanti questa distanza ha superato le 401 miglia.

    Lorenzo Pezzani, professore associato di Geografia all’università di Bologna, ha esaminato giorno per giorno i tracciati di “Heron”, il più importante drone della flotta di Frontex: nel 2021 l’attività di volo si è concentrata tra Zuara e Tripoli, il tratto di costa libica da cui partiva la maggior parte delle barche.

    “Il numero di respingimenti delle milizie libiche -spiega Pezzani autore dello studio “Airborne complicity” pubblicato a inizio dicembre 2022- cresce all’aumentare delle ore di volo del drone e allo stesso tempo la mortalità non diminuisce, a differenza di quanto dichiarato dall’Agenzia”. Che tramite il suo direttore Hans Leijtens, entrato in carica a pochi giorni dal naufragio di Cutro, nega di avere accordi o rapporti diretti con la Libia. “Se è così, com’è possibile che un drone voli così vicino alle coste di uno Stato sovrano?”, si chiede Salzano. Chi fornirà il “nuovo” servizio per Frontex dovrà cancellare le registrazioni video entro 72 ore. Meglio non lasciare troppe tracce in giro.

    https://altreconomia.it/frontex-cutro-e-un-ricordo-sbiadito-sorvegliare-dallalto-resta-la-prior
    #migrations #réfugiés #frontières #militarisation_des_frontières #complexe_militaro-industriel #business #Méditerranée #mer_Méditerranée #Cutro #surveillance_aérienne #Leonardo #Elbit_System #Airbus #host_country_liaison_officer #radar #technologie #DEA_Aviation #CAE_Aviation #EASP_Air #Libye #gardes-côtes_libyens

  • Berliner Mercedes-Benz-Arena: Neuer Name für die Mehr­zweckhalle
    https://taz.de/Berliner-Mercedes-Benz-Arena/!5985391
    So what ?

    26.1.2024 von Jonas Wahmkow - Die Umbenennung der Mercedes-Benz-Arena in Uber-Arena ist auch eine Machtdemonstration. Die größten Kapitalhaufen bestimmen das Bild der Stadt.

    Der freie Markt kann einfach alles besser. Straßenumbenennungen zum Beispiel. So benötigen Berliner Bezirke oft Jahre, um den Namen einer Straße zu ändern, wenn sie nach einem Kolonialverbrecher oder Antisemiten benannt ist. Die Immobilieninvestoren der Anschutz Entertainment Group hingegen schaffen das in nur etwas mehr als zwei Monaten.

    So soll die Mercedes-Benz-Arena ab dem 22. März „Uber-Arena“ heißen, wie die Unternehmensgruppe vergangene Woche bekanntgab. Auch die Fläche vor der Mehrzweckhalle, in der Konzerte und Sportevents stattfinden, wird dann in „Uber-Platz“ umbenannt. Mit im Paket ist auch die Verti Music Hall, die bald „Uber Eats Music Hall“ heißen wird.

    Natürlich erfolgt der Namenswechsel nicht aufgrund etwaiger moralischer Bedenken über den auch zwischen 1933 und 1945 sehr aktiven Automobilkonzern, sondern weil Uber einfach mehr Geld auf den Tisch gelegt hat. Nach O2 und Mercedes Benz ist Uber nun bereits der dritte Namensgeber der Mehrzweckhalle.

    Zum Vergleich: Die Umbenennung der Mohrenstraße benötigte über 10 Jahre aktivistische Arbeit und intensive Diskussion, bis es im Bezirksparlament 2021 eine Mehrheit für die Umbenennung gab. Und die ist aufgrund einer Klage von Anwohnenden immer noch nicht abgeschlossen.

    Der entscheidende Unterschied: Beim Mercedes-Benz-Platz handelt es sich nicht um öffentlichen Straßenraum, sondern um ein Privatgelände. Und der Eigentümer darf mit seinem Eigentum bekanntlich machen, was er will, da müssen Demokratie und Rechtsstaatlichkeit schon mal zurücktreten.
    Kein Aufschrei in der Stadtgesellschaft

    Für einen großen Aufschrei in der Stadtgesellschaft sorgte die Umbenennung bisher nicht. Das liegt vor allem daran, dass es sich bei dem Quartier um den Mercedes-Benz, Pardon, Uber-Platz um ein relativ neues Stadtviertel handelt, zu dem die meisten Ber­li­ne­r:in­nen bis auf den gelegentlichen Konzertbesuch kaum einen Bezug haben. Anschutz errichtete 2008 die Mehrzweckhalle auf dem ehemaligen Güterbahnhofgelände, das direkt an den Resten der Berliner Mauer liegt. Da der Investor dem Traditionsklub Eisbären Berlin eine neue Heimstätte bot, wurde Anschutz vom Senat hofiert.

    In den darauf folgenden Jahren errichtete der Investor um die Halle herum in bester Citylage gleich gegenüber der East-Side-Gallery eine Art kapitalistischen Todesstreifen: Kaum eine Grünpflanze ziert den Platz, dafür grelle LED-Tafeln, umringt von austauschbaren Systemgastronomiefilialen, Multiplexkino und Bowlingbahn sind natürlich auch mit dabei. Komplettiert wird das Ensemble von futuristischen Bürotürmen, die nach ihren Hauptmietern „Zalando-Tower“ und „Amazon-Tower“ genannt werden. Was der Ausverkauf der Stadt bedeutet, lässt sich an wenigen Orten so gut bewundern wie hier.

    Nur das Taxigewerbe protestierte erwartungsgemäß gegen die Namensänderung. Man können den Uber-Platz ja gleich in den „Platz der Schwarzarbeit“ umbenennen, schlug Michael Oppermann, Geschäftsführer des Deutschen Taxi- und Mietwagenverbands, in der Branchenzeitung Taxi-Times vor. Die Taxi­branche wirft dem Transportdienstleister Uber vor, mit seinem Geschäftsmodell systematisch arbeitsrechtliche Standards zu umgehen, Lohnkosten zu drücken und somit „organisierte Schwarzarbeit“ zu betreiben.

    Die Umbenennung ist nicht nur ein guter Deal für Anschutz, sondern auch eine Machtdemonstration. Nicht etwa demokratische Entscheidungsprozesse bestimmen das Bild der Stadt, sondern der größte Kapitalhaufen. Was dabei herauskommt, ist selten das Beste für die Allgemeinheit. Aber halt besser für private Investor:innen.

    #Berlin #Friedrichshain #Mediaspree #Mercedes-Platz

  • Attaques en #mer_Rouge : les Houthis revendiquent une attaque contre un « pétrolier britannique » - La DH/Les Sports+
    https://www.dhnet.be/actu/monde/2024/01/26/attaques-en-mer-rouge-les-houthis-revendiquent-une-attaque-contre-un-petrolier

    La société privée de risques maritimes Ambrey avait rapporté plus tôt qu’un navire avait été touché dans la même zone, signalant un incendie à bord, sans que l’on sache à ce stade s’il s’agit du même incident.

  • (Ma mère, vous revient-il encore, après plus de vingt années, ce poids plus lourd en vous, par les lourds soleils ? Je pense à votre jeunesse d’alors, ma mère, petite sœur, qui n’aviez pas l’âge de Maria ; sous votre robe, sous votre peau, j’avais chaud aussi, et vous me traîniez comme un de ces fruits d’été dont vous aviez envie… ah ! ma mère, comme je vous adore d’être restée inconnue !)

    [...]

    « Mère, que quinze années me tombent dessus encore et que je les passe à me poivrer et à aimer, et qu’ensuite je meure, si de l’amour que je porte n’a éclos que l’amour ! Tout sera oublié, comme ces impressions que je laisse se gaspiller, tiédeur des soirs, fraîcheur des couloirs, déclin de la prison vers l’automne, je ne vous retrouverai pas. »

    La Cavale Partie I Chapitre IX

    #maternité #mère #adoption

  • Uber-Platz in Berlin: Taxi-Fahrer planen Proteste - „Lassen Sie sich überraschen“
    https://www.berlin-live.de/berlin/verkehr/uber-platz-arena-berlin-taxi-fahrer-planen-proteste-id115645.html

    Beitrag enthält Fehler und Mythen, aber auch wichtige Kernsätze.

    24.1.2024 von Felix Grimm - Die Berlin Taxifahrer wollen sich die Umbenennung des Platzes vor der „Uber Arena“ in „Uber-Platz“ nicht gefallen lassen. Was sie jetzt planen:

    Der „Uber-Platz“ ist kein neuer Ort in Berlin. Mit der Namensänderung der Mercedes-Benz-Arena wurde nun auch der Vorplatz der Veranstaltungshalle in Friedrichshain kurzerhand mit umbenannt. Eine Namensänderung, die den Taxifahrern Berlins alles andere als gefällt. Schließlich ist Uber ein großer Konkurrent.

    Die Uber-Fahrer müssen anders als Taxifahrer keinen „Taxischein“ machen und ihre Ortskenntnis nachzuweisen. Das Uber-Unternehmen befolgt auch auch nicht die gleichen, strengen Reglements. Klaus Meier, der die Interessen der Taxifahrer von der „AG Taxi“ bei der Gewerkschaft „Ver.di“ vertritt, hat nun gegenüber BERLIN LIVE Proteste angekündigt.
    Der neue „Uber-Platz“ macht die Berliner Taxifahrer wütend

    Für Klaus Meier steht fest, dass es sich bei Uber um keinen normalen Sponsoring-Deal handelt. Auch wenn er gegenüber BERLIN LIVE feststellt, dass man sich von der Umbenennung durch die Konkurrenz keineswegs einschüchtern lassen will, so fällt sein Urteil drastisch aus:

    „Die ‚Mehrzweckhalle am Ostbahnhof‘ ändert ihre Firmierung. Nicht ändert sich, dass mit Sport- und Kulturveranstaltungen der Ruf eines Gegners von Menschen- und Arbeitnehmerrechten weiß gewaschen werden soll“, so Meier. Seine harsche Kritik am Konkurrenten: „Die Bilanz des Uber-Konzerns bedeutet heute weltweite Verarmung und Zerstörung der Lebensgrundlage von vielen Millionen einfacher Menschen.“
    Taxi-Fahrer-Proteste? – „Die Vorbereitungen laufen“

    Bereits Anfang der Woche hatte sich Michael Oppermann, der Geschäftsführer des Bundesverbands Taxi und Mietwagen e.V., abfällig über das neue Uber-Namenssponsoring geäußert: „Die Umbenennung der Mercedes-Benz-Arena nach einer Plattform, die vor allem durch Korruption und Ausbeutung auffällt, ist schwer erträglich. Manche hatten da wohl die Dollar-Zeichen in den Augen“, so Oppermann gegenüber der Plattform „Taxi-Times“.

    Klaus Meier setzte gegenüber BERLIN LIVE noch einen drauf: „Wir Taxifahrer sind nur das erste Eroberungsziel. Die Plattform will viele weitere Bereiche ‚“‚uberisieren‘. Mit seinem Essenlieferdienst setzt der Konzern den Weg zur Kontrolle zahlreicher Lebens- und Wirtschaftsbereiche fort.“ Auf die Frage, inwiefern die Taxi-Fahrer wegen der Umbenennung des Arena-Vorplatzes nun auf die Straße gehen, äußert sich Meier kämpferisch: „Ja. Die Vorbereitungen laufen. Lassen Sie sich überraschen.“

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    Für den Taxi-Vertreter ist das Maß voll! Schließlich geht es für viele Taxi-Fahrer um die Existenz, schließlich finden in den beiden am Platz befindlichen Arenen zahlreiche Veranstaltungen statt. Ist der Platz nun bald in Uber-Hand könnten Taxis dort das Nachsehen habe. „Wir befürchten, dass uns durch Bevorzugung von Uber-Mietwagen weitere Fahrgäste abspenstig gemacht werden“, so Meier. „Ob es dazu kommt, werden wir erleben und uns dann wo nötig zur Wehr setzen.“

    Schon jetzt haben sie mit der Uber-Konkurrenz hart zu kämpfen. Die meisten Fahrten, die man über die Uber-App buchen kann, sind deutlich günstiger als Taxifahrten. Das Unternehmen Uber ist in Deutschland seit 2014 tätig.

    #Berlin #Friedrichshain #Mercedes-Platz #Taxi #Uber

  • Au port de Marseille, les « effets immédiats » des tensions en mer Rouge
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2024/01/22/au-port-de-marseille-les-effets-immediats-des-tensions-en-mer-rouge_6212330_


     Le « CMA CGM Palais Royal », le plus grand porte-conteneurs au monde, dans la baie de Marseille, le 14 décembre 2023. CHRISTOPHE SIMON / AFP

    « Globalement, ce n’est pas bon pour nous », reconnaît, de son côté, le président du directoire, Hervé Martel, qui redoute que le détour imposé pousse les #armateurs à privilégier les ports du nord de l’Europe, au détriment de la Méditerranée. Autre crainte partagée par la place portuaire : la possibilité de voir les plus gros #porte-conteneurs passés ces derniers jours par le cap de Bonne-Espérance débarquer l’essentiel de leur chargement avant Marseille. « Les ports marocains pourraient monter en puissance, avec des effets de transbordement », note Christophe Castaner. Alors desservi par des unités plus petites qui caboteraient en #Méditerranée, le Grand #Port maritime de #Marseille se verrait ainsi privé d’une partie du volume de conteneurs qu’il traite habituellement.
    Les retards dans les escales ont déjà des effets sur les métiers du GPMM, notamment sur les bassins ouest, dévolus aux marchandises. Les pilotes, habitués à guider une moyenne de cinq porte-conteneurs géants par semaine, ont vu cette partie de leur activité s’effacer pendant une vingtaine de jours. Chez les dockers, les conséquences sont encore plus brutales.

    « Depuis le début de 2024, nous en sommes à six jours de travail », assure Christophe Claret, responsable CGT des dockers de Marseille-Fos. « On nous promet des arrivées pour ce week-end et lundi [22 janvier], et un rattrapage pour fin janvier. Mais le mois va être maigre », note le syndicaliste, qui prédit déjà des effets financiers sur l’ensemble de l’environnement portuaire si la baisse d’activité était amenée à se poursuivre.

    Augmentation des tarifs de fret

    « Tous les secteurs sont touchés par les retards, mais ce sont surtout les activités qui fonctionnent à flux tendu qui subissent des conséquences, analyse Jean-François Suhas, pilote et président du conseil de développement du GPMM. Pour les vracs liquides ou solides, il y a des stocks. Mais il y aura des ruptures ou des délais d’attente allongés pour certains produits comme les voitures, dont beaucoup sont produites en Asie. »

    « Actuellement, on a plus de questions que de certitudes », avance prudemment M. Martel. Amal Louis, directrice du développement commercial du Grand Port maritime de Marseille, s’interroge sur les réactions des armateurs : « Vont-ils mettre plus de navires pour maintenir leur capacité de transport sur un trajet allongé ? Marseille va-t-il perdre des rotations ? » Déjà les professionnels du transport maritime ont augmenté leurs tarifs de fret, jusqu’à doubler le coût du conteneur entre Asie et Europe, pour prendre en compte le déroutage d’une partie de leurs navires.

    _CMA_CGM, dont le siège mondial est à Marseille, applique ses hausses depuis le 15 janvier. En début de mois, les rebelles houthistes ont annoncé avoir pris pour cible Le Tage, l’un des porte-conteneurs du géant français du transport maritime. Arrivé jeudi 18 janvier dans le port de Constanta (Roumanie), il n’a, selon son propriétaire, subi aucun incident. CMA CGM, qui a détourné une quarantaine de ses navires au plus fort de la menace en #mer_Rouge, mi-décembre, a décidé de continuer à faire passer ses bateaux par la mer Rouge et le canal de Suez, sous la protection de la marine française. Un choix assumé pour continuer d’alimenter les ports méditerranéens, et donc Marseille.
    Gilles Rof(Marseille, correspondant)

    https://justpaste.it/2u8kz

    #port_de_Marseille