• [Radio #mukambo] El Ritmo del Mundo
    https://www.radiopanik.org/emissions/radio-mukambo/el-ritmo-del-mundo

    Album of the week: London #afrobeat Collective – Esengo

    Album of the week: Terra Livre – Light Farmer

    Tracklist:

    Kokoroko – Abusey Junction London Afrobeat Collective – My Way Terra Livre – Honor Matters Konkolo Orchestra feat. Kitio Batola – Le Secret Terra Livre feat. Dub X – Light Farmer Clinton Fearon – LOL Nai-Jah & The Kwenu Band – Home Sweet London Afrobeat Collective – El Ritmo de Londres Newen Afrobeat feat. Dele Sosimi – Mare Mare Newen Afrobeat feat. Chico Cesar – Es La Vida Naya Rockers & Ivan Neville – Higher Education Paolo Baldini DubFiles feat. Anthony B – Deep (...)

    #latin #hiphop #podcast #world_music #groove #global_afrobeat #afrogrooves #latin,hiphop,podcast,mukambo,afrobeat,world_music,groove,global_afrobeat,afrogrooves
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/radio-mukambo/el-ritmo-del-mundo_17394__1.mp3

    • Il pozzo più profondo
      https://www.youtube.com/watch?v=hew0uty25i8

      Giù nel fondo del pozzo più profondo
      C’era un angelo nel buio
      Aveva un bimbo in braccio
      Barcollava e piangeva
      Giù nel buio del pozzo più tremendo
      Ho visto tra i corpi le sue ali
      Si è voltato e mi ha guardato
      Mi ha chiesto perché non c’ero

      Giù nel pozzo più profondo
      Giù nel pozzo fino in fondo

      Giù nel pozzo dove muore il sole
      Le nuvole eran fiamme
      E le anime tacevano
      Solo gli occhi sapevano urlare
      Giù nel pozzo dove finisce il male
      Una lacrima mi ha incontrato
      Era sola nel silenzio
      Mi ha chiesto perché non c’ero

      Giù nel pozzo più profondo
      Giù nel pozzo fino in fondo
      Giù nel pozzo più profondo
      Giù nel pozzo fino in fondo

      Giù nel buio dove l’uomo è perso
      Dove il peggio è restare
      Dove il vomito e la morte
      Travolgono le ore
      Giù nel buio del mio viaggio
      Tra il marcio dei dannati
      Una stella abbandonata
      Mi ha chiesto perché non c’ero

      Giù nel pozzo più profondo
      Giù nel pozzo fino in fondo

      Giù nel freddo del mio viaggio
      Una mano mi cercava
      E sentivo il suo respiro
      Mentre la mia vista andava
      Giù nel freddo di un respiro scuro
      Ero li, lui non lo sapeva
      Poi ho chiuso gli occhi e ho pianto
      Mentre il buio mi prendeva

      Giù nel pozzo più profondo
      Giù nel pozzo fino in fondo
      Giù nel pozzo più profondo
      Giù nel pozzo fino in fondo

      #collettivo_migrado #chanson #musique

    • https://www.youtube.com/watch?v=3ItlMdZ6bFA&t=4s

      Siamo arrivati, siamo sbarcati
      Siamo affamati, siamo assetati
      Veniamo in pace ma dalla guerra
      Siamo arrivati affamati
      Siamo scappati, sopravvissuti
      Siamo di troppo ma fortunati
      Veniamo in pace ma dalla guerra
      Siamo arrivati affamati

      Non li vogliamo che sono in tanti
      Aiutiamoli ah casa loro, vi imploro il decoro
      Non li vogliamo che sono in tanti
      Aiutiamoli ah casa loro!

      Simu arrivati, simu arraggiati
      E cu si facci brutti simu cuminati
      Chi malanova c’amu patutu
      Quanta fatiga c’è boluta
      E tuttii così c’aiu lassatu a ru paisi
      Ca quannu mi ricogghiu fazzu na nchianata e na scisa
      Nun trova pace ma sulu scerra
      Se ti fa fame mangia a terra

      Non li vogliamo che sono in tanti
      Aiutiamoli ah casa loro, vi imploro il decoro
      Non li vogliamo che sono in tanti
      Aiutiamoli ah casa loro!
      Non li vogliamo che sono in tanti
      Aiutiamoli ah casa loro, vi imploro il decoro
      Non li vogliamo che sono in tanti
      Aiutiamoli ah casa loro!

      #Collettivo_Migrado #chanson #musique #migrations #réfugiés #afflux #invasion

    • https://www.youtube.com/watch?v=hKNXzcV6jS4

      Tu che sei sceso tra noi da un cielo lontano
      E del tempo non conoscerai mai il suo segno
      Tu che hai vissuto dell’uomo solo il momento
      Di quando è caduto sfinito e gli hai preso la croce

      Racconta di noi, racconta di noi
      Racconta di noi, tu che sai,
      Racconta di noi

      Hai camminato in silenzio nell’alba fatta di ombre
      E hai sentito il nostro respiro affondare nel mare
      Laggiù nel buio profondo dove anche le onde non vedono
      La solitudine delle nostre tombe

      Racconta di noi, racconta di noi
      Racconta di noi, tu che sai,
      Racconta di noi

      E in quel momento sarò ancora vivo
      Nelle tue parole
      E in quel momento sarò ancora vivo
      Nelle tue parole

      Hai provato cos’e la paura mentre avevi la febbre
      E hai finito le lacrime su quel pianto di figlio
      Hai sentito il sapore del sangue sulle mie braccia straziate
      L con noi hai maledetto questo mare infinito

      Racconta di noi, tu che sai
      racconta di noi
      Racconta di noi, tu che sai,
      Racconta di noi

      E in quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole
      E in quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole
      In quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole
      In quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole

      Nella città luminosa noi ancora vivremo
      Nei ricordi dei vecchi e nei sogni dei bimbi
      Nel canto al mattino di una giovane sposa
      Nell’ultima storia prima di spegnere il fuoco

      Ti abbiamo detto perché noi siamo partiti
      E hai capito perché Siamo morti cercando la vita
      Ogni passo che hai condiviso
      Ogni metro di sabbia rovente
      Ogni braccio alzato a chiamare
      Ogni schiena offerta al bastone
      Ogni abbraccio perduto nel mare
      Ogni sguardo che hai stretto nel cuore

      Saranno pagine sul libro che racconta di noi
      Saranno pagine sul libro che racconta di noi
      Saranno pagine sul libro che racconta di noi
      Saranno pagine sul libro che racconta di noi

      In quelle parole non sarà morto il cammino
      In quelle parole sarò ancora vivo
      In quelle parole non sarà morto il cammino
      In quelle parole sarò ancora vivo

      #Collettivo_Migrado #chanson #musique

    • Memoria limpida
      https://www.youtube.com/watch?v=MjKps1OZpMk

      Se lo vuoi, sussurralo
      Un altro racconto guardando il tramonto
      Ma se puoi, stupiscilo
      Quel fuoco che brucia lento non è mai spento

      Ricordami quando non sarò più qui
      E resterò nella memoria limpida
      Le pagine scorrono veloci se
      Non vivono di storie vere
      C’è un libro che aspetta me, aspetta te
      Per scrivere il lieto fine che non c’è
      Ricordami quando non sarai più qui
      Mi troverai da qualche parte nel tuo cuor
      O da qualche parte nel mio cuor

      Se lo vuoi, sussurralo
      Un altro racconto guardando il tramonto
      Ma se puoi, stupiscilo
      Quel fuoco che brucia lento non è mai spento

      Ricordami quando non sarò più qui
      E resterò nella memoria limpida
      Le pagine scorrono veloci se
      Non vivono di storie vere
      C’è un libro che aspetta me, aspetta te
      Per leggere il lieto fine che non c’é
      Ricordami quando non sarai più qui
      Mi troverai da qualche parte nel tuo cuor
      Da qualche parte nel mio cuor

      Se lo vuoi, sussurralo
      Un altro racconto guardando il tramonto
      Ma se puoi, stupiscilo |
      Quel fuoco che brucia lento non è mai spento

      Da qualche parte nel tuo cuor
      Da qualche parte nel mio cuor
      Da qualche parte nel tuo cuor
      Da qualche parte nel mio cuor
      Da qualche parte

      #Collettivo_Migrado #chanson #musique

    • https://www.youtube.com/watch?v=i3ldEFj56XI

      Sento le scarpe pesanti. Non sono affaticato, mi piace avere le scarpe pesanti, sento il cammino di mio padre nelle mie scarpe. Camminava verso il lavoro per dieci giorni e superava la frontiera. Al di là del muro sgobbava come un mulo, poi ripartiva per tornare a casa, in tasca il frutto del suo lavoro e nelle scarpe il suo cammino. Quando arrivava si toglieva le scarpe e le lasciava riposare.

      Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinità
      Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non è mai finita

      Io guardavo le sue scarpe e mi raccontavano le sue giornate, io le guardavo e mi raccontavano mio padre. Poi, un giorno, i piedi di mio padre entravano di nuovo in quelle scarpe, così lui ripartiva, ancora una volta, senza pesi nelle tasche ma con
      dieci giorni di cammino nella testa. I[o ho iniziato a camminare per mio padre, perché mi voleva con scarpe pulite, con scarpe leggere. Ma le mie scarpe sono pesanti e mi piace avere le scarpe pesanti.

      Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinità
      Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non è mai finita

      Sotto le suole delle mie scarpe ci sono le strade che hanno percorso, sotto le suole delle mie scarpe le case che hanno visto da lontano. Non potevo avvicinarmi, potevo solo spiare la vita di chi le scarpe le lascia fuori dalla porta. Le mie scarpe mi ricordano che non ho ricevuto l’invito, ma sono entrato lo stesso, perché le mie scarpe non hanno bisogno dell’invito, la porta è sempre aperta per il bagaglio che trascino sotto le suole, fatemi entrare, lascerò le mie scarpe fuori dalla porta.

      Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinita
      Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non mai finita

      Lascio le mie scarpe a riposare, ascoltate la storia che hanno da raccontare. Non ho le tasche piene ma porto ricchezza, vi lascio in pegno le mie scarpe, sono regalo di chi ha camminato tanto, il peso delle mie scarpe è la mia eredità.

      Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinita
      Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non mai finita

      #Collettivo_Migrado #chanson #musique #chaussures #marche

    • https://www.youtube.com/watch?time_continue=270&v=TOtFeKuvUDI&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fw

      Tell me where are you? Where are you?
      Dimmi, dove sei? Dove sei?

      Cosa guardano ora i tuoi occhi?
      O dove batte ora il tuo cuore?
      O hai trovato la speranza?
      O l’hai persa in fondo al mare?
      Hai trovato un mondo nuovo?
      Nuove storie da raccontare?
      Una strada da seguire?
      | nuove parole per sognare?

      Tell me where are you? Where are you?
      Dimmi, dove sei? Dove sei?

      Hai ancora la mia foto?
      Guardi ancora il mio sorriso?
      Custodisci la tua terra
      Come il bene più prezioso?
      La pagella stretta al petto
      Il tuo passato, il tuo futuro?
      |l rosario che ti ho donato
      Per un viaggio più sicuro?

      Tell me where are you? Where are you?
      Dimmi, dove sei? Dove sei?

      Se il tuo corpo è freddo e spento
      In una bara di acqua e sale
      Se il tuo sogno giace infranto
      Sotto un cielo di temporale
      Dimmi dove riposi ora
      Dove piangere il mio dolore
      Dove odio e indifferenza
      Han seppellito per sempre ll mio amore

      Tell me where are you? Where are you?
      Dimmi, dove sei? Dove sei?
      Tell me where are you? Where are you?
      Dimmi, dove sei? Dove sei?

      #Collettivo_Migrado #migrations #chanson #musique #amour #séparation

    • https://www.youtube.com/watch?v=vT3SR_SRUKg

      Il fumo sui tetti di slesia, storie portate dal vento
      Sogni bruciati e dispersi, io c’ero ma non ero lì
      Terra rossa e deserto sotto un cielo di stelle sbagliate
      Storie mai raccontate, io c’ero ma non ero lì
      Sì, c’ero ma non ero lì

      Piange il serpente piumato, le vene aperte di un tempo perduto
      Terra sedotta e violata, io c’ero ma non ero lì
      Lacrime d’acqua salata lungo una rotta di sangue e dolore
      Carne strappata e venduta, io c’ero ma non ero lì
      Sì, c’ero ma non ero lì

      Fratello contro fratello là dove il sole vide il primo p4550
      odio sul filo di lama, io c’ero ma non ero li
      Fede che guida la spada, il canto dei corvi sul monte sicuro
      stesso credo ma cuore diverso, io c’ero ma non ero lì
      Sì, c’ero ma non ero lì

      Rossa di cieca follia l’acqua del fiume che nasce dal cielo
      Teschi che sbiancano al sole, io c’ero ma non ero lì
      Le tombe dei figli del vento sparse a pioggia lungo il sentiero
      Racconto che muta in lamento, io c’ero ma non ero li
      Si c’ero ma non ero lì
      Io c’ero
      Ma non ero lì
      Io c’ero ma non ero lì

      #chanson #musique #migrations #musique_et_politique

    • https://www.youtube.com/watch?v=4PujsYGCSXI&t=31s

      Chiuso nella stanza dei bottoni
      In un luogo senza nome e senza tempo
      Attendo buone nuove dì sventura
      Aspetto e son contento
      Contento per la vita che sorride
      Quando l’odio come un cancro sì diffonde
      E soffia come vento di tempesta
      Tra le onde

      Datemi un lungo inverno e dolore di cui godere
      Un mare di soldi e sangue su cui fiero navigare
      Mors tua, bella vita mia
      Mors tua, bella vita mia.

      Tortura e perversione son pedine
      Con cui prendo parte al gioco della vita
      Con dadi truccati tra le mani
      io vinco ogni partita
      Il conflitto lo trasformo in cosa giusta
      Guerra santa da combatter per il bene
      Proteggete i vostri cari armi in pugno!
      Vi conviene

      Datemi un lungo inverno e dolore di cui godere
      Un mare di soldi e sangue su cui fiero navigare
      Mors tua, bella vita mia
      Mors tua, bella vita mia

      E non importa se il nemico non esiste
      È reale ciò che io voglio che sia
      Propaganda e menzogna son sorelle
      Di buona compagnia
      La verità non la tramanda chi la guerra
      La combatte e ne esce vincitore
      Il libro della storia è mio
      Sono il vero narratore

      Datemi un lungo inverno e dolore di cui godere
      Un mare di soldi e sangue su cui fiero navigare
      Mors tua, bella vita mia
      Mors tua
      Mors tua, bella vita mia
      Mors tua, bella vita mia

      #musique #chanson #collectivo_migrado #guerre

    • https://www.youtube.com/watch?v=kHuQK9kdUXg

      Viaggiano i pastori nel deserto
      Sotto un cielo di stelle senza tempo
      Sentieri antichi come il mondo
      Cornice di esistenze fuoricampo

      Viaggiano le bande di predoni
      Carovane in lunga fila all’orizzonte
      In cerca di riparo e di ristoro
      Un miraggio sempre piu distante

      Viaggiano le storie nel deserto
      Senza confini né frontiere
      Racconti intorno al fuoco nella notte
      Quando ci si ferma a riposare

      Viaggiano le genti nel deserto
      Viaggiano da che sanno viaggiare
      Ombre senza volto e senza nome
      Viaggiano per ricominciare

      Viaggia la speranza in questo mare
      Il passato che si perde tra le onde
      Un mondo di sabbia e di dolore
      Che tutto inghiotte e poi confonde

      Viaggia la mia vita lungo un filo
      Che lega il mio futuro al mio rimpianto
      Passi pesanti e senza fiato
      Passi che si perdono nel vento
      Passi pesanti e senza fiato
      Passi che si perdono nel vento

      #désert #chanson #musique #migrations #voyage #collettivo_migrado #collettivo_migrado

    • https://www.youtube.com/watch?v=-NNgoDCJuIk

      Acqua che porta mare,
      Vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni sta l’incanto
      Acqua che porta mare,
      Vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni sta l’incanto

      I sogni sono quello
      Che ci capita nel sonno
      Fai il bravo e dormirai
      Del sonno più profondo
      Ero piccolo e ascoltavo
      La voce di mio nonno
      E la sua parola andava
      Oltre il confine del mio mondo

      Acqua che porta mare,
      Vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni c’è l’incanto
      Acqua che porta mare,
      Vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni c’è l’incanto

      Un giorno ho capito cosa
      Significa soffrire
      Cosa ti prende nella gola
      Quando e ora di partire
      Stringersi forte al cuore
      In quell’ultima stretta
      ‘ lasciarsi andare a quel che sei,
      Non sapere che ti aspetta

      Lasciarti andare alla corrente
      Spoglio di tutto, vestito di niente
      Spoglio di tutto, vestito di niente
      Spoglio di tutto!

      Acqua che porta mare,
      Vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni c’e l’incanto
      Acqua che porta mare,
      Vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni c’è l’incanto

      Quando la luce che tiene vivi
      È un bagliore perso in ogni giorno
      E il fuoco della notte
      È un respiro senza ritorno
      Oltre le onde e le montagne
      E i miei anni sulla mano
      E il cielo indifferente
      Sempre così lontano

      La terra all’orizzonte
      Come una stella cadente
      Spoglio di tutto, vestito di niente
      Spoglio di tutto!

      Acqua che porta mare,
      vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni c’è l’incanto
      Acqua che porta mare,
      Vento che porta pianto
      Se guardi il sole ti fa male,
      Nei sogni c’è l’incanto

      Il gioco a volte vale una scommessa
      La vita a volte dura una promessa

      O padre di mio padre, oggi più non dormo
      i pirati han preso i sogni miei ed il mio ritorno
      O padre di ogni padre, anche l’ultima preghiera
      Ha il sapore del veleno e della febbre che non dà tregua
      O padre di ogni padre, anche l’ultima preghiera
      Suona come una condanna, ma quale sarà la pena?
      Suona come una condanna, ma quale sarà la pena?

      #musique #chanson #Collettivo_Migrado #rêves #migrations

    • https://www.youtube.com/watch?v=rM4ViEudzKs&t=42s

      Voglio andar via da questa guerra che ha portato carestia
      La pestilenza e poi la morte, voglio sfuggire alla mia sorte
      L’apocalisse è già alle porte, figli uccisi dai loro padri
      Sono ladri, sono stanco, belva crudele è l’uomo in branco
      Dopo l’inverno un altro inverno, avranno fame avranno freddo
      Sarò glà morto, sarò lontano, sarò sepolto in un campo di grano
      Con la pagella stretta in mano, ab ogni fine un nuovo inizio
      Vorrei sperare e non sparare, ma la guerra è un vizio

      E polvere e cenere sul campo di battaglia
      E lottano dio e il diavolo sul cuore dell’uomo

      Vorrei porre fine signori della guerra, questa non è vita, vivo rasoterra
      Signori della fame, figli del denaro, rotta di collisione mi acceca il faro
      Dell’arroganza, il progresso che avanza non cambia la sostanza
      Non colma la distanza tra chi ha lasciato tutto e a chi non manca niente
      Spiacente, il mondo che vorrei è piu accogliente, fiducia tra la gente
      E l’equità sociale è un diritto universale che si avvera col giudizio universale
      E il sangue di ogni uomo ormai è colmo di veleno
      Vedrai, non ci sarà mai piu l’arcobaleno

      E polvere e cenere sul campo di battaglia
      E lottano dio e il diavolo sul cuore dell’uomo

      E polvere e cenere sul campo di battaglia
      E lottano dio e il diavolo sul cuore dell’uomo

      #guerre #chanson #musique #musique_et_politique #Collettivo_Migrado

  • Wirtschaft: Jacky Spelter, geb. 1927
    https://www.tagesspiegel.de/wirtschaft/jacky-spelter-1128784.html

    18.06.2004 -Elvis saß im Publikum und schüttelte ihm nach dem Konzert die Hand. Das war so eine Geschichte. Eine Legende war Jakob Spelter, den alle Jacky nannten, schon zu Lebzeiten: Deutschlands ältester Rock ’n’ Roller. Der Kaiser von Neukölln – jedenfalls fühlte er sich so, wenn ihn die Leute auf der Straße grüßten, ihm zuwinkten, wenn er auf seinem Motorroller vorbeifuhr, mit dem Topfhelm, wenn ihn jemand auf dem Hermannplatz um ein Autogramm bat. Jacky Spelter, der Rummelplatz-Elvis, der sein Leben der Musik gewidmet hat. Der den „Raggnrohl“ geliebt hat, weil er so wahr und echt ist. Wie das Leben. Mal rauf, mal runter. Wie Jackys Leben.

    Die Beatles hätten bei ihm im Vorprogramm gespielt, in Hamburg, im Star-Club, als sie sich noch „Silver Beetles“ nannten; Jacky wurde zornig auf junge Besserwisser, die sowieso keine Ahnung hatten. Wenn einer wagte anzumerken, dass die Beatles seit 1960 nicht mehr „Silver Beetles“ hießen, dass der „Star-Club“ aber erst 1962 eröffnet wurde. Es gibt ein Foto: Jacky am Mikrofon, dahinter John Lennon mit Jackys Gitarre. Von der Jacky gerne erzählte, sie sei eine 1950er Fender, die erste, die nach Deutschland gekommen sei. Obwohl diese Sorte Fender erst ab 1957 gebaut wurde. Niemand wollte darüber streiten. Jacky wusste, dass er Recht hatte. Und Legenden brauchen legendäre Begebenheiten.

    In der Kriegsgefangenschaft in Texas hat Jacky zum ersten Mal die „Hillbilly“-Musik gehört. Und da hat er seine Leidenschaft für den „Konndrie“ entdeckt. „Konndrie“ nannte der Hesse „Tschäggie“ die „Country“-Musik. In Texas habe er dann auch das Gitarrespielen gelernt.

    Die letzten 36 Jahre lebte Jacky in Neukölln. Sanderstraße 15, Parterre. Das „Büro“, ein fensterloser, winziger Raum, riecht nach Zigaretten und fünfziger Jahren. An den Wänden bis unter die Decke Plakate und alte Fotos: Elvis, Elvis, nochmal Elvis. Außerdem Little Richard, Chuck Berry, Bill Haley. Plakate von eigenen Auftritten: „Jacky And His Strangers“. Riverboat-Shuffle, Volksfeste, Rock ’n’ Roll-Partys. Fotos von Jacky mit Loki und Helmut Schmidt. Mit Lothar de Maizière und Manfred Stolpe. Mit Walter Momper. Jacky mit Helge Schneider. Und kistenweise Videos. Eine Abteilung nur Elvis, hunderte von Elvis-Videos. Und ein ganzer Schrank mit Jacky-Filmen, jeder Fernsehschnipsel, in dem er mal zu sehen war: ein Gastauftritt in einer alten „Stahlnetz“-Folge, Berichte in Berliner Abendschauen, eine Dokumentation über den AFN, der Spielfilm „Das Leben ist eine Baustelle“. Und „Rock ’n’ Roll Jacky“, die rührende Dokumentation vom verarmten Rock ’n’ Roller in Neukölln. Aber auch kistenweise Videos über den Zweiten Weltkrieg: U-Bootkrieg, deutsche Luftwaffe, Leni Riefenstahl, Stalingrad. Damit hat er gehandelt, hat so was auf Bestellung aus dem Fernsehen aufgenommen. Mit allem möglichen Zeugs hat Jacky gehandelt, um die spärliche Rente aufzubessern. Zweimal im Monat ist er nach Polen gefahren, auf den Markt bei Küstrin. Ist dort mit seinen zwei Zentnern Leibesfülle, seinem Zigeunerbärtchen, den mit Brisk-Pomade zurückgeschniegelten Haaren mit geöltem Entenschwanz und den langen Koteletten zwischen den Verkaufsständen durchgepflügt. Seine Freundin Heidi immer hinterher, über der Schulter einen Klappstuhl, den die Polen „Amerika“ nannten. Wenn Heidi auf Jackys Geheiß – ach, er war so galant, so charmant, aber auch ein bisschen despotisch, ja, ein richtiger Kotzbrocken konnte er manchmal sein – wenn Heidi also auf sein Geheiß „Amerika“ an gewünschter Stelle aufgebaut, und Jacky sich darauf niedergelassen hatte, dann hatten die Polen schon verloren. Sagt Heidi. Denn Jacky konnte handeln wie kein Zweiter. Socken, Unterwäsche, Hosenträger, Lebensmittel. Zigaretten. Heidi war es immer ein bisschen peinlich, so tief drückte er die Preise. Aber die polnischen Händler hatten auch ihren Spaß.

    In Neukölln folgte das Leben des Rock ’n’ Rollers einem geregelten Ritual. Aufstehen um halb neun, dem Wellensittich „Guten Morgen“ sagen. Die Tabletten fertig machen, 20 am Tag waren es mindestens, Blutdruck, Herz, Kreislauf, Diabetes. Insulinspritze fünfmal täglich. Tee, Frühstück. BZ und Brötchen hatte ihm Heidi schon früh vorbeigebracht. Die Brötchen durften nur von einem ganz bestimmten Bäcker sein, sonst hätte er sie gleich wieder zurückgeschickt. Nach dem Frühstück Annoncen in der Zweiten Hand aufgeben, mit Zeug, das zu verkaufen war. Und vielleicht einen Fanbrief beantworten. Einkaufen mit dem Motorroller. Zu Karstadt am Hermannplatz. Kaisers. Reichelt. Aldi. Zweimal in der Woche Lotto. Dann kochte Jacky. Stundenlang. Mit viel Liebstöckel, seinem Lieblingsgewürz. Und mit viel Liebe. „Was du mit Liebe machst, das wird besonders gut!“

    Man mochte Jacky für einen Einzelgänger halten. Auf jeden Fall war er einer, der Gesellschaft sehr zu schätzen wusste. Ein Schwätzchen hier, ein Schwätzchen dort. Beim Lottoman, beim Trödler am Ende der Straße, beim russischen Schuster, am Wurststand, bei der Kartoffelfrau. Stundenlang konnte er sich unterhalten, wie die Kartoffeln im Kartoffelsalat sein müssen. Kochen war eine Leidenschaft. Neben der Musik, dem Angeln, dem Schießen, dem Schachspielen. Die halbe Nachbarschaft hat Jacky bekocht. In großen Tuppertöpfen sein Essen verteilt. An Leute, die noch weniger hatten als er.

    Wenn Heidi Punkt 16 Uhr wieder bei ihm eintrudelte, ist sie erst mal mit dem Staubwedel über den VW-Combi gegangen, hat das Auto, das auch Bandtransporter war, dann noch mit den Putztüchern „Blaues Wunder“ behandelt. 20 Minuten täglich. Während Jacky schon mal im Büro die Schachfiguren aufbaute. Und neben dem Spielbrett den Brief. Für Heidi von Jacky. In seiner ungelenken, krakeligen Handschrift hat er ihr unzählige Liebesbriefe geschrieben. Heidi hat sie alle gesammelt.

    Zwei bis drei Partien Schach haben sie gespielt. Jackie war kaum zu schlagen. Dann Massage, er hatte es im Rücken, eine Kriegsverletzung, wandernde Granatsplitter. Und Heidi putzte die Wohnung, machte sein Bett. Ihr Jacky sollte jeden Abend in ein frisch gemachtes Bett gehen, darauf hat sie Wert gelegt. „Hör’n Sie doch auf mit diesen emanzipierten Tussen, die haben keine Ahnung.“ Sie hat es gerne gemacht für ihren Jacky, „Jacky war einmalig. Solche Männer wachsen nicht nach!“ Wenn Heidi mit der Küche fertig war, hat Jacky gleich wieder angefangen zu kochen.

    Als Jacky aus der Kriegsgefangenschaft nach Wiesbaden zurückgekehrt war, hat er seine Gitarre genommen, ist aufs Land gegangen und hat den Bauernfrauen etwas vorgesungen. Und immer etwas zurückgebracht: Butter, Eier, Wurst. Die Frauen haben Jacky geliebt. Er sang so schön! Also hat er, der einmal Spengler gelernt hatte, die Musik zum Beruf gemacht. Ist regelmäßig in amerikanischen Soldaten-Clubs aufgetreten. In Friedberg habe Elvis im Publikum gesessen und Jacky nach dem Konzert die Hand geschüttelt. Das hat er immer wieder erzählt, darauf war er stolz. Und dass er gut verdient und einen Schlitten gefahren hat, damals. Als andere noch im Goggomobil rumgetuckert sind. Da hat Jacky das Geld mit vollen Händen aus dem Fenster geworfen. Bis irgendwann nichts mehr da war und die Sache mit dem Rock ’n’ Roll auch nicht mehr so doll lief.

    Wenn er auch später in Berlin noch regelmäßig auftrat, auf Rummelplätzen, Hochzeiten, Straßenfesten. Mit „Rock Around The Clock“, „Marina, Marina“. „Be-Bop-A-Lula“. Und „Die kessen Bienen von Berlin“. Das Stück hatte er für seine Frau Lu geschrieben. Auf seine große Reise nach Amerika, die ihm Fans geschenkt hatten, konnte sie wegen des Krebs’ nicht mehr mitkommen. Lu, die sich auf einem seiner Konzerte in Jacky verliebt hatte, kümmerte sich 31 Ehejahre lang um ihn. Kurz vor ihrem Tod sagte sie zu Heidi: „Pass gut auf unseren Jacky auf! Der macht doch sonst nur Unsinn!“

    Heidi hat gut aufgepasst auf ihren Jacky. Fünf schöne Jahre noch. Bis zum Schluss im Krankenhaus, wo man ihm nach diversen Operationen sagte, nun müsse man ihm einen ganzen Fuß amputieren. Das wollte Jacky nicht: Mit zwei Füßen sei er geboren worden, mit zwei Füßen sei er aus dem Krieg zurückgekommen… „Dann werden Sie sterben, Herr Spelter!“ Da hat er genickt und sich weggedreht. Von da an hat Jacky nicht mehr gesprochen, hat seine Tabletten nicht mehr genommen, wollte nicht mehr essen. Heidi war bei ihm, als er starb. Sie hat gut auf ihn aufgepasst. Bis zuletzt.

    H.P. Daniels

    #Berlin #Musik #Rock_n_Roll

  • Jacky and his Strangers - Jacky Spelter
    http://www.konzert-kalender.com/jacky-and-his-strangers.html

    Jacky and his Strangers, eine „Kultband“ im alten Berlin
    1973 - ich war neu in Berlin. Vom „Lande“ gekommen - genauer von der Insel Sylt, bekam ich natürlich ganz schnell mit, dass das Stadtleben so manche Verlockung bot. Dazu zählte das Nachtleben; nein, nicht das Besuchen von teuren Tanztempeln, sondern das Besuchen von Musikkneipen, die der schmalen Studenten-Geldbörse schon eher angemessen waren.
    „Wo kann man denn abends mal so hingehen?“ fragte ich etwas blauäugig in die Runde. „Heute Abend - da gehst Du am besten in die Tarantel“, antwortete eine Frau, „da spielt ne echt tolle Band.“
    "Wo ist denn das?" „In Kreuzberg, fast an der Mauer, U-Bahn Schlesisches Tor und dann in der Köpeniker Straße.“
    Gegen halb neun erreichte ich das Ziel. Es war wirklich - damals - fast das Ende der (westlichen) Welt.
    Die „Tarantel“ war schnell gefunden, eine der vielen kleinen Kneipen Berlins, die mehrmals die Woche auch Live-Musik brachten. Es war noch nicht viel los. Einige - in meinen Augen - schon recht alte Herren bauten die Instrumente und die Anlage auf. An einem der Tische saß ein älterer in schwarz gekleideter Mann und spielte mit einem anderen Gast Schach. Alles machte einen ruhigen Eindruck. Und hier sollte heute noch eine tolle Band spielen? Langsam wurde ich skeptisch. Wann würden die Musiker kommen? Und wer waren die Leute, die alles aufbauten?
    Die Zeit verging. Gegen Zehn passierte dann alles auf einmal. Das Schachspiel war zuende. Diejeningen, die die Instrumente aufgebaut hatten, tranken noch ein Bier, rauchten noch eine Zigarette und gingen dann mit dem Schachspieler auf die Bühne.
    Ein kurzer Blick ins Publikum, wie es wohl nur Jacky kann, und dann rockten sie los: "Hello Josephine".
    ... und immer so weiter. Meine anfängliche skeptische Haltung wandelte sich in pure Begeisterung!
    Das war das erste Konzert, das ich erlebte. Und immer, wenn ich las oder hörte, dass „Jacky and the Strangers“ spielten, dann ging ich hin. Da baute sich natürlich auch eine persönliche Beziehung auf. Ich erlebte die legendären Nächte in der Alten TU-Mensa und sah sie spielen auf dem Atze-Fest. So erlebte ich sie 20 Jahre.

    ... und dabei auch einige Merkwürdigkeiten.
    So geschah es, dass Jacky and his Strangers an einem Buß- und Bettag auftraten. Die damaligen Gesetze und Vorschriften schrieben aber vor, dass „Unterhaltungsmusik mit Gesang“ an diesem Tag nicht erlaubt war.
    So spielten Jacky und seine Strangers etwas getragener - und ohne Gesang.

    In den vielen Jahren der Bandgeschichte gab es auch einige Wechsel.
    Ich habe erlebt, wie Jacky mit großer Geduld versuchte, mit einem noch sehr jungen Gitarristen das Bandprogramm einzuüben. Den habe ich aber dann nicht wieder bei ihm gesehen.
    Nach meinem Wegzug aus Berlin hatte ich natürlich keine Gelegenheit mehr, diese ursprüngliche Band zu hören. Da war ich sehr froh, dass eines Tages auf ARTE ein Bericht über Jacky erschien. Gefreut habe ich mich auch, als er in einem Filmbeitrag über den AFN auftauchte.

    ... und immer wenn ich mal wieder in Berlin war, wurden natürlich die Programmblätter Tip und Zitty studiert, um herauszufinden, ob Jacky noch spielte. So auch 1999. Wir pilgerten nach Tegel und erlebten die Band auf den Festwiesen. Jacky war (fast) ganz der Alte, plauderte nach dem Konzert noch etwas mit uns und gab ein Bier aus.
    Das war leider das letzte Mal, dass ich ihn sah.

    Er schenkte mir eine Autogrammkarte - und jeder, der ihn kannte, weiß, dass das „herzlichst - Jacky“ auch wirklich so gemeint war.

    Die Band:Jacky Spelter (†): Gesang und Gitarre
    Pit: Melodiegitarre
    Franz: Saxofon&Akkordeon
    Peter: Bass;
    Harry: Schlagzeug †


    Jacky and his Strangers, die dienstälteste RocknRoll Band mit ihrem Bandleader Jacky, der inzwischen 75 Jahre alt ist. Die Band begeistert seit Jahrzehnten und spielte wohl in allen Häusern, die in Berlin Lifeauftritte ermöglichen. Schon legendär sind die Auftritte in der alten TU-Mensa. Die Band hat auch heute noch eine feste Fangemeinde, die immer wieder aufschlägt, wenn es heißt: „Jackie and his Strangers spielen“, wie am 15. August 1999 in Tegel anlässlich des „Sommer Boulevard“


    Jackie voll in Aktion!
    Wenn die Band sich warmgespielt hat, das Publikum anfängt, voll mitzugehen, dann ist Jacky-Zeit! Der Meister und seine Gitarre laufen zur Höchstform auf.
    Zum Kongress der Mathematiker im Jahre 1998 war ein großer Auftritt. Die Life-CD zeigt einen authentischen Mitschnitt - leider etwas lieblos zusammengestellt und nicht so toll bearbeitet.


    Kürzlich war Jacky auch mal wieder im Fernsehen:
    Arte zeigte ein einstündiges Fernsehportrait, und hier eines
    vom WDR auf YouTube:

    https://www.youtube.com/watch?v=xobxJtWHups

    Auch in dem Film „Das Leben ist eine Baustelle“
    (1992) Regie: Wolfgang Becker
    wirkte Jacky mit.


    Das gibt es heute nicht mehr!
    Gitarre und Verstärker stammen noch aus der „Gründerzeit“ des RocknRoll, der Fender- Verstärker war der erste, der nach Europa kam!

    Am 12.Mai 2004, 13 Uhr, verstarb Deutschlands ältester Rock’n’Roller
    Jacky Spelter in der Berliner Charite nach fünfmonatigem Leiden.
    Am 1. August wäre er 77 Jahre alt geworden.
    Weitere Infos auf der Seite von Joachim Hartmut

    Zur „Trantel“, in der einige Konzerte von „Jacky and hist Strangers“ stattfanden - insbesondere über den Betreiber - gibt es einen interessanten Spiegel-Online-Artikel: http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-22328672.html

    Auch die ZEIT befasst sich mit dem Titel „Tod im Grunewald“ mit den Vorgängen (die allerdings nichts mit den Konzerten in der Tarantel und Jacky zu tun haben):
    http://www.zeit.de/2012/18/Verfassungsschutz-NSU-Schmuecker

    Auch die ZEIT befasst sich mit dem Titel „Tod im Grunewald“ mit den Vorgängen (die allerdings nichts mit den Konzerten in der Tarantel und Jacky zu tun haben):
    http://www.zeit.de/2012/18/Verfassungsschutz-NSU-Schmuecker

    Anne-Mette Gerdsen
    Bahnhofstraße 1
    24977 Ringsberg

    #Berlin #Musik #Rock_n_Roll #Neukölln #Kreuzberg

  • Westeuropa Sohn
    Poète maudit aus dem Ramschladen: Zum Tod des genialischen Popmusikers Kiev Stingl (1943 - 2024)
    https://www.jungewelt.de/artikel/470447.popgeschichte-westeuropa-sohn.html


    Wirrkopf, Sexist, Phantom: Kiev Stingl 1991 in seiner Berliner Arbeitsbibliothek

    Hart wie Mozart
    https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_m7maem_mps4JZ34mSMDcUoqEV5_TjfODU

    1.3.2024 von Maximilian Schäffer - »Ab sofort verbiete ich, Kiev Stingl, der Sprecher der deutschen Schweinenation, sämtlichen Jugendlichen, Staatsnegern und sonstwem, den Keuchakt loszuficken.«

    Kiev Stingl (15.3.1943 bis 20.2.2024), Präsident im Reich der Träume, spricht in Zungen

    In der 1-Euro-Kiste vor dem Laden fand ich ihn, 2020. Unterste Bückware zwischen Volksmusik und Kinderhörspiel. Nicht einmal ins Abteil »Deutsch« hatten sie ihn gepfercht, noch ins Fach »NDW« verramscht. »Kiev Stingl – Hart wie Mozart« prangte auf dem Cover, das aussah wie eine Ausgabe des Spiegel von 1979. Geiler Name, geiler Titel. Wieso will den keiner, kennt den keiner? Ich legte den Euro auf den Tisch, und staunte noch mehr, als ich es zum ersten Mal hörte: »Es lebe die Sowjet­union, nieder mit dem Zar! (…) Ich bin Frank Sinatras Westeuropa Sohn!« Unbestreitbar eine Hymne, dazu erstklasssig aufgenommen und produziert. Diese Stimme aus Ethanol, Nikotin und Testosteron, die 40 Minuten lang nur Sex raunzt. Und hätte ich hundert Euro bezahlt gehabt – sowas hatte ich von der BRD nicht erwartet.
    Frühstücksangebot: RLK-Emaillebecher +Kaffee

    Kiev hingegen hatte von der BRD nichts zu erwarten. Seine Karriere versaute er gründlich und notwendigerweise aus purem individuellen Drang. Eine einzige Tournee versenkte er in allen möglichen Drogen. Im Hessischen Rundfunk rabulierte er gegen Feministinnen, warf Bierflaschen nach dem Aufnahmeleiter (siehe obiges Zitat). Nach Rock und Art-Punk wollte er auf einmal Disco machen, danach Post-Industrial mit der Hälfte der Einstürzenden Neubauten. Er sah gut aus und klang ebenso gut, hätte das Zeug gehabt, dem braven Genuschel eines Udo Lindenberg die Selbstverständlichkeit der eigenen Geilheit im Dienste von mindestens zwei Generationen Punks entgegenzusetzen. Das Messianische allerdings pflegte er eher im Halbprivaten, wollte lieber ein Phantom sein als Legende – so predigte er es mir noch letztes Jahr zu seinem 80. Geburtstag im Interview. Auch Raubtiere – Kiev Jaguar Stingl nannte er sich kurz selbst – sind die meiste Zeit nur scheue Katzen.

    Achim Reichel fand Stingl Mitte der 70er Jahre in Hamburg genauso unvorbereitet, wie ich ihn später in Berlin wiederfand. Im abgedunkelten Zimmer drosch er ihm was auf der Gitarre vor, von »Lila Lippen, Milchkuhtitten!« In seiner Autobiografie »Ich hab das Paradies gesehen« erzählt Reichel von diesem Damaskuserlebnis und seinen Folgen. Drei Alben fertigten sie zusammen: »Teuflisch« (1975), »Hart wie Mozart« (1979) und »Ich wünsch den Deutschen alles Gute« (1981). Reichel, der selbst als Solomusiker sowie mit den Rattles um ein Vielfaches erfolgreicher war als sein unmöglicher Star, hielt Stingl für genial, aber unberechenbar. Die Regisseure Klaus Wyborny, Heinz Emigholz und Christel Buschmann drehten Filme mit Kiev. Letztere setzte ihn in Ballhaus Barmbek neben Christa Päffgen alias Nico – das reale Aufeinandertreffen zweier großer Phantome. Im lange schon verblichenen Kaufbeurer Verlag Pohl ’n’ Mayer erschien 1979 sein Lyrikband »Flacker in der Pfote«, fünf Jahre später »Die besoffene Schlägerei« im Cyrano-Verlag. Sein Alterswerk, ein Dialog aus passionierter Hitlerei und Bumserei, erscheint posthum. »Roman ist fertig!« – war sein letzter Satz auf Whats-App, dann hatte er keinen Bock mehr auf Siechtum.

    Nun fehlt mir der Abstand, um für Zeitungsleser in glaubwürdigem Maße von der Großartigkeit seiner Musik berichten zu können. Natürlich kenne ich sie heute mantrisch auswendig – jeden Song, jede Zeile. Ich kann allerdings davon berichten, was passierte, als ich einst mein Umfeld mit Kiev Stingls Platten zu terrorisieren begann: keinerlei Widerstand. Innerhalb von Wochen bildete sich ein Privatfanclub aus Künstlern, Musikern, Autoren, Barkeepern und Handwerkern im Alter von 18 bis 60. In der Neuköllner Stammkneipe hängten wir bald sein Konterfei über den Tresen, direkt neben den gekreuzigten Messias. Der Chef, bald genervt: »Schon wieder Kiev!?« Aber auch solidarisch: »Wenigstens Kiev!« Wir waren nicht die einzigen, so fand ich heraus: Auch Flake von Rammstein, Dieter Meier von Yello und Hans Joachim Irmler von Faust zählen zu seinen ewigen Fans.

    Irgendwann fand ich mich in Stingls Wohnung wieder. Ein junges, hübsches Mädchen brachte ich ihm mit, das war ihm noch lieber als Cremeschnitten – auch Vanessa sollte später seine Urinflaschen ausleeren. In den vergangenen beiden Jahren sah ich den Berserker deutscher Coolness, den »Einsam Weiss Boy« vom alten Mann zum Greis werden. Wir stritten kokett über Hitler, ich leerte die Pissflaschen aus. Er scheuchte mich durch die zugestellte Altbauwohnung, ich ließ es irgendwie über mich ergehen. In den zartesten Momenten zweier sich halbwegs nahe gekommenen Männer mit 50 Jahren Altersabstand saßen wir uns gegenüber, hatten uns nichts zu sagen übers Leben. »No Erklärungen« heißt ein 2020 erschienener kurzer Dokumentarfilm über ihn. Kiev wusste zuviel, ich noch zuwenig. Ein paar Minuten Stille und Traurigkeit zusammen, weil auch er nicht vergessen werden wollte – so scheißegal ihm alles auch gewesen sein mochte. Kiev Stingl war das konsequent missachtete transgressive Genie der deutschen Popmusik und Beat-Literatur. Er starb am 20. Februar im Alter von 80 Jahren.

    https://de.wikipedia.org/wiki/Kiev_Stingl

    #Allemagne #musique #post-punk

  • Pour freiner le #frelon_asiatique, les #apiculteurs appellent à l’aide tout la population française
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2024/02/29/contre-le-frelon-asiatique-les-apiculteurs-appellent-a-la-mobilisation-gener

    Parmi ses recommandations, GDS France met en exergue le #piégeage printanier des #reines fondatrices. Pour être efficace, la chasse aux fondatrices de #colonies de #frelons asiatiques exige un quadrillage organisé et relativement serré du territoire concerné. A Trégastel (Côtes-d’Armor), 53 bénévoles équipés de pièges prêtés par la municipalité et garnis d’un cocktail adapté (il est possible de mélanger du sirop, de la bière et du vin) ont capturé 1 146 fondatrices entre le 15 mars et le 15 mai 2023. Dans les mois qui ont suivi, le nombre de nids de frelons repérés (et détruits) a chuté, passant d’une densité de treize au kilomètre carré en 2021 à cinq, un niveau considéré comme « acceptable » par les organisations apicoles.

    « Il est confirmé que là où un piégeage coordonné est organisé, des effets significatifs sont constatés, mais il faut bien admettre que l’on ne pourra pas éradiquer le frelon asiatique », prévient Laurent Cloastre, ingénieur conseil auprès de GDS France.

    Effets du piégeage aléatoires
    Le piégeage au long cours, s’il est efficace, est également controversé, car il ne peut pas être totalement sélectif. Les leurres anti-Vespa velutina attirent en effet d’autres insectes, comme les frelons européens (qui, à l’occasion, croquent eux aussi quelques abeilles, mais en moins grande quantité), les coccinelles, les abeilles solitaires, les papillons ou d’autres populations nécessaires à la pollinisation ou à l’alimentation des oiseaux. C’est pourquoi il est généralement recommandé d’utiliser des pièges vendus dans le commerce, dont les moins chers ne coûtent que quelques euros, plutôt que de transformer hâtivement en pièges des bouteilles en plastique découpées.

    Question efficacité, Quentin Rome, spécialiste du frelon asiatique au #Muséum_national_d’histoire_naturelle, ne privilégie pas le piégeage, dont il juge les effets aléatoires. Selon lui, « il faudrait plutôt mettre l’accent sur l’installation d’une muselière sur le devant de la ruche, un grillage qui gène l’action prédatrice et réduit le stress des abeilles, ou d’une harpe électrique placée sur le chemin des frelons asiatiques ». Problème : la première coûte une vingtaine d’euros et la seconde, dans les 200 euros.

    Christian Guespin, apiculteur et président du Groupement de défense sanitaire apicole des Côtes-d’Armor, souhaite d’abord que s’opère une prise de conscience collective. « En Bretagne, où le frelon asiatique est devenu tellement envahissant que chacun le connaît, on ne fera reculer sa présence qu’à condition de s’adresser aux citoyens », martèle-t-il. En 2023, dans le département, quelque 6 500 piégeurs volontaires ont ainsi capturé chacun une moyenne de 21 reines fondatrices. Un bilan qu’il faut apprécier en rappelant qu’une seule colonie de Vespa velutina produit jusqu’à 13 000 individus par saison et consomme 11,5 kilos d’insectes.

  • Commémorations musicales du massacre du 17 octobre 1961.

    https://lhistgeobox.blogspot.com/2024/02/commemorations-musicales-du-massacre-du.html

    "Le black out sur les événements de la nuit est total. Une version officielle s’installe : les Algériens ont été contraints par le FLN à manifester. Certains ont tiré des coups de feu et la police a été obligée de riposter. Mensonges ! Un communiqué de presse diffusé au cours de la nuit reconnaît trois morts. Mensonge encore. Ce sont en réalité des dizaines de victimes qui sont à déplorer.

    C’est d’abord l’incertitude qui plane autour des événements. La censure exerce un contrôle puissant sur la presse, même si les premiers témoignages surgissent (des médecins en poste dans les hôpitaux de la capitale, le 17 au soir, mais aussi des policiers). Au fil des jours, c’est la Seine qui témoigne, on y retrouve des corps d’Algériens pieds et poings liés. Les actions en justice tournent court, en raison notamment des lois d’amnistie adoptées lors des accords d’Evian. De la sorte, l’événement est invisibilisé, et ne survit qu’à l’état de rumeur.

    Moins d’un an après les faits, Kateb Yacine écrit un poème intitulé « Dans la gueule du loup ». En 18 vers libres adressés au peuple français, l’auteur rappelle qu’en dépit des efforts des autorités françaises pour invisibiliser l’événément, il a été "vu" (et même photographié par Elie Kagan). On ne peut l’occulter. Le titre du poème résonne aussi comme un reproche adressé aux responsables de la fédération de France du FLN et aux organisateurs qui auraient jeté les manifestants dans la gueule du loup. En 1998, les Têtes Raides donnent aux mots forts du poète l’écrin musical qu’ils méritaient. [« Peuple français tu as tout vu / Oui tout vu de tes propres yeux / Tu as vu notre sang couler / Tu as vu la police assommer les manifestants / Et les jeter dans la Seine / La Seine rougissante n’a pas cessé / Les jours suivants / De vomir / De vomir à la face du peuple de la commune / Les corps martyrisés / Qui rappelaient aux parisiens / Leur propre révolution / Leur propre résistance / Peuple français tu as tout vu / Oui tout vu de tes propres yeux / Et maintenant vas-tu parler / Et maintenant vas-tu te taire » ]"

    • https://www.youtube.com/watch?v=b7LYJ2lt8yw&t=20s

      Questo è un canto
      contro la guerra
      mentre i tamburi
      suonano a bomba

      Questo è un canto
      contro la guerra
      sotto un cielo
      intinto di rosso

      E mi domando
      che posso fare
      stare a guardare
      oppure evitare
      che se poi mi coinvolgo
      ci sto così male
      si prende la vita
      quel telegiornale

      Questo è un canto
      contro l’idea
      che quella guerra
      non mi appartiene

      Era già lì
      quando son nata
      senza saperlo
      io l’ho finanziata

      Ogni volta che compro
      qualcosa distratta
      dando potere
      ai grandi in cravatta

      che sono i padroni
      dei nostri conti correnti
      e sotto le macerie
      a pagarne il prezzo
      ci son sempre gli innocenti

      Questo è un canto
      di rassegnazione
      perché non vale parola
      senza un’azione

      Questo è un canto
      che si appella all’amore
      che Cristo ha abitato
      nella legge del cuore

      Che se Dio si è nascosto
      tra quelle anime morte
      incarnate per uno scempio
      per un mondo e la sua sorte

      Un Dio che sembra assente
      da chi ormai sa solo delegare
      ma che si fa sempre trovare
      da quelli che lo sanno cercare

      Questo è un canto
      di consolazione
      che non ha torto
      e nemmeno ragione

      Questo è un canto
      per cambiare dentro
      ogni singola azione
      con chi mi vive accanto

      Per ogni bimbo che muore
      ce n’è uno che nasce
      non c’è bene senza male
      non c’è vita senza morte

      E io vi chiedo perdono
      se il mio tifo si è spento
      rimango custode
      e sveglia e attenta

      #guerre #chanson #musique #musique_et_politique #contre_la_guerre

  • Des enregistrements en 2023

    Des disques et des musiques récentes. Prendre le temps de s’arrêter, d’écouter des albums. S’éloigner des critères privilégiés par des commerçants, rarement disquaires, ou des productions des majors…
    De multiples éditeurs nous permettent d’écouter des musiques et non de la programmation « profitable ». Quelques disques enregistrés, ici en 2023 au hasard des écoutes.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/02/28/des-enregistrements-en-2023

    #musique #jazz