#mystification

  • Ecco quello che hanno fatto davvero gli italiani “brava gente”

    In un libro denso di testimonianze e documenti, #Eric_Gobetti con “I carnefici del duce” ripercorre attraverso alcune biografie i crimini dei militari fascisti in Libia, Etiopia e nei Balcani, smascherando una narrazione pubblica che ha distorto i fatti in una mistificazione imperdonabile e vigliacca. E denuncia l’incapacità nazionale di assumersi le proprie responsabilità storiche, perpetuata con il rosario delle “giornate della memoria”. Ci fu però chi disse No.

    “I carnefici del duce” è un testo che attraverso alcune emblematiche biografie è capace di restituire in modo molto preciso e puntigliosamente documentato le caratteristiche di un’epoca e di un sistema di potere. Di esso si indagano le pratiche e le conseguenze nella penisola balcanica ma si dimostra come esso affondi le radici criminali nei territori coloniali di Libia ed Etiopia, attingendo linfa da una temperie culturale precedente, dove gerarchia, autoritarismo, nazionalismo, militarismo, razzismo, patriarcalismo informavano di sé lo Stato liberale e il primo anteguerra mondiale.

    Alla luce di tali paradigmi culturali che il Ventennio ha acuito con il culto e la pratica endemica dell’arbitrio e della violenza, le pagine che raccontano le presunte prodezze italiche demoliscono definitivamente l’immagine stereotipa degli “italiani brava gente”, una mistificazione imperdonabile e vigliacca che legittima la falsa coscienza del nostro Paese e delle sue classi dirigenti, tutte.

    Anche questo lavoro di Gobetti smaschera la scorciatoia autoassolutoria dell’Italia vittima dei propri feroci alleati, denuncia l’incapacità nazionale di assumere le proprie responsabilità storiche nella narrazione pubblica della memoria – anche attraverso il rosario delle “giornate della memoria” – e nell’ufficialità delle relazioni con i popoli violentati e avidamente occupati dall’Italia. Sì, perché l’imperialismo fascista, suggeriscono queste pagine, in modo diretto o indiretto, ha coinvolto tutta la popolazione del Paese, eccetto coloro che, nei modi più diversi, si sono consapevolmente opposti.

    Non si tratta di colpevolizzare le generazioni (soprattutto maschili) che ci hanno preceduto, afferma l’autore,­ ma di produrre verità: innanzitutto attraverso l’analisi storiografica, un’operazione ancora contestata, subissata da polemiche e a volte pure da minacce o punita con la preclusione da meritate carriere accademiche; poi assumendola come storia propria, riconoscendo responsabilità e chiedendo perdono, anche attraverso il ripudio netto di quel sistema di potere e dei suoi presunti valori. Diventando una democrazia matura.

    Invece, non solo persistono ambiguità, omissioni, false narrazioni ma l’ombra lunga di quella storia, attraverso tante biografie, si è proiettata nel secondo dopoguerra, decretandone non solo la radicale impunità ma l’affermarsi di carriere, attività e formazioni che hanno insanguinato le strade della penisola negli anni Settanta, minacciato e condizionato l’evolversi della nostra democrazia.

    Di un sistema di potere così organicamente strutturato – come quello che ha retto e alimentato l’imperialismo fascista – pervasivo nelle sue articolazioni sociali e culturali, il testo di Gobetti ­accanto alle voci dei criminali e a quelle delle loro vittime, fa emergere anche quelle di coloro che hanno detto no, scegliendo di opporsi e dimostra che, nonostante tutto, era comunque possibile fare una scelta, nelle forme e nelle modalità più diverse: dalla volontà di non congedarsi dal senso della pietà, al tentativo di rendere meno disumano il sopravvivere in un campo di concentramento; dalla denuncia degli abusi dei propri pari, alla scelta della Resistenza con gli internati di cui si era carcerieri, all’opzione netta per la lotta di Liberazione a fianco degli oppressi dal regime fascista, a qualunque latitudine si trovassero.

    È dunque possibile scegliere e fare la propria parte anche oggi, perché la comunità a cui apparteniamo si liberi dagli “elefanti nella stanza” – così li chiama Gobetti nell’introduzione al suo lavoro –­ cioè dai traumi irrisolti con cui ci si rifiuta di fare i conti, che impediscono di imparare dai propri sbagli e di diventare un popolo maturo, in grado di presentarsi con dignità di fronte alle altre nazioni, liberando dalla vergogna le generazioni che verranno e facendo in modo che esse non debbano più sperimentare le nefandezze e i crimini del fascismo, magari in abiti nuovi. È questo autentico amor di patria.

    “I carnefici del duce” – 192 pagine intense e scorrevolissime, nonostante il rigore della narrazione,­ è diviso in 6 capitoli, con un’introduzione che ben motiva questa nuova ricerca dell’autore, e un appassionato epilogo, che ne esprime l’alto significato civile.

    Le tappe che vengono scandite scoprono le radici storiche dell’ideologia e delle atrocità perpetrate nelle pratiche coloniali fasciste e pre-fasciste; illustrano la geopolitica italiana del Ventennio nei Balcani, l’occupazione fascista degli stessi fino a prospettarne le onde lunghe nelle guerre civili jugoslave degli anni Novanta del secolo scorso; descrivono la teoria e la pratica della repressione totale attuata durante l’occupazione, circostanziandone norme e regime d’impunità; evidenziano la stretta relazione tra la filosofia del regime e la mentalità delle alte gerarchie militari.


    Raccontano le forme e le ragioni dell’indebita appropriazione delle risorse locali e le terribili conseguenze che ne derivarono per le popolazioni, fino a indagare l’inferno, il fenomeno delle decine e decine di campi d’internamento italiani, di cui è emblematico quello di Arbe. Ciascun capitolo è arricchito da una testimonianza documentaria, significativa di quanto appena esposto. Impreziosiscono il testo, oltre ad un’infinità di note che giustificano quasi ogni passaggio – a riprova che nel lavoro storiografico rigore scientifico e passione civile possono e anzi debbono convivere – una bibliografia e una filmografia ragionata che offrono strumenti per l’approfondimento delle questioni trattate.

    https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/ecco-quello-che-hanno-fatto-davvero-gli-italiani-brava-gente
    #Italiani_brava_gente #livre #Italie #colonialisme #fascisme #colonisation #Libye #Ethiopie #Balkans #contre-récit #mystification #responsabilité_historique #Italie_coloniale #colonialisme_italien #histoire #soldats #armée #nationalisme #racisme #autoritarisme #patriarcat #responsabilité_historique #mémoire #impérialisme #impérialisme_fasciste #vérité #résistance #choix #atrocités #idéologie #occupation #répression #impunité #camps_d'internement #Arbe

    –-

    ajouté à la métaliste sur le colonialisme italien:
    https://seenthis.net/messages/871953

    • I carnefici del Duce

      Non tutti gli italiani sono stati ‘brava gente’. Anzi a migliaia – in Libia, in Etiopia, in Grecia, in Jugoslavia – furono artefici di atrocità e crimini di guerra orribili. Chi furono ‘i volenterosi carnefici di Mussolini’? Da dove venivano? E quali erano le loro motivazioni?
      In Italia i crimini di guerra commessi all’estero negli anni del fascismo costituiscono un trauma rimosso, mai affrontato. Non stiamo parlando di eventi isolati, ma di crimini diffusi e reiterati: rappresaglie, fucilazioni di ostaggi, impiccagioni, uso di armi chimiche, campi di concentramento, stragi di civili che hanno devastato intere regioni, in Africa e in Europa, per più di vent’anni. Questo libro ricostruisce la vita e le storie di alcuni degli uomini che hanno ordinato, condotto o partecipato fattivamente a quelle brutali violenze: giovani e meno giovani, generali e soldati, fascisti e non, in tanti hanno contribuito a quell’inferno. L’hanno fatto per convenienza o per scelta ideologica? Erano fascisti convinti o soldati che eseguivano gli ordini? O furono, come nel caso tedesco, uomini comuni, ‘buoni italiani’, che scelsero l’orrore per interesse o perché convinti di operare per il bene della patria?

      https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858151396
      #patrie #patriotisme #Grèce #Yougoslavie #crimes_de_guerre #camps_de_concentration #armes_chimiques #violence #brutalité

  • La crise de la vérité

    Johannes Vogele

    https://lavoiedujaguar.net/La-crise-de-la-verite

    http://www.palim-psao.fr/2021/04/la-crise-de-la-verite-par-johannes-vogele.html#_ftnref3

    L’action ne se passe nulle part, c’est-à-dire dans le monde réel. L’année 2020 n’a pas seulement été celle de la redécouverte de la pandémie, mais aussi un grand festival de théories du complot, dans toutes leurs diversités et sensibilités. Non pas que ces formes d’interprétation de la réalité soient nouvelles ; elles s’inscrivent dans une longue histoire, ont certainement une préhistoire et sans doute de l’avenir.

    À une époque où l’idée même de vérité est déjà bien abîmée, où les explications, les promesses et autres prévisions de la part des « sources autorisées » ont du plomb dans l’aile et où l’idée de l’avenir est devenue une question de croyance, le marché aux récits « alternatifs » est devenu florissant. Puisque la vérité sortant de la bouche des politiques, des économistes et des scientifiques a perdu le statut de la parole de l’oracle, il s’agit de chercher ailleurs et, surprise, l’offre dépasse tous les espoirs. De l’autre côté, l’on s’offusque : la démocratie, la science sont attaquées et comme un seul homme, nous devons les protéger à nos corps défendant. La critique si nécessaire de freedom and democracy, de l’idéologie et de la pratique dominantes, éveille aujourd’hui le soupçon de conspiration contre la sécurité de l’État et de la société. Et nous voilà enfermé·e·s à nouveau dans la binarité caractérisant toute la modernité capitaliste : démocratie ou dictature, Bien ou Mal, les Lumières ou l’obscurité. Ce texte tente de comprendre sur quel terrain commun ces ennemi·e·s juré·e·s se placent et si une critique dialectique peut — sinon en finir tout de suite — au moins déstabiliser des formes de pensée se croyant indépassables. (...)

    #crise #vérité #complotisme #conspiration #mystification #capitalisme #racisme #antisémitisme #sorcières #pogroms #Thomas_Mann #QAnon

  • « Guerres culturelles » : les #sciences_sociales sont prises pour cibles du #Brésil à la #Pologne

    En Amérique du Sud ou en Europe, les universitaires qui travaillent dans des champs attaqués par les conservateurs, comme les #études_de_genre, se retrouvent en première ligne. Parmi eux, la Brésilienne #Marcia_Tiburi, exilée en France, qui juge, malgré tout, nécessaire « de construire une #culture_du_dialogue avec les différences ».

    Comment parler à un fasciste ? C’est le titre, surprenant à première vue, qu’a donné l’universitaire brésilienne Marcia Tiburi à l’un de ses nombreux ouvrages. Un titre bien optimiste puisque de #dialogue, il n’en a pas été question : à partir de la publication de ce livre en 2015, elle a été la cible d’une campagne de #dénigrement et de #violences menée par l’#extrême_droite.

    Cette artiste, universitaire, féministe, engagée en politique avec le Parti des travailleurs (PT) – et qui avait dénoncé le coup d’État contre Dilma Roussef en 2016 – a même dû quitter son pays en 2018, juste avant l’arrivée au pouvoir du funeste Jair #Bolsonaro.

    C’est qu’elle s’était lancée, quelques semaines avant, dans la campagne pour le poste de gouverneure de Rio de Janeiro, « avec l’espoir que tout allait changer ». « J’ai conduit un véhicule blindé pendant la campagne, mais quand le PT a perdu, il n’y avait plus moyen de continuer dans le pays, car il n’y avait plus d’espoir. »

    Elle a été harcelée à l’université, a subi des #accusations calomnieuses. « En 2018, j’ai été victime d’une #embuscade_médiatique dans une station de radio où je donnais une interview. Un groupe fasciste appelé #MBL [#Mouvement_Brésil_libre], financé par des hommes d’affaires nationaux et internationaux, a envahi l’espace où je donnais une interview avec des téléphones connectés pour filmer ma réaction. Je suis partie, mais le lendemain, une campagne de #diffamation, avec de fausses nouvelles, des vidéos et affiches numériques a été lancée contre moi et se poursuit jusqu’à aujourd’hui », explique-t-elle.

    Elle vit désormais en France. Elle a été accueillie par l’université Paris VIII et a obtenu une bourse dans le cadre du programme #Pause (#Programme_national_d’accueil_en_urgence_des_scientifiques_en_exil), après un passage par les États-Unis dans une institution protégeant les écrivains persécutés.

    Le Brésil peut être vu comme un laboratoire de malheur, la vitrine des dégâts que la #politique_de_haine mise en œuvre aujourd’hui par l’extrême droite et relayée par la puissance des réseaux sociaux et des médias de masse peut causer à l’un des piliers de la démocratie, la #liberté_académique (lire ici son analyse publiée par l’Iris).

    De l’expérience de Marcia Tiburi, on retient aussi que dans ces « #guerres_culturelles », les universitaires se retrouvent en première ligne. En particulier ceux qui, comme elle, travaillent dans les sciences sociales et dans des champs pris pour cibles par les conservateurs, en particulier les études de genre.

    « Il s’agit d’une #offensive_néolibérale, juge-t-elle. Le cas du Brésil montre clairement que le #fascisme a été déployé comme une #technologie_politique au service du #néolibéralisme. Bolsonaro n’est qu’un épouvantail dans la #plantation_coloniale (malheureusement, mon pays a encore toutes les caractéristiques d’une #colonie), son but et son rôle sont de maintenir les gens hypnotisés et effrayés. »

    À des milliers de kilomètres du Brésil (où le gouvernement coupe dans les fonds destinés à la philosophie pour les réorienter vers les sciences dures jugées plus « utiles »), le continent européen n’est pas épargné. En #Pologne, en #Hongrie ou en #Italie, des chercheuses et des chercheurs sont victimes de cette offensive contre la liberté académique de la part de pouvoirs qui cherchent à imposer leur vision des sciences.

    À #Vérone, petite ville italienne célèbre pour la pièce de Shakespeare Roméo et Juliette, #Massimo_Prearo, qui travaille sur la #sociologie politique du genre et de la #sexualité, s’est retrouvé dans une tempête médiatique et politique pour avoir voulu organiser en 2018 une journée d’études intitulée « Demandeurs d’asile, orientation sexuelle et identité de genre ».

    La Ligue du Nord de Matteo Salvini venait d’accéder au pouvoir dans un gouvernement de coalition avec le Mouvement Cinq Étoiles. « Il y a eu une réaction très forte de la droite et de l’extrême droite qui s’opposaient à ce que ce sujet soit abordé à l’université, nous accusant d’utiliser des arguments idéologiques et non universitaires, et de vouloir imposer la dictature des études de genre et des questions #LGBT », explique Massimo Prearo.

    Plus inquiétant encore, à l’époque, le président de l’université avait cédé à cette pression en décidant de suspendre le colloque, au motif qu’il existait des risques pour les participants. Finalement, la mobilisation, qui s’est traduite par des manifestations et une pétition internationale, a payé : le président est revenu sur sa décision.

    Depuis 2013, les études de genre sont en Italie dans le viseur du camp conservateur. Si cette année-là est un tournant, c’est que trois projets de loi présentés par le gouvernement de centre-gauche sont alors débattus au Parlement : un légalisant le mariage entre personnes de même sexe, un contre l’homophobie et un dernier ouvrant la voie au financement des études de genre à l’école.

    Tous trois déclenchent d’intenses débats dans la société italienne, qui mettent au premier plan les chercheurs dont ces sujets sont la spécialité.

    « En raison de la traduction politique du travail que nous effectuions depuis des années, nous avons été accusés par ceux qui s’opposaient à ces projets de loi de les avoir promus. Nous avons également été accusés de profiter de l’argent public pour promouvoir des lois qui divisent la société », témoigne Massimo Prearo.

    Bref, les concepts circulent, mais lorsqu’ils quittent l’espace académique pour la sphère publique, les chercheurs sont pris à partie et finissent par trinquer. On leur reproche de manquer d’#objectivité ou de verser dans l’#idéologie – l’idéologie étant le discours de l’autre lorsqu’il s’agit de le disqualifier. Avant les études de genre, ce sont les #études_féministes qui avaient dû subir ce type d’attaques dans les années 1990, explique Massimo Prearo.

    « Pas d’autre moyen que de construire une culture du dialogue avec les différences »

    Plus au nord, en Pologne, les études de genre ou les droits des LGBT+ sont également ciblés par le gouvernement du parti Droit et justice (PiS), qui cherche non seulement à imposer sa vision de l’histoire mais aussi, plus largement, à dicter ses vues sur les sciences sociales, au nom d’un #intégrisme_catholique. Comme l’explique un universitaire polonais qui a requis l’anonymat de peur des représailles, la chose s’est faite en deux temps : le pouvoir polonais a commencé par fusionner le ministère de l’éducation et celui des sciences et de l’enseignement supérieur.

    Puis, sous l’égide de ce super-ministère, un nouveau système d’évaluation scientifique des universitaires a été mis en place, reposant sur un système à points. Dans la liste des publications auxquelles seraient attribués des points, ont subitement surgi « plus de 70 nouvelles revues catholiques qui ne répondent pas aux normes des #revues universitaires » et auxquelles sont accordés « plus de points que de nombreuses autres revues réellement universitaires ». « Puisque nous vivons et travaillons dans le système “publier ou périr”, et que nous sommes évalués sur la base des points obtenus par les publications, la conclusion est évidente. Sur la base de cette évaluation, nous pouvons/ne pouvons pas être licenciés ou nous pouvons/ne pouvons pas être promus au rang de docteur ou de professeur. »

    Un « #agenda_catholique_fondamentaliste » est donc à l’ordre du jour, sous la houlette du super-ministre Przemysław #Czarnek. « Il a initié les changements dans les programmes et les livres scolaires, en effaçant les figures et les événements historiques qui ne correspondent pas à la “politique historique” promue par le ministère de la justice (c’est-à-dire en effaçant ou en diminuant le rôle de #Lech_Walesa dans le processus de rupture du système communiste en Pologne) », explique ce chercheur.

    Par ailleurs, les « #créationnistes », qui croient que leur Dieu est à l’origine de l’univers, ont porte ouverte et l’#éducation_sexuelle est interdite dans les écoles. Pour couronner le tout, à l’université, une nouvelle discipline scientifique a été introduite : la #science_de_la_famille !

    Pour ce chercheur polonais, l’objectif est tout simplement de « détruire ou de discréditer l’#élite_universitaire, les #intellectuels, qui représentent le groupe d’opposition le plus dangereux ».

    Alors que faire ? Dans son ouvrage de 2015 (Comment parler avec un fasciste ?, paru aux éditions Record en portugais, trois ans plus tard, en espagnol chez Akal, et qui paraîtra en anglais cet été), extrêmement stimulant pour ceux qui tentent de se débarrasser du spleen qui nous assaille, Marcia Tiburi plaide pour une #politique_de_l’amour face aux campagnes de #haine, relayées par les #réseaux_sociaux.

    Prenant pour cible le fascisme qui revient, recyclé par un néolibéralisme aux abois, elle espère l’avènement d’un dialogue véritable, à l’opposé des débats de confrontation qui ont essaimé sur les écrans de médias hystérisés ; un dialogue véritable qui nous permette d’écouter l’autre, car, dit-elle, « le dialogue est une aventure dans l’inconnu ».

    « De la possibilité de perforer le blindage fasciste au moyen du dialogue dépend notre survie comme citoyen », explique-t-elle. Il est aussi beaucoup question, dans son ouvrage, des réseaux sociaux et des médias tels que Fox News qui se nourrissent du ressentiment et en ont fait un fonds de commerce.

    Alors, quelle n’a pas été sa stupeur lorsque Marcia Tiburi a vu dans son pays d’accueil les attaques menées contre l’université par des ministres français, celui de l’éducation nationale Jean-Michel #Blanquer et celle des universités Frédérique #Vidal. « J’ai vraiment #peur, dit-elle, parce que la France, où je suis accueillie et envers laquelle j’éprouve la plus profonde gratitude et le plus grand respect pour le monde universitaire, ne peut pas être victime de ce genre de #mystification et de #populisme. J’ai perçu [les attaques de Blanquer et Vidal] comme un manque total de #respect, une #violence_symbolique et un #abus_épistémologique contre les professeurs et toute la communauté académique. »

    Pour #Eric_Fassin, professeur à l’université Paris VIII au département de science politique et à celui des études de genre, même s’il faut se garder de généraliser en rapprochant des situations qui présentent des niveaux de gravité différents, « il n’y a plus d’un coté les pays où l’on est protégé et d’un autre côté ceux où l’on serait exposé ». Pointant « l’#anti-intellectualisme des régimes néolibéraux », il estime qu’« on n’est plus sûr de qui est à l’abri et pour combien de temps ». « C’est relativement nouveau », souligne-t-il, en jugeant indispensable « une #internationalisation_de_la_solidarité ».

    Depuis 2015, Marcia Tiburi a écrit trois autres essais sur le Brésil, dont Ridicule politique (2017) et Le Délire du pouvoir (2019). On l’interroge sur l’ironie de son titre Comment parler avec un fasciste ?, au vu de sa situation actuelle. « L’échec nous appartient à tous, répond-elle. Mais je ne vois pas d’autre moyen que de construire une culture du dialogue avec les différences. C’est la façon de soutenir les droits fondamentaux. »

    Dans un laboratoire, on mène toutes sortes d’expériences. Certaines réussissent, d’autres non. Dans celui du Brésil, il faut espérer que Jair Bolsonaro échoue. Et que Marcia Tiburi réussisse.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/130321/guerres-culturelles-les-sciences-sociales-sont-prises-pour-cibles-du-bresi
    #université #solidarité

    ping @isskein @karine4

  • Don Juanito, le blog : LA VIE SECRÈTE DE CARLOS CASTANEDA
    http://magick-instinct.blogspot.com/2019/02/la-vie-secrete-de-carlos-castaneda.html

    Il s’agit de la première biographie en espagnol de Castaneda, la plus complète réalisée à ce jour. Biographie d’une esquive où abondent chausse-trapes et fausses pistes, contraignant souvent Carballal à rebrousser chemin, déçu et découragé. L’auteur reconstitue un puzzle d’une incroyable complexité et n’affirme rien qui ne soit très solidement étayé, minutieusement corroboré. De son propre aveu, cette recherche a été la plus difficile et la plus pénible de sa carrière d’enquêteur. Sans le triste souvenir de son amie Concha Labarta, Manuel Carballal aurait abandonné ce travail harassant au terme de la deuxième année. L’enquête a finalement duré 5 ans et coûté à son auteur jusqu’au dernier centime de ses économies. Elle l’a conduit à travers six pays et mené à des entretiens inédits : les familles des disparues, la sœur de Castaneda, ses amis d’enfance, Byron de Ford son colocataire lorsqu’arrivé à Los Angeles, celui que ses proches surnommaient Cesar el negro ou Fashturito, devenu Carlos, vivait de petits boulots et partageait son appartement où l’on débattait déjà de choses mystérieuses. Le document se lit comme un roman policier, avec la hâte constante de lire la suite. Un début laborieux résume l’ensemble des livres de Castaneda et de ses disciples directs, mais j’ai dévoré le tout en trois jours, c’est dire ! J’ai pris contact avec Manuel Carballal pour lui signaler une petite erreur ethnographique - la seule, un exploit vu la masse d’informations qu’il lui fallait coordonner - et lui demander l’autorisation d’utiliser les documents illustrant le présent article.

    En français, nous disposons du travail de Christophe Bourseiller, Carlos Castaneda, la vérité du mensonge, ouvrage bien construit ayant fort déplu aux adeptes mais que je trouvais pour ma part encore trop complaisant et enclin à l’excuse culturelle, à l’indulgence abstraite, traits communs à de nombreux artistes commentant l’oeuvre tels le cinéaste Jodorowsky ou le prix Nobel Octavio Paz. C’est que nous avions tellement envie d’y croire, de sauver ça et là quelque bout d’authentique. Toutefois, peut-on encore relativiser après tous ces morts, toutes ces vies brisées sans pitié aucune ? C’est que le livre de Bourseiller date de 2005 et ne tient pas compte des révélations et documents mis au jour entre-temps. Afin de mieux comprendre ce qui fait l’originalité du travail de Carballal, il est indispensable de souligner quels sont les atouts forts de l’auteur et pourquoi il fallait que ce fût lui et nul autre qui étudiât la question.

    #Carlos_Castaneda #manipulation_mentale #mystification #fakelore #psychedélisme #new_age

  • Le « #Grand_Débat » ou quand l’idéologie s’ignore | AOC media - Analyse Opinion Critique
    https://aoc.media/opinion/2019/02/18/grand-debat-lideologie-signore

    Lecture chaudement recommandée (AOC offre la lecture gratuite de 3 articles par mois, moyennant la création d’un compte lecteur – et la réception régulière de messages, lettres et autres offres…)

    Versant numérique du « Grand Débat National », un questionnaire a été mis en ligne. Mais pourquoi ces questions ? Pourquoi celles-ci plutôt que d’autres, différemment formulées, autrement conçues et articulées ? S’écartant prudemment des tentations de l’imagination créatrice et de l’inventivité sociale, leur rhétorique reste prisonnière d’un objectif de légitimation des politiques menées. Deux hauts fonctionnaires tentent de mettre à jour quelques-uns des ressorts plus ou moins conscients qui sous-tendent l’idéologie à l’œuvre dans cet ensemble de questions, et de réponses suggérées.
    […]
    Il nous a semblé d’utilité publique de mettre à jour ici quelques-uns des ressorts plus ou moins conscients qui sous-tendent la rhétorique de ces questionnaires.

    Nous avons conscience qu’il y a là matière à travail pour des générations de sociologues et de psychologues des phénomènes sociaux. Les biais cognitifs ne manquent pas – tant pour énoncer les questions que pour interpréter ensuite les réponses qui leur auront été données. Tâcher d’identifier le plus grand nombre possible de ces biais représente une première étape de l’indispensable travail critique qui ne doit jamais cesser d’être mené dans une démocratie. Diffuser le résultat de ce travail pour inviter le plus grand nombre à y contribuer en est une autre.

    C’est pourquoi il nous a semblé d’utilité publique de mettre à jour ici quelques-uns des ressorts plus ou moins conscients qui sous-tendent la rhétorique de ces questionnaires. En manière d’esquisse pour un décryptage ironique du grand questionnaire, voici quelques exemples de formulations orientées, particulièrement prégnantes dans les deux chapitres dédiés à l’organisation de l’État d’une part, et aux finances publiques d’autre part. Il resterait à faire l’autopsie complète de l’ensemble des fiches thématiques, voire à créer un « contre-questionnaire » – mais quelle formation politique s’y risquera ?

    • Au fil de la lecture,…

      L’analyse que faisait Pierre Bourdieu de cet « effet d’imposition de problématique » reste plus que jamais pertinente, et nous ne résistons pas au plaisir de rappeler ce que l’Antéchrist des conservateurs de tout poil écrivait dans « L’opinion publique n’existe pas » : « En fait, ce qui me paraît important, c’est que l’enquête d’opinion traite l’opinion publique comme une simple somme d’opinions individuelles, recueillies dans une situation qui est au fond celle de l’isoloir, où l’individu va furtivement exprimer dans l’isolement une opinion isolée. Dans les situations réelles, les opinions sont des forces et les rapports d’opinions sont des conflits de force entre des groupes. » Imposant des problématiques, mettant en demeure de répondre à des questions que l’on ne s’était pas posées ou à tout le moins pas dans la forme exigée, ces questionnaires qui se prétendent objectifs demeurent, irréductiblement, des moyens par lesquels une subjectivité particulière vient vampiriser un réel qui n’en demandait pas tant et qui ne cesse, en dépit de tous les efforts de ceux qui tentent de l’encager pour le neutraliser, de déborder des « cases » et autres typologies auxquelles on cherche à l’assigner.

    • Magie de l’intelligence collective. Ce sont ces textes découvert et amenés par Simplicissimus, Dror, etc... dont nous avons [énormément] besoin en ce moment, pour penser, réfléchir, échanger, avancer Et j’espère un jour provoquer un changement dans les mentalités et disqualifier les idées reçues.

    • Il y a tellement de signalements à lire ici qu’on y passerait la journée (bonjour le retard dans les projets) mais j’essaye de lire un texte par jour. Aujoud’hui celui-ci (merci 7h36). Et merci Simplicissimus.

      Très long texte, passionnant, mais presque tout est dit dans le premier paragraphe :

      « Face à un mouvement des « gilets jaunes » dont nombre de participants proclament leur volonté de se réapproprier la parole et l’action politiques, la réponse apportée sous la forme du « grand débat national » est celle d’une délibération organisée par le haut. À la remise en cause de la légitimité de la démocratie représentative, il s’agirait de répondre par un grand exercice « participatif » … dont les conditions sont définies par le pouvoir en place. Lorsque les citoyens ne se sentent pas suffisamment représentés, la tâche du pouvoir politique et des institutions serait de s’abaisser jusqu’à eux pour leur donner la parole – sous conditions. S’exprime ici une vision de la démocratie dans laquelle le citoyen n’est légitime à prendre la parole que dans un cadre imposé, toute autre prise de parole étant immédiatement assimilée à une forme d’expression antidémocratique et, en tant que telle, violente. »

  • "Ce n’est pas parce que des émeutes visent les gouvernements en place qu’elles portent en germe « l’Anarchie » ou la fin d’une domination."

    "Comme la radicalité des actes ne se suffisent pas à elle-même, la participation ou la non-participation au mouvement ne se suffisent pas à elles-mêmes. La question serait plutôt : y participer pour y faire quoi ? ou ne pas y participer pour faire quoi à la place ? "

    "Si l’objectif est d’en finir avec l’autorité, alors il faut admettre qu’il n’y aura pas UN conflit décisif mais une conflictualité permanente à entretenir pour permettre l’auto-émancipation de chacun.e en fonction des dominations qu’iels subit. L’hypothèse, encore si lointaine, d’une fin de la domination salariale et des injustices économiques ne suffirait pas à résoudre l’ensemble des problèmes liés à l’autorité. C’est pour cela que les mythes de la « France », du « peuple » et du « Grand Soir » (aujourd’hui remplacé par un messianisme révolutionnaire régénéré) sonnent à l’oreille comme des rappels à l’ordre. N’oublions pas que seules l’auto-organisation des concerné.e.s, les pratiques de non-mixité et la conflictualité permanente permettront, à terme, d’endiguer les multiples facettes de l’autorité."

    https://sauvageries.home.blog/2019/01/13/heroisme-et-mysthification

    #ChristopheDettinger #GiletsJaunes #héroïsme #mystification #réflexion #UltraGauche ##révolution #AutoEmancipation

  • Perdre la #Terre ou non - Le Courrier
    https://lecourrier.ch/2018/09/16/perdre-la-terre-ou-non

    Alexandre Chollier analyse le récent et fameux article du NYT, « Losing Earth »,

    Que se passe-t-il lorsque nous prenons nos distances avec un tel discours, celui de Rich ou un autre ? Eh bien nous remarquons que, dans ce type de récits, ne s’opposent pas tant l’inaction à l’action, le fatalisme à la volonté, que deux types antagonistes d’actions.

    L’épilogue de « Losing Earth » est à cet égard instructif. A vrai dire, le titre de l’article imprègne bien peu ces lignes où l’on comprend subitement que nombre de solutions s’offrent à nous. Nous qui pensions à sa lecture qu’il n’y avait plus rien à faire, que l’inertie de la pollution carbonée interdisait tout espoir de contenir le réchauffement en dessous de deux degrés, nous apprenons tout à coup que les « taxes carbone, l’augmentation des investissements dans les énergies renouvelables et nucléaire ainsi que dans les technologies de décarbonisation » sont des solutions envisageables. Peut-être même les solutions tout court. Un point de vue que James Hansen partage quand il confie : « D’un point de vue technologique et économique, il est encore possible de rester sous la barre des deux degrés. » Et Rich de renchérir : « Nous pouvons faire confiance à la technologie et à l’économie. Il est par contre plus difficile de faire confiance à la nature humaine. »

    En racontant l’épisode tragique d’un rendez-vous manqué avec l’histoire et en désignant la nature humaine comme unique responsable, l’enquête de Nathaniel Rich porte le sceau d’un autre combat. Un combat où technologie et économie tiennent le haut du pavé. Un combat où il n’est plus question de climato-scepticisme mais de climato-réalisme. Un combat mené contre la nature et peut-être même contre ceux qui s’évertueraient à la protéger. Enfin, et surtout, un combat contre le #politique. Car, comme le rappelle avec force Andreas Malm, « la pensée du changement climatique fondée sur l’espèce conduit à la #mystification et à la paralysie politique. Elle ne peut pas servir de base à la contestation des intérêts particuliers du business-as-usual indissociable de l’économie fossile. La lutte pour éviter une succession de chaos et commencer à œuvrer à la stabilisation du #climat nécessiterait sans doute un équipement analytique d’un autre type. » Un autre récit. D’autres actions.

    #économie #technologie

  • What the West Owes Syrians: US and European Arms Sales to the Middle East 2011-2014
    http://www.jadaliyya.com/pages/index/25730/what-the-west-owes-syrians_us-and-european-arms-sa

    The last two years have seen heated debates within Europe and the United States about the costs of hosting Syrian and other refugees. However, there has been almost complete silence about another aspect of their involvement in the conflict: the extent of arms sales to the Middle East. Between 2011 and 2014, and based on conservative estimates, Europe earned twenty-one billion euros from the arms trade to the Middle East while it spent nineteen billion euros on hosting approximately one million Syrian refugees. During that same period, the United States earned at least eighteen billion euros from arms sales, while accepting about eleven thousand refugees. Aware of the consequences of weapons proliferation, European politicians may have opted for a tradeoff: making their taxpayers shoulder the short term cost of hosting refugees in exchange for profits to the arms industry.

  • Le burkini, entre stratégie de #sidération et de #mystification
    https://theconversation.com/le-burkini-entre-strategie-de-sideration-et-de-mystification-64573

    Dans le cas qui nous intéresse, la direction empruntée en cette rentrée des classes politique dénote une convergence d’intérêts flagrante entre des belligérants à l’allure de sparring partners : à l’exécutif, elle permet de masquer – le temps que durera l’effet de sidération – les carences évidentes de son action sur les plans économiques et sociaux ; à l’opposition, elle offre l’occasion (espérée) de déplacer le débat public sur des thèmes de prédilection, qui renforcent (voire qui donnent l’illusion du bien-fondé de) la ligne du désormais ex-chef de parti.

  • À propos de la Commune chinoise

    Ngô Van

    http://lavoiedujaguar.net/A-propos-de-la-Commune-chinoise

    Défense de l’homme, septembre 1961.

    Un fort courant de mystification socialo-politique existe en France, dans les milieux dits de gauche, au sujet des « pays socialistes » et de la Commune chinoise en particulier. Que ce courant s’exprime dans des feuilles bourgeoises telles que L’Express ou France Observateur, ou dans les journaux communistes, c’est dans l’ordre des choses. Mais qu’il s’insinue dans des publications libertaires telles que Défense de l’homme, est un fait alarmant.

    La théorie anarchiste comporte fondamentalement la négation absolue de l’État. Et nous voyons des anarchistes en venir presque à l’éloge de ce qui se passe dans un État totalitaire. (...)

    #Chine #Commune #HerbertRead #anarchisme #mystification

  • J’ai trouvé cette histoire savoureuse dans : Augustin Thierry. Les Grandes mystifications littéraires. [1re-2e série.]. 1911. Chapitre XI La « galéjade » d’un homme de sciences (1844) à partir de la page 229, sur le site de la BNF, bibliothèque Gallica.

    http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k54423726/f246.image.r=Les%20grandes%20mystifications%20litt%C3%A9raires.langFR

    Il s’agit d’un faux document écrit en langue d’oc, plaisanterie d’un grave universitaire toulousain. Le coupable est Horace-Bénédict-Alfred Moquin-Tandon. D’origine protestante. Son papy, le poète Auguste Tandon, auteur d’un recueil de fables provençales, qui élève le jeune orphelin, lui apprend le languedocien. Il apprend la paléographie avec l’archiviste Desmazes, fournit à Raynouard nombre de mots pour son dictionnaire roman-français. Il mène tambour battant des études de science (docteur à 22 ans) et de médecine (docteur à 24 ans), il décroche la chaire de botanique et la direction du Jardin des Plantes de Toulouse. Mais ce professeur très estimé aime aussi la plaisanterie, il décide de faire un faux

    « utilisant sa science des patois locaux, le professeur se mit à la besogne. Six mois plus tard paraissait à Toulouse, chez l’imprimeur Lavergne, le Carya Magalonensis ou Noyer de Maguelonne… spécimen fort exact de la langue romane parlée à Montpellier en 1326 ou 1327, époque où sa physionomie n’était pas encore altérée »

    qui aurait été découvert par hasard. Avec ce faux, Horace couillonne tous les experts et spécialistes de son temps pendant 8 ans, jusqu’à ce qu’il rende publique la supercherie. Cela s’est passé dans les années 1830/40.

    #mystification

  • Big Eyes - Tim Burton (2014)
    http://www.rottentomatoes.com/m/big_eyes

    based on the true story of Walter Keane, who was one of the most successful painters of the 1950s and early 1960s. The artist earned staggering notoriety by revolutionizing the commercialization and accessibility of popular art with his enigmatic paintings of waifs with big eyes. The truth would eventually be discovered though: Keane’s art was actually not created by him at all, but by his wife, Margaret

    https://www.youtube.com/watch?v=2xD9uTlh5hI

    #film #femmes #art #mystification

    • J’ai vraiment adoré ce film. (commentaire inutile)
      Une tragédie sur fond de patriarcat émaillé d’émancipation… le féminisme quoi !
      Burton aura enfin mi une baffe à ces gothiques qui l’adulent et souhaiteraient le ramener avant son introspection. L’écraser à faire et refaire du Burton des débuts.

    • Ben moi, j’ai été déçu, non pas par la qualité même du film, car effectivement, il est plutôt bien foutu, mais, sans revenir au gothique Sleepy Hollow, je m’attendais à un univers à la Big Fish, de l’onirique, du voyage... du Burton quoi.
      Bon, il a changé et je ne reprocherai évidemment jamais à un artiste de changer, mais bon, il était mon réalisateur de films barrés, qui me faisaient voyager.
      Tant pis pour moi...

  • Intrapreneur, le nouveau concept du Medef à destination des jeunes.
    Sabine de Beaulieu de l’Association Jeunesse et Entreprises (présidée par Yvon Gattaz) nous balance ce néologisme de pacotille, loin d’être anodin.

    http://www.franceculture.fr/emission-du-grain-a-moudre-l-ecole-doit-elle-inculquer-l-esprit-d-entr

    A travers AJE le Medef rentre dans l’école pour former des « jeunes employables ».
    Connaissance et savoir ne valent plus grand chose, aujourd’hui il faut de la « performance » : autonomie, responsabilité, initiative pour que le jeune soit « acteur de son emploi ».
    Salarié ça ne suffit plus, en devenant intrapreneur tu te donnes à fond dans « ton » projet et ... c’est le patron qui en tire les bénéfices !

    #mystification #piège_à_cons #Medef #école

    • Interessant de noter les cris de surprise des autres intervenants de l’émission lorsque Sabine de Beaulieu glisse l’air de rien son néologisme (27’25’’) tout le monde est pris de court.
      Derriere cette transformation du langage on voit arriver le Medef avec ses gros sabots : l’intrapreneur c’est le salarié avec une obligation de résultats (par opposition à l’obligation de moyen qui est la règle actuelle)

  • Le « prix Nobel d’économie » : une habile mystification
    http://www.alternatives-economiques.fr/le---prix-nobel-d-economie-----une-habile-mystification_fr_

    contrairement à ce qu’on pense, aucun économiste n’a jamais reçu de prix #Nobel. L’argent qu’ils perçoivent est versé par la Banque centrale de Suède et le prix, instauré en 1969, s’appelle « prix de la Banque centrale de Suède en sciences économiques en mémoire d’Alfred Nobel ». La transformation de cette appellation en « prix Nobel d’économie » relève d’une #mystification, qui trompe les récipiendaires eux-mêmes

  • Le « prix Nobel d’économie » : une habile mystification
    http://www.alternatives-economiques.fr/le---prix-nobel-d-economie-----une-habile-mystification_fr_

    Dès sa création, en 1969, le « prix de la Banque centrale de Suède en sciences économiques en mémoire d’Alfred Nobel » a été confondu avec le prestigieux « prix Nobel ». Des voix s’élèvent depuis pour mettre fin à cette tromperie.

    Chaque année, au moment où les feuilles se détachent des arbres, les médias annoncent en cascade l’attribution des récompenses les plus prestigieuses, les plus convoitées et les plus rémunératrices pour des réalisations scientifiques, littéraires et en faveur de la paix. Ce sont les prix Nobel. Les économistes découvrent à l’occasion celui ou ceux d’entre eux qui ont obtenu cette année-là la faveur de l’Académie royale des sciences de Suède, le prix pouvant être attribué conjointement à deux ou trois personnes. Mais contrairement à ce qu’on pense, aucun économiste n’a jamais reçu de prix Nobel. L’argent qu’ils perçoivent est versé par la Banque centrale de Suède et le prix, instauré en 1969, s’appelle "prix de la Banque centrale de Suède en sciences économiques en mémoire d’Alfred Nobel". La transformation de cette appellation en "prix Nobel d’économie" relève d’une mystification, qui trompe les récipiendaires eux-mêmes (1). Les économistes sont d’ailleurs les seuls à multiplier les livres consacrés à la célébration, et même à l’autocélébration, de leurs "prix Nobel" (voir "Pour en savoir plus").

    Un coup de force
    La création d’un prix en économie est née dans le cerveau de Per Asbrink, gouverneur de la Banque centrale de Suède, qui voulait de cette manière marquer le tricentenaire de cette organisation. Asbrink parvint à associer à son projet trois économistes prestigieux, Assar Lindbeck, Erik Lundberg et Gunnar Myrdal. Ils entreprirent de convaincre la Fondation Nobel et l’Académie royale des sciences de Suède, dont Myrdal était lui-même membre, d’administrer ce prix selon les mêmes procédures que les prix Nobel (voir encadré "Alfred Nobel et son testament"). Plusieurs membres de l’Académie, qui se posaient des questions quant au caractère scientifique de l’économie, étaient très réticents. Mais un intense lobbying vint à bout de ces résistances. L’Académie accepta finalement de gérer le prix de la même manière qu’étaient gérés les prix de physique et de chimie, avec un comité de cinq membres dont le premier président fut Bertil Ohlin.

    La Fondation Nobel, responsable des cérémonies du 10 décembre (voir encadré ci-contre), accepta que l’attribution du prix d’économie se fasse à la même occasion. La Banque centrale de Suède s’engageait de son côté à verser chaque année une somme correspondant au montant du vrai prix Nobel, augmenté de frais d’administration. L’ensemble fut entériné par le Parlement suédois en janvier 1969. Le tour était joué. Ce qui s’appelait officiellement le "prix de la Banque centrale de Suède en sciences économiques en mémoire d’Alfred Nobel" fut instantanément confondu, par les journalistes, le public et les récipiendaires eux-mêmes, avec un véritable prix Nobel.

    #économie
    #prix_Nobel_d'économie
    #mystification