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  • ON NE DISSOUT PAS UN SOULEVEMENT #Composition
    https://bascules.blog/2024/02/03/on-ne-dissout-pas-un-soulevement-composition

    COMPOSITION #Composition, nous préférons ce mot aux métaphores militaires : « alliances », « front ». Celles-ci évoquent des unions utilitaristes où chaque fraction reste campée sur sa position. La « composition », c’est bien plus qu’une jonction éphémère contre un ennemi commun qui tient lieu de figure unificatrice. Les luttes sociales actuelles sont réglées par le rythme de […]

    #Les_Soulèvements_de_la_Terre #Blue_Monk #Edouard_Glissant #On_ne_dissout_pas_un_soulèvement


    https://2.gravatar.com/avatar/2cef04a2923b4b5ffd87d36fa9b79bc27ee5b22c4478d785c3a3b7ef8ab60424?s=96&d=

  • Une enquête pour « apologie du terrorisme » ouverte contre Emilie Gomis - Eurosport
    https://www.eurosport.fr/jeux-olympiques/une-enquete-pour-apologie-du-terrorisme-ouverte-contre-emilie-gomis_sto10005418/story.shtml

    L’ancienne basketteuse avait déjà été déchue de son poste d’ambassadrice au mois de janvier, poussée à se retirer par le COJO, qui avait estimé qu’elle « contrevenait à son devoir de neutralité », et par plusieurs associations luttant contre le racisme et l’antisémitisme (CRIF, Licra SOS Racisme...).

    Emilie Gomis a par la suite présenté plusieurs fois ses excuses, notamment devant le COJO, et aucune association n’avait envisagé de porter son cas devant la justice.

    L’ouverture de cette enquête a donc surpris ses avocats, interrogés par L’Equipe.
    « Cette convocation est proprement ahurissante et totalement fantaisiste, ont ainsi fulminé les avocats d’Émilie Gomis, Mes William Bourdon et Vincent Brengarth. Elle fait face à un véritablement acharnement qui non seulement ne s’explique pas mais qui nuit plus généralement à la cause de la lutte contre le racisme et antisémitisme. »

  • Making sense of #sensemaking
    https://redasadki.me/2024/02/02/making-sense-of-sensemaking

    In her article “A Shared Lens for Sensemaking in Learning Analytics”, Sasha Poquet argues that the field of learning analytics lacks a shared conceptual language to describe the process of sensemaking around educational data. She reviews prominent theories of sensemaking, delineating tensions between assumptions in dominant paradigms. Poquet then demonstrates the eclectic use of sensemaking frameworks across empirical learning analytics research. For instance, studies frequently conflate noticing dashboard information with interpreting its significance. To advance systematic inquiry, she calls for revisiting epistemic assumptions to reconcile tensions between cognitive and sociocultural traditions. Adopting a transactional perspective, Poquet suggests activity #Theory, conceptualizations (...)

    #digital_learning #Oleksandra_Poquet #peer_learning

  • Il nuovo volto del #water_grabbing e la complicità della finanza

    Fondi pensione e società di private equity investono sulla produzione di colture di pregio, dai piccoli frutti alle mandorle, che necessitano abbondanti risorse idriche. Il ruolo del fondo emiratino #Adq che ha acquisito l’italiana #Unifrutti.

    Per osservare più da vicino il nuovo volto del water grabbing bisogna andare nella regione di Olmos, nel Nord del Perù, dove il Public sector pension investment board (Psp), uno dei maggiori gestori di fondi pensionistici canadesi (con un asset di circa 152 miliardi di dollari) ha acquistato nel 2022 un’azienda agricola di 500 ettari specializzata nella coltivazione di mirtilli. Un investimento finalizzato a sfruttare il boom della produzione di questi piccoli frutti, passata secondo le stime della Banca Mondiale dalle 30 tonnellate del 2010 alle oltre 180mila del 2020: quantità che hanno fatto del Paese latino-americano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti.

    Nella regione di Olmos l’avvio di questa coltivazione intensiva è stato reso possibile grazie a un progetto idrico, costato al governo di Lima oltre 180 milioni di dollari, per deviare l’acqua dal fiume Huancabamba verso la costa e migliorare la produzione agricola locale. “Ma il progetto non ha ottenuto i risultati annunciati”, denuncia il report “Squeezing communities dry” pubblicato a metà settembre 2023 da Grain, una Ong che lavora per sostenere i piccoli agricoltori nella loro lotta per la difesa dei sistemi alimentari controllati dalle comunità e basati sulla biodiversità. Chi ha realmente beneficiato del progetto, infatti, sono state le grandi realtà agroindustriali. “Quasi tutta l’acqua convogliata dalle Ande va alle aziende di recente costituzione che producono avocado, mirtilli e altre colture che vengono vendute a prezzi elevati all’estero -continua Grain-. Il progetto, finanziato con fondi pubblici, ha avuto pochi benefici per la popolazione ma ha creato una fonte di profitti per le aziende che hanno accesso libero e gratuito all’acqua e i loro investitori”.

    I protagonisti di questa nuova forma di water grabbing sono fondi pensione, società di private equity e altri operatori finanziari che si stanno muovendo in modo sempre più aggressivo per garantirsi le abbondanti risorse idriche necessarie alla produzione di colture di pregio. A differenza del passato, però, non cercano più di acquisire enormi superfici di terre coltivabili.

    “L’accesso all’acqua è sempre stato un fattore cruciale -spiega ad Altreconomia Delvin Kuyek, ricercatore di Grain e autore dello studio-. Ma negli ultimi anni abbiamo osservato un nuovo modello: investimenti in colture come mirtilli, avocado o mandorle che richiedono meno terra rispetto al grano o alla soia, ma quantità molto maggiori di acqua. A guidare l’investimento, in questo caso, è proprio la possibilità di accedere ad abbondanti risorse idriche per mettere sul mercato prodotti che permettano di generare un ritorno economico importante”. Una forma di sfruttamento che Grain paragona all’estrazione di petrolio: si pompa acqua da fiumi o falde fino all’esaurimento, senza preoccuparsi degli impatti sull’ambiente o dei bisogni della popolazione locale. Gli operatori finanziari, infatti, non prevedono di sviluppare attività produttive sul lungo periodo ma puntano a ritorno sui loro investimenti entro 10-15 anni. Un’altra caratteristica di questi accordi, è che tendono a realizzarsi in località in cui l’acqua è già scarsa o in via di esaurimento.

    Negli ultimi anni il fondo pensionistico canadese ha acquistato direttamente o investito in società che gestiscono piantagioni di mandorle in California, di noci in Australia e California. Mentre in Spagna, attraverso la controllata Hortifruit, è diventato uno dei principali produttori di mirtilli nella regione di Huelva (nel Sud-Ovest del Paese) dove si concentra anche la quasi totalità della coltivazione di fragole spagnole, destinata per l’80% all’export.

    In Perù nel 2020 sono stati prodotte 180mila tonnellate di mirtilli. Numeri che fanno del Paese latinoamericano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti. Nel 2010 erano solo 30

    Tutto questo sta avendo effetti devastanti sulle falde che alimentavano le zone umide della vicina riserva di Doñana, ricchissimo di biodiversità e patrimonio Unesco: un riconoscimento oggi messo a rischio proprio dall’eccessivo sfruttamento idrico. Lo studio “Thirty-four years of Landsat monitoring reveal long-term effects of groundwater abstractions on a World heritage site wetland” pubblicato ad aprile 2023 sulla rivista Science of the total environment, evidenzia come tra il 1985 e il 2018 il 59,2% della rete di stagni sia andata perduta a causa delle attività umane. “Il problema è collegato anche alla produzione di frutti rossi che ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni Ottanta, grazie alla presenza di condizioni climatiche ottimali e a un suolo sabbioso”, spiega ad Altreconomia Felipe Fuentelsaz del Wwf Spagna. Ma la crescita del comparto ha portato a uno sfruttamento eccessivo delle falde, da cui viene prelevata troppa acqua rispetto al tempo che necessitano per rigenerarsi. L’organizzazione stima che nel corso degli anni siano stati scavati più di mille pozzi illegali: “L’80% dei produttori rispetta le norme per l’utilizzo delle risorse idriche, ma il restante 20%, che equivale a circa duemila ettari di terreno, pompa acqua senza averne diritto”, puntualizza Fuentelsaz.

    Questa nuova forma di water grabbing interessa diversi Paesi: dal Marocco (dove il settore agro-industriale pesa per l’85% sul consumo idrico nazionale) al Messico dove è attiva la società di gestione Renewable resources group. Secondo quanto ricostruito da Grain, nel 2018 ha acquisito centomila ettari di terreni agricoli in Messico, Stati Uniti, Cile e Argentina, nonché diritti idrici privati negli Stati Uniti, in Cile e in Australia, generando rendimenti annuali superiori al 20% per i suoi investitori, che comprendono fondi pensione, di private equity e compagnie di assicurazione.

    Tra le società indicate nel report di Grain figura anche Adq, il fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi anni ha effettuato importanti investimenti nel comparto agro-alimentare: attraverso la sua controllata Al Dahra ha acquistato terreni in Egitto, Sudan e Romania. Nel 2020 ha acquisito il 45% di Louis Dreyfus Company, una delle quattro principali aziende che controllano il mercato globale del commercio agricolo. E nel 2022 ha comprato la quota di maggioranza di Unifrutti group, società italiana specializzata nella produzione e nella commercializzazione di frutta fresca con oltre 14mila ettari di terreni tra Cile, Turchia, Filippine, Ecuador, Argentina, Sudafrica e Italia.

    Unifrutti group ha sede fiscale a Cipro, uno dei Paesi dell’Unione europea a fiscalità agevolata che garantiscono vantaggi alle società che vi hanno sede. Ma a sfruttare i benefici sono anche oligarchi russi colpiti dalle sanzioni dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014 e inasprite a seguito dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. A rivelarlo l’inchiesta “Cyprus confidential” pubblicata a novembre dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (Icij)

    “Questi investimenti hanno un doppio obiettivo -spiega ad Altreconomia Christian Henderson, esperto di investimenti agricoli nel Golfo e docente presso l’Università di Leiden nei Paesi Bassi- da un lato, sono orientate a trarre profitto dal commercio internazionale e dalle materie prime. In secondo luogo, si preoccupano di garantire la sicurezza alimentare. Queste due logiche in qualche modo sono intrecciate tra loro, in modo da rendere la sicurezza alimentare redditizia per gli Emirati Arabi Uniti. C’è poi un altro elemento: penso che i Paesi del Golfo siano piuttosto preoccupati dal fatto di essere visti come ‘accaparratori’ di terra. In questo modo, invece, possono affermare di aver effettuato un semplice investimento sul mercato”.

    Fondata dall’imprenditore Guido De Nadai nel 1948 ad Asmara come compagnia di import/export di frutta e verdura, oggi Unifrutti group è una realtà globale “che produce in quattro diversi continenti e distribuisce in oltre 50 Paesi” si legge sul sito. Trecento tipologie di prodotti commercializzati, 14mila ettari di terreni (di proprietà o in gestione) e 12mila dipendenti sono solo alcuni numeri di una realtà che ha ancora la propria sede principale a Montecorsaro, in provincia di Macerata, dove si trova il domicilio fiscale di Unifrutti distribution spa. La società è controllata da Unifrutti international holdings limited, con sede fiscale a Cipro, Paese a fiscalità agevolata. Con l’ingresso di Adq come socio di maggioranza sono cambiati anche i vertici societari: il 13 novembre 2023, ha assunto l’incarico di amministratore delegato del gruppo Mohamed Elsarky che ha alle spalle una carriera ventennale come Ceo per società del calibro di Kellog’s Australia e Nuova Zelanda e Godiva chocolatier e come presidente di United biscuits del gruppo Danone. Mentre Gil Adotevi, chief executive officer per il settore “Food and agriculture” del fondo emiratino Adq, ricopre il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione: “Mentre il Gruppo si avvia verso un nuovo entusiasmante capitolo di crescita -ha dichiarato- siamo certi che la guida e la leadership di Mohamed porteranno l’azienda a realizzare i suoi ambiziosi piani”.

    Nel 2021 il gruppo ha commercializzato circa 620mila tonnellate di prodotti (in primo luogo banane, uva, mele, pere, limoni e arance) registrando un fatturato complessivo di 720 milioni di dollari (in crescita del 2% rispetto al 2020) e un margine operativo lordo di 78 milioni. Una performance estremamente positiva che “si è verificata nonostante le numerose sfide che hanno caratterizzato il perimetro operativo del gruppo a partire dalle condizioni climatiche avverse senza precedenti in Cile e in Italia”. Il Paese latino-americano -principale sito produttivo del gruppo, con oltre seimila ettari di terreno dove si producono mele, uva, pere e ciliegie- è stato infatti colpito per il quarto anno di fila da una gravissima siccità che alla fine del 2021 ha visto 19 milioni di persone vivere in aree caratterizzate da “grave scarsità d’acqua”. Come ricorda Grain nel report “Squeezing communities dry” tutte le regioni cilene specializzate nella produzione di frutta “stanno affrontando una crisi idrica aggravata dalla siccità causata dal cambiamento climatico”.

    https://altreconomia.it/il-nuovo-volto-del-water-grabbing-e-la-complicita-della-finanza
    #eau #agriculture #finance #financiarisation #fonds_de_pension #private_equity #Public_sector_pension_investment_board (#Psp) #petits_fruits #myrtilles #Olmos #Pérou #Huancabamba #industrie_agro-alimentaire #avocats #exportation #amandes #ressources_hydriques #extractivisme #Hortifruit #Huelva #Espagne #fraises #Doñana #fruits_rouges #Maroc #Renewable_resources_group #Mexique #Emirats_arabes_unis (#EAU) #Al_Dahra #Egypte #Soudan #Roumanie #Louis_Dreyfus_Company #Guido_De_Nadai #Chypre #Mohamed_Elsarky #Kellog’s #Godiva_chocolatier #United_biscuits #Danone #Gil_Adotevi #Chili

  • Israel Held 82-year-old Gaza Woman With Alzheimer’s for Two Months as an ’Unlawful Combatant’
    https://www.haaretz.com/israel-news/2024-02-01/ty-article/.premium/israel-held-gaza-woman-82-with-alzheimers-for-two-months-as-an-unlawful-combatant/0000018d-613a-de6e-a79f-73bbc94d0000

    The Israel Defense Forces and the Israel Prison Authority arrested and imprisoned for almost two months an 82-year-old Gaza woman who suffers from Alzheimer’s disease. She was jailed under the Incarceration of Unlawful Combatants Law. Because she was considered an unlawful combatant, Damon Prison in Israel’s north also refused a request by a lawyer from the Israeli organization Physicians for Human Rights to meet with her. She was released two weeks ago after an appeal was filed over the refusal to permit her to meet with the lawyer.

  • Étudiantes en terrain miné

    Si les étudiantes sont 5 fois plus victimes de violences sexistes et sexuelles que la moyenne des femmes, l’université serait-elle un terrain miné ?
    Charlotte Espel donne la parole à 5 étudiantes ou doctorantes, victimes de #harcèlement ou de #viol, qui se battent pour que les violences ne soient plus passées sous silence.

    Les #chiffres sont édifiants. Selon l’Observatoire des violences sexuelles et sexistes dans l’enseignement supérieur, en France, 1 étudiante sur 10 aurait été victime d’#agression_sexuelle lors de ses #études. 1 étudiante sur 20 de viol. 60% des étudiant(e)s ont été victimes ou témoins d’au moins une violence sexiste ou sexuelle. 45% des étudiant(e)s n’ont accès à aucun dispositif de lutte contre les violences ou d’accompagnement au sein de leur établissement.

    Après le scandale « #Sciences_Porcs » début 2021 et les récentes enquêtes ayant dénoncé l’ampleur des viols et agressions sexuelles à Centrale Supelec ou en écoles de commerce, de plus en plus d’étudiant(e)s dénoncent des cas de harcèlement ou d’agressions sexuelles.

    Quelles conséquences sur la psyché humaine ? Comment se reconstruire ? Quelle réponse des pouvoirs publics dans la prévention et le traitement de ces violences ?

    A travers des témoignages poignants, le #documentaire de Charlotte Espel met en lumière ce #drame_sociétal méconnu et le travail de ces associations qui tentent de briser l’#omerta.

    https://www.france.tv/france-3/paris-ile-de-france/la-france-en-vrai-paris-ile-de-france/5678475-etudiantes-en-terrain-mine.html

    #VSS #violences_sexistes #violences_sexuelles #étudiants #étudiantes #université #facs #témoignage #vidéo #documentaire #film_documentaire #ESR

    ping @_kg_

  • “Religion says DO, Jesus says DONE”? – La Vista Church of Christ
    https://www.lavistachurchofchrist.org/cms/religion-says-do-jesus-says-done

    People come up with the strangest viewpoints and don’t realize how unbiblical those ideas are. I keep passing a sign that says the above but offers no scripture reference. Because the Bible is the final authority, I would suggest that both Jesus and His religion say, “Do the will of the Father” (Matthew 7:21f) but false religion says you don’t have to do anything. Besides, the Bible encourages “pure religion” (James 1:27) that Jesus says for us to do. False religion says “It is all done, and there is nothing for you to do.”

    “Not everyone who says to Me, ’Lord, Lord,’ shall enter the kingdom of heaven, but he who does the will of My Father in heaven. Many will say to Me in that day, ’Lord, Lord, have we not prophesied in Your name, cast out demons in Your name, and done many wonders in Your name?’ And then I will declare to them, ’I never knew you; depart from Me, you who practice lawlessness!’” (Matthew 7:21-23 NKJV).

    Jesus says, do!

    #religion #obedience

  • « Pas un #euro aux #nazis d’#Israël » :-D :-D :-D

    Ca vole pas très haut, au niveau des interlocuteurs... particulièrement les #fanatiques #sionistes

    « Pas un #shekel aux nazis de #Gaza » : Israël gèle une partie des fonds de l’#Autorité_palestinienne

    « Israël a gelé le remboursement de plus de 100 millions de dollars appartenant à l’Autorité palestinienne en affirmant que ces fonds auraient pu servir au #Hamas, le mouvement #islamiste qui contrôle la bande de Gaza.

    En Israël, le gouvernement de Benyamin #Netanyahou s’est livré à tour de passe-passe financier. Sous la pression constante de #Bezalel_Smotrich, le ministre des #Finances et chef d’un parti d’#ultradroite, le remboursement de 120 millions de dollars à l’Autorité palestinienne a été gelé sur un compte en Norvège. (...) »

    #politique #occident #monde #marchands_du_temple #marchandage #confiscation #l_argent_ca_va_ca_vient #seenthis #vangauguin

    https://www.marianne.net/monde/proche-orient/pas-un-shekel-aux-nazis-de-gaza-israel-gele-une-partie-des-fonds-de-l-auto

  • La bande de Gaza est devenue « inhabitable », constate la Cnuced
    https://www.rfi.fr/fr/moyen-orient/20240131-en-direct-bande-de-gaza-le-centre-ville-de-khan-youn%C3%A8s-ravag%C3%A9

    L’armée israélienne en action, à la frontière nord de la bande de Gaza, dont on peut apercevoir l’état en arrière-plan, ce mercredi 31 janvier 2024. AFP - JACK GUEZ
    31 janvier 2024 - 17h00

    Les Nations unies dressent un constat accablant de la situation dans la bande de Gaza

    Martin Griffiths, secrétaire général adjoint aux affaires humanitaires et coordonnateur des secours d’urgence de l’ONU, a rendu compte ce mercredi devant le Conseil de sécurité de la situation à Gaza, lors d’une réunion convoquée par l’Algérie. Quatorze des 36 hôpitaux de Gaza sont fonctionnels, dit-il, et seulement partiellement. Ils sont confrontés à de graves pénuries de personnel et de fournitures. Des patients sérieusement blessés, ou malades, ne peuvent plus être soignés à Gaza et doivent être évacués rapidement. M. Griffiths constate que de violents combats se sont poursuivis à proximité des hôpitaux Nasser et al-Amal de Khan Younès, et que les affrontements intenses dans la ville continuent de pousser des milliers de personnes vers Rafah, où déjà plus de la moitié des 2,2 millions d’habitants de Gaza tentent de trouver refuge dans une situation parfaitement délétère. Selon lui, plus de 60% des logements seraient détruits ou endommagés dans toute l’enclave. Ses services estiment que 75% de la population gazaouie a été déplacée. Le secrétaire adjoint rappelle que les fortes pluies inondent les camps de fortune, obligeant les enfants, les parents et les personnes âgées à dormir dans la boue. L’eau potable devient de plus en plus inaccessible, les maladies évitables se développent et continueront à se propager, prévient le dirigeant onusien. Elles deviendront même, prédit-il, la principale cause de mortalité chez les Palestiniens de Gaza si ce n’est déjà le cas. M. Griffith précise par ailleurs que cette situation catastrophique se répercute de manière croissante sur les États limitrophes, en raison des déplacements massifs de Palestiniens vers d’autres pays. « Je tiens également à souligner que toute personne déplacée de Gaza doit avoir le droit de rentrer volontairement, comme l’exige le droit international », conclut le diplomate britannique.

    « La capacité de la communauté humanitaire à apporter des secours à la population de Gaza reste tout à fait insuffisante, et dire qu’elle est tout à fait insuffisante est tout à fait inadéquat. C’est bien plus difficile que ça (...) Nous continuons d’être confrontés au problème du refus par Israël de laisser entrer des éléments indispensables à Gaza, pour des raisons qui, du moins pour nous, sont floues et incohérentes. »

    #ONU

    • Così l’Italia ha svuotato il diritto alla trasparenza sulle frontiere

      Il Consiglio di Stato ha ribadito la inaccessibilità “assoluta” degli atti che riguardano genericamente la “gestione delle frontiere e dell’immigrazione”. Intanto le forniture milionarie del governo a Libia, Tunisia ed Egitto continuano.

      https://seenthis.net/messages/1039671

  • Algérie : près de 2 000 migrants expulsés vers le « Point zéro » au Niger en deux semaines - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/54862/algerie--pres-de-2-000-migrants-expulses-vers-le-point-zero-au-niger-e

    Actualités
    Algérie : près de 2 000 migrants expulsés vers le « Point zéro » au Niger en deux semaines
    Par Charlotte Boitiaux Publié le : 30/01/2024
    Entre le 1er et le 17 janvier, 1 939 migrants ont été expulsés par l’Algérie dans le Sahara à la frontière nigérienne, une zone appelée « Point zéro ». Du jamais vu, selon le collectif Alarme Phone Sahara qui a effectué le recensement. Parmi les exilés expulsés, se trouvent majoritairement des Subsahariens et des Africains de l’Ouest. Certains habitaient en Algérie, d’autres avaient déjà été expulsés des pays frontaliers comme la Tunisie, la Libye ou le Maroc.
    « L’année 2024 a commencé avec des expulsions au Niger », a tweeté le collectif Alarme Phone Sahara sur les réseaux sociaux. Et les chiffres sont « alarmants », selon Azizou Chehou, le coordinateur du collectif, contacté par InfoMigrants : 1 939 migrants ont été renvoyés illégalement d’Algérie dans le désert nigérien en un peu plus de deux semaines. « Du jamais vu », affirme-t-il.
    C’est en plein Sahara aux portes du désert du Ténéré que sont envoyés les exilés. La zone frontalière est aussi appelée au « Point zéro ». Selon les équipes d’Alarme Phone Sahara - basées à Agadez, Assamaka, Arlit, Niamey, dans la région de Kawar (sur la route vers la Libye) - les migrants expulsés ces deux dernières semaines viennent du Sahel et d’Afrique de l’Ouest principalement.
    « Les mesures de l’UE pour retenir les migrants sur le continent africain sont en grande partie responsables de la situation », juge Azizou Chehou, d’Alarme Phone en évoquant les partenariats migratoires signés entre Bruxelles et le Maroc, la Tunisie, la Libye. « Ils font tout pour que les pays africains empêchent les départs, donc les migrants sont bloqués puis renvoyés plus au sud ».
    Alarme Phone Sahara évoque aussi la reprise des rafles par les autorités algériennes dans les villes du pays. « Ces arrestations arbitraires ont toujours existé mais leur fréquence varie. Aujourd’hui, on arrête les Noirs dans leur appartement, dans la rue, sur leur lieu de travail, sur les terrains de sport et puis on les envoie vers Point zéro », explique-t-il.
    Il existe aussi des renvois transfrontaliers. Depuis des mois, par exemple, la Tunisie expulse illégalement des Subsahariens vers l’Algérie. « Quand les autorités algériennes constatent que des Noirs ont traversé la frontière, ils les arrêtent ». Les migrants qui viennent de Tunisie « se reposent généralement quelques jours » puis « sont expulsés à leur tour », détaille Azizou Chehou. Ces renvois sont loin d’être nouveaux. Entre les mois de juillet et octobre 2023, environ 5 000 migrants avaient été expulsés vers « Point Zéro ». En 2021 déjà, de nombreuses expulsions avaient eu lieu. Et les dangers sont réels. Les exilés sont généralement abandonnés à la tombée de la nuit. Lorsqu’ils sont lâchés, ils sont livrés à eux-mêmes. Sans eau ni nourriture, ils doivent parcourir 15 kilomètres à pied pour rejoindre le village nigérien le plus proche, Assamaka. C’est là que se trouve le centre de transit de l’Organisation internationale des migrations (OIM), le bras de l’ONU qui assiste les retours volontaires des migrants vers leur pays d’origine. Chaque année, de nombreux exilés disparaissent aussi sans laisser de trace dans le Sahara. Ils peuvent se perdre, mourir de déshydratation, ou être victimes de groupes mafieux. Amadou, un migrant contacté par InfoMigrants en juillet 2020, racontait avoir vu trois personnes mourir sous ses yeux dans le désert. « Ils étaient tellement fatigués qu’ils se sont effondrés au sol », avait expliqué le jeune Africain qui travaillait depuis deux ans en Algérie avant d’être arrêté

    #Covid-19#migrant#migration#niger#algerie#assamaka#sahara#routemigratoire#OIM#frontiere#expulsion#libye#agadez#arlit#niamey#sante

  • #violences_sexistes_et_sexuelles à l’Ens de Lyon : démission de la direction de Ciri
    https://academia.hypotheses.org/54732

    Tract en version .pdf Sur Academia Centre international de recherche en infectiologie (CIRI) : signalements au Procureur de la République, 29 avril 2023

    #Academic_Feminist_Fight_Club #Actualités_/_News #Expression_syndicale #Libertés_académiques_:_pour_une_université_émancipatrice #Opinions,_motions,_propositions,_expression_syndicale #ENS_de_Lyon #FS-SSCT #violences_au_travail

  • Paris 2024 : la Défenseure des droits s’"autosaisit" de la situation des étudiants et des sans-abri déplacés
    https://www.francetvinfo.fr/les-jeux-olympiques/paris-2024/paris-2024-la-defenseure-des-droits-s-autosaisit-de-la-situation-des-et

    Des situations qui présentent « un risque pour le respect des droits et des libertés ». En prévision des Jeux olympiques de Paris 2024, la Défenseure des droits Claire Hédon a annoncé s’être « autosaisie » de la question des logements étudiants réquisitionnés et de l’évacuation des sans-abri, lundi 29 janvier.

    « La façon dont les personnes sans domicile fixe sont renvoyées en dehors de Paris dans des centres d’hébergement, la façon dont des habitats sont détruits » alors qu’"il y a une obligation de relogement", tout cela pose la question de « l’invisibilisation des indésirables », a estimé Claire Hédon. Les autorités sont accusées depuis plusieurs mois par des associations de mener un « nettoyage social » de la région parisienne, pour faire place nette avant les Jeux olympiques et paralympiques, en vidant les rues franciliennes de ses populations les plus précaires : migrants en campements, foyers de travailleurs, sans-abri, travailleuses du sexe, personnes vivant en bidonville...

    Des accusations rejetées par la préfecture de la région d’Ile-de-France (Prif), qui a assuré en décembre que l’Etat ne s’était pas fixé d’"objectif zéro SDF" à la rue en prévision des JO. Elle a indiqué à l’inverse vouloir débloquer des « places supplémentaires » d’hébergement d’urgence pour laisser un « héritage social ».

    #JO #nettoyage_social

  • Top du tas de #fumier, les cons qui croient que le monde ne va pas tourner sans eux

    "Anti-écolo, anti-FNSEA : la #Coordination_rurale de mon cul, le syndicat qui attise la colère agricole

    Courtisée par l’extrême droite, la Co. ru. est un des acteurs de la mobilisation en cours. Elle se bat contre la mondialisation et les mesures écologiques, avec des méthodes parfois violentes. Les appels à bloquer Paris lundi se multiplient. (...)) #OMG

    Vous étiez où, les #culs_terreux, avec les #Gilets_Jaunes ?

     :-D :-D :-D Au boulot, les #bouseux #politique #agricole #France #souveraineté #nombril #seenthis #vangauguin

    https://www.mediapart.fr/journal/politique/280124/anti-ecolo-anti-fnsea-la-coordination-rurale-le-syndicat-qui-attise-la-col

  • Un monde différent ne naît pas de Bisounours...

    « Centenaire de la mort de #Lénine : un siècle de #violences et d’#espoirs #révolutionnaires

    Cent ans après sa disparition, Lénine reste l’un des personnages les plus controversés du XXe siècle, continuant de susciter féroce détestation ou nostalgie de l’élan révolutionnaire. Deux récents ouvrages se partagent cette dichotomie sur #Vladimir_Ilitch #Oulianov. (...) »

    #politique #histoire #société #monde #changement #communisme #bolchevisme #révolution #progrès #social #seenthis #vangauguin

    https://www.politis.fr/articles/2024/01/centenaire-de-la-mort-de-lenine-un-siecle-de-violences-et-despoirs-revolutio

  • Des lycées privés, sauf de subventions :-D :-D :-D

    Financer l’#école des #rupins : comment ça marche ? Facile, on redistribue. On prend aux #pauvres pour donner aux écoles des #riches.

    « #Enseignement_privé : des #cadeaux qui se chiffrent en millions d’euros

    Et si Amélie #Oudéa_Castéra avait permis de mettre à jour le système opaque de #subventions des établissements privés sous contrat ? Le prestigieux établissement privé #Stanislas ne serait-il que l’arbre qui cache la forêt ? Alors que les collectivités sont tenues de contribuer aux frais de fonctionnement des établissements privés sous contrat, beaucoup d’entre elles font le choix de donner encore plus. C’est le cas de la région d’Île-de-France qui allouera pas moins de 9 000 000 d’euros supplémentaires à l’enseignement privé sous contrat, en plus des financements obligatoires. En Seine-et-Marne, c’est tout bonnement la création d’un collège que contribuera à financer le département. Un collège en partenariat avec ... Stanislas. (...) »

    https://www.legrandsoir.info/financer-l-ecole-des-rupins-comment-ca-marche-facile-on-redistribue-on

  • Je découvre #duckdb
    https://duckdb.org/docs/archive/0.9.2

    Quel merveilleux outil pour travailler avec open data.

    Merci @simplicissimus pour ce lien vers la présentation à Toulouse.
    https://seenthis.net/messages/1038730

    Côté pratique c’est mpressionnant

    Data Import & Export

    CSV Import
    CSV Export
    Parquet Import
    Parquet Export
    Query Parquet
    HTTP Parquet Import
    S3 Parquet Import
    S3 Parquet Export
    JSON Import
    JSON Export
    Excel Import
    Excel Export
    SQLite Import
    PostgreSQL Import

    Tout sauf du #PHP

    There are various client APIs for DuckDB:

    C
    C++
    Java
    Julia
    Node.js
    Python
    R
    Rust
    WebAssembly/Wasm
    ADBC API
    ODBC API

    Additionally, there is a standalone Command Line Interface (CLI) client.

    There are also contributed third-party DuckDB wrappers for:

    C# by Giorgi
    Common Lisp by ak-coram
    Crystal by amauryt
    Go by marcboeker
    Ruby by suketa
    Zig by karlseguin

    Les arguments pour
    https://duckdb.org/why_duckdb

    ... what goals DuckDB has and why and how we try to achieve those goals through technical means. To start with, DuckDB is a relational (table-oriented) DBMS that supports the Structured Query Language (SQL)
    ...
    no external dependencies ...
    no DBMS server software to install ...
    support for complex queries in SQL with a large function library ...

    DuckDB is deeply integrated into Python and R for efficient interactive data analysis. DuckDB provides APIs for Java, C, C++, Julia, Swift, and others.
    ...
    DuckDB is released under the very permissive MIT License
    etc.

    don’t

    High-volume transactional use cases (e.g., tracking orders in a webshop)
    Large client/server installations for centralized enterprise data warehousing
    Writing to a single database from multiple concurrent processes
    Multiple concurrent processes reading from a single writable database

    mais

    PHP example to integrate DuckDB using PHP-FFI
    https://github.com/thbley/php-duckdb-integration

    Currently there is no PHP extension available for using DuckDB, so I created a small library using PHP-FFI.

    DuckDB is an embeddable SQL OLAP database management system. It does not require external servers. Databases are stored in single files (similar to SQLite). Compared to SQLite, DuckDB is much faster. E.g. I imported 16M rows from a CSV file in 5s on my notebook (i5-8250U).

    DuckDB can import CSV files with automatic format detection and automatic table creation using:

    CREATE TABLE test1 AS SELECT FROM read_csv_auto(’test1.csv’);
    CREATE TABLE test2 AS SELECT
    FROM read_csv_auto(’test2.csv.gz’);

    Usage:

    php -dffi.enable=1 test.php

    or:

    docker build -t php-ffi .
    docker run -it —rm -v $(pwd):/code php-ffi php /code/test.php

    Requirements:

    PHP 7.4+ with FFI extension enabled

    Question / défi

    Directly running DuckDB queries on data stored in SQLite files | Hacker News
    https://news.ycombinator.com/item?id=30801575

    #SQL #open_data

  • La ligne Nord-Sud, permanence d’un #clivage ancien et durable

    Très utilisée en classe pendant plus de deux décennies par commodité pédagogique, la limite Nord-Sud a été aussi beaucoup critiquée. Simpliste, réductrice, caricaturale ? En fait, retracer l’histoire de la notion permet de lui redonner une épaisseur et un intérêt épistémologique. Encore puissante aujourd’hui dans les mécanismes de négociation internationale, elle s’incarne toujours dans la notion de "Sud global".

    La limite Nord-Sud a été omniprésente sur les cartes des manuels scolaires de géographie jusqu’à encore récemment. Simple, elle répondait à certaines attentes didactiques du secondaire : un repère visible, traçable, mémorisable ; et résumait bien les inégalités dans le Monde.

    Son tracé reprenait la ligne qui avait été esquissée sur une carte publiée en 1980 en couverture des éditions étatsunienne et française du rapport rédigé sous la direction de l’ancien chancelier allemand Willy Brandt, Nord-Sud : un programme de survie. La carte avait été conçue selon une projection inhabituelle, justifiée dès le verso de la page de titre :
    « 

    « Elle montre exactement la proportion de la surface des terres immergées [1]. […] Cette projection marque un progrès important par rapport à la conception qui attribuait un rôle mondial prépondérant à l’Europe sur le plan géographique comme sur le plan culturel. »

    Willy Brandt (dir.), 1980, Nord-Sud : un programme de survie : Rapport de la Commission indépendante sur les problèmes de développement international, Paris, Gallimard, p. 6.
     »

    La carte présentée par Arno Peters en 1973 était une critique de la projection de Mercator, très utile en son temps pour les navigateurs européens, mais obsolète, voire inacceptable, au XXe siècle car non équivalente, trop « inégale » notamment à l’encontre des pays de la zone intertropicale. La projection de Peters, qui avait été décrite auparavant par James Gall en 1855, était plus juste dans la représentation de la surface des différentes régions du monde. Elle était donc en accord avec la perspective tiers-mondiste adoptée dans le rapport Brandt.

    Quant à la ligne elle-même, les auteurs du rapport soulignaient la simplification peut-être excessive qu’elle opérait :
    « 

    « Il y a des objections évidentes à une image simplifiée montrant le monde divisé en deux camps. Le “Nord” comprend deux pays riches et industrialisés, au sud de l’équateur, l’Australie et la Nouvelle-Zélande. Dans le “Sud”, la gamme va d’une nation à demi industrialisée, en pleine expansion, comme le Brésil, à des pays pauvres enserrés par les terres, comme le Tchad, ou insulaires, comme les Maldives. Quelques pays du Sud, généralement exportateurs de pétrole, disposent d’un revenu plus élevé par habitant que certains pays du Nord. Mais d’une manière générale et bien qu’il n’y ait pas de classification uniforme ou permanente, “Nord” et “Sud” sont synonymes grosso modo de “riche” et de “pauvre”, de pays “développés” et de pays “en voie de développement”. »

    Willy Brandt (dir.), 1980, Nord-Sud : un programme de survie : Rapport de la Commission indépendante sur les problèmes de développement international, Paris, Gallimard, p. 55.
     »

    Cela revient à dire qu’aucune des appellations relevées dans la citation n’était totalement synonyme d’une autre ni complètement satisfaisante. Dans un bref ouvrage de synthèse sur le Tiers-Monde, le politologue Edmond Jouve (1955, p. 11 et suiv.) rappelait le succès, un temps, de la formule « nations prolétaires », empruntée à Arnold J. Toynbee et popularisée par Pierre Moussa, et parlait, à propos de toutes ces appellations, d’une « crise terminologique ». Quant au fait que Nord et Sud ne correspondaient pas strictement au découpage du globe selon la ligne équatoriale, les auteurs du rapport publié en 1980 le savaient bien, et il faudrait être d’assez mauvaise foi aujourd’hui pour ne pas voir dans ces appellations des catégories spatiales économiques et politiques qui n’ont qu’un rapport métonymique avec la division hémisphérique du globe en deux. Sur un plan strictement géographique, le découpage Nord-Sud n’est pas plus valide que le découpage Est-Ouest qui a dominé la guerre froide, l’ouest et l’est étant des positions relatives et non absolues. Cela n’invalide pas pour autant le sens dont ils sont porteurs. En revanche, « la ligne Nord-Sud est-elle encore pertinente aujourd’hui ? » est une autre question, qui mérite effectivement d’être posée.

    Pour y répondre, il est nécessaire de rouvrir le dossier géohistorique (Capdepuy, 2007) et de s’interroger : comment la ligne Nord-Sud est-elle devenue un objet cartographique ? Dans quelle mesure a-t-elle marqué de son emprunte la cartographie scolaire des inégalités mondiales ? Marque-t-elle un seuil de développement, comme on le pense assez communément, ou bien un clivage géopolitique ?

    1. La genèse d’une ligne

    La plus ancienne occurrence explicite d’une division Nord-Sud du Monde est attribuable à Oliver Franks, alors président de la Lloyds Bank, dans un discours prononcé le 19 novembre 1959 lors d’une conférence organisée par le Committee for Economic Development, groupe de réflexion états-unien fondé en 1942 et composé de cadres supérieurs de différentes entreprises. Le thème portait sur « L’économie du monde occidental est-elle en train de se séparer ? ». D’après le New York Times (Reston, 1959), le texte du discours d’Oliver Franks aurait été remis au secrétaire d’État Christian A. Herter, et attentivement étudié par le gouvernement, avant d’être publié dans la Saturday Review en janvier 1960.
    « 

    « Nous sommes entrés dans un monde différent. C’est pourquoi il est important de se demander quels sont aujourd’hui nos objectifs communs en matière de politique économique de part et d’autre de l’Atlantique. Je dirais qu’aujourd’hui nous en avons deux, et qu’ils sont liés à un changement dans la position politique et stratégique générale de notre monde occidental. Auparavant, les problèmes de tension entre l’Est et l’Ouest étaient dominants ; maintenant, nous avons un problème Nord-Sud d’égale importance. Il est lié au premier, mais a sa propre existence, indépendante et égale. Je voulais parler des problèmes des relations entre les pays industrialisés du Nord et les pays sous-développés et en développement qui se trouvent au sud de ceux-ci, que ce soit en Amérique centrale ou du Sud, en Afrique ou au Moyen-Orient, en Asie du Sud ou dans les grands archipels du Pacifique. S’il y a douze ans, l’équilibre du monde tournait autour de la reconquête de l’Europe occidentale, maintenant il tourne autour de relations justes du Nord industriel du globe avec le Sud en développement. »

    Oliver Franks, « The New International Balance : Challenge of the Western World », Saturday Review, vol. 43 16 janvier 1960, p. 20.
     »

    Un « problème Nord-Sud » – on peut s’étonner, soixante ans après, de la rapidité à laquelle l’expression employée par Oliver Franks en novembre 1959 a été reprise dans les mois qui suivirent. Dès 1960, Tadao Kato, étudiant japonais au Center of International Affairs de l’université de Harvard, rédigea un mémoire sur la double dichotomie Est-Ouest et Nord-Sud (Tadao, 1960). L’opuscule n’a pas été diffusé, mais révèle l’intérêt immédiat porté à ces concepts spatiaux. Notons que Tadao Kato a été, dix ans plus tard, ambassadeur du Japon au Mexique. En France, en 1960 également, dans la revue Politique étrangère, René Servoise, conseiller au ministère des Affaires étrangères, publia un article sur la transformation des relations entre les pays industrialisés et les anciens pays colonisés au moment où l’Europe occidentale et le Japon réapparaissaient sur la scène économique mondiale grâce à l’aide états-unienne dont ils avaient bénéficié.
    « 

    « Les succès même des Européens et les réussites économiques de la Grande-Bretagne, de l’Allemagne et de la France à la veille des années 1960 permettent désormais aux peuples occidentaux de regarder au-delà de l’horizon immédiat de leurs frontières. Les problèmes intérieurs économiques et financiers sont en grande partie réglés, la convertibilité monétaire est partiellement revenue, l’or et les devises se sont redistribués d’une façon plus équilibrée. Dans ces conditions les peuples européens peuvent se pencher avec une plus grande liberté d’esprit et des moyens plus considérables vers les problèmes du tiers-monde. »

    René Servoise, « De l’assistance au commerce international », Politique étrangère, n° 4, 1960, p. 318.
     »

    C’était le problème des « relations Nord-Sud » selon la formulation que René Servoise empruntait explicitement à Oliver Franks, mais avec une autre référence que celle précédemment citée : Oliver Franks aurait fait un autre discours, en des termes semblables, lors de la réunion annuelle de la Lloyds Bank en février 1960 [2].

    En 1962, Walt W. Rostow, théoricien économiste du développement et conseiller au département d’État, fit une conférence sur « la stratégie américaine sur la scène mondiale » en partant de l’interrogation : « Comment se fait-il que nous semblions vivre dans un océan de problèmes ? »
    « 

    « Abstraction faite des intrusions directes de la puissance militaire communiste dans les années d’après-guerre – symbolisées, par exemple, par le blocus de Berlin en 1948-49, l’invasion de la Corée du Sud en 1950 et les attaques périodiques contre les îles au large des côtes – les crises d’après-guerre ont été de trois sortes, généralement combinées d’une manière ou d’une autre : les crises internationales résultant de luttes internes pour le pouvoir, reflétant les tensions politiques et sociales inévitables de la modernisation en cours dans les régions sous-développées ; les conflits coloniaux ou postcoloniaux impliquant les nations européennes d’un côté et les nations et territoires des continents méridionaux de l’autre ; et les efforts des communistes pour exploiter systématiquement les occasions offertes par ces deux types de problèmes inhérents. Pensez-y et vous serez, je pense, d’accord. L’Indochine, Suez, l’Irak, Cuba, l’Algérie, le Congo, Bizerte, Goa, la Nouvelle-Guinée occidentale, la République dominicaine – tous ces événements sont le fruit d’une combinaison de ces trois éléments, et ils sont tous apparus dans ce que nous appelons les régions sous-développées.

    À l’époque de Staline, la politique communiste était plutôt directe et militaire, mais au cours de la dernière décennie, les communistes se sont systématiquement efforcés de tirer le meilleur parti des turbulences inévitables du processus de modernisation, d’une part, et des conflits nord-sud, d’autre part (en utilisant cette désignation géographique abrégée pour représenter le fait approximatif que la révolution industrielle est arrivée en premier dans les parties septentrionales du monde et qu’elle se poursuit aujourd’hui dans les parties occidentales du monde). »

    Walt W. Rostow, « American Strategy on the World Scene », The Department of State Bulletin, vol. 46, n° 1188, 2 avril 1962, p. 26.

     »

    Tout en soulignant la dimension simplificatrice de cette dichotomie Nord-Sud, Walt W. Rostow la reprenait pour dépeindre à grands traits un tableau du Monde. Soulignons au passage – on y reviendra – la dimension conflictuelle, anticoloniale, donnée aux relations Nord-Sud.

    En 1962, lors d’une conférence donnée à l’université de Harvard, Willy Brandt, alors bourgmestre-gouverneur de Berlin, considérait que l’accélération de la décolonisation amènerait sans doute un retournement de la géopolitique mondiale :
    « 

    « Depuis quelques années, le problème Est-Ouest est accompagné et influencé par un problème Nord-Sud. Ce dernier sera peut-être un jour le plus important des deux. »

    Willy Brandt, 1963, The Ordeal Of Coexistence, Cambridge, Harvard University Press, p. 74.
     »

    Cependant, comme il le reconnut dans ses Mémoires (Brandt, 1992, p. 341), « pendant de nombreuses années, [il avait] été bouleversé par l’extrême pauvreté qui était un phénomène particulièrement flagrant dans des régions comme l’Afrique au sud du Sahara, le sous-continent indien et les barrios en marge des villes latino-américaines » :
    « 

    « Il n’y a pas de honte à admettre que ce problème n’était pas au premier plan de mes préoccupations pendant les années où j’ai exercé des responsabilités gouvernementales. En politique étrangère, je devais me concentrer sur des préoccupations immédiates et urgentes, faute de quoi je n’aurais rien pu faire dans le domaine de l’Ostpolitik. »

    Willy Brandt, My Life in Politics, trad. de l’allemand, New York, Viking, 1992, p. 341.
     »

    De fait, alors que la guerre froide polarisait les relations internationales entre Est et Ouest, l’accès à l’indépendance de nombreux pays modifiaient la géopolitique mondiale selon une dynamique transverse. Alors qu’on comptait officiellement 51 États membres de l’Organisation des Nations Unies en 1945, ils étaient 115 en 1964, issus pour la plupart de la décolonisation. Le 16 juillet 1964, à Genève, devant le Conseil économique et social, le Secrétaire général de l’ONU, Maha Thray Sithu U Thant, par ailleurs homme politique birman, ne pouvait que faire le constat de la montée en puissance du Sud :
    « 

    « J’ai souvent dit, et je pense que cela mérite d’être répété, que les tensions Nord-Sud sont fondamentalement aussi graves que celles Est-Ouest et que l’ONU a une contribution unique à apporter à la diminution des deux. Avant la Conférence, le parallèle entre les relations Nord-Sud d’une part et les relations Est-Ouest d’autre part aurait pu sembler un peu tiré par les cheveux, puisque le Nord et le Sud ne pouvaient pas être distingués l’un de l’autre dans nos forums économiques aussi distinctement que l’Est et l’Ouest pouvaient l’être sur certaines questions politiques majeures. Maintenant, on sait que le Sud peut être identifié à un grand groupe de plus de 75 voix, lorsqu’il choisit de s’affirmer. En démontrant une telle possibilité, la Conférence a peut-être marqué un tournant dans l’histoire des relations économiques internationales. »

    Portfolio for Peace : Excerpts from the writings and speeches of U Thant, Secretary-General of the United Nations, on major world issues 1961-1970, New York, United Nations, 1970, p. 111.
     »

    La conférence à laquelle il faisait référence était la Conférence des Nations unies sur le commerce et le développement (CNUCED), qui s’était tenue à Genève de mars à juin 1964 et qui s’était achevée par la « Déclaration commune des Soixante-dix-sept » [3]. L’objectif était de promouvoir « un ordre international nouveau et juste ». La déclaration se terminait sur ces mots :
    « 

    « L’injustice et la négligence des siècles doivent être réparées. Les pays en développement sont unis dans leur détermination à poursuivre leur quête d’une telle réparation et se tournent vers l’ensemble de la communauté internationale pour qu’elle comprenne et soutienne cette entreprise. »

    « Joint declaration of the seventy-seven developing countries made at the conclusion of the United Nations Conference on Trade and Development », Geneva, 15 June 1964.
     »

    Les pays développés ne sont pas explicitement mentionnés, mais l’idée d’une injustice à réparer les désigne. Cette revendication était portée par ce qu’on allait appeler le Groupe des 77, indépendamment du nombre croissant de ses États-membres. Le 10 avril 1974, le président algérien Houari Boumediene s’en fit le héraut à la tribune de l’Assemblée générale des Nations unies :
    « 

    « Posé depuis un quart de siècle par l’ensemble des nations comme l’une des priorités du monde, le problème du développement devient aujourd’hui la priorité des priorités à laquelle nous tous devons faire face, et sans plus attendre, si nous voulons éviter l’éventualité tragique que ce problème ne se transforme un jour en une source de conflagration incontrôlable.

    Toute volonté politique réelle d’attaquer de front le problème du développement devrait, en premier lieu, reconnaître comme une question centrale, le sort des ressources mondiales. En d’autres termes, toute démarche entreprise vers une solution concrète et définitive à ce problème impliquerait, au préalable, une prise de position appropriée sur la reconnaissance des priorités humaines. Elle devrait conduire, en définitive, à un réaménagement profond des relations économiques entre pays riches et pays pauvres, dans le sens d’une répartition des avantages, de la croissance et du progrès, répartition qui, pour être équitable, devrait être conforme aux besoins, aux priorités et aux intérêts légitimes des parties concernées.

    Or, force nous est de constater, en premier lieu, que dans le monde où nous vivons, tous les leviers de commande de l’économie mondiale sont entre les mains d’une minorité constituée par des pays hautement développés. Cette minorité, par sa position dominante, détermine à elle seule la répartition des ressources mondiales en fonction d’une hiérarchie des besoins qui lui est propre. »

    Assemblée générale des Nations unies, 2208e séance plénière, 10 avril 1974, A/PV.2008 [en ligne].
     »

    La résolution 3201 votée au mois de mai 1974 validait cette demande d’un « nouvel ordre économique international ». L’article 4 en détaillait les principes : l’égalité souveraine des États, l’autodétermination des peuples, les coopération entre tous les États de la communauté internationale, la participation de tous, à égalité, au règlement des problèmes économiques mondiaux, le droit de chaque pays de choisir son modèle économique et social, la souveraineté de chaque État sur ses ressources naturelles, le droit pour tous les États de se voir restituer ses territoires occupés, la réglementation et la supervision des activités des multinationales, la lutte contre la discrimination raciale et l’apartheid, des rapports équitables entre les prix des matières premières et les produits manufacturés, une aide aux pays en développement… [4]

    En 1974, après l’abandon de la convertibilité du dollar en or et le premier choc pétrolier, le président français Valéry Giscard d’Estaing lança l’idée d’une conférence internationale consacrée aux problèmes de l’énergie. Le 16 décembre 1975, à Paris, s’ouvrait la Conférence pour la coopération économique internationale. Elle réunissait 27 pays : 19 États du Tiers monde et 8 pays industrialisés, dont la CEE (document 1). La conférence dura jusqu’en juin 1977. Tout le monde ne parlait que de « dialogue Nord-Sud ».
    Document 1. Les participants à la Conférence pour la coopération économique internationale (1975–1977)

    C’est dans ce contexte qu’en 1977, Willy Brandt, sollicité par Robert S. McNamara, alors président de la Banque mondiale, constitua une « commission indépendante sur les problèmes de développement international », la « Commission Nord-Sud ». Le 9 décembre 1977, dans son discours d’accueil de ladite commission, Willy Brandt eut un mot d’explication sur la carte offerte aux invités :
    « 

    « Il est de coutume, en de telles occasions, d’offrir aux participants un souvenir de la réunion. Il se trouve qu’un de mes compatriotes a produit une nouvelle carte, une projection de la planète Terre sur laquelle, nous tous, riches et pauvres, nous devons vivre.

    Au lieu de la carte conventionnelle avec l’Europe au centre, qui donne deux tiers de l’espace à l’hémisphère Nord, cette carte prête attention à l’espace où vivent les deux tiers de la population mondiale. Ce sont les problèmes de ce Tiers Monde (ou devrais-je dire des Deux Tiers du Monde ?) qui nous préoccupent dans cette Commission et qui domineront les événements politiques et économiques au moins jusqu’à la fin de ce siècle. »

    Willy Brandt, “Opening address by Willy Brandt”, Gymnich Castle, 9 décembre 1977, in : Brandt Commission - Correspondence 11, 1771352, WB IBRD/IDA 03 EXC-10-4539S, Records of President Robert S. McNamara, World Bank Group Archives, Washington, D.C., United States.
     »

    C’est cette carte, présentée par l’historien Arno Peters lors d’une conférence de presse à Bonn en 1973 puis devant la Société cartographique de Berlin en 1974, qui fut reprise en 1980 sur la couverture du rapport final de la Commission et sur laquelle fut tracée une ligne illustrant la division Nord-Sud. Notons cependant que le choix d’accentuer cette division par deux couleurs différentes pour représenter le Nord et le Sud n’apparaît que dans l’édition française (document 2a). Sur la couverture de plusieurs autres éditions, notamment anglaise, la ligne serpente en noir sur un planisphère où les pays sont tous coloriés en rouge (2b). L’effet visuel est bien moindre. Par ailleurs, toutes les éditions n’ont pas fait le choix d’une carte en couverture : l’édition colombienne montre le clivage Nord-Sud par le contraste de deux photos (2c) et l’édition mexicaine montre deux mains qui se tiennent selon un axe vertical (2d).
    Document 2. La couverture du rapport Brandt dans les éditions française, anglaise, colombienne et mexicaine

    En août 1978, dans une discussion avec le directeur de la Banque mondiale, Rainer Steckhan, Willy Brandt avait évoqué le projet d’Arno Peters de réaliser « un nouveau type d’atlas dans lequel chaque pays de la communauté mondiale serait présenté sur une double page avec des données et des tableaux relatifs à son histoire et à sa situation économique et sociale actuelle » (Fischer, 1978), les proportions individuelles de chaque pays étant déduites de la carte du monde déjà présentée. Ainsi, « l’ancienne présentation du monde, centrée sur l’Europe, est abandonnée au profit d’une image géographiquement plus équilibrée des pays en développement qui, sur cette carte, occupe désormais environ les deux tiers de la carte et inverse ainsi l’ancienne présentation où le “Nord” occupait cet espace » (ibid.). Un soutien de la Banque mondiale en vue de la publication de cet atlas est évoqué, ainsi que celui de l’UNESCO. Malgré cela, l’atlas n’a pas été publié et le rapport édité par la Commission en 1980 ne comportait aucune carte sinon celle publiée en couverture.

    Elle résumait à elle seule la vision du Monde portée par la Commission. De fait, une dizaine d’années plus tard, on commençait à parler en anglais de la « ligne Brandt » (document 3).
    Document 3. La « ligne Brandt » entre le « Nord riche » et le « Sud pauvre », sur un atlas britannique de 1990

    2. Une zone en filigrane

    La ligne Nord-Sud a été inventée, cartographiquement, par le rapport Brandt de 1980. Pour autant, on peut se demander dans quelle mesure ce rapport a vraiment influencé la géographie scolaire française [5]
    Document 4. Le Tiers-Monde dans un manuel de terminale de 1983

    La chose peut paraître étonnante au regard des rythmes actuels, mais le programme de géographie de classe de terminale n’a pas été modifié entre 1963 et 1982. On manque donc de référents pour les années 1970. Le programme de 1982 a été conçu en trois volets : les quatre grandes puissances / la mondialisation des échanges / les inégalités de développement. La troisième partie a donné lieu dans les manuels de 1983 à une cartographie du sous-développement et notamment du Tiers monde. Ainsi, dans le manuel édité chez Armand Colin sous la direction de Marcel Baleste, on peut trouver une carte problématisée avec pour titre une question : « Où arrêter le Tiers-Monde ? » (document 4). Il s’agit d’une carte choroplèthe avec une typologie distinguant « pays moins avancés », « autres pays à faible revenu », « pays à revenu intermédiaire » et « pays exportateurs de pétrole à excédent de capitaux ». Elle pose le problème récurrent du manque d’unité de cet ensemble qu’on a pris l’habitude depuis les années 1960 d’appeler le Tiers-Monde – avec ou sans majuscules, avec ou sans trait d’union. Sur la carte, on trouve également deux lignes clairement tracées qui indiquent, d’après la légende, la « limite du Tiers monde », en l’occurrence les limites. Le cartographe ne reprenait pas la ligne Nord-Sud du rapport Brandt (document 5).

    Document 5. Deux modèles de limite Nord-Sud : zonal et hémisphérique

    Le fait que la ligne méridionale qui inclut l’Australie et la Nouvelle-Zélande soit prolongée sur tout l’hémisphère Sud, sous l’Afrique et sous l’Amérique du Sud, alors qu’il n’y a évidemment aucun pays développé plus au sud, ni même la potentialité qu’il s’en trouve, apparaît en effet comme la trace persistante de l’idée que le sous-développement serait liée à la tropicalité. Le cours en vis-à-vis amène à prendre un peu de distance avec « un vocabulaire ambigu » et « des limites incertaines ». Par rapport aux termes de « pays sous-développés » ou de « pays en voie de développement » qui renvoient à l’idée discutable de développement, les auteurs semblent préférer des expressions plus vagues et par là-même moins contestables, notamment « Nord » et « Sud » (p. 264 du même manuel).

    Document 6. Les pays en voie de développement d’après un manuel de terminale de 1983

    Dans un autre manuel de 1983, édité par Hachette, une double page présente une grande carte des pays en voie de développement (document 5). Deux grandes lignes rouges traversent le planisphère de gauche à droite, l’une dans l’hémisphère nord, l’autre dans l’hémisphère sud. L’Australie, la Nouvelle-Zélande, mais aussi l’Afrique du Sud et l’Argentine ne font pas partie des pays en question. On voit bien se dessiner une large zone, au sens étymologique de « ceinture ». Sa source d’inspiration est référencée : la Géographie du sous-développement, d’Yves Lacoste, éditée en 1981. Il s’agissait de la troisième édition d’un ouvrage publié pour la première fois en 1965.

    Document 7. Carte schématique des limites du Tiers Monde et des principales zones thermiques du globe

    Document 8. Esquisse provisoire des limites du Tiers-Monde

    On retrouve le même dispositif sur une carte publiée dans un autre livre d’Yves Lacoste : Unité et diversité du tiers monde, paru en 1980. L’ouvrage était présentée comme une étude détaillée et méthodique de cette question difficile :
    « 

    « Il n’est pas inutile – mais il n’est pas suffisant – de distinguer à la surface du globe quelques grands ensembles de pays (il vaudrait mieux dire grands ensembles d’États et de formations sociales), parce que l’on peut leur reconnaître, à un degré poussé d’abstraction, un certain nombre de caractéristiques communes, celles-ci n’excluant absolument pas les antagonismes au sein d’un même ensemble.

    […]

    Pourtant s’il est utile de dégager ce qui permet de considérer le tiers monde comme un ensemble, malgré les affrontements qui s’y produisent, il ne faut plus négliger l’analyse de sa diversité. Trop longtemps, c’est seulement l’unité du tiers monde qui a été évoquée, célébrée, alors qu’il était pourtant évident que les États que l’on regroupait dans cet ensemble sont d’une extrême diversité, aussi bien en raison des héritages historiques, des contrastes de culture, des conditions naturelles, des structures économiques et sociales, des régimes politiques, etc. Mais les facteurs de cette diversité sont si nombreux, tellement hétéroclites qu’on renonçait à rendre compte méthodiquement de ce fouillis inextricable. L’évocation de l’unité du tiers monde permettait de laisser de côté cet embrouillamini, d’avoir une représentation du monde beaucoup plus simple, fondée sur un dualisme économique manichéen (pays développés/pays sous-développés) et de tenir des raisonnements relativement simples sur les mécanismes historiques de 1’“échange inégal” entre un “centre” dominant et une “périphérie” dominée. »

    Yves Lacoste, Unité et diversité du tiers monde, Paris, François Maspero, 1980, vol. 1, Des représentations planétaires aux stratégies sur le terrain, p. 10.

     »

    Yves Lacoste rejetait à nouveau toute zonalité climatique, considérant que « la rapidité de la croissance démographique constitue désormais, compte tenu des changements récents, la principale caractéristique commune des États que les médias envisagent communément comme faisant partie du tiers monde » (Lacoste, 1980, p. 96).
    Document 9. La diversité des situations des pays en développement dans un manuel de 1989

    Dans un manuel publié chez Hatier en 1989, sur la carte présentant la « diversité des situations des pays en développement », la ligne est discontinue au niveau des océans (document 9). Là aussi, les deux traits situés sous l’Amérique du Sud et l’Afrique peuvent apparaître a posteriori absurdes. Des années plus tard, dans un billet du blog, Philipe Rekacewicz est revenu sur la construction de cette carte. Lors d’un entretien, il explique que ces traits ont été ajoutés après discussion avec l’éditeur parce qu’il y avait un « besoin de sémiologiquement cadrer » ces pays en développement, pour « montrer qu’on avait un ensemble », « une zone » [6]. Philippe Rekacewicz reconnaît que ces traits n’avaient pas lieu d’être sur le plan géographique, mais, très influencé par la réflexion de Jacques Bertin, il avait fait le choix de les ajouter, dans un deuxième temps, parce que l’absence de traits avait été jugée déroutante.

    Document 10. « Nord » et « Sud » dans un manuel de terminale de 1989

    Document 11. La limite entre le « Nord » et le « Sud » en 1950 et en 1995 dans un manuel de 1995

    La même année, en 1989, le manuel publié chez Belin, sous la direction de Rémy Knafou, offre une carte qui, pour la première fois peut-être, révèle l’influence du rapport Brandt, avec une ligne unique qui traverse l’ensemble du planisphère et qui englobe l’Australie en un même mouvement (document 10). Les guillemets employés autour des termes « Nord » et « Sud » appelaient les élèves à comprendre que ces mots n’étaient évidemment pas à comprendre au sens strict, d’autant que l’équateur était clairement tracé. Quelques années plus tard, dans le manuel de terminale édité par Belin en 1995, deux cartes apparaissent a posteriori comme très novatrices (document 11). Tout d’abord, par le titre : elles représentent « la limite entre le “Nord” et le “Sud” ». Cela ne pourrait être qu’un détail, mais il est significatif. Ce n’est pas la limite du Tiers-Monde ou des pays en développement, mais bien une ligne distinguant deux ensembles. Ensuite, par le tracé : au lieu d’une ligne unique, on en trouve plusieurs, autour de différents espaces, dessinant ainsi une sorte d’archipel du Nord. Enfin, par l’approche historique : la première carte représente la limite Nord-Sud en 1950, la seconde en 1995. Entre 1950 et 1995, certains ne font plus partie du Nord (Argentine, URSS), tandis que d’autres l’ont intégré (Corée du Sud, Taïwan, Singapour, Espagne, Portugal). Le Nord et le Sud n’apparaissent pas ici comme des entités figées. On ne trouve rien d’équivalent dans les manuels qui ont été publiés depuis.

    En 1998, les auteurs du manuel d’histoire-géographie de Terminale STT publié par Magnard font le choix, en couverture, pour illustrer la géographie, de reprendre un planisphère où seule la ligne Nord-Sud est tracée (document 12). Celle-ci serait-elle en passe de devenir iconique ? La même année, dans le manuel de géographie de chez Hachette, sur un planisphère introductif représentant « le monde géopolitique aujourd’hui », la ligne est bien mise en valeur dans sa continuité grâce la projection polaire, mais la légende peut étonner : « ancienne limite Nord-Sud (pays industrialisés / tiers-monde » [7]. Au moment où en fait cette limite se diffuse et s’impose, elle apparaîtrait déjà obsolète – ce qui en fait se comprend si on la perçoit comme l’héritière d’une tradition cartographique qui est, en réalité, bien antérieure à 1980.

    Document 13. La Limite Nord-Sud sur une carte parue dans la Documentation photographique sur la mondialisation (2004)

    Pourtant, rien, alors, ne vint la remettre en question. Au contraire, la « limite Nord-Sud » est validée par une publication qui a une influence notable dans le milieu scolaire : la Documentation photographique et son numéro sur « La mondialisation en débat », dirigé par Laurent Carroué et publié en 2004 (document 13). On pourrait juste faire remarque le choix, rare, de ne pas représenter ladite limite par une ligne unique, mais par deux lignes. L’article que j’ai moi-même publié en 2007 dans M@ppemonde posait la question de l’origine de « la limite Nord/Sud » mais n’interrogeait absolument pas l’expression, employée dans le titre, alors que tout au long du texte, il n’était question que de « ligne ». Pourtant, cela appelait sans doute un commentaire.

    En effet, le terme de « limite » reste jusqu’à aujourd’hui le témoin de cette zonalité passée et un peu oubliée. Mais ce n’est pas forcément le cas partout. Ainsi est-il intéressant de comparer sur l’encyclopédie en ligne Wikipédia les différences de titres donnés à l’article consacré au sujet : « Limite Nord/Sud » en français, mais « División Norte-Sur » en espagnol, « Divisão norte-sul » en portugais, « Divisione Nord-Sud » en italien, « Nánběi fēnqí » en chinois… Tous renvoient à l’expression anglaise : « North-South divide », titre remplacé fin 2020 par « North-South divide in the World » puis en 2021, par celui de « Global North and Global South ». À l’exception de l’arabe « Had chamāl-janūb », qui, comme en français, met l’accent sur la frontière, ou la limite, dans les autres langues, c’est la division du monde en deux ensembles opposés qui est privilégiée.

    En 2015, Christian Gratalaloup, lors d’un café géographique, s’interrogeait : « Nord/Sud, une représentation dépassée de la mondialisation ? » Selon lui, cette vision du monde, outre son européocentrisme, a été rendue obsolète par la montée en puissance des BRICS, ce groupe de pays qui se réunissent lors de sommets annuels depuis 2009 [8]. En 2018, dans Vision(s) du Monde, il considère qu’on pouvait observer une « érosion de la zonalité mondiale » (p. 77). La formule en elle-même révèle une certaine interprétation de la dichotomie Nord-Sud. De fait, la tropicalité a été longtemps sous-jacente à la question du sous-développement. En 1990, dans Mondes nouveaux, le premier volume de la Nouvelle géographie universelle, réalisé sous la direction de Roger Brunet et d’Oliver Dollfus, les auteurs posaient encore la question : « Nord et Sud : un retour au “déterminisme géographique” ? » (p. 472). La réponse était négative, mais la lecture zonale demeurait prégnante.


    3. Un seuil de développement

    La question des critères pour délimiter le Tiers-Monde puis le Sud a été posée depuis longtemps. Yves Lacoste, en 1965, en proposait une liste assez longue :

    1. Insuffisance alimentaire.
    2. Graves déficiences des populations, forte proportion d’analphabètes, maladies de masse, forte mortalité infantile.
    3. Ressources négligées ou gaspillées.
    4. Forte proportion d’agriculteurs à basse productivité.
    5. Faible proportion de citadins ; faiblesse des classes moyennes.
    6. Industrialisation restreinte et incomplète.
    7. Hypertrophie et parasitisme du secteur tertiaire.
    8. Faiblesse du produit national par habitant.
    9. Ampleur du chômage et du sous-emploi ; travail des enfants.
    10. Situation de subordination économique.
    11. Très violentes inégalités sociales.
    12. Structures traditionnelles disloquées.
    13. Ampleur de la croissance démographique.
    14. Prise de conscience de la misère.

    Quinze ans plus tard, il considérait que prendre chaque critère l’un après l’autre aurait été fastidieux, pas toujours exact en termes de comparaison ou faussement précis :
    « 

    « Une démarche géographique aurait consisté, alors, à envisager l’extension spatiale de ces différentes caractéristiques, à examiner leurs coïncidences, leurs inclusions ou leurs intersections. Cette tâche de cartographie n’aurait d’ailleurs pas été facile à mener à bien, car bon nombre de ces “critères” sont relatifs ; ils procèdent d’une comparaison implicite ou explicite avec les caractéristiques des pays “développés”, et pour chacun d’eux l’établissement d’une carte aurait nécessité le choix d’un seuil quantitatif ; on se contente de tracer des ensembles spatiaux aux limites relativement floues. »

    Yves Lacoste, Unité et diversité du tiers monde, Paris, François Maspero, 1980, vol. 1, Des représentations planétaires aux stratégies sur le terrain, p. 40.
     »

    En 1981, cela ne lui paraissait plus possible de déterminer ainsi l’unité du Tiers monde. Nonobstant, la méthode est toujours plus ou moins celle-ci. Ainsi, Marcin Wojciech Solarz, professeur à l’université de Varsovie, a repris la question au début du XXIe siècle afin de proposer une cartographie plus juste, fondée sur le croisement de deux critères (Wojciech Solarz, 2009). D’un côté, il inscrit son travail dans la continuité de la réflexion initiée par l’économiste pakistanais Mahbub ul Haq, qui est l’inventeur de l’IDH, l’indice de développement humain utilisé dans le Rapport mondial sur le développement humain publié en 1990. Celui-ci, rappelons-le, agrège plusieurs données sur la santé (espérance de vie à la naissance), le niveau d’instruction (part de la population adulte alphabétisée + effectif scolarisé dans les trois cycles) et le niveau de vie (revenu brut par habitant en parité de pouvoir d’achat). D’un autre côté, Marcin Wojciech Solarz considère qu’il est nécessaire de compléter ces informations par un indicateur du développement politique, permettant de tenir compte du respect des droits politiques et des libertés civiles. Pour cela, il reprend le classement « Freedom in the World » publié tous les ans par l’ONG états-unienne Freedom House. Le croisement de ces deux classements lui permet de proposer deux cartes du Nord global et du Sud global, avec une définition plus ou moins large du Nord. Dans les deux cas, il ne représente pas de ligne qui diviserait le Monde en deux blocs et il conclut ainsi :
    « 

    « Une démarcation contemporaine de la ligne de partage Nord-Sud crée une image sur laquelle les îles et les archipels des pays caractérisés par un niveau de développement élevé sont dispersés dans un océan de pays caractérisés par l’absence de développement. »

    Marcin Wojciech Solarz, « North–South, Commemorating the First Brandt Report : searching for the contemporary spatial picture of the global rift », Third World Quarterly, vol. 33, n° 3, 2012, p. 569.
     »

    À partir des derniers rapports publiés, on peut en proposer une cartographie mise à jour et un peu différente qui dépasse la vision binaire habituelle (document 14). Mais sur la question de l’actualité de la limite Nord-Sud, les travaux récents arrivent à des conclusions parfois différentes.

    Document 14. Le Sud global en 2023 d’après les travaux de Marcin Wojciech Solarz

    En 2021, Nicholas Lee, dans une étude en termes de niveaux de développement économique, d’inégalités relatives, de pouvoir économique et de satisfaction politique, arrive à la conclusion que malgré une diversité économique accrue entre les pays du Sud, la hiérarchie mondiale reste la même qu’il y a quatre décennies (Lee, 2021, p. 85–106).

    Document 15. Dépasser la limite Nord Sud… et la voir ressurgir

    Plus récemment, en 2022, la question a été reprise sur le site Géoconfluences par Jean-Benoît Bouron, Laurent Carroué et Hélène Mathian. Ils proposent une nouvelle typologie des pays du monde sur la base d’une analyse multifactorielle combinant sept indicateurs : le taux de fécondité des femmes, la mortalité infantile, le PIB/hab., l’évolution du PIB/hab. entre 2000 et 2020, la consommation des ménages, la formation brute de capital fixe et les inégalités internes aux États (document 15). La ligne Nord-Sud telle qu’on l’enseignait apparaît dépassée, notamment en un point : la Russie est classée comme un pays émergent consolidé, à l’égal du Brésil et de la Chine, et non comme un pays favorisé.

    Le paradoxe de cet article, cependant, est peut-être que les pays qui constituent ce groupe de pays privilégiés sont peu ou prou les mêmes qu’il y a quarante ans. Ils correspondant finalement à ceux que Kenichi Ohmae, en 1985, avait inclus dans ce qu’il avait appelé « la Triade ». Terme souvent mal compris, il ne désignait pas alors une structure tripolaire, mais au contraire l’homogénéité d’un certain nombre de pays aux caractéristiques communes, et intéressantes pour des entreprises de plus en plus mondialisées.
    « 

    « On assiste à l’émergence d’un groupe homogènes de consommateurs formé des ressortissants du Japon, d’Amérique du Nord et de la Communauté européenne que nous pouvons appeler les Triadiens. Il s’agit de gens ayant des éducations très similaires de même que des niveaux de revenus, des styles de vie, des loisirs et des aspirations semblables. Dans ces pays démocratiques, l’infrastructure nationale – réseau routier, télécommunications, eau, électricité et services publics – est également très comparable. Les principales caractéristiques de la demande dans ces pays permettent à une entreprise d’aborder ce groupe de quelque 600 millions de personnes comme appartenant pratiquement à la même espèce. »

    Kenichi Ohmae, 1985, La Triade. Émergence d’une stratégie mondiale de l’entreprise, trad. de l’américain par C. Pommier, Paris, Flammarion, p. 21.
     »

    Leur conclusion n’est donc pas si éloignée de celle de Nicholas Lee dans le sens où on distingue toujours des inégalités mondiales et un « groupe de tête » composé des mêmes pays. Mais il est vrai que cela ne correspond pas à ce que montre la carte de la limite Nord-Sud telle qu’on la trace habituellement.


    4. Un clivage géopolitique

    Pour beaucoup, la ligne Nord-Sud représenterait autant un écart de développement qu’un seuil mal défini, une sorte de ligne de flottaison au-dessus de laquelle émergeraient les pays les plus développés. Marcin Wojciech Solarz souligne combien cette croyance ne tient pas, car le tracé de la ligne Nord-Sud, reprise depuis 1980 sans changement majeur d’une publication à l’autre, ne prend pas en compte le développement des pays (Solarz, 2020, p. 6–7). En un sens, c’est ce qu’ont voulu montrer Jean-Benoît Bouron, Laurent Carroué et Hélène Mathian : si on veut faire une typologie plus exacte, moins simpliste, des pays en fonction de critères socio-économiques, il faut abandonner la « limite Nord-Sud ». Et pourtant ! L’omniprésence, aujourd’hui dans les discours, du « Sud global » (davantage que du « Nord global »), montre bien que cette dichotomie fait sens à une expérience du Monde (Capdepuy, 2023). L’opposition Nord-Sud, qu’on a constamment voulu ramener à un écart de développement mesurable au niveau de richesse, a une dimension géopolitique qui a été gommée.

    On semble ainsi complètement oublier que cette vision du Monde a été inventée en 1959, en pleine guerre froide, et qu’elle prend sens par rapport à une autre division, Est-Ouest. Il faut réécouter ce que dit Willy Brandt le 9 décembre 1977, au château de Gymnich, lors de l’ouverture de la Commission Indépendante sur le Développement International :
    « 

    « L’exemple de ce que l’on a appelé l’Ostpolitik a montré qu’il est possible de changer le caractère d’un conflit et de trouver en son sein les éléments d’intérêt mutuel qui peuvent produire des solutions communes acceptables. Des différences fondamentales subsistent, mais de nouveaux domaines de coopération, s’ils sont correctement exploités, influencent même la scène idéologique.

    En tout état de cause, je suis prêt à m’engager dans une “Südpolitik” afin de réconcilier au moins certaines parties de la confrontation économique Nord-Sud. »

    Willy Brandt, “Opening address by Willy Brandt”, Gymnich Castle, 9 décembre 1977.
     »

    L’expression de Südpolitik n’a pas eu le succès de celle d’Ostpolitik, mais elle est révélatrice de l’esprit avec lequel cette commission était mise en place : une politique du Nord en direction du Sud dans l’espoir d’apaiser des relations perçues alors comme conflictuelles. L’équivalent de la « limite Nord-Sud » en allemand est « Nord-Süd-Konflikt ».

    Document 16. Le dialogue Nord-Sud en 1975–1977

    Ainsi est-il plus intéressant de cartographier la division Nord-Sud à partir de l’appartenance à deux ensembles géopolitiques dont l’origine remonte précisément au début des années 1960 lorsque l’expression a été imaginée : d’un côté, l’OCDE, l’Organisation de coopération et de développement économiques, créée en 1961 ; de l’autre, le G77, dont on a déjà dit qu’il avait été fondée en 1964, et qui comporte bien plus de membres aujourd’hui (document 16). La ligne Nord-Sud ne colle pas complètement. Le Mexique est membre de l’OCDE alors que la frontière mexicano-états-unienne est probablement un des lieux où la limite Nord-Sud est le plus tangible. L’ancien bloc communiste apparaît aussi encore en partie en blanc alors que l’URSS était considérée comme un pays du Nord. Il y a là une ambiguïté qui est intéressante, car révélatrice aussi de la posture ancienne de l’URSS et de la Russie d’aujourd’hui à se présenter non comme un pays du Sud, au sens où il serait sous-développé, mais comme un représentant des pays du Sud. Il y aurait une même logique de la conférence anti-impérialiste de Bruxelles en 1927 à la participation aux BRICS au XXIe siècle.

    Document 17. Pays développés au sens de l’Annexe B du Protocole de Kyoto

    Aujourd’hui, on a généralement tendance à considérer que la ligne Nord-Sud n’est qu’une abstraction, un artefact cartographique. Pourtant, il est un domaine où si la ligne n’est pas tracée, elle n’en divise pas moins les pays en deux catégories, c’est celui de la diplomatie climatique. Cette dichotomie a été actée lors du protocole de Kyoto en 1997 (Demaze, 2009) dont l’Annexe B a distingué deux groupes : d’une part, les pays développés et les ex-pays communistes d’Europe de l’Est, considérés comme « en transition vers une économie de marché » ; d’autre part, tous les autres pays du monde, qui ne sont pas listés, et qui correspondent aux pays en développement (document 17). Seuls les premiers devaient avoir baissé leurs émissions de gaz à effet de serre avant 2005. Le principe d’un tel clivage avait été ratifié à Rio de Janeiro lors de l’adoption de la Convention-cadre des Nations unies sur les changements climatiques, dont l’article 3 évoquait l’inégale responsabilité des pays dans le réchauffement du climat :
    « 

    « Il incombe aux Parties de préserver le système climatique dans l’intérêt des générations présentes et futures, sur la base de l’équité et en fonction de leurs responsabilités communes mais différenciées et de leurs capacités respectives. Il appartient, en conséquence, aux pays développés parties d’être à l’avant-garde de la lutte contre les changements climatiques et leurs effets néfastes. »

    Convention-cadre des Nations unies sur les changements climatiques, Nations unies, 1992, article 3, p. 5.

    Document 18. Les pays de l’Annexe I de la Convention-cadre des Nations Unies sur les changements climatiques (1992)

    Ce sont les mêmes pays développés listés dans l’Annexe I de la Convention-cadre de 1992 qu’on retrouve dans l’Annexe B du protocole de Kyoto, à deux exceptions près : la Biélorussie et la Turquie (document 18). Or cette liste de pays développés, qui implique une liste invisible, celle des pays non nommés, des pays non développés, n’a pas la neutralité de l’annexe à laquelle elle est remisée.

    Comme l’affirma le président ougandais Yoweri Museveni lors du sommet de l’Union africaine qui s’était tenue à Addis Abeba en janvier 2007, « le changement climatique est un acte d’agression des riches contre les pauvres ». Propos qui fut rapporté par la ministre des Affaires étrangères britannique Margaret Beckett, alors qu’elle présidait au nom du Royaume-Uni le premier Conseil de sécurité portant sur cette question le 17 avril 2007 (p. 19). Lors de cette même réunion, Nassir Abdulaziz Al-Nasser, représentant du Qatar, insista bien sur cette dichotomie :
    « 

    « Pour parvenir à une compréhension commune qui permette de résoudre le problème du changement climatique, nous ne devons pas oublier le principe, convenu lors de tous les sommets et conférences des Nations unies, des responsabilités communes et différenciées de tous les États. En conséquence, les pays riches, développés et industrialisés se voient attribuer des responsabilités différentes de celles des pays pauvres en développement. »

    Nations Unies, Conseil de sécurité, 17 avril 2007, PV 5663, p. 10
     »

    Cette question de la justice climatique est la pierre d’achoppement des négociations actuelles, comme on a encore pu le voir lors de la COP27 qui s’est tenu à Charm el-Cheikh en novembre 2022. « The Global South Is Done Playing Mr. Nice Guy » titrait le Foreign Policy : « Le Sud global a fini de jouer Monsieur Gentil » (Hockenos, 2022).

    En 2009, lors de de la COP15 de Copenhague, avait été émise l’idée d’un Fonds vert pour le climat. Celui-ci devait servir à financer « l’adaptation » des pays en développement les plus vulnérables aux conséquences du réchauffement climatique, en priorité les pays les moins avancés, les États insulaires en développement, les pays d’Afrique (UNFCC, 2010). Ce fonds a été créé l’année suivante lors de la COP16 : « les pays développés parties adhèrent, dans l’optique de mesures concrètes d’atténuation et d’une mise en œuvre transparente, à l’objectif consistant à mobiliser ensemble 100 milliards de dollars par an d’ici à 2020 pour répondre aux besoins des pays en développement » (UNFCC, 2011) – les pays en développement, c’est-à-dire ceux qui ne sont pas sur la liste de l’Annexe I de la Convention-cadre des Nations unies sur les changements climatiques de 1992. Le 29 novembre 2023, lors de l’ouverture de la COP 28 à Doubaï, le ministre des Affaires étrangères égyptien, Sameh Shoukry, qui avait présidé la COP 27, a rappelé que « nous ne pourrons pas atteindre nos objectifs communs sans l’adhésion de tous, et en premier lieu des pays du Sud », ajoutant :
    « 

    « Nous devons commencer à agir en faveur de la justice climatique et fournir les outils nécessaires dont nous avons déjà convenu à Charm el-Cheikh pour financer les pertes et les dommages, y compris la création d’un fonds. L’un des principaux résultats de la COP 28 est que le fonds soit pleinement opérationnel et financé. »

    United Nations Climate Change, « La COP 28 s’ouvre à Dubaï appelant à l’accélération de l’actio climatique et à une plus grande ambition face à l’escalade de la crise climatique », décembre 2023.
     »

    Plus de trente ans après, le clivage que cette catégorisation a acté perdure, quelle qu’ait été l’évolution économique des pays en question, et continue de diviser le Monde en deux : les pays développés et les pays en développement, le Nord et le Sud. Les problèmes sont communs, mais les responsabilités apparaissent différentes.

    Conclusion

    La dichotomie mondiale entre « Nord » et « Sud » ne date pas de 1980 (Capdepuy, 2018, p. 393). Il serait même possible de trouver les prémices d’une ligne Nord / Sud dans les décisions prises par différents papes au cours de la deuxième moitié du XVe siècle. On pense souvent à la ligne globale tracée « de pôle à pôle » par le traité de Tordesillas en 1494, mais on oublie la bulle Romanus Pontifex de 1454 qui donnait au roi du Portugal Alphonse V et à ses successeurs le droit de coloniser les territoires situés « à partir des caps Bojador et Nam jusqu’à toute la Guinée, c’est-à-dire en direction du Sud » [9]. Cette déclaration du pape dessinait une sorte de ligne distinguant deux mondes. Au sud d’une ligne qui correspondrait à peu près au 26e parallèle, on pouvait s’approprier tous les territoires et réduire en esclavage « Sarrasins et païens » ; au nord, c’était interdit. Les différents traités et bulles papales représentent à la fois la prétention absolue de puissances européennes, avec la bénédiction de l’Église catholique, à régenter un espace global dont elles n’avaient même pas encore fait le tour, et la dichotomie juridique instaurée entre l’Europe et le reste, qui était accaparable et exploitable, en un mot, colonisable.

    On pourrait considérer cela avec un certain scepticisme en arguant que tout cela est de l’histoire ancienne, sans rapport direct avec le Monde du XXIe siècle. On aurait tort. Pour preuve de l’actualité de ce rappel, le 30 mars 2023 a été publiée une Note commune sur la « Doctrine de la découverte » par le Dicastère pour la Culture et l’Éducation et le Dicastère pour le Service du Développement Humain Intégral. Rappelant la bulle Sublimis Deus prise par le pape Paul III en 1537 et condamnant déjà l’esclavagisation des populations indiennes, le Vatican a exprimé son rejet de ces bulles pontificales qui « n’ont pas reflété de manière adéquate l’égale dignité et les droits des peuples autochtones » et dont le contenu « a été manipulé à des fins politiques par des puissances coloniales concurrentes afin de justifier des actes immoraux à l’encontre des peuples autochtones qui ont été réalisés parfois sans que les autorités ecclésiastiques ne s’y opposent » :
    « 

    « L’Église est également consciente que le contenu de ces documents a été manipulé à des fins politiques par des puissances coloniales concurrentes afin de justifier des actes immoraux à l’encontre des peuples autochtones qui ont été réalisés parfois sans que les autorités ecclésiastiques ne s’y opposent. Il est juste de reconnaître ces erreurs, de reconnaître les terribles effets des politiques d’assimilation et la douleur éprouvée par les peuples autochtones, et de demander pardon. »

    « Joint Statement of the Dicasteries for Culture and Education and for Promoting Integral Human Development on the “Doctrine of Discovery” », Bollettino della Sala stampa della Santa Sede, 30 mars 2023.
     »

    Il reste que ce qui est visé ici ne concerne pas uniquement le Sud, mais aussi toute l’Amérique autochtone. De ce point de vue, la ligne Nord-Sud telle que dessinée sur la couverture du rapport de 1980 n’a aucune pertinence. Mais il n’est pas forcément besoin de tracer une ligne pour que le clivage entre ce qu’on appelle aujourd’hui le Nord global et le Sud global soit présent à l’esprit.

    Bibliographie

    Bouron Jean-Benoît, Carroué Laurent et Mathian Hélène, « Représenter et découper le monde : dépasser la limite Nord-Sud pour penser les inégalités de richesse et le développement », Géoconfluences, décembre 2022.
    Brandt Willy, 1963, The Ordeal Of Coexistence, Cambridge, Harvard University Press.
    Brandt Willy, “Opening address by Willy Brandt”, Gymnich Castle, 9 décembre 1977, in : Brandt Commission - Correspondence 11, 1771352, WB IBRD/IDA 03 EXC-10-4539S, Records of President Robert S. McNamara, World Bank Group Archives, Washington, D.C., United States.
    Brandt Willy (dir.), 1980, Nord-Sud : un programme de survie : Rapport de la Commission indépendante sur les problèmes de développement international, Paris, Gallimard, p. 6.
    Brandt Willy, My Life in Politics, trad. de l’allemand, New York, Viking, 1992, p. 341.
    Brunet Roger et Dollfus Olivier, Mondes nouveaux, Paris, Hachette. Chapitre écrit avec la collaboration de François Durand-Dastès.
    Capdepuy Vincent, 2007, « La limite Nord / Sud », Mappemonde, n° 88.
    Capdepuy Vincent, 50 histoires de mondialisations, Paris, Alma, 2018.
    Capdepuy Vincent, « Le Sud global, un nouvel acteur de la géopolitique mondiale ? », Géoconfluences, septembre 2023.
    Demaze Moïse tsayem, 2009, « Le protocole de Kyoto, le clivage Nord-Sud et le défi du développement durable », L’Espace géographique, Vol. 38, p. 139–156.
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    Grataloup Christian, « Nord / Sud, une représentation dépassée de la mondialisation ? », Les cafés géographiques. Café géo du 14 janvier 2015, mis en ligne le 8 février 2015.
    Grataloup Christian, Vision(s) du Monde : Histoire critique des représentations de l’Humanité, Paris, Armand Colin.
    Paul Hockenos, « The Global South Is Done Playing Mr. Nice Guy », Foreign Policy, 24 octobre 2022.
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    Lee Nicholas, “The Brandt Line after forty years : The more North-South relations change, the more they stay the same ?”, Review of International Studies, n° 47, 2021, pp. 85-106.
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    http://geoconfluences.ens-lyon.fr/informations-scientifiques/dossiers-thematiques/inegalites/articles/limite-nord-sud

    #Nord #Sud #Sud_global #ligne_Nord-Sud #cartographie #visualisation #manuels_scolaires #histoire #ressources_pédagogiques #Oliver_Franks #Walt_Rostow #Rostow #Willy_Brandt #ligne_Brandt #rapport_Brandt #Tiers-Monde #développement

  • De plus en plus de voix soulignent que les pays qui ont coupé leur financement à l’UNRWA le lendemain même de l’ordonnance de la cour internationale sont certainement en train de participer elles-mêmes au crime de génocide.

    J’aurais même tendance à penser que c’est là la réponse des amis d’Israël à l’ordonnance de la cour. C’est plus qu’un « contrefeu » destiné à détourner l’attention : au contraire, c’est ce qu’en anglais on nomme « power move » (An aggressive action taken to demonstrate power and dominance.) Montrer que la décision de la cour non seulement n’aura aucun effet pratique pour les Palestiniens (les médias ne cessent déjà de répéter que l’ordonnance est inutile, parce qu’elle sera sans effet), mais qu’au contraire plus on ira dans sur cette voie (de la justice internationale) et plus les Palestiniens souffriront.

  • Meetup Eric Mauvière - Avec DuckDB, gavez-vous d’open data ! - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=ajo0VBXT6ho

    Nouveau venu parmi les moteurs de requêtes, le « canard » bluffe les habitués par sa vélocité et sa simplicité d’usage. Avec un SQL moderne et amical, il écume tous les formats : CSV, Parquet, JSON et bien d’autres, y compris en ligne. Il se joue de vos dataframes R, Pandas ou Polars et se régale aussi avec les données spatiales.

    Pour vous donner envie de « quacker », rejoignez-nous pour cette présentation basée sur des cas d’usage concrets : elle vous ouvrira de nouveaux espaces et de belles envolées.

    00:00 Introduction
    05:49 Comment utiliser DuckDB
    36:45 Quelques points forts de DuckDB
    47:24 DuckDB, D’ou ça sort ?
    49:43 Savoir utiliser les nouveaux formats orientés colonnes..
    1:00:05 Perspectives et limites