• Au moins 22 migrants, dont sept enfants, se noient en mer Égée - InfoMigrants
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    Au moins 22 migrants, dont sept enfants, se noient en mer Égée
    Par La rédaction Publié le : 15/03/2024
    Au moins 22 personnes, dont sept enfants, ont péri dans un naufrage au large d’une île turque, ce vendredi 15 mars, en tentant de rejoindre la Grèce pour entrer en Europe. Seules quatre personnes ont survécu, selon le bilan des autorités, qui demeure encore provisoire. Ils espéraient rejoindre la Grèce pour mettre un pied sur le sol européen. Vendredi 15 décembre, le naufrage d’un canot pneumatique en mer Égée, au large des côtes nord-ouest de la Turquie, a fait au moins 22 victimes selon les autorités turques.
    « Les corps sans vie de 22 personnes dont sept enfants ont été retrouvés » a indiqué le gouvernorat de la province de Cannakkale dans un communiqué ce vendredi après-midi. Leurs nationalités ne sont pas encore connues.
    Le canot a chaviré au large de l’île turque de Gökçeada, à une cinquantaine de kilomètres de l’île grecque de Limnos, selon la communication du gouvernorat. Le drame se serait déroulé dans la nuit de jeudi à vendredi, relate l’agence de presse turque Anadolu.
    Quatre survivants Des garde-côtes ont été dépêchés sur place pour tenter de secourir d’autres personnes. Deux hélicoptères, un drone et un avion survolent la zone, ont précisé les autorités locales dans leur communiqué. Pas moins de 18 bateaux de secours et 502 agents sont mobilisés pour cette opération.
    Le nombre connu de victimes reste donc, pour le moment, provisoire. Une précédente communication officielle faisait état de 16 morts, avant que ce bilan ne s’alourdisse à 22 au fil de la journée. Au moins quatre personnes ont survécu au naufrage, ont précisé les autorités. Deux de ces survivants ont pu atteindre, à la nage, une plage située plus au nord, raconte l’agence de presse Anadolu. De là, ils ont pu lancer l’alerte et déclencher l’opération de secours. Deux autres survivants ont pu être secourus par les garde-côtes turcs. Toujours selon l’agence de presse, des ambulances ont été envoyées dans un port voisin, afin d’acheminer les corps repêchés vers les morgues des hôpitaux.
    Augmentation des arrivées sur les îles grecques depuis la Turquie, et des refoulements Début mars, le Conseil européen pour les réfugiés et les exilés (ECRE) s’inquiétait de l’augmentation des arrivées de migrants sur les îles grecques depuis la Turquie. Les garde-côtes turcs ont indiqué pour leur part avoir secouru ou intercepté, depuis le début de cette semaine, plusieurs centaines de migrants tentant la traversée vers la Grèce. La présence d’enfants a souvent été constatée. En novembre, au moins cinq personnes sont mortes noyées après le naufrage de leur embarcation, au large de la province turque d’Izmir. Un mois avant, le 17 octobre, un homme et une femme avaient déjà péri dans deux naufrages en mer Égée : l’un au large de Lesbos, l’autre près des côtes de Samos, plus au sud.
    L’ONG Aegean Boat Report (ABR) a produit un rapport d’observation hebdomadaire pour la semaine du 4 mars, recensant pas moins de 49 tentatives de départ par bateaux, pour 1 492 personnes, depuis la côte turque vers les îles grecques. Seuls dix de ces bateaux ont atteint leur destination. Tous les autres ont été soit interceptés par les garde-côtes turcs, soit refoulés par les garde-côtes grecs.
    Pushbacks
    L’organisation note ainsi l’"augmentation des refoulements en mer par les autorités grecques", y compris par « l’utilisation illégale » de radeaux de sauvetage. Ainsi, au cours de la seule semaine du 4 mars, l’ONG constate que « 105 personnes ont été laissées à la dérive, impuissantes, dans cinq radeaux de sauvetage en mer Égée ».
    Selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), 3 105 migrants sont morts ou portés disparu en Méditerranée en 2023. C’est le plus lourd bilan de l’institution depuis 2017. Rien que depuis janvier, 360 migrants sont décédés ou portés disparus, recense encore l’OIM. Le 13 mars, l’équipage de l’Ocean Viking, navire de SOS Méditerranée, a secouru 25 survivants qui se trouvaient à bord d’un canot pneumatique dans lequel 60 personnes sont mortes. Leurs corps ont été jetés à la mer, au large de la Libye, ont témoigné les rescapés.

    #Covid-19#migration#grece#mediterranee#libye#traversee#mortalite#sante#refoulement##OIM#ONG#ECRE#turquie

  • I dati che raccontano la guerra ai soccorsi nell’anno nero della strage di Cutro

    Nel 2023 le autorità italiane hanno classificato come operazioni di polizia e non Sar oltre mille sbarchi, per un totale di quasi 40mila persone, un quarto degli arrivi via mare. Dati inediti del Viminale descrivono la “strategia” contro le Ong e l’intento di creare l’emergenza a Lampedusa concentrando lì oltre i due terzi degli approdi.

    Nell’anno della strage di Cutro (26 febbraio 2023) le autorità italiane hanno classificato come operazioni di polizia oltre 1.000 sbarchi, per un totale di quasi 40mila persone, poco più di un quarto di tutti gli arrivi via mare. Questo nonostante gli effetti funesti che la confusione tra “law enforcement” e ricerca e soccorso ha prodotto proprio in occasione del naufragio di fine febbraio dell’anno scorso a pochi metri dalle coste calabresi, quando morirono più di 90 persone, e sulla quale sta indagando la Procura di Crotone.

    Quello degli eventi strumentalmente classificati come di natura poliziesca in luogo del soccorso, anche dopo i fatti di Cutro, è solo uno dei dati attraverso i quali si può leggere come è andata lo scorso anno nel Mediterraneo. È possibile farlo dopo aver ottenuto dati inediti dal ministero dell’Interno, che rispetto al passato ha fortemente ridotto qualità e quantità degli elementi pubblicati nel cruscotto statistico giornaliero e nella sua rielaborazione di fine anno.

    Prima però partiamo dai dati noti. Nel 2023 sono sbarcate sulle coste italiane 157.651 persone (il Viminale talvolta ne riporta 157.652, ma la sostanza è identica). Il dato è il più alto dal 2017 ma inferiore al 2016, quando furono 181.436. Le prime cinque nazionalità dichiarate al momento dello sbarco, che rappresentano quasi il 50% degli arrivi, sono di cittadini della Guinea, Tunisia, Costa d’Avorio, Bangladesh, Egitto. I minori soli sono stati 17.319.

    E qui veniamo ai dati che ci ha trasmesso il Viminale a seguito di un’istanza di accesso civico generalizzato. La stragrande maggioranza delle persone sbarcate è partita nel 2023 dalla Tunisia: oltre 97mila persone sulle 157mila totali. Segue a distanza la Libia, con 52mila partenze, quasi doppiata, e poi più dietro la Turchia (7.150), Algeria, Libano e finanche Cipro.

    Come mostrano le elaborazioni grafiche dei dati governativi, ci sono stati mesi in cui dalla Tunisia sono sbarcate anche oltre 20mila persone. Una tendenza che ha conosciuto una brusca interruzione a partire dal mese di ottobre 2023, quando gli sbarchi in quota Tunisia, al netto delle condizioni meteo marine, sono crollati a poco meno di 1.900, attestandosi poco sotto i 5mila nei due mesi successivi.

    Tradotto: l’ultimo trimestre dello scorso anno ha visto una forte diminuzione degli sbarchi provenienti dalla Tunisia, Paese con il quale Unione europea e Italia hanno stretto il “solito” accordo che prevede soldi e forniture in cambio di “contrasto ai flussi”, ovvero contrasto ai diritti umani. È lo schema libico, con le differenze del caso. Il ministro Matteo Piantedosi il 31 dicembre 2023, intervistato da La Stampa, ha rivendicato la bontà della strategia parlando di “121.883 persone” (dando l’idea di un conteggio analitico e quotidiano) “bloccate” grazie alla “collaborazione con le autorità tunisine e libiche”.

    Un altro dato utilissimo per capire come “funziona” la macchina mediatica della presunta “emergenza immigrazione” è quello dei porti di sbarco. Il primo e incontrastato porto sul quale lo scorso anno è stata scaricata la stragrande maggioranza degli sbarchi è Lampedusa, con quasi 110mila arrivi (di cui “solo” 7.400 autonomi) contro i 5.500 di Augusta, Roccella Jonica, i 4.800 di Pantelleria e i 3.800 di Catania. In passato non è sempre stato così. Ma Lampedusa è troppo importante per due ragioni: dare in pasto all’opinione pubblica l’idea di una situazione esplosiva e ingestibile, bloccando i trasferimenti verso la terraferma (vedasi l’estate 2023), e contemporaneamente convogliare quanti più richiedenti asilo potenziali possibile nella macchina del trattenimento dell’hotspot.

    Benché in Italia si sia convinti che a soccorrere le persone in mare siano solo le acerrime nemiche Ong, i dati, ancora una volta, confermano il loro ruolo ridotto a marginale dopo anni di campagne diffamatorie, criminalizzazione penale e vera e propria persecuzione amministrativa. Nel 2023, infatti, gli assetti delle Organizzazioni non governative hanno salvato e sbarcato in Italia neanche 9mila persone. Poco più del 5% del totale. Anche nei mesi più intensi degli arrivi la quota delle Ong è stata limitata.

    Come noto, le poche navi umanitarie intervenute sono state deliberatamente indirizzate verso porti lontani. Il primo per numero di persone sbarcate è stato Brindisi (quasi 1.400 sbarcati su 9mila), ovvero 285 miglia in più rispetto al Sud-Ovest della Sicilia. Segue Lampedusa con 980, vero, ma poi ci sono Carrara (535 miglia di distanza in più dalla Sicilia), Trapani, Salerno, Bari, Civitavecchia, Ortona.

    Non è facile dire quanti giorni di navigazione in più questa “strategia” brutale abbia esattamente determinato. Un esperto operatore di ricerca e soccorso in mare aiuta a fare due conti a spanne: “Le navi normalmente viaggiano a meno di dieci nodi, calcolando una velocità di sette nodi andare a Brindisi implica circa 41 ore in più rispetto ai porti più vicini del Sud della Sicilia, come ad esempio Pozzallo. E per arrivare a Pozzallo dalla cosiddetta ‘SAR 1’, a Ovest di Tripoli, partendo da una distanza dalla costa libica di circa 35 miglia, tra Zuara e Zawiya, ci vogliono circa 24 ore”.

    Una recente analisi di Sos Humanity -ripresa dal Guardian a metà febbraio- ha stimato che questo modus operandi delle autorità italiane possa aver complessivamente fatto perdere alle navi delle Ong 374 giorni di operatività. Nell’anno in cui sono morte annegate ufficialmente almeno 2.500 persone e intercettate dalle milizie libiche e riportate indietro, sempre ufficialmente, quasi 17.200 (con l’ancora una volta dimostrata complicità dell’Agenzia europea Frontex). Ma sono tempi così oscuri che ostacolare le “ambulanze” è divenuto un vanto.

    https://altreconomia.it/i-dati-che-raccontano-la-guerra-ai-soccorsi-nellanno-nero-della-strage-

    #statistiques #débarquement #Italie #migrations #réfugiés #chiffres #sauvetage #ONG #SAR #search-and-rescue #Méditerranée #Lampedusa #law_enforcement #2023 #Tunisie #Libye #externalisation #accord #urgence #hotspot

  • #Pesticides : pourquoi l’indicateur d’usage choisi par le gouvernement est contesté par les #ONG et les #chercheurs
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2024/02/22/pesticides-pourquoi-l-indicateur-d-usage-choisi-par-le-gouvernement-est-cont
    #ecophyto

    Pour comprendre, il faut saisir l’étendue des différences d’approche entre le NODU et le HRI-1. « Le "NODU mesure l’intensité du recours aux pesticides en se fondant, pour chaque substance, sur la #dose maximale homologuée à l’hectare », explique M. Barbu. Dix kilogrammes d’un produit appliqué sur une culture auront ainsi le même poids, dans le NODU, qu’un seul kilogramme d’une autre #molécule qui serait dix fois plus efficace. « On reproche souvent au NODU de ne pas tenir compte du risque inhérent à chaque #substance active, ajoute le chercheur. Techniquement, c’est exact, mais on comprend bien que l’efficacité d’une molécule est aussi une mesure des risques inhérents à son usage, même si cette mesure est imparfaite. »

    Au contraire, le #HRI-1 ne tient pas compte des doses d’application homologuées pour chaque molécule. « L’une des limites majeures de cet indicateur est de cumuler des quantités de substances actives utilisées à quelques grammes à l’hectare, avec d’autres utilisées à plusieurs kilogrammes à l’hectare », explique Jean-Noël Aubertot, agronome à l’Inrae et président du CST du plan Ecophyto. « C’est un peu comme si on additionnait les poids de bombes A et de bâtons de dynamite, illustre M. Barbu. Cela n’a pas grand sens. »

    Le HRI-1 a bien un système de pondération des quantités utilisées, en fonction des substances, mais il ne s’appuie pas sur leur efficacité. Il divise en quatre catégories les pesticides : ceux considérés à faible risque, ceux qui sont approuvés sans être à faible risque, ceux qui sont considérés comme problématiques et devant être remplacés et enfin ceux qui ne sont plus approuvés car trop dangereux. Des facteurs multiplicatifs sont appliqués aux quantités de pesticides selon leur classement dans ces quatre catégories : 1 pour les #produits appartenant à la première, 8 pour la deuxième, 16 pour la troisième et 64 pour la quatrième.

    Comment ces facteurs de pondération ont-ils été établis ? « Apparemment au doigt mouillé, répond M. #Barbu. Il n’y a aucune justification scientifique derrière ces facteurs de pondération, puisqu’ils ne tiennent compte que du statut réglementaire des molécules, et non des risques réels liés à leur usage, qui peuvent en outre être très différents selon qu’on parle de risques sanitaires ou environnementaux. »

    • Corentin Barbu donne un exemple. « Aujourd’hui, le glyphosate représente environ 50 % des usages herbicides en France, et il est homologué pour une application de 1,6 kilogramme à l’hectare, explique le chercheur. Une nouvelle molécule herbicide en cours d’évaluation pourrait arriver prochainement sur le marché et son taux d’application est de l’ordre de 1 gramme par hectare, soit 1 600 fois moins. »

      Le simple remplacement du glyphosate par cette nouvelle substance induirait une réduction considérable de l’indice HRI-1. « Or une telle substitution ne changerait fondamentalement rien à l’usage réel des pesticides, ni aux risques pour la biodiversité, dit M. Barbu. Si ce n’est qu’on remplacerait le glyphosate par une molécule nouvelle, sur laquelle on n’a aucun recul. »

      En dépit des limites du HRI-1, le NODU n’est pas parfait. Le CST suggère ainsi des améliorations de l’indice plutôt que son remplacement. « Nous allons continuer à travailler dans les prochains mois sur la question, dit M. Aubertot. L’indice idéal serait calculable au niveau européen, tiendrait compte des risques pour la santé et la biodiversité, mais aussi des doses d’application des substances actives, c’est-à-dire de leur efficacité. » La question est surtout de savoir si cet indice « idéal » serait politiquement désirable.

  • Naufrage de migrants dans la Manche : une association porte plainte contre les secours en mer
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/02/06/naufrage-de-migrants-dans-la-manche-une-association-porte-plainte-contre-les

    Naufrage de migrants dans la Manche : une association porte plainte contre les secours en mer
    Par Julia Pascual
    Une plainte pour « homicide involontaire » et « omission de porter secours » a été déposée, vendredi 2 février, à l’encontre du directeur du centre régional opérationnel de surveillance et de sauvetage (Cross) de Gris-Nez (Pas-de-Calais), du préfet maritime de la Manche et de la mer du Nord et des gardes-côtes anglais. Dans cette plainte transmise au procureur de la République du tribunal judiciaire de Boulogne-sur-Mer (Pas-de-Calais), dont Le Monde a pris connaissance, l’association d’aide aux migrants Utopia 56 met en cause la façon dont les autorités françaises et britanniques ont traité, le 14 décembre 2022, l’appel à l’aide d’une embarcation pneumatique qui tentait de rejoindre l’Angleterre.
    Au moins quatre personnes sont mortes noyées cette nuit-là et trente-neuf ont été secourues par les Britanniques et un chalutier, parmi lesquelles des ressortissants d’Afghanistan, d’Irak, du Sénégal et d’Inde.« Bonjour mon frère, nous sommes dans un bateau et nous avons un problème. S’il vous plaît, à l’aide. Nous avons des enfants et la famille dans le bateau. Et un bateau, de l’eau qui arrive. Nous n’avons rien pour le sauvetage, pour la sécurité. S’il vous plaît, aidez-moi mon frère. S’il vous plaît. S’il vous plaît. S’il vous plaît. Nous sommes dans l’eau, nous avons une famille. » A 2 h 54, cette nuit-là, l’association Utopia 56 reçoit un message de détresse vocal sur son téléphone d’urgence, par l’application WhatsApp. Il laisse entendre des personnes en pleurs et un moteur en marche. Le canot pneumatique partage sa localisation, dans les eaux françaises.
    Quelques minutes plus tard, l’association transmet l’information par téléphone au Cross de Gris-Nez, l’instance qui coordonne les secours en mer côté français. Un mail est envoyé dans la foulée au Cross ainsi qu’aux secours anglais. « Problème : eau dans le bateau (…) Il y a des familles avec des enfants à bord (…) Ils demandent de l’aide de façon urgente », y précise l’association.
    Que s’est-il alors passé ? « En dépit des informations communiquées (…), les services de secours français, tout comme les services de secours britanniques, ne sont pas intervenus sans délai, estime Utopia 56 dans sa plainte. Il apparaît en effet que le premier bateau des secours britanniques a quitté la côte à 3 h 40, soit plus de quarante minutes après l’appel de l’association. » Les secours anglais ont diffusé un « Mayday » faisant état du canot en train de couler à 4 h 21. D’après le communiqué du Cross diffusé le lendemain du naufrage, le canot aurait continué de progresser jusqu’aux eaux anglaises, après l’alerte donnée par Utopia 56. Le Cross aurait fait relocaliser l’embarcation et exercer une « veille attentive » par deux navires commerciaux successivement avant que les Britanniques n’envoient des secours.
    Le déroulé des événements relatés par Utopia 56 dans sa plainte combine des éléments communiqués par la préfecture maritime, des images prises par un chalutier anglais, l’Arcturus, qui a porté secours à l’embarcation, ainsi que les déclarations de son capitaine relayées dans la presse. L’association s’appuie aussi sur un rapport publié en décembre 2023 par le réseau d’activistes Alarm Phone, qui a notamment assisté en Angleterre au procès – toujours en cours – d’Ibrahim Bah, un Sénégalais de 19 ans qui conduisait l’embarcation cette nuit-là. Il est poursuivi pour « homicide involontaire » et « violation des lois sur l’immigration ». Les audiences ont notamment été l’occasion pour plusieurs rescapés de témoigner des circonstances du naufrage.
    A travers cet ensemble d’éléments, il apparaît que les migrants auraient appelé d’eux-mêmes les secours français, sans résultat, tandis que de l’eau entrait dans le canot. Les passagers en détresse se seraient par ailleurs portés vers un premier bateau de pêche qui aurait refusé de leur porter secours. Puis ils se seraient portés vers l’Arcturus, qui pêchait des coquilles Saint-Jacques dans les eaux britanniques, à environ 14 kilomètres des côtes anglaises. Pour attirer l’attention, les passagers auraient appelé à l’aide et plusieurs d’entre eux auraient sauté à l’eau pour nager jusqu’à s’agripper au filet de pêche du chalutier.
    Les rescapés ont rapporté lors du procès que la panique augmentait à bord du canot avarié. Ses occupants se seraient levés et l’effet conjugué de leur poids et de leur agitation aurait fait céder le plancher. « Comme le bateau s’est effondré sur lui-même, faisant tomber une partie des gens, certains sont restés coincés à l’intérieur », aurait déclaré un rescapé, d’après Alarm Phone.
    Finalement, l’équipage de l’Arcturus est parvenu à accoster le canot et à l’accrocher par une corde pour ensuite commencer à faire monter à son bord des naufragés. Sur des images prises par les pêcheurs, et diffusées par la presse britannique, on voit des personnes dans l’eau au milieu des boudins pneumatiques. D’après le communiqué du Cross, la température de la mer était de l’ordre de 10 degrés, « réduisant la durée de survie d’un naufragé à moins de deux heures ». Les personnes « sont restées pendant un long moment dans les eaux glacées de la Manche, en cherchant à s’accrocher à l’embarcation dégonflée dans l’attente de l’arrivée des secours », détaille la plainte.
    Une photo prise par l’équipage de l’Arcturus montre notamment le cadavre flottant d’un homme qui s’était accroché à une corde du chalutier. Au moins quatre personnes sont mortes noyées cette nuit-là mais cinq autres pourraient avoir disparu, le nombre de passagers n’étant pas connu de façon certaine.Dans son rapport, Alarm Phone s’interroge sur les moyens déployés par les pêcheurs pour secourir les migrants, sans jamais jeter de radeaux ou de gilets de sauvetage, mais prenant le temps de faire des images. Une façon de souligner le manque de maîtrise de la procédure par les pêcheurs, « alors que les services français avaient les moyens opérationnels d’intervenir immédiatement », souligne Utopia 56, convaincue que « le renvoi de responsabilité entre les services a immanquablement retardé le début de l’opération de recherche ».
    Des traversées « de plus en plus dangereuses »
    En 2023, un peu moins de 30 000 migrants ont rejoint les côtes anglaises par la mer, contre plus de 45 000 en 2022. Douze personnes sont décédées au cours de l’année, a précisé vendredi le préfet maritime de la Manche et de la mer du Nord, Marc Véran, lors d’une conférence de presse. Il a également regretté des traversées « de plus en plus dangereuses », notamment du fait d’embarcations davantage chargées et parce que « certains migrants en détresse n’acceptent pas notre assistance ».
    Le préfet a aussi déclaré avoir fait des « signalements » pour dénoncer « des associations » qui font « le jeu des passeurs » en avertissant le Cross de « faux départs » et de « fausses urgences ». « On est obligé d’envoyer des secours là où il n’y a rien du tout, a-t-il assuré. Ça leurre les forces de sécurité. » « Le préfet accuse les associations sans aucun fondement et cherche simplement à détourner l’attention et à se dédouaner », réagit Nikolaï Posner, d’Utopia 56. Une instruction pénale sur les circonstances du naufrage survenu le 24 novembre 2021, au cours duquel au moins vingt-sept personnes sont mortes, est par ailleurs toujours en cours. Dans ce cadre, sept militaires du Cross et du patrouilleur de service public Flamant sont notamment mis en examen pour « non-assistance à personne en danger ».

    #Covid-19#migrant#migration#france#manche#merdunord#traversee#mortalite#ong

  • Les mineurs étrangers non accompagnés, si loin de leurs parents : « Je ne peux pas tout raconter à ma mère. Ça la tuerait »
    https://www.lemonde.fr/intimites/article/2024/01/20/les-mineurs-etrangers-non-accompagnes-si-loin-de-leurs-parents-je-ne-peux-pa

    Les mineurs étrangers non accompagnés, si loin de leurs parents : « Je ne peux pas tout raconter à ma mère. Ça la tuerait »
    Par Audrey Parmentier
    Patrice, 17 ans, est fier de présenter l’appartement où il a été placé, dans le 19e arrondissement de Paris : « Ici, c’est la chambre d’un Malien, là celle d’un Ivoirien et voici ma chambre. » L’adolescent camerounais, qui (comme tous les autres mineurs interrogés) a décidé de ne pas dévoiler son identité, montre une pièce ordonnée à la décoration sommaire. Posée sur son bureau dégagé, une pochette bordeaux. A l’intérieur, une boîte d’antidépresseurs. « C’est le psychiatre qui me les a prescrits. »
    Celui qui suit une formation de menuiserie a traversé de nombreuses étapes avant d’arriver à Paris. S’il a quitté le Cameroun, c’est pour une seule personne : sa mère malade. « Elle vendait des beignets dans la rue, elle s’est intoxiquée avec la fumée », relate ce mineur non accompagné (MNA) arrivé en France en mai 2022. A Douala, capitale économique, son père tenait le foyer à bout de bras. « Il est mort il y a trois ans à cause d’une maladie à l’estomac. » Patrice gagnait un peu d’argent pour nourrir sa mère et son frère jumeau : il portait les sacs des clients dans les supermarchés contre une poignée de francs CFA. Une rémunération insuffisante qui l’a poussé à traverser la frontière sans prévenir sa famille.
    « Ma mère n’aurait jamais accepté que je parte », confie Patrice. Sa vie, il l’avait d’abord imaginée au Nigeria, où il est resté deux jours avant de marcher vers l’Europe : Niger, Algérie puis Libye. Assis sur son lit, le jeune homme raconte son calvaire à Tripoli : il y est fait esclave et emprisonné à deux reprises. « Ces choses sont trop douloureuses, je ne peux pas les raconter à ma mère. Ça la tuerait. » La veille, Patrice lui a encore envoyé de l’argent : « Mon éducatrice me conseille de tout garder, mais je ne veux pas. Ce n’est pas grave si je ne mange pas. » De la précarité qu’il connaît à Paris, sa mère ne saura rien. « Ici, c’est pire que la Libye. Quand tu arrives en France, tu penses que le cauchemar s’arrête, mais non. »
    A son arrivée dans la capitale, Patrice est évalué par le Département, qui refuse sa prise en charge, estimant que le jeune homme n’est pas mineur. Sans ressources, Patrice vit plusieurs mois dans le bois de Vincennes, le temps de former un recours devant le tribunal des enfants. En octobre 2022, il est placé par l’aide sociale à l’enfance (ASE). D’abord dans un hôtel à Châtillon (Hauts-de-Seine), puis dans cet appartement, en septembre 2023.
    Un parcours similaire à celui d’une grande majorité des mineurs non accompagnés. En attendant une date d’audience pour la reconnaissance de leur minorité, et ainsi leur prise en charge par l’ASE, ils subissent la précarité et dorment dehors. « Je mentais à ma famille, car la vérité était trop dure. Je disais que je mangeais à ma faim et que je dormais dans un lit », se souvient Thierno (prénom modifié), 17 ans, maintenant placé dans un foyer de l’ASE des Yvelines.
    Cacher la vérité permet de camoufler une désillusion amère : « Quand j’étais au pays, je voyais les choses en grand. Aujourd’hui, je me rends compte que les professeurs de géographie nous ont menti. » Le jeune homme guinéen a longtemps rêvé d’Europe. C’est d’ailleurs pour rejoindre le « Vieux Continent » qu’il a abandonné le nid familial contre l’avis de ses parents.« J’ai pris cette décision à 50 %. Un ami de mon oncle voulait que je parte avec lui et il m’a emmené », raconte ce fils d’un commerçant et d’une mère au foyer. Pendant deux mois, sa famille reste sans nouvelles de lui. « Je ne voulais pas l’avoir au téléphone, j’avais peur que ma mère me dise de revenir », ajoute Thierno, les larmes aux yeux. Parler de ses parents, cela lui fait « remonter des émotions ».
    Une fois en France, une chape de plomb s’abat sur le passé de ces garçons. Un silence alimenté par le processus de reconnaissance de leur minorité. Au cours d’une évaluation, les MNA doivent prouver deux choses : avoir moins de 18 ans et être isolés. Pour satisfaire aux critères de l’évaluateur, il leur est conseillé de dire, par exemple, que leurs parents sont morts. Même si cela n’est pas toujours vrai.Ces adolescents marchent sans arrêt sur un fil, rapporte Noémie Paté, chercheuse en sociologie et maîtresse de conférences à l’Institut catholique de Paris. « D’un côté, le juge des enfants les encourage à renouer avec leur famille, mais de l’autre, ces jeunes savent que le titre de séjour est facilité quand ils n’ont plus de contact avec leurs parents. » En 2022, 14 782 mineurs non accompagnés sont entrés dans le dispositif de protection de l’enfance.
    « Je regrette de n’avoir personne qui veille sur moi, explique Thierno, qui vit douloureusement la séparation d’avec sa famille. Hier, j’avais mal au ventre. L’éducatrice de l’ASE ne répondait pas et je voulais aller aux urgences. Quand tu as tes parents, ce sont eux qui s’occupent de ça. » Il se tourne vers Marie (qui préfère ne pas donner son nom), bénévole aux Midis du Mie, une association d’aide aux adolescents étrangers. C’est elle qu’il a contactée récemment pour une opération chirurgicale. En deuxième année de CAP boulangerie, Thierno a été mis en arrêt maladie pendant trois semaines après son opération. Angoissé, il essaie d’arracher quelques paroles rassurantes à Marie : « Tu penses que mon patron me croit ? » A plusieurs reprises, il répète ressentir « une pression » du fait de se retrouver livré à lui-même.
    En face de lui, Adama acquiesce. Flanqué d’un tee-shirt de l’équipe de France orange et violet, le jeune Malien, 19 ans, a besoin d’une vingtaine de minutes avant de se sentir à l’aise. « Il faut se cogner la tête pour se souvenir », plaisante le jeune homme avant de dérouler son histoire. En 2018, il quitte la Mauritanie direction « la tour Eiffel ». Une décision qu’il prend seul : il ment à sa mère, lui disant qu’il part à Nouakchott, la capitale. A la place, il rejoint le Maroc avec d’autres jeunes de son âge. A 14 ans, Adama laisse derrière lui un petit boulot de berger payé au lance-pierre et quatre sœurs. « Je ne regrette pas, je n’avais pas d’avenir en Mauritanie », justifie celui qui, sur les 475 euros gagnés par mois grâce à son CAP plomberie, envoie un peu d’argent à sa mère. « J’ai mis du temps avant de lui dire que j’étais à Paris, elle était très inquiète. »
    Son titre de séjour en poche, Adama est fier de son parcours. Son prochain objectif : retourner en Mauritanie pour rendre visite à sa famille qu’il n’a pas vue depuis cinq ans. Selon Noémie Paté, « certains jeunes voient le départ comme un acte d’émancipation. Ils prennent la route dans l’objectif de rompre avec la tradition parentale et de conquérir une place sociale ». L’un des schémas classiques est celui de l’aîné de la fratrie qui migre en Europe pour subvenir aux besoins de sa famille.
    Loin de leurs proches, et malgré leur maturité, ces jeunes continuent à avoir des besoins d’enfant. « Les MNA veulent être protégés, aller à l’école, avoir un lieu sûr… », considère Marie Rose Moro, cheffe de service de la Maison de Solenn, qui abrite dans le 14e arrondissement de Paris une antenne destinée aux mineurs non accompagnés. En 2022, plus de 150 jeunes y ont bénéficié d’un suivi psychologique.De temps en temps, l’intervention des parents est indispensable. Comme pour ce jeune Afghan, Massoud, qui a plusieurs tentatives de suicide à son actif. « Il avait fait le trajet depuis un camp de réfugiés en Iran avec son cousin qu’il avait perdu sur la route en Allemagne. A cause de cela, il disait avoir failli à sa mission de “chef de famille”. Il ne se sentait plus digne d’en faire partie », narre Marie Rose Moro. Face à cette situation d’urgence, la pédopsychiatre retrouve sa mère grâce à la Croix-Rouge : « Au téléphone, elle l’a rassuré et Massoud allait beaucoup mieux. »
    D’autres jeunes n’ont pas cette chance. A l’instar de Jean, un Camerounais de 16 ans, qui n’a jamais connu sa mère. Et son père ? Un voile se pose sur ses yeux : « Il était violent et voulait me mettre dans la magie noire… C’est pour cela que j’ai voulu m’échapper. » Emmitouflé dans une polaire orange fluo, le jeune homme décrit une vie sans parents : « Dès 9 ans, je dormais seul dans les rues. Très vite, je ne pouvais plus réfléchir comme un bébé. » Lui-même le constate, son enfance lui a été confisquée.
    En septembre 2023, Jean est arrivé en France et a été accueilli par une dame retraitée à Versailles, grâce au réseau de l’association d’aide aux personnes étrangères Utopia 56. Depuis, il se remet à rêver, surtout au basket, son sport préféré. « Je vais percer. Je dois me fixer la barre très haut pour réussir », dit ce fan des Lakers. Son hébergeuse lui a déjà offert un ballon, un équipement et des chaussures, pour un nouveau départ.

    #Covid-19#migration#migrant#france#MNA#sante#santementale#minorite#ASE#ONG

  • Face à la vague de froid en Ile-de-France, la détresse de jeunes exilés « ni majeurs ni mineurs » aux yeux de l’Etat
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/01/19/face-a-la-vague-de-froid-en-ile-de-france-la-detresse-de-jeunes-exiles-ni-ma

    Face à la vague de froid en Ile-de-France, la détresse de jeunes exilés « ni majeurs ni mineurs » aux yeux de l’Etat
    Par Fatoumata Sillah
    Lasso Camara a regardé, dans un froid glacial, les flocons de neige recouvrir Paris dans la nuit de mercredi à jeudi. Le thermomètre est descendu jusqu’à − 5 °C. Paire de gants, chaussettes, pulls et couette issus de dons ne suffisent pas à le réchauffer. Le jeune Guinéen de 17 ans, arrivé à Paris il y a trois semaines, dort dans une tente sous le pont de Notre-Dame, en face de la Seine, et ce, depuis le mardi 9 janvier. C’était sa première nuit dehors, alors qu’une vague de froid touchait déjà l’Hexagone avec des températures négatives sur presque tout le territoire. L’adolescent n’a pas trouvé de solution d’hébergement d’urgence.
    Aux yeux des associations, Lasso est un « mijeur » (contraction de mineur et majeur). Aux yeux de l’Etat, il n’entre dans aucune case administrative. Ni officiellement mineurs ni majeurs, ces exilés n’ont pas obtenu la reconnaissance de leur minorité à leur arrivée en France, après une évaluation du département où ils ont tenté leur chance. Leurs documents d’identité, quand ils en ont, les preuves écrites de leurs parcours, ainsi que leurs récits, témoignent pourtant du contraire. S’ensuit alors une bataille administrative durant laquelle ils sont exclus des dispositifs de protection de l’enfance et ne peuvent prétendre aux aides réservées aux majeurs.
    « Des évaluateurs partent du principe que ces jeunes sont malhonnêtes », plutôt que de prouver leur minorité, « ils vont tenter de prouver qu’ils mentent et qu’ils sont incohérents », analyse Patricia Mothes, maîtresse de conférences en sciences de l’éducation à l’Institut catholique de Toulouse, dont les recherches portent notamment sur la scolarisation des enfants migrants.
    Après que le plan Grand Froid a été déclenché, le gouvernement a annoncé le déblocage d’une enveloppe correspondant à 10 000 places supplémentaires d’hébergement d’urgence en Ile-de-France. Paris a ouvert un gymnase pour mettre à l’abri cinquante jeunes durant quelques jours. Mais Lasso n’a pas obtenu de place. Ni lui, ni la centaine de migrants de toutes nationalités qui dorment dans les trente-neuf tentes de son campement, ou les près de six cents autres dispersés dans au moins une vingtaine de sites, identifiés par l’association de défense des exilés Utopia 56, dans Paris et sa première couronne.
    Le 115, numéro d’urgence pour les personnes sans abri, est, lui, saturé. « Quand on l’appelle, on ne nous répond pas, ou on nous rappelle que seuls les majeurs sont pris en charge. Quand on appelle le 119 [service de protection d’enfants en danger], personne ne vient nous chercher », rapporte Yacoub Cissé, 16 ans et voisin de Lasso. Alors, c’est la rue et pendant les épisodes de grand froid, « vraiment, c’est dur ». « Moi, j’ai cru que j’étais à la limite de mourir cette nuit. Il faisait tellement froid », témoigne, toujours choqué, Sekouba Traoré, 16 ans. Dans une boucle WhatsApp dédiée aux jeunes et aux familles qui campent dehors, Utopia 56 a diffusé des messages audio expliquant comment reconnaître une hypothermie et appeler les secours. Quand le jour se lève, Lasso, Yacoub et lui s’affairent à trouver des couches de vêtement en plus pour les prochaines nuits, si possible une couette et une couverture de survie pour le toit de la tente. « J’aimerais bien avoir au moins trois couvertures et plus de chaussettes », dit Lasso, qui espère, autrement, récupérer le duvet d’un de ses compagnons, là depuis plus longtemps, auquel il souhaite d’être enfin pris en charge par l’aide sociale à l’enfance.
    A Utopia 56, « on fait des maraudes chaque soir », raconte Alice Bertrand, chargée des mineurs non accompagnés au sein de l’association. Dans la nuit de mercredi 17 à jeudi 18 janvier, trois bénévoles d’une vingtaine d’années font le tour de l’est et du centre de la capitale. « Bonsoir, c’est Utopia, on a du thé et du café », annoncent-ils à leur arrivée dans les campements qu’ils ont identifiés en amont. En anglais, en français ou avec des traducteurs, selon la langue de leurs interlocuteurs, « avez-vous besoin de gants, manteaux ou chaussures ? », demandent Elias Hufnagel, Maëlle Foix et Thomas Dufermont.
    Dans leur voiture, ils ont des cartons de produits d’hygiène, de vêtements, quelques Sheltersuit, cette veste imperméable et coupe-vent qui peut se transformer en combinaison une fois zippée sur un sac de couchage, et des tentes. Même si Alice Bertrand et Thomas Dufermont constatent que les dons ont été nombreux cet hiver, les dix-neuf tentes que les bénévoles peuvent distribuer sont insuffisantes par rapport à la demande. « En ce moment, nous comptons entre 90 et 150 nouveaux mineurs non accompagnés par semaine », selon Alice Bertrand. Utopia se prépare par ailleurs à récupérer – « aujourd’hui, demain, on ne sait pas » – les jeunes à l’abri dans le gymnase ouvert à Paris lorsque le plan Grand Froid sera désactivé et qu’ils se retrouveront à la rue. Des tentes leur seront données pour leur première nuit.
    En France, il n’existe aucune donnée fiable sur le nombre précis de mineurs non accompagnés présents sur le territoire, selon l’ONG Médecins du monde. Le ministère de la justice communique seulement sur le nombre de jeunes pris en charge par l’aide sociale à l’enfance. En 2022, ils étaient 14 782, pour la plupart originaires de Côte d’Ivoire, de Guinée, de Tunisie, du Mali, d’Afghanistan ou encore du Bangladesh. L’association médicale et humanitaire estime toutefois que, dans 70 % des cas, la prise en charge est rejetée. Ces jeunes doivent faire une demande de recours pour que leur minorité soit finalement reconnue et faire valoir leur droit à être mis à l’abri. Le délai entre la saisine du juge des enfants et sa décision varie selon le département. « A Créteil, dans le 94 [Val-de-Marne], ça peut aller jusqu’à sept mois », d’après Renaud Mandel, de l’organisation Accompagnement et défense des jeunes isolés étrangers (Adjie). Le dossier de Lasso est à Créteil. Dans six mois et huit jours, il devra s’y représenter pour une première audience avec un juge. A l’issue de celle-ci, le magistrat peut demander des investigations complémentaires, comme un examen de maturation osseuse, pouvant prolonger de plusieurs semaines la décision, ou se prononcer. En attendant, Lasso sait qu’il continuera de dormir dehors. « On s’y habitue », lâche-t-il.
    Le traitement de ces jeunes migrants avant la reconnaissance de leur minorité ou lors de leur recours juridique est dénoncé par de nombreuses ONG, qui estiment que la Convention internationale des droits de l’enfant n’est pas respectée. La Cour européenne des droits de l’homme avait aussi condamné la France, en 2019, pour avoir infligé un « traitement dégradant » à un mineur isolé afghan lorsqu’il était en France. Cet enfant, âgé de 11 ans à l’époque, n’avait pas été pris en charge par les autorités. Il avait vécu environ six mois dans le bidonville de Calais (Pas-de-Calais). Unicef France a également interpellé la France à plusieurs reprises sur la situation de ces jeunes.
    L’Adjie a, de son côté, alerté, une nouvelle fois, la Mairie de Paris, en vain. « Nous vous demandons de bien vouloir, en urgence, demander la prise en charge de ces jeunes » face « à la situation de danger du fait de leur minorité et de leur isolement ». La vague de froid « ajoute un danger potentiel de mort pour ces jeunes aux organismes déjà affaiblis par de longues semaines d’errance dans les rues de la capitale », a écrit Renaud Mandel à Anne Hidalgo et Dominique Versini, l’adjointe à la maire de Paris en charge des droits de l’enfant et de la protection de l’enfance. « Avant on avait une réponse, maintenant plus personne nous répond », regrette-t-il. Dominique Versini n’a pas répondu aux sollicitations du Monde. Pas plus que le ministère du logement, dont le cabinet est vide dans l’attente de la nomination de toute l’équipe du gouvernement de Gabriel Attal. L’adjointe à la maire de Paris en charge des solidarités, de l’hébergement d’urgence et de la protection des réfugiés, Léa Filoche, renvoie, elle, vers l’Etat.

    #Covid-19#migrant#migration#france#MNA#hebergement#urgence#ASE#ong#campement#minorite#iseolement#sante

  • Canada : Des organismes spécialisés en environnement versent des salaires étonnants Pierre Saint-Arnaud - La Presse canadienne

    Un minuscule groupe de dirigeants d’organismes oeuvrant dans les secteurs de l’environnement, de la conservation et de la protection des animaux empoche une rémunération équivalente et dans certains cas beaucoup plus élevée que celle de l’ensemble des premiers ministres provinciaux.

    Une analyse exhaustive de quelque 1477 déclarations T3010 remises à l’Agence du revenu du Canada (ARC) pour les années 2022 et 2023 réalisée entre juin 2022 et décembre 2023 par La Presse canadienne montre que les dirigeants de 17 des organismes vérifiés ont reçu une rémunération dans la fourchette de 200 000 $ à 250 000 $ et parfois beaucoup plus (1).
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    Au premier rang de ce recensement, on retrouve Canards illimités Canada, basé au Manitoba. Sa déclaration 2023 indique que deux personnes y gagnent « plus de 350 000 $ », trois autres empochent de 250 000 $ à 300 000 $ et quatre reçoivent une rémunération de 200 000 $ à 250 000 $. L’organisme embauche 565 employés à temps plein et partiel. Les gouvernements ont versé un peu plus de 27 millions $ à Canards illimités en 2022-23 et le quart de ses revenus de 140 millions $ provient de dons.

    Sa porte-parole, Janine Massey, explique que « Canards Illimités Canada est la plus grande organisation de conservation de la nature au Canada […]
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    La suite : https://www.ledevoir.com/environnement/804746/organismes-specialises-environnement-conservation-versent-salaires-etonnan

    #ong #environnement #animaux #rémunération #enrichissement #corruption #piquer_dans_la_caisse #vol #nantis #fondations #nature #bienfaisance #écosystème de la #haute-bourgeoisie #travail #SCPA

  • Méditerranée : plus de 350 migrants secourus en deux jours, environ 600 atteignent Lampedusa - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/54159/mediterranee--plus-de-350-migrants-secourus-en-deux-jours-environ-600-

    Méditerranée : plus de 350 migrants secourus en deux jours, environ 600 atteignent Lampedusa
    Par La rédaction Publié le : 28/12/2023
    De nombreuses opérations de sauvetage ont eu lieu en Méditerranée centrale mardi et mercredi : plus de 350 personnes ont été secourues tandis que plus de 600 ont atteint par elles-mêmes l’île italienne de Lampedusa. En moins de 24 heures, l’Ocean Viking de l’ONG SOS Méditerranée a effectué trois sauvetages en Méditerranée. Le port italien de Bari, situé dans la région des Pouilles, a été désigné comme port sûr pour les 244 exilés à bord du navire humanitaire. La première opération de sauvetage a eu lieu en pleine nuit « sur instruction d’un navire de patrouille des garde-côtes libyens », a indiqué l’ONG. Durant cette opération, 122 personnes, dont huit mineurs non accompagnés, « ont été secourues d’une embarcation en bois surchargée dans la zone de recherche et de sauvetage libyenne ». Quelques heures plus tard, l’Ocean Viking a porté assistance à une embarcation en bois à double pont - surchargée elle aussi - que l’équipage avait repéré depuis la passerelle. Cette fois-ci, sous coordination des autorités italiennes, « 106 personnes, incluant huit femmes, dont deux enceintes, et quatre enfants » ont été prises en charge.
    Enfin, alors que l’opération était toujours en cours, le Colibri 2, l’avion de reconnaissance de l’ONG Pilotes Volontaires, a repéré une embarcation de fortune à quelques milles nautiques, poussant l’Ocean Viking à poursuivre les sauvetages. « Seize personnes ont alors été secourues », indique l’ONG. Au final, l’Ocean Viking aura donc porté assistance à 244 migrants. Les autorités italiennes ont ensuite désigné Bari comme lieu sûr. Dans le même temps, l’équipage du Sea-Eye 4, de l’ONG allemande Sea-Eye, a sauvé un total de 106 personnes, dont près de 40 mineurs. « Les deux bateaux ont été repérés par l’équipage (…) dans la zone maltaise de recherche et de sauvetage, au sud de Lampedusa », indique l’ONG sur Facebook, précisant que le port sûr qui lui avait été attribué était celui de Brindisi, dans le sud de l’Italie.
    Ces multiples sauvetages interviennent alors que les arrivées se multiplient à Lampedusa. Rien que mardi et mercredi, 619 migrants, dont 57 mineurs non accompagnés, sont arrivés sur l’île italienne. Selon l’agence ANSA, il y aurait parmi eux des Tunisiens, Égyptiens, Syriens, Soudanais, Ivoiriens, Ghanéens, Nigérians ou encore des Libériens. Environ 300 d’entre eux ont été évacués du hotspot de l’île vers Porto Empedocle, en Sicile. L’île de Lampedusa, de par sa position géographique, fait souvent face à une forte pression migratoire et est régulièrement sous les projecteurs médiatiques. La présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, et la Première ministre italienne, Giorgia Meloni, s’étaient même rendues sur place en septembre pour réaffirmer leur volonté de lutter contre les réseaux de passeurs et augmenter les expulsions des migrants non éligibles à l’asile.
    Pour rappel, la traversée de la Méditerranée centrale est la route migratoire la plus dangereuse au monde. Selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), depuis 2014, plus de 25 000 migrants y sont morts noyés ou portés disparus en tentant de rejoindre l’Europe. En 2023, plus de 2 600 personnes sont mortes ou portées disparues en Méditerranée. La rédaction tient à rappeler que les navires humanitaires (Ocean Viking, Sea Watch, Mare Jonio...) sillonnent une partie très limitée de la mer Méditerranée. La présence de ces ONG est loin d’être une garantie de secours pour les migrants qui veulent tenter la traversée depuis les côtes africaines. Beaucoup d’embarcations passent inaperçues dans l’immensité de la mer. Beaucoup de canots sombrent aussi sans avoir été repérés. La Méditerranée reste aujourd’hui la route maritime la plus meurtrière au monde.

    #Covid-19#migrant#migration#italie#lampedusa#mediterranee#routemigratoire#OIM#ONG#humanitaire#traversee#mortalite

  • Méditerranée : le nouveau navire de Sea-Watch porte secours à 119 migrants, dont un enfant de 3 ans - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/54124/mediterranee--le-nouveau-navire-de-seawatch-porte-secours-a-119-migran

    Méditerranée : le nouveau navire de Sea-Watch porte secours à 119 migrants, dont un enfant de 3 ans
    Par La rédaction Publié le : 26/12/2023
    L’équipage du Sea-Watch 5 a secouru 119 exilés, dont 32 mineurs, lors du réveillon de Noël. À l’issue du sauvetage, le navire s’est vu attribuer le port de Marina di Carrara, à plus de 1 150 kilomètres du lieu des sauvetages. Le but des autorités ? « Éloigner les navires de sauvetage de la zone d’opération afin de ne plus pouvoir secourir les personnes en détresse », dénonce l’ONG. À l’heure où des millions de familles s’apprêtaient à fêter Noël, le réveillon s’est déroulé en pleine mer Méditerranée pour l’équipage du Sea-Watch 5. Le 24 décembre dans la soirée, les humanitaires ont porté secours à 119 migrants en détresse, dont 32 mineurs, répartis sur deux canots au large de la Tunisie. Le plus jeune rescapé est âgé de 3 ans seulement.
    La première opération a permis de secourir 55 personnes entassées dans un canot pneumatique. Lors du second sauvetage, 64 autres exilés ont été secourus. Si tous les naufragés sont sains et saufs, « nombre d’entre eux souffrent d’épuisement, de déshydratation et de brûlures chimiques dues aux mélanges de carburant et d’eau de mer qui se forment dans les petits bateaux », précise un communiqué. Tous ont été pris en charge sur le pont du Sea-Watch 5, tout nouveau navire de l’ONG allemande. Parti d’Espagne en novembre dernier, il peut accueillir jusqu’à 500 naufragés.
    Le soir des sauvetages, le navire était stationné au sud de l’île italienne de Lampedusa. Il avait participé, la veille, aux recherches d’un bateau de pêche chargé d’environ 150 personnes. Ce dernier a finalement été secouru par deux patrouilleurs des garde-côtes italiens. Quelques heures après les deux opérations de secours du 24 décembre, les autorités italiennes ont assigné au Sea-Watch 5 le port de Marina di Carrara, dans l’extrême nord de l’Italie. Soit à plus de 1 150 km du lieu de sauvetage. « Le but de ces ports reculés est d’éloigner les navires de sauvetage de la zone d’opération afin de ne plus pouvoir secourir les personnes en détresse », dénonce l’ONG sur X (ex-Twitter). Aucun navire humanitaire ne sillonne actuellement la zone de recherche et de sauvetage (SAR zone) située au large de la Libye.
    L’attribution des ports de débarquement est ordonnée dans le cadre du décret Piantedosi, qui régit les activités des navires d’ONG en mer. Depuis sa mise en application, il y a un an, il complique considérablement le travail des humanitaires. Une de ses mesures oblige par exemple les associations à se rendre « sans délai » au port de débarquement assigné par les autorités italiennes juste après un premier sauvetage. Mais en partant immédiatement après l’opération de secours, les navires laissent « la zone déserte, les États européens ayant renoncé à leurs responsabilités de sauvetages en mer, déplorait auprès d’InfoMigrants en novembre Margot Bernard, coordinatrice de projet adjointe à bord du Geo Barents de Médecins sans frontières (MSF). C’est une grande source de frustration pour nous, et surtout, cela nous fait craindre une augmentation des naufrages invisibles », ces embarcations « fantômes » qui sombrent en mer sans que personne ne le sache. Dans la nuit du 14 au 15 décembre, 61 personnes sont mortes noyées au large des côtes libyennes. Alertés au sujet du naufrage de l’embarcation dans la soirée, aucun pays – Italie, Malte, Libye – ne s’est rendu sur place. Ce n’est que plusieurs heures plus tard, sur ordre de l’Italie, qu’un navire commercial est finalement intervenu pour porter secours à 25 rescapés, qui ont ensuite été ramenés en Libye. L’Ocean Viking de SOS Méditerranée se trouvait près du lieu du naufrage seulement 24 heures auparavant. Mais le navire humanitaire, qui avait porté assistance à 26 personnes le 13 décembre, avait été forcé de quitter la zone par les autorités italiennes : Rome lui avait attribué le port de Livourne (nord-ouest de l’Italie), distant d’un millier de kilomètres, pour y débarquer les migrants. SOS Méditerranée avait pourtant averti sur X que son absence en mer pourrait avoir de lourdes conséquences, alors qu’une « tempête de force 8 » était prévue ce week-end du 15 décembre. D’après le porte-parole du bureau de coordination méditerranéen de l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), Flavio di Giacomo, « 2 271 personnes sont mortes en Méditerranée centrale en 2023, soit 60 % de plus qu’au cours de la même période l’année dernière ».

    #Covid-19#migrant#migration#OIM#UE#italie#libye#mediterranee#traversee#sante#ONG#SAR#sauvetage

  • Union européenne : accord décisif pour la réforme de la politique migratoire
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/12/20/union-europeenne-accord-decisif-pour-la-reforme-de-la-politique-migratoire_6

    Union européenne : accord décisif pour la réforme de la politique migratoire
    Par Philippe Jacqué (Bruxelles, bureau européen)
    A Bruxelles, le futur pacte migratoire n’aura entraîné ni psychodrame, ni crise politique. Mercredi 20 décembre, à 8 h 17, un accord a été trouvé au terme de quarante-huit heures de négociations acharnées entre les représentants des Etats membres et les eurodéputés pour réformer la politique migratoire européenne. Les négociateurs ont validé les cinq règlements les plus importants du pacte. « Nous avons fait une percée sur les cinq piliers-clés du pacte sur les migrations et l’asile, a clamé, mercredi matin sur le réseau social X, le vice-président de la Commission, Margaritis Schinas. L’Europe tient enfin ses promesses en matière de migration. »
    « Ce pacte permettra une meilleure protection des frontières extérieures de l’Union, mettra en place plus de solidarité entre Etats et protégera mieux les plus vulnérables et les demandeurs d’asile, le tout fondé sur les valeurs de l’Europe », a assuré dans une vidéo la commissaire européenne aux affaires intérieures, Ylva Johansson. Pour la présidente de la Commission, Ursula von der Leyen, « ce pacte garantira une réponse européenne efficace à ce défi européen ». « L’extrême droite rêvait d’un échec, l’extrême gauche s’est battue pour faire échouer les négociations, mais nous sommes parvenus à dépasser nos clivages pour construire une majorité au centre », assurait l’eurodéputée Fabienne Keller (Renew Europe).
    Après deux ans d’échanges stériles
    L’emphase des déclarations des responsables européens est à la mesure du soulagement de la Commission, qui a proposé dès 2020 aux Etats membres une vaste refonte de la politique migratoire, après l’échec de la réforme portée par la Commission Juncker. Après deux ans d’échanges stériles, les négociations autour de cette réforme se sont accélérées une fois que les sujets ont été séparés en plusieurs textes, facilitant les discussions.
    Avec l’augmentation, ces deux dernières années, des arrivées de migrants irréguliers, un consensus, toujours plus dur et ferme pour renforcer les frontières de l’UE, a progressivement émergé entre les Vingt-Sept. Paradoxalement, l’arrivée au pouvoir de la dirigeante italienne d’extrême droite Giorgia Meloni a facilité l’adoption de certains textes, l’Italie jouant nettement le jeu d’une approche européenne et plus seulement nationale. Cette refonte de la politique migratoire dans l’UE prévoit une harmonisation des règles d’accueil des migrants. Les Etats conservent la responsabilité des personnes arrivant chez eux et devront procéder à l’examen d’asile, mais des mesures ont été prévues pour soulager les pays en première ligne, qu’il s’agisse des pays du sud de l’Europe, où arrive l’essentiel des migrants venant d’Afrique ou d’Asie via différentes routes migratoires, ou des pays d’Europe orientale faisant face à une instrumentalisation géopolitique, à l’image des arrivées orchestrées en 2021 par la Biélorussie en Pologne et en Lituanie.
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    Concrètement, un système de « solidarité obligatoire » est prévu en cas de pression migratoire forte. Les Etats membres disposant de capacités d’accueil ou de moyens devront soit accueillir certains demandeurs d’asile, soit soutenir financièrement ou par des dons en nature les Etats en première ligne. La principale innovation de cette réforme est cependant le développement d’un filtrage aux frontières de l’Europe, doublée d’une procédure accélérée d’étude des demandes d’asile. Seuls les mineurs isolés seront exonérés de cette procédure à la frontière, au contraire des familles accompagnées de leurs enfants. Dans la dernière ligne droite des débats, les eurodéputés espéraient faire évoluer les Etats sur ce point et inclure les familles avec mineurs. Sans succès.
    Cette nouvelle procédure accélérée aux frontières concernera notamment les migrants des pays dont le taux d’acceptation de l’asile est inférieur à 20 %, ainsi que tous les demandeurs qualifiés de « risque pour la sécurité ». Selon un diplomate au fait des discussions, « un Afghan, dont l’asile est aujourd’hui accepté à 90 % dans l’UE, pourra faire sa demande d’asile dans le pays où il arrive. En revanche, les migrants ne venant pas d’une zone de guerre ou n’étant pas persécutés verront leur demande traitée à la frontière ». Au bout de cette période, les pays pourront organiser le retour de ces personnes dans leurs pays d’origine ou vers des Etats tiers dits « sûrs », étant donné que les chances d’obtenir l’asile sont très faibles, justifient les Etats.
    Quelque 30 000 places d’accueil devront au minimum être offertes selon le pacte pour recevoir les demandeurs d’asile et procéder à l’examen de leur demande. « Comme nous prévoyons des procédures de trois mois maximum, nous pourrons accueillir par ce biais quelque 120 000 personnes chaque année en Europe », calcule un diplomate. Cela reste néanmoins théorique, la complexité des textes du pacte, ainsi que les diverses dérogations prévues – un des dix règlements prévoit de larges dérogations en cas de crise migratoire avérée – vont rendre très difficile son application de manière homogène dans l’ensemble des pays.
    Cela va surtout entraîner la multiplication de centres de rétention fermés, qui risquent d’être rapidement saturés. A la fin de novembre, l’agence Frontex avait enregistré quelque 355 000 entrées irrégulières dans l’UE depuis le début de l’année, en hausse de 17 % par rapport à la même période de 2022. Les ONG critiquent d’ores et déjà ce pacte : « Il existe actuellement un risque majeur que le pacte aboutisse à un système mal rodé, coûteux et cruel qui s’effondre au moment de sa mise en œuvre et laisse des problèmes cruciaux sans réponse », jugeaient récemment une cinquantaine d’ONG, dont Amnesty International, la Cimade ou Save the Children, dans une lettre ouverte aux colégislateurs négociant le pacte.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#FRONTEX#ONG#pactemigratoire#demandeurasile#MNA#filtrage#centrederetention

  • À Calais, associations et pouvoirs publics désemparés face aux tentatives de traversée des migrants - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/53977/a-calais-associations-et-pouvoirs-publics-desempares-face-aux-tentativ

    À Calais, associations et pouvoirs publics désemparés face aux tentatives de traversée des migrants
    Par Louis Chahuneau Publié le : 19/12/2023
    Alors que Gérald Darmanin s’est rendu vendredi à Calais pour défendre son projet de loi Immigration, 300 migrants ont tenté en fin de semaine de traverser la Manche pour atteindre le Royaume-Uni – des tentatives s’étant soldées par la mort de deux d’entre eux. Sept ans après le démantèlement du bidonville dit de la « jungle » de Calais, la situation semble n’avoir fait qu’empirer sur le littoral.
    Impossible de les rater à la gare de Calais. En cette fraîche matinée du mois de décembre, des dizaines de migrants reviennent de Boulogne-sur-Mer et des alentours. Certains sont enroulés dans des couvertures de survie dorées, d’autres portent des affaires encore mouillées, signes qu’ils ont échoué dans leur tentative de traversée de la Manche. Profitant d’une rare fenêtre météo favorable en plein mois de décembre, près de 300 migrants ont rejoint vendredi et samedi les plages de Sangatte, Wissant ou encore Wimereux, entre Calais et Boulogne-sur-Mer, pour tenter d’atteindre le Royaume-Uni, destination de leur périlleux exil. Difficile de savoir si certains ont réussi leur tentative, mais une chose est sûre : la Manche est toujours aussi dangereuse. Selon la préfecture du Nord, deux migrants sont morts à la suite de naufrages, les neuvième et dixième victimes de l’année. (...)
    Sur le parvis de la gare, deux de ses collègues discutent avec les migrants de retour des dunes, s’aidant de leur téléphone pour traduire en arabe, pachto ou farsi. Deux mineurs isolés s’approchent de nous et engagent la conversation. L’un d’eux est en tongs. Ayham, 17 ans, et Wael, 16 ans, sont deux Syriens originaires de Damas. Dans la nuit, ils ont tenté de grimper dans l’un des canots pneumatiques qui s’élançaient vers le Royaume-Uni, mais rien ne s’est passé comme prévu. « On a nagé avec des palmes jusqu’à un bateau pendant deux kilomètres », mais le chauffeur a démarré sans eux, rapporte Ayham, la bouche dissimulée dans son cache-cou. Voix cassée mais sourire aux lèvres, ils repartent errer dans la ville.
    Impossible de dire où ils dormiront ce soir. Le seul dispositif dédié est le foyer pour mineurs de Saint-Omer, situé à 40 kilomètres, un bâtiment largement sous-dimensionné avec 50 places d’accueil pour plusieurs centaines de mineurs non accompagnés (MNA) présents à Calais. En 2021, 3 300 MNA avaient été orientés vers le dispositif de mise à l’abri du Calaisis.
    Dans les dunes de Wimereux, pas de migrants sur la plage ce samedi après-midi. La fenêtre météo s’est refermée, la mer et le vent ont forci et la traversée serait bien trop périlleuse. Mais en patrouillant dans les dunes qui serpentent le long de la plage, on retrouve les stigmates des tentatives de la veille. Ici, plusieurs gilets de sauvetage orange abandonnés dans le sable ; là, une doudoune kaki ensevelie ; plus loin, un grand emballage en carton qui devait contenir le canot pneumatique. Depuis quelques mois, pour échapper à l’intervention terrestre des forces de l’ordre, les passeurs utilisent la technique des « taxis-boats » : ils mettent à l’eau les bateaux depuis les berges de fleuves en amont, puis remontent la côte pour réaliser l’embarquement. Mais le procédé le plus fréquent consiste à enterrer le colis dans le sable et à le déterrer au dernier moment. Il suffit alors de gonfler le canot à la pompe et d’y ajouter un moteur, souvent sous-dimensionné, avant de prendre la mer. « Les migrant attendent parfois jusqu’à 48 heures cachés dans les dunes avant d’avoir le top départ des passeurs », raconte Axel Gaudinat, qui s’enfonce dans les collines de sable. Vendredi, les bénévoles d’Utopia 56 ont été appelés pour prendre en charge un groupe d’une cinquantaine de migrants qui espérait prendre la mer. Parmi eux se trouvaient des bébés de moins de trois mois, selon Axel Gaudinat. (...)D’après les données du ministère britannique de l’Intérieur, 292 migrants ont été détectés dans sept embarcations vendredi, et 55 le lendemain dans un seul canot. Depuis le début de l’année, environ 29 000 personnes ont rejoint le Royaume-Uni à bord d’embarcations pneumatiques, contre plus de 45 000 en 2022.
    Depuis quelques mois, les traversées se font de plus en plus au sud de Calais, pour tenter de tromper la vigilance des policiers. À Dannes, à 40 km de Calais, le maire, Olivier Carton, ouvre de temps en temps sa salle des fêtes lorsqu’un groupe de migrants échoue dans sa tentative et qu’il n’y a plus de bus pour remonter vers le nord. Mais l’édile, qui a été élu sans étiquette politique, regrette le manque de coopération avec l’État (...)
    Pour endiguer le phénomène des « small boats », le ministre de l’Intérieur, Gérald Darmanin, a considérablement renforcé les effectifs des forces de l’ordre dans le secteur. En visite à Calais vendredi pour défendre son projet de loi immigration, sur lequel une commission mixte paritaire doit rendre son verdict ce lundi, le ministre a annoncé la construction d’un nouveau commissariat de police ainsi que d’un cantonnement de CRS de 7 700 m2. Ce dernier permettra de loger, d’ici 2026, les 220 policiers qui s’entassent depuis maintenant huit ans dans deux « bed and breakfast » de Coquelles, faute de mieux. L’opération, estimée à 26 millions d’euros, est destinée à faire des économies sur le logement des forces de l’ordre dans le secteur.
    À l’origine destiné au tourisme, le B&B Hotel Terminal Cité de l’Europe, situé dans une grande zone commerciale, a pris des airs de commissariat géant avec ses dizaines de fourgons de CRS garés sur le parking. Non loin de là, on trouve le centre de rétention administrative (CRA), entouré de barbelés, et, juste à côté, un escape game subtilement nommé « Prison Island ». Ici, les CRS tournent toutes les deux à trois semaines, pour éviter d’épuiser les effectifs. « Je trouve que c’est un peu plus tendu en ce moment », explique Frédéric*, la quarantaine, en fumant une cigarette devant l’hôtel. Hier, ce CRS était à Sangatte lorsque des échauffourées ont éclaté entre des migrants qui tentaient de prendre la mer et les forces de l’ordre qui avaient rappliqué en vitesse. D’après les bénévoles d’Utopia 56, celles-ci utilisent de plus en plus des grenades lacrymogènes ou LBD pour dissuader les migrants, des armes traditionnellement destinées au maintien de l’ordre en milieu urbain. Plusieurs associations rapportent également que les policiers n’hésitent plus à crever les canots pneumatiques en mer, même s’ils ne sont plus censés intervenir une fois les embarcations dans l’eau.
    Parfois, certains migrants frustrés d’être repoussés s’en prennent physiquement à eux. Le ministère de l’Intérieur a comptabilisé 166 oppositions violentes et 31 membres des forces de l’ordre blessés dans le cadre de ces opérations en 2023.
    Reste que ces tentatives de traversée maritime restent très couteuses pour les migrants. Les passeurs n’hésitent pas à demander plusieurs milliers d’euros pour les familles avec enfants. Trop cher pour beaucoup d’entre eux, notamment les Soudanais qui souhaitent eux aussi rejoindre le Royaume-Uni. Malgré la militarisation du port de Calais, eux privilégient les semi-remorques qui s’apprêtent à prendre l’Eurotunnel ou le ferry vers l’Angleterre. Saleh, un Soudanais de 33 ans, est à Calais depuis neuf mois. Il dit avoir essayé plus de 50 fois de monter dans un camion, sans succès. « On tente quand les camions sont à l’arrêt, sur le parking du Lidl, par exemple », explique-t-il en anglais. La méthode n’en est pas moins dangereuse. Le 17 novembre, deux migrants sont morts percutés par un camion alors qu’ils marchaient sur la bande d’arrêt d’urgence de l’autoroute A16, près de Calais. En attendant, Saleh vivote sans argent dans la ville. Depuis le démantèlement de la « jungle » de Calais en 2016, une dizaine de campements informels, répartis par communautés (Érythréens, Soudanais, Afghans, etc.), ont essaimé dans la ville, aux alentours de la zone d’activité du Beau-Marais. On estime qu’il y aurait entre 1 500 et 2 000 migrants dans Calais et ses alentours. Toutes les 48 heures, les forces de l’ordre procèdent à des démantèlements. C’est la doctrine dite du « zéro point de fixation ». Pour les migrants, le quotidien est ainsi rythmé par les expulsions : les tentes sont confisquées ou lacérées, leurs affaires personnelles jetées à la poubelle. Même l’eau est devenue une denrée rare, ce qui génère son lot de tensions. Début septembre, une rixe impliquant une centaine de migrants a fait deux blessés à Peuplingues. « Les conditions n’ont jamais été aussi compliquées à Calais, c’était presque mieux avant quand il y avait la ’jungle’ », estime Axel Gaudinat, d’Utopia 56.
    La préfecture propose bien des mises à l’abri temporaires, mais la majorité des migrants refusent de monter dans les cars pour rester sur le littoral. D’ailleurs, la plupart d’entre eux ne peuvent pas demander l’asile en France en raison du règlement Dublin qui impose d’effectuer cette procédure dans le premier pays de l’UE traversé (Chypre, Malte, l’Italie,…). Saleh a déjà été « dubliné » à Malte, où ses empreintes digitales ont été prises, mais il est quand même revenu à Calais. Dans ces conditions, difficile de le dissuader de traverser les 40 derniers kilomètres qui le séparent de son but final, et ce malgré le durcissement de la politique migratoire britannique. Cela fait dix ans qu’il a quitté le Soudan. Son frère, lui, est déjà au Royaume-Uni, où il aurait obtenu ses papiers d’identité.

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  • Gérald Darmanin défend sa loi « immigration » à Calais
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/12/15/gerald-darmanin-defend-sa-loi-immigration-a-calais-au-lendemain-de-la-mort-d

    Gérald Darmanin défend sa loi « immigration » à Calais
    Par Julia Pascual (à Calais et Boulogne-sur-Mer (Pas-de-Calais))
    Publié le 15 décembre 2023 à 23h30, modifié le 16 décembre 2023
    Le ministre de l’intérieur, Gérald Darmanin, n’était pas encore arrivé à Calais (Pas-de-Calais), vendredi 15 décembre, que la nuit se terminait par l’annonce de la mort de deux migrants ayant tenté de rejoindre l’Angleterre à bord d’embarcations pneumatiques. C’est d’abord au large de Grand-Fort-Philippe (Nord) qu’une personne est morte lors d’un naufrage, a rapporté la préfecture maritime de la Manche et de la mer du Nord.
    Quelques heures après, une autre embarcation a chaviré tout près du rivage de la plage de Sangatte (Pas-de-Calais), et un homme, vraisemblablement soudanais, a été retrouvé inanimé. Alors que le jour dévoilait les falaises de Douvres, distantes d’une trentaine de kilomètres de l’autre côté du détroit du Pas-de-Calais, deux pompiers se relayaient pour lui pratiquer un massage cardiaque, sans succès. Sur la plage, un groupe de sept mineurs soudanais, hagards, observaient mêlés au sable les vestiges de cette tentative de traversée avortée : des emballages de gilets de sauvetage, un duvet, un portefeuille vide, des brosses à dents… Les jeunes n’étaient pas à bord du bateau, faute d’argent pour payer la traversée. Alors ils guettent les tentatives des autres avec l’espoir de pouvoir tôt ou tard s’y greffer. Seuls deux d’entre eux savent nager.
    Les rescapés du naufrage sont pour leur part déjà éparpillés. Plusieurs enfants trempés et frigorifiés ont été amenés à l’hôpital de Calais. D’autres se dirigent vers les campements de migrants du littoral, en attendant une nouvelle possibilité de passage. Un petit groupe reste sur place, que la police veut interroger. Une femme s’effondre en apprenant que l’un des passagers du bateau est mort. Dans la panique de la nuit, elle n’avait pas réalisé ce qui s’était passé. Elle-même rapporte être tombée à l’eau lorsque l’embarcation s’est mise à chavirer dangereusement. « Ça aurait pu être l’un de nous », pleure-t-elle, en s’adressant à son mari, figé dans une couverture de survie. « On était sur la plage vers 3 h 30 du matin, rapporte un autre rescapé. La police est arrivée alors que les passeurs n’avaient pas réussi à gonfler complètement le bateau. Ils nous ont dit de monter quand même. Environ dix minutes plus tard, le bateau s’est dégonflé et on s’est redirigé vers la côte. »
    Au moins 25 morts en 2023, selon des associations
    En 2023, près de 60 % des tentatives de traversées maritimes ont été avortées du fait de l’intervention des forces de l’ordre, selon la préfecture des Hauts-de-France. C’est notamment ce qu’est venu valoriser M. Darmanin à Calais, vendredi. Le ministre a aussi annoncé le déblocage de 200 000 euros pour un nouveau commissariat, attendu par la maire, Natacha Bouchart (Les Républicains), et la construction d’un cantonnement pour les CRS, grâce à une enveloppe de 25 millions d’euros tirée de fonds britanniques.
    En difficulté sur son projet de loi sur l’immigration, balayé par une motion de rejet à l’Assemblée nationale et suspendu à l’issue incertaine d’une commission mixte paritaire qui se réunit lundi 18 décembre, le ministre a longuement défendu devant les journalistes « un texte qui va protéger les Français ». Il a, en outre, souligné la « main tendue » par le gouvernement aux Républicains. Quelques dispositions de la loi ont été citées en exemple, comme celles qui permettent la prise d’empreintes coercitive des étrangers en situation irrégulière, l’inspection visuelle des voitures en zone frontalière, la criminalisation de l’aide à l’entrée irrégulière sur le territoire ou encore le rétablissement du délit de séjour irrégulier.
    Une manifestation de protestation contre la politique migratoire du gouvernement, à l’occasion de la visite de Gérald Darmanin, à Calais, le 15 décembre 2023.
    Un comité d’accueil de quelques militants associatifs s’était massé aux abords du commissariat de police où le ministre s’est rendu. Ils ont été repoussés par des CRS alors qu’ils scandaient « Darmanin démission » ou encore « Non, non, non à la loi “immigration” ». Une des pancartes agitées rappelle les nombreux morts à la frontière franco-britannique. D’après un communiqué commun à dix associations, parmi lesquelles L’Auberge des migrants et le Secours catholique, au moins 25 personnes sont mortes depuis le début de l’année en voulant rejoindre le Royaume-Uni.
    Le ministre n’est pas allé à leur rencontre, mais il a remis cinq médailles de la sécurité intérieure à des policiers et gendarmes blessés dans le cadre de la lutte contre l’immigration irrégulière. A l’image d’un major de police réserviste, blessé au niveau de la pommette au cours de la nuit écoulée. « Il y avait près de 300 migrants au niveau des blockhaus de Grand-Fort-Philippe, prêts à embarquer, il faisait noir, rapporte-t-il au Monde. On a fait évacuer tout le monde, c’était tendu. J’ai pris un projectile, je pense que c’était une bouteille d’eau pleine. »
    La « violence » des migrants empêchés de traverser, c’est ce que souligne auprès du ministre une fonctionnaire de police chargée de présenter le bilan des forces de l’ordre sur la côte. Cette année, environ 29 000 migrants ont rejoint l’Angleterre en bateau, alors qu’ils étaient plus de 45 000 en 2022. Une baisse notable qui résulte en particulier de la quasi-disparition des Albanais sur les embarcations, alors qu’ils étaient les premiers à traverser la Manche en 2022. En décembre 2022, Londres et Tirana avaient convenu d’un paquet de mesures destinées à lutter contre l’immigration illégale.
    Face à la sécurisation croissante du littoral, les départs se sont en partie déportés plus au sud de Calais. « Quoi qu’ils mettent en place, ça n’empêchera pas les gens de prendre des risques et ça n’empêchera pas les morts », croit Thomas Chambon, de l’association Utopia 56. A Boulogne-sur-Mer (Pas-de-Calais), l’association Osmose 62 a d’ailleurs été créée en août 2022 pour apporter de l’aide aux personnes en errance dans la ville ou les communes alentour après des traversées avortées. La nuit du 15 décembre, trois maraudeurs d’Osmose 62 apportaient un peu de thé et quelques fruits à plusieurs dizaines de rescapés. Une quinzaine d’entre eux s’étaient retranchés dans un bois au sud de Boulogne-sur-Mer après que la police avait crevé leur canot pneumatique. Transis, ils attendaient cachés qu’une nouvelle occasion se présente. Tandis qu’une femme s’inquiétait du risque d’hypothermie pour ses enfants de 4 et 7 ans, endormis, un couple demandait une couverture pour leur fille de 5 ans, trempée des pieds à la tête.

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  • « Aucune disposition en matière de lutte contre l’immigration illégale ne saurait justifier un renoncement aux obligations du droit international »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/12/15/aucune-disposition-en-matiere-de-lutte-contre-l-immigration-illegale-ne-saur

    « Aucune disposition en matière de lutte contre l’immigration illégale ne saurait justifier un renoncement aux obligations du droit international »
    Jean-Marie Burguburu, président de la Commission nationale consultative des droits de l’homme
    Pierre Micheletti, président d’honneur d’Action contre la faim
    En marge des débats sur la loi « immigration » était examinée par la commission des affaires européennes de l’Assemblée nationale une proposition de résolution visant à faire respecter le droit international dans le secours des migrants en mer Méditerranée.
    L’exposé des motifs donne le ton dès son introduction : « Les ONG ferment les yeux sur les conditions humaines désastreuses du transport de migrants par les réseaux de passeurs, voire, pour certaines d’entre elles, agissent en coordination avec eux, par conviction idéologique que l’Europe a besoin de plus d’immigration. »Le projet de résolution a été rejeté. La Commission nationale consultative des droits de l’homme (CNCDH) ne peut qu’approuver cette décision. Les navires de sauvetage continuent pourtant de faire l’objet de stratégies d’épuisement, sous le regard indifférent de la France et de l’Union européenne (UE).
    Le 15 novembre, les autorités italiennes ont ainsi ordonné une immobilisation de vingt jours du navire de sauvetage humanitaire Ocean-Viking et lui ont imposé une amende de 3 300 euros. Cette détention s’effectue sous l’égide du décret-loi connu sous le nom de « décret Piantedosi ». Ce dernier a introduit une série de nouvelles mesures qui régissent les activités des navires de sauvetage en Méditerranée, dont celle qui oblige les ONG à se rendre « sans délai » au port de débarquement assigné par les autorités italiennes juste après un premier sauvetage.
    Mer Méditerranée, l’axe migratoire le plus meurtrier au monde
    En cas de manquements à cette nouvelle règle contraignante, les ONG s’exposent à de lourdes sanctions. C’est ce qui vient de se produire avec la détention du navire de SOS Méditerranée. Précédemment, en août, les autorités italiennes avaient saisi le bateau de l’ONG espagnole Open-Arms, ainsi que les navires de l’association Sea-Watch, le Sea-Eye 4 et l’Aurora. Leur tort ? Avoir opéré quelques jours plus tôt trois sauvetages distincts en Méditerranée centrale, au lieu d’un, comme le prévoit le décret Piantedosi.
    Dans un tel contexte, il nous paraît utile de rappeler les termes essentiels de la déclaration en urgence de la CNCDH du 19 octobre 2023, concernant les opérations de recherche et de sauvetage des migrants.La Méditerranée est l’axe migratoire le plus meurtrier au monde. De 2014 à début septembre 2023, le nombre de morts est ainsi estimé à 28 074 personnes, dont 80 % en Méditerranée centrale. La Commission rappelle qu’aucune disposition en matière de gestion des flux migratoires et de lutte contre l’immigration illégale ne saurait justifier un renoncement aux obligations découlant de l’application du droit international, notamment en matière de sauvegarde de la vie en mer, de respect des droits fondamentaux et d’absence de traitement dégradant.
    La CNCDH tient également à rappeler que les ONG qui interviennent dans les eaux internationales jouent un rôle primordial dans le sauvetage en Méditerranée et que, au lieu d’entraver leurs actions de secours, il faut, au contraire, défendre la légitimité de leurs actions et renforcer leurs moyens. Ces mesures n’exonèrent en rien les Etats d’assumer leurs responsabilités, puisque c’est à eux qu’incombent en premier lieu les obligations relatives au sauvetage en mer.
    Ces considérations de principe doivent conduire à la reconnaissance de la Méditerranée comme espace humanitaire de secours aux migrants naufragés.La CNCDH réitère ses demandes à l’égard de la France et de l’Union européenne :
    – Le respect du droit et des conventions ratifiées par la France et un rappel du droit international, européen et national concernant la mise en œuvre impérative des secours. La réaffirmation des éléments de droits pourra se fonder sur l’explicitation des textes de référence qui régissent le droit de la mer et le droit international humanitaire.
    Les éléments de droit pourront utilement comprendre l’explicitation des condamnations pénales auxquelles s’exposent les capitaines de navires qui se refusent à secourir les naufragés. La nécessité à agir, sur terre comme en mer, pour diminuer la mortalité sur les routes migratoires a été réaffirmée par des acteurs majeurs du droit international humanitaire en mars 2022.
    – L’arrêt des stratégies d’épuisement à l’égard des ONG. Les opérations de recherche et de secours ne peuvent pas être criminalisées pour ce qu’elles sont, mais reconnues comme des opérations humanitaires et protégées comme telles. Les modalités d’assignation d’un lieu sûr pour le débarquement des rescapés doivent être explicitées, systématisées et améliorées dans la perspective de faciliter les sauvetages.
    L’assignation délibérée – non argumentée – de ports très éloignés pour le débarquement des naufragés doit être prohibée. Cette stratégie « déshabille » en permanence les faibles moyens de secours existants, pour des naufragés dont une proportion non négligeable est composée de mineurs
    Les mesures contraignantes et répétitives d’immobilisation des navires, pour des motifs parfois fallacieux, doivent cesser.
    – Le renforcement et la diversification de la capacité à agir : les bailleurs de fonds bilatéraux (étatiques), européens (direction générale pour la protection civile et les opérations d’aide humanitaire européennes, ECHO) et multilatéraux (dont les Nations unies) doivent intégrer la Méditerranée centrale dans leurs plans de financement de l’aide humanitaire internationale.
    Une coordination effective des activités de recherche et de secours en Méditerranée (« Search and Rescue », SAR en anglais) doit être mise en place par les pays riverains concernés, avec le soutien de l’UE. Les Etats européens doivent coopérer plus étroitement et plus efficacement pour améliorer le déroulement des opérations de sauvetage elles-mêmes.
    Les compagnies maritimes seront rappelées à leur devoir d’assistance et encouragées à proposer des formations à leurs capitaines de navire.
    – La transparence sur les accords signés avec la Libye et la Tunisie : il y a nécessité d’expliciter publiquement la nature et l’utilisation des ressources françaises (matériel, financement, formations, RH…) mises à la disposition des autorités libyennes, via les mécanismes européens.
    Toute violence ou tentative d’intimidation des gardes-côtes libyens à l’égard des bateaux de migrants ou de secours doit être proscrite.
    Lire aussi notre enquête : Article réservé à nos abonnés Comment l’Europe a laissé Malte livrer en mer des migrants à une milice libyenne
    – Le renforcement des moyens octroyés à l’identification des personnes noyées : il convient que l’UE se dote de tous les moyens nécessaires pour permettre d’identifier les noyés dont les corps sont retrouvés. Cette identification est impérative pour que soit ainsi réaffirmée leur inaliénable humanité, et les moyens d’informer objectivement les familles des personnes décédées.Jean-Marie Burguburu est le président de la Commission nationale consultative des droits de l’homme (CNCDH) ; Pierre Micheletti est membre de la CNCDH, président d’honneur d’Action contre la faim

    #Covid-19#migrant#migration#france#droit#ONG#UE#CNCDH#sante

  • La Commission européenne propose de durcir la législation contre les passeurs de migrants
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/11/29/la-commission-europeenne-propose-de-durcir-la-legislation-contre-les-passeur

    La Commission européenne propose de durcir la législation contre les passeurs de migrants
    Selon l’agence Frontex, plus de 90 % des migrants irréguliers arrivés dans l’Union européenne ont dû payer des intermédiaires au cours de leur périple.
    Par Philippe Jacqué(Bruxelles, bureau européen)
    Ursula von der Leyen a reçu à Bruxelles, mardi 28 novembre, les représentants d’une soixantaine de pays pour lancer une alliance mondiale sur les passeurs de migrants. « Le trafic de migrants est un défi mondial et commun », a assuré la présidente de la Commission. Le sujet avait déjà été à l’agenda de la réunion de la Communauté politique européenne (CPE), le 5 octobre, à Grenade (Espagne), qui rassemblait quarante-quatre chefs d’Etat et de gouvernement du continent.L’Italienne Giorgia Meloni, le Français Emmanuel Macron, le Néerlandais Mark Rutte et Ursula von der Leyen, entre autres, y avaient évoqué la question migratoire et le combat à mener contre les passeurs, qui facilitent l’entrée de migrants sur le Vieux Continent. Deux mois plus tard, après des élections néerlandaises remportées le 22 novembre par Geert Wilders, un dirigeant d’extrême droite au discours anti-immigration affirmé, le thème fait partie des priorités politiques de l’Union européenne (UE).
    En 2022, l’Europe a dénombré 332 000 entrées irrégulières. « Nous pourrions connaître un chiffre plus important cette année », relève Ylva Johansson, la commissaire européenne aux affaires intérieures, qui s’inquiète de l’abrogation de la loi anti-passeurs au Niger, susceptible de rouvrir cette route vers l’Europe, via la Libye.
    Selon l’agence Frontex, « plus de 90 % des migrants irréguliers [arrivés dans l’UE] ont été aidés par des passeurs ». Toujours selon la même source, « plus de 15 000 passeurs ont été identifiés en 2022 ». Ce trafic rapporterait à ceux qui le mènent jusqu’à 6 milliards d’euros chaque année au niveau mondial, tandis que depuis 2014, il a entraîné la mort de 28 000 personnes, essentiellement dans les eaux de la Méditerranée. « Les organisations criminelles qui gèrent le trafic de migrants exploitent non seulement la souffrance humaine, mais elles représentent également une menace plus large pour la sécurité », juge Ursula von der Leyen. Ce discours laisse penser que de vastes réseaux aux mains de grands groupes mafieux gèrent les migrations. « En fait, la réalité est plus nuancée. Il existe une multitude de petits groupes de passeurs, de dix à quinze personnes, qui fonctionnent le plus souvent de manière familiale ou communautaire », assure Luigi Achilli, chercheur à l’Institut universitaire européen de Florence, qui étudie le phénomène depuis vingt ans.
    « Ces petits groupes ou des individus free-lance interagissent sur les différentes routes d’accès et se spécialisent sur certains segments de voyage, reprend le chercheur. Les grandes organisations criminelles, qu’il s’agisse des mafias en Europe ou d’autres groupes, comme fut un temps l’organisation Etat islamique ou aujourd’hui des milices libyennes en Méditerranée, ne prennent pas part aux trafics, mais autorisent ces groupes à opérer sur leur territoire en récoltant leur dîme. C’est plus lucratif et moins risqué. »
    Les pouvoirs publics entendent néanmoins bien renforcer leur arsenal législatif contre ces myriades de groupes. Ylva Johansson propose de moderniser la directive, datant de 2002, qui encadre la lutte contre les passeurs. « Nous avons décidé de clarifier la définition de l’infraction commise par les passeurs, indique-t-elle. Elle concerne les activités motivées par un avantage financier ou matériel, ou susceptibles de causer un préjudice grave à une personne. »
    La Commission européenne va ainsi aligner sa définition sur le protocole des Nations unies contre le trafic de migrants. De même, « l’incitation publique à entrer dans l’UE sans autorisation deviendra également une infraction pénale, notamment via l’usage d’outils numériques et de médias sociaux ».Les peines encourues par les passeurs vont d’autre part être alourdies. Les infractions les plus graves – l’organisation d’expéditions qui ont entraîné la mort d’une ou de plusieurs personnes en mer par exemple – seront passibles d’une peine d’emprisonnement de quinze ans, contre huit ans dans la législation en vigueur. Par ailleurs, précise la commissaire suédoise, « l’objectif est de cibler spécifiquement les réseaux criminels. L’assistance humanitaire des ONG, l’exécution d’une obligation légale de recherche et de sauvetage, l’assistance des membres de la famille et des migrants eux-mêmes ne doivent pas être interdites ». Ce serait un changement significatif pour les ONG, criminalisées ces dernières années dans plusieurs pays, dont l’Italie, la Grèce et la France.Enfin, l’activité des passeurs étant par essence internationale, la Commission souhaite renforcer le rôle d’Europol, l’agence européenne de police, avec le renforcement du centre de coordination sur la lutte contre le trafic de migrants, qui a permis depuis 2016 de démanteler 83 groupes et de recouvrer 1,2 milliard d’euros. L’idée est de faciliter le partage d’informations pour mener à bien les enquêtes.
    « Dans un contexte politique particulièrement hostile à l’immigration, il est encore trop tôt pour évaluer l’ensemble des propositions, relève Silvia Carta, du réseau d’ONG Picum (Plate-forme pour la coopération internationale pour les migrants sans papiers). L’alignement de la définition européenne d’une infraction sur le protocole des Nations unies est un bon début. De même, cesser la criminalisation de l’action des ONG est positif si cela se confirme. Il faudra examiner l’ensemble des textes dans le détail et voir si les Etats membres et le Parlement suivront la proposition. » Le Parlement et le Conseil européens doivent désormais négocier cette législation, alors que le mandat de la Commission expire en juin 2024.
    « Pour lutter contre les passeurs, juge Luigi Achilli, il y a une solution plus simple : mettre en place des voies d’accès légales, sûres et rapides pour rejoindre l’Europe. Cela supprimera les passeurs. Aujourd’hui, en multipliant les barrières, nous alimentons ce phénomène. »

    #Covid-19#migrant#migration#UE#securite#passeur#trafic#legislation#migrationirreguliere#reseaucriminel#humanitaire#ong#nationsunies

  • La Commission européenne propose de durcir la législation contre les passeurs de migrants
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/11/29/la-commission-europeenne-propose-de-durcir-la-legislation-contre-les-passeur

    La Commission européenne propose de durcir la législation contre les passeurs de migrants
    Selon l’agence Frontex, plus de 90 % des migrants irréguliers arrivés dans l’Union européenne ont dû payer des intermédiaires au cours de leur périple.
    Par Philippe Jacqué(Bruxelles, bureau européen)
    Ursula von der Leyen a reçu à Bruxelles, mardi 28 novembre, les représentants d’une soixantaine de pays pour lancer une alliance mondiale sur les passeurs de migrants. « Le trafic de migrants est un défi mondial et commun », a assuré la présidente de la Commission. Le sujet avait déjà été à l’agenda de la réunion de la Communauté politique européenne (CPE), le 5 octobre, à Grenade (Espagne), qui rassemblait quarante-quatre chefs d’Etat et de gouvernement du continent.L’Italienne Giorgia Meloni, le Français Emmanuel Macron, le Néerlandais Mark Rutte et Ursula von der Leyen, entre autres, y avaient évoqué la question migratoire et le combat à mener contre les passeurs, qui facilitent l’entrée de migrants sur le Vieux Continent. Deux mois plus tard, après des élections néerlandaises remportées le 22 novembre par Geert Wilders, un dirigeant d’extrême droite au discours anti-immigration affirmé, le thème fait partie des priorités politiques de l’Union européenne (UE).
    En 2022, l’Europe a dénombré 332 000 entrées irrégulières. « Nous pourrions connaître un chiffre plus important cette année », relève Ylva Johansson, la commissaire européenne aux affaires intérieures, qui s’inquiète de l’abrogation de la loi anti-passeurs au Niger, susceptible de rouvrir cette route vers l’Europe, via la Libye.
    Selon l’agence Frontex, « plus de 90 % des migrants irréguliers [arrivés dans l’UE] ont été aidés par des passeurs ». Toujours selon la même source, « plus de 15 000 passeurs ont été identifiés en 2022 ». Ce trafic rapporterait à ceux qui le mènent jusqu’à 6 milliards d’euros chaque année au niveau mondial, tandis que depuis 2014, il a entraîné la mort de 28 000 personnes, essentiellement dans les eaux de la Méditerranée. « Les organisations criminelles qui gèrent le trafic de migrants exploitent non seulement la souffrance humaine, mais elles représentent également une menace plus large pour la sécurité », juge Ursula von der Leyen. Ce discours laisse penser que de vastes réseaux aux mains de grands groupes mafieux gèrent les migrations. « En fait, la réalité est plus nuancée. Il existe une multitude de petits groupes de passeurs, de dix à quinze personnes, qui fonctionnent le plus souvent de manière familiale ou communautaire », assure Luigi Achilli, chercheur à l’Institut universitaire européen de Florence, qui étudie le phénomène depuis vingt ans.
    « Ces petits groupes ou des individus free-lance interagissent sur les différentes routes d’accès et se spécialisent sur certains segments de voyage, reprend le chercheur. Les grandes organisations criminelles, qu’il s’agisse des mafias en Europe ou d’autres groupes, comme fut un temps l’organisation Etat islamique ou aujourd’hui des milices libyennes en Méditerranée, ne prennent pas part aux trafics, mais autorisent ces groupes à opérer sur leur territoire en récoltant leur dîme. C’est plus lucratif et moins risqué. »
    Les pouvoirs publics entendent néanmoins bien renforcer leur arsenal législatif contre ces myriades de groupes. Ylva Johansson propose de moderniser la directive, datant de 2002, qui encadre la lutte contre les passeurs. « Nous avons décidé de clarifier la définition de l’infraction commise par les passeurs, indique-t-elle. Elle concerne les activités motivées par un avantage financier ou matériel, ou susceptibles de causer un préjudice grave à une personne. »
    La Commission européenne va ainsi aligner sa définition sur le protocole des Nations unies contre le trafic de migrants. De même, « l’incitation publique à entrer dans l’UE sans autorisation deviendra également une infraction pénale, notamment via l’usage d’outils numériques et de médias sociaux ».Les peines encourues par les passeurs vont d’autre part être alourdies. Les infractions les plus graves – l’organisation d’expéditions qui ont entraîné la mort d’une ou de plusieurs personnes en mer par exemple – seront passibles d’une peine d’emprisonnement de quinze ans, contre huit ans dans la législation en vigueur. Par ailleurs, précise la commissaire suédoise, « l’objectif est de cibler spécifiquement les réseaux criminels. L’assistance humanitaire des ONG, l’exécution d’une obligation légale de recherche et de sauvetage, l’assistance des membres de la famille et des migrants eux-mêmes ne doivent pas être interdites ». Ce serait un changement significatif pour les ONG, criminalisées ces dernières années dans plusieurs pays, dont l’Italie, la Grèce et la France.Enfin, l’activité des passeurs étant par essence internationale, la Commission souhaite renforcer le rôle d’Europol, l’agence européenne de police, avec le renforcement du centre de coordination sur la lutte contre le trafic de migrants, qui a permis depuis 2016 de démanteler 83 groupes et de recouvrer 1,2 milliard d’euros. L’idée est de faciliter le partage d’informations pour mener à bien les enquêtes.
    « Dans un contexte politique particulièrement hostile à l’immigration, il est encore trop tôt pour évaluer l’ensemble des propositions, relève Silvia Carta, du réseau d’ONG Picum (Plate-forme pour la coopération internationale pour les migrants sans papiers). L’alignement de la définition européenne d’une infraction sur le protocole des Nations unies est un bon début. De même, cesser la criminalisation de l’action des ONG est positif si cela se confirme. Il faudra examiner l’ensemble des textes dans le détail et voir si les Etats membres et le Parlement suivront la proposition. » Le Parlement et le Conseil européens doivent désormais négocier cette législation, alors que le mandat de la Commission expire en juin 2024.
    « Pour lutter contre les passeurs, juge Luigi Achilli, il y a une solution plus simple : mettre en place des voies d’accès légales, sûres et rapides pour rejoindre l’Europe. Cela supprimera les passeurs. Aujourd’hui, en multipliant les barrières, nous alimentons ce phénomène. »

    #Covid-19#migrant#migration#UE#securite#passeur#trafic#legislation#migrationirreguliere#reseaucriminel#humanitaire#ong#nationsunies

  • La Commission européenne propose de durcir la législation contre les passeurs de migrants
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/11/29/la-commission-europeenne-propose-de-durcir-la-legislation-contre-les-passeur

    La Commission européenne propose de durcir la législation contre les passeurs de migrants
    Selon l’agence Frontex, plus de 90 % des migrants irréguliers arrivés dans l’Union européenne ont dû payer des intermédiaires au cours de leur périple.
    Par Philippe Jacqué(Bruxelles, bureau européen)
    Ursula von der Leyen a reçu à Bruxelles, mardi 28 novembre, les représentants d’une soixantaine de pays pour lancer une alliance mondiale sur les passeurs de migrants. « Le trafic de migrants est un défi mondial et commun », a assuré la présidente de la Commission. Le sujet avait déjà été à l’agenda de la réunion de la Communauté politique européenne (CPE), le 5 octobre, à Grenade (Espagne), qui rassemblait quarante-quatre chefs d’Etat et de gouvernement du continent.L’Italienne Giorgia Meloni, le Français Emmanuel Macron, le Néerlandais Mark Rutte et Ursula von der Leyen, entre autres, y avaient évoqué la question migratoire et le combat à mener contre les passeurs, qui facilitent l’entrée de migrants sur le Vieux Continent. Deux mois plus tard, après des élections néerlandaises remportées le 22 novembre par Geert Wilders, un dirigeant d’extrême droite au discours anti-immigration affirmé, le thème fait partie des priorités politiques de l’Union européenne (UE).
    En 2022, l’Europe a dénombré 332 000 entrées irrégulières. « Nous pourrions connaître un chiffre plus important cette année », relève Ylva Johansson, la commissaire européenne aux affaires intérieures, qui s’inquiète de l’abrogation de la loi anti-passeurs au Niger, susceptible de rouvrir cette route vers l’Europe, via la Libye.
    Selon l’agence Frontex, « plus de 90 % des migrants irréguliers [arrivés dans l’UE] ont été aidés par des passeurs ». Toujours selon la même source, « plus de 15 000 passeurs ont été identifiés en 2022 ». Ce trafic rapporterait à ceux qui le mènent jusqu’à 6 milliards d’euros chaque année au niveau mondial, tandis que depuis 2014, il a entraîné la mort de 28 000 personnes, essentiellement dans les eaux de la Méditerranée. « Les organisations criminelles qui gèrent le trafic de migrants exploitent non seulement la souffrance humaine, mais elles représentent également une menace plus large pour la sécurité », juge Ursula von der Leyen. Ce discours laisse penser que de vastes réseaux aux mains de grands groupes mafieux gèrent les migrations. « En fait, la réalité est plus nuancée. Il existe une multitude de petits groupes de passeurs, de dix à quinze personnes, qui fonctionnent le plus souvent de manière familiale ou communautaire », assure Luigi Achilli, chercheur à l’Institut universitaire européen de Florence, qui étudie le phénomène depuis vingt ans.
    « Ces petits groupes ou des individus free-lance interagissent sur les différentes routes d’accès et se spécialisent sur certains segments de voyage, reprend le chercheur. Les grandes organisations criminelles, qu’il s’agisse des mafias en Europe ou d’autres groupes, comme fut un temps l’organisation Etat islamique ou aujourd’hui des milices libyennes en Méditerranée, ne prennent pas part aux trafics, mais autorisent ces groupes à opérer sur leur territoire en récoltant leur dîme. C’est plus lucratif et moins risqué. »
    Les pouvoirs publics entendent néanmoins bien renforcer leur arsenal législatif contre ces myriades de groupes. Ylva Johansson propose de moderniser la directive, datant de 2002, qui encadre la lutte contre les passeurs. « Nous avons décidé de clarifier la définition de l’infraction commise par les passeurs, indique-t-elle. Elle concerne les activités motivées par un avantage financier ou matériel, ou susceptibles de causer un préjudice grave à une personne. »
    La Commission européenne va ainsi aligner sa définition sur le protocole des Nations unies contre le trafic de migrants. De même, « l’incitation publique à entrer dans l’UE sans autorisation deviendra également une infraction pénale, notamment via l’usage d’outils numériques et de médias sociaux ».Les peines encourues par les passeurs vont d’autre part être alourdies. Les infractions les plus graves – l’organisation d’expéditions qui ont entraîné la mort d’une ou de plusieurs personnes en mer par exemple – seront passibles d’une peine d’emprisonnement de quinze ans, contre huit ans dans la législation en vigueur. Par ailleurs, précise la commissaire suédoise, « l’objectif est de cibler spécifiquement les réseaux criminels. L’assistance humanitaire des ONG, l’exécution d’une obligation légale de recherche et de sauvetage, l’assistance des membres de la famille et des migrants eux-mêmes ne doivent pas être interdites ». Ce serait un changement significatif pour les ONG, criminalisées ces dernières années dans plusieurs pays, dont l’Italie, la Grèce et la France.Enfin, l’activité des passeurs étant par essence internationale, la Commission souhaite renforcer le rôle d’Europol, l’agence européenne de police, avec le renforcement du centre de coordination sur la lutte contre le trafic de migrants, qui a permis depuis 2016 de démanteler 83 groupes et de recouvrer 1,2 milliard d’euros. L’idée est de faciliter le partage d’informations pour mener à bien les enquêtes.
    « Dans un contexte politique particulièrement hostile à l’immigration, il est encore trop tôt pour évaluer l’ensemble des propositions, relève Silvia Carta, du réseau d’ONG Picum (Plate-forme pour la coopération internationale pour les migrants sans papiers). L’alignement de la définition européenne d’une infraction sur le protocole des Nations unies est un bon début. De même, cesser la criminalisation de l’action des ONG est positif si cela se confirme. Il faudra examiner l’ensemble des textes dans le détail et voir si les Etats membres et le Parlement suivront la proposition. » Le Parlement et le Conseil européens doivent désormais négocier cette législation, alors que le mandat de la Commission expire en juin 2024.
    « Pour lutter contre les passeurs, juge Luigi Achilli, il y a une solution plus simple : mettre en place des voies d’accès légales, sûres et rapides pour rejoindre l’Europe. Cela supprimera les passeurs. Aujourd’hui, en multipliant les barrières, nous alimentons ce phénomène. »

    #Covid-19#migrant#migration#UE#securite#passeur#trafic#legislation#migrationirreguliere#reseaucriminel#humanitaire#ong#nationsunies

  • Appel d’urgence à la communauté internationale – mettez fin au transfert forcé en Cisjordanie
    Posted on octobre 30, 2023 | B’Tselem | Traduction J.Ch. pour l’AURDIP
    https://aurdip.org/appel-durgence-a-la-communaute-internationale-mettez-fin-au-transfert-force-

    Au cours des trois dernières semaines, depuis les atrocités du Hamas du 7 octobre, les colons ont exploité le manque d’attention du public envers la Cisjordanie, ainsi que l’atmosphère générale de rage contre les Palestiniens, pour intensifier leur campagne de violentes attaques dans une tentative de transfert forcé des communautés palestiniennes. Au cours de cette période, pas moins de treize communautés d’éleveurs ont été déplacées. Encore bien plus sont en danger d’être forcées à fuir dans les jours à venir si une action immédiate n’est pas entreprise.

    Les fermiers palestiniens sont particulièrement vulnérables à cette époque, saison annuelle de la récolte des olive, parce que, s’ils ne peuvent pas ramasser leurs olives, ils vont perdre une année de revenus. Hier, Bilal Muhammed Saleh, du village d’As-Sawiya au sud de Naplouse, a été assassiné alors qu’il s’occupait de ses oliviers. Il est le septième Palestinien a avoir été tué par les colons depuis le début de la guerre en cours.

    Malheureusement, le gouvernement israélien est favorable à ces attaques et ne fait rien pour arrêter cette violence. Au contraire : des ministres du gouvernement et autres responsables soutiennent la violence et, dans de nombreux cas, l’armée est présente ou même participe à la violence, y compris dans des incidents où les colons ont tué des Palestiniens. Qui plus est, depuis que la guerre a commencé, il y a eu un nombre croissant d’incidents dans lesquels il a été rapporté que des colons violents ont attaqué les communautés palestiniennes voisines sous uniforme militaire et en utilisant des armes livrées par le gouvernement.

    Avec une grande inquiétude et une claire compréhension du paysage politique, nous attestons que la seule façon de mettre fin à ce transfert forcé en Cisjordanie est une intervention claire, forte et directe de la communauté internationale.

    Le moment est venu d’agir.

    A Land for All – Two States, One Homeland | Akevot Institute | Amnesty International Israel | Association for Civil Rights in Israel | B’Tselem | Bimkom – Planners for Planning Rights | Breaking the Silence | Combatants for Peace | Comet-ME | Emek Shaveh | HaMoked : Center for the Defence of the Individual | Haqel – In Defense of Human Rights | Itach-Maaki – Women Lawyers for Social Justice | Ir Amim | Jordan Valley Activists | Kerem Navot | Machsom Watch | Mothers Against Violence Israel | Other Voice | Parents Against Child Detention | Physicians for Human Rights Israel | Policy Working Group (PWG) | Psychoactive | Rabbis for Human Rights | Re’acha Kamocha | Social Workers for Welfare and Peace | The School for Peace in Wahat al-Salam Neve Shalom | Torat Tzedek | Yesh Din | Zazim – Community Action | Zochrot

    #ONGIsraéliennes #7oct23

  • Neuf corps de migrants ont été retrouvés en Méditerranée - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/52891/neuf-corps-de-migrants-ont-ete-retrouves-en-mediterranee

    Le Haut-commissariat aux réfugiés de l’ONU a indiqué samedi sur le réseau social X (ex-Twitter) que neuf nouveaux corps de migrants avaient été retrouvés en Méditerranée ces derniers jours. Cinq ont été découverts sur une plage de Sicile. Les quatre autres se trouvaient dans un bateau en provenance de Libye retrouvé par l’ONG Sea-Eye.
    Le décompte macabre des morts en Méditerranée continue. Samedi 28 octobre, le Haut-commissariat aux réfugiés de l’ONU (HCR) a indiqué sur le réseau social X (ex-Twitter) que neuf nouveaux corps de migrants morts en Méditerranée avaient été retrouvés sur une plage de Sicile et dans une embarcation partie de Libye."Encore des morts en Méditerranée : cinq dus au naufrage d’un bateau de pêche en provenance de la Tunisie au large de Trapani (Sicile) et quatre corps retrouvés (par l’ONG) Sea-Eye sur un canot en provenance de Libye", a écrit la porte-parole du HCR en Italie, Chiara Cardoletti.
    Selon les médias italiens, les cinq premiers corps ont été retrouvés sur une plage de Marinella di Selinunte, dans le sud-ouest de la Sicile, tandis qu’une vingtaine de personnes provenant de la même embarcation ont été arrêtées à leur arrivée. D’après le témoignage d’un rescapé rapporté par RFI, une soixantaine de personnes étaient à bord. Mais aucun des disparus n’a encore été trouvé, malgré les recherches des garde-côtes et de la police, aidés par l’aéronautique militaire.
    Sea-Eye, de son côté, a indiqué avoir retrouvé vendredi quatre autres corps dans un bateau de migrants parti de Libye et qui a failli être intercepté par les garde-côtes libyens en pleine mer. Quarante-huit personnes ont pu être secourues dans l’opération dont une femme enceinte dans un état grave. La rescapée a été évacuée vers Lampedusa où elle a dû avorter.Dans une vidéo postée samedi sur X par l’ONG, on voit un bateau de garde-côtes approcher l’embarcation gonflable et la déstabiliser. On voit distinctement plusieurs migrants tomber alors à l’eau. Une femme montre un bébé qu’elle porte dans ses bras. « Plusieurs personnes sont tombées dans la mer et ont disparu. L’équipage a ensuite découvert quatre corps dans le bateau », précise l’ONG.
    Ce genre de situation n’est pas rare. Fin septembre, l’ONG Sea-Watch avait été témoin d’une agression en mer d’un navire des garde-côtes libyens envers une embarcation de migrants. Sur les images diffusées par l’ONG sur les réseaux sociaux, on voit l’embarcation couler et plusieurs personnes dans l’eau, après le passage du bateau à moteur. Selon l’ONG, environ 50 exilés se trouvaient à bord du canot. Sea-Watch avait qualifié cet incident de « tentative d’assassinat ». Selon l’ONG, les migrants ont été pris en charge sur le patrouilleur libyen et renvoyés dans le pays. Mais il n’a pas été possible de déterminer si des exilés ont perdu la vie au cours de cet événement.
    Depuis 2016, l’Union européenne (UE) fournit un soutien matériel et logistique à la Libye, dans le but de stopper les embarcations d’exilés en mer. Un accord dénoncé à maintes reprises par les ONG mais aussi les instances internationales. Les garde-côtes sont en effet régulièrement accusés de violences envers les migrants qui tentent d’atteindre les côtes européennes, mais aussi contre les ONG de sauvetage. La dernière altercation avec des humanitaires remonte à septembre dernier : l’Ocean Viking avait été visé par des tirs répétés provenant d’un navire des garde-côtes libyens alors que le navire humanitaire de SOS Méditerranée procédait à une opération de sauvetage dans les eaux internationales. Malgré les dangers de la traversée de la Méditerranée, les départs de migrants d’Afrique du Nord sont toujours très nombreux. Le nombre d’arrivées de migrants irréguliers en Italie a explosé malgré l’arrivée au pouvoir il y a un an de la coalition dirigée par Giorgia Meloni qui avait promis d’y mettre fin. Plus de 142 000 migrants sont arrivés à bord d’embarcations de fortune sur les côtes de la péninsule depuis janvier, contre 82 000 sur la même période l’an dernier, selon les chiffres du ministère de l’Intérieur. La rédaction tient à rappeler que les navires humanitaires sillonnent une partie très limitée de la mer Méditerranée. La présence de ces ONG est loin d’être une garantie de secours pour les migrants qui veulent tenter la traversée depuis les côtes africaines. Beaucoup d’embarcations passent inaperçues dans l’immensité de la mer. Beaucoup de canots sombrent aussi sans avoir été repérés. La Méditerranée centrale reste aujourd’hui la route maritime la plus meurtrière au monde.

    #Covid-19#migrant#migration#italie#libye#traversee#meditarranee#routemigratoire#mortalite#migrationirreguliere#ong#ue#ong#humanitaire

  • Italie : SOS Méditerranée forcée de gagner un port « lointain » pour débarquer 29 migrants
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/10/25/italie-sos-mediterranee-forcee-de-gagner-un-port-lointain-pour-debarquer-29-

    Italie : SOS Méditerranée forcée de gagner un port « lointain » pour débarquer 29 migrants
    Le Monde avec AFP
    Publié le 25 octobre 2023 à 20h04
    L’Ocean Viking, navire-ambulance de SOS Méditerranée, qui a secouru vingt-neuf migrants au large de la Libye mardi, devra débarquer ces rescapés à Ravenne, en Italie, un port « éloigné » de sa position actuelle impliquant « six jours de navigation supplémentaires », a dénoncé mercredi 25 octobre, l’ONG. « Après avoir passé huit heures en mer », ces personnes rescapées, qui « viennent en majorité de Syrie et du Soudan », deux pays en guerre, sont « épuisées », a ajouté SOS Méditerranée, précisant qu’elles sont désormais prises en charge à bord par ses équipes et celles de la Fédération internationale des sociétés de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge.
    A la suite d’un appel de détresse d’Alarm Phone – un numéro utilisé par les migrants rencontrant des difficultés lors de leur traversée de la Méditerranée – l’Ocean Viking a secouru mardi 24 octobre après-midi vingt-neuf personnes qui se trouvaient sur « une barque en fibre de verre impropre à la navigation dans les eaux internationales au large de la Libye », a rapporté dans un communiqué l’ONG basée à Marseille. Le centre de coordination des secours maritimes en Italie a demandé au bateau de l’ONG de mettre le cap vers le port éloigné de Ravenne, situé à 1 613 kilomètres, pour pouvoir débarquer les rescapés. Cette destination, à six jours de navigation, privera l’Ocean Viking « de toute possibilité de rechercher et de secourir des femmes, des hommes et des enfants en détresse en Méditerranée centrale » pendant un long laps de temps, a dénoncé l’ONG.L’Italie a récemment adopté un décret qui entrave en partie les activités des navires d’ONG, celles-ci étant désormais forcées de transporter les personnes secourues vers un port – souvent très lointain – dès la première opération, les empêchant de facto d’enchaîner les sauvetages. SOS Méditerranée a secouru près de 39 000 personnes en Méditerranée depuis 2016, principalement en Méditerranée centrale, la route migratoire la plus dangereuse du monde. Depuis janvier, 2 166 migrants ont disparu sur cette route, selon l’Organisation internationale pour les migrations, un chiffre bien supérieur aux 1 417 disparus en 2022.

    #Covid-19#migrant#migration#italie#mediterranee#traversee#routemigratoire#ong#humanitaire#alarmephone#sosmediterranee#sante#mortalite#libye#syrie#soudan

  • A Menton, les arrivées de migrants augmentent, les refoulements aussi
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/10/07/a-menton-les-arrivees-de-migrants-augmentent-les-refoulements-aussi_6193012_

    A Menton, les arrivées de migrants augmentent, les refoulements aussi
    Par Raphaëlle Rérolle (Menton (Alpes-Maritimes), envoyée spéciale)
    Publié le 07 octobre 2023 à 17h30, modifié hier à 05h06
    La ville des Alpes-Maritimes est plus que jamais confrontée à un afflux de migrants en provenance de l’Italie voisine. Sa situation géographique en fait un lieu particulier où la police doit gérer, au jour le jour, des centaines de cas.De tous les points de passage entre la France et l’Italie, celui du pont Saint-Louis est sans doute le plus pittoresque. Imaginez une route suspendue à flanc de rocher entre Menton, ville des Alpes-Maritimes, et Grimaldi, la première localité transalpine : d’un côté la montagne, abrupte et creusée de grottes ; de l’autre, un paysage de cultures en terrasses dévalant jusqu’à la côte. Tout en bas, la Méditerranée luit d’un éclat mauve, en ce petit matin d’automne que le soleil n’éclaire pas encore.
    Un endroit sublime, donc, et pourtant parfaitement désespérant. Car ce bout de route, encadré par les postes de police des deux pays, accueille chaque jour un ballet tragique de migrants qui passent et repassent, long cortège de malheureux expulsés hors de l’Hexagone. Remis à la police italienne, ils tenteront leur chance une fois, dix fois, vingt fois, jusqu’à pouvoir franchir cette frontière sur laquelle la France a rétabli des contrôles depuis 2015. « A la fin, la plupart d’entre eux finissent par y arriver », observe Loïc Le Dall, membre de l’antenne locale de l’Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé). Y compris en empruntant les chemins les plus dangereux, comme le toit des trains ou ce sentier vertigineux que l’on appelle ici le « pas de la mort ». Mais dans l’intervalle, ils sont pris dans une étrange partie de ping-pong politico-policier, un casse-tête juridique et humanitaire.
    A quoi pense-t-elle, cette femme arrêtée le long du parapet, entre les deux postes-frontières ? Le visage appuyé contre le grillage, elle regarde la mer et au-delà, les lumières de Menton. Près d’elle, deux très jeunes enfants grelottent dans leurs vêtements de coton. Plus loin, son mari monte la pente en tirant une petite valise. Ils sont kurdes, fuyant la Turquie pour des raisons politiques, disent-ils.Dans leur groupe, formé au hasard des contacts avec un passeur, il y a une autre famille avec enfants et un adolescent accompagné de sa mère. Poyraz a 17 ans, des écouteurs autour du cou et il tient à préciser quelque chose en esquissant un signe de croix à toute vitesse, le dos tourné pour que ses compagnons ne le voient pas : « Nous sommes orthodoxes, confie-t-il. C’est très difficile pour nous, en Turquie. »
    A trois pas de là, deux Nigérians regardent en direction d’un panneau bleu planté sur le bas-côté : « Menton, perle de la France, est heureuse de vous accueillir. » Les bras ballants, ils ont l’air désemparés, perdus. Eux n’ont rien, ni valise, ni téléphone, ni écouteurs et pas l’ombre d’un sac, fût-il en papier ­ – même dans la misère, il y a des hiérarchies. Surtout, comme beaucoup de migrants, ils disposent de très peu de mots pour expliquer leur situation. Le plus âgé réussit à formuler une question, en rassemblant quelques bribes d’anglais : « Pourquoi ne nous laissent-ils pas entrer ? »
    « Ils », ce sont les forces de l’ordre françaises qui viennent de les renvoyer vers l’Italie, après les avoir enfermés depuis la veille dans des « espaces de mise à l’abri » – en fait des préfabriqués agglutinés entre la route et la falaise, au droit des bâtiments de police. Les Français retiennent dans ces grosses boîtes cubiques ceux qu’ils n’ont pas eu le temps d’exfiltrer avant la nuit, les locaux de leurs homologues italiens, à 50 mètres de là, étant fermés entre 19 heures et 7 heures. Ces lieux sont « climatisés et pourvus de sanitaires, de la nourriture y est distribuée », explique Emmanuelle Joubert, directrice départementale de la police aux frontières (PAF). Kadiatou, une Guinéenne de 22 ans rencontrée à Vintimille, y a déjà passé la nuit avec son fils Mohamed, 1 an et demi. « C’était très sale, nuance-t-elle, nous étions serrés les uns contre les autres et dormions par terre. »
    Le 29 septembre, plusieurs baraquements ont été ajoutés à ceux qui s’y trouvaient déjà, en prévision d’une recrudescence d’arrivées : sur les 10 000 migrants débarqués dans l’île italienne de Lampedusa, entre le 11 et le 13 septembre, certains devraient atteindre la frontière française ces jours-ci. Entre le 1er janvier et le 21 septembre, la PAF a procédé à 31 844 interpellations, dont 5 259 pour la seule période du 25 août au 21 septembre. D’après la préfecture, ce chiffre, déjà en hausse par rapport à 2022, devrait augmenter avec les afflux attendus en provenance de Lampedusa. Parmi les refoulés, beaucoup sont mineurs et un grand nombre vient d’Afrique subsaharienne.
    Au pont Saint-Louis, aucune demande d’asile n’est jamais enregistrée. Et même si la présence d’un membre de l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Opfra) serait nécessaire, « il n’en vient jamais ici », assure un policier en faction.Pour faire face à cet afflux, il a fallu consolider les dispositifs, notamment depuis le mois de juillet, avec des drones, un avion de la brigade aéronautique de Marseille et des effectifs renforcés. Le 18 septembre, le ministre de l’intérieur, Gérald Darmanin, a annoncé l’envoi de 132 personnes (policiers, gendarmes, militaires des sections « Sentinelle ») afin d’étoffer les « troupes » déjà présentes dans le département. Celles-ci comptent également dans leurs rangs des réservistes de la police qui se relaient pour assurer des contrôles à Menton-Garavan, la première gare en territoire français.
    Ces réservistes vont par petits groupes, équipés de gilets pare-balles. Tous les trains en provenance de Vintimille, ville italienne située à 9 kilomètres, sont inspectés. Et de presque tous, les forces de l’ordre font descendre des sans-papiers, repérables à leurs mains vides, à leurs vêtements informes, à leur mine résignée. De là, ils sont conduits au pont Saint-Louis, où la PAF leur remet un refus d’entrée. Sur ces deux pages remplies par la police figurent notamment le nom, la nationalité et une date de naissance.
    Parfois, ces indications sont fantaisistes (on les reconnaît parce qu’elles indiquent systématiquement comme date un 1er janvier) : la minorité revendiquée par les passagers, qui n’ont jamais de papiers d’identité sur eux et ne sont pas toujours capables de donner une date de naissance précise, n’a pas été considérée comme réelle par les policiers. Ceux-ci choisissent alors une année de naissance estimative, qui « déminorise » les interpellés. Interrogée à ce propos par Le Monde, Mme Joubert (PAF) répond qu’il s’agit « d’un processus technique interne, le plus précis possible au regard des éléments en notre possession ». Ces procédures, dit-elle, « ont été établies afin de ne pas faire échec aux droits ».
    Au chapitre « Vos droits », justement, le document propose deux options. Par la première, le requérant demande à bénéficier d’un délai de vingt-quatre heures. Par la seconde, il affirme : « Je veux repartir le plus rapidement possible. » Or, selon l’Anafé, la case correspondant à cette deuxième option est déjà précochée au moment où les expulsés reçoivent le papier. La décision est exécutoire immédiatement. Le 21 septembre, un arrêt de la Cour de justice de l’Union européenne a jugé illégale cette pratique de refoulement instantané aux frontières. Sans rien changer sur le terrain jusqu’ici.Il arrive aussi, en contravention totale avec le droit français, que des mineurs se voient infliger une obligation de quitter le territoire. Celles que montrent, par exemple, Saad, né au Darfour (Soudan) en juillet 2006 (la date figure sur le document établi par la police), et son copain guinéen, 17 ans également. Tous deux sont assis sur un banc, du côté français, la tête entre les mains, incapables de déchiffrer la sommation qui leur donne quarante-huit heures pour contester devant le tribunal administratif. « Une erreur », plaide la PAF. « Nous avons vu cela plusieurs fois », rétorque l’Anafé.
    En cas de doute sur l’âge, un fonctionnaire de l’Aide sociale à l’enfance, structure dépendant du département, doit donner son avis. Ceux qui sont reconnus comme mineurs non accompagnés (les enfants se déplaçant avec des adultes ne bénéficient d’aucune protection particulière) doivent être placés dans des foyers provisoires d’urgence, mais les lits manquent. Le 15 septembre, un hôtel Ibis Budget du centre de Menton a donc été réquisitionné, quoique encore jamais utilisé. Cette décision préfectorale a provoqué la colère d’Yves Juhel, maire (divers droite) de la ville, où les touristes se pressent encore à cette saison. L’édile s’est exprimé sur France 3, le 21 septembre, soit quatre jours avant l’inauguration du Monaco Yacht Show, grand raout dont les participants remplissent les chambres des environs. « Cela ne (…) se fera pas ! Sinon, je serai le premier à être devant l’hôtel pour éviter une telle occupation. (…) Vous n’allez pas faire sortir des gens qui ont payé leur chambre pour en mettre d’autres en situation irrégulière, non ? »
    Dans un courrier adressé à Emmanuel Macron, le 20 septembre, Charles-Ange Ginésy, président Les Républicains du département, réclamait, lui, une prise en charge, par l’Etat, de l’accueil et de l’orientation des mineurs non accompagnés, normalement assumée par sa collectivité. Celle-ci, écrit-il, « ne peut être la victime collatérale d’une frontière passoire qui embolise les personnels en charge de l’enfance ».En attendant, les personnes refoulées de France s’entassent à Vintimille, avec les primo-arrivants. Ils sont des dizaines sous l’autopont longeant le fleuve Roya, leurs vêtements suspendus aux grillages. « Pour nous laver, il y a la rivière et pour dormir, c’est par terre », racontent, l’air crâne, trois garçons soudanais, arrivés à Lampedusa par la Libye, puis la Tunisie. Ils se disent mineurs mais n’ont pas voulu le déclarer à leur arrivée en Sicile, afin de ne pas être enfermés dans des foyers spécialisés.Chaque soir, tout près de là, des associations humanitaires et la paroisse San Rocco de Vallecrosia distribuent, à tour de rôle, des repas sur un terrain vague, dans ce quartier de Roverino où une majorité d’habitants a voté pour la Ligue (extrême droite) aux dernières élections municipales. Mardi 3 octobre, ils étaient 200 à faire la queue, soit moitié moins que les 430 du mardi précédent. Cette baisse correspond-elle à un ralentissement des arrivées du sud du pays ? Ou bien au fait que plus de gens sont parvenus à passer entre les mailles du filet ? Nul ne le sait.
    Lire aussi : Article réservé à nos abonnés En Europe, les gouvernements convergent vers des politiques migratoires plus restrictives
    « Nous sommes habitués à ces cycles, sans pouvoir les analyser », constate Alessandra Zunino, « référente » chez Caritas. L’organisation catholique distribue des repas le matin et à midi, mais surtout, elle accueille des femmes et des enfants dans une annexe, le long de la voie ferrée. « Nous nous substituons aux services qui manquent, explique Maurizio Marmo, l’un des responsables locaux. A Vintimille, depuis trois ans, plus aucune structure institutionnelle ne fonctionne pour les migrants. Maintenant, tout de même, nous recevons un appui du ministère de l’intérieur pour les vingt places d’hébergement réservées aux femmes et aux enfants. »
    Dans le bâtiment principal, une maison crème aux volets bruns, on se contente de « tendre la main à ceux qui en ont besoin », poursuit Alessandra Zunino. Quant aux parcours individuels, ils demeurent le plus souvent mystérieux. Même pour le docteur Pedro Casarin, qui soigne des blessures, des bronchites et annonce au moins une grossesse par semaine, sous une tente de Médecins sans frontières. Les gens vont et viennent, restent une heure ou un jour, puis ils repartent aussi soudainement qu’ils étaient arrivés, pour ne jamais revenir. Ils ont bravé le désert, les bandits, les violeurs, la Méditerranée : ce n’est pas une frontière de plus qui va les arrêter.

    #Covid-19#migrant#migration#france#frontiere#refoulement#caritas#ong#anafe#msf#sante#mediterranee#mna#PAF#OFPRA#italie#vintimille#menton

  • #Lampedusa : ’Operational emergency,’ not ’migration crisis’

    Thousands of migrants have arrived on Lampedusa from Africa this week, with the EU at odds over what to do with them. DW reports from the Italian island, where locals are showing compassion as conditions worsen.

    Long lines of migrants and refugees, wearing caps and towels to protect themselves from the blistering September sun, sit flanked on either side of a narrow, rocky lane leading to Contrada Imbriacola, the main migrant reception center on the Italian island of Lampedusa.

    Among them are 16-year-old Abubakar Sheriff and his 10-year old brother, Farde, who fled their home in Sierra Leone and reached Lampedusa by boat from Tunisia.

    “We’ve been on this island for four days, have been sleeping outside and not consumed much food or water. We’ve been living on a couple of biscuits,” Abubakar told DW. “There were 48 people on the boat we arrived in from Tunisia on September 13. It was a scary journey and I saw some other boats capsizing. But we got lucky.”

    Together with thousands of other migrants outside the reception center, they’re waiting to be put into police vans headed to the Italian island’s port. They will then be transferred to Sicily and other parts of Italy for their asylum claims to be processed, as authorities in Lampedusa say they have reached “a tipping point” in migration management.
    Not a ’migration crisis for Italy,’ but an ’operational emergency’

    More than 7,000 migrants arrived in Lampedusa on flimsy boats from Tunisia earlier this week, leading the island’s mayor, Filippo Mannino, to declare a state of emergency and tell local media that while migrants have always been welcomed, this time Lampedusa “is in crisis.”

    In a statement released on Friday, Italian Prime Minister Giorgia Meloni said her government intends to take “immediate extraordinary measures” to deal with the landings. She said this could include a European mission to stop arrivals, “a naval mission if necessary.” But Lampedusa, with a population of just 6,000 and a reception center that has a capacity for only 400 migrants, has more immediate problems.

    Flavio Di Giacomo, spokesperson for the UN’s International Organization for Migration (IOM), told DW that while the new arrivals have been overwhelming for the island, this is not a “migration crisis for Italy.”

    “This is mainly an operational emergency for Lampedusa, because in 2015-2016, at the height of Europe’s migration crisis, only 8% of migrants arrived in Lampedusa. The others were rescued at sea and transported to Sicily to many ports there,” he said. “This year, over 70% of arrivals have been in Lampedusa, with people departing from Tunisia, which is very close to the island.”

    Di Giacomo said the Italian government had failed to prepare Lampedusa over the past few years. “The Italian government had time to increase the reception center’s capacity after it was set up in 2008,” he said. “Migration is nothing new for the country.”
    Why the sudden increase?

    One of Italy’s Pelagie Islands in the Mediterranean, Lampedusa has been the first point of entry to Europe for people fleeing conflict, poverty and war in North Africa and the Middle East for years, due to its geographical proximity to those regions. But the past week’s mass arrival of migrants caught local authorities off guard.

    “We have never seen anything like what we saw on Wednesday,” said a local police officer near the asylum reception center.

    Showing a cellphone video of several small boats crammed with people arriving at the Lampedusa port, he added, “2011 was the last time Lampedusa saw something like this.” When the civil war in Libya broke out in 2011, many people fled to Europe through Italy. At the time, Rome declared a “North Africa emergency.”

    Roberto Forin, regional coordinator for Europe at the Mixed Migration Centre, a research center, said the recent spike in arrivals likely had one main driving factor. “According to our research with refugees and migrants in Tunisia, the interceptions by Tunisian coast guards of boats leaving toward Italy seems to have decreased since the signing of the Memorandum of Understanding in mid-July between the European Union and Tunisia,” he said. “But the commission has not yet disbursed the €100 million ($106.6 million) included in the deal.”

    The EU-Tunisia deal is meant to prevent irregular migration from North Africa and has been welcomed by EU politicians, including Meloni. But rights groups have questioned whether it will protect migrants. Responding to reporters about the delayed disbursement of funds, the European Commission said on Friday that the disbursement was still a “work in progress.”

    IOM’s Giacomo said deals between the EU and North African countries aren’t the answer. “It is a humanitarian emergency right now because migrants are leaving from Tunisia, because many are victims of racial discrimination, assault, and in Libya as well, their rights are being abused,” he said. "Some coming from Tunisia are also saying they are coming to Italy to get medical care because of the economic crisis there.

    “The solution should be to organize more search-and-rescue at sea, to save people and bring them to safety,” he added. “The focus should be on helping Lampedusa save the migrants.”

    A group of young migrants from Mali who were sitting near the migrant reception center, with pink tags on their hands indicating the date of their arrival, had a similar view.

    “We didn’t feel safe in Tunisia,” they told DW. “So we paid around €750 to a smuggler in Sfax, Tunisia, who then gave us a dinghy and told us to control it and cross the sea toward Europe. We got to Italy but we don’t want to stay here. We want to go to France and play football for that country.”
    Are other EU nations helping?

    At a press briefing in Brussels on Wednesday, the European Commission said that 450 staff from Europol, Frontex and the European Union Agency for Asylum have been deployed to the island to assist Italian authorities, and €40 million ($42.6 million) has been provided for transport and other infrastructure needed for to handle the increase in migrant arrivals.

    But Italian authorities have said they’re alone in dealing with the migrants, with Germany restricting Italy from transferring migrants and France tightening its borders with the country.

    Lampedusa Deputy Mayor Attilio Lucia was uncompromising: “The message that has to get through is that Europe has to wake up because the European Union has been absent for 20 years. Today we give this signal: Lampedusa says ’Enough’, the Lampedusians have been suffering for 20 years and we are psychologically destroyed,” he told DW.

    “I understand that this was done mostly for internal politics, whereby governments in France and Germany are afraid of being attacked by far-right parties and therefore preemptively take restrictive measures,” said Forin. “On the other hand, it is a measure of the failure of the EU to mediate a permanent and sustainable mechanism. When solidarity is left to voluntary mechanisms between states there is always a risk that, when the stakes are high, solidarity vanishes.”

    Local help

    As politicians and rights groups argue over the right response, Lampedusa locals like Antonello di Malta and his mother feel helping people should be the heart of any deal.

    On the night more than 7,000 people arrived on the island, di Malta said his mother called him saying some migrants had come to their house begging for food. “I had to go out but I didn’t feel comfortable hearing about them from my mother. So I came home and we started cooking spaghetti for them. There were 10 of them,” he told DW, adding that he was disappointed with how the government was handling the situation.

    “When I saw them I thought about how I would have felt if they were my sons crying and asking for food,” said Antonello’s mother. “So I started cooking for them. We Italians were migrants too. We used to also travel from north to south. So we can’t get scared of people and we need to help.”

    Mohammad still has faith in the Italian locals helping people like him. “I left horrible conditions in Gambia. It is my first time in Europe and local people here have been nice to me, giving me a cracker or sometimes even spaghetti. I don’t know where I will be taken next, but I have not lost hope,” he told DW.

    “I stay strong thinking that one day I will play football for Italy and eventually, my home country Gambia,” he said. “That sport gives me joy through all this hardship.”

    https://www.dw.com/en/lampedusa-operational-emergency-not-migration-crisis/a-66830589

    #débarquements #asile #migrations #réfugiés #Italie #crise #compassion #transferts #urgence_opérationnelle #crise_migratoire #Europol #Frontex #Agence_de_l'Union_européenne_pour_l'asile (#EUEA #EUAA) #solidarité

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    • The dance that give life’
      Upon Lampedusa’s rocky shore they came,
      From Sub-Saharan lands, hearts aflame,
      Chasing dreams, fleeing despair,
      In search of a life that’s fair.

      Hunger gnawed, thirst clawed, bodies beat,
      Brutality’s rhythm, a policeman’s merciless feat,
      Yet within their spirits, a melody stirred,
      A refuge in humour where hope’s not deferred.

      Their laughter echoed ’cross the tiny island,
      In music and dance, they made a home,
      In the face of adversity, they sang their songs,
      In unity and rhythm, they proved their wrongs.

      A flood of souls, on Lampedusa’s strand,
      Ignited debates across the land,
      Politicians’ tongues twisted in spite,
      Racist rhetoric veiled as right.

      Yet, the common people, with curious gaze,
      Snared in the web of fear’s daze,
      Chose not to see the human plight,
      But the brainwash of bigotry’s might.

      Yet still, the survivor’s spirit shines bright,
      In the face of inhumanity, they recite,
      Their music, their dance, their undying humour,
      A testament to resilience, amid the rumour and hate.

      For they are not just numbers on a page,
      But humans, life stories, not a stage,
      Their journey not over, their tale still unspun,
      On the horizon, a new day begun.

      Written by @Yambiodavid

      https://twitter.com/RefugeesinLibya/status/1702595772603138331
      #danse #fête

    • L’imbroglio del governo oltre la propaganda

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite.

      La tragedia umanitaria in corso a Lampedusa, l’ennesima dalle “primavere arabe” del 2011 ad oggi, dimostra che dopo gli accordi di esternalizzazione, con la cessione di motovedette e con il supporto alle attività di intercettazione in mare, in collaborazione con Frontex, come si è fatto con la Tunisia e con la Libia (o con quello che ne rimane come governo di Tripoli), le partenze non diminuiscono affatto, ed anzi, fino a quando il meteo lo permette, sono in continuo aumento.

      Si sono bloccate con i fermi amministrativi le navi umanitarie più grandi, ma questo ha comportato un aumento degli “arrivi autonomi” e l’impossibilità di assegnare porti di sbarco distribuiti nelle città più grandi della Sicilia e della Calabria, come avveniva fino al 2017, prima del Codice di condotta Minniti e dell’attacco politico-giudiziario contro il soccorso civile.

      La caccia “su scala globale” a trafficanti e scafisti si è rivelata l’ennesimo annuncio propagandistico, anche se si dà molta enfasi alla intensificazione dei controlli di polizia e agli arresti di presunti trafficanti ad opera delle autorità di polizia e di guardia costiera degli Stati con i quali l’Italia ha stipulato accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione “clandestina”. Se Salvini ha le prove di una guerra contro l’Italia, deve esibirle, altrimenti pensi al processo di Palermo sul caso Open Arms, per difendersi sui fatti contestati, senza sfruttare il momento per ulteriori sparate propagandistiche.

      Mentre si riaccende lo scontro nella maggioranza, è inutile incolpare l’Unione europea, dopo che la Meloni e Piantedosi hanno vantato di avere imposto un “cambio di passo” nelle politiche migratorie dell’Unione, mente invece hanno solo rafforzato accordi bilaterali già esistenti.

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite, gli arrivi delle persone che fuggono da aree geografiche sempre più instabili, per non parlare delle devastazioni ambientali, non sono diminuiti per effetto degli accordi bilaterali o multilaterali con i quali si è cercato di offrire aiuti economici in cambio di una maggiore collaborazione sulle attività di polizia per la sorveglianza delle frontiere. Dove peraltro la corruzione, i controlli mortali, se non gli abusi sulle persone migranti, si sono diffusi in maniera esponenziale, senza che alcuna autorità statale si dimostrasse in grado di fare rispettare i diritti fondamentali e le garanzie che dovrebbe assicurare a qualsiasi persona uno Stato democratico quando negozia con un paese terzo. Ed è per questa ragione che gli aiuti previsti dal Memorandum Tunisia-Ue non sono ancora arrivati e il Piano Mattei per l’Africa, sul quale Meloni e Piantedosi hanno investito tutte le loro energie, appare già fallito.

      Di fronte al fallimento sul piano internazionale è prevedibile una ulteriore stretta repressiva. Si attende un nuovo pacchetto sicurezza, contro i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi “sicuri” per i quali, al termine di un sommario esame delle domande di protezione durante le “procedure accelerate in frontiera”, dovrebbero essere previsti “rimpatri veloci”. Come se non fossero certi i dati sul fallimento delle operazioni di espulsione e di rimpatrio di massa.

      Se si vogliono aiutare i paesi colpiti da terremoti e alluvioni, ma anche quelli dilaniati da guerre civili alimentate dalla caccia alle risorse naturali di cui è ricca l’Africa, occorrono visti umanitari, evacuazione dei richiedenti asilo presenti in Libia e Tunisia, ma anche in Niger, e sospensione immediata di tutti gli accordi stipulati per bloccare i migranti in paesi dove non si garantisce il rispetto dei diritti umani. Occorre una politica estera capace di mediare i conflitti e non di aggravarne gli esiti. Vanno aperti canali legali di ingresso senza delegare a paesi terzi improbabili blocchi navali. Per salvare vite, basta con la propaganda elettorale.

      https://ilmanifesto.it/limbroglio-del-governo-oltre-la-propaganda/r/2aUycOowSerL2VxgLCD9N

    • The fall of the Lampedusa Hotspot, people’s freedom and locals’ solidarity

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000912-464e9464ec/DSC09012.webp?ph=2196af27df

      A few weeks ago, the owner of one of the bars in the old port, was talking about human trafficking and money laundering between institutions and NGOs in relation to what had happened during that day. It was the evening of Thursday 24 August and Lampedusa had been touched by yet another ’exceptional’ event: 64 arrivals in one day. Tonight, in that same bar in the old port, a young Tunisian boy was sitting at a table and together with that same owner, albeit in different languages, exchanging life stories.

      What had been shaken in Lampedusa, in addition to the collapse of the Hotspot , is the collapse of the years long segregation system, which had undermined anypotential encounter with newly arrived people. A segregation that also provided fertile ground for conspiracy theories about migration, reducing people on the move to either victims or perpetrators of an alleged ’migration crisis’.

      Over the past two days, however, without police teams in manhunt mode, Lampedusa streets, public spaces, benches and bars, have been filled with encounters, conversations, pizzas and coffees offered by local inhabitants. Without hotspots and segregation mechanisms, Lampedusa becomes a space for enriching encounters and spontaneus acts of solidarity between locals and newly arrived people. Trays of fish ravioli, arancini, pasta, rice and couscous enter the small room next to the church, where volunteers try to guarantee as many meals as possible to people who, taken to the hotspot after disembarkation, had been unable to access food and water for three days. These scenes were unthinkable only a few days before. Since the beginning of the pandemic, which led to the end of the era of the ’hotspot with a hole’, newly-arrived people could not leave the detention centre, and it became almost impossible to imagine an open hotspot, with people walking freely through the city. Last night, 14 September, on Via Roma, groups of people who would never have met last week danced together with joy and complicity.

      These days, practice precedes all rhetoric, and what is happening shows that Lampedusa can be a beautiful island in the Mediterranean Sea rather than a border, that its streets can be a place of welcoming and encounter without a closed centre that stifles any space for self-managed solidarity.

      The problem is not migration but the mechanism used to manage it.

      The situation for the thousands of people who have arrived in recent days remains worrying and precarious. In Contrada Imbriacola, even tonight, people are sleeping on the ground or on cots next to the buses that will take them to the ships for transfers in the morning. Among the people, besides confusion and misinformation, there is a lot of tiredness and fatigue. There are many teenagers and adolescents and many children and pregnant women. There are no showers or sanitary facilities, and people still complain about the inaccessibility of food and water; the competitiveness during food distributions disheartens many because of the tension involved in queuing. The fights that broke out two days ago are an example of this, and since that event most of the workers of all the associations present in the centre have been prevented from entering for reasons of security and guaranteeing their safety.

      If the Red Cross and the Prefecture do not want to admit their responsibilities, these are blatant before our eyes and it is not only the images of 7000 people that prove this, but the way situations are handled due to an absolute lack of personnel and, above all, confusion at organisational moments.

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000932-250b0250b2/DSC08952-8.webp?ph=2196af27df

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      During transfers yesterday morning, the carabinieri charged to move people crowded around a departing bus. The latter, at the cost of moving, performed a manoeuvre that squeezed the crowd against a low wall, creating an extremely dangerous situation ( video). All the people who had been standing in line for hours had to move chaotically, creating a commotion from which a brawl began in which at least one person split his eyebrow. Shortly before, one of the police commissioners had tried something different by creating a human caterpillar - people standing in line with their hands on their shoulders - in order to lead them into a bus, but once the doors were opened, other people pounced into it literally jamming it (photo). In other words, people are trudging along at the cost of others’ psycho-physical health.

      In yesterday evening’s transfer on 14 September (photo series with explanation), 300 people remained at the commercial dock from the morning to enter the Galaxy ship at nine o’clock in the evening. Against these 300 people, just as many arrived from the hotspot to board the ship or at least to try to do so.

      The tension, especially among those in control, was palpable; the marshals who remained on the island - the four patrols of the police force were all engaged for the day’s transfers - ’lined up’ between one group and another with the aim of avoiding any attempt to jump on the ship. In reality, people, including teenagers and families with children, hoped until the end to board the ship. No one told them otherwise until all 300 people passed through the only door left open to access the commercial pier. These people were promised that they would leave the next day. Meanwhile, other people from the hotspot have moved to the commercial pier and are spending the night there.

      People are demanding to leave and move freely. Obstructing rather than supporting this freedom of movement will lead people and territories back to the same impasses they have regularly experienced in recent years. The hotspot has collapsed, but other forms of borders remain that obstruct something as simple as personal self-determination. Forcing is the source of all problems, not freedom.

      Against all forms of borders, for freedom of movement for all.

      https://www.maldusa.org/l/the-fall-of-the-lampedusa-hotspot-people-s-freedom-and-locals-solidarity

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      #Video: Lampedusa on the 14th September

      –-> https://vimeo.com/864806349

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      #Lampedusa #hotspot #soilidarity #Maldusa

    • Lampedusa’s Hotspot System: From Failure to Nonexistence

      After a few days of bad weather, with the return of calm seas, people on the move again started to leave and cross the Mediterranean from Tunisia and Libya.

      During the day of 12 September alone, 110 iron, wooden and rubber boats arrived. 110 small boats, for about 5000 people in twenty-four hours. Well over the ’record’ of 60 that had astonished many a few weeks ago. Numbers not seen for years, and which add up to the approximately 120,000 people who have reached Italy since January 2023 alone: already 15,000 more than the entire year 2022.

      It has been a tense few days at the Favaloro pier, where people have been crowded for dozens of hours under the scorching sun.

      Some, having passed the gates and some rocks, jumped into the water in an attempt to find some coolness, reaching some boats at anchor and asking for water to drink.

      It pains and angers us that the police in riot gear are the only real response that seems to have been given.

      On the other hand, hundreds of people, who have arrived in the last two days on the Lampedusa coast, are walking through the streets of the town, crossing and finally reclaiming public space. The hotspot, which could accommodate 389, in front of 7000 people, has simply blown up. That is, it has opened.

      The square in front of the church was transformed, as it was years ago, into a meeting place where locals organised the distribution of food they had prepared, thanks also to the solidarity of bakers and restaurateurs who provided what they could.

      A strong and fast wave of solidarity: it seems incredible to see people on the move again, sharing space, moments and words with Lampedusians, activists from various organisations and tourists. Of course, there is also no shortage of sad and embarrassing situations, in which some tourists - perhaps secretly eager to meet ’the illegal immigrants’ - took pictures of themselves capturing these normally invisible and segregated chimeras.

      In fact, all these people would normally never meet, kept separate and segregated by the hotspot system.

      But these days a hotspot system seems to no longer exist, or to have completely broken down, in Lampedusa. It has literally been occupied by people on the move, sleeping inside and outside the centre, on the road leading from the entrance gate to the large car park, and in the abandoned huts around, and in every nook and cranny.

      Basic goods, such as water and food, are not enough. Due to the high number of people, there is a structural lack of distribution even of the goods that are present, and tensions seem to mount slowly but steadily.

      The Red Cross and workers from other organisations have been prevented from entering the hotspot centre for ’security reasons’ since yesterday morning. This seems an overwhelming situation for everyone. The pre-identification procedures, of course, are completely blown.

      Breaking out of this stalemate it’s very complex due to the continuous flow of arrivals : for today, as many as 2000 people are expected to be transferred between regular ships and military assets. For tomorrow another 2300 or so. Of course, it remains unpredictable how many people will continue to reach the island at the same time.

      In reaction to all this, we are not surprised, but again disappointed, that the city council is declaring a state of emergency still based on the rhetoric of ’invasion’.

      A day of city mourning has also been declared for the death of a 5-month-old baby, who did not survive the crossing and was found two days ago during a rescue.

      We are comforted, however, that a torchlight procession has been called by Lampedusians for tonight at 8pm. Banners read: ’STOP DEAD AT SEA’, ’LEGAL ENTRANCE CHANNELS NOW’.

      The Red Cross, Questura and Prefecture, on the other hand, oscillate between denying the problem - ’we are handling everything pretty well’ - to shouting at the invasion.

      It is not surprising either, but remains a disgrace, that the French government responds by announcing tighter border controls and that the German government announces in these very days - even though the decision stems from agreements already discussed in August regarding the Dublin Convention - that it will suspend the taking in of any refugee who falls under the so-called ’European solidarity mechanism’.

      We are facing a new level of breaking down the European borders and border regime by people on the move in the central Mediterranean area.

      We stand in full solidarity with them and wish them safe arrival in their destination cities.

      But let us remember: every day they continue to die at sea, which proves to be the deadliest border in the world. And this stems from a political choice, which remains intolerable and unacceptable.

      Freedom of movement must be a right for all!

      https://www.maldusa.org/l/lampedusas-hotspot-system-from-failure-to-nonexistence

    • « L’effet Lampedusa », ou comment se fabriquent des politiques migratoires répressives

      En concentrant les migrants dans des hotspots souvent situés sur de petites îles, les Etats européens installent une gestion inhumaine et inefficace des migrations, contradictoire avec certains de leurs objectifs, soulignent les chercheuses #Marie_Bassi et #Camille_Schmoll.

      Depuis quelques jours, la petite île de Lampedusa en Sicile a vu débarquer sur son territoire plus de migrants que son nombre d’habitants. Et comme à chacun de ces épisodes d’urgence migratoire en Europe, des représentants politiques partent en #croisade : pour accroître leur capital électoral, ils utilisent une #rhétorique_guerrière tandis que les annonces de #fermeture_des_frontières se succèdent. Les #élections_européennes approchent, c’est pour eux l’occasion de doubler par la droite de potentiels concurrents.

      Au-delà du cynisme des #opportunismes_politiques, que nous dit l’épisode Lampedusa ? Une fois de plus, que les #politiques_migratoires mises en place par les Etats européens depuis une trentaine d’années, et de manière accélérée depuis 2015, ont contribué à créer les conditions d’une #tragédie_humanitaire. Nous avons fermé les #voies_légales d’accès au territoire européen, contraignant des millions d’exilés à emprunter la périlleuse route maritime. Nous avons laissé les divers gouvernements italiens criminaliser les ONG qui portent secours aux bateaux en détresse, augmentant le degré de létalité de la traversée maritime. Nous avons collaboré avec des gouvernements irrespectueux des droits des migrants : en premier lieu la Libye, que nous avons armée et financée pour enfermer et violenter les populations migrantes afin de les empêcher de rejoindre l’Europe.

      L’épisode Lampedusa n’est donc pas simplement un drame humain : c’est aussi le symptôme d’une politique migratoire de courte vue, qui ne comprend pas qu’elle contribue à créer les conditions de ce qu’elle souhaite éviter, en renforçant l’instabilité et la violence dans les régions de départ ou de transit, et en enrichissant les réseaux criminels de trafic d’êtres humains qu’elle prétend combattre.

      Crise de l’accueil, et non crise migratoire

      Revenons d’abord sur ce que l’on peut appeler l’effet hotspot. On a assisté ces derniers mois à une augmentation importante des traversées de la Méditerranée centrale vers l’Italie, si bien que l’année 2023 pourrait, si la tendance se confirme, se hisser au niveau des années 2016 et 2017 qui avaient battu des records en termes de traversées dans cette zone. C’est bien entendu cette augmentation des départs qui a provoqué la surcharge actuelle de Lampedusa, et la situation de crise que l’on observe.

      Mais en réalité, les épisodes d’urgence se succèdent à Lampedusa depuis que l’île est devenue, au début des années 2000, le principal lieu de débarquement des migrants dans le canal de Sicile. Leur interception et leur confinement dans le hotspot de cette île exiguë de 20 km² renforce la #visibilité du phénomène, et crée un #effet_d’urgence et d’#invasion qui justifie une gestion inhumaine des arrivées. Ce fut déjà le cas en 2011 au moment des printemps arabes, lorsque plus de 60 000 personnes y avaient débarqué en quelques mois. Le gouvernement italien avait stoppé les transferts vers la Sicile, créant volontairement une situation d’#engorgement et de #crise_humanitaire. Les images du centre surpeuplé, de migrants harassés dormant dans la rue et protestant contre cet accueil indigne avaient largement été diffusées par les médias. Elles avaient permis au gouvernement italien d’instaurer un énième #état_d’urgence et de légitimer de nouvelles #politiques_répressives.

      Si l’on fait le tour des hotspots européens, force est de constater la répétition de ces situations, et donc l’échec de la #concentration dans quelques points stratégiques, le plus souvent des #îles du sud de l’Europe. L’#effet_Lampedusa est le même que l’effet #Chios ou l’effet #Moria#Lesbos) : ces #îles-frontières concentrent à elles seules, parce qu’elles sont exiguës, toutes les caractéristiques d’une gestion inhumaine et inefficace des migrations. Pensée en 2015 au niveau communautaire mais appliquée depuis longtemps dans certains pays, cette politique n’est pas parvenue à une gestion plus rationnelle des flux d’arrivées. Elle a en revanche fait peser sur des espaces périphériques et minuscules une énorme responsabilité humaine et une lourde charge financière. Des personnes traumatisées, des survivants, des enfants de plus en plus jeunes, sont accueillis dans des conditions indignes. Crise de l’accueil et non crise migratoire comme l’ont déjà montré de nombreuses personnes.

      Changer de paradigme

      Autre #myopie européenne : considérer qu’on peut, en collaborant avec les Etats de transit et de départ, endiguer les flux. Cette politique, au-delà de la vulnérabilité qu’elle crée vis-à-vis d’Etats qui peuvent user du chantage migratoire à tout moment – ce dont Kadhafi et Erdogan ne s’étaient pas privés – génère les conditions mêmes du départ des personnes en question. Car l’#externalisation dégrade la situation des migrants dans ces pays, y compris ceux qui voudraient y rester. En renforçant la criminalisation de la migration, l’externalisation renforce leur #désir_de_fuite. Depuis de nombreuses années, migrantes et migrants fuient les prisons et la torture libyennes ; ou depuis quelques mois, la violence d’un pouvoir tunisien en plein tournant autoritaire qui les érige en boucs émissaires. L’accord entre l’UE et la Tunisie, un énième du genre qui conditionne l’aide financière à la lutte contre l’immigration, renforce cette dynamique, avec les épisodes tragiques de cet été, à la frontière tuniso-libyenne.

      Lampedusa nous apprend qu’il est nécessaire de changer de #paradigme, tant les solutions proposées par les Etats européens (externalisation, #dissuasion, #criminalisation_des_migrations et de leurs soutiens) ont révélé au mieux leur #inefficacité, au pire leur caractère létal. Ils contribuent notamment à asseoir des régimes autoritaires et des pratiques violentes vis-à-vis des migrants. Et à transformer des êtres humains en sujets humanitaires.

      https://www.liberation.fr/idees-et-debats/tribunes/leffet-lampedusa-ou-comment-se-fabriquent-des-politiques-migratoires-repr

    • Pour remettre les pendules à l’heure :

      Saluti dal Paese del “fenomeno palesemente fuori controllo”.


      https://twitter.com/emmevilla/status/1703458756728610987

      Et aussi :

      « Les interceptions des migrants aux frontières représentent 1 à 3% des personnes autorisées à entrer avec un visa dans l’espace Schengen »

      Source : Babels, « Méditerranée – Des frontières à la dérive », https://www.lepassagerclandestin.fr/catalogue/bibliotheque-des-frontieres/mediterraneedes-frontieres-a-la-derive

      #statistiques #chiffres #étrangers #Italie

    • Arrivées à Lampedusa - #Solidarité et #résistance face à la crise de l’accueil en Europe.

      Suite à l’arrivée d’un nombre record de personnes migrantes à Lampedusa, la société civile exprime sa profonde inquiétude face à la réponse sécuritaire des Etats européens, la crise de l’accueil et réaffirme sa solidarité avec les personnes qui arrivent en Europe.

      Plus de 5 000 personnes et 112 bateaux : c’est le nombre d’arrivées enregistrées sur l’île italienne de Lampedusa le mardi 12 septembre. Les embarcations, dont la plupart sont arrivées de manière autonome, sont parties de Tunisie ou de Libye. Au total, plus de 118 500 personnes ont atteint les côtes italiennes depuis le début de l’année, soit près du double des 64 529 enregistrées à la même période en 2022 [1]. L’accumulation des chiffres ne nous fait pas oublier que, derrière chaque numéro, il y a un être humain, une histoire individuelle et que des personnes perdent encore la vie en essayant de rejoindre l’Europe.

      Si Lampedusa est depuis longtemps une destination pour les bateaux de centaines de personnes cherchant refuge en Europe, les infrastructures d’accueil de l’île font défaut. Mardi, le sauvetage chaotique d’un bateau a causé la mort d’un bébé de 5 mois. Celui-ci est tombé à l’eau et s’est immédiatement noyé, alors que des dizaines de bateaux continuaient d’accoster dans le port commercial. Pendant plusieurs heures, des centaines de personnes sont restées bloquées sur la jetée, sans eau ni nourriture, avant d’être transférées vers le hotspot de Lampedusa.

      Le hotspot, centre de triage où les personnes nouvellement arrivées sont tenues à l’écart de la population locale et pré-identifiées avant d’être transférées sur le continent, avec ses 389 places, n’a absolument pas la capacité d’accueillir dignement les personnes qui arrivent quotidiennement sur l’île. Depuis mardi, le personnel du centre est complètement débordé par la présence de 6 000 personnes. La Croix-Rouge et le personnel d’autres organisations ont été empêchés d’entrer dans le centre pour des « raisons de sécurité ».

      Jeudi matin, de nombreuses personnes ont commencé à s’échapper du hotspot en sautant les clôtures en raison des conditions inhumaines dans lesquelles elles y étaient détenues. Face à l’incapacité des autorités italiennes à offrir un accueil digne, la solidarité locale a pris le relais. De nombreux habitants et habitantes se sont mobilisés pour organiser des distributions de nourriture aux personnes réfugiées dans la ville [2].

      Différentes organisations dénoncent également la crise politique qui sévit en Tunisie et l’urgence humanitaire dans la ville de Sfax, d’où partent la plupart des bateaux pour l’Italie. Actuellement, environ 500 personnes dorment sur la place Beb Jebli et n’ont pratiquement aucun accès à la nourriture ou à une assistance médicale [3]. La plupart d’entre elles ont été contraintes de fuir le Soudan, l’Éthiopie, la Somalie, le Tchad, l’Érythrée ou le Niger. Depuis les déclarations racistes du président tunisien, Kais Saied, de nombreuses personnes migrantes ont été expulsées de leur domicile et ont perdu leur travail [4]. D’autres ont été déportées dans le désert où certaines sont mortes de soif.

      Alors que ces déportations massives se poursuivent et que la situation à Sfax continue de se détériorer, l’UE a conclu un nouvel accord avec le gouvernement tunisien il y a trois mois afin de coopérer « plus efficacement en matière de migration », de gestion des frontières et de « lutte contre la contrebande », au moyen d’une enveloppe de plus de 100 millions d’euros. L’UE a accepté ce nouvel accord en pleine connaissance des atrocités commises par le gouvernement tunisien ainsi que les attaques perpétrées par les garde-côtes tunisiens sur les bateaux de migrants [5].

      Pendant ce temps, nous observons avec inquiétude comment les différents gouvernements européens ferment leurs frontières et continuent de violer le droit d’asile et les droits humains les plus fondamentaux. Alors que le ministre français de l’Intérieur a annoncé son intention de renforcer les contrôles à la frontière italienne, plusieurs autres États membres de l’UE ont également déclaré qu’ils fermeraient leurs portes. En août, les autorités allemandes ont décidé d’arrêter les processus de relocalisation des demandeurs et demandeuses d’asile arrivant en Allemagne depuis l’Italie dans le cadre du « mécanisme de solidarité volontaire » [6].

      Invitée à Lampedusa dimanche par la première ministre Meloni, la Présidente de la Commission européenne Von der Leyen a annoncé la mise en place d’un plan d’action en 10 points qui vient confirmer cette réponse ultra-sécuritaire [7]. Renforcer les contrôles en mer au détriment de l’obligation de sauvetage, augmenter la cadence des expulsions et accroître le processus d’externalisation des frontières… autant de vieilles recettes que l’Union européenne met en place depuis des dizaines années et qui ont prouvé leur échec, ne faisant qu’aggraver la crise de la solidarité et la situation des personnes migrantes.

      Les organisations soussignées appellent à une Europe ouverte et accueillante et exhortent les États membres de l’UE à fournir des voies d’accès sûres et légales ainsi que des conditions d’accueil dignes. Nous demandons que des mesures urgentes soient prises à Lampedusa et que les lois internationales qui protègent le droit d’asile soient respectées. Nous sommes dévastés par les décès continus en mer causés par les politiques frontalières de l’UE et réaffirmons notre solidarité avec les personnes en mouvement.

      https://migreurop.org/article3203.html?lang_article=fr

    • Che cos’è una crisi migratoria?

      Continuare a considerare il fenomeno migratorio come crisi ci allontana sempre più dalla sua comprensione, mantenendoci ancorati a soluzioni emergenziali che non possono che risultare strumentali e pericolose
      Le immagini della fila di piccole imbarcazioni in attesa di fare ingresso nel porto di Lampedusa resteranno impresse nella nostra memoria collettiva. Oltre cinquemila persone in sole ventiquattrore, che si aggiungono alle oltre centomila giunte in Italia nei mesi precedenti (114.256 al 31 agosto 2023). Nel solo mese di agosto sono sbarcate in Italia più di venticinquemila persone, che si aggiungono alle oltre ventitremila di luglio. Era del resto in previsione di una lunga estate di sbarchi che il Governo aveva in aprile dichiarato lo stato di emergenza, in un momento in cui, secondo i dati forniti dal ministro Piantedosi, nella sola Lampedusa erano concentrate più di tremila persone. Stando alle dichiarazioni ufficiali, l’esigenza era quella di dotarsi degli strumenti tecnici per distribuire più efficacemente chi era in arrivo sul territorio italiano, in strutture gestite dalla Protezione civile, aggirando le ordinarie procedure d’appalto per l’apertura di nuove strutture di accoglienza.

      Tra il 2017 e il 2022, in parallelo con la riduzione del numero di sbarchi, il sistema d’accoglienza per richiedenti protezione internazionale era stato progressivamente contratto, perdendo circa il 240% della sua capacità ricettiva. Gli interventi dei primi mesi del 2023 sembravano tuttavia volerne rivoluzionare la fisionomia. Il cosiddetto “Decreto Cutro” escludeva i richiedenti asilo dalla possibilità di accedere alle strutture di accoglienza che fanno capo alla rete Sai (Sistema accoglienza migrazione), che a fine 2022 vantava una capacità di quasi venticinquemila posti, per riservare loro strutture come i grandi Centri di prima accoglienza o di accoglienza straordinaria, in cui sempre meno servizi alla persona sarebbero stati offerti. Per i richiedenti provenienti dai Paesi considerati “sicuri”, invece, la prospettiva era quella del confinamento in strutture situate nei pressi delle zone di frontiera in attesa dell’esito della procedura d’asilo accelerata e, eventualmente, del rimpatrio immediato.

      L’impennata nel numero di arrivi registrata negli ultimi giorni ha infine indotto il presidente del Consiglio ad annunciare con un videomessaggio trasmesso all’ora di cena nuove misure eccezionali. In particolare, sarà affidato all’Esercito il compito di creare e gestire nuove strutture detentive in cui trattenere “chiunque entri illegalmente in Italia per tutto il tempo necessario alla definizione della sue eventuale richiesta d’asilo e per la sua effettiva espulsione nel caso in cui sia irregolare”, da collocarsi “in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. Parallelamente, anche i termini massimi di detenzione saranno innalzati fino a diciotto mesi.

      Ciò di cui nessuno sembra dubitare è che l’Italia si trovi a fronteggiare l’ennesima crisi migratoria. Ma esattamente, di cosa si parla quando si usa la parola “crisi” in relazione ai fenomeni migratori?

      Certo c’è la realtà empirica dei movimenti attraverso le frontiere. Oltre centomila arrivi in otto mesi giustificano forse il riferimento al concetto di crisi, ma a ben vedere non sono i numeri il fattore determinante. Alcune situazioni sono state definite come critiche anche in presenza di numeri tutto sommato limitati, per ragioni essenzialmente politico-diplomatiche. Si pensi alla crisi al confine greco-turco nel 2020, o ancora alla crisi ai confini di Polonia e Lituania con la Bielorussia nel 2021. In altri casi il movimento delle persone attraverso i confini non è stato tematizzato come una crisi anche a fronte di numeri molto elevati, si pensi all’accoglienza riservata ai profughi ucraini. Sebbene siano stati attivati strumenti di risposta eccezionali, il loro orientamento è stato prevalentemente umanitario e volto all’accoglienza. L’Italia, ad esempio, ha sì decretato uno stato d’emergenza per implementare un piano di accoglienza straordinaria dei profughi provenienti dall’Ucraina, ma ha offerto accoglienza agli oltre centosettantamila ucraini presenti sul nostro territorio senza pretendere di confinarli in centri chiusi, concedendo inoltre loro un sussidio in denaro.

      Ciò che conta è la rappresentazione del fenomeno migratorio e la risposta politica che di conseguenza segue. Le rappresentazioni e le politiche si alimentano reciprocamente. In breve, non tutti i fenomeni migratori sono interpretati come una crisi, né, quando lo sono, determinano la medesima risposta emergenziale. Ad esempio, all’indomani della tragedia di Lampedusa del 2013 prevalse un paradigma interpretativo chiaramente umanitario, che portò all’intensificazione delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Nel 2014 sbarcarono in Italia oltre centosettantamila migranti, centocinquantamila nel 2015 e ben centottantamila nel 2016. Questo tipo di approccio è stato in seguito definito come un pericoloso fattore di attrazione per le migrazioni non autorizzate e l’area operativa delle missioni di sorveglianza dei confini marittimi progressivamente arretrata, creando quel vuoto nelle attività di ricerca e soccorso che le navi delle Ong hanno cercato negli ultimi anni di colmare.

      Gli arrivi a Lampedusa degli ultimi giorni sono in gran parte l’effetto della riduzione dell’attività di sorveglianza oltre le acque territoriali. Intercettare i migranti in acque internazionali implica l’assunzione di obblighi e ricerca e soccorso che l’attuale governo accetta con una certa riluttanza, ma consente anche di far sbarcare i migranti soccorsi in mare anche in altri porti, evitando eccessive concentrazioni in un unico punto di sbarco.

      I migranti che raggiungono le nostre coste sono rappresentati come invasori, che violando i nostri confini minacciano la nostra integrità territoriale. L’appello insistito all’intervento delle forze armate che abbiamo ascoltato negli ultimi giorni si giustifica proprio attraverso il riferimento alla necessità di proteggere i confini e, in ultima analisi, l’integrità territoriale dell’Italia. Per quanto le immagini di migliaia di persone che sbarcano sulle coste italiane possano impressionare l’opinione pubblica, il riferimento alla necessità di proteggere l’integrità territoriale è frutto di un grave equivoco. Il principio di integrità territoriale è infatti codificato nel diritto internazionale come un corollario del divieto di uso della forza. Da ciò discende che l’integrità territoriale di uno Stato può essere minacciata solo da un’azione militare ostile condotta da forze regolari o irregolari. È dubbio che le migrazioni possano essere considerate una minaccia tale da giustificare, ad esempio, un blocco navale.

      Se i migranti non possono di per sé essere considerati come una minaccia alla integrità territoriale dello Stato, potrebbero però essere utilizzati come strumento da parte di attori politici intenzionati a destabilizzare politicamente i Paesi di destinazione. Non è mancato negli ultimi tempi chi ha occasionalmente evocato l’idea della strumentalizzazione delle migrazioni, fino alla recente, plateale dichiarazione del ministro Salvini. D’altra parte, questo è un tema caro ai Paesi dell’Est Europa, che hanno spinto affinché molte delle misure eccezionali adottate da loro in occasione della crisi del 2021 fossero infine incorporate nel diritto della Ue. Una parte del governo italiano sembra tuttavia più cauta, anche perché si continua a vedere nella collaborazione con i Paesi terzi la chiave di volta per la gestione del fenomeno. Accusare esplicitamente la Tunisia di strumentalizzare le migrazioni avrebbe costi politico-diplomatici troppo elevati.

      Cionondimeno, insistendo sull’elemento del rischio di destabilizzazione interna, plasticamente rappresentato dalle immagini delle migliaia di persone ammassate sul molo o nell’hotspot di Lampedusa, il governo propone una risposta politica molto simile all’approccio utilizzato da Polonia e Lituania nel 2021, centrato su respingimenti di massa e detenzione nelle zone di frontiera. L’obiettivo è quello di disincentivare i potenziali futuri migranti, paventando loro lunghi periodi di detenzione e il ritorno nella loro patria di origine.

      Gran parte di questa strategia dipende dalla collaborazione dei Paesi terzi e dalla loro disponibilità a bloccare le partenze prima che i migranti siano intercettati da autorità Italiane, facendo di conseguenza scattare gli obblighi internazionali di ricerca e soccorso o di asilo. Una strategia simile, definita come del controllo senza contatto, è stata seguita a lungo nella cooperazione con la Guardia costiera libica. Tuttavia, è proprio il tentativo di esternalizzare i controlli migratori a rendere i Paesi della Ue sempre più vulnerabili alla spregiudicata diplomazia delle migrazioni dei Paesi terzi. In definitiva, sono i Paesi europei che offrono loro la possibilità di strumentalizzare le migrazioni a scopi politici.

      Sul piano interno, il successo di una simile strategia dipende dalla capacità di rimpatriare rapidamente i migranti giunti sul territorio italiano. Alla fine del 2021 la percentuale di rimpatri che l’Italia riusciva ad eseguire era del 15% dei provvedimenti di allontanamento adottati. Gran parte delle persone rimpatriate sono tuttavia cittadini tunisini, anche perché in assenza di collaborazione con il Paese d’origine è impossibile rimpatriare. I tunisini rappresentano solo l’8% delle persone sbarcate nel 2023, che vengono in prevalenza da Guinea, Costa d’Avorio, Egitto, Bangladesh, Burkina Faso. L’allungamento dei tempi di detenzione non avrà dunque nessuna incidenza sulla efficacia delle politiche di rimpatrio.

      Uno degli argomenti utilizzati per giustificare l’intervento dell’Esercito è quello della necessità di accrescere la capacità del sistema detentivo, giudicata dal Governo non adeguata a gestire l’attuale crisi migratoria. Stando ai dati inclusi nella relazione sul sistema di accoglienza, alla fine del 2021 il sistema contava 744 posti, a fronte di una capacità ufficiale di 1.395. Come suggerisce la medesima relazione, il sistema funziona da sempre a capacità ridotta, anche perché le strutture sono soggette a ripetuti interventi di manutenzione straordinaria a causa delle devastazioni che seguono alle continue rivolte. Si tratta di strutture ai limiti dell’ingestibilità, che possono essere governate solo esercitando una forma sistemica di violenza istituzionale.

      Il sistema detentivo per stranieri sta tuttavia cambiando pelle progressivamente, ibridandosi con il sistema di accoglienza per richiedenti asilo al fine di contenere i migranti appena giunti via mare in attesa del loro più o meno rapido respingimento. Fino ad oggi, tuttavia, la detenzione ha continuato ad essere utilizzata in maniera più o meno selettiva, riservandola a coloro con ragionevoli prospettive di essere rimpatriati in tempi rapidi. Gli altri sono stati instradati verso il sistema di accoglienza, qualora avessero presentato una domanda d’asilo, o abbandonai al loro destino con in mano un ordine di lasciare l’Italia entro sette giorni.

      Le conseguenze di una politica basata sulla detenzione sistematica e a lungo termine di tutti coloro che giungono alla frontiera sono facili da immaginare. Se l’Italia si limitasse a trattenere per una media di sei mesi (si ricordi che l’intenzione espressa in questi giorni dal Governo italiano è di portare a diciotto mesi i termini massimi di detenzione) anche solo il 50% delle persone che sbarcano, significherebbe approntare un sistema detentivo con una capacità di trentottomila posti. Certo, questo calcolo si basa sulla media mensile degli arrivi registrati nel 2023, un anno di “crisi” appunto. Ma anche tenendo conto della media mensile degli arrivi dei due anni precedenti la prospettiva non sarebbe confortante. Il nostro Paese dovrebbe infatti essere in grado di mantenere una infrastruttura detentiva da ventimila posti. Una simile infrastruttura, dato l’andamento oscillatorio degli arrivi via mare, dovrebbe essere poi potenziata al bisogno per far fronte alle necessità delle fasi in cui il numero di sbarchi cresce.

      Lascio al lettore trarre le conseguenze circa l’impatto materiale e umano che una simile approccio alla gestione degli arrivi avrebbe. Mi limito qui solo ad alcune considerazioni finali sulla maniera in cui sono tematizzate le cosiddette crisi migratorie. Tali crisi continuano ad essere viste come il frutto della carenza di controlli e della incapacità dello Stato di esercitare il suo diritto sovrano di controllare le frontiere. La risposta alle crisi migratorie è dunque sempre identica a sé stessa, alla ricerca di una impossibile chiusura dei confini che riproduce sempre nuove crisi, nuovi morti in mare, nuova violenza di Stato lungo le frontiere fortificate o nelle zone di contenimento militarizzate. Guardare alle migrazioni attraverso la lente del concetto di “crisi” induce tuttavia a pensare le migrazioni come a qualcosa di eccezionale, come a un’anomalia causata da instabilità e catastrofi che si verificano in un altrove geografico e politico. Le migrazioni sono così destoricizzate e decontestualizzate dalle loro cause strutturali e i Paesi di destinazione condannati a replicare politiche destinate a fallire poiché appunto promettono risultati irraggiungibili. Più che insistere ossessivamente sulla rappresentazione delle migrazioni come crisi, si dovrebbe dunque forse cominciare a tematizzare la crisi delle politiche migratorie. Una crisi più profonda e strutturale che non può essere ridotta alle polemiche scatenate dai periodici aumenti nel numero di sbarchi.

      https://www.rivistailmulino.it/a/che-cos-una-crisi-migratoria

    • Spiegazione semplice del perché #Lampedusa va in emergenza.

      2015-2017: 150.000 sbarchi l’anno, di cui 14.000 a Lampedusa (9%).

      Ultimi 12 mesi: 157.000 sbarchi, di cui 104.000 a Lampedusa (66%).

      Soluzione: aumentare soccorsi a #migranti, velocizzare i trasferimenti.
      Fine.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1704751278184685635

    • Interview de M. #Gérald_Darmanin, ministre de l’intérieur et des outre-mer, à Europe 1/CNews le 18 septembre 2023, sur la question migratoire et le travail des forces de l’ordre.

      SONIA MABROUK
      Bonjour à vous Gérald DARMANIN.

      GERALD DARMANIN
      Bonjour.

      SONIA MABROUK
      Merci de nous accorder cet entretien, avant votre déplacement cet après-midi à Rome. Lampedusa, Monsieur le Ministre, débordé par l’afflux de milliers de migrants. La présidente de la Commission européenne, Ursula VON DER LEYEN, en visite sur place, a appelé les pays européens à accueillir une partie de ces migrants arrivés en Italie. Est-ce que la France s’apprête à le faire, et si oui, pour combien de migrants ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, non, la France ne s’apprête pas à le faire, la France, comme l’a dit le président de la République la Première ministre italienne, va aider l’Italie à tenir sa frontière, pour empêcher les gens d’arriver, et pour ceux qui sont arrivés en Italie, à Lampedusa et dans le reste de l’Italie, nous devons appliquer les règles européennes, que nous avons adoptées voilà quelques mois, qui consistent à faire les demandes d’asile à la frontière. Et donc une fois que l’on fait les demandes d’asile à la frontière, on constate qu’une grande partie de ces demandeurs d’asile ne sont pas éligibles à l’asile et doivent repartir immédiatement dans les pays d’origine. S’il y a des demandeurs d’asile, qui sont éligibles à l’asile, qui sont persécutés pour des raisons évidemment politiques, bien sûr, ce sont des réfugiés, et dans ces cas-là, la France comme d’autres pays, comme elle l’a toujours fait, peut accueillir des personnes. Mais ce serait une erreur d’appréciation que de considérer que les migrants parce qu’ils arrivent en Europe, doivent tout de suite être répartis dans tous les pays d’Europe et dont la France, qui prend déjà largement sa part, et donc ce que nous voulons dire à nos amis italiens, qui je crois sont parfaitement d’accord avec nous, nous devons protéger les frontières extérieures de l’Union européenne, les aider à cela, et surtout tout de suite regarder les demandes d’asile, et quand les gens ne sont pas éligibles à l’asile, tout de suite les renvoyer dans leur pays.

      SONIA MABROUK
      Donc, pour être clair ce matin Gérald DARMANIN, vous dites que la politique de relocalisation immédiate, non la France n’en prendra pas sa part.

      GERALD DARMANIN
      S’il s’agit de personnes qui doivent déposer une demande d’asile parce qu’ils sont persécutés dans leur pays, alors ce sont des réfugiés politiques, oui nous avons toujours relocalisé, on a toujours mis dans nos pays si j’ose dire une partie du fardeau qu’avaient les Italiens ou les Grecs. S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont, 60 % d’entre eux viennent de pays comme la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison qu’ils viennent…

      SONIA MABROUK
      Ça a été le cas lors de l’Ocean Viking.

      GERALD DARMANIN
      Il n’y a aucune raison. Pour d’autres raisons, c’est des raisons humanitaires, là il n’y a pas de question humanitaire, sauf qu’à Lampedusa les choses deviennent très difficiles, c’est pour ça qu’il faut que nous aidions nos amis italiens, mais il ne peut pas y avoir comme message donné aux personnes qui viennent sur notre sol, qu’ils sont quoiqu’il arrive dans nos pays accueillis. Ils ne sont accueillis que s’ils respectent les règles de l’asile, s’ils sont persécutés. Mais si c’est une immigration qui est juste irrégulière, non, la France ne peut pas les accueillir, comme d’autres pays. La France est très ferme, vous savez, j’entends souvent que c’est le pays où il y a le plus de demandeurs d’asile, c’est tout à fait faux, nous sommes le 4e pays, derrière l’Allemagne, derrière l’Espagne, derrière l’Autriche, et notre volonté c’est d’accueillir bien sûr ceux qui doivent l’être, les persécutés politiques, mais nous devons absolument renvoyer chez eux, ceux qui n’ont rien à faire en Europe.

      SONIA MABROUK
      On entend ce message ce matin, qui est un peu différent de celui de la ministre des Affaires étrangères, qui semblait parler d’un accueil inconditionnel. Le président de la République a parlé d’un devoir de solidarité. Vous, vous dites : oui, devoir de solidarité, mais nous n’allons pas avoir une politique de répartition des migrants, ce n’est pas le rôle de la France.

      GERALD DARMANIN
      Le rôle de la France, d’abord aider l’Italie.

      SONIA MABROUK
      Comment, concrètement ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien d’abord, nous devons continuer à protéger nos frontières, et ça c’est à l’Europe de le faire.

      SONIA MABROUK
      Ça c’est l’enjeu majeur, les frontières extérieures.

      GERALD DARMANIN
      Exactement. Nous devons déployer davantage Frontex en Méditerranée…

      SONIA MABROUK
      Avec une efficacité, Monsieur le Ministre, très discutable.

      GERALD DARMANIN
      Avec des messages qu’on doit passer à Frontex effectivement, de meilleures actions, pour empêcher les personnes de traverser pour aller à Lampedusa. Il y a eu à Lampedusa, vous l’avez dit, des milliers de personnes, 5000 même en une seule journée, m’a dit le ministre italien, le 12 septembre. Donc il y a manifestement 300, 400 arrivées de bateaux possibles. Nous devons aussi travailler avec la Tunisie, avec peut-être beaucoup plus encore d’actions que nous faisons jusqu’à présent. La Commission européenne vient de négocier un plan, eh bien il faut le mettre en place désormais, il faut arrêter d’en parler, il faut le faire. Vous savez, les bateaux qui sont produits à Sfax pour venir à Lampedusa, ils sont produits en Tunisie. Donc il faut absolument que nous cassons cet écosystème des passeurs, des trafiquants, parce qu’on ne peut pas continuer comme ça.

      GERALD DARMANIN
      Quand vous dites « nous », c’est-à-dire en partenariat avec la Tunisie ? Comment vous expliquez Monsieur le Ministre qu’il y a eu un afflux aussi soudain ? Est-ce que la Tunisie n’a pas pu ou n’a pas voulu contenir ces arrivées ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne sais pas. J’imagine que le gouvernement tunisien a fait le maximum…

      SONIA MABROUK
      Vous devez avoir une idée.

      GERALD DARMANIN
      On sait qu’on que tous ces gens sont partis de Sfax, donc d’un endroit extrêmement précis où il y a beaucoup de migrants notamment Africains, Subsahariens qui y sont, donc la Tunisie connaît elle-même une difficulté migratoire très forte. On doit manifestement l’aider, mais on doit aussi très bien coopérer avec elle, je crois que c’est ce que fait en ce moment le gouvernement italien, qui rappelle un certain nombre de choses aux Tunisiens, quoi leur rappelle aussi leurs difficultés. Donc, ce qui est sûr c’est que nous avons désormais beaucoup de plans, on a beaucoup de moyens, on a fait beaucoup de déplacements, maintenant il faut appliquer cela. Vous savez, la France, à la demande du président de la République, c’était d’ailleurs à Tourcoing, a proposé un pacte migratoire, qui consistait très simplement à ce que les demandes d’asile ne se fassent plus dans nos pays, mais à la frontière. Tout le monde l’a adopté, y compris le gouvernement de madame MELONI. C’est extrêmement efficace puisque l’idée c’est qu’on dise que les gens, quand ils rentrent sur le territoire européen, ne sont pas juridiquement sur le territoire européen, que nous regardions leur asile en quelques jours, et nous les renvoyons. Il faut que l’Italie…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe.

      GERALD DARMANIN
      Il faut que l’Italie anticipe, anticipe la mise en place de ce dispositif. Et pourquoi il n’a pas encore été mis en place ? Parce que des députés européens, ceux du Rassemblement national, ont voté contre. C’est-à-dire que l’on est dans une situation politique un peu étonnante, où la France trouve une solution, la demande d’asile aux frontières, beaucoup plus efficace. Le gouvernement de madame MELONI, dans lequel participe monsieur SALVINI, est d’accord avec cette proposition, simplement ceux qui bloquent ça au Parlement européen, c’est le Rassemblement national, qui après va en Italie pour dire que l’Europe ne fait rien.

      SONIA MABROUK
      Sauf que, Monsieur le Ministre…

      GERALD DARMANIN
      Donc on voit bien qu’il y a du tourisme électoral de la part de madame LE PEN…

      SONIA MABROUK
      Vous le dénoncez.

      GERALD DARMANIN
      Il faut désormais être ferme, ce que je vous dis, nous n’accueillerons pas les migrants sur le territoire européen…

      SONIA MABROUK
      Mais un migrant, sur le sol européen aujourd’hui, sait qu’il va y rester. La vocation est d’y rester.

      GERALD DARMANIN
      Non, c’est tout à fait faux, nous faisons des retours. Nous avons par exemple dans les demandes d’asile, prévu des Ivoiriens. Bon. Nous avons des personnes qui viennent du Cameroun, nous avons des personnes qui viennent de Gambie. Avec ces pays nous avons d’excellentes relations politiques internationales, et nous renvoyons tous les jours dans ces pays des personnes qui n’ont rien à faire pour demander l’asile en France ou en Europe. Donc c’est tout à fait faux, avec certains pays nous avons plus de difficultés, bien sûr, parce qu’ils sont en guerre, comme la Syrie, comme l’Afghanistan bien sûr, mais avec beaucoup de pays, la Tunisie, la Gambie, la Côte d’Ivoire, le Sénégal, le Cameroun, nous sommes capables d’envoyer très rapidement ces personnes chez elles.

      SONIA MABROUK
      Lorsque le patron du Rassemblement national Jordan BARDELLA, ou encore Eric ZEMMOUR, ou encore Marion MARECHAL sur place, dit : aucun migrant de Lampedusa ne doit arriver en France. Est-ce que vous êtes capable de tenir, si je puis dire cette déclaration ? Vous dites : c’est totalement illusoire.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur BARDELLA il fait de la politique politicienne, et malheureusement sur le dos de ses amis italiens, sur le dos de femmes et d’hommes, puisqu’il ne faut jamais oublier que ces personnes évidemment connaissent des difficultés extrêmement fortes. Il y a un bébé qui est mort à Lampedusa voilà quelques heures, et évidemment sur le dos de l’intelligence politique que les Français ont. Le Front national vote systématiquement contre toutes les mesures que nous proposons au niveau européen, chacun voit que c’est un sujet européen, c’est pour ça d’ailleurs qu’il se déplace, j’imagine, en Italie…

      SONIA MABROUK
      Ils ne sont pas d’accord avec votre politique, Monsieur le Ministre, ça ne surprend personne.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur SALVINI madame MELONI, avec le gouvernement français, ont adopté un texte commun qui prévoit une révolution : la demande d’asile aux frontières. Monsieur BARDELLA, lui il parle beaucoup, mais au Parlement européen il vote contre. Pourquoi ? Parce qu’il vit des problèmes. La vérité c’est que monsieur BARDELLA, comme madame Marion MARECHAL LE PEN, on a compris qu’il y a une sorte de concurrence dans la démagogie à l’extrême droite, eux, ce qu’ils veulent c’est vivre des problèmes. Quand on leur propose de résoudre les problèmes, l’Europe avec le président de la République a essayé de leur proposer de les résoudre. Nous avons un accord avec madame MELONI, nous faisons la demande d’asile aux frontières, nous considérons qu’il n’y a plus d’asile en Europe, tant qu’on n’a pas étudié aux frontières cet asile. Quand le Rassemblement national vote contre, qu’est-ce qui se passe ? Eh bien ils ne veulent pas résoudre les problèmes, ils veulent pouvoir avoir une sorte de carburant électoral, pour pouvoir dire n’importe quoi, comme ils l’ont fait ce week-end encore.

      SONIA MABROUK
      Ce matin, sur les 5 000, 6 000 qui sont arrivés à Lampedusa, combien seront raccompagnés, combien n’ont pas vocation et ne resteront pas sur le sol européen ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, c’est difficile. C’est difficile à savoir, parce que moi je ne suis pas les autorités italiennes, c’est pour ça que à la demande, du président je vais à Rome cet après-midi, mais de notre point de vue, de ce que nous en savons des autorités italiennes, beaucoup doivent être accompagnés, puisqu’encore une fois je comprends que sur à peu près 8 000 ou 9 000 personnes qui sont arrivées, il y a beaucoup de gens qui viennent de pays qui ne connaissent pas de persécution politique, ni au Cameroun, ni en Côte d’Ivoire, ni bien sûr en Gambie, ni en Tunisie, et donc ces personnes, bien sûr, doivent repartir dans leur pays et la France doit les aider à repartir.

      SONIA MABROUK
      On note Gérald DARMANIN que vous avez un discours, en tout cas une tonalité très différente à l’égard de madame MELONI, on se souvient tous qu’il y a eu quasiment une crise diplomatique il y a quelques temps, lorsque vous avez dit qu’elle n’était pas capable de gérer ces questions migratoires sur lesquelles elle a été… elle est arrivée au pouvoir avec un discours très ferme, aujourd’hui vous dites « non, je la soutiens madame MELONI », c’est derrière nous toutes ces déclarations, que vous avez tenues ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne suis pas là pour soutenir madame MELONI, non, je dis simplement que lorsqu’on vote pour des gouvernements qui vous promettent tout, c’est le cas aussi de ce qui s’est passé avec le Brexit en Grande-Bretagne, les Français doivent comprendre ça. Lorsqu’on vous dit " pas un migrant ne viendra, on fera un blocus naval, vous allez voir avec nous on rase gratis ", on voit bien que la réalité dépasse largement ces engagements.

      SONIA MABROUK
      Elle a réitéré le blocus naval !

      GERALD DARMANIN
      Le fait est qu’aujourd’hui nous devons gérer une situation où l’Italie est en grande difficulté, et on doit aider l’Italie, parce qu’aider l’Italie, d’abord c’est nos frères et nos soeurs les Italiens, mais en plus c’est la continuité, évidemment, de ce qui va se passer en France, donc moi je suis là pour protéger les Français, je suis là pour protéger les Français parce que le président de la République souhaite que nous le faisions dans un cadre européen, et c’est la seule solution qui vaille, parce que l’Europe doit parler d’une seule voix…

      SONIA MABROUK
      C’est la seule solution qui vaille ?

      GERALD DARMANIN
      Oui, c’est la seule solution qui vaille…

      SONIA MABROUK
      Vous savez que l’Allemagne a changé, enfin elle n’en voulait pas, finalement là, sur les migrants, elle change d’avis, la Hongrie, la Pologne, je n’en parle même pas, la situation devient quand même intenable.

      GERALD DARMANIN
      La France a un rôle moteur dans cette situation de ce week-end, vous avez vu les contacts diplomatiques que nous avons eus, on est heureux d’avoir réussi à faire bouger nos amis Allemands sur cette situation. Les Allemands connaissent aussi une difficulté forte, ils ont 1 million de personnes réfugiées ukrainiens, ils ont une situation compliquée par rapport à la nôtre aussi, mais je constate que l’Allemagne et la France parlent une nouvelle fois d’une seule voix.

      SONIA MABROUK
      Mais l’Europe est en ordre dispersé, ça on peut le dire, c’est un constat lucide.

      GERALD DARMANIN
      L’Europe est dispersée parce que l’Europe, malheureusement, a des intérêts divergents, mais l’Europe a réussi à se mettre d’accord sur la proposition française, encore une fois, une révolution migratoire qui consiste à faire des demandes d’asile à la frontière. Nous nous sommes mis d’accord entre tous les pays européens, y compris madame MELONI, ceux qui bloquent c’est le Rassemblement national, et leurs amis, au Parlement européen, donc plutôt que de faire du tourisme migratoire à Lampedusa comme madame Marion MARECHAL LE PEN, ou raconter n’importe quoi comme monsieur BARDELLA, ils feraient mieux de faire leur travail de députés européens, de soutenir la France, d’être un peu patriotes pour une fois, de ne pas faire la politique du pire…

      SONIA MABROUK
      Vous leur reprochez un défaut de patriotisme à ce sujet-là ?

      GERALD DARMANIN
      Quand on ne soutient pas la politique de son gouvernement, lorsque l’on fait l’inverser…

      SONIA MABROUK
      Ça s’appelle être dans l’opposition parfois Monsieur le Ministre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais on ne peut pas le faire sur le dos de femmes et d’hommes qui meurent, et moi je vais vous dire, le Rassemblement national aujourd’hui n’est pas dans la responsabilité politique. Qu’il vote ce pacte migratoire très vite, que nous puissions enfin, concrètement, aider nos amis Italiens, c’est sûr qu’il y aura moins d’images dramatiques, du coup il y aura moins de carburant pour le Rassemblement national, mais ils auront fait quelque chose pour leur pays.

      SONIA MABROUK
      Vous les accusez, je vais employer ce mot puisque la ministre Agnès PANNIER-RUNACHER l’a employé elle-même, de « charognards » là, puisque nous parlons de femmes et d’hommes, de difficultés aussi, c’est ce que vous êtes en train de dire ?

      GERALD DARMANIN
      Moi je ne comprends pas pourquoi on passe son temps à faire des conférences de presse en Italie, à Lampedusa, en direct sur les plateaux de télévision, lorsqu’on n’est pas capable, en tant que parlementaires européens, de voter un texte qui permet concrètement de lutter contre les difficultés migratoires. Encore une fois, la révolution que la France a proposée, et qui a été adoptée, avec le soutien des Italiens, c’est ça qui est paradoxal dans cette situation, peut être résolue si nous mettons en place…

      SONIA MABROUK
      Résolue…

      GERALD DARMANIN
      Bien sûr ; si nous mettons en place les demandes d’asile aux frontières, on n’empêchera jamais les gens de traverser la Méditerranée, par contre on peut très rapidement leur dire qu’ils ne peuvent pas rester sur notre sol, qu’ils ne sont pas des persécutés…

      SONIA MABROUK
      Comment vous appelez ce qui s’est passé, Monsieur le Ministre, est-ce que vous dites c’est un afflux soudain et massif, ou est-ce que vous dites que c’est une submersion migratoire, le diagnostic participe quand même de la résolution des défis et des problèmes ?

      GERALD DARMANIN
      Non, mais sur Lampedusa, qui est une île évidemment tout au sud de la Méditerranée, qui est même au sud de Malte, il y a 6000 habitants, lorsqu’il y a entre 6 et 8 000 personnes qui viennent en quelques jours évidemment c’est une difficulté immense, et chacun le comprend, pour les habitants de Lampedusa.

      SONIA MABROUK
      Comment vous qualifiez cela ?

      GERALD DARMANIN
      Mais là manifestement il y a à Sfax une difficulté extrêmement forte, où on a laissé passer des centaines de bateaux, fabriqués d’ailleurs, malheureusement….

      SONIA MABROUK
      Donc vous avez un gros problème avec les pays du Maghreb, en l’occurrence la Tunisie ?

      GERALD DARMANIN
      Je pense qu’il y a un énorme problème migratoire interne à l’Afrique, encore une fois la Tunisie, parfois même l’Algérie, parfois le Maroc, parfois la Libye, ils subissent eux-mêmes une pression migratoire d’Afrique, on voit bien que la plupart du temps ce sont des nationalités du sud du Sahel, donc les difficultés géopolitiques que nous connaissons ne sont pas pour rien dans cette situation, et nous devons absolument aider l’Afrique à absolument aider les Etats du Maghreb. On peut à la fois les aider, et en même temps être très ferme, on peut à la fois aider ces Etats à lutter contre l’immigration interne à l’Afrique, et en même temps expliquer…

      SONIA MABROUK
      Ça n’empêche pas la fermeté.

      GERALD DARMANIN
      Que toute personne qui vient en Europe ne sera pas accueillie chez nous.

      SONIA MABROUK
      Encore une question sur ce sujet. Dans les différents reportages effectués à Lampedusa on a entendu certains migrants mettre en avant le système social français, les aides possibles, est-ce que la France, Gérald DARMANIN, est trop attractive, est-ce que notre modèle social est trop généreux et c’est pour cela qu’il y a ces arrivées aussi ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, je ne suis pas sûr qu’on traverse le monde en se disant « chouette, il y a ici une aide sociale particulièrement aidante », mais il se peut…

      SONIA MABROUK
      Mais quand on doit choisir entre différents pays ?

      GERALD DARMANIN
      Mais il se peut qu’une fois arrivées en Europe, effectivement, un certain nombre de personnes, aidées par des passeurs, aidées parfois par des gens qui ont de bonnes intentions, des associations, se disent « allez dans ce pays-là parce qu’il y a plus de chances de », c’est ce pourquoi nous luttons. Quand je suis arrivé au ministère de l’Intérieur nous étions le deuxième pays d’Europe qui accueille le plus de demandeurs d’asile, aujourd’hui on est le quatrième, on doit pouvoir continuer à faire ce travail, nous faisons l’inverse de certains pays autour de nous, par exemple l’Allemagne qui ouvre plutôt plus de critères, nous on a tendance à les réduire, et le président de la République, dans la loi immigration, a proposé beaucoup de discussions pour fermer un certain nombre d’actions d’accueil. Vous avez la droite, LR, qui propose la transformation de l’AME en Aide Médicale d’Urgence, nous sommes favorables à étudier cette proposition des LR, j’ai moi-même proposé un certain nombre de dispositions extrêmement concrètes pour limiter effectivement ce que nous avons en France et qui parfois est différent des pays qui nous entourent et qui peuvent conduire à cela. Et puis enfin je terminerai par dire, c’est très important, il faut lutter contre les passeurs, la loi immigration que je propose passe de délit a crime, avec le garde des Sceaux on a proposé qu’on passe de quelques années de prison à 20 ans de prison pour ceux qui trafiquent des êtres humains, aujourd’hui quand on arrête des passeurs, on en arrête tous les jours grâce à la police française, ils ne sont condamnés qu’à quelques mois de prison, alors que demain, nous l’espérons, ils seront condamnés bien plus.

      SONIA MABROUK
      Bien. Gérald DARMANIN, sur CNews et Europe 1 notre « Grande interview » s’intéresse aussi à un nouveau refus d’obtempérer qui a dégénéré à Stains, je vais raconter en quelques mots ce qui s’est passé pour nos auditeurs et téléspectateurs, des policiers ont pris en chasse un deux-roues, rapidement un véhicule s’est interposé pour venir en aide aux fuyards, un policier a été violemment pris à partie, c’est son collègue qui est venu pour l’aider, qui a dû tirer en l’air pour stopper une scène de grande violence vis-à-vis de ce policier, comment vous réagissez par rapport à cela ?

      GERALD DARMANIN
      D’abord trois choses. Les policiers font leur travail, et partout sur le territoire national, il n’y a pas de territoires perdus de la République, il y a des territoires plus difficiles, mais Stains on sait tous que c’est une ville à la fois populaire et difficile pour la police nationale. La police le samedi soir fait des contrôles, lorsqu’il y a des refus d’obtempérer, je constate que les policiers sont courageux, et effectivement ils ont été violentés, son collègue a été très courageux de venir le secourir, et puis troisièmement force est restée à la loi, il y a eu cinq interpellations, ils sont présentés aujourd’hui…

      SONIA MABROUK
      A quel prix.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais c’est le travail…

      SONIA MABROUK
      A quel prix pour le policier.

      GERALD DARMANIN
      Malheureusement c’est le travail, dans une société très violente…

      SONIA MABROUK
      D’être tabassé ?

      GERALD DARMANIN
      Dans une société très violente les policiers, les gendarmes, savent la mission qu’ils ont, qui est une mission extrêmement difficile, je suis le premier à les défendre partout sur les plateaux de télévision, je veux dire qu’ils ont réussi, à la fin, à faire entendre raison à la loi, les Français doivent savoir ce matin que cinq personnes ont été interpellées, présentées devant le juge.

      SONIA MABROUK
      Pour quel résultat, Monsieur le Ministre ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien moi je fais confiance en la justice.

      SONIA MABROUK
      Parfois on va les trouver à l’extérieur.

      GERALD DARMANIN
      Non non, je fais confiance en la justice, quand on…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe. On fait tous, on aimerait tous faire confiance à la justice.

      GERALD DARMANIN
      Non, mais quand on moleste un policier, j’espère que les peines seront les plus dures possible.

      SONIA MABROUK
      On va terminer avec une semaine intense et à risques qui s’annonce, la suite de la Coupe du monde de rugby, la visite du roi Charles III, le pape à Marseille. Vous avez appelé les préfets à une très haute vigilance. C’est un dispositif exceptionnel pour relever ces défis, qui sera mis en oeuvre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, donc cette semaine la France est au coeur du monde par ces événements, la Coupe du monde de rugby qui continue, et qui se passe bien. Vous savez, parfois ça nous fait sourire. La sécurité ne fait pas de bruit, l’insécurité en fait, mais depuis le début de cette Coupe du monde, les policiers, des gendarmes, les pompiers réussissent à accueillir le monde en de très très bonnes conditions, tant mieux, il faut que ça continue bien sûr. Le pape qui vient deux jours à Marseille, comme vous l’avez dit, et le roi Charles pendant trois jours. Il y aura jusqu’à 30 000 policiers samedi, et puis après il y a quelques événements comme PSG - OM dimanche prochain, c’est une semaine…

      SONIA MABROUK
      Important aussi.

      GERALD DARMANIN
      C’est une semaine horribilis pour le ministre de l’Intérieur et pour les policiers et les gendarmes, et nous le travaillons avec beaucoup de concentration, le RAID, le GIGN est tout à fait aujourd’hui prévu pour tous ces événements, et nous sommes capables d’accueillir ces grands événements mondiaux en une semaine, c’est l’honneur de la police nationale et de la gendarmerie nationale.

      SONIA MABROUK
      Merci Gérald DARMANIN.

      GÉRALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Vous serez donc cet après-midi…

      GÉRALD DARMANIN
      A Rome.

      SONIA MABROUK
      …à Rome avec votre homologue évidemment de l’Intérieur. Merci encore de nous avoir accordé cet entretien.

      GERALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Et bonne journée sur Cnews et Europe 1

      https://www.vie-publique.fr/discours/291092-gerald-darmanin-18092023-immigration

      #Darmanin #demandes_d'asile_à_la_frontière

    • Darmanin: ’La Francia non accoglierà migranti da Lampedusa’

      Ma con Berlino apre alla missione navale. Il ministro dell’Interno francese a Roma. Tajani: ’Fa fede quello che dice Macron’. Marine Le Pen: ’Dobbianmo riprendere il controllo delle nostre frontiere’

      «La Francia non prenderà nessun migrante da Lampedusa». All’indomani della visita di Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni sull’isola a largo della Sicilia, il governo transalpino torna ad alzare la voce sul fronte della solidarietà e lo fa, ancora una volta, con il suo ministro dell’Interno Gerald Darmanin.

      La sortita di Parigi giunge proprio mentre, da Berlino, arriva l’apertura alla richiesta italiana di una missione navale comune per aumentare i controlli nel Mediterraneo, idea sulla quale anche la Francia si dice pronta a collaborare.

      Sullo stesso tenore anche le dichiarazioni Marine Le Pen. «Nessun migrante da Lampedusa deve mettere piede in Francia. Serve assolutamente una moratoria totale sull’immigrazione e dobbiamo riprendere il controllo delle nostre frontiere. Spetta a noi nazioni decidere chi entra e chi resta sul nostro territorio». Lo ha detto questa sera Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese del Rassemblement National, «Quelli che fanno appello all’Unione europea si sbagliano - ha continuato Le Pen - perché è vano e pericoloso. Vano perché l’Unione europea vuole l’immigrazione, pericoloso perché lascia pensare che deleghiamo all’Unione europea la decisione sulla politica di immigrazione che dobbiamo condurre. Spetta al popolo francese decidere e bisogna rispettare la sua decisione».

      La strada per la messa a punto di un’azione Ue, tuttavia, resta tremendamente in salita anche perché è segnata da uno scontro interno alle istituzioni comunitarie sull’intesa con Tunisi: da un lato il Consiglio Ue, per nulla soddisfatto del modus operandi della Commissione, e dall’altro l’esecutivo europeo, che non ha alcuna intenzione di abbandonare la strada tracciata dal Memorandum siglato con Kais Saied. «Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti, siccome arrivano in Europa, devono essere subito ripartiti in tutta Europa e in Francia, che fa ampiamente la sua parte», sono state le parole con cui Darmamin ha motiva il suo no all’accoglienza. Il ministro lo ha spiegato prima di recarsi a Roma, su richiesta del presidente Emmanuel Macron, per un confronto con il titolare del Viminale Matteo Piantedosi. Ed è proprio a Macron che l’Italia sembra guardare, legando le frasi di Darmanin soprattutto alle vicende politiche interne d’Oltralpe. «Fa fede quello che dice Macron e quello che dice il ministro degli Esteri, mi pare che ci sia voglia di collaborare», ha sottolineato da New York il titolare della Farnesina Antonio Tajani invitando tutti, in Italia e in Ue, a non affrontare il dossier con «slogan da campagna elettorale».

      Eppure la sortita di Darmanin ha innescato l’immediata reazione della maggioranza, soprattutto dalle parti di Matteo Salvini. «Gli italiani si meritano fatti concreti dalla Francia e dall’Europa», ha tuonato la Lega. Nel piano Ue su Lampedusa il punto dell’accoglienza è contenuto nel primo dei dieci punti messi neri su bianco. Ma resta un concetto legato alla volontarietà. Che al di là della Francia, per ora trova anche il no dell’Austria. Il nodo è sempre lo stesso: i Paesi del Nord accusano Roma di non rispettare le regole sui movimenti secondari, mentre l’Italia pretende di non essere l’unico approdo per i migranti in arrivo. Il blocco delle partenze, in questo senso, si presenta come l’unica mediazione politicamente percorribile. Berlino e Parigi si dicono pronte a collaborare su un maggiore controllo aereo e navale delle frontiere esterne. L’Ue sottolinea di essere «disponibile a esplorare l’ipotesi», anche se la «decisione spetta agli Stati».

      Il raggio d’azione di von der Leyen, da qui alle prossime settimane, potrebbe tuttavia restringersi: sull’intesa con Tunisi l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell, il servizio giuridico del Consiglio Ue e alcuni Paesi membri - Germania e Lussemburgo in primis - hanno mosso riserve di metodo e di merito. L’accusa è duplice: il Memorandum con Saied non solo non garantisce il rispetto dei diritti dei migranti ma è stato firmato dal cosiddetto ’team Europe’ (von der Leyen, Mark Rutte e Meloni) senza l’adeguata partecipazione del Consiglio. Borrell lo ha messo nero su bianco in una missiva indirizzata al commissario Oliver Varhelyi e a von der Leyen. «Gli Stati membri sono stati informati e c’è stato ampio sostegno», è stata la difesa della Commissione. Invero, al Consiglio europeo di giugno l’intesa incassò l’endorsement dei 27 ma il testo non era stato ancora ultimato. E non è arrivato al tavolo dei rappresentanti permanenti se non dopo essere stato firmato a Cartagine. Ma, spiegano a Palazzo Berlaymont, l’urgenza non permetteva rallentamenti. I fondi per Tunisi, tuttavia, attendono ancora di essere esborsati. La questione - assieme a quella del Patto sulla migrazione e al Piano Lampedusa - è destinata a dominare le prossime riunioni europee: quella dei ministri dell’Interno del 28 settembre e, soprattutto, il vertice informale dei leader previsto a Granada a inizio ottobre.

      https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/09/18/darmanin-la-francia-non-accogliera-migranti-da-lampedusa_2f53eae6-e8f7-4b82-9d7

    • Lampedusa : les contrevérités de Gérald Darmanin sur le profil des migrants et leur droit à l’asile

      Le ministre de l’Intérieur persiste à dire, contre la réalité du droit et des chiffres, que la majorité des migrants arrivés en Italie la semaine dernière ne peuvent prétendre à l’asile.

      A en croire Gérald Darmanin, presque aucune des milliers de personnes débarquées sur les rives de l’île italienne de Lampedusa depuis plus d’une semaine ne mériterait d’être accueillie par la France. La raison ? D’un côté, affirme le ministre de l’Intérieur, il y aurait les « réfugiés » fuyant des persécutions politiques ou religieuses, et que la France se ferait un honneur d’accueillir. « Et puis, il y a les migrants », « des personnes irrégulières » qui devraient être renvoyées dans leur pays d’origine le plus rapidement possible, a-t-il distingué, jeudi 22 septembre sur BFMTV.

      « S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont : 60 % d’entre eux viennent de pays tels que la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison [qu’ils viennent] », a-t-il en sus tonné sur CNews, lundi 18 septembre. Une affirmation serinée mardi sur TF1 dans des termes semblables : « 60 % des personnes arrivées à Lampedusa sont francophones. Il y a des Ivoiriens et des Sénégalais, qui n’ont pas à demander l’asile en Europe. »
      Contredit par les données statistiques italiennes

      D’après le ministre – qui a expliqué par la suite tenir ses informations de son homologue italien – « l’essentiel » des migrants de Lampedusa sont originaires du Cameroun, du Sénégal, de Côte-d’Ivoire, de Gambie ou de Tunisie. Selon le ministre, leur nationalité les priverait du droit de demander l’asile. « Il n’y aura pas de répartition de manière générale puisque ce ne sont pas des réfugiés », a-t-il prétendu, en confondant par la même occasion les demandeurs d’asiles et les réfugiés, soit les personnes dont la demande d’asile a été acceptée.

      https://twitter.com/BFMTV/status/1704749840133923089

      Interrogé sur le profil des migrants arrivés à Lampedusa, le ministère de l’Intérieur italien renvoie aux statistiques de l’administration du pays. A rebours des propos définitifs de Gérald Darmanin sur la nationalité des personnes débarquées sur les rives italiennes depuis la semaine dernière, on constate, à l’appui de ces données, qu’une grande majorité des migrants n’a pas encore fait l’objet d’une procédure d’identification. Sur les 16 911 personnes arrivées entre le 11 et le 20 septembre, la nationalité n’est précisée que pour 30 % d’entre elles.

      En tout, 12 223 personnes, soit 72 % des personnes arrivées à Lampedusa, apparaissent dans la catégorie « autres » nationalités, qui mélange des ressortissants de pays peu représentés et des migrants dont l’identification est en cours. A titre de comparaison, au 11 septembre, seulement 30 % des personnes étaient classées dans cette catégorie. Même si la part exacte de migrants non identifiés n’est pas précisée, cette catégorie apparaît être un bon indicateur de l’avancée du travail des autorités italiennes.

      Parmi les nationalités relevées entre le 11 et 20 septembre, le ministère de l’Intérieur italien compte effectivement une grande partie de personnes qui pourraient être francophones : 1 600 Tunisiens, 858 Guinéens, 618 Ivoiriens, 372 Burkinabés, presque autant de Maliens, 253 Camerounais, mais aussi des ressortissants moins susceptibles de connaître la langue (222 Syriens, environ 200 Egyptiens, 128 Bangladais et 74 Pakistanais).

      A noter que selon ces statistiques italiennes partielles, il n’est pas fait état de ressortissants sénégalais et gambiens évoqués par Gérald Darmanin. Les données ne disent rien, par ailleurs, du genre ou de l’âge de ces arrivants. « La plupart sont des hommes mais aussi on a aussi vu arriver des familles, des mères seules ou des pères seuls avec des enfants et beaucoup de mineurs non accompagnés, des adolescents de 16 ou 17 ans », décrivait à CheckNews la responsable des migrations de la Croix-Rouge italienne, Francesca Basile, la semaine dernière.

      Légalement, toutes les personnes arrivées à Lampedusa peuvent déposer une demande d’asile, s’ils courent un danger dans leur pays d’origine. « Il ne s’agit pas seulement d’un principe théorique. En vertu du droit communautaire et international, toute personne – quelle que soit sa nationalité – peut demander une protection internationale, et les États membres de l’UE ont l’obligation de procéder à une évaluation individuelle de chaque demande », a ainsi rappelé à CheckNews l’agence de l’union européenne pour l’asile. L’affirmation de Gérald Darmanin selon laquelle des migrants ne seraient pas éligibles à l’asile en raison de leur nationalité est donc fausse.

      Par ailleurs, selon le règlement de Dublin III, la demande d’asile doit être instruite dans le premier pays où la personne est arrivée au sein de l’Union européenne (à l’exception du Danemark), de la Suisse, de la Norvège, de l’Islande et du Liechtenstein. Ce sont donc aux autorités italiennes d’enregistrer et de traiter les demandes des personnes arrivées à Lampedusa. Dans certains cas, des transferts peuvent être opérés vers un pays signataires de l’accord de Dublin III, ainsi du rapprochement familial. Si les demandes d’asile vont être instruites en Italie, les chiffes de l’asile en France montrent tout de même que des ressortissants des pays cités par Gérald Darmanin obtiennent chaque année une protection dans l’Hexagone.

      Pour rappel, il existe deux formes de protections : le statut de réfugié et la protection subsidiaire. Cette dernière peut être accordée à un demandeur qui, aux yeux de l’administration, ne remplit pas les conditions pour être considéré comme un réfugié, mais qui s’expose à des risques grave dans son pays, tels que la torture, des traitements inhumains ou dégradants, ainsi que des « menaces grave et individuelle contre sa vie ou sa personne en raison d’une violence qui peut s’étendre à des personnes sans considération de leur situation personnelle et résultant d’une situation de conflit armé interne ou international », liste sur son site internet la Cour nationale du droit d’asile (CNDA), qui statue en appel sur les demandes de protection.
      Contredit aussi par la réalité des chiffres en France

      Gérald Darmanin cite à plusieurs reprises le cas des migrants originaires de Côte-d’Ivoire comme exemple de personnes n’ayant selon lui « rien à faire » en France. La jurisprudence de la CNDA montre pourtant des ressortissants ivoiriens dont la demande de protection a été acceptée. En 2021, la Cour a ainsi accordé une protection subsidiaire à une femme qui fuyait un mariage forcé décidé par son oncle, qui l’exploitait depuis des années. La Cour avait estimé que les autorités ivoiriennes étaient défaillantes en ce qui concerne la protection des victimes de mariages forcés, malgré de récentes évolutions législatives plus répressives.

      D’après l’Office de protection des réfugiés et apatrides (Ofrpa), qui rend des décisions en première instance, les demandes d’asile de ressortissants ivoiriens (environ 6 000 en 2022) s’appuient très souvent sur des « problématiques d’ordre sociétal […], en particulier les craintes liées à un risque de mariage forcé ou encore l’exposition des jeunes filles à des mutilations sexuelles ». En 2022, le taux de demandes d’Ivoiriens acceptées par l’Ofrpa (avant recours éventuel devant la CNCDA) était de 27,3 % sur 6 727 décisions contre un taux moyen d’admission de 26,4 % pour le continent africain et de 29,2 % tous pays confondus. Les femmes représentaient la majorité des protections accordées aux ressortissants de Côte-d’Ivoire.

      Pour les personnes originaires de Guinée, citées plusieurs fois par Gérald Darmanin, les demandes sont variées. Certaines sont déposées par des militants politiques. « Les demandeurs se réfèrent à leur parcours personnel et à leur participation à des manifestations contre le pouvoir, qu’il s’agisse du gouvernement d’Alpha Condé ou de la junte militaire », décrit l’Ofpra. D’autre part des femmes qui fuient l’excision et le mariage forcé. En 2022, le taux d’admission par l’Ofpra était de 33,4 % pour 5 554 décisions.
      Jurisprudence abondante

      S’il est vrai que ces nationalités (Guinée et Côte-d’Ivoire) ne figurent pas parmi les taux de protections les plus élevées, elles figurent « parmi les principales nationalités des bénéficiaires de la protection internationale » en 2022, aux côtés des personnes venues d’Afghanistan ou de Syrie, selon l’Ofpra. Les ressortissants tunisiens, qui déposent peu de demandes (439 en 2022), présentent un taux d’admission de seulement 10 %.

      La jurisprudence abondante produite par la CNDA montre que, dans certains cas, le demandeur peut obtenir une protection sur la base de son origine géographique, jugée dangereuse pour sa sécurité voire sa vie. C’est le cas notamment du Mali. En février 2023, la Cour avait ainsi accordé la protection subsidiaire à un Malien originaire de Gao, dans le nord du pays. La Cour avait estimé qu’il s’exposait, « en cas de retour dans sa région d’origine du seul fait de sa présence en tant que civil, [à] un risque réel de subir une menace grave contre sa vie ou sa personne sans être en mesure d’obtenir la protection effective des autorités de son pays ».

      « Cette menace est la conséquence d’une situation de violence, résultant d’un conflit armé interne, susceptible de s’étendre indistinctement aux civils », avait-elle expliqué dans un communiqué. Au mois de juin, à la suite des déclarations d’un demandeur possédant la double nationalité malienne et nigérienne, la Cour avait jugé que les régions de Ménaka au Mali et de Tillaberi au Niger étaient en situation de violence aveugle et d’intensité exceptionnelle, « justifiant l’octroi de la protection subsidiaire prévue par le droit européen ».

      D’après le rapport 2023 de l’agence de l’Union européenne pour l’asile, le taux de reconnaissance en première instance pour les demandeurs guinéens avoisinait les 30 %, et un peu plus de 20 % pour ressortissants ivoiriens à l’échelle de l’UE, avec un octroi en majorité, pour les personnes protégées, du statut de réfugié. Concernant le Mali, le taux de reconnaissance dépassait les 60 %, principalement pour de la protection subsidiaire. Ces données européennes qui confirment qu’il est infondé d’affirmer, comme le suggère le ministre de l’Intérieur, que les nationalités qu’il cite ne sont pas éligibles à l’asile.

      En revanche, dans le cadre du mécanisme « de solidarité », qui prévoit que les pays européens prennent en charge une partie des demandeurs, les Etats « restent souverains dans le choix du nombre et de la nationalité des demandeurs accueillis ». « Comme il s’agit d’un mécanisme volontaire, le choix des personnes à transférer est laissé à l’entière discrétion de l’État membre qui effectue le transfert », explique l’agence de l’union européenne pour l’asile, qui précise que les Etats « tendent souvent à donner la priorité aux nationalités qui ont le plus de chances de bénéficier d’un statut de protection », sans plus de précisions sur l’avancée des négociations en cours.

      https://www.liberation.fr/checknews/lampedusa-les-contreverites-de-gerald-darmanin-sur-le-profil-des-migrants

      #fact-checking

    • #Fanélie_Carrey-Conte sur X :

      Comme une tragédie grecque, l’impression de connaître à l’avance la conclusion d’une histoire qui finit mal.
      A chaque fois que l’actualité remet en lumière les drames migratoires, la même mécanique se met en place. D’abord on parle d’"#appel_d'air", de « #submersion », au mépris de la réalité des chiffres, et du fait que derrière les statistiques, il y a des vies, des personnes.
      Puis l’#extrême_droite monte au créneau, de nombreux responsables politiques lui emboîtent le pas. Alors les institutions européennes mettent en scène des « #plans_d'urgence, » des pactes, censés être « solidaires mais fermes », toujours basés en réalité sur la même logique:chercher au maximum à empêcher en Europe les migrations des « indésirables », augmenter la #sécurisation_des_frontières, prétendre que la focalisation sur les #passeurs se fait dans l’intérêt des personnes migrantes, externaliser de plus en plus les politiques migratoires en faisant fi des droits humains.
      Résultat : les migrations, dont on ne cherche d’ailleurs même plus à comprendre les raisons ni les mécanismes qui les sous-tendent, ne diminuent évidemment pas, au contraire ; les drames et les morts augmentent ; l’extrême -droite a toujours autant de leviers pour déployer ses idées nauséabondes et ses récupérations politiques abjectes.
      Et la spirale mortifère continue ... Ce n’est pas juste absurde, c’est avant tout terriblement dramatique. Pourtant ce n’est pas une fatalité : des politiques migratoires réellement fondées sur l’#accueil et l’#hospitalité, le respect des droits et de la #dignité de tout.e.s, cela peut exister, si tant est que l’on en ait la #volonté_politique, que l’on porte cette orientation dans le débat public national et européen, que l’on se mobilise pour faire advenir cet autre possible. A rebours malheureusement de la voie choisie aujourd’hui par l’Europe comme par la France à travers les pactes et projets de loi immigration en cours...

      https://twitter.com/FCarreyConte/status/1703650891268596111

    • Migranti, Oim: “Soluzione non è chiudere le frontiere”

      Il portavoce per l’Italia, Flavio di Giacomo, a LaPresse: «Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa»

      Per risolvere l’emergenza migranti, secondo l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), la soluzione non è chiudere le frontiere. Lo ha dichiarato a LaPresse il portavoce per l’Italia dell’organizzazione, Flavio di Giacomo. La visita della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen a Lampedusa insieme alla premier Giorgia Meloni, ha detto, “è un segnale importante, ma non bisogna scambiare un’emergenza di tipo operativo con ‘bisogna chiudere’, perché non c’è nessuna invasione e la soluzione non è quella di creare deterrenti come trattenere i migranti per 18 mesi. In passato non ha ottenuto nessun effetto pratico e comporta tante spese allo Stato”. Von der Leyen ha proposto un piano d’azione in 10 punti che prevede tra le altre cose di intensificare la cooperazione con l’Unhcr e l’Oim per i rimpatri volontari. “È una cosa che in realtà già facciamo ed è importante che venga implementata ulteriormente“, ha sottolineato Di Giacomo.
      “Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa”

      “Quest’anno i migranti arrivati in Italia sono circa 127mila rispetto ai 115mila dello stesso periodo del 2015-2016, ma niente di paragonabile agli oltre 850mila giunti in Grecia nel 2015. La differenza rispetto ad allora, quando gli arrivi a Lampedusa erano l’8% mentre quest’anno sono oltre il 70%, è che in questo momento i salvataggi ci sono ma sono fatti con piccole motovedette della Guardia costiera che portano i migranti a Lampedusa, mentre servirebbe un tipo diverso di azione con navi più grandi che vengano distribuite negli altri porti. Per questo l’isola è in difficoltà”, spiega Di Giacomo. “Inoltre, con le partenze in prevalenza dalla Tunisia piuttosto che dalla Libia, i barchini puntano tutti direttamente su Lampedusa”.
      “Priorità stabilizzare situazione in Maghreb”

      Per risolvere la questione, ha aggiunto Di Giacomo, “occorre lavorare per la stabilizzazione e il miglioramento delle condizioni nell’area del Maghreb“. E ha precisato: “La stragrande maggioranza dei flussi migratori africani è interno, ovvero dalla zona sub-sahariana a quella del Maghreb, persone che andavano a vivere in Tunisia e che ora decidono di lasciare il Paese perché vittima di furti, vessazioni e discriminazioni razziali. Questo le porta a imbarcarsi a Sfax con qualsiasi mezzo di fortuna per fare rotta verso Lampedusa”.

      https://www.lapresse.it/cronaca/2023/09/18/migranti-oim-soluzione-non-e-chiudere-le-frontiere

    • Da inizio 2023 in Italia sono sbarcati 133.170 migranti.

      La Ong Humanity1, finanziata anche dal Governo tedesco, ne ha sbarcati 753 (lo 0,6% del totale).
      In totale, Ong battenti bandiera tedesca ne hanno sbarcati 2.720 (il 2% del totale).

      Ma di cosa stiamo parlando?

      https://twitter.com/emmevilla/status/1708121850847309960
      #débarquement #arrivées #ONG #sauvetage

  • #Frontex wants to do things differently on the Mediterranean : ’The ambition is zero deaths, otherwise you’re not worth a damn’

    (INTERVIEW FRONTEX DIRECTOR IN DUTCH NEWSPAPER : Volkskrant / 9 augustus 2023 / Deepl translation from dutch)

    After fierce criticism over illegal pushbacks, a soured culture and failures in the recent shipwreck in Greece, the new boss, Hans Leijtens, is trying to bring order to Europe’s border surveillance agency Frontex.

    by Peter Giesen

    On the internet, you can buy a ’Fuck Frontex’ T-shirt for three tens. For activists, Frontex, the European border protection agency, is the symbol of what they see as a cruel and repressive European migration and asylum policy that forces refugees and migrants to make the life-threatening crossing of the Mediterranean.

    Frontex is growing fast because Europe considers the surveillance of its external borders important. By 2027, there should be 10 thousand Frontex border guards, while its annual budget will be €1 billion. But Frontex is also under fire. In 2022, the agency found itself in crisis after a scathing report by Olaf, the European Union’s anti-fraud agency. According to Olaf, the culture at its headquarters in Warsaw had soured. Moreover, Olaf confirmed what media and human rights organisations had been saying for years: Frontex was involved in illegal pushbacks, ’pushing back’ refugees and migrants without giving them the chance to apply for asylum. Information about this was covered up at headquarters. The director of Frontex, Frenchman Fabrice Leggeri, had to resign.

    His successor is Dutchman Hans Leijtens (60), previously commander of the Royal Netherlands Marechaussee (typ., military police / border guards), among others. He took office in March 2023 to bring order, improve culture in Warsaw and ensure Frontex improves the rights of refugees and migrants. Frontex must change, he says, in his boardroom in a shiny, post-communist tower block in a Warsaw suburb.

    Are you on a charm offensive?
    ’No, I wouldn’t put it that way. The biggest mistake I could make is to suggest that we are already there, that there is no problem. In fact, there is. People should expect us to adhere to professional standards. That transcends respecting the law. It is also about the question: how do you deal with migrants? But I don’t expect to be taken at my word. Words are empty if they are not followed by actions.’

    So no more pushback under your leadership?
    ’I can’t say that because I don’t have everyone on a string.’

    Surely in the past it has often been the case that a country like Greece sent migrants back, while Frontex looked the other way?
    ’No, I dispute that. We never looked the other way.’

    But according to Olaf, Frontex deliberately directed a plane to another area so it did not have to witness Greek pushbacks.
    ’I don’t know, that was before my time. The Olaf report was not about the pushbacks themselves, but how Frontex handled the information about them. Olaf said: there was manipulation, there was unauthorised behaviour by managers, people were put under pressure.’

    You say: incidents are always possible, but Frontex must deal with them decently.
    ’We have to be very transparent, even when we have made mistakes. We have to win trust. You don’t get that, you earn it. When I was commander of the Marechaussee, I fired an average of 50 people every year.
    Not because I liked it, but because I saw things that could not be done. I set that example to show that there are consequences when things go wrong.’
    On a screen in Frontex’s situation room, a tanker sails across the Mediterranean. The eyes of Europe’s border surveillance are in Warsaw. Planes, drones and cameras take images of the Mediterranean, the Balkans and other border areas 24 hours a day. In Warsaw, they are viewed and analysed.
    In case of incidents - such as a ship in distress or a suspicious transport - local authorities are alerted. On 14 June, for example, Frontex staff were the first to spot the trawler Adriana in trouble off the coast near Greek Pylos. They alerted the Greek coastguard, but it waited a long time before intervening. Eventually, the Adriana sank, drowning an estimated 750 migrants and refugees.

    The EU Ombudsman will investigate Frontex’s role in the disaster. Shouldn’t you have put more pressure on Greece so that the Greek coastguard would have acted more quickly?
    ’A plane of ours saw the ship, but had to turn back because it ran out of fuel. Then we were sent by Greece to another incident, south of Crete, where eighty people were floating around on an overcrowded ship. These were later rescued by the Greeks. When that was under control, we still flew to Pylos, but by then the ship had sunk.’

    You do not feel that Frontex made mistakes.
    ’If I had that feeling, I would have said it earlier. But I’m not going to say anything now, because the investigation is in the hands of the Ombudsman.’
    In the past, Frontex has often defended itself by pointing the finger at member states, especially Greece. National coastguards were guilty of pushbacks, not Frontex itself. But if member states systematically violate the fundamental rights of migrants, Frontex can withdraw from that country. Last month, Frontex’s fundamental rights officer, who monitors compliance with the fundamental rights of refugees and migrants, advocated a departure from Greece. His advice was based in part on a reconstruction by The New York Times in May 2023, which showed how the Greek coast guard put a group of migrants on Lesbos in a boat and handed them over to the Turkish coast guard.

    You have not followed that advice as yet. Why not?
    ’The fundamental rights officer approaches this issue from the point of view of fundamental rights. He does not look at the rest: what would that mean for the effectiveness of our operation? We have people there, we have planes, they would then have to leave.’

    This could also put human lives at risk, you said in the European Parliament. But how long can you continue working with Greece without becoming jointly responsible for violating fundamental rights?
    ’I said to the Greek minister responsible: you do have to deal with something called credibility. I think we are slowly approaching a point where we have to say: okay, but that credibility is a bit under strain now. We are now really talking very intensively with the Greeks. I do need to see results. Because otherwise credibility and even legality will come under pressure.’

    If Greece does not mend its ways, withdrawal is possible?
    ’Definitely.’

    According to French newspaper Le Monde, Frontex’s management board, which includes member states, tacitly supported Greece on the grounds that Greeks do the dirty work and stop migrants.
    ’It’s not like everyone is nodding there. Discussions about the legitimacy and legality of performances take place there too.’

    But aren’t you running into a tension? On the one hand, you have to respect fundamental rights of migrants; on the other, EU member states want to get migration rates down.
    ’This is often seen as a kind of competing interest, but it is not. It’s not that you want or are allowed to stop people at all costs. There are just rules for that.’

    What do you think of the deal between the EU and Tunisia?
    ’If we don’t get guarantees that fundamental rights will be respected, it will be very complicated for us to work with Tunisia. With any country, for that matter.’

    According to Human Rights Watch, you do cooperate with Libya. Boats carrying migrants are intercepted by the Libyan coast guard, following a report from Frontex, Human Rights Watch said. This is how migrants were brought back to a country that is not safe even according to Frontex itself.
    ’We only pass on the positions of ships that are in trouble. If that is in the Libyan search and rescue zone, we pass that on to Libya. That is also our duty, otherwise we would be playing with human lives. Other cases are not known to me.’

    Human Rights Watch gives an example of an NGO rescue ship, the Sea Watch, that received no signal, even though the Libyan coast guard was notified.
    ’If a ship is in trouble, only the government departments are informed. Only if a ship is in immediate danger of sinking, a mayday call goes out to all nearby ships. That is simply how it is regulated, not only in Europe, but in international maritime law.’
    The debate about rescuing migrants in the Mediterranean has become highly politicised in recent years. Aid agencies are blamed for their ships acting as ’ferry services’ to Europe, while Frontex and national coastguards are seen by some as the heartless face of ’Fortress Europe’. The reality is nuanced, Italian figures, among others, show. In 2022, when migrants arrived by sea, 54 per cent were rescued by coastguards, and 14 per cent by NGO vessels. Frontex was involved in almost 24 thousand rescues from January to June 2023, according to agency figures.
    ’Rescuing people at sea is not a migration issue. Of course it is triggered by migration, but the moment people are at sea, it doesn’t matter what their status is. Then you just have to rescue them. I also think the NGO ships make an important contribution because they save a lot of lives. I don’t think anyone should be against that.’

    Zero deaths on the Mediterranean is your ambition, you have said.
    ’Maybe that is impossible, but I do think you have to have that ambition, otherwise you are not worth a damn.’

    Reçu via la mailing-list Migreurop, le 17.08.2023

    Le lien vers l’article (#paywall) :
    https://www.volkskrant.nl/nieuws-achtergrond/frontex-wil-het-anders-gaan-doen-op-de-middellandse-zee-de-ambitie-is-nul

    #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #migrations #réfugiés #frontières #Méditerranée #mer_Méditerranée #ambition #zéro_morts #Hans_Leijtens #push-backs #refoulements #transparence #droits_fondamentaux #interview #droits_humains #crédibilité #légitimité #légalité #ONG #sauvetage

  • Tunisie : des migrants consignés dans un lycée pendant les vacances scolaires
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/08/24/tunisie-des-migrants-consignes-dans-un-lycee-pendant-les-vacances-scolaires_

    Tunisie : des migrants consignés dans un lycée pendant les vacances scolaires
    Les autorités tunisiennes ont fait de l’établissement de l’oasis de Tamerza un centre de rétention provisoire pour des dizaines de personnes expulsées de Sfax ou interceptées aux frontières libyenne ou algérienne.
    Par Monia Ben Hamadi(Tamerza (Tunisie), envoyée spéciale)
    Tamerza, oasis de montagne située à quelques kilomètres de la frontière algérienne, dans le sud-ouest de la Tunisie, est surtout connue pour ses paysages à couper le souffle, le long de canyons et de sources. A la lisière du village, une montagne rocheuse surplombe le lycée. Au début du mois d’août, alors qu’élèves et professeurs sont toujours en vacances scolaires, plusieurs agents de la garde nationale surveillent l’entrée de l’établissement. Des hommes et des femmes portant pour certains des gilets de l’organisation humanitaire du Croissant-Rouge font des va-et-vient.« Personne ne peut entrer, à part les bénévoles », avertit Salwa (le prénom a été modifié), une volontaire de la région. Profitant de la livraison de nourriture et de produits de première nécessité envoyés par des associations tunisiennes, Le Monde a pu accéder au bâtiment pendant plusieurs minutes, avant d’éveiller les soupçons des agents de sécurité présents à l’intérieur.
    Dans la cour du lycée, des tables et des chaises en plastique sont disposées de manière disparate. Abdoulaye (le prénom a été modifié), un jeune Ivoirien au physique athlétique portant une barbe de quelques jours, est installé là avec trois hommes et deux femmes. Au coucher du soleil, le groupe tente de chasser l’ennui en jouant aux cartes. « On n’a pas le droit de sortir d’ici, on ne sait pas ce qu’ils veulent faire de nous », explique le jeune homme à voix basse, sous le regard méfiant des gardes.
    Quarante-six hommes, femmes et enfants sont toujours retenus dans ce lycée à l’approche de la rentrée scolaire. La plupart ont été expulsés de Sfax puis récupérés à la frontière libyenne ou algérienne, selon Wafa, une surveillante de l’établissement qui s’est portée volontaire, avec le soutien du Forum tunisien pour les droits économiques et sociaux, de la Ligue tunisienne des droits de l’homme et de bénévoles indépendants pour assurer une aide vitale aux migrants en détresse. Ces bénévoles s’activent particulièrement dans les villes frontalières, dans le bassin minier de Gafsa, l’oasis de Nefta ou celle de Tamerza, qui ont connu des arrivées massives de migrants expulsés à la frontière ou arrivés directement d’Algérie. Ils se coordonnent aussi avec d’autres associations à Tunis, ou encore avec l’Organisation internationale pour les migrations, qui gère des centres d’hébergement et les procédures de retour « volontaire ». Ces aides sont fournies parallèlement au soutien apporté par le Croissant-Rouge, qui collabore principalement avec les autorités.
    Installé depuis des années à Sfax, Abdoulaye a vécu les tensions survenues dans la deuxième ville du pays après la mort d’un jeune Tunisien tué par des migrants – selon les premiers éléments de l’enquête – dans la nuit du 3 au 4 juillet. Dans la foulée, le jeune Ivoirien et plusieurs centaines d’autres migrants subsahariens ont été expulsés à la frontière avec la Libye, à l’est, près du poste-frontière de Ras Jedir. Sous la pression des ONG et des médias, les autorités tunisiennes, qui nient toujours ces expulsions, ont autorisé le Croissant-Rouge, dès le 9 juillet – après que le chef de l’Etat tunisien, Kaïs Saïed, a reçu le président de l’organisation – à se rendre dans la zone tampon entre les deux pays, dont l’accès est contrôlé par les militaires.Dans les jours qui ont suivi, ces centaines de migrants bloqués entre la mer et le désert sous une chaleur caniculaire ont été répartis dans plusieurs centres d’hébergement situés dans le sud du pays. Abdoulaye et près d’une cinquantaine d’autres personnes se sont alors retrouvés enfermés dans l’enceinte du lycée de Tamerza, le 13 juillet, dormant dans l’internat des élèves. « Ils sont bien traités, y compris par les agents de sécurité, explique Wafa, mais le problème est qu’ils n’ont pas le droit de sortir. » Selon la jeune surveillante, les autorités tunisiennes tenteraient de collecter les informations nécessaires pour établir l’identité et le parcours de chaque personne retenue sur place depuis plus d’un mois. Trois personnes qui ont exprimé leur volonté de retourner dans leur pays auraient été transférées dans un autre centre, et quarante-six autres sont toujours dans l’attente. Contactés par Wafa et ses collègues, les anciens bailleurs ou employeurs de certains de ces migrants se seraient dits prêts à les accueillir de nouveau. « Il y a même des étudiants dont nous essayons de régulariser la situation », affirme la jeune femme. Mais le temps presse et le lycée de Tamerza ne pourra plus être utilisé comme lieu de rétention ou de tri dès le début du mois de septembre, avec la rentrée scolaire. Bientôt, les lits devront être libérés pour laisser place aux élèves. Le destin des hôtes temporaires de l’internat demeure incertain.

    #Covid-19#migrant#migration#tunisie#migrationirreguliere#retention#ONG#OIM#droit#regularisation#libye#algerie#frontiere#retour#postcovid

  • L’Italie a immobilisé trois navires de sauvetage de migrants en quarante-huit heures
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/08/23/l-italie-a-immobilise-trois-navires-de-sauvetage-de-migrants-en-quarante-hui

    L’Italie a immobilisé trois navires de sauvetage de migrants en quarante-huit heures
    Deux des trois bateaux ont violé une loi récente obligeant les ONG à regagner un port choisi par les autorités italiennes entre chaque sauvetage.
    Les autorités italiennes ont ordonné l’immobilisation de deux navires de sauvetage de migrants en raison de la violation d’une nouvelle législation controversée, ce qui porte le total à trois en quarante-huit heures, ont annoncé, mercredi 23 août, les ONG concernées. L’organisation espagnole Open Arms dit s’être vue infliger une amende de 10 000 euros et le navire portant son nom a été saisi mardi, l’équipage ayant ignoré les instructions des autorités lui enjoignant de ne pas procéder à deux opérations de secours en Méditerranée. L’ONG allemande Sea-Eye annonce faire l’objet d’une amende de 3 000 euros et son navire Sea-Eye 4 a été immobilisé après avoir procédé à trois opérations de secours, qui ont, selon elle, permis de recueillir 114 personnes. Les deux navires ont violé une loi récente obligeant les navires d’ONG à regagner un port choisi par les autorités italiennes entre chaque sauvetage.Lundi, l’Aurora, de l’ONG allemande Sea-Watch, avait été saisi en vertu d’une autre disposition de cette loi, pour avoir débarqué des migrants dans un port non choisi par les autorités italiennes.
    Cette nouvelle législation a été adoptée cette année par le gouvernement de Giorgia Meloni, cheffe de file de l’extrême droite, dans le but de faire baisser le nombre d’arrivées, bien que les migrants recueillis à bord des navires d’ONG ne représentent qu’une fraction du total. Plus de 105 000 migrants sont arrivés en Italie depuis le début de l’année, soit plus du double par rapport à 2022 sur la même période, selon les chiffres du ministère de l’intérieur. Plus de 2 000 migrants ont en outre trouvé la mort en tentant de traverser la Méditerranée depuis janvier, selon l’ONU.
    Open Arms a précisé que son navire se dirigeait vers le port de Carrare, choisi par les autorités italiennes, quand l’équipage a pris connaissance d’un appel de détresse d’Alarm Phone, un numéro utilisé par les migrants rencontrant des difficultés lors de leur traversée. Cette alerte « concernait deux bateaux en péril au sud de [sa] position », a-t-il déclaré. L’information a été confirmée par l’avion de surveillance d’une ONG. En l’absence de réponse immédiate des autorités italiennes à cet appel de détresse, l’équipage du navire d’Open Arms explique avoir respecté le droit maritime international en procédant au sauvetage. Le navire a ensuite reçu l’ordre « d’abandonner les recherches et de continuer vers le port choisi, étant donné que les autorités avaient pris la situation en main », mais sans fixer de délai, selon Open Arms.
    Le bateau a donc poursuivi sa route et recueilli 132 personnes vendredi, lors d’une opération de deux heures « au cours de laquelle aucun navire des autorités ne s’est présenté, confirmant une fois de plus que ces gens étaient laissés à la dérive ». Le bateau s’est ensuite rendu à Carrare, où il a été saisi. Selon Sea-Eye, le Sea-Eye 4 a été saisi dans le port de Salerne (Sud) pour « avoir procédé à plus d’une opération de sauvetage », jeudi et vendredi. « Si nous ne l’avions pas fait, il y aurait eu des morts », assure Gorden Isler, un responsable de l’organisation, dans un communiqué. La législation italienne est « contraire au droit international, qui oblige un capitaine à secourir les gens en détresse en mer », relève-t-il.

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