• Il privilegio del passaporto

    Quanto vale la libertà?

    I termini “migrazioni” e “migranti” sono quelli utilizzati soprattutto per parlare delle persone che provengono, principalmente, dal Sud America, dall’Africa, dal Medio Oriente e dal Sud dell’Asia.

    Per indicare invece lo spostamento delle persone che provengono dagli Stati Uniti, dal Giappone o dai Paesi dell’Unione Europea, i termini utilizzati sono principalmente “viaggio”, “expat”, “fuga di cervelli”.

    Questa asimmetria linguistica utilizzata per descrivere la mobilità umana ci suggerisce che esiste una disparità non solo dettata dalla percezione che si ha delle persone che “si spostano” ma anche, evidentemente, dal privilegio della nazionalità del Paese di provenienza. Tale privilegio dipende non solo dalla ricchezza del Paese in cui si nasce – al netto di tutte le disparità sociali che troviamo anche all’interno dei Paesi ricchi -, ma dal passaporto.
    Tutti i passaporti sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri

    Nonostante la definizione di passaporto sia generalmente nota, difficilmente ci si sofferma a riflettere sulla potenza di un documento simile e sul suo significato. Il passaporto viene utilizzato per viaggiare da un Paese all’altro, è il lasciapassare, per l’appunto, per poter superare i confini e raggiungere la destinazione desiderata.

    Tuttavia, il passaporto è un’invenzione piuttosto recente. Nell’inchiesta Passaporti d’oro (o The man Who knows no boundaries), scritta dal giornalista Hannes Grassegger su Das Magazin e tradotta da Internazionale, si legge: “solo nella metà del ‘900 si è imposto l’obbligo del visto e quindi anche di dimostrare la cittadinanza. Storicamente, il passaporto […] è l’evoluzione dell’antico salvacondotto che garantiva una protezione ai nobili o ai loro emissari”. E ancora, “la ricercatrice Ayelet Schachar – giurista, Università di Toronto – parla di una lotteria dei passaporti in cui il paese di nascita condanna la maggioranza dell’umanità a stare tra i perdenti”.

    In effetti, se si osserva la classifica aggiornata del Global Passport Power Rank 2023, si noterà che tra i primi sette spiccano principalmente i Paesi nord occidentali – l’Italia è tra i passaporti che si trovano al secondo posto.

    L’unica eccezione sono gli Emirati Arabi Uniti (EAU) che si trovano al primo posto della classifica, infatti: “gli EAU hanno battuto paesi del calibro di Germania, Svezia, Finlandia e Lussemburgo nell’ultima classifica, anche se questi paesi sono tutti tra i primi cinque”, riporta la giornalista Natasha Turak sulla testata CNBC. In sostanza, se si è titolari di un passaporto degli EAU, è possibile viaggiare in un numero enorme di paesi senza visto e in molti altri è possibile ottenere un visto direttamente al proprio arrivo: la popolazione espatriata ammonta a circa l’88,52%, ovvero 9,0 milioni, mentre i cittadini emiratini ammontano solo all’11,48%, ovvero 1,17 milioni, secondo le statistiche del Global Media Insight.

    A differenza di persone di nazionalità siriana, nigeriana, sudanese o pakistana, ad esempio, una persona di nazionalità emiratina può entrare nell’area Schengen senza dover chiedere il visto e ciò dipende principalmente dalle relazioni economico-diplomatiche tra gli EAU e l’Unione Europea (UE), costituiti da accordi bilaterali per l’approvvigionamento di energia e il commercio – chiudendo, tuttavia, un occhio sulle violazioni dei diritti umani che si consumano quotidianamente nel ricco Paese del Golfo.

    L’assenza di vie legali effettivamente percorribili per entrare nei Paesi UE, l’impossibilità di ottenere visti di viaggio presso le ambasciate dei Paesi europei stanno alla base della creazione di un doppio binario: uno è quello percorso dalle persone costrette, ad esempio, a dover attraversare la pericolosa rotta del Mediterraneo, oppure cercare di oltrepassare i confini dalle rotte balcaniche (affrontando respingimenti violenti e illegali da parte delle autorità di frontiera). L’altro è il binario di prima classe e a cui i Paesi europei aprono le porte, ed è percorso da coloro che possono permettersi di acquistare i cosiddetti visti o passaporti d’oro.

    Passaporti e visti d’oro

    Come anticipato, se per la maggior parte delle persone provenienti dai Paesi del Sud Globale viaggiare in Europa legalmente risulta essere una corsa a ostacoli impossibile da superare, le procedure per ottenere visti e passaporti sono molto più semplici per alcune categorie di persone. Tali operazioni sono possibili per via di determinati schemi dell’area Schengen, come viene spiegato nel sito ufficiale della stessa: il Golden Visa è un programma di immigrazione che garantisce a persone facoltose un permesso di soggiorno in un paese straniero in cambio di un importante investimento. Il Golden Passport, invece, è un programma che garantisce [l’acquisizione] della cittadinanza e del passaporto del paese in cui si investe. In entrambi i casi, solitamente, all’investitore/trice non è richiesto di vivere a tempo pieno nel paese in cui ha investito.

    Per poter beneficiare di un visto d’oro o di un passaporto d’oro in Europa, l’investimento dovrebbe essere piuttosto elevato: si tratta di una somma che varia dai centinaia di migliaia ai milioni di dollari. A questo proposito, nel 2018, la coalizione Transparency International, ha pubblicato un rapporto dal titolo European Getaway 1 in cui è stato analizzato l’elevato rischio di corruzione generato dagli schemi Golden Visa e Golden Passport. Innanzitutto, si legge nel rapporto, almeno dal 2008 al 2018, nell’UE, 6 mila cittadini stranieri hanno ottenuto la cittadinanza e quasi 100 mila hanno ottenuto la residenza UE attraverso visti e passaporti d’oro. “Spagna, Ungheria, Lettonia, Portogallo e Regno Unito (prima della Brexit, l’uscita di quest’ultimo dall’Ue) hanno concesso il maggior numero di visti d’oro – oltre 10.000 ciascuno – agli investitori e alle loro famiglie. Seguono Grecia, Cipro e Malta”. I programmi dei visti d’oro, sempre nel medesimo arco di tempo, hanno attirato circa 25 miliardi di euro in investimenti diretti esteri.

    Tuttavia, come riporta la Transparency International, sebbene tali schemi siano legali, il rischio di corruzione deriva dalla scarsa trasparenza degli Stati UE (ad esempio, si legge nel rapporto, nessuno dei Paesi UE ha reso pubblica la lista degli investitori tranne Austria e Malta), sia perché – analizzando in modo particolare i casi di Cipro, Malta e Portogallo – è stata riscontrata una grave carenza sui dovuti controlli nei confronti di chi richiede tali documenti.

    Sia perché, come viene spiegato nel rapporto, gli schemi per l’ottenimento dei visti d’oro sono altamente desiderabili per chiunque abbia a che fare con la corruzione, in quanto offrono l’accesso a un rifugio sicuro – “e non soltanto in termini di stile di vita di lusso, quanto ad esempio in campo bancario, dove un cliente munito di passaporto UE si troverà in una posizione agevolata rispetto a chi proviene da un Paese considerato a rischio o sottoposto a sanzioni”, come ha spiegato il giornalista Duccio Facchini su Altreconomia.

    Dell’alto rischio di vendere visti e passaporti d’oro a ricchi investitori senza i dovuti controlli, ha molto parlato il Guardian che ad esempio, nel 2017, nell’articolo Corrupt Brazilian tycoon among applicants for Portugal’s golden visas ha riportato diversi casi di imprenditori brasiliani condannati, o accusati di corruzione, che hanno acquistato proprietà in Portogallo con il fine di ottenere visti d’oro. Di seguito alcuni esempi (tra i tanti): Otavio Azevedo, un ricco imprenditore brasiliano condannato a 18 anni di carcere per corruzione. Due anni prima del suo arresto, Azevedo aveva acquistato una proprietà da 1,4 milioni di euro a Lisbona e successivamente aveva chiesto un visto d’oro nel 2014; Pedro Novis, ex presidente e amministratore delegato di Odebrecht, la più grande impresa di costruzioni del Sud America, ha acquistato nel 2013 una proprietà da 1,7 milioni di euro a Lisbona. Questo acquisto è stato la base per la sua richiesta di visto d’oro presentata alla fine del 2013. La società è stata accusata di molteplici reati di corruzione in tutta l’America Latina; Carlos Pires Oliveira Dias, vicepresidente del gruppo edile Camargo Correa, ha investito 1,5 milioni di euro in Portogallo nell’ambito del programma Golden Resident nel 2014 – il gruppo Camargo Correa è stato anche collegato allo scandalo Car Wash (operazione della polizia federale brasiliana su gravi reati legati alla corruzione). Oliveira Dias ha confermato di aver ottenuto il visto d’oro.
    L’UE “corre ai ripari“

    Nel 2020 la Commissione Europea ha dato avvio a due procedimenti di infrazione rispettivamente contro Cipro e Malta ritenendo che la concessione della cittadinanza UE in cambio di pagamenti o investimenti predeterminati, senza alcun legame reale con lo Stato membro interessato, fosse in violazione del diritto dell’UE – in particolare dell’articolo 4(3) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

    La stretta sulla vendita dei passaporti d’oro si è ulteriormente intensificata in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, per impedire agli oligarchi russi – che già prima usufruivano dei programmi Golden Visa e Golden Passport, in particolare attraverso i programmi di Cipro – di entrare in UE. Nell’inchiesta “Passaporti d’Oro” del giornalista Grassagger, viene spiegato che all’inizio della guerra, molti cittadini russi benestanti hanno quindi acquistato il passaporto turco: “non uno falso, si badi”, spiega Grassager, “ma quello che si ottiene legalmente in cambio di denaro. La questione in Turchia è regolata dall’articolo 12 della legge n. 5901 sulla cittadinanza, in base alla quale, per diventare turchi, bisogna dimostrare di aver comprato immobili in Turchia per un valore minimo di 400 mila dollari oppure di aver creato cinquanta posti di lavoro o di aver portato in Turchia mezzo milione di dollari investendo in imprese turche per un minimo di tre anni”.

    Nel 2022, riporta il Middle East Monitor, 5 mila cittadini russi hanno acquistato la cittadinanza turca allo scoppio della guerra in Ucraina, specie a seguito delle pesanti sanzioni imposte dai Paesi occidentali. Nell’inchiesta Cyprus Papers (2020) della testata Al Jazeera, è stato rivelato che 2.500 cittadini milionari, inclusi criminali già condannati, hanno ottenuto la cittadinanza cipriota tramite investimento.

    Diversi Paesi europei hanno successivamente deciso di porre restrizioni sui programmi Golden Visa o Golden Passport, come riporta Euronews: nel febbraio 2023, l’Irlanda ha eliminato il suo programma di visti d’oro – l’Immigrant Investor Program – che offriva la residenza irlandese in cambio di una donazione di 500 mila euro o di un investimento triennale annuale di 1 milione di euro nel paese; nello stesso mese il primo ministro portoghese António Costa ha annunciato l’intenzione di porre fine al programma di residenza per contrastare la speculazione sui prezzi immobiliari e sugli affitti.

    Nel mese di settembre 2023, il Portogallo ha definitivamente chiuso il programma Golden Visa, pur concedendo il rinnovo dei visti d’oro già acquisiti.

    Anche l’Italia ha il suo programma Golden Visa (o Visto per Investitori). I beneficiari devono investire almeno 500 mila euro (250 mila euro se si tratta di start-up innovative) in una società per azioni italiana, un contributo di beneficenza di 1 milione di euro a favore di un ente impegnato in un settore specifico come quello dei beni culturali o paesaggistici, o in titoli di Stato per un importo di almeno 2 milioni di euro.

    Benché per l’ottenimento della cittadinanza sia necessario comunque aver maturato i 10 anni di residenza, se si è cittadini extra-UE, e si possiede il denaro necessario, è possibile ottenere un visto di durata biennale (con possibile rinnovo di altri tre anni). L’Italia ha inoltre sospeso i visti d’oro per coloro che sono di cittadinanza russa o bielorussa con un anno di ritardo rispetto ai provvedimenti UE.
    Conclusione: un mercato che si espande mentre le disuguaglianze aumentano

    Henley & Partners, Arton Capital, Cs global partners, PwC sono solo alcune delle aziende di consulenza che agiscono da intermediarie tra cittadini stranieri milionari e i Paesi con programmi Golden Visa o Golden Passport desiderabili. “Secondo le stime di Kristin Surak, sociologa della London School of Economics”, scrive Grasseger nella sua inchiesta, “ogni anno nel mondo si ottengono circa 25 mila cittadinanze in cambio di denaro”.

    E mentre le persone ricche continuano a godere del diritto alla libertà di movimento, tutte le altre non hanno diritto di avere diritti: dall’ennesimo rigetto di visto dalle ambasciate dei Paesi UE fino ai respingimenti sistematici alle frontiere, dalla criminalizzazione strutturale che le conduce nei centri di detenzione fino alla stipulazione di accordi bilaterali con Libia e Tunisia (nonostante le gravi violazioni dei diritti umani di queste ultime ai danni delle persone migranti).

    Non si potrà mai parlare del rispetto dei diritti fondamentali di ogni cittadino/a finché l’accesso a questi ultimi viene garantito solo a chi può permetterselo.

    https://www.meltingpot.org/2023/10/il-privilegio-del-passaporto

    #passeport #privilège #migrations #visa #visas #business #passeports #Golden_Visa #citoyenneté #Golden_Passport #Chypre #Malte

    –—

    ajouté à la métaliste sur la #vente de #passeports et de la #citoyenneté de la part de pays européens/occidentaux à des riches citoyen·nes non-EU :
    https://seenthis.net/messages/1024213

  • Les #oligarques russes ne sont pas près de renverser Poutine
    https://theconversation.com/les-oligarques-russes-ne-sont-pas-pres-de-renverser-poutine-179032

    L’administration de Boris Eltsine, alors président, a ainsi enrichi un petit groupe de magnats en vendant les joyaux les plus précieux de l’économie soviétique, avec une forte décote.

    L’accession au pouvoir de Poutine en 2000 a permis l’émergence de la deuxième vague d’oligarques par le biais de contrats d’État. Les fournisseurs privés dans de nombreux domaines tels que les infrastructures, la défense et les soins de santé surfacturaient leurs services au gouvernement, offrant au passage des pots-de-vin aux fonctionnaires impliqués.

    • Le grand rabbin de Porto arrêté dans l’affaire Abramovitch
      https://www.lessentiel.lu/fr/story/le-grand-rabbin-de-porto-arrete-dans-l-affaire-abramovitch-649712117344

      La justice portugaise a mené plusieurs perquisitions et arrêté le rabbin de la communauté de Porto dans le cadre d’une enquête sur la naturalisation de descendants des juifs dont a bénéficié le milliardaire russe.

      L’enquête porte sur des faits « susceptibles de constituer des délits de #trafic_d_influence, de #corruption active, de falsification de documents, de #blanchiment d’argent » ou encore de #fraude_fiscale », précise un communiqué du ministère public. Daniel Litvak, grand #rabbin de Porto, a été arrêté jeudi a Porto, alors qu’il s’apprêtait à rentrer en Israël, selon les médias locaux. Il doit être présenté samedi à un juge qui décidera des mesures de contrôle judiciaire qui lui seront appliquées.

      La justice portugaise avait ouvert en janvier dernier une enquête sur la procédure de #naturalisation de #Roman_Abramovitch, propriétaire du club de football londonien de Chelsea, qui a obtenu la nationalité en avril 2021. Le milliardaire russe avait bénéficié d’une loi permettant à tous les descendants de Juifs séfarades, persécutés et expulsés à la fin du XVe siècle, d’obtenir la nationalité portugaise.

      Dans le cadre de cette loi, les communautés israélites de Porto ou de Lisbonne doivent fournir un certificat attestant l’ascendance juive. Des responsables de ces communautés sont soupçonnés d’avoir délivré de fausses attestations sur l’ascendance juive de plusieurs candidats, indique dans un communiqué la communauté israélite de Porto qui réfute ces accusations. Elle précise également que cette enquête vise d’autres procédures de naturalisation comme celle de #Patrick_Drahi, propriétaire et fondateur du groupe de télécoms et médias Altice.

      La communauté israélite de Porto se dit victime « de dénonciations anonymes » destinées à « mettre en cause l’honnêteté des procédures » de #naturalisation et ajoute avoir déjà porté plainte « pour dénonciations calomnieuses ». Depuis l’entrée en vigueur de cette loi de réparation, il y a sept ans, plus de 137 000 demandes de nationalité ont été déposées. Le #Portugal a accordé la citoyenneté à plus de 56 000 descendants de juifs séfarades, selon les chiffres rappelés par la communauté israélite de Porto.

      « Des juifs d’au moins 60 nationalités différentes », ont déjà bénéficié de cette loi, avait indiqué à l’AFP Michael Rothwell, membre du conseil d’administration de la communauté juive de Porto qui faisait un bilan positif de cette loi, à l’occasion du septième anniversaire de loi. « Nous estimons que le Portugal est peut-être actuellement le lieu le plus sûr en Europe pour que les Juifs puissent vivre », avait-il souligné déplorant toutefois une montée des manifestations « d’antisémitisme en public » avec « une plus grande visibilité de la communauté juive ».

      #oligarques #religions #passeports

  • Un marché européen des nationalités

    Progressivement est né en #Europe un véritable marché, par lequel les États procèdent à la vente du cœur même de leur souveraineté : leur nationalité. Difficiles à justifier au regard de la théorie générale de la nationalité, ces programmes posent des défis tout particuliers à l’Union européenne.

    Le développement d’une économie de la mobilité

    Les études sur les mobilités internationales se concentrent, pour la plupart, sur des mouvements de masse, concernant au premier chef les déshérités. À l’autre bout du spectre, pourtant, se développe une mobilité beaucoup moins spectaculaire : celle des plus riches. Toute une économie s’est en effet progressivement mise en place, très largement dépourvue de frontières, visant à attirer les individus à haut patrimoine sur le territoire accueillant de certains États.

    Tous les ressorts économiques sont susceptibles de jouer, privés comme publics. Les acteurs privés, par l’intermédiaire de family offices aussi discrets qu’efficaces, peuvent ainsi conseiller les plus aisés dans leurs stratégies internationales d’investissement et de résidence. Mais ces officines ne peuvent se multiplier que parce que les États, pour leur part, mettent d’importantes facilités à disposition de ces généreux investisseurs. Au-delà des règles compréhensives en matière de société ou de règlementation bancaire, les États ont la capacité essentielle de jouer sur trois registres souverains.

    Le premier est évidemment fiscal. Aujourd’hui, il n’est plus guère besoin d’établir combien les stratégies d’investissement individuelles sont largement déterminées par les règles fiscales des États. Le débat récurrent sur la frontière — ténue — entre fraude et optimisation fiscale, les efforts européens et internationaux pour lutter contre les paradis fiscaux, les scandales (Panama puis Pandora Papers, Lux Leaks...) sont suffisamment réguliers et connus pour qu’il soit inutile de s’y arrêter plus longuement.

    Le second est celui des titres de séjour. L’économie des titres de séjour est différente et étonnante, qui consiste à en proposer de plus ou moins longs ou plus ou moins généreux en fonction de l’apport des intéressés à l’économie locale. Certains États acceptent en effet de mettre à disposition des titres de séjour indépendants de la qualité de travailleur à de généreux investisseurs. Ce sont les programmes dits de « visas dorés » (« golden visas ») dont le mécanisme est à la fois simple et brutal : permettre l’obtention d’un titre de séjour en échange d’investissements plus ou moins importants dans le pays. Ces programmes sont répandus dans le monde entier et varient beaucoup d’un État à l’autre

    . Varient tout particulièrement le prix, bien entendu, mais aussi la réalité de l’intégration, notamment par le biais de la condition de résidence. Cette absence de connexion sérieuse entre le bénéficiaire et le pays est sans aucun doute l’aspect le plus problématique de ces programmes. L’OCDE souligne en particulier qu’elle peut servir d’outil à la fraude fiscale, en faisant faussement apparaître une résidence dans un État, et porter atteinte aux exigences de transparence et de coopération internationale. L’Europe ne fait pas exception. De nombreux États vendent l’accès des titres de séjour, facilitant ainsi, d’après Transparency international, corruption, blanchiment et fraude fiscale.

    Enfin, le troisième ressort est celui de la nationalité. Certains États, par le biais d’ensemble de règles qualifiés en général pudiquement de « passeports dorés » (« Golden passports ») ou de « citoyenneté par investissement » (« Citizenship by investment »), permettent en effet purement et simplement la vente de leur nationalité. Nées à St Christophe et Nievès (St Kitts and Nevis) et très développées dans les Caraïbes, ces politiques mercantiles se sont étendues jusqu’en Europe et tout particulièrement à Malte et Chypre, dont les programmes ont rapporté jusqu’à 4,8 milliards à Chypre et 718 millions d’euros à Malte

    .

    Portant atteinte au cœur même de la nationalité, elles posent de graves difficultés théoriques et pratiques

    .
    Une atteinte à la nationalité ?

    Les programmes de vente de la nationalité diffèrent d’un État à l’autre, notamment quant aux sommes à investir
    , mais restent dans leurs grandes lignes assez proches : ils permettent, par la grâce de l’argent, de contourner la plupart des conditions en matière de naturalisation, notamment les exigences de résidence, de compétence linguistique ou, plus largement, d’intégration. Alors même que ces vérifications sont au cœur de tous les droits étatiques de la nationalité, elles sont ici oubliées, au profit d’une simple évaluation monétaire. La théorie classique de la nationalité est incapable d’expliquer ces transformations.

    Faire de la nationalité un objet d’échange monétaire constitue, en effet, une flagrante rupture d’égalité entre les citoyens. Pour la plupart des individus, c’est la preuve de l’existence d’un lien entre eux-mêmes et un État qui leur permettra d’accéder à la communauté des citoyens. C’est parce qu’ils sont nés sur le territoire et y résident, parce qu’ils sont les enfants d’un national, parce qu’ils ont construit des liens étroits avec l’État attributaire qu’ils ont pu, peuvent ou doivent pouvoir accéder à la communauté nationale. Le constat est encore plus frappant en matière de naturalisation, qui est la voie d’accès dont il est ici question. Dans la quasi-totalité des cas, la naturalisation est subordonnée à un ensemble de contrôles liés à l’intégration (domicile, langue, intégration sociale ou familiale...). Ici, nul besoin de lien, ou en tout cas un contrôle très limité sur ces liens. L’inégalité de traitement saute aux yeux.

    Pour être diverses, les justifications de la nationalité n’en reposent pas moins sur un fondement commun : l’appartenance au groupe. Les conditions de cette appartenance peuvent bien sûr varier et, de fait, varient grandement et il est bien établi que la nationalité peut tout à la fois servir de facteur d’intégration au groupe et d’exclusion du groupe

    . Mais il n’en reste pas moins que le dénominateur commun à toute politique en matière de nationalité est précisément de définir les frontières du groupe en question.

    Permettre la vente de nationalité, c’est donc transformer radicalement au passage le fondement même de la nationalité, en rompant le lien qui existe entre communauté politique et sociale et nationalité

    .

    Il est à noter d’ailleurs que ces programmes n’entrent pas non plus dans le cadre conceptuel, désormais classique, de contestation de la nationalité, comme reflet d’un monde disparu ou qui devrait disparaître : celui des frontières et des États-Nations. Ces programmes, en effet reposent sur l’idée même de frontières et sur une évaluation à la fois brutale et utilitariste des avantages comparés de la nationalité.

    C’est bien parce qu’il est plus avantageux d’être Maltais qu’Afghan que la nationalité maltaise est à vendre

    . Elle permet d’accéder à un nombre important de pays, de profiter des libertés de circulation en Europe et fournit potentiellement un havre de protection à celui qui en bénéficie. C’est une évidence, mais une évidence qu’il faut rappeler : la vente de nationalité ne peut prospérer que si les nationalités sont distinctes les unes des autres.

    En d’autres termes, ces programmes ont pour objet de rendre disponible ce qui, en principe, repose sur l’existence d’un lien d’intégration soigneusement évalué et, partant, non marchand par excellence : l’appartenance à une communauté. On déplace les frontières du marché, en y faisant rentrer un bien qui, à première vue, en est très éloigné.

    Le passage au marché est parfois envisagé sous l’angle de l’économie libérale

    . Le marché pourrait-il être le meilleur des critères pour l’allocation optimale des intérêts individuels, loin de toute approche morale ou politique des États ? Cette approche, contestable dans son principe, se heurte en toute hypothèse à la réalité de ce marché, qui ne conduit nullement à une remise en cause générale de l’allocation des nationalités, mais bien à une allocation ponctuelle, fondée sur la richesse extrême d’une toute petite minorité. On est bien loin de l’idée d’un marché libre et généralisé. Et ne serait-il pas paradoxal de parler de marché libre, alors que ce qui a été construit est bien plutôt un système purement étatique permettant de renflouer les caisses des États qui s’y adonnent, ce qui est l’avantage le plus immédiat de ces programmes ?

    La nationalité est ce lien qui unit à la fois un individu et un État, et cet individu à la communauté sociale et politique de cet État. En faire un objet de commerce sans tenir aucun compte de la réalité de l’intégration sociale du bénéficiaire défie le fondement même de cette appartenance.

    Ces programmes de vente de la nationalité semblent donc avoir deux défauts flagrants : placer sur le marché quelque chose qui, par nature, n’y appartient pas et, ce faisant, remettre en cause les idées d’appartenance et de communauté au cœur de toute théorie de la nationalité. Transformer le lien en bien porte donc une atteinte très profonde à la raison d’être même de la nationalité.

    Plus spécifiquement, cette transformation pose des difficultés particulières en Europe, où elle a suscité une réaction violente.
    La vente de nationalités en Europe

    Au cours des dernières années, plusieurs États membres de l’Union européenne, et tout particulièrement Chypre et Malte, ont mis en place de tels programmes de vente de leur nationalité
    . Outre les objections théoriques auxquels s’exposent ces politiques, celles-ci soulèvent des difficultés particulières en Europe. Celles-ci tiennent à la relative fongibilité dans l’Union des nationalités des États membres.

    Posséder la nationalité d’un État membre, c’est appartenir à un ensemble plus vaste, celui des citoyens européens, auquel l’article 20 du Traité sur le fonctionnement de l’Union européenne garantit de nombreux droits, à commencer par la liberté de circulation. Dans cette mesure, ce que vendent les États membres qui ont mis en place de tels programmes, au-delà de leur propre nationalité, c’est bien l’accès à cet ensemble de droits, augmentant d’autant l’attractivité et, partant, la valeur marchande, de leur nationalité. En d’autres termes, les États qui s’y livrent font donc commerce non seulement de ce qui ne leur appartient pas, mais encore d’un bien commun à toute l’Union.

    Aussi la réaction des institutions européennes a-t-elle été à fois la vigoureuse et extrêmement critique, on va le voir.

    Ces réactions, toutefois, se heurtent à un obstacle presque infranchissable : la compétence étatique exclusive, qui est l’une des règles les mieux assurée du droit international en matière de nationalité. Chaque État décide librement, et avec ses propres critères, qui sont ses nationaux, à qui ils accordent (ou retirent, en ces temps de regain de la déchéance) leur nationalité. L’émergence de la citoyenneté européenne n’a rien changé à cette solution. Les traités l’affirment clairement et tout particulièrement l’article 20 du Traité sur le fonctionnement de l’Union européenne qui affirme :

    Il est institué une citoyenneté de l’Union. Est citoyen de l’Union toute personne ayant la nationalité d’un État membre. La citoyenneté de l’Union s’ajoute à la citoyenneté nationale et ne la remplace pas.

    En l’état actuel du droit de l’Union, ce sont donc les États et non l’Union, qui décident, en toute souveraineté, des règles applicables à leur nationalité.

    Les voies de droit sont de ce fait peu nombreuses et forcent les institutions soit à en appeler à la morale et aux valeurs, soit à s’appuyer sur quelques principes généraux du droit de l’Union.

    La première voie est celle choisie par le Parlement européen qui a, à plusieurs reprises, vigoureusement critiqué ces programmes comme portant atteinte aux valeurs de l’Union

    . Aussi, dans le 13e point de sa résolution de 2014, le Parlement :

    prie les États membres qui ont adopté des régimes nationaux autorisant la vente directe ou indirecte de la citoyenneté européenne aux ressortissants de pays tiers de mettre ces régimes en conformité avec les valeurs de l’Union.

    La formule montre bien les limites du pouvoir du Parlement et, plus largement, de l’Union européenne en la matière. En l’état actuel du droit de l’Union, en effet, l’invocation des valeurs de celle-ci ne peut aucunement fournir de clé d’analyse (ou de condamnation) de politiques nationales en matière de nationalité. Le Parlement en est d’ailleurs parfaitement conscient, qui, au 6e point de sa résolution « reconnaît que les questions de résidence et de citoyenneté relèvent de la compétence des États membres » et, de ce fait, « prie les États membres d’exercer leurs compétences en la matière avec vigilance et de tenir compte de tout effet préjudiciable ». L’incitation reste très vague et l’efficacité juridique à peu près nulle.

    Dès lors, en dehors de la pression exercée sur un pays en particulier envers une pratique dont la condamnation politique fait l’unanimité, l’invocation des valeurs n’est absolument d’aucune utilité, ni pour décrire l’éventuelle absence de conformité entre le droit des États tel qu’il est et le droit de l’Union, ni, prospectivement, pour déterminer la direction dans laquelle devrait s’orienter le droit européen.

    Aussi est-ce plutôt la seconde voie qu’explore la Commission européenne
    . Celle-ci s’est emparée du sujet au moyen tout d’abord d’un important rapport remis au Parlement européen, au Conseil, au Comité Économique et Social Européen et au Comité des Régions qui, loin de l’habituelle prudence diplomatique, est extrêmement vigoureux dans ses critiques sur ces programmes de vente de la nationalité et, plus largement, d’octroi d’un titre de séjour par investissement direct. De la façon la plus nette, la Commission décrit et condamne les « lacunes en matière de sécurité résultant de l’octroi de la citoyenneté sans condition de résidence préalable, ainsi que les risques de blanchiment d’argent, de corruption et de fraude fiscale liées à la citoyenneté ou à la résidence par investissement »

    . Est critiquée la possibilité d’obtenir la nationalité de ces États sans qu’aucun lien soit établi entre le demandeur et l’État membre, sans qu’aucune résidence autre qu’une adresse formelle, sans même parfois qu’une présence physique autre que le jour de la remise du titre, soit exigée. Plus largement, la Commission y décrit avec beaucoup de détail les différents délits susceptibles d’être commis à l’occasion de ces programmes (atteinte à la sécurité des États, blanchiment, corruption, fraude fiscale...).

    La Commission souligne avec vigueur la rupture de solidarité que constitue la vente par les États membres de leur nationalité, tant les avantages liés à la citoyenneté européenne sont au cœur de toutes ces politiques. À nouveau, ce qui est ici vendu n’est pas uniquement la nationalité étatique, mais bien la possibilité de bénéficier de toutes les prérogatives attachées à la qualité de citoyen européen.

    Aussi la Commission estime-t-elle que ces pratiques remettent en cause, plus théoriquement, le lien d’effectivité qui serait au cœur de la conception commune aux États membres du lien de nationalité.

    Comme elle l’affirme :

    Cette conception commune du lien de nationalité est également à la base de l’acceptation, par les États membres, du fait que la citoyenneté de l’Union et les droits qu’elle implique en vertu du traité sur le fonctionnement de l’Union européenne reviennent automatiquement à toute personne qui devient l’un de leurs citoyens. L’octroi de la naturalisation sur la seule base d’un paiement monétaire, sans autre condition attestant l’existence d’un lien réel avec l’État membre accordant la naturalisation et/ou ses citoyens, s’écarte des modes traditionnels d’octroi de la nationalité dans les États membres et affecte la citoyenneté de l’Union

    .

    La condamnation est donc là encore sans appel, mais fondée sur des arguments beaucoup plus juridiques, quoique généraux, que le Parlement européen.

    Les programmes de vente de la nationalité sont incontestablement un grave dévoiement de l’idée même de nationalité et de la raison d’être de l’Union européenne, à ce titre, la légitimité de la lutte contre ces règles ne fait pas de doute. Mais reste à déterminer les sanctions. Comment en effet s’opposer à ces programmes ? Qui sanctionner pour y avoir recours ?

    Deux possibilités bien distinctes semblent ici se présenter : s’opposer aux États d’un côté, refuser de reconnaître la nationalité accordée aux individus, de l’autre. La première solution est périlleuse, mais prometteuse, la seconde, en revanche, beaucoup plus contestable.
    Punir les États ; punir les individus

    Passant de la théorie à la pratique, la Commission a lancé deux procédures d’infraction contre les deux pays qui ont créé de tels programmes : Chypre et Malte

    .

    Juridiquement, la contestation se fonde sur deux violations particulières : celle de l’article 4§3 du Traité sur l’Union européenne (TUE) et celle de l’article 20 du Traité sur le fonctionnement de l’Union européenne (TFUE).

    Le premier texte institue un principe de coopération loyale entre les États :

    En vertu du principe de coopération loyale, l’Union et les États membres se respectent et s’assistent mutuellement dans l’accomplissement des missions découlant des traités. Les États membres prennent toute mesure générale ou particulière propre à assurer l’exécution des obligations découlant des traités ou résultant des actes des institutions de l’Union. Les États membres facilitent l’accomplissement par l’Union de sa mission et s’abstiennent de toute mesure susceptible de mettre en péril la réalisation des objectifs de l’Union.

    En vendant leur nationalité, ces États membres ont garanti aux bénéficiaires l’accès à un ensemble de droits garantis par les Traités et donc fait commerce d’un bien commun européen. L’absence complète de lien d’effectivité entre ces néo-nationaux et le pays qui les rattache à l’Union établirait donc cette violation de la solidarité entre États.

    Le second de ces textes, on l’a vu, institue la citoyenneté européenne. Permettre à des personnes qui n’ont aucun lien avec l’Union de bénéficier de celle-ci serait donc une violation de cette citoyenneté qui constitue, comme la Cour de justice le rappelle fréquemment depuis 20 ans, « le statut fondamental des ressortissants des États membres »

    .

    Le principe de coopération loyale et le statut du citoyen européen obligeraient donc les États à adopter des règles en matière de nationalité plus conformes aux exigences du droit de l’Union qui, en l’espèce, passeraient donc par l’adoption de règles relatives à l’effectivité de la nationalité.

    Les arguments sont forts. Il n’en reste pas moins que l’Union est incompétente pour déterminer directement qui sont les nationaux d’un État. Elle ne peut que prendre acte du fait qu’un État a accordé sa nationalité à une personne et en tirer les conséquences. Cette compétence exclusive rend périlleuse la voie juridique choisie par la Commission : comment, en effet, condamner des États pour avoir utilisé à leur avantage des règles dont ils sont les seuls maîtres ?

    L’obstacle, toutefois, n’est sans doute pas infranchissable. Les exemples abondent de situations où la Cour de justice a pu remettre en cause non pas le principe, mais bien l’exercice par des États membres de leur compétence exclusive, lorsque celle-ci portait atteint à une politique de l’Union

    . C’est le cas en l’espèce, dans la mesure où ce qui est recherché au premier chef par les bénéficiaires, c’est bien la citoyenneté européenne.

    Dès lors, si une éventuelle condamnation ne peut conduire à une modification directe du droit interne de la nationalité des pays concernés, elle n’en pourrait pas moins conduire à une ingérence, plus ou moins forte, de l’Union dans l’exercice par les États membres de leur compétence exclusive.

    Il est permis, donc, de s’attendre à une intervention politique et diplomatique de l’Union, soutenue par les instruments juridiques qui sont à sa disposition ; et il n’est pas exclu que cette intervention entraîne effectivement des modifications, même de mauvaise grâce, des États impliqués. Partant, il n’est nullement impossible que pression diplomatique et action juridique conduisent à la suppression de ces programmes voire au retrait par ces États de certaines naturalisations trop complaisantes

    .

    Faut-il aller plus loin et sanctionner aussi les individus qui auraient acquis dans ces conditions la citoyenneté européenne ?

    La voie de droit serait, dans cette hypothèse, celle de l’inopposabilité. Si nul ne peut empêcher un État d’accorder sa nationalité à qui il le souhaite, il demeurerait possible de refuser de faire produire tout effet à une nationalité qui aurait été accordée alors même qu’elle ne reposerait sur aucun lien réel. La question, en effet, n’est pas tant celle de savoir ce que peut faire l’État attributaire, mais bien plutôt quelle peut être la réaction des autres États face à une nationalité qu’ils estimeraient injustement accordée ou refusée.

    L’idée repose sur un précédent fameux de la Cour Internationale de justice, l’arrêt Nottebohm

    .

    L’affaire concernait un ressortissant allemand installé depuis 1905 au Guatemala où il menait sa vie professionnelle. Les troubles venus d’Europe l’avaient conduit, au cours d’un voyage en Europe, à demander et obtenir la nationalité du Liechtenstein par naturalisation en 1939. Du fait de cette naturalisation, il fut déchu de sa nationalité allemande. L’opération, toutefois, ne put empêcher qu’il soit considéré au Guatemala comme un ressortissant allemand, donc ennemi, qu’il soit détenu puis expulsé vers les États-Unis où il fut incarcéré, pendant que ses biens étaient saisis. M. Nottebohm partit au terme de son incarcération pour le Liechtenstein où il s’installa et contesta les mesures dont il avait fait l’objet. À la fin de la guerre, le Liechtenstein exerça sa protection diplomatique pour se plaindre du traitement de M. Nottebohm. Le Guatemala contesta la compétence de la Cour internationale de justice en estimant que l’absence de lien entre M. Nottebohm et le Liechtenstein empêchait que la naturalisation produise des effets internationaux et, partant, que soit exercée la protection diplomatique.

    La Cour internationale de justice donna raison au Guatemala et, à cette occasion fournit une célèbre définition de la nationalité :

    Selon la pratique des États, les décisions arbitrales et judiciaires et les opinions doctrinales, la nationalité est un lien juridique ayant à sa base un fait social de rattachement, une solidarité effective d’existence, d’intérêts, de sentiments jointe à une réciprocité de droits et de devoirs. Elle est, peut-on dire, l’expression juridique du fait que l’individu auquel elle est conférée, soit directement par la loi, soit par un acte de l’autorité, est, en fait, plus étroitement rattaché à la population de l’État qui la lui confère qu’à celle de tout autre État. Conférée par un État, elle ne lui donne titre à l’exercice de la protection vis-à-vis d’un autre État que si elle est la traduction en termes juridiques de l’attachement de l’individu considéré à l’État qui en a fait son national

    .

    La sanction de l’inopposabilité permettrait ainsi de désactiver l’efficacité internationale de la nationalité accordée sans que soit vérifié le « fait social de rattachement » justifiant la nationalité.

    Cette solution, toutefois, est souvent discutée, critiquée et dans l’ensemble assez peu appliquée

    . Transposée à l’Europe, elle paraîtrait surtout totalement inappropriée et potentiellement dangereuse.

    Laisser un État apprécier les conditions dans lesquelles un autre État accorde sa nationalité, c’est en effet risquer d’ouvrir des débats d’une extrême sensibilité politique et gros de graves conflits entre États.

    Les exemples sont légion de règles qui ne s’embarrassent nullement d’effectivité. Le droit de la nationalité s’ancre profondément dans les histoires nationales. Les trajectoires migratoires, les conquêtes militaires ou l’expansionnisme impérial jouent toujours un rôle déterminant dans le droit étatique contemporain de la nationalité.

    Autoriser les États membres, par le biais du contrôle d’effectivité, à refuser de faire produire des effets à la nationalité accordée par l’un d’eux, c’est autoriser les États à juger de la pertinence et de la qualité des liens qui unissent un individu et un autre État. Précédent dangereux en Europe, où les histoires impériales et étatiques ont conduit à la présence de fortes minorités nationales, objets de fréquentes difficultés entre États membres. De nombreuses lois en matière de nationalité témoignent de ce passé

    et ouvrir la possibilité de l’inopposabilité, c’est se donner de nouvelles armes pour attiser ces conflits.

    En outre, à titre individuel, les citoyens ainsi gratifiés de leur nationalité restent des citoyens européens et qu’en tant que tels, ils bénéficient et doivent continuer à bénéficier des droits qui sont attachés à cette qualité. En l’état actuel du droit de l’Union, il paraît tout à fait hors de portée de refuser à des ressortissants d’États membres, au prétexte d’un lien trop peu assuré avec leur État de nationalité, de jouir des prérogatives attachées à leur citoyenneté européenne. Que les États accordent trop libéralement leur nationalité est une chose ; que les individus qui ont bénéficié de ces largesses soient pour cela sanctionnés en est une autre, d’une tout autre dimension. À partir du moment où les intéressés ont rempli les conditions légales qui s’imposaient à eux, dans une matière qui ne laisse presque aucune place à l’autonomie de la volonté mais qui, bien au contraire, est entièrement entre les mains des États et de leur administration, aucune raison ne justifie qu’on puisse faire le départ entre les nationaux qui mériteraient d’avoir accès aux droits garantis par les traités et les autres.

    Les autres États, bien entendu, ne sont pas totalement impuissants pour contester l’exercice de leurs droits par ces citoyens. Ainsi tout particulièrement en matière d’entrée et de séjour, la directive 2004/38, applicable aux citoyens et à leur famille, ne manque pas de dispositions permettant d’éloigner des ressortissants d’autres États membres, notamment en cas d’atteinte à l’ordre public. De même, à supposer d’éventuelles infractions commises par ces néo-européens, les ressources du droit pénal pourront être mobilisées pour sanctionner ces agissements. Mais le principe même de l’accès des citoyens à leurs droits doit rester garanti.

    Dans cette situation, le contrôle d’effectivité et la sanction de l’inopposabilité constitueraient donc une double ingérence, dans la compétence exclusive d’un autre État membre et dans la jouissance de ses droits par le citoyen européen, qui ne paraît ni juridiquement correcte, ni politiquement souhaitable.

    Que les États s’accordent sur des critères communs en matière de nationalité, on ne pourrait que s’en féliciter ; qu’un État se fasse juge des conditions dans lesquels les ressortissants des autres États jouissent de leurs prérogatives attachées à leur citoyenneté porterait une atteinte fatale au principe même de la citoyenneté européenne. Même s’ils en ont été abusivement gratifiés, les individus doivent continuer à jouir de leur nationalité européenne dans les autres États membres, sous peine de recourir à des remèdes pires que le mal qu’ils prétendent guérir.

    Dans l’ordre international, les programmes de vente de la nationalité portent donc atteinte à la raison d’être de celle-ci : constituer une communauté soudée entre elle et reliée à l’État par des liens réels et effectifs. En Europe, ils permettent en outre à certains États de vendre ce qu’ils ne possèdent pas en propre, la citoyenneté européenne, et aux bénéficiaires de jouir indûment d’avantages qui n’auraient pas dû leur être conférés. Dans les deux cas, ils permettent ou favorisent l’évasion fiscale, le blanchiment d’argent ou la protection contre des poursuites pénales. Difficile de trouver des exemples de politiques étatiques plus dévoyées et plus opposées aux exigences de la solidarité internationale en général et européenne en particulier.

    #nationalité #passeport #marché #vente #citoyenneté
    –—

    ajouté à la métaliste sur la #vente de #passeports et de la #citoyenneté de la part de pays européens/occidentaux à des riches citoyen·nes non-EU :
    https://seenthis.net/messages/1024213

    ping @karine4 @isskein

  • « Enfin, les Français vont revenir » : Montréal compte beaucoup sur le retour des touristes
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2021/09/06/montreal-compte-sur-les-touristes-francais_6093559_3234.html

    « Enfin, les Français vont revenir » : Montréal compte beaucoup sur le retour des touristes
    Accoudé au présentoir de sa galerie d’art inuit, Le Chariot, au cœur du Vieux-Montréal, Samuel Namour n’en finit pas d’attendre les clients. Mais à quelques heures de l’ouverture des frontières canadiennes, le 7 septembre, à tous les voyageurs internationaux doublement vaccinés, il s’anime : « Enfin, les Français vont revenir ! » Les touristes français (500 000 à Montréal en 2019) représentent en temps normal plus de 40 % de sa clientèle. « Ce sont des clients fidèles et amateurs, ils vont nous sauver », affirme celui qui n’est pas peu fier d’avoir vendu, il y a quelques années, à un Français renommé, l’ex-président Jacques Chirac, pas moins de neuf sculptures d’art autochtone.A quelques pas de là, sur le Vieux-Port, le bâtiment historique du marché Bonsecours, haut lieu de tourisme avec ses boutiques d’artisanat du Québec, a encore triste mine : rideaux de fer baissés sur des magasins qui ont mis la clé sous la porte, plages d’ouverture restreintes pour ceux qui tiennent encore le coup. Dora Urena, propriétaire d’Arts en mouvement Québec, une échoppe de souvenirs locaux, voit passer une quinzaine de clients par jour, quand elle en comptait plus d’une centaine dans la vie d’avant. « Les Canadiens de l’Ontario, de Colombie-Britannique ou des provinces maritimes de l’est du pays nous ont permis de survivre cet été. Mais les Américains [autorisés à entrer au Canada depuis le 9 août] n’ont pas été au rendez-vous. » Elle attend sans beaucoup d’illusions le retour des touristes européens. « Ils ne vont pas tous reprendre l’avion le 7 septembre. Ce qui signifie que la saison 2021 est déjà derrière nous, l’hiver, saison morte, arrive si vite ici. »Yves Lalumière préfère, lui, voir le verre à moitié plein. « On a encore un genou à terre, mais on avait les deux il y a encore quelques mois », se réjouit-il, pariant sur le revenge travel (que l’on pourrait traduire par « voyage de revanche ») des touristes frustrés par ces deux dernières années. Il constate déjà une forte hausse des réservations d’hôtel pour les prochains mois. Son objectif à court terme : faire savoir que Montréal – « mieux qu’une ville, une île », précise-t-il pour en souligner l’attractivité – est désormais prête à accueillir les voyageurs, français notamment, en toute sécurité ; d’ici à avril, il espère aussi convaincre les compagnies aériennes de rétablir toutes leurs liaisons directes Paris-Montréal, ainsi que les lignes au départ des grandes métropoles régionales comme Lyon, Bordeaux ou Toulouse.
    Seul bémol, le tourisme d’affaires et de congrès, duquel la ville s’enorgueillissait d’être une place forte – plus de 350 événements en 2019, devant New York –, peine à redécoller. Entreprises et congressistes restent rebutés par des contraintes sanitaires encore fortes, comme le test PCR obligatoire avant l’entrée sur le territoire ou encore la mise en place d’un passeport sanitaire au Québec. « La reprise est encore timide avec un taux de réservation de 20 % pour septembre, mais ça frémit », assure Bertil Fabre, le patron du Centre Sheraton Montreal Hotel (825 chambres). En attendant le retour de sa clientèle habituelle, il se dit prêt à adapter de nouveau son modèle d’affaires comme il l’a fait depuis le début de la pandémie, pour accueillir amis et familles de l’importante communauté française de Montréal (estimée entre 120 000 et 150 000 personnes) avides de se retrouver.

    #Covid-19#migrant#migration#france#quebec#sante#tourisme#economie#pandemie#passeportsanitaire#test#circulation#frontiere

  • Data et nouvelles technologies, la face cachée du contrôle des mobilités

    Dans un rapport de juillet 2020, l’#Agence_européenne_pour_la_gestion_opérationnelle_des_systèmes_d’information_à_grande_échelle (#EU-Lisa) présente l’#intelligence_artificielle (#IA) comme l’une des « #technologies prioritaires » à développer. Le rapport souligne les avantages de l’IA en matière migratoire et aux frontières, grâce, entre autres, à la technologie de #reconnaissance_faciale.

    L’intelligence artificielle est de plus en plus privilégiée par les acteurs publics, les institutions de l’UE et les acteurs privés, mais aussi par le #HCR et l’#OIM. Les agences de l’UE, comme #Frontex ou EU-Lisa, ont été particulièrement actives dans l’expérimentation des nouvelles technologies, brouillant parfois la distinction entre essais et mise en oeuvre. En plus des outils traditionnels de #surveillance, une panoplie de technologies est désormais déployée aux frontières de l’Europe et au-delà, qu’il s’agisse de l’ajout de nouvelles #bases_de_données, de technologies financières innovantes, ou plus simplement de la récupération par les #GAFAM des données laissées volontairement ou pas par les migrant·e·s et réfugié∙e∙s durant le parcours migratoire.

    La pandémie #Covid-19 est arrivée à point nommé pour dynamiser les orientations déjà prises, en permettant de tester ou de généraliser des technologies utilisées pour le contrôle des mobilités sans que l’ensemble des droits des exilé·e·s ne soit pris en considération. L’OIM, par exemple, a mis à disposition des Etats sa #Matrice_de_suivi_des_déplacements (#DTM) durant cette période afin de contrôler les « flux migratoires ». De nouvelles technologies au service de vieilles obsessions…

    http://migreurop.org/article3021.html

    Pour télécharger la note :
    migreurop.org/IMG/pdf/note_12_fr.pdf

    #migrations #réfugiés #asile #frontières #mobilité #mobilités #données #technologie #nouvelles_technologies #coronavirus #covid #IOM
    #migreurop

    ping @etraces

    voir aussi :
    Migreurop | Data : la face cachée du contrôle des mobilités
    https://seenthis.net/messages/900232

    • European funds for African IDs: migration regulation tool or privacy risk?

      The first person you meet after you land at Blaise Diagne Airport in Dakar is a border guard with a digital scanner.

      The official will scan your travel document and photograph and take a digital print of your index fingers.

      It’s the most visible sign of the new state-of-the-art digital biometrics system that is being deployed in the airport with the help of EU funding.

      The aim is to combat the increasingly sophisticated fake passports sold by traffickers to refugees.

      But it also helps Senegal’s government learn more about its own citizens.

      And it’s not just here: countries across West Africa are adopting travel documentation that has long been familiar to Europeans.

      Passports, ID cards and visas are all becoming biometric, and a national enrolment scheme is underway.

      In Europe too, there are proposals to create a biometric database of over 400 million foreign nationals, including fingerprints and photographs of their faces.

      The new systems are part of efforts to battle illegal migration from West Africa to the EU.

      ‘Fool-proof’ EU passport online

      Many are still plying the dangerous route across the Sahara and the Mediterranean to reach Europe, but a growing number are turning to the criminal gangs selling forged passports to avoid the treacherous journey over desert and sea.

      There’s a burgeoning market in travel documents advertised as ‘fake but real”.

      Prices vary according to the paperwork: an EU Schengen transit visa costs €5,000, while a longer-stay visa can be twice as high.

      Some forgers have even mastered the ability to incorporate holograms and hack the biometric chips.

      “Morphing” is an image processing technique that merges two people’s photographs into a single new face that appears to contain entirely new biometric data.

      Frontex, the EU’s border guard agency, says 7,000 people were caught trying to enter the Schengen area in 2019 carrying such documents — but it admits the true figure could be much higher.

      Sending migrants back

      Last year, the largest number of travellers with fake documents arrived via Turkish and Moroccan international airports.

      Many were caught in Italy, having arrived via Casablanca from sub-Saharan countries like Ghana, Mali, Nigeria and Senegal.

      A Frontex team responsible for deporting migrants without the correct paperwork was deployed this year at Rome’s Fiumicino Airport.

      It’s the first sign of a new European Commission regulation expanding the agency’s role, which includes access to biometric data held by member states, according to Jane Kilpatrick, a researcher at the civil liberties think-tank Statewatch.

      “The agency’s growing role in the collection of data, it links overtly to the agency’s role in deporting individuals from the EU,” she said.

      Over 490,000 return decisions were issued by member states last year, but only a third were actually sent back to a country outside the EU.

      There are multiple reasons why: some countries, for example, refuse to accept responsibility for people whose identity documents were lost, destroyed or stolen.

      Legally binding readmission agreements are now in place between the EU and 18 other countries to make that process easier.
      There are no records

      But a bigger problem is the fact that many African countries know very little about their own citizens.

      The World Bank estimates the continent is home to roughly half of the estimated one billion people on the planet who are unable to prove their identities.

      An absence of digitisation means that dusty registers are piling up in storage rooms.

      The same goes for many borders: unlike the scene at Dakar’s airport, many are still without internet access, servers, scanners and cameras.

      That, the Commission says, is why EU aid funds are being used to develop biometric identity systems in West African countries.

      The EU Trust Fund for Africa has allotted €60 million to support governments in Senegal and Côte d’Ivoire in modernising their registry systems and creating a national biometric identity database.

      Much of the funding comes through Civipol, a consulting firm attached to France’s interior ministry and part-owned by Milipol, one of the most important arms trade fairs in the world.

      It describes the objective of the programme in Côte d’Ivoire as identifying “people genuinely of Ivorian nationality and organising their return more easily”.
      Data security concerns

      European sources told Euronews that the EU-funded projects in West Africa were not designed to identify potential migrants or deport existing ones.

      A Commission spokesperson insisted no European entity — neither Frontex, nor member states, nor their partners — had access to the databases set up by West African countries.

      But the systems they are funding are intimately connected to anti-migration initiatives.

      One is the Migrant Information and Data Analysis System (MIDAS), a migration database that can send automatic queries to Interpol watchlists to detect travel documents and people possibly linked to organised crime, including human trafficking.

      Connections like these, and the role of French arms giants like Thales in the growing biometric market, has led data protection experts to become worried about possible abuses of privacy.
      World’s newest biometric market

      As Africa becomes the coveted market for biometric identification providers, the watchdog Privacy International has warned it risks becoming a mere testing ground for technologies later deployed elsewhere.

      So far 24 countries on the continent out of 53 have adopted laws and regulations to protect personal data.

      A letter by Privacy International, seen by Euronews, says EU must “ensure they are protecting rights before proceeding with allocating resources and technologies which, in absence of proper oversight, will likely result in fundamental rights abuses.”

      It has published internal documents tracking the development of Senegal’s system that suggest no privacy or data protection impact assessments have been carried out.

      Civipol, the French partner, denies this: it told Euronews that the Senegalese Personal Data Commission took part in the programme and Senegalese law was respected at every stage.

      Yet members of Senegal’s independent Commission of Personal Data (CDP), which is responsible for ensuring personal data is processed correctly, admit implementation and enforcement remained a challenge — even though they are proud of their country’s pioneering role in data governance in Africa.

      For the Senegalese cyber activist Cheick Fall, the charge is more serious: “Senegal has sinned by entrusting the processing of these data to foreign companies.”

      https://www.euronews.com/2021/07/30/european-funds-for-african-ids-migration-regulation-tool-or-privacy-risk

      #biométrie #aéroport #Afrique #étrangers #base_de_données_biométrique #empreintes_digitales #passeports #visas #hologramme #Morphing #image #photographie #Frontex #EU_Trust_Fund_for_Africa #Trust_Fund #Civipol #Milipol #armes #commerce_d'armes #Côte_d’Ivoire #Afrique_de_l'Ouest #Migrant_Information_and_Data_Analysis_System (#MIDAS) #Interpol #Thales #Sénégal #Senegalese_Personal_Data_Commission #Commission_of_Personal_Data (#CDP)

    • EU Watchdog Finds Commission Failed to Protect Human Rights From its Surveillance Aid to African Countries

      The European #Ombudsman has found that the European Commission failed to take necessary measures to ensure the protection of human rights in the transfers of technology with potential surveillance capacity supported by its multi-billion #Emergency_Trust_Fund_for_Africa

      The decision by the EU’s oversight body follows a year-long inquiry prompted by complaints outlining how EU bodies and agencies are cooperating with governments around the world to increase their surveillance powers filed by Privacy International, Access Now, the Border Violence Monitoring Network, Homo Digitalis, International Federation for Human Rights (FIDH), and Sea-Watch.

      The complainants welcome the decision by the European Ombudsman and call on the Commission to urgently review its support for surveillance in non-EU countries and to immediately implement the Ombudsman’s recommendations in their entirety. 

      The inquiry, which investigated the support of projects across Africa aimed at bolstering surveillance and tracking powers and involved extensive evidence-gathering from the Commission and complainants, found that “the Commission was not able to demonstrate that the measures in place ensured a coherent and structured approach to assessing the human rights impacts”.

      It recommends that the Commission now require that an “assessment of the potential human rights impact of projects be presented together with corresponding mitigation measures.” The lack of such protections, which the Ombudsman called a “serious shortcoming”, poses a clear risk that these surveillance transfer might cause serious violations of or interferences with other fundamental rights. 

       

      Ioannis Kouvakas, Senior Legal Officer at Privacy International, commenting on the decision:

      “This landmark decision in response to our complaint marks a turning point for the European Union’s external policy and sets a precedent that will hopefully protect the rights of communities in some of the most vulnerable situations for the years to come.”

      An FIDH Spokesperson said:

      “Indeed, this decision warns once again the European Commission about its failure to comply with its human rights obligations. The decision makes clear that the EU has to better develop its processes to effectively put the protection of human rights at core of the design and the implementation of its policies and external activities. All human rights and all activities are at stake.”

      Marwa Fatafta from Access Now said:

      “We welcome the Ombudsman’s decision which scrutinises the EU’s failure to protect and respect the human rights of people living off its shores. The EU’s ongoing surveillance transfers to authoritarian regimes in Africa and elsewhere cannot continue business as usual. We hope this decision will help hold the EU accountable to its values overseas, and protect the rights and freedoms of vulnerable communities from intrusive tracking and government surveillance.”

      Homo Digitalis said:

      “The shortcomings that the Ombudsman has identified prove that the Commission is not able to demonstrate that the measures in place ensure a coherent and structured approach to assessing the human rights impacts of #EUTFA projects. This is an important first step, but we need specific accountability mechanisms in place to address violations of rights and freedoms in EUTFA projects. This cannot be ensured via just some revised templates.”

      https://privacyinternational.org/press-release/4992/eu-watchdog-finds-commission-failed-protect-human-rights-its-s
      #EUTF_for_Africa

  • Where is everyone? Covid and Brexit empty France’s north coast resorts | France holidays | The Guardian
    http://www.theguardian.com/travel/2021/jun/17/where-is-everyone-covid-and-brexit-empty-the-normandy-seaside
    https://i.guim.co.uk/img/media/3c8a8c909ad8c423a0bb5b1651b1c594b4a6354f/399_248_3023_1813/master/3023.jpg?width=1200&height=630&quality=85&auto=format&fit=crop&overlay-ali

    With the approach of the summer holidays, the two French seaside towns of Saint-Valery-sur-Somme and Le Crotoy would normally be gearing up for the annual wave of tourists from neighbouring Belgium and, above all, from the UK.The resorts sit opposite each other across the majestic Bay of the Somme, a wetland of shifting sands and tides where the tranquil river suddenly expands into a spectacular estuary opening up into the Channel. The bay is a popular stop-off for British travellers heading to Paris and the south of France, as well as a place of pilgrimage for its war memorials, museums, cemeteries and battle sites. But this is not a normal year. France is just coming out of a lengthy lockdown and six months of early-evening curfews, with customers not allowed inside bars and restaurants until 9 June. Belgian visitors are few and far between as most await the implementation of the EU digital Covid passport to plan their holidays, hoping to avoid PCR tests each time they cross a border. And the British are simply absent, with France on the UK’s amber list.

    #Covid-19#migration#migrant#france#grandebretagne#passeportsanitaire#vaccination#situationepidemique#variant#tourisme#circulation#frontiere

  • Covid-19 : passe sanitaire européen, le feu vert définitif
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2021/06/09/covid-19-feu-vert-definitif-pour-le-passe-sanitaire-europeen_6083455_3244.ht

    Covid-19 : passe sanitaire européen, le feu vert définitif. Destiné à faciliter les déplacements au sein de l’Union européenne, le certificat sanitaire a été approuvé, mardi, par le Parlement européen. Il doit entrer en vigueur à partir du 1er juillet pour douze mois.L’horizon se dégage pour les voyages au sein de l’Union européenne (UE) cet été, malgré la pandémie de Covid-19. Les députés européens ont donné leur accord définitif, mercredi 9 juin, au certificat Covid numérique, destiné à faciliter les déplacements cet été au sein de l’UE. A charge désormais aux Etats membres de le mettre en place d’ici au 1er juillet, pour une durée de douze mois. Délivré gratuitement par les autorités nationales, ce certificat sera disponible au format numérique ou papier et contiendra un QR code. Le document attestera qu’une personne a été vaccinée contre le Covid-19, qu’elle a passé un test (dont le résultat est négatif) ou qu’elle est immunisée (à la suite d’une infection). Il doit permettre d’éviter de faire des quarantaines dans les pays de destination. Lors d’un vote, mardi, dont le résultat a été dévoilé mercredi, les eurodéputés, dont au moins la moitié sont présents à Strasbourg, tandis que les autres ont voté à distance, ont largement adopté, par 546 voix pour (93 voix contre, 51 abstention), ce système de certificat commun. « Après un temps record de négociations, moins de deux mois, nous avons réussi », s’est félicité l’eurodéputé socialiste espagnol Juan Fernando Lopez Aguilar, rapporteur de ce texte qui, selon lui, « relance la liberté de mouvement des citoyens européens ». « Il est LA réponse européenne permettant de mettre fin au patchwork de règles différentes », s’est réjouie la centriste française Nathalie Colin-Oesterlé. Malgré un large vote favorable, plusieurs eurodéputés ont toutefois émis des réserves quant à la protection des données personnelles. L’eurodéputée écologiste française Michèle Rivasi a estimé qu’il ouvrait « un nouveau risque en manière de traçabilité ». Par ailleurs, « ce certificat n’est pas consolidé par la gratuité des tests [à l’échelle communautaire] (…), il ouvre donc la voie à des risques de discrimination », a regretté la socialiste française Sylvie Guillaume.
    Lors d’un débat, mardi, dans l’hémicycle du Parlement européen, à Strasbourg, le commissaire à la justice, Didier Reynders, a encouragé les Etats à émettre déjà de tels certificats pour éviter un embouteillage dans les procédures au début de l’été. Selon lui, « plus d’un million de citoyens ont déjà reçu ces certificats et beaucoup d’autres suivront dans les semaines et les mois à venir ». Bulgarie, Croatie, République tchèque, Danemark, Allemagne, Grèce, Pologne, Lituanie et Espagne ont commencé à en délivrer. En France, le passe sanitaire est entré en vigueur mercredi.
    Si le texte européen encadrant ce certificat Covid concerne la libre circulation, les Etats membres peuvent utiliser ce document à d’autres fins (festivals, concerts, rencontres sportives…) dans le cadre de leur législation nationale. La Commission européenne a également promis 100 millions d’euros – une somme insuffisante, d’après les eurodéputés favorables à une gratuité – pour l’achat de tests de dépistage contre le Covid-19, qui, s’ils sont pris en charge par la Sécurité sociale en France, peuvent être très coûteux dans certains pays.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#sante#passeportsanitaire#vaccination#frontiere#circulation#france#tourisme

  • China locks down part of Guangzhou amid outbreak of Indian Covid variant | China | The Guardian
    http://www.theguardian.com/world/2021/jun/01/china-locks-down-part-of-guangzhou-amid-outbreak-of-indian-covid-varian
    https://i.guim.co.uk/img/media/8a050626bb7585182ee640916992aec78a39f489/0_400_6000_3600/master/6000.jpg?width=1200&height=630&quality=85&auto=format&fit=crop&overlay-ali

    China locks down part of Guangzhou amid outbreak of Indian Covid variant. Chinese authorities in Guangdong province have cancelled flights and locked down communities in response to what is believed to be the first community outbreak of the Indian variant in China. Guangdong province had been reporting daily single figures of local cases, including asymptomatic cases, for more than a week, until the case load suddenly jumped to 23 on Monday, including three asymptomatic cases, and 11 on Tuesday. Most of Guandong’s cases are in the city of Guangzhou, with some in nearby Foshan, which has a population of 7.2 million.
    Authorities said all cases were found to be the strain commonly known as the Indian variant of the virus, now renamed by the WHO as the “Delta” variant.“In this race against the virus, we must run a bit ahead and run faster than before in order to block the spread of the virus and cut off the infection chain in time,” said Huang Guanglie, director of the Guangzhou municipal health commission.Guangzhou deputy mayor, Li Ming, said the strain had a short incubation period, a high viral load, and spread quickly. However she said that the trajectory was “under control”.
    In response hundreds of flights at the busy Guangdong Baiyun international airport have been cancelled, and authorities ordered some streets in the Liwan neighbourhood of Guangzhou city to isolate at home, with only one person per household allowed out to buy daily necessities.On Sunday all 15.3 million Guangzhou residents were barred from leaving via bus, air or train without a green code on the health management app and a negative Covid test taken in the preceding 72 hours.Restaurants have shifted to takeaway only and entertainment venues closed, while senior high school classes have been moved online, and vaccinations have been temporarily suspended. Authorities also placed reduced limits on gatherings at public venues, and visiting rights to care and medical institutions.The outbreak also prompted a temporary suspension of imports at Yantian port in Shenzhen last week, one of the world’s busiest export hubs. On Friday authorities launched compulsory Covid-testing for all Yantian residents.
    After the Covid-19 pandemic began in the Chinese city of Wuhan, prompting a long and strict lockdown which would later be emulated around the world, authorities have largely contained the virus. Sporadic outbreaks of varying sizes have prompted localised lockdowns and transport suspensions, most recently in Anhui, which also prompted a huge increase in people seeking to get vaccinated

    #Covid-19#migrant#migration#chine#sante#variant#frontiere#circulation#deplacement#confinement#depistage#restrictionsanitaire#passeportsanitaire

  • Covid-19 : Emmanuel Macron réaffirme l’objectif de « lever les restrictions début mai »
    https://www.lemonde.fr/politique/article/2021/04/18/covid-19-macron-reaffirme-l-objectif-de-lever-les-restrictions-debut-mai_607

    Le 31 mars, Emmanuel Macron avait annoncé aux Français le retour du confinement pour une durée de quatre semaines. Le chef de l’Etat a confirmé, dimanche 18 avril, que la réouverture du pays ne serait pas reportée malgré une situation sanitaire toujours tendue, avec plus de 35 000 nouveaux cas recensés samedi et près de 5 900 malades dans les services de réanimation des hôpitaux. « Nous allons progressivement lever les restrictions début mai », a déclaré M. Macron dans un entretien accordé à l’émission « Face the Nation », sur la chaîne de télévision américaine CBS.
    Cet engagement intervient alors que des doutes émergent au sommet de l’Etat sur la possibilité de commencer à rouvrir dès la mi-mai certains lieux accueillant du public, conformément aux promesses présidentielles. La menace des variants dits « brésilien » et « sud-africain » du SARS-CoV-2 a en effet poussé le gouvernement à élargir et à durcir les mesures de restriction contre les voyageurs en provenance de certaines zones à risque. De quoi assombrir la perspective des prochaines semaines.
    Ce contexte n’empêche pas Emmanuel Macron de se montrer positif quant à la possibilité de revoir des touristes américains fouler le sol français dès cet été. Le président de la République a ainsi assuré à CBS que le passeport sanitaire dont l’Union européenne (UE) espère se doter en juin serait « proposé » aux citoyens des Etats-Unis « lorsqu’ils ont décidé de se faire vacciner ou avec un test PCR négatif ». Cette avancée, selon lui, serait rendue possible par les progrès accomplis sur le Vieux Continent en matière de vaccination. (...)
    Afin de contrer les variants qui circulent aujourd’hui en Amérique latine et en Afrique du Sud, le gouvernement a annoncé, samedi, un renforcement des contrôles aux frontières françaises. Le variant brésilien, dit P1, inquiète en particulier les autorités en raison de sa supposée plus grande résistance aux vaccins. Une quarantaine obligatoire de dix jours sera désormais requise pour tous les voyageurs arrivant du Brésil, d’Argentine, du Chili et d’Afrique du Sud. Ces derniers devront présenter à leur arrivée un test PCR négatif de moins de trente-six heures, ou bien un test négatif de moins de soixante-douze heures couplé à un test antigénique négatif de moins de vingt-quatre heures. Des mesures qui concernent également la Guyane.
    A l’exception du Brésil, qui voit sa liaison aérienne avec la France suspendue jusqu’au 23 avril, les vols en provenance de ces pays ne seront néanmoins pas interdits. « D’autres pays pourront être concernés par ces mesures sur la base des critères identifiés par le Centre européen de prévention et de contrôle des maladies », a précisé Matignon dans un communiqué. Des discussions doivent avoir lieu à ce sujet en début de semaine.

    #Covid-19#migrant#migration#france#bresil#guyane#chili#argentine#etatsunis#sante#circulation#test#vaccination#passeportsanitaire#quarantaine#variant

  • Covid-19 : l’immunité collective pourra être atteinte dans l’UE à la « mi-juillet », selon Thierry Breton
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2021/04/05/covid-19-dans-le-monde-l-immunite-collective-pourra-etre-atteinte-dans-l-ue-

    Evoquant la lenteur du déploiement de la vaccination en Europe, le commissaire européen met, par ailleurs, directement en cause le laboratoire AstraZeneca. « Si nous avions reçu les 100 % de vaccins AstraZeneca qui nous étaient contractuellement destinés, l’Union européenne serait aujourd’hui au même niveau que la Grande-Bretagne en termes de vaccination », déclare-t-il. « Je l’affirme donc, le trou d’air que nous avons enregistré provient uniquement des défauts de livraison d’AstraZeneca », poursuit-il, ajoutant que l’Europe examine cette situation d’un point de vue juridique.
    Les Britanniques vont-ils bientôt pouvoir partir au soleil ? Encouragé par l’amélioration de la situation sanitaire au Royaume-Uni, où la quasi-totalité des plus de 50 ans ont reçu au moins une dose de vaccin contre le Covid-19, le premier ministre, Boris Johnson, dévoile lundi 5 avril sa stratégie pour entrouvrir les frontières.Les voyages à l’étranger restent interdits jusqu’au 17 mai, sauf pour raisons essentielles. Mais après cette date un système de feu tricolore pourrait être mis en place pour classer les pays selon le degré d’avancement de leur vaccination, leur taux de contamination ou la présence de variants inquiétants.Les destinations « vertes » seront exemptes de quarantaine au retour – un test avant le départ et après l’arrivée sera toutefois requis –, contrairement aux pays figurant sur les listes orange et rouge. Actuellement, tous les voyageurs arrivant au Royaume-Uni doivent effectuer une quarantaine de dix jours chez eux, ou, pour les pays à risque, à l’hôtel, et à leurs frais. Les frontières sont fermées pour les non-résidents en provenance d’un pays de la liste rouge.
    Downing Street a toutefois indiqué qu’il était encore prématuré d’établir une liste de pays, et continue de déconseiller les réservations à l’étranger.
    Pour garder le contrôle sur le virus, le gouvernement prévoit aussi de tester un système de passeport sanitaire pour les rassemblements de masse en Angleterre, comme les matchs de football et les événements en salle.
    Mesure supplémentaire pour faciliter la reprise de la vie sociale et « briser les chaînes de transmission », les habitants de l’Angleterre pourront dès vendredi accéder à deux tests de dépistage rapides par semaine.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#grandebretagne#vaccination#imunitecollective#circulation#frontiere#passeportsanitaire

  • Palau to welcome first tourists in a year with presidential escort | Taiwan | The Guardian
    http://www.theguardian.com/world/2021/mar/31/palau-to-welcome-first-tourists-in-a-year-with-presidential-escort
    https://i.guim.co.uk/img/media/03a3687a9444a299ec00f3f9d8afcae271a23af0/0_243_4856_2914/master/4856.jpg?width=1200&height=630&quality=85&auto=format&fit=crop&overlay-ali

    Palau to welcome first tourists in a year with presidential escort
    Two-dogs beach in Palau’s Rock Islands, is a popular spot for tourists to have lunch. Palau is opening up to visitors from Taiwan under strict Covid-safe measures, but locals still have doubts. On Thursday, 110 people from Taiwan will be able to enjoy the thing so many around the world have been dreaming of since the start of the Covid-19 pandemic: an international holiday to a tropical island paradise. The tiny Pacific country of Palau, in the north-west corner of the Pacific with a population of around 20,000 people, will this week begin welcoming tourists from Taiwan as part of a travel bubble.Palau’s first visitors for more than a year will get the royal treatment, with Palau’s president travelling to Taiwan to personally escort them to the islands.For a chance to travel to Palau, one of Taiwan’s few diplomatic allies, Taiwanese must fork out between $2,100 and $2,800 to join a group tour booked via a travel agency. They must also tick a series of health regulation boxes, including an assurance that they have not left Taiwan within the past six months, and undergo a Covid-19 test at the airport.The trip itself is limited to fewer than eight days and will largely avoid crowded locations in Palau. But even with the rules in place, travel agents in Taipei say they have been getting enquiries since the bubble was announced on 17 March. KKDay, a popular travel startup offering discounts on bookings, has already sold out two Palau tours according to its website as well as more than 1,000 lottery tickets for a chance to win a spot on a multi-day tour.
    Ngirai Tmetuchl, chairman of the board of Palau Visitors Authority, said the bubble would benefit both nations. Taiwanese tourists would get to “go to another country and enjoy the pristine waters of Palau” while his countryfolk could benefit from the boost to the archipelago’s economy, which is heavily reliant on tourism and which has been hit hard by the Covid-related border closures.Before the pandemic, tourism accounted for nearly 50% of Palau’s GDP, with Taiwan making up the third-largest group of tourists to the country, after China and Japan. Though the initial numbers arriving will be small, “Two hundred [tourists coming in the first two weeks] is more than zero, our options are zero or 200. We’ve been running on empty for a year, “ Tmetuchl said.On the itinerary for the tourists will be trips out to Palau’s famous Rock Islands and the idyllic turquoise Jellyfish Lake, where swimmers can float amongst million of gently-pulsating golden jellyfish, which have no stingers.Eledui Omelau, president of Palau’s Boat Owners Association said it had been a difficult year for Palauan boat owners, with most of them taking out loans to survive and that the prospect of Taiwanese tourists was welcome.“We have been hit hard, this travel bubble it’s a good opportunity for us, but at the same time we want to make sure we are ready,” Omelau said.

    #Covid-19#migrant#migration#palau#chine#japon#taiwan#sante#tourisme#bulledevoyage#passeportsanitaire#economie

  • Post-Covid tourism hopes buoyed by deal between Greece, Cyprus and Israel | World news | The Guardian
    https://www.theguardian.com/world/2021/feb/15/post-covid-tourism-hopes-buoyed-by-deal-between-greece-cyprus-and-israe
    https://i.guim.co.uk/img/media/70d7888fb70cf8fbbc678aacf86a78316ff131df/0_287_7808_4685/master/7808.jpg?width=1200&height=630&quality=85&auto=format&fit=crop&overlay-ali

    Accords between Greece, Cyprus and Israel allowing citizens with Covid-19 vaccination certificates to travel unimpeded between the three countries have been hailed as a possible first step towards normalising tourism during the next phase of the pandemic. The prospect of people being able to move freely in the age of coronavirus received a concrete boost last week when the deal was the centrepiece of a visit to Jerusalem by the Greek prime minister, Kyriakos Mitsotakis. After signing the agreement with his Israeli counterpart, Benjamin Netanyahu, the leader suggested similar accords could soon be in the offing.“I expect what we will be doing with Israel to be a trial run of what we can do with other countries,” said Mitsotakis, who first pressed the case for vaccine passports with other EU members last month.
    On Valentine’s Day, the Cypriot president, Nicos Anastasiades, followed suit flying into Israel to strike the same deal. The agreement is expected to come into effect by 1 April. Like Greece, the Mediterranean island’s economy is heavily reliant on tourism. Both have attracted ever more Israeli holidaymakers in a reflection of their deepening political, economic and military alliance with the state but like destinations elsewhere have also seen the sector hammered by the pandemic.“When the world is in upheaval because of corona, the warm relations between our two countries are more important than ever,” Anastasiades said after holding talks with the Israeli president, Reuven Rivlin. “The resumption of unrestricted free movement is of great importance to Cyprus, which is a tourism-dependent country.”
    Mitsotakis’s proposal was initially met with scepticism by the EU amid fears it could be perceived as discriminatory. But in an indication that the idea may be gaining traction the British prime minister, Boris Johnson, said on Monday he believed coronavirus certificates might be “very much in the mix down the road”.

    #Covid-19#migrant#migration#israel#chypre#grece#UE#circulation#frontiere#passeportsanitaire#tourisme#economie#sante

  • Covid-19 : « L’idée du “passeport sanitaire” n’est pas nouvelle, mais au XIXe siècle, son but était tout autre »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2021/02/12/covid-19-l-idee-du-passeport-sanitaire-n-est-pas-nouvelle-mais-au-xixe-siecl

    Tribune. Alors que les gouvernements s’efforcent d’acquérir des vaccins contre le Covid-19 et de lancer des campagnes de vaccination en pleine incertitude mondiale, une nouvelle idée semble faire son chemin : le passeport vaccinal ou immunitaire. Ces « passeports Covid », nous dit-on, pourraient faciliter les voyages et le commerce, et certifieraient qu’une personne aurait reçu un vaccin ou aurait été infectée (en prouvant, par exemple, la présence d’anticorps contre le nouveau virus). Cette idée n’est pas nouvelle. Elle découle du « passeport sanitaire », une invention française du XIXe siècle (et pas sans controverses) mais dont le but était tout autre. Le détenteur du passeport sanitaire était considéré « immunisé » au sens médiéval du terme (du latin immunis) c’est-à-dire « exempt » de symptômes et ce, jusqu’à preuve du contraire. En outre, l’inoculation ne figurait pas sur ce document dont l’usage était plutôt de permettre aux autorités de détecter des cas suspects ou déclarés, et par conséquent d’éteindre toute menace épidémique aux portes de la France.
    Le 18 juin 1890, et afin d’empêcher la propagation en France du choléra qui sévissait en Espagne, le ministère de l’intérieur publia une circulaire demandant aux préfets de délivrer aux voyageurs un « passeport sanitaire » ainsi qu’une « carte d’avis » adressée au maire concerné. Le mécanisme consistait à faire examiner chaque voyageur par un médecin, puis à signaler aux autorités locales que la personne avait été « reconnue saine » mais qu’elle devait rester « sous surveillance médicale » pendant la période d’incubation. Ce passeport sanitaire venait s’ajouter au « passeport politique », une autre invention française conçue au XVe siècle initialement pour faire « passer » les marchandises et rapidement étendue aux personnes. C’est durant la conférence sanitaire internationale de 1893 à Dresde, qu’Adrien Proust, professeur d’hygiène à la faculté de médecine de Paris, médecin chef à l’Hôtel-Dieu et père du romancier Marcel Proust, suggère de généraliser cette procédure à l’échelle internationale. L’Empire austro-hongrois avait convoqué la conférence à Dresde dans un contexte d’épidémies de choléra qui se répandaient plus rapidement en Europe avec l’arrivée du bateau à vapeur. Il était donc impératif de standardiser les règlements internationaux de quarantaine contre la propagation de ces nouveaux fléaux.
    Pour Adrien Proust, toute épidémie se contrôle d’abord aux frontières. Il voyait dans le passeport sanitaire une version plus ciblée de la quarantaine et l’équivalent de l’« observation » au lazaret. Le passeport sanitaire était donc un moyen de tracer les personnes considérées asymptomatiques et de les isoler au cas où elles devenaient symptomatiques, l’objectif étant d’éviter l’apparition de « foyers » d’infections. Cette procédure permettait « d’agir vite et efficacement » avant qu’il ne soit trop tard. En revanche, l’inoculation préventive n’était possible que pour la peste, et n’était recommandée que pour les personnes les plus exposées (telles que le personnel qui désinfectait les navires). De plus, Adrien Proust considérait que l’inoculation était moins efficace qu’une « surveillance sanitaire » stricte pour plusieurs raisons. Tout d’abord, le sérum antipesteux n’était pas obligatoire ; en outre, il ne protégeait pas les personnes infectées mais asymptomatiques, et enfin, il n’induisait qu’une immunité de courte durée.
    Toutefois, le passeport sanitaire n’était pas sans détracteurs. Non seulement la délégation britannique ne signa pas l’accord conclu lors de la conférence de Dresde, mais l’idée d’un passeport sanitaire fut rejetée. Selon la prestigieuse revue médicale britannique, le Lancet, ces passeports sanitaires auraient été « inutiles » car ils pouvaient être falsifiés et inefficaces, dans la mesure où ils requéraient une infrastructure humaine démesurée par rapport à leur rendement sanitaire. Le Lancet concluait : « Nous pouvons être certains qu’aucun document de ce type ne sera jamais exigé des personnes arrivant dans ce pays ou dans certains des pays les plus avancés du continent. »Comment expliquer ce rejet ? Adrien Proust reproche l’approche « libérale » britannique qui – quoique contraignante sur son propre sol – était opposée à toute mesure susceptible de compromettre le commerce international. Pour le médecin chef de l’Hôtel-Dieu, le système britannique n’était pas à imiter. Si le « bill of health », l’équivalent de la « patente de santé », couramment utilisé par les marins depuis au moins le XVIIe siècle, était plus facile à administrer, il était moins efficace d’un point de vue sanitaire. De plus, le laisser-faire sanitaire dans les colonies anglaises était préjudiciable. Il avait entraîné en 1896 la diffusion de la peste vers l’Inde qui avait tué des milliers de personnes. On peut en dire autant de l’apparition du choléra en Egypte en 1883, 1805 et 1902, où les autorités coloniales britanniques n’avaient pas mis en place des mesures sanitaires adéquates.

    #Covid-19#migrant#migration#france#grandebretagne#histoire#passeportsanitaire#frontiere#epidemie#cholera#peste#colonie#economie

  • Belgique : #N-VA Condamné à 8 ans de prison, Melikan Kucam, a revendu des visas humanitaires pour plus de 500.000 euros
    https://www.rtbf.be/info/belgique/detail_condamne-a-8-ans-de-prison-melikan-kucam-a-revendu-des-visas-humanitaire

    Le tribunal correctionnel d’Anvers vient de condamner ce mardi l’ancien conseiller communal malinois Melikan Kucam (N-VA) à huit ans de prison et à une amende de 696.000 euros dans le cadre d’une affaire de trafics de visas humanitaires au profit de chrétiens assyriens. L’ancien intermédiaire de l’ex-secrétaire d’État Theo Francken est également privé de ses droits politiques et civils pendant dix ans.

    L’homme était poursuivi pour trafic d’êtres humains, corruption passive et association de malfaiteurs. Neuf coaccusés, dont sa femme et son fils, ont été condamnés à plusieurs années de prison et à de lourdes amendes.

    Visas humanitaires à vendre
    C’est le documentaire Pano (VRT) qui a révélé début 2019 https://www.rtbf.be/info/societe/detail_visas-humanitaires-melikan-kucam-place-sous-mandat-d-arret?id=10120955 ce vaste dossier de trafic de visas humanitaires. Melikan Kucam, qui était toujours au conseil municipal de Malines à l’époque, avait été désigné par le cabinet de l’ancien secrétaire d’État à l’Asile et à la migration Theo Francken (N-VA) pour dresser des listes de candidats à une opération humanitaire de sauvetage des chrétiens assyriens depuis les zones de guerre en Syrie et en Irak. L’intermédiaire jouissait d’une grande confiance du cabinet, il scannait les familles et déterminait qui pouvait figurer sur les listes.

    Le tribunal a estimé qu’il était prouvé qu’il avait abusé de cette position privilégiée pour se faire généreusement payer (plusieurs milliers d’euros) par ceux qui désiraient obtenir pour une place sur ces listes. Le prévenu savait également trop bien, selon le tribunal, qu’un certain nombre de ces candidats n’avaient jamais l’intention de demander l’asile en Belgique, ce qui était contraire aux conditions d’obtention d’un visa. Pour lui, c’était une raison de facturer des montants encore plus élevés. Quelque 522.500 euros, le produit minimal de la fraude pour la famille Kucam, ont été confisqués.

    Procédure en appel
    Melikan Kucam a nié avoir reçu de l’argent, mais a déclaré qu’il « imposait des amendes » ou « exigeait des cautions » pour s’assurer que tout le monde suivait les règles. Le tribunal n’a pas cru ses explications.

    Son fils Emanuël (23 ans) et sa femme Birsen Y. (41 ans) étaient également activement impliqués dans les pratiques. Ils ont été condamnés respectivement à 4 ans et 40 mois de prison. Les sept autres accusés leur avaient présenté des candidats au visa.
    L’avocat de l’accusé, Walter Damen, explique à la VRT https://www.vrt.be/vrtnws/fr/2021/01/12/kucam-condamne-a-8-ans-de-prison-pour-trafic-de-visas-humanitair que son client juge la sentence trop lourde et qu’il va interjeter appel. Le parquet a demandé l’arrestation immédiate du prévenu mais le tribunal n’a pas obtempéré. . . . . . . . . . .

    #migrations #visas #visas_humanitaires #corruption #racket en famille l’#extreme-droite croque #réfugiés #asile #passeport #migration #frontières #passeports #citoyenneté

  • Coronavirus : « le virus continue de circuler » en France, cinq nouveaux clusters identifiés
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2020/06/18/coronavirus-la-france-veut-relocaliser-la-chaine-de-production-du-paracetamo

    Tests de détection du Covid-19 proposés « sur la base du volontariat » aux visiteurs, contrôle de température dans les ports et aéroports, services de réanimation renforcés : les autorités ont présenté jeudi une batterie de mesures pour sécuriser la saison touristique en Corse. La demande de la collectivité de Corse d’un « green pass » ou « passeport sanitaire » conditionnant l’entrée en Corse à la présentation d’un test négatif au Covid-19 n’a pas été retenue mais les autorités ont choisi de proposer, à compter du 1er juillet et « sur la base du volontariat », aux touristes se rendant en Corse d’effectuer un test préventif, quarante-huit à soixante-douze heures avant le voyage. Pour se faire, un « autoquestionnaire » de santé sera transmis à la réservation des voyages, ont expliqué le préfet de Corse, Franck Robine, et la directrice de l’agence régionale de santé, Marie-Hélène Lecenne

    #Covid-19#migrant#migration#sante#france#corse#passeportsanitaire#testpreventif#ARS#tourisme#economie

  • A Dakar, l’immigration s’invite dans les débats entre gouvernements français et sénégalais

    Après une longue séquence polémique dans l’hexagone, le thème de l’immigration s’est invité dimanche au 4e séminaire intergouvernemental entre la France et le Sénégal à Dakar, où Edouard Philippe est arrivé pour s’entretenir aussi avec le président Macky Sall de la lutte antijihadiste au Sahel.

    Deux ans après la dernière édition de ces rencontres de haut niveau, à Matignon, M. Philippe et six de ses ministres sont arrivés dimanche dans la capitale sénégalaise pour nourrir la relation « singulière » entre les deux pays, dixit le chef du gouvernement.

    Quatre feuilles de route sont sur la table de ce séminaire : elles portent sur les enjeux de sécurité et de défense ; l’éducation, la jeunesse et la formation ; l’émergence du Sénégal ; la mobilité et la migration.

    Sept semaines après un débat au Parlement français sur l’immigration voulu par Emmanuel Macron, qui a notamment abouti à de nouvelles mesures concernant l’offre de soins et la future instauration de quotas d’immigration professionnelle, l’issue des négociations entre les deux gouvernements sera attendue.

    « La migration doit être choisie et non subie, telle est notre conviction », a résumé M. Philippe, qui a été accueilli à la mi-journée par M. Sall au palais présidentiel.

    Selon Matignon, « la pression venant du Sénégal », pays à la fois de départ et de transit, « reste élevée » sur l’immigration irrégulière, alors que le pays est jugé « sûr ».

    « Le Sénégal est au 15e rang des nationalités interpellées pour les 9 premiers mois de l’année 2019 », assure-t-on encore de même source, tout en notant que les demandes d’asile ont augmenté de « plus de 50% » l’an passé.

    Parmi les leviers dont dispose la France, l’aide publique au développement, dont le budget total doit atteindre 0,55% du PIB en 2022. Environ 2 milliards d’euros de cette aide ont été distribués au Sénégal depuis 2007 : des « efforts » qui doivent « produire des résultats sur l’immigration irrégulière », souligne Matignon.

    « La coopération entre nos deux pays est bonne mais elle peut encore s’améliorer dans la logique d’engagement réciproque », a insisté M. Philippe dimanche.

    Concernant l’immigration légale, Matignon salue la « vraie dynamique », « de l’ordre de 7% », d’admission d’étudiants sénégalais (12.500 en 2019) dans l’enseignement supérieur français.

    – Trois patrouilleurs vendus -

    M. Philippe a aussi mis en avant dimanche son souhait « d’augmenter le nombre de passeports talents », réservés aux étrangers disposant de certaines qualifications, « et de visas de circulation de longue durée ». Il s’est aussi engagé à réduire de moitié dès début 2020 les délais de traitement des demandes de visas.

    Sur le volet économique, alors que la France est le premier partenaire commercial et le premier investisseur étranger au Sénégal, un accord a été signé pour la vente de trois patrouilleurs hauturiers du groupe français Kership. Un contrat de plusieurs centaines de millions d’euros qui se double de la vente de missiles du groupe européen basé en France MBDA.

    La cérémonie comportera une dimension symbolique avec la restitution du sabre d’El Hadj Oumar Tall, un chef de guerre et érudit musulman qui a conquis au XIXe siècle un immense territoire à cheval sur le Sénégal, la Guinée et le Mali, et a lutté contre l’armée coloniale française.

    « Comment ne pas voir également dans ce sabre le sang que les tirailleurs sénégalais ont versé au côté des soldats français pour défendre notre pays », a souligné M. Philippe.

    Dans un contexte sécuritaire très dégradé au Sahel marqué par plusieurs attaques jihadistes, les questions militaires rebondiront lundi lors de l’ouverture du Forum international de Dakar sur la paix et la sécurité en Afrique.

    Le Sénégal, qui partage des frontières avec la Mauritanie et le Mali, « joue un rôle très important de c ?ur de réseau », estime-t-on à Matignon. Alors que les attaques menacent de se propager, le Sénégal, membre de la Mission des Nations unies au Mali (Minusma), fait office de « pôle de stabilité ».

    « Les terribles événements survenus au Mali depuis le début du mois de novembre montrent que les groupes qui se revendiquent de l’Etat islamique résistent encore et qu’il ne faut pas baisser la garde », a averti M. Philippe dimanche.

    Et Dakar, qui doit porter l’effectif de son armée de terre de 20.000 à 30.000 hommes d’ici à 2025 « a vocation à faire partie du partenariat pour la sécurité et la stabilité (au Sahel) annoncé lors du G7 de Biarritz » en août, dont « les modalités sont en cours d’élaboration », ajoute-t-on à Matignon. A ce titre, le Sénégal pourra apporter un soutien aux forces du G5 Sahel (Mali, Niger, Mauritanie, Tchad et Burkina Faso).

    https://www.courrierinternational.com/depeche/dakar-senegal-et-france-saccordent-pour-lutter-contre-limmigr

    #externalisation #asile #migrations #réfugiés #externalisation #France #Sénégal #migration_choisie #migration_subie #pays_sûr #développement #étudiants #étudiants_sénégalais #passeports_talents #visas

    ajouté à la métaliste sur le lien entre migrations et développement :
    https://seenthis.net/messages/811609

  • Greece to Offer Limited Number of Citizenships to Major Real Estate Investors

    The Greek government plans to introduce a limited citizenship-granting scheme to non-EU nationals who wish to invest more than €2 million in the country’s real estate market, it was disclosed on Thursday.

    According to media reports, Greek authorities are reviewing ways to introduce a mechanism similar to the ”Golden Visa” plan which currently grants a five-year residency permit to non-EU nationals who buy Greek properties worth more than €250,000.

    According to the same reports, when this program is launched, it will offer a limited number of citizenships, most likely up to two hundred per annum.

    The scheme will incorporate strict terms, among which will be the obligation of the investor to become a permanent resident of Greece.

    Additionally, the investor will have to pay at least €2 million to a Greek bank account upfront.

    This mechanism will also grant citizenship to the partner, children or parents of the investor.

    Up until now, the United Kingdom, the Netherlands, Cyprus, Malta, and Bulgaria are the only EU member states to grant citizenship to large-scale real estate investors.

    The Greek scheme will be almost identical to that of Cyprus in terms of its conditions.

    Similar programs are understandably extremely popular among wealthy investors, particularly the Chinese and Russians, mainly because by obtaining citizenship in an EU member state, they automatically become EU citizens.

    This grants them the right to freely work and reside anywhere across Europe.

    For this reason, the EU Commission regularly scrutinizes these programs, in an effort to avert incidents of money laundering and criminal activities which may be hidden behind such schemes.

    https://greece.greekreporter.com/2019/09/12/greece-to-offer-limited-number-of-citizenships-to-major-real-e
    #citoyenneté #passeport #Grèce #citoyenneté_en_vente #investissements #immobilier #business #vente #riches #richesse #vente_de_passeports #passeports
    –—

    ajouté à la métaliste sur la #vente de #passeports et de la #citoyenneté de la part de pays européens/occidentaux à des riches citoyen·nes non-EU :
    https://seenthis.net/messages/1024213

  • Délai passeport français 2018 : minimum 10 semaines
    https://www.service-public.fr/particuliers/vosdroits/F14929

    Le 7 mai on t’accorde un rendez-vous le 7 juin pour tes empreintes digitales (alors que même les états-unis n’en veulent pas et que tu les as donné il y a 6 ans) et le délai est ensuite de 6 semaines pour renouveler un passeport ou une pièce d’identité, repasse mi juillet, et tout ça pour rester dans l’espace schengen. Laisser tomber ton voyage en juin en Espagne et reste donc à l’Hay-les-Roses espèce de privilégiée.

    Le passeport n’est pas fabriqué sur place et ne peut donc pas être délivré immédiatement. Les délais de fabrication dépendent du lieu et de la période de la demande. Par exemple, à l’approche des vacances d’été, les délais sont susceptibles d’augmenter de manière significative.

    Tu peux même plus quitter la france quand tu veux ! cette politique absurde de migration est une vraie merde, elle t’empêche même de quitter ton propre pays.

    #privatisation #passeports #absurde

  • « Projet #Daphne » : Malte, l’île des #passeports en or
    http://abonnes.lemonde.fr/projet-daphne/article/2018/04/19/projet-daphne-malte-l-ile-des-passeports-en-or_5287406_5286994.html

    #Daphne_Caruana_Galizia, assassinée le 16 octobre 2017, avait dénoncé la mise en place par le gouvernement travailliste maltais, en 2013, d’un programme de vente de passeports calqué sur un modèle en vogue dans les Caraïbes, à Saint-Kitts-et-Nevis ou à Antigua-et-Barbuda. Un programme aussi lucratif que risqué dans cette île rongée par la corruption, dont la journaliste ne cessait de dénoncer les failles. Ce projet, destiné à attirer les capitaux étrangers pour doper l’économie, était conçu sur le papier pour protéger des citoyens de l’instabilité de leur pays d’origine, mais avait été détourné de son objet, écrivait-elle sur son blog.
    En savoir plus sur http://www.lemonde.fr/projet-daphne/article/2018/04/19/projet-daphne-malte-l-ile-des-passeports-en-or_5287406_5286994.html#1Fe5VeA2

    D’autant qu’un parfum de corruption flotte autour du programme « #Argent_contre_passeport ». En mai 2017, un rapport de l’autorité maltaise antiblanchiment, publié par la journaliste Daphne Caruana Galizia, avait révélé que le chef du cabinet du premier ministre, Keith Schembri, avait reçu 100 000 euros du propriétaire d’un gros cabinet de vente de passeports, depuis un compte offshore. De l’argent directement lié à des #commissions versées par trois acheteurs de passeports russes, selon le rapport.

    Les investigations du consortium piloté par #Forbidden_Stories apportent de nouveaux éléments au dossier, qui fait l’objet d’une enquête judiciaire à Malte. L’un des trois acheteurs de passeports russes cités dans le rapport de l’autorité antiblanchiment, dont nous protégeons l’anonymat, nous a ainsi confirmé avoir effectué deux versements sur le compte offshore à la demande de son agent. « Je n’avais pas de raison de penser que cela était suspect ou inhabituel, j’ai payé de bonne foi », témoigne cet homme, qui précise « n’avoir aucun lien avec le chef de cabinet du premier ministre », qu’il ne connaît pas. « Je peux vous assurer qu’il n’y a rien d’illégal » dans ce transfert, nous a répondu Keith Schembri. Le témoignage est entre les mains de la justice.

  • Così Malta mette in vendita la cittadinanza europea ai ricchi del mondo

    “Sono più che infastidita dal fatto che un’azienda si senta autorizzata a vendere la cittadinanza di un Paese contro la volontà dei suoi cittadini, dopo un subdolo accordo sottoscritto con un governo che non ha avuto, su questo, alcun mandato”. Le parole sono di Daphne Caruana Galizia. Era il 12 maggio 2017, e in un post del suo blog Running Commentary scriveva a Christian Kalin, presidente della società di consulenza Henley&Partners. Una società specializzata nel costruire sistemi per attrarre ricchi che vogliono acquistare una seconda cittadinanza europea. Il governo di La Valletta ha un contratto con loro che scadrà nel 2019. Ma non sono i soli: Henley&Partners lavora da decenni in tutto il mondo, e da due anni spinge per l’introduzione di un sistema simile anche in Italia.

    Le domande che Daphne si ponevano erano semplici: chi sono i nuovi cittadini maltesi? Caruana Galizia aveva trovato alcune risposte. Il consorzio Daphne Project è partito dal suo lavoro per scavare più a fondo sulle conseguenze di questo sistema e sull’azienda che lo ha lanciato a Malta.

    https://irpi.eu/cosi-malta-mette-in-vendita-la-cittadinanza-europea-ai-ricchi-del-mondo

    v. aussi :
    Daphne Project, così Malta mette in vendita la cittadinanza europea ai ricchi del mondo

    Dal 2014 a oggi, circa mille stranieri hanno ottenuto il passaporto di La Valletta, al costo minimo di un milione di euro. Del meccanismo si occupa la società #Henley&Partners che ha incassato non meno di 20 milioni di euro. Tra i ’nuovi cittadini’ uomini vicini a Putin, banchieri dal Kenya, ex parlamentari dal Vietnam, imprenditori nigeriani, cinesi e arabi

    http://www.repubblica.it/esteri/2018/04/18/news/daphne_caruana_galizia_daphne_project_malta_la_valletta_henley_partners-194219157/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P3-S1.8-T2

    #Daphne_Project : la vendita di passaporti a Malta

    La giornalista d’inchiesta #DaphneCaruanaGalizia ha indagato sulla vendita di passaporti a Malta. Cinque mesi prima del suo assassinio, entrò in possesso di alcune e-mail nelle quali membri del governo discutevano di iniziative legali per fermare il suo lavoro.

    https://www.youtube.com/watch?v=O3B0tuXQB-c

    #Malte #passeports #citoyenneté #business #vente #riches #richesse #vente_de_passeports #citoyenneté_en_vente

    –—

    ajouté à la métaliste sur la #vente de #passeports et de la #citoyenneté de la part de pays européens/occidentaux à des riches citoyen·nes non-EU :
    https://seenthis.net/messages/1024213

  • Comment la #Bulgarie fabrique de faux (et dangereux) citoyens européens

    De hauts responsables bulgares corrompus vendent la nationalité bulgare à des milliers d’étrangers, dont des #criminels. De notre envoyé spécial.

    https://www.nouvelobs.com/monde/20180322.OBS4008/comment-la-bulgarie-fabrique-de-faux-et-dangereux-citoyens-europeens.html
    #criminalité #passeports #citoyenneté #vente_de_nationalité

  • Dataviz : votre passeport est-il puissant ? - JeuneAfrique.com
    http://www.jeuneafrique.com/397145/societe/dataviz-puissance-de-passeport

    La firme financière Arton Capital, dont le siège principal se trouve à Montréal, vient de mettre à jour son « index des passeports ». Elle a passé 199 pays et territoires au crible, et les a classés selon qu’ils permettent de #voyager avec ou sans #visa, un peu, beaucoup, ou pas du tout. Quid du vôtre ?



    Ce sont les Seychellois qui détiennent à l’heure actuelle le passeport du continent permettant de voyager le plus librement. Les habitants de l’île peuvent aller dans 126 pays – 96 exemptions de visa, 30 obtentions de visa à l’arrivée – à travers le monde, selon les données mises à jour à la mi-janvier par Arton Capital, firme spécialisée dans les questions de citoyenneté et d’investissement.

    L’indice de #passeport 2017 − calculé par la firme financière à partir de la « combinaison des possibilités de voyages sans visa et du taux de visa à l’arrivée avec l’indice de développement humain (IDH) de chaque pays » − place en revanche les Seychelles au 55e rang mondial (sur 199), le haut du classement étant occupé essentiellement par les États européens.

    Dans le top 10 des passeports les plus puissants du monde, hormis Singapour (2e, avec un passeport qui permet de #voyager dans 155 pays) et les États-Unis (possibilité de voyager librement dans 156 pays), tous proviennent du vieux continent : Allemagne (158 pays), Suède (157), Danemark, Finlande, France, Espagne, Norvège, Royaume-Uni (156).

    #mobilité
    @reka @cdb_77 @albertocampiphoto

  • Mali sends back migrants deported by France

    Mali has sent back two people who were deported from France on the same planes they arrived on, questioning whether they were even Malian citizens.

    The pair were flown to Bamako using European travel permits or “laissez-passer”, not passports or other Malian papers, the government said.

    The government said it could not accept people “simply assumed to be Malian”.

    http://www.the-star.co.ke/news/2016/12/31/mali-sends-back-migrants-deported-by-france_c1480472?platform=hootsuite

    #France #asile #migrations #renvoi #expulsions #Mali #ping-pong #migrerrance #réfugiés #aller-retour