• Le responsable du MAE français est toujours un envoyé spécial de Tel-Aviv

    Lebanon delays response to French paper, awaits US intervention - Lebanon News
    https://www.lbcgroup.tv/news/press/756894/lebanon-delays-response-to-french-paper-awaits-us-intervention/en

    The paper was carried by French Foreign Minister Stéphane Séjourné earlier this month to Beirut, and the government requested that it be converted into an official document. 

    According to informed sources, the response was postponed because the paper “did not adhere to diplomatic norms, as it does not have the logo of the French Foreign Ministry or the French Embassy in Beirut.” 

    […]

    […] sources told “Al-Akhbar” that the Lebanese side understood that Paris is not in a position to play a constructive role because the French stance since the outset of the Al-Aqsa Flood Operation has been aligned and harmonious with the Israeli interest, to the extent that the French paper seems as if it were “drafted in Tel Aviv .” 

    In addition, all parties are convinced that Paris cannot conduct negotiations and reach agreements independently from Washington.

    #France #comparse

  • Le « #bien_vivre » en petite ville : le rôle des pouvoirs publics locaux
    https://metropolitiques.eu/Le-bien-vivre-en-petite-ville-le-role-des-pouvoirs-publics-locaux.ht

    À travers l’étude des politiques publiques menées à Foix, Pamiers, Auch et Figeac, quatre chercheuses analysent comment se fabrique la notion de « bien vivre » dans ces agglomérations de petite taille. « Bonheur brut », « qualité de vie », « bien-être », « bien vivre » : ces termes reflètent la préoccupation montante d’envisager le développement territorial sous d’autres auspices que la dimension économique et fonctionnelle. Depuis quelques années, les sciences sociales mobilisent de nouveaux indicateurs #Terrains

    / #action_publique, #ingénierie_territoriale, #petites_villes, bien vivre

    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_barthe-etal.pdf

  • Briançon : un cairn en #hommage aux migrants décédés érigé au petit matin

    Ce mardi 6 février, au petit matin, un collectif de « solidaires des personnes exilées » a érigé un cairn en hommage “aux morts aux frontières”, à proximité de la porte du pont d’Asfeld, dans la vieille ville de Briançon.

    Il est un peu plus de 7 heures, ce mardi 6 février à Briançon, et le soleil n’a pas encore percé depuis l’Italie, à quelques dizaines de kilomètres. Sur la petite butte, juste après avoir passé la porte de la cité Vauban en direction du pont d’Asfeld, un petit groupe s’affaire à la frontale et à la truelle : un collectif de « solidaires des personnes exilées » érige un cairn.

    (#paywall)

    https://www.ledauphine.com/societe/2024/02/06/briancon-un-cairn-en-hommage-aux-migrants-decedes-erige-au-petit-matin
    #mémoire #commémoration #Briançon #migrations #réfugiés #6_février #commémor'action #commémoraction #Hautes-Alepes #France #cairn #monument #mémoriel #morts_aux_frontières #mourir_aux_frontières #frontières #frontière_sud-alpine #mémorial #6_février_2024

  • Il nuovo volto del #water_grabbing e la complicità della finanza

    Fondi pensione e società di private equity investono sulla produzione di colture di pregio, dai piccoli frutti alle mandorle, che necessitano abbondanti risorse idriche. Il ruolo del fondo emiratino #Adq che ha acquisito l’italiana #Unifrutti.

    Per osservare più da vicino il nuovo volto del water grabbing bisogna andare nella regione di Olmos, nel Nord del Perù, dove il Public sector pension investment board (Psp), uno dei maggiori gestori di fondi pensionistici canadesi (con un asset di circa 152 miliardi di dollari) ha acquistato nel 2022 un’azienda agricola di 500 ettari specializzata nella coltivazione di mirtilli. Un investimento finalizzato a sfruttare il boom della produzione di questi piccoli frutti, passata secondo le stime della Banca Mondiale dalle 30 tonnellate del 2010 alle oltre 180mila del 2020: quantità che hanno fatto del Paese latino-americano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti.

    Nella regione di Olmos l’avvio di questa coltivazione intensiva è stato reso possibile grazie a un progetto idrico, costato al governo di Lima oltre 180 milioni di dollari, per deviare l’acqua dal fiume Huancabamba verso la costa e migliorare la produzione agricola locale. “Ma il progetto non ha ottenuto i risultati annunciati”, denuncia il report “Squeezing communities dry” pubblicato a metà settembre 2023 da Grain, una Ong che lavora per sostenere i piccoli agricoltori nella loro lotta per la difesa dei sistemi alimentari controllati dalle comunità e basati sulla biodiversità. Chi ha realmente beneficiato del progetto, infatti, sono state le grandi realtà agroindustriali. “Quasi tutta l’acqua convogliata dalle Ande va alle aziende di recente costituzione che producono avocado, mirtilli e altre colture che vengono vendute a prezzi elevati all’estero -continua Grain-. Il progetto, finanziato con fondi pubblici, ha avuto pochi benefici per la popolazione ma ha creato una fonte di profitti per le aziende che hanno accesso libero e gratuito all’acqua e i loro investitori”.

    I protagonisti di questa nuova forma di water grabbing sono fondi pensione, società di private equity e altri operatori finanziari che si stanno muovendo in modo sempre più aggressivo per garantirsi le abbondanti risorse idriche necessarie alla produzione di colture di pregio. A differenza del passato, però, non cercano più di acquisire enormi superfici di terre coltivabili.

    “L’accesso all’acqua è sempre stato un fattore cruciale -spiega ad Altreconomia Delvin Kuyek, ricercatore di Grain e autore dello studio-. Ma negli ultimi anni abbiamo osservato un nuovo modello: investimenti in colture come mirtilli, avocado o mandorle che richiedono meno terra rispetto al grano o alla soia, ma quantità molto maggiori di acqua. A guidare l’investimento, in questo caso, è proprio la possibilità di accedere ad abbondanti risorse idriche per mettere sul mercato prodotti che permettano di generare un ritorno economico importante”. Una forma di sfruttamento che Grain paragona all’estrazione di petrolio: si pompa acqua da fiumi o falde fino all’esaurimento, senza preoccuparsi degli impatti sull’ambiente o dei bisogni della popolazione locale. Gli operatori finanziari, infatti, non prevedono di sviluppare attività produttive sul lungo periodo ma puntano a ritorno sui loro investimenti entro 10-15 anni. Un’altra caratteristica di questi accordi, è che tendono a realizzarsi in località in cui l’acqua è già scarsa o in via di esaurimento.

    Negli ultimi anni il fondo pensionistico canadese ha acquistato direttamente o investito in società che gestiscono piantagioni di mandorle in California, di noci in Australia e California. Mentre in Spagna, attraverso la controllata Hortifruit, è diventato uno dei principali produttori di mirtilli nella regione di Huelva (nel Sud-Ovest del Paese) dove si concentra anche la quasi totalità della coltivazione di fragole spagnole, destinata per l’80% all’export.

    In Perù nel 2020 sono stati prodotte 180mila tonnellate di mirtilli. Numeri che fanno del Paese latinoamericano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti. Nel 2010 erano solo 30

    Tutto questo sta avendo effetti devastanti sulle falde che alimentavano le zone umide della vicina riserva di Doñana, ricchissimo di biodiversità e patrimonio Unesco: un riconoscimento oggi messo a rischio proprio dall’eccessivo sfruttamento idrico. Lo studio “Thirty-four years of Landsat monitoring reveal long-term effects of groundwater abstractions on a World heritage site wetland” pubblicato ad aprile 2023 sulla rivista Science of the total environment, evidenzia come tra il 1985 e il 2018 il 59,2% della rete di stagni sia andata perduta a causa delle attività umane. “Il problema è collegato anche alla produzione di frutti rossi che ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni Ottanta, grazie alla presenza di condizioni climatiche ottimali e a un suolo sabbioso”, spiega ad Altreconomia Felipe Fuentelsaz del Wwf Spagna. Ma la crescita del comparto ha portato a uno sfruttamento eccessivo delle falde, da cui viene prelevata troppa acqua rispetto al tempo che necessitano per rigenerarsi. L’organizzazione stima che nel corso degli anni siano stati scavati più di mille pozzi illegali: “L’80% dei produttori rispetta le norme per l’utilizzo delle risorse idriche, ma il restante 20%, che equivale a circa duemila ettari di terreno, pompa acqua senza averne diritto”, puntualizza Fuentelsaz.

    Questa nuova forma di water grabbing interessa diversi Paesi: dal Marocco (dove il settore agro-industriale pesa per l’85% sul consumo idrico nazionale) al Messico dove è attiva la società di gestione Renewable resources group. Secondo quanto ricostruito da Grain, nel 2018 ha acquisito centomila ettari di terreni agricoli in Messico, Stati Uniti, Cile e Argentina, nonché diritti idrici privati negli Stati Uniti, in Cile e in Australia, generando rendimenti annuali superiori al 20% per i suoi investitori, che comprendono fondi pensione, di private equity e compagnie di assicurazione.

    Tra le società indicate nel report di Grain figura anche Adq, il fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi anni ha effettuato importanti investimenti nel comparto agro-alimentare: attraverso la sua controllata Al Dahra ha acquistato terreni in Egitto, Sudan e Romania. Nel 2020 ha acquisito il 45% di Louis Dreyfus Company, una delle quattro principali aziende che controllano il mercato globale del commercio agricolo. E nel 2022 ha comprato la quota di maggioranza di Unifrutti group, società italiana specializzata nella produzione e nella commercializzazione di frutta fresca con oltre 14mila ettari di terreni tra Cile, Turchia, Filippine, Ecuador, Argentina, Sudafrica e Italia.

    Unifrutti group ha sede fiscale a Cipro, uno dei Paesi dell’Unione europea a fiscalità agevolata che garantiscono vantaggi alle società che vi hanno sede. Ma a sfruttare i benefici sono anche oligarchi russi colpiti dalle sanzioni dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014 e inasprite a seguito dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. A rivelarlo l’inchiesta “Cyprus confidential” pubblicata a novembre dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (Icij)

    “Questi investimenti hanno un doppio obiettivo -spiega ad Altreconomia Christian Henderson, esperto di investimenti agricoli nel Golfo e docente presso l’Università di Leiden nei Paesi Bassi- da un lato, sono orientate a trarre profitto dal commercio internazionale e dalle materie prime. In secondo luogo, si preoccupano di garantire la sicurezza alimentare. Queste due logiche in qualche modo sono intrecciate tra loro, in modo da rendere la sicurezza alimentare redditizia per gli Emirati Arabi Uniti. C’è poi un altro elemento: penso che i Paesi del Golfo siano piuttosto preoccupati dal fatto di essere visti come ‘accaparratori’ di terra. In questo modo, invece, possono affermare di aver effettuato un semplice investimento sul mercato”.

    Fondata dall’imprenditore Guido De Nadai nel 1948 ad Asmara come compagnia di import/export di frutta e verdura, oggi Unifrutti group è una realtà globale “che produce in quattro diversi continenti e distribuisce in oltre 50 Paesi” si legge sul sito. Trecento tipologie di prodotti commercializzati, 14mila ettari di terreni (di proprietà o in gestione) e 12mila dipendenti sono solo alcuni numeri di una realtà che ha ancora la propria sede principale a Montecorsaro, in provincia di Macerata, dove si trova il domicilio fiscale di Unifrutti distribution spa. La società è controllata da Unifrutti international holdings limited, con sede fiscale a Cipro, Paese a fiscalità agevolata. Con l’ingresso di Adq come socio di maggioranza sono cambiati anche i vertici societari: il 13 novembre 2023, ha assunto l’incarico di amministratore delegato del gruppo Mohamed Elsarky che ha alle spalle una carriera ventennale come Ceo per società del calibro di Kellog’s Australia e Nuova Zelanda e Godiva chocolatier e come presidente di United biscuits del gruppo Danone. Mentre Gil Adotevi, chief executive officer per il settore “Food and agriculture” del fondo emiratino Adq, ricopre il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione: “Mentre il Gruppo si avvia verso un nuovo entusiasmante capitolo di crescita -ha dichiarato- siamo certi che la guida e la leadership di Mohamed porteranno l’azienda a realizzare i suoi ambiziosi piani”.

    Nel 2021 il gruppo ha commercializzato circa 620mila tonnellate di prodotti (in primo luogo banane, uva, mele, pere, limoni e arance) registrando un fatturato complessivo di 720 milioni di dollari (in crescita del 2% rispetto al 2020) e un margine operativo lordo di 78 milioni. Una performance estremamente positiva che “si è verificata nonostante le numerose sfide che hanno caratterizzato il perimetro operativo del gruppo a partire dalle condizioni climatiche avverse senza precedenti in Cile e in Italia”. Il Paese latino-americano -principale sito produttivo del gruppo, con oltre seimila ettari di terreno dove si producono mele, uva, pere e ciliegie- è stato infatti colpito per il quarto anno di fila da una gravissima siccità che alla fine del 2021 ha visto 19 milioni di persone vivere in aree caratterizzate da “grave scarsità d’acqua”. Come ricorda Grain nel report “Squeezing communities dry” tutte le regioni cilene specializzate nella produzione di frutta “stanno affrontando una crisi idrica aggravata dalla siccità causata dal cambiamento climatico”.

    https://altreconomia.it/il-nuovo-volto-del-water-grabbing-e-la-complicita-della-finanza
    #eau #agriculture #finance #financiarisation #fonds_de_pension #private_equity #Public_sector_pension_investment_board (#Psp) #petits_fruits #myrtilles #Olmos #Pérou #Huancabamba #industrie_agro-alimentaire #avocats #exportation #amandes #ressources_hydriques #extractivisme #Hortifruit #Huelva #Espagne #fraises #Doñana #fruits_rouges #Maroc #Renewable_resources_group #Mexique #Emirats_arabes_unis (#EAU) #Al_Dahra #Egypte #Soudan #Roumanie #Louis_Dreyfus_Company #Guido_De_Nadai #Chypre #Mohamed_Elsarky #Kellog’s #Godiva_chocolatier #United_biscuits #Danone #Gil_Adotevi #Chili

  • #Macron, #Attal, et #Darmanin font dans leur culotte, et "ils assument" #mdr #guignolos #bouses #tartuffes #petites_bites #politique #France #agriculture #Europe #monde #miniature #microcosmos #minimundus #seenthis #vangauguin

    https://www.politis.fr/articles/2024/01/colere-des-agriculteurs-le-deux-poids-deux-mesures-assume-du-gouvernement

    "Colère des agriculteurs : le « deux poids deux mesures » assumé du gouvernement

    Le gouvernement, Gérald Darmanin en tête, se montre indulgent envers les agriculteurs en colère. Cette approche met en lumière une réelle partialité, suscitant des questions sur l’équité dans le traitement des différentes expressions de mécontentement social. (...)"

  • Small modular nuclear reactors : a history of failure
    by Jim Green | Jan 17, 2024
    https://www.climateandcapitalmedia.com/small-modular-nuclear-reactors-a-history-of-failure

    Global hype around small reactor designs to replace fossil fuels is on the rise everywhere but few, if any, are likely to ever be built.

    Article intéressant qui passe en revue de très nombreuses annonces de projets de petits réacteurs nucléaires, pour conclure qu’en réalité, ils ne débouchent jamais sur des réalisations en raison de leur prix trop élevés. Même lorsque d’importantes subventions publiques sont proposées.
    #nucléaire #petits_réacteurs_modulaires #SMR

  • regardait les mioches déambuler par grappes à la sortie de la Communale (non, elle ne fait pas la sortie des écoles, elle est viscéralement pédophobe et passait juste par là à la mauvaise heure sans faire exprès) et se demandait comment le port d’un uniforme pourra les rendre plus identiques qu’iels ne le sont déjà. Encore chez les assignées « filles » ça va, il y a quelques minuscules nuances, mais chez les assignés « garçons » bon courage pour les différencier les uns des autres — on dirait des photocopies.

    Non, ce qu’il faudrait c’est au contraire les pucer et leur peindre des grands numéros dans le dos ; ce serait plus simple pour le référencement.

    #PetiteIdéeGratosPourNotreBeauPrésidentChéri.

    • Au collège, c’était frappant, c’était pratiquement un uniforme. Même les cheveux étaient pareils : touffe décolorée sur le dessus et tondue sur les côtés pour les garçons, toutes les nuances de noirs et anthracite foncé, avec jean coupe et usure identique et les filles, toutes avec les cheveux longs et lissés, un chouia plus de couleurs mais pas trop.

      Ma fille était vachement ostracisée avec ses cheveux courts et ses vêtements non seulement très colorés, mais en plus customisés.

  • Nos chats sont-ils des terreurs écologiques ?

    “Les chats sont une #catastrophe pour la #biodiversité. Les chiens sont une catastrophe pour le climat” a affirmé le 13 décembre, sur TF1, le chercheur médiatique #François_Gemenne, ancien membre du GIEC et enseignant à Science Po Paris. En disant cela, il a admis lui-même aborder un sujet sensible, susceptible de déclencher la colère des téléspectateurs. Et cela n’a pas loupé : la séquence a été largement commentée sur les réseaux sociaux, beaucoup de gens – y compris d’autres écologistes – rappelant qu’il y avait beaucoup à faire, par exemple s’en prendre aux grands bourgeois et leur train de vie délirant, avant de s’intéresser à l’impact de nos chats et de nos chiens sur la biodiversité et le #climat. Oui mais ne serions-nous pas des défenseurs de la planète en carton-pâte si nous ne considérions pas honnêtement la #responsabilité des animaux les plus populaires et les plus mignons sur ce qu’il nous arrive ?

    1 – La destruction de la biodiversité a plusieurs causes

    Quand on pense à l’écologie, on pense d’abord au sujet du réchauffement climatique dû à l’impact des activités humaines carbonés. Mais il y a d’autres sujets à prendre en compte parmi lesquels la baisse très rapide de la biodiversité (quantité d’espèces différentes sur la planète). Elle est en chute libre car de nombreux êtres vivants disparaissent du fait de la transformation, par les activités humaines, de leur environnement. C’est pourquoi on parle d’une “#sixième_extinction_de_masse” : une grande partie des espèces qui peuplent la terre pourrait disparaître prochainement. Selon l’Office Français de la Biodiversité, un établissement public créé récemment pour promouvoir la sauvegarde de ces espèces, 68 % des populations de vertébrés (mammifères, poissons, oiseaux, reptiles et amphibiens) ont disparu entre 1970 et 2016, soit en moins de 50 ans. Et rien qu’en 15 ans, 30% des oiseaux des champs ont disparu, ainsi que 38% des chauves-souris. Si jamais on s’en fout royalement de ces animaux, on peut se rappeler que tout est lié et que ces disparitions ont des conséquences sur nos vies, car chacune de ces espèces jouent un rôle au sein d’un #écosystème, et que certaines peuvent ensuite prendre le dessus et devenir envahissantes…

    La France a un rôle particulier à jouer car elle est le 6e pays du monde à héberger des espèces menacées. Qu’est-ce qui, chez nous, contribue à cette #extinction_de_masse ? Comme partout, le #changement_climatique joue un rôle important en déstabilisant la vie et la reproduction de nombre d’espèces. Ensuite, la pollution de l’air, de l’eau et du sol est considérée par l’ONG WWF comme la première cause de perte de biodiversité dans le monde. On peut également citer la transformation de l’usage des #sols, avec le développement de l’agriculture intensive et l’étalement urbain : le premier transforme la végétation, par exemple en détruisant les #haies pour augmenter les surfaces cultivables par des engins de plus en plus gros, ce qui dégomme des lieux de vie pour nombres d’espèces, en particulier les insectes et les rongeurs, dont la disparition affecte ensuite les oiseaux.

    Il faut aussi mentionner la surexploitation des animaux, via la #pêche_intensive mais aussi la #chasse, bien que sur cette dernière activité, le débat fasse rage dans le cas de la France : les défenseurs de la chasse estiment qu’elle contribue à préserver la biodiversité, puisque les chasseurs “régulent” certaines espèces potentiellement envahissantes et relâchent dans la nature des animaux qu’ils élèvent le reste de l’année. Les lobbies de chasseurs dépensent beaucoup d’argent et de temps pour imposer cette réalité dans le débat public, allant jusqu’à dire que les chasseurs sont “les premiers écologistes de France”, mais les faits sont têtus : seuls 10% des oiseaux relâchés par leurs soins survivent car ils sont désorientés, incapables de se nourrir correctement et pas autonome. Quiconque vit en zone rurale connaît le spectacle navrant de ces faisans et autres bécasses qui errent au bord des routes, attirés par la présence humaine, en quête de nourriture… Quant à la “régulation” des #espèces_invasives, il semble que cela soit en grande partie une légende urbaine : “La grande majorité des animaux tués à la chasse, approximativement 90 ou 95 % n’ont pas besoin d’être régulés” explique le biologiste Pierre Rigaud au Média Vert.

    2 – Les espèces invasives, produits du #capitalisme mondialisé

    Mais dans la liste des causes de la baisse de la biodiversité, il faut mentionner l’impact très important des espèces invasives introduites par l’homme dans la nature – on arrive à nos chatons. Dans son dernier rapport, la Plateforme intergouvernementale scientifique et politique sur la biodiversité et les services écosystémiques (IPBES, qui représente 130 gouvernements et publie des rapports réguliers) établit que la “présence cumulative d’#espèces_exotiques s’est accrue de 40% depuis 1980, et est associée à l’intensification des échange commerciaux ainsi qu’à la dynamique et aux tendances démographiques”. Parce que la “#mondialisation” est passée par là, ou, pour le dire clairement, que la #colonisation et la mise sous régime capitaliste du monde entier a eu lieu au cours du XXe siècle, des espèces circulent d’un continent à l’autre et parviennent dans des endroits où elles commettent de gros dégâts sur les espèces endémiques (“endémique” : qui vit dans un lieu donné. S’oppose à “exotique”).

    Le cas du #frelon_asiatique est très symptomatique : cette espèce a débarqué en France, vraisemblablement dans un conteneur venu de Chine, il y a 20 ans et nuit depuis largement à la biodiversité, notamment aux abeilles. 2004, c’est le début de l’intensification des #échanges_commerciaux avec l’Asie du fait de la délocalisation de toute une partie de la production industrielle en Chine, au grand bonheur des entreprises européennes et de leurs profits. Au passage, ils nous ont ramené le frelon.

    Mais nos animaux préférés seraient aussi en cause : les chats sont des mangeurs d’#oiseaux et ont effectivement, comme le dit François Gemenne, une part de responsabilité dans la baisse de la biodiversité… Ce qu’il ne dit pas, c’est qu’ils provoquent autant de mortalité en France et en Belgique que… nos #fenêtres, contre lesquelles les oiseaux se cognent et meurent… Selon le Muséum d’Histoire Naturelle, interrogé par France Info, les chats ne sont pas les principaux responsables de la disparition des oiseaux car ”Leur raréfaction tient avant tout à la disparition des #insectes et la perte d’habitat. Le chat représente toutefois une pression supplémentaire importante sur une population fragilisée.” Ce serait en #ville et sur les #îles que l’impact des chats serait important, et non dans les campagnes, où il est “un prédateur parmi d’autres”.

    3 – Accuser les chats pour préserver les capitalistes ?

    Lorsque l’on regarde les principaux facteurs de chute de la biodiversité dans le monde, on constate que tout à avoir des décisions humaines. Quel type d’#agriculture développons-nous ? Comment construisons-nous nos villes ? A quelle fréquence faisons-nous circuler les marchandises et les animaux entre les différentes parties du monde ? Quelles activités polluantes décidons-nous de réduire et lesquelles nous choisissons de garder ? On est donc très loin d’une simple équation scientifique : face à un problème comme la sixième extinction de masse, ce sont des décisions collectives potentiellement très conflictuelles que nous devons prendre. Qui arrête son activité ? Qui la poursuit ? Qui va continuer à gagner de l’argent ? Qui va devoir perdre une activité très rentable ?

    Puisque le pouvoir, en France comme dans le monde, appartient aux défenseurs du capitalisme, la décision est pour l’instant la suivante : ce qui génère du profit doit continuer à pouvoir générer plus de profit. L’#agriculture_intensive doit donc continuer et se développer. C’est pourquoi, depuis 50 ans, 70% des haies et des #bocages, refuges de biodiversité, ont disparu, et le phénomène s’accélère. Car les lobbies de l’#agriculture_industrielle ont sévi et, encore récemment, ont obtenu de pouvoir continuer leur jeu de massacre. La #pollution des sols et de l’air ? Elle continue. Le #glyphosate, cet #herbicide qui dégomme les insectes et rend les animaux malades, a été autorisé pour 10 années de plus par l’Union Européenne, pour continuer à produire davantage sur le plan agricole, une production qui sera en grande partie exportée et qui contribuera au grand jeu des profits de l’#agroalimentaire

    Les villes et les villages peuvent continuer de s’étendre et c’est flagrant en zone rurale : puisque le marché du logement est dérégulé et qu’il est plus profitable de construire sur terrain nu que de réhabiliter de l’ancien dans les centre-bourgs, les périphéries des petites villes s’étendent tandis que les centres se meurent… L’#étalement_urbain, qui fait reculer la biodiversité, s’étend sous la pression du #marché_immobilier. Là encore, c’est un choix en faveur du capitalisme et au détriment de la biodiversité… Et inutile de parler du réchauffement climatique : la COP 28, dont la délégation française comprenait Patrick Pouyanné, le patron de TotalEnergies, s’est soldée par un “accord pitoyable”, pour reprendre les mots de Clément Sénéchal, spécialiste du climat, dans Politis. Mais François Gemenne, lui, s’en est réjoui avec enthousiasme.

    Le consensus des dirigeants du monde entier est donc le suivant : il ne faut donner aucune véritable contrainte aux marchés qui prospèrent sur la destruction des espèces vivantes sur cette planète. Et en France, puissance agricole, ce constat est encore plus flagrant.

    Alors, que nous reste-t-il ? Les #décisions_individuelles. Ce pis-aller de l’#écologie_bourgeoise qui consiste finalement à dire : “bon, on a tranché, on ne va pas toucher au train-train du capitalisme qui nous plaît tant mais par contre on va vous demander à vous, citoyens, de faire des efforts pour la planète”. Mais attention : sans trop mentionner la consommation de #viande, le seul “#petit_geste” qui a un impact très significatif parce que la consommation de viande est en moyenne la troisième source d’émission carbone des Français (avant l’avion). Les industriels de la viande veillent au grain et ne veulent surtout pas qu’on se penche là-dessus.

    Parler des animaux domestiques s’inscrit dans cette veine-là. Bien sûr que, dans l’absolu, les chats et les chiens ont un impact sur la biodiversité et sur le climat. Car tout a un #impact. Mais d’une part cet impact reste marginal et d’autre part il est non systémique. Certes, le capitalisme a trouvé un bon filon pour faire du profit sur le dos de nos amours pour ces animaux qui apportent de la joie et du bonheur chez de nombreuses personnes, il suffit d’entrer dans une animalerie pour cela : la diversité des aliments, des jouets, des accessoires, le tout dans des couleurs chatoyantes pour appâter le maître bien plus que le chien… Mais lorsque l’on parle des chats qui mangent des oiseaux, on ne parle pas du capitalisme. Pire, on en profite pour masquer l’impact bien plus significatif de certaines activités. Les chasseurs, qui dépensent de lourds moyens pour influencer le débat public et ne reculent devant aucun argument ne s’y sont pas trompés : #Willy_Schraen, le président de la Fédération Nationale des Chasseurs (FNC) a tenté d’orienter, en 2020, l’attention du public sur l’impact des chats, qu’il accuse, ironie du sort, de trop chasser et qu’il a appelé à piéger. Aucune solidarité dans la profession !

    4 – Sortir du discours écolo bourgeois : un mode d’emploi

    Les chats sont bel et bien des chasseurs mais il existe des solutions pour limiter leur impact sur la biodiversité : stériliser le plus souvent possible pour éviter leur prolifération, les faire sortir uniquement à certaines heures de la journée ou… jouer davantage avec eux durant la journée. Pas sûr que les mêmes solutions fonctionnent pour réduire l’impact de la FNSEA, de TotalEnergies, de Lactalis, de la CMA CGM et de tous les milliardaires français : le patrimoine de 63 d’entre eux, en France, émettent autant de gaz à effet de serre que la moitié de la population française.

    Pour amuser vos petites boules de poils, la rédaction de Frustration recommande l’arbre à chat. Pour amuser vos petits milliardaires on recommande la visite de l’épave du Titanic dans un sous-marin peu étanche

    Comment utiliser efficacement son temps d’antenne quand on est un scientifique médiatique comme #François_Gemenne ? On peut se faire mousser en se payant un petit bad buzz par la #culpabilisation des individus possédant un chat. Ou bien on peut prioriser les sujets, étant entendu que dans l’absolu, oui, toutes les activités humaines polluent et ont un impact sur la biodiversité. Comment procéder ?

    - Aller du plus systémique au moins systémique : critiquer le capitalisme (ou ses sous-catégories : marché immobilier, #agro-industrie, industrie pétrolière etc.), qui conduit les entreprises et les individus à chercher la production permanente et l’exploitation permanente dans un monde aux ressources finies, plutôt que les chats, qui se contentent de vivre et de paresser sans chercher à performer ou faire preuve de leur respect de la “valeur travail”.
    - Aller du plus impactant au moins impactant : oui, la nourriture des chiens pollue, mais l’industrie de la viande dans le monde est une bombe climatique. Mais peut-être est-il moins gênant de vexer Frolic et Royal Canin que Fleury Michon et Fabien Roussel ?
    – Aller du plus superflu au moins superflu : dans l’ordre, commencer à interdire les yachts et les vols en jet privé avant de s’en prendre à la voiture individuelle serait une bonne chose. Sans quoi, personne ne comprend la demande d’un effort à forte conséquence sur son mode de vie quand, pour d’autres, ce sont les loisirs qui seraient visés.

    Ensuite, puisqu’il faut trancher, que ces choix se fassent démocratiquement. Pour préserver la biodiversité, préfère-t-on interdire la chasse ou limiter le nombre de chats par personne ? Veut-on sortir du modèle agricole productiviste orienté vers la production de viande ou interdire les chiens ? Et si on rappelait au passage que les #animaux_de_compagnie sont parfois la seule famille des personnes seules et fragilisées, notamment parmi les personnes pauvres, et qu’ils fournissent des services à la population, non quantifiable sur le plan financier ?

    Bref, préférez-vous en finir avec les chatons ou avec la bourgeoisie ? De notre côté, la réponse est toute trouvée.

    https://www.frustrationmagazine.fr/chats-ecologie

    #chats #chat #écologie #animaux_domestiques #industrie_agro-alimentaire #priorité #à_lire

  • Abandon du projet d’autoroute Toulouse Castres A69/A680 - Abandon du projet d’autoroute Toulouse Castres A69/A680 - Plateforme des pétitions de l’Assemblée nationale
    https://petitions.assemblee-nationale.fr/initiatives/i-1999

    #pétition

    Texte rédigé par le collectif La Voie Est Libre

    Le projet d’autoroute Toulouse Castres, déclaré d’utilité publique par le gouvernement à travers le décret n° 2018 638 du 19 juillet 2018, vise à relier Castres à Toulouse par la construction d’une autoroute de 53 km (A69) entre Castres et Verfeil prolongée par une bretelle de 9 km (A680) rejoignant l A68 (Toulouse-Albi).
    Il entrainerait l’artificialisation de plus de 366 hectares de terres agricoles et d’espaces naturels.
    Il a fait l’objet de nombreux avis critiques ou négatifs d’autorités indépendantes dont :
    – Autorité environnementale,
    – Commissariat Général à l’Investissement,
    – Conseil national de la protection de la nature,
    – ...
    Et des milliers d’avis négatifs de citoyens lors des enquêtes publiques.

  • Désespoirs
    https://www.frustrationmagazine.fr/desespoir

    Connaissez vous aussi ce sentiment de vivre l’une des semaines les plus effroyables, injustes et scandaleuses pour vous et vos semblables – camarades de classe sociale, frères et sœurs humains d’autres continents, plus pauvres et plus malheureux que vous… ? Avant de vous rappeler que vous aviez déjà eu ce sentiment une ou deux semaines […]

    • Trop longtemps, la santé mentale a été négligée par les organisations de gauche. Trop de syndicalistes ou de militants sont gagnés par la dépression ou l’anxiété sans que leurs proches « camarades » ne s’en soucient. Partis politiques, ONG ou associations sont d’ailleurs de plus en plus semblables à n’importe quelle entreprise qui pratique harcèlement, management par le stress et chantage à la « cause » qui justifierait tout. Ces usines à mal être existentiel s’accompagnent souvent de réunions de militants bénévoles où l’agressivité et le jugement à l’emporte-pièce règnent. Il est temps de changer ça et de considérer qu’aller bien, ou du moins pas trop mal, est une forme de résistance à la bourgeoisie qui nous préfère tristes et seuls. Ne lui faisons pas ce plaisir, même lorsque les nuages s’amoncèlent et que l’hiver vient.

    • Péché ultime de la vie citoyenne, le « repli sur soi » consiste pourtant à ne pas s’oublier, à s’épargner un peu de la violence du monde, à se dire qu’après tout, le mieux que l’on puisse faire, dans ces temps troublés, est d’offrir de l’amour et de la protection à ses proches. S’occuper des autres et de soi n’a rien d’absurde ni de honteux.

      une version enchantée du repli sur soi.

      #petit_bourgeois

  • #Chartreuse : un #marquis privatise la #montagne, les randonneurs s’insurgent

    Des centaines de personnes ont manifesté dans le massif de la Chartreuse contre un marquis qui interdit de traverser ses terres. Elles réclament un véritable #droit_d’accès à la nature.

    « Entends nos voix, #marquis_de_Quinsonas… » Malgré la fraîcheur de cette matinée de dimanche, ils étaient plusieurs centaines, jeunes et vieux, à être venus pousser la chansonnette au #col_de_Marcieu (#Isère), aux pieds des falaises du massif de la Chartreuse. L’objet de leur chanson et de leur colère ? #Bruno_de_Quinsonas-Oudinot, marquis et propriétaire d’une zone de 750 hectares au cœur de la #Réserve_naturelle_des_Hauts_de_Chartreuse, et sa décision, il y a quelques semaines, d’en fermer l’accès aux randonneurs.

    C’est fort d’une loi du 2 février 2023, qui sanctionne le fait de pénétrer sans autorisation dans une « propriété privée rurale et forestière » [1] que le marquis a fait poser pendant l’été des panneaux « #Propriété_privée » aux abords de son terrain. Et si ces panneaux changent la donne, c’est parce qu’ils sont désormais suffisants pour verbaliser le randonneur qui voudrait entrer ici, chamboulant ainsi des siècles de culture de partage des montagnes.

    Immédiatement après la découverte de ces panneaux, une #pétition rédigée par le #collectif_Chartreuse a été publiée en ligne, réclamant « la liberté d’accès à tout-e-s à la Réserve naturelle des Hauts de Chartreuse » et récoltant plus de 35 000 signatures en quelques semaines (https://www.change.org/p/pour-la-libert%C3%A9-d-acc%C3%A8s-%C3%A0-tout-e-s-%C3%A0-la-r%C3%A9serve-nat). Ciblant le « cas » de la Chartreuse, elle s’oppose « plus globalement à l’accaparement du milieu naturel par quelques personnes pour des objectifs financiers, au détriment du reste de la population », souligne le collectif.

    Car c’est aussi ce qui cristallise la grogne des manifestants en Chartreuse. Tout en fermant l’#accès de son terrain aux #randonneurs et autres usagers de la montagne, le marquis de Quinsonas y autorise des parties de #chasse_privée au chamois, autorisées par le règlement de la #réserve_naturelle, que paient de fortunés clients étrangers.

    « C’est complètement hypocrite »

    « C’est complètement hypocrite », disent Stan et Chloé, deux grenoblois âgés d’une trentaine d’années, alors que le marquis avait justifié sa décision par la nécessité de protéger la faune et la flore de son terrain des dommages causés par le passage des randonneurs.

    « On n’a rien contre les chasseurs, et les #conflits_d’usage ont toujours existé. Mais on dénonce le fait qu’il y a deux poids, deux mesures », explique Adrien Vassard, président du comité Isère de la Fédération française des clubs alpins et de montagne (FFCAM), venu « déguisé » en marquis pour mieux moquer le propriétaire des lieux.

    Beaucoup de manifestants craignent que l’initiative du marquis ne fasse des émules parmi les propriétaires privés d’espaces naturels, alors que 75 % de la forêt française est privée. « On n’est pas là pour remettre en cause la propriété privée, mais un propriétaire ne peut s’octroyer le droit d’accès à toute une montagne, il faut laisser un #droit_de_circulation », martèle Denis Simonin, habitant du massif et bénévole du collectif Chartreuse.

    Propriété privée contre liberté d’accéder à la nature, faudra-t-il choisir ? Les députés Les Écologistes de l’Isère Jérémie Iordanoff et de la Vienne Lisa Belluco ont en tout cas annoncé leur volonté de déposer un projet de loi pour abroger la contravention instaurée par la loi de février 2023, pour ensuite engager « un travail commun vers un vrai droit d’accès à la nature ». Rejoignant les revendications des manifestants, toujours en chanson : « Sache que les gueux ne s’arrêt’ront pas là, notre droit d’accès, oui on l’obtiendra ! »

    https://reporterre.net/Chartreuse-un-marquis-privatise-la-montagne-les-randonneurs-protestent
    #privatisation #résistance

    • Dans le massif de la Chartreuse, #mobilisation contre la « privatisation » de la montagne

      Fort d’une nouvelle législation, le propriétaire d’une zone de 750 hectares dans une réserve naturelle de la Chartreuse a décidé d’en restreindre l’accès aux randonneurs. Partisans d’un libre accès à la nature et défenseurs de la propriété privée s’affrontent.

      « Chemin privé – Passage interdit. » Tous les 500 mètres, le rouge vif des petits panneaux tranche sur le vert des arbres ou le gris de la roche. Les indications parsèment le chemin qui mène jusqu’à la tour Percée, une immense arche rocheuse émergeant à environ 1 800 mètres d’altitude, au cœur de la réserve naturelle des Hauts de Chartreuse, à quelques kilomètres de Grenoble (Isère). Ces panneaux, tout récemment posés, cristallisent depuis quelques semaines un conflit entre les différents usagers de la montagne… et ses propriétaires.

      (#paywall)
      https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/10/15/dans-le-massif-de-la-chartreuse-mobilisation-contre-la-privatisation-de-la-m

    • .... « Chemin privé – Passage interdit. » Tous les 500 mètres, le rouge vif des petits panneaux tranche sur le vert des arbres ou le gris de la roche. Les indications parsèment le chemin qui mène jusqu’à la tour Percée, une immense arche rocheuse émergeant à environ 1 800 mètres d’altitude, au cœur de la réserve naturelle des Hauts de Chartreuse, à quelques kilomètres de Grenoble (Isère).
      ... Théoriquement, un randonneur qui se rendrait à la tour Percée pourrait donc désormais recevoir une amende allant jusqu’à 750 euros.
      ... le conflit en Chartreuse est devenu « le cas d’école d’une situation qui va se développer sur tout le territoire ». « L’intention affichée du texte, de limiter l’engrillagement pour permettre la circulation de la faune sauvage, était bonne », souligne Jérémie Iordanoff. Mais, quand 75 % de la forêt est privée, ce n’est pas acceptable de dire aux gens qu’ils ne peuvent se promener que sur 25 % du territoire. »
      ... Dans les faits, l’application de la loi du 2 février et de la contravention qu’elle instaure s’avère complexe. Selon les textes, seuls les gendarmes et les gardes privés, agréés par la préfecture puis assermentés par le tribunal judiciaire, peuvent verbaliser les randonneurs au titre de la violation de la propriété privée rurale et forestière. Un sujet qui a pu faire naître des tensions autour de la tour Percée, des chasseurs ayant reçu la mission – informelle – de surveiller la propriété. Selon les informations du Monde, à l’heure actuelle, aucun garde privé n’a été dûment habilité pour contrôler le terrain du marquis.

      La tour Percée est une double arche de 30 mètres de haut, située sur la parcelle du marquis de Quinsonas-Oudinot, à 1 800 mètres d’altitude. Le 8 octobre 2023. SOPHIE RODRIGUEZ POUR « LE MONDE »

      avec une série de photos

      https://archive.ph/yCAI1

      #forêts #propriété_foncière

  • Raconter le déclin de la « petite bourgeoisie culturelle », Élie Guéraut
    https://theconversation.com/raconter-le-declin-de-la-petite-bourgeoisie-culturelle-215318


    Un vernissage devant un local associatif. J.F., Fourni par l’auteur

    Assiste-t-on à la remise en cause progressive d’un choix de société qui plaçait la culture, l’émancipation par la connaissance et la démocratisation du savoir au cœur d’un projet politique ? À partir d’une enquête au long cours dans une ville moyenne du centre de la France, mon ouvrage récemment paru (Raisons d’agir, 2023) propose de raconter le déclin d’une fraction particulière de la « petite bourgeoisie » dont l’ascension sociale a reposé, dès les années 1970, sur l’acquisition de #capital_culturel plus que sur l’accumulation de capital économique, sur les #diplômes scolaires plus que sur l’augmentation de ses revenus.

    Cette #petite_bourgeoisie_culturelle connaît aujourd’hui une importante déstabilisation sous les effets conjugués du désengagement de l’État, des défaites politiques de la gauche ou de l’affaiblissement du poids de la culture savante au sein des classes supérieures, contribuant à faire émerger, chez ses membres, un sentiment de déclassement. Raconter l’histoire de ce groupe social permet ainsi de rendre compte des dynamiques qui fragilisent le pôle culturel de l’espace social.

    À l’origine de la « petite bourgeoisie culturelle »

    Dans les années 1960 et 1970, au bénéfice de la croissance économique de l’après-guerre, des politiques éducatives et culturelles, et plus généralement du développement de l’État social, un ensemble de groupes sociaux ayant en commun une position intermédiaire entre les classes populaires et la bourgeoisie émerge massivement dans l’espace public.

    « Nouvelles couches moyennes » ou « petite bourgeoisie nouvelle », cet ensemble hétérogène est composé des professions salariées des secteurs éducatif (professeurs et instituteurs, conseillers d’orientation, etc.), culturel (bibliothécaires, artistes, intermédiaires du travail artistique, etc.) et social (travailleurs sociaux, psychologues, etc.) ou encore des « professions de présentation et de représentation » pouvant relever de l’indépendance ou du secteur privé (cadres commerciaux, designers, publicitaires, etc.). Ce périmètre élargi réunit des groupes sociaux parfois éloignés dans le monde du travail, qui peuvent néanmoins être rapprochés sous l’angle de leur style de vie, tourné vers des formes de #culture en « voie de consécration », c’est-à-dire dont la valeur, le plus souvent montante, n’est pas encore stabilisée (bande-dessinée, le cinéma, le jazz, le rock).

    #sociologie #livre

  • Goethe, Faust, 1790, Hier bin ich Mensch, hier darf ich’s sein !
    https://www.projekt-gutenberg.org/goethe/faust1/chap005.html


    Carl Spitzweg, Der Sonntagsspaziergang

    En 1790 une énorme distance sépare Weimar et Constantinople. C’est la perspective des citadins dans le Faust de Goethe. Dans la scène de balade du dimanche un bourgeois se montre très content de ce fait. En province on voudrait encore aujourd’hui revenir à cette époque dorée quand rien ne dérangeait son calme. Ce sentiment est au coeur de toute politique réactionnaire. La peinture de Carl Spitzweg reprend le même sujet 50 ans plus tard.

    Bürger:

    Nichts Bessers weiß ich mir an Sonn- und Feiertagen
    Als ein Gespräch von Krieg und Kriegsgeschrei,
    Wenn hinten, weit, in der Türkei,
    Die Völker aufeinander schlagen.
    Man steht am Fenster, trinkt sein Gläschen aus
    Und sieht den Fluß hinab die bunten Schiffe gleiten;
    Dann kehrt man abends froh nach Haus,
    Und segnet Fried und Friedenszeiten.

    Dans le même acte un exemple d’image pastorale qui exprime la nostalgie verte d’une époque perdue. Goethe ne cesse de fournir les éléments incontournables pour comprendre le caractère allemand profondément anxieux et conservateur.

    ... encore six mois ...

    Faust:

    Vom Eise befreit sind Strom und Bäche
    Durch des Frühlings holden, belebenden Blick;
    Im Tale grünet Hoffnungsglück;
    Der alte Winter, in seiner Schwäche,
    Zog sich in rauhe Berge zurück.
    Von dorther sendet er, fliehend, nur
    Ohnmächtige Schauer kornigen Eises
    In Streifen über die grünende Flur;

    Aber die Sonne duldet kein Weißes,
    Überall regt sich Bildung und Streben,
    Alles will sie mit Farben beleben;
    Doch an Blumen fehlt’s im Revier
    Sie nimmt geputzte Menschen dafür.

    Kehre dich um, von diesen Höhen
    Nach der Stadt zurückzusehen.
    Aus dem hohlen finstern Tor
    Dringt ein buntes Gewimmel hervor.
    Jeder sonnt sich heute so gern.

    Sie feiern die Auferstehung des Herrn,
    Denn sie sind selber auferstanden,
    Aus niedriger Häuser dumpfen Gemächern,
    Aus Handwerks- und Gewerbesbanden,
    Aus dem Druck von Giebeln und Dächern,
    Aus der Straßen quetschender Enge,
    Aus der Kirchen ehrwürdiger Nacht
    Sind sie alle ans Licht gebracht.

    Sieh nur, sieh! wie behend sich die Menge
    Durch die Gärten und Felder zerschlägt,
    Wie der Fluß, in Breit und Länge
    So manchen lustigen Nachen bewegt,
    Und bis zum Sinken überladen
    Entfernt sich dieser letzte Kahn.
    Selbst von des Berges fernen Pfaden
    Blinken uns farbige Kleider an.

    Ich höre schon des Dorfs Getümmel,
    Hier ist des Volkes wahrer Himmel,
    Zufrieden jauchzet groß und klein:
    Hier bin ich Mensch, hier darf ich’s sein!

    #auf_deutsch #poésie #théâtre #printemps #petite_bourgeoisie

    • il est à noter que Goethe ne fait pas mention du faust dans Campagne de France ; on y trouve la trace du maire de Varenne qui proceda à l’arrestation de Louis xvi - dans la prison de Verdun - Huffer présente il les documents relatifs à cet extraordinaire personnage dans Quellen zur Geschichte etc ?

  • Crèches : « La démarchandisation de la petite enfance apparaît comme une impérieuse nécessité »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/09/24/creches-la-demarchandisation-de-la-petite-enfance-apparait-comme-une-imperie

    La multiplication des incidents, dont le décès d’une fillette survenu dans une #crèche lyonnaise en juin, a mis en lumière les dérives de l’ouverture de ce secteur aux acteurs privés lucratifs. Préalable à l’élaboration d’un véritable service public de la petite enfance, le député LFI-Nupes William Martinet réclame, dans une tribune au « Monde », l’ouverture d’une commission d’enquête parlementaire.

    Les Clochettes, La Maison des kangourous, Lapin et compagnie… Ce sont de doux noms qu’arborent les vitrines des #crèches_privée_ lucratives, où sont déposés, tous les matins, près de cent mille jeunes #enfants. En arrière-boutique, l’ambiance est moins féerique.
    Des #fonds_d’investissement capitalisés à hauteur de plusieurs milliards d’euros tirent les ficelles. Dans le portefeuille de ces fonds, les crèches cohabitent avec des pipelines en mer du Nord, une autoroute en Pologne ou encore de la fibre optique au Pays-Bas. Entre ces activités, un seul point commun : l’exigence d’un haut niveau de rentabilité pour satisfaire les investisseurs.

    Jusqu’à récemment, le business des crèches agissait dans l’ombre. Mais la multiplication des incidents, dont le drame qui coûta la vie à une fillette dans une crèche lyonnaise en juin, a fini par attirer l’attention. Rien qu’en cette rentrée deux livres-enquêtes accumulent les témoignages et décrivent un système où la recherche de profit conduit à la « #maltraitance économique » des enfants : des repas rationnés, des couches qui ne sont pas changées, des professionnelles épuisées, en sous-effectif et insuffisamment qualifiées. Les témoignages sont glaçants et inquiètent, à juste titre, les parents.

    Généreux crédit d’impôt

    Ces scandales sont l’aboutissement d’un long processus. Il y a vingt ans, les pouvoirs publics ont fait le choix d’ouvrir le secteur de la petite enfance aux acteurs privés lucratifs. Concrètement, les caisses d’allocations familiales (CAF) ont été sommées de financer indifféremment gestionnaires publics et privés. Un généreux #crédit_d’impôt a été créé pour compléter le modèle économique des entreprises de crèches. C’est le paradoxe de cette privatisation : le business des crèches se développe parce qu’il est biberonné à l’#argent_public.

    Aujourd’hui, la marchandisation de la #petite_enfance est un train fou que rien ne semble arrêter. Les gouvernements successifs, incapables de répondre à la pénurie de modes de garde, y ont vu un moyen de se décharger de leur responsabilité. Les entreprises de crèches se sont engouffrées dans un système qui leur assurait un haut niveau de profitabilité, jusqu’à 40 %, selon un rapport de l’inspection générale des affaires sociales (IGAS) publié en 2017.

    Résultat, depuis dix ans, l’essentiel des places de crèches ouvertes l’a été par le secteur privé lucratif. Autant d’argent public gâché car utilisé au profit d’une machine à cash plutôt que de l’épanouissement des jeunes enfants.
    Le lobby des entreprises de crèche n’a eu de cesse de revendiquer, d’obtenir et de mettre en œuvre avec empressement des normes plus faibles, plus souples, moins « contraignantes ». Le résultat est un grand nivellement par le bas, y compris chez certaines collectivités qui ont opportunément sous-traité au privé pour réduire leurs dépenses. La dégradation des conditions d’accueil a été encouragée par la difficulté de la protection maternelle infantile (#PMI) à exercer sa mission de contrôle sur un secteur privé en plein boom.

    Si les enfants sont les premières victimes de ce business, les professionnelles n’en subissent pas moins les conséquences. Elles sont presque exclusivement des #femmes, majoritairement payées au smic, aux conditions de travail épuisantes, mises malgré elles dans la position de rouage d’une machine maltraitante.

    Transparence

    Dans le privé lucratif, une #auxiliaire_de_puériculture avec dix ans d’ancienneté travaille pour un salaire inférieur de 8,1 % à celui du secteur associatif et de 12,6 % à celui du public. Il faut rendre hommage à ces femmes qui, dans leur extrême majorité, malgré les difficultés de leurs conditions de travail, s’efforcent de protéger les enfants de la pression financière qui pèse sur leurs épaules.

    La #démarchandisation de la petite enfance apparaît désormais comme une impérieuse nécessité. Il est temps de construire un véritable service public, gratuit, capable de répondre aux attentes des familles, organisé pour répondre aux besoins des enfants et s’appuyant sur des professionnelles qualifiées et enfin valorisées.

    Pour corriger ce système et entamer une transition, il faut d’abord en faire toute la transparence. Une demande de commission d’enquête parlementaire a été déposée dès le mois d’avril par le groupe parlementaire La France insoumise. Elle peut devenir une démarche transpartisane, faisant écho à l’émotion qui s’est exprimée dans l’ensemble des groupes politiques.

    Les jeunes enfants ne parlent pas, ou si peu, lorsqu’ils subissent des maltraitances. Mais grâce au témoignage des #parents et aux enquêtes des journalistes, désormais, nous savons. Ne nous rendons pas complices en détournant le regard. Agissons.

    aussi :
    Petite enfance : un rapport de l’Igas alerte sur la « maltraitance institutionnelle » pesant sur le personnel des crèches
    « Après le scandale des Ehpad, assurons-nous du bien-être des #bébés accueillis »
    Crèches : le secteur privé lucratif dans le viseur de deux sévères #livres-enquêtes
    « Nos crèches brûlent, et le président de la République regarde ailleurs »

    #machine_à_cash #salaire #travail_des_femmes #femmes

  • La crainte d’un « Orpéa » des crèches privées électrise lobbyistes et politiques - La Lettre A
    https://www.lalettrea.fr/action-publique_lobbying/2023/08/30/la-crainte-d-un-orpea-des-creches-privees-electrise-lobbyistes-et-politiqu

    Trois livres, dont celui du journaliste Victor Castanet, rendu célèbre par son enquête sur les Ehpad d’Orpéa, menacent les grands réseaux de crèches privées. La ministre des solidarités Aurore Bergé prépare sa réplique.

    Crèches : comment l’essor de groupes privés a bousculé le secteur de la #petite_enfance
    https://www.francetvinfo.fr/societe/education/enquete-franceinfo-creches-comment-l-essor-de-groupes-prives-a-bouscule

    Les méthodes des établissements privés, arrivés en France au début des années 2000 et boostés par des subventions publiques, sont de plus en plus critiquées.

    Doris Aquilina a mis du temps à identifier le problème. « Depuis plusieurs mois, ma fille avait très faim quand je venais la récupérer. Elle réclamait du lait, des gâteaux », explique-t-elle, nerveuse. Début 2023, elle se renseigne auprès d’autres parents, qui partagent le constat : leurs enfants sont aussi affamés en sortant de la crèche.

    Ils demandent alors des comptes à cet établissement du réseau Les Petits Chaperons Rouges, à Vitrolles (Bouches-du-Rhône). Le compte rendu d’une réunion entre les parents et la crèche, que franceinfo s’est procuré, précise qu’il y a eu, sur le dernier trimestre 2022, « 23 jours avec des commandes [de repas] inférieures » au nombre d’enfants accueillis. Soit un jour sur trois où il manquait des repas sur cette période. Le groupe a reconnu le problème et licencié la directrice incriminée. Plusieurs parents ont porté plainte pour « maltraitances ». Contactée, l’entreprise assure qu’il s’agit d’"une erreur humaine et exclusivement d’un manquement professionnel de la directrice de l’établissement", précisant qu’une « enquête [interne] a été diligentée et [que] le problème a été résolu ».

    Ces dysfonctionnements sont loin d’être isolés, selon un rapport de l’Inspection générale des affaires sociales (Igas), https://igas.gouv.fr/Qualite-de-l-accueil-et-prevention-de-la-maltraitance-institutionnelle-dan commandé après l’empoisonnement mortel, en juin 2022, d’une petite fille à Lyon dans une crèche #People&Baby. « Les #maltraitances individuelles ne peuvent être détachées de la maltraitance institutionnelle », pointe le document, qui dresse un parallèle avec la logique de rentabilité dénoncée dans les Ehpad. Le secteur des crèches serait lui aussi « marqué par la domination de grands groupes engagés dans des stratégies de croissance ambitieuses », peut-on lire encore. Les auteurs relèvent la responsabilité d’entreprises privées, sans les nommer, dans la « dégradation progressive de la qualité d’accueil au profit de logiques financières ».

    En 2004, la fin du monopole du public pour les crèches [gvt Chirac/Raffarin]

    Les crèches privées connaissent « une croissance à deux chiffres depuis 2005 », selon un rapport de Matignon (PDF) de 2021 https://medias.vie-publique.fr/data_storage_s3/rapport/pdf/282578.pdf. Elles ne représentent pourtant que 20% des places en accueil collectif, soit 80 000 places sur plus de 420 000 au total. Mais depuis 2013, le privé contribue « à l’essentiel des créations de places » dans l’Hexagone, voire « à la quasi-totalité ».

    Le pionnier du secteur s’appelle Jean-Emmanuel Rodocanachi. A la fin des années 1990, ce banquier d’affaires décide d’importer en France le concept de crèches d’entreprises, qu’il a découvert aux Etats-Unis. Il crée le groupe Grandir et les établissements #Les_Petits_Chaperons_Rouges. La première crèche inter-entreprises de France ouvre à l’été 2004, à Orly (Val-de-Marne), dans une zone d’activité tertiaire où les parents n’avaient pas de solutions de garde. « Il y avait de grandes entreprises présentes, comme Danone ou Corsair », raconte Jean-Emmanuel Rodocanachi au magazine Dynamique entrepreneuriale.

    La pénurie de places en crèches est alors un problème criant en France et la possibilité de déléguer au secteur privé pour en créer de nouvelles apparaît comme une solution. Cette même année, le gouvernement lève le monopole du public. Dès lors, de nouveaux acteurs investissent le créneau, à l’image des frères Rodolphe et Edouard Carle, qui créent #Babilou, devenu l’un des leaders mondiaux du secteur avec 1 100 établissements dans une douzaine de pays et un chiffre d’affaires de 800 millions d’euros, selon La Tribune.$

    Une évolution de la législation qui a favorisé le boom du privé

    Ce développement spectaculaire est facilité par la création, en 2004, du crédit d’impôt famille (CIF), qui permet aux crèches privées d’accéder aux subventions publiques. L’opération est simple : lorsqu’une entreprise réserve des places en crèche pour l’un de ses salariés, l’Etat subventionne 50% du coût de la réservation. En y ajoutant les déductions de charges liées à cette dépense, l’Etat finance plus de 80% du coût de la place en crèche. L’employeur ne supporte que 16,7% du coût total.

    Deux duos, chacun composé d’un entrepreneur et d’une puéricultrice, entrent alors sur ce marché : Christophe Durieux et sa compagne, Odile Broglin, lancent People&Baby et, deux ans plus tard, Sylvain Forestier et Antonia Ryckbosch fondent La Maison Bleue. Les premiers réalisent aujourd’hui plus de 86 millions d’euros de chiffre d’affaires et revendiquent 14 000 places dans des crèches. Les seconds ont atteint 250 millions d’euros de chiffres d’affaires et 10 000 enfants accueillis chaque jour partout en France.

    Ces quatre groupes – Grandir/Les Petits Chaperons Rouges, Babilou, People&Baby et La Maison Bleue – ont d’abord proposé des solutions de crèches à des grandes entreprises et des zones industrielles. Mais une directive européenne de 2004 leur a aussi permis de répondre aux appels d’offres des collectivités locales, les mettant directement en concurrence avec les associations. Associations qui disposent de « conventions collectives fortes en matière de protection des salariés, ce qui n’est pas le cas des réseaux privés lucratifs », estime Julie Marty-Pichon, porte-parole du collectif Pas de bébés à la consigne. Dans cette course aux marchés publics, leur puissance économique confère aux crèches privées un avantage de taille. « Les démarches de réponse aux appels d’offres sont lourdes et les entreprises ont les moyens logistiques et humains d’y répondre de manière efficace, tout en proposant des tarifs absolument imbattables », poursuit Julie Marty-Pichon.

    Ces groupes privés n’en sont pas moins dépendants des financements publics. En 2017, une revue (PDF) de dépenses de l’Inspection générale des affaires sociales et des finances (Igas-IGF) affirme même : « De tels niveaux de rentabilité sont contestables, dans la mesure où ils sont atteints à l’appui d’une forte mobilisation des financements publics, en particulier du CIF. » Pour les inspections, « ces schémas aboutissent à subventionner une place bien au-delà de son coût de revient pour le gestionnaire ». Pour un coût de revient d’environ 16 000 euros par place, le coût pour les finances publiques peut dépasser 20 000 euros et même approcher 24 000 euros dans certains cas (page 55 du rapport).

    (un mécanisme analogue à celui mis en place depuis pour fiancer l’enseignement supérieur privé par l’#apprentissage)

    #crèches #Enfants #crèches_privées

  • #Allemagne : une nouvelle place au nom du résistant camerounais #Rudolf_Douala_Manga_Bell

    Une troisième place au nom de Rudolf Douala Manga Bell, résistant camerounais à la colonisation allemande, a été inaugurée en Allemagne, à #Aalen, le 1er juillet dernier. Une #pétition circule auprès des autorités allemandes pour la #réhabilitation de Rudolf Douala Manga Bell et de #Ngosso_Din.

    Rudolf Douala Manga Bell fut l’ancien roi du clan Bell du peuple Douala au Cameroun pendant la période coloniale allemande. Pour avoir tenté de fédérer les communautés contre le colonisateur, il fut pendu « pour haute trahison » le 8 août 1914 à Douala avec son secrétaire Ngosso Din.

    #Jean-Pierre_Félix_Eyoum, membre de la famille et installé en Allemagne depuis un demi-siècle, travaille depuis trente ans sur cette histoire. La place Manga Bell de Aalen a été inaugurée en présence des représentants des autorités du Cameroun. Avant cela, une place a été inaugurée à #Ulm en octobre, une autre à #Berlin en décembre.

    Jean-Pierre Félix Eyoum a déposé il y a un an une pétition auprès des autorités allemandes pour la réhabilitation de Rudolf Douala Manga Bell et Ngosso Din. Pourquoi une place à Aalen ? Parce que ce fut la ville d’accueil de Roudolf Douala Manga Bell, quand il vient apprendre l’allemand à 16/17 ans en 1891 en Allemagne raconte Jean-Pierre Félix Eyoum, au micro de Amélie Tulet, de la rédaction Afrique.

    La demande de réhabilitation de Rudolf Douala Manga Bell et Ngosso Din, figures de la #résistance contre la #colonisation_allemande, est examinée au Bundestag allemand. Avant sa visite en octobre dernier au Cameroun, la ministre adjointe aux Affaires étrangères allemande avait déclaré : « la peine capitale prononcée contre le roi Rudolf Douala Manga Bell en 1914 est un parfait exemple d’#injustice_coloniale ».

    https://amp.rfi.fr/fr/afrique/20230709-allemagne-une-nouvelle-place-au-nom-du-r%C3%A9sistant-camerounais-r

    #Cameroun #toponymie #toponymie_politique #décolonial #toponymie_décoloniale #colonialisme #mémoire #noms_de_rue

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    • Le #martyr camerounais Rudolf Douala Manga Bell a désormais sa place à Berlin

      Après Ulm, Berlin est la deuxième ville allemande à avoir une rue ou une place du nom de Rudolf Douala Manga Bell, ce roi camerounais, figure de la résistance face aux colonisateurs.

      Le gris et le froid berlinois n’ont pas douché l’enthousiasme de la foule. Et pour cause : la place Gustav Nachtigal, du nom du colonisateur qui hissa le drapeau allemand sur le Cameroun, n’existe plus ; elle s’appelle désormais place Rudolf et Emily Douala Manga Bell.

      Rudolf Douala Manga Bell, c’est ce roi devenu héros national pour avoir osé défier le colonisateur allemand et qui fut exécuté en 1914. « Il s’était opposé à certains plans du gouvernement allemand colonial qui essayait de déposséder les gens, de leur prendre leurs terrains... et évidemment, ça n’a pas plu aux Allemands », raconte Jean-Pierre Félix Eyum, l’un de ses descendants. Emily Douala Manga Bell, l’épouse de Rudolf, fut quant à elle l’une des premières Camerounaises à avoir été scolarisées.
      « Un message d’espoir »

      Mais si Rudolf Douala Manga Bell a maintenant une place à son nom à Berlin, il n’est pas totalement réhabilité, ce qu’attend désormais Jean-Pierre Félix Eyum. « J’attends que le gouvernement allemand prononce enfin ces mots-là : "Nous sommes désolés d’avoir fait ce que nous avons fait". C’est cela que j’appelle réhabiliter Rudolf Douala Manga Bell », indique-t-il. Il se dit optimiste à ce sujet. Il a récemment déposé une pétition dans ce sens au Parlement allemand.

      L’actuel roi de Douala, Jean-Yves Eboumbou Douala Manga Bell, voit quant à lui dans cette cérémonie en l’honneur de son ancêtre « un symbole extraordinairement important de reconnaissance d’une situation qui a été déplorable en son temps ». « Un message d’espoir », dit-il. Cette inauguration est en tout cas une nouvelle étape dans la reconnaissance très récente par l’Allemagne de son passé colonial. Un passé longtemps éclipsé par les crimes commis par le régime nazi durant la Seconde Guerre mondiale.

      https://www.rfi.fr/fr/afrique/20221202-le-martyr-camerounais-rudolf-douala-manga-bell-a-d%C3%A9sormais-sa-plac

    • L’Allemagne inaugure une place Rudolf Douala Manga Bell en hommage au martyr camerounais

      Pour la première fois sur le sol allemand, une place au nom de Rudolf Douala Manga Bell a été inaugurée le 7 octobre, dans une tentative allemande de regarder son passé de colonisateur du Cameroun. Cela à Ulm, dans le sud de l’Allemagne, où le roi Rudolf Douala Manga Bell avait étudié le droit à la fin du XIXe siècle, avant de rentrer au Cameroun, où il fut ensuite exécuté par l’administration allemande pour avoir tenté de fédérer des communautés camerounaises contre les colons.

      Au Cameroun, son nom est dans tous les manuels scolaires : Rudolf Douala Manga Bell était un roi, le roi du clan Bell au sein du peuple Douala. Celui-ci était établi depuis des générations sur la côte Atlantique, au bord de l’estuaire du Wouri, où se trouve l’actuelle ville de Douala, capitale économique du Cameroun.

      C’est son père, le roi Auguste Douala Ndumbe Bell, qui l’envoie étudier en Allemagne pour qu’il maîtrise la langue de ceux dont la présence augmente sur la côte, avec l’arrivée de missionnaires puis l’installation de comptoirs pour le commerce.

      Mais quelques années après le retour de Rudolf Douala Manga Bell au Cameroun, le gouvernement colonial allemand remet en cause le traité de protectorat signé avec les chefs Douala. Le texte stipule que la terre appartient aux natifs, mais le gouverneur allemand veut alors déplacer les populations.

      Rudolf Douala Manga Bell s’y oppose, d’abord de façon légaliste, allant jusqu’au Parlement allemand plaider la cause de son peuple, avant de se résoudre à tenter de fédérer les autres communautés du Cameroun contre le colonisateur allemand. Mais il est arrêté en mai 1914, jugé et condamné en un seul jour. Il est pendu le 8 août 1914 avec son lieutenant pour « haute trahison ».

      Le Cameroun avait été sous domination allemande d’abord, avant d’être placé sous les mandats britannique et français après la Première guerre mondiale.
      Les descendants de la figure camerounaise appellent à la réhabilitation de son image par l’Allemagne

      Les descendants du roi Rudolf Douala Manga Bell attendent notamment sa réhabilitation par les autorités allemandes, pour laver son nom. Un des combats que mène notamment son arrière-petite-fille, la Princesse Marylin Douala Manga Bell qui constate que les choses bougent en Allemagne depuis le milieu des années 2010.

      https://www.rfi.fr/fr/afrique/20221025-l-allemagne-inaugure-une-place-rudolf-duala-manga-bell-en-hommage-au-ma