• “Così le multinazionali occidentali non pagano le tasse in Mozambico”

    Le grandi società estrattive approfitterebbero dei trattati firmati da Maputo con paradisi fiscali come Mauritius o Emirati Arabi Uniti. Il centro di ricerca indipendente SOMO stima che cinque compagnie -inclusa Eni- eviteranno di pagare imposte per un valore compreso tra 1,4 e due miliardi di dollari. A proposito di “Piano Mattei”

    Per via dei trattati fiscali siglati dal Mozambico con diversi Paesi stranieri diverse multinazionali -tra cui le società fossili TotalEnergies ed Eni- eviteranno di versare circa due miliardi di dollari di tasse al governo di Maputo: una cifra superiore a quanto spende il Paese africano per la sanità in un anno intero. Nello specifico, le due aziende europee “non pagano la loro giusta quota dal momento che fanno transitare i propri investimenti attraverso società di comodo negli Emirati Arabi Uniti”, come denuncia il report “The treaty trap: tax avoidance in Mozambique’s extractive industries” (La trappola del trattato: l’elusione fiscale nell’industria estrattiva in Mozambico) pubblicato il 21 luglio dal Centro di ricerca olandese sulle multinazionali SOMO.

    Il meccanismo che permette alle società di gas e petrolio (ma non solo) di arricchirsi a dismisura era già stato al centro di un dettagliato rapporto “How Mozambique’s tax treaties enable tax avoidance“, pubblicato lo scorso marzo sempre da SOMO e dal Centro mozambicano per la democrazia e lo sviluppo (Cdd) e del quale avevamo già scritto. Il report denuncia come la rete di trattati fiscali siglati dal Mozambico stia privando il Paese di centinaia di milioni di dollari di entrate ogni anno, a causa degli accordi stretti con paradisi fiscali come Mauritius ed Emirati Arabi Uniti. Secondo le stime delle due organizzazioni, solo nel 2021 il Paese africano avrebbe perso circa 390 milioni di dollari in mancato gettito fiscale.

    In questo nuovo rapporto SOMO evidenzia come TotalEnergies ed Eni abbiano approfittato del trattato fiscale siglato dal governo di Maputo con Abu Dhabi, creando società di comodo negli Emirati Arabi Uniti. “Gli investimenti sono sostenuti da prestiti di banche d’investimento pubbliche, agenzie di credito all’esportazione e banche commerciali di tutto il mondo. Se i prestiti per questi megaprogetti non fossero passati attraverso gli Emirati Arabi Uniti, il Mozambico avrebbe potuto applicare una ritenuta fiscale del 20% su quasi tutti i pagamenti degli interessi, per un importo che oscilla tra 1,3 e due miliardi di dollari”, osservano i ricercatori di SOMO.

    Accuse a cui la società italiana guidata da Claudio Descalzi ha risposto dichiarando che “come contribuente, Eni opera nel pieno rispetto del quadro legislativo e fiscale locale e internazionale. I progetti di Eni nei Paesi in cui è presente generano benefici economici e sociali a livello locale in termini di tasse, occupazione, formazione e progetti sociali, formazione e progetti sociali -si legge nella nota pubblicata nel report di SOMO-. Inoltre, le Linee guida fiscali di Eni assicurano una corretta interpretazione della normativa fiscale con il divieto di intraprendere operazioni fiscalmente aggressive. Il Mozambico, a seguito dei progetti a cui Eni partecipa, sta diventando un importante attore globale nel settore del Gas ‘naturale’ liquefatto (Gnl)”.

    I giacimenti di gas interessati dalle operazioni dei due colossi europei si trovano al largo della provincia di Cabo Delgado, nel Nord del Paese: un’area economicamente emarginata e impoverita, dove gli investimenti miliardari per lo sfruttamento dei combustibili fossili non hanno portato alcun beneficio alla popolazione locale, alimentando invece le disuguaglianze. Dopo la scoperta dei primi giacimenti (tra il 2010 e il 2014) migliaia di persone hanno dovuto abbandonare i propri villaggi a causa delle operazioni industriali. La situazione è ulteriormente peggiorata a causa di una violenta insurrezione di matrice jihadista che dal 2017 ha provocato migliaia di morti e costretto milioni di persone alla fuga.

    Ma non ci sono solo le società del settore degli idrocarburi al centro dell’attenzione. SOMO ha infatti analizzato le pratiche fiscali di alcune aziende minerarie come la britannica Gemfields, che estrae rubini nel distretto di Montepuez (sempre nella provincia di Cabo Delgado), e l’irlandese Kenmare Resources, che opera in una miniera di titano a Moma (nel Nord-Est del Paese). Entrambe controllano le loro operazioni in Mozambico dalle Mauritius, approfittando di un trattato fiscale che gli avrebbe permesso di evitare circa 20 milioni di dollari di ritenute sui dividendi tra il 2017 e il 2022.

    Infine c’è la gestione del corridoio logistico di Nacala: una rete ferroviaria lunga 912 chilometri utilizzata per il trasporto di carbone delle miniere nella provincia di Tete (nel Mozambico occidentale) fino al porto di Nacala, affacciato sull’oceano Indiano, sulla costa orientale. L’infrastruttura è controllata al 50% dalla compagnia mineraria brasiliana Vale e dalla società elettrica giapponese Mitsui & Co. SOMO ritiene che le due aziende abbiano evitato di versare nelle casse del governo di Maputo circa 96,9 milioni di dollari tra il 2016 e il 2020: “Ciò è stato possibile reindirizzando i prestiti attraverso società di intermediazione con sede negli Emirati Arabi Uniti per trarre vantaggio dal trattato fiscale tra gli Emirati Arabi Uniti e il Mozambico, che riduce dal 20% a zero l’aliquota applicabile per la ritenuta alla fonte sugli interessi in Mozambico”, si legge nel report.

    Il sottosuolo del Mozambico è ricco di minerali che possono svolgere un ruolo fondamentale nella transizione energetica. E, nel contesto dell’esplosione della domanda globale di queste materie prime, è fondamentale affrontare tempestivamente il tema dell’evasione fiscale -avverte SOMO- per evitare che anche in questo ambito si ripeta quello che è successo con i combustibili fossili. “È indispensabile che il Mozambico abbandoni questi trattati fiscali iniqui, ponendo un freno all’elusione fiscale delle imprese e salvaguardando gli interessi della popolazione -ha spiegato Nelsa Langa, assistente di ricerca presso il Centro mozambicano per la democrazia e lo sviluppo-. Dovrebbe liberarsi da questi trattati fiscali obsoleti, che costano molto al Paese e forniscono pochi benefici”.

    Il ricercatore di SOMO Vincent Kiezebrink aggiunge che “le multinazionali devono smettere di abusare di questi trattati fiscali per evitare di pagare le tasse in uno dei Paesi più vulnerabili del mondo. E i governi dei paradisi fiscali come gli Emirati Arabi Uniti e le Mauritius devono permettere al Mozambico di rinegoziarli”. L’esperienza di Paesi come Senegal, Kenya, Lesotho e Ruanda -che hanno rinegoziato o cancellato con successo gli accordi fiscali con le Mauritius- dimostra che è possibile cambiare questa situazione.

    https://altreconomia.it/cosi-le-multinazionali-occidentali-non-pagano-le-tasse-in-mozambico
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    • Oil and gas multinationals avoid up to $2 billion in taxes in Mozambique

      TotalEnergies and ENI are set to avoid up to $2 billion in withholding taxes in Mozambique – more than the country’s annual healthcare spending – research by SOMO and CDD reveals. The oil and gas giants fail to pay their fair share of taxes in the African country because they rout their investments through letterbox companies in the United Arab Emirates (UAE). Mozambique could prevent these practices by cancelling or renegotiating its outdated tax treaties with tax havens like the UAE and Mauritius. Several other African countries have successfully done so already.

      TotalEnergies (France) and ENI (Italy) lead two megaprojects in Mozambique to exploit gas reserves in the northern province of Cabo Delgado, constituting the biggest investments in Africa to date. Both multinationals established letterbox companies in the UAE to channel their consortium’s multi-billion-dollar investments, taking advantage of the 0 % interest withholding tax rate in its tax treaty with Mozambique. The investments are backed by loans from public investment banks, export credit agencies and commercial banks worldwide. If the loans for these megaprojects had not been routed through the UAE, Mozambique could have charged a 20 per cent withholding tax on nearly all related interest payments, which amounts to $1.3 – $2 billion.
      publication cover - The treaty trap: tax avoidance in Mozambique’s extractive industries
      Publication / July 21, 2023
      The treaty trap: tax avoidance in Mozambique’s extractive industries
      The miners

      The backdrop for these gas projects is Mozambique’s northernmost province of Cabo Delgado, an economically marginalised region where a violent insurgency has wreaked havoc since 2017. The discovery of gas and the resulting increase in inequality in the area has been a key driver behind the conflict.

      Treaty shopping using complex corporate structures
      The use of UAE-based letterbox companies by TotalEnergies and ENI are just two examples of treaty shopping, depriving Mozambique of much-needed tax revenue. SOMO found similar tax avoidance structures by mining companies Vale, Kenmare and Gemfields, which are estimated to have avoided an $117 million in Mozambican taxes between 2017 and 2022. The tax treaties with the UAE and Mauritius are estimated to have cost Mozambique $315 million in 2021 alone, SOMO calculated in a March 2023 report.

      Following these revelations, SOMO delved into the details by studying the tax practices of specific companies in the Mozambican gas and mining sectors. Besides the gas projects, case studies include Gemfields, a UK miner extracting rubies in Montepuez and the Irish mining company Kenmare Resources, which operates the Moma titanium mine. On paper, both companies control their operations in Mozambique from Mauritius, taking advantage of a tax treaty that allowed them to avoid approximately $20 million in dividend withholding taxes between 2017 and 2022. Finally, there is the case of Vale and Mitsui & Co., who avoided approximately $96.9 million in interest withholding taxes associated with their Nacala Logistics Corridor between 2016 and 2020 through a financing structure routed via the UAE.

      Unfair and outdated tax treaties
      It is imperative that Mozambique steps out of these unfair tax treaties, curbing corporate tax avoidance and safeguarding its people’s interests. Nelsa Langa (Research Assistant at CDD): “Mozambique should free itself from these outdated tax treaties, which cost the country dearly while providing little benefit. Senegal, Kenya, Lesotho and Rwanda have all successfully renegotiated or cancelled tax treaties with tax havens Mauritius.”

      Mozambique is rich in natural resources, with vast deposits not only of fossil fuels but also minerals that are of key importance for the energy transition. Amidst the exploding demand for these minerals, it is crucial to address tax avoidance promptly to prevent replication.

      Vincent Kiezebrink (Researcher at SOMO): “Multinational companies need to stop abusing Mozambique’s tax treaties to avoid taxes in one of the world’s most vulnerable countries, and tax haven governments such as the UAE and Mauritius need to allow Mozambique to renegotiate these harmful tax treaties.”

      The Mozambican government has the tools to stop this widespread tax avoidance. By renegotiating or terminating its tax treaties with Mauritius and the UAE, it could limit companies’ opportunities for tax avoidance.

      https://www.somo.nl/oil-and-gas-multinationals-avoid-up-to-2-billion-in-taxes-in-mozambique