• Global Trends #2019 – rifugiati e richiedenti asilo: la situazione nell’Unione Europea

    Sono 20 milioni i rifugiati nel mondo nel 2019. L’Unione europea accoglie circa 2 milioni e 700 mila persone, che corrisponde al 13% di tutti coloro che sono accolti negli altri paesi e continenti.

    Secondo l’ultima edizione dei Global Trends (https://www.unhcr.it/news/comunicati-stampa/l1-per-cento-della-popolazione-mondiale-e-in-fuga-secondo-il-rapporto-annuale-) dell’Unhcr vi sono paesi come la Turchia, il Pakistan e l’Uganda che “da soli” riconoscono lo status di rifugiato rispettivamente a 3 milioni e mezzo, 1 milione e 491 mila, 1 milione e 359 mila persone, pari al 31% di tutti coloro che sono accolti negli altri paesi.

    La media Ue (Regno Unito compreso) è di 5 rifugiati ogni 1000 abitanti. In Italia la media è di 3 ogni 1000 abitanti.
    La sfida europea alla solidarietà

    I dati forniti da Unhcr in merito alla situazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo nell’Unione europea consentono alcune riflessioni.

    La prima è la sostanziale continuità circa la presenza di rifugiati nei paesi dell’Unione europea: ben lontani dall’emergenza, la presenza di rifugiati nei paesi della Ue è stabile, con un incremento complessivo, rispetto al 2018, pari al 4%.

    La seconda riflessione chiama in causa l’Italia che, tra i paesi europei, è tra i paesi al di sotto della media europea con la presenza di 3 rifugiati ogni 1.000 abitanti.

    La terza riflessione concerne i paesi di provenienza dei rifugiati presenti negli stati europei al 31 dicembre 2019, e le scelte politiche conseguenti tra i paesi cosiddetti di frontiera e quelli di arrivo. Se alcuni paesi come l’Italia, la Grecia, Malta e la Spagna, in quanto paesi di approdo, sono coinvolti per primi nella gestione degli arrivi via mare, vi sono altri stati come la Francia e la Germania che concedono protezione a persone provenienti da una molteplicità di paesi. A questo proposito, colpisce il dato sulla Francia che accoglie rifugiati di 44 nazionalità.

    Queste riflessioni chiamano in causa proprio il ruolo dell’Unione europea e la necessità di policy condivise tra gli stati su una questione che coinvolge tutti i paesi, specifica, e costante. Peraltro alcuni paesi come i Paesi Bassi e la Francia, nel 2019, si sono distinti per la naturalizzazione dei rifugiati: oltre 12mila nei Paesi Bassi e 3mila in Francia.

    “A volte serve una crisi come quella da Covid19 per ricordarci che abbiamo bisogno di essere uniti. In un momento dove il mondo vive un periodo di grande vulnerabilità la nostra forza è la solidarietà: nessuno è al sicuro se non lo siamo tutti. Ognuno di noi può fare la differenza e contribuire a trovare delle soluzioni per andare avanti”, ha dichiarato la Rappresentante per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, Chiara Cardoletti, il 20 giugno scorso, in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale del Rifugiato.

    A questo proposito, bisogna ricordare che il Portogallo, ha scelto, nella fase di emergenza sanitaria di Covid 19, allo scopo di garantire l’assistenza sanitaria durante la pandemia, di concedere a immigrati e richiedenti asilo con permesso di soggiorno ‘pendente’ l’assistenza sanitaria e l’accesso ai servizi pubblici.

    Sul versante opposto, l’Ungheria ha inasprito ulteriormente le politiche di chiusura, utilizzando le misure di blocco per eseguire respingimenti su larga scala dai campi cittadini e dai centri che ospitano i richiedenti asilo.

    Una questione cruciale, la protezione sociale e sanitaria, che si sovrappone a un altro dato emerso dal Global Trends 2019. La portavoce di Unchr Italia, Carlotta Sami, in occasione della presentazione dei dati, ci ha ricordato che “la possibilità per Unhcr di organizzare i rientri a casa, che negli anni novanta corrispondeva ad una media di 1 milione e mezzo di persone all’anno, è crollata a 385 mila”e ha ricordato “che solo il 5% dei rifugiati ha potuto usufruire di una soluzione stabile come il reinsediamento”.

    Difficoltà a ritornare a casa e necessità di protezione sociale in fasi delicate come quelle della emergenza sanitaria sono due questioni sulle quali l’Unione europea è chiamata a intervenire.

    Nell’ormai lontano 1994, Alexander Langer, nel discorso pronunciato in occasione delle elezioni europee, invocò la necessità di una priorità politica nel trattare alcune questioni: “Finora l’Europa comunitaria si è preoccupata molto delle aziende, delle merci, dei capitali, dei tassi di inflazione. Ora si tratta di varare un corpo comune di leggi di cittadinanza e di democrazia europea, a garanzia di eguali diritti e uguale protezione in tutta l’Unione, a garanzia dell’apertura agli altri. La difesa e la promozione dei diritti umani all’interno e all’esterno dell’Unione deve diventare una priorità politica oltre che morale”.

    In un contesto come quello attuale, gli stati dell’Unione europea – su una questione cruciale come quella migratoria – dovrebbero raccogliere la sfida di trovare un accordo comune che riesca a superare interessi divergenti.

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