Sur la gestion des #funérailles et de l’#enterrement des victimes du #naufrage du #3_octobre_2013 :
«Invece di stabilire un luogo comune per la sepoltura, i corpi sono stati sparpagliati senza un criterio preciso per tutto l’ampio territorio dell’agrigentino. Al quotidiano ’Europa’, in un articolo di Luca Gambardella, Don Mimmi il parroco di Lampedusa aveva dichiarato:
’E i parenti delle vittime? Sono settimane che girano per la Sicilia alla ricerca dei loro cari defunti. Non si sa nemmeno chi sia stato tumulato e dove.’
Quei poveri corpi straziati hanno trovato alla fine loculi vuoti o sono stati ospitati caritatevolmente in tombe di famiglia. Un unico luogo avrebbe permesso all’Italia di riflettere al regime eritreo di fare i conti con la sua spietatezza. Ma così non è stato. Le esequie sono state l’ennesimo buco nell’acqua del governo italiano sulla questione. All’indomani della tragedia erano stati annunciati funerali di Stato per le vittime. Funerali che non sono mai avvenuti e che sono stati sostituiti in fretta e furia da una commemorazione. Ma invece di farla a Lampedusa, come ogni logica dettava, è stata fatta ad Agrigento. Questa commemorazione ha brillato per assenze obbligate e presenze ingombranti. Ed è risultata una farsa che tutti noi ci saremmo volentieri risparmiati. Prima di tutto non sono stati invitati i sopravvisuti alla strage del 3 ottobre. Uomini, donne, bambini che hanno visto morire decine e decine di persone: una moglie, un amico, un compagno di sventura, un figlio. Loro, che in ogni paese civile sarebbero stati messi in prima fila ad assistere alla cerimonia, ad Agrigento sono stati di fatto considerati indesiderabili. Invece è stato chiamato a presenziare l’ambasciatore eritreo in Italia, ovvero uno dei membri di quel regime feroce da cui le vittime del 3 ottobre scappavano. Incongruenze insomma. Intenzionali o no... Purtroppo non mi è dato saperlo, ma la fotografia di quel giorno mi è rimasta tatuata nella testa. E per l’ira il fegato credo mi sia ingrossato. Vedere l’ambasciatore eritreo, tra l’allora ministro degli Interni Angelino Alfano e la ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge rimarrà di fatto una delle immagini meno edificanti della Repubblica italiana. Leggendo i giornali in quei tragici giorni ricordo di aver condiviso la preoccupazione per una pressione del regime sui rifugiati. Era scattato l’allarme: si temeva che spie del regime si mescolassero con gli operatori nei centri temporanei per schedare a Lampedusa i migranti eritrei. I pericoli erano numerosi e tutti in agguato, pronti a sbranare anche la più piccola speranza nascente.
Quello che più mi rendeva sgomenta era però il furto del rito che era stato perpetrato ai danni degli eritrei da parte dello Stato italiano. Di fatto con la commemorazione-farsa di Agrigento il funerale legittimo era stato scippato. False lacrime erano state sparse. Lacrime assassine. Alcuni eritrei mi hanno rivelato in confidenza che una volta finita la commemorazione la delegazione dell’ambasciata eritrea è rimasta finché la piccola folla, accorsa per i ministri, non si è dileguata del tutto. Dopodiché hanno recuperato i fiori delle autorità e li hanno gettti in mare, però questa volta davanti ad una telecamera. Per mandare questo filmato a getto continuo, ventiquattr’ore su ventiquattro, sulla Tv eritrea. Non so se questa notizia sia una leggenda metropolitana o una realtà. Comunque è molto verosimile. Non mi sarei meravigliata, dopo tutto quello che è successo, di veder succedere anche questo. La vita, in quei giorni, mi aveva insegnato quanto poteva essere ridicola, farsesca, profondamente inumana, a volte.»
source : Igiaba Scego, Roma negata , 2014, pp.38-40
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