albertocampiphoto

Photojournalist | Collective WeReport.fr

  • Indextreme.fr
    https://indextreme.fr/index.html

    Observer, répertorier et faire connaître les symboles graphiques utilisés par l’extrême droite en France.

    « Le pouvoir d’un symbole réside dans sa capacité à produire du sens et à communiquer ce sens. »

    #Indextrême est un outil qui a pour objectif de comprendre, dans le contexte français, les symboles utilisés par l’#extrême_droite. En connaissant leur histoire, nous pouvons mieux comprendre les mécanismes sémiotiques de ces symboles et leur impact dans notre société.

    #symbole #extreme-droite #graphisme

  • Remavano, allattavano e partorivano in barca: chi erano le donne pescatrici delle Eolie

    Donne siciliane e pescatrici. Esistite davvero ma che nessuno ricorda più. Dedite al lavoro e alla famiglia, con mani forti tiravano su le reti. Questa è loro storia...

    https://www.balarm.it/news/remavano-allattavano-e-partorivano-in-barca-chi-erano-le-donne-pescatrici-del

    Assistere alla vita di un bimbo che viene messo al mondo è in assoluto la scena più romantica, poetica e più intensa che ci possa essere e che scuote l’anima.

    Assistere alla stessa scena al largo delle Isole Eolie e a bordo di un gozzo antico mentre la donna protagonista sta pescando assume tratti spettacolari o inquietanti.

    La donna pescatrice fedele a questo universo mediterraneo non è una sola ma ne abbraccia tante ed enigmatiche.

    A queste abbiamo voluto interessarci con l’impeto necessario per catturare l’immagine di un mestiere che si scalfiva anche al femminile, sicuramente ai primi vagiti del Novecento, si fionda agli anni Sessanta a ritmi incessanti (e poi termina) e viene tracciato nello schizzo letterario più remoto di Boccaccio.

    Perché fino agli anni Sessanta? Lo stile socio - economico cambia, si va verso l’industrializzazione, si innesta il turismo anche più commerciale, si avvia il fenomeno dell’emigrazione verso il nord d’Italia e le mogli partono con i loro mariti mentre prima dovevano caricarsi di doveri in solitudine.

    Queste figure “quasi mitologiche” ed irriducibili per il loro valore non potevano certamente abbandonare i propri figli durante le loro faccende di sopravvivenza in regime di povertà prima e dopo la Guerra Mondiale e dovevano sopperire alla mancanza fisica dei loro consorti perché forse espatriati o chiamati alle armi.

    L’ultima pescatrice che vive ad Alicudi nasce nel 1946 e comincia a frequentare il mare a cinque anni. L’ultima delle pescatrici di Stromboli nata nel 1926 (e morta recentemente) ha immolato tutta la sua vita al mare portando al suo focolare ogni giorno 10-20 chili di pesce da vendere e ha cresciuto cinque figli a mare. Tramite la sua comare di San Giovanni, si viene a sapere che questa donna “qualche volta lo faceva anche a mare”.

    Altro flashback sconvolgente di vita è affidato all’ennesimo figlio di isolani di Lipari: sua madre partorisce la sua ottava creatura morta mentre tirava il ragno che è uno strumento pesante per le battute di pesca. C’era la fame e lei non poteva sottrarsi anche durante la fase finale della gestazione.

    Si deve entrare nell’idea di donne dedite al sacrificio, non come una vergogna ma bisogna guardare a loro come un faro illuminante che ha contribuito a tenere salda la famiglia: definiamole “ladies warriors” (signore guerriere) che partivano sole o con le vicine, hanno affrontato il mare in tutte le sue intemperie quando erano incinte, non sono mai scappate con i bambini in fasce, intrepide davanti al rischio e hanno sorretto la piccola economia.

    Il ricordo da bambino di un pescatore che si chiama Martino Dalla Chiesa, nato nel 1902, dirompe sul nostro palco narrativo e ci si culla con lui che osservava la mamma e la nonna suonare l’arte della caccia sul mare.

    A che età un altro uomo del 1909 conosce il mare?

    Questi risponde: «Mentre mia madre mi allattava e poi lavorava, come noi che eravamo figli». Restiamo incantati di fronte ad una nonna che pescava le tartarughe (se ne ha segnalazione dagli anni ‘30 ai ‘50, fin quando questa pratica è stata vietata per Legge nel 1965) sia per poter arricchire il brodo dei nipoti sia per regalarne una, non come animale domestico ma come bambola “simil pezza”, vestita di un minuscolo straccio che era la sottanina e nascondeva la corazza.

    La miseria straziante aleggiava anche nell’impossibilità di presentarsi con un giocattolo “normale” a casa per i propri piccoli che non vedevano l’ora di avere un compagnetto di svago.

    Per arraffare le testuggini che, a quel tempo, non si stavano estinguendo anzi se ne contavano parecchi esemplari, le signore della pesca erano in grado di buttarsi dalla barca a prescindere dal mare calmo o gonfio, di prendere le “Caretta Caretta” con le mani dalle zampette e con una certa rapidità capovolgerle o con un ampio retino detto “cuoppo”.

    Può far accapponare la pelle agli animalisti ma la presa delle tartarughe aveva i suoi cliché perché si applicava la tecnica e si effettuava a gennaio e febbraio, poteva rappresentare un pericolo per le fauci della testuggine che morde e la carne non si consumava tutta subito.

    Pare che qualche «Caretta Caretta» fosse lasciata in spiaggia volutamente per pasteggiare i residui delle maree quindi più fortunata di altre. Le «femmine» eoliane (in questo caso “femmine” per il requisito di non cedere neppure alla tenerezza di una tartaruga) si alternavano con destrezza agli uomini.

    C’era un modo in tutte le Isole (nessuna esclusa, persino le minori Alicudi e Filicudi) per distinguere l’approdo delle donne pescatrici in mare: loro arrivano di poppa piuttosto che di prua perché la manovra era più facile. A svelarlo è lo storico dell’800 Luigi Salvatore d’Austria che era anche un etnografo, geografo e botanico – naturalista che ha dedicato alle Eolie otto volumi (uno per ogni isola e poi un compendio generale).

    Il fatto che queste donne esistessero, fossero “Multitasking” già nel secolo scorso e facessero anche le contadine di giorno, prodigandosi di notte per la pesca trova la sua verità in una documentazione ricchissima dell’Ottocento, per concludere con un bellissimo girato del 1947 della Panaria Film, prodotto da Francesco Alliata di Villafranca che ne ha reso attuabile il restauro nel 2007, da parte della Cineteca del Comune di Bologna e dellaFilmoteca Regionale Siciliana (da cui siamo risaliti ad alcuni preziosissimi frames fotografici e che ringraziamo per la Collezione Alliata).

    Ma in mezzo ci sono le testimonianze più o meno dirette che con grossa difficoltà sono state reperite nell’arco di ben quarant’anni. Si tratta di beni immateriali che non si vedono sul territorio, di alcune tradizioni narrative che non si apprendono e non si possono ricavare da parte del visitatore, se non attraverso un libro o un reportage giornalistico come il nostro.

    Con il supporto della sagace Antropologa del Mare Marilena Maffei, di origine lucana, nonché autrice di ben sei volumi sulle “Sette Sorelle di Messina”, ci siamo calati nella storia delle pescatrici delle Isole Eolie che comincia da molto lontano.

    Quando Maffei è arrivata nel 1980 nell’Arcipelago, ha iniziato la sua ricerca e, da allora, i suoi testi sono stati adottati in cinque diversi Corsi di Laurea di famose università in Italia. Questa storia di respiro mediterraneo è stata occultata, camuffata. Il risultato “principe” è il libro “Donne di mare” del 2013, da cui nascono tante situazioni fuori dalle Eolie, dove paradossalmente nulla è nato dal punto di vista materiale.

    Unica scintilla meravigliosa ed inaspettata nella prima volta nella storia d’Italia e della Sicilia: nel 2018, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella conferisce il più prestigioso riconoscimento del Cavalierato alle ultime donne pescatrici per la vita che hanno trascorso. Questo è avvenuto “motu proprio” cioè “di propria iniziativa”, atto personale senza il supporto dell’istituzione.

    Ma il pressing che ha innescato l’operazione è stato offerto dal dossier dell’antropologa Maffei, depositato al Quirinale. La studiosa è stata invitata in tanti Atenei, come a Chioggia dove hanno commemorato le loro donne di mare, per riferire di questa storia.

    Le prime tre donne premiate sono di Lipari: Immacolata detta “Santina” Lo Presti nata nel 1929, Nicolina Mirabito nata nel 1933, Nicolina detta “Rosina” Mirabito nata nel 1935 e Rosina Taranto nata ad Alicudi nel 1946.

    «È terribile che per il resto questa categoria sia stata dimenticata - commenta -. L’Amministrazione di Malfa (comune di Salina), con la sua Sindaca Clara Rametta (non a caso donna), ha incaricato un artista di Messina Fabio Pilato di realizzare la scultura in ferro “Donne di mare”.

    Dopo tanto tribolare sarà una festa che fa tornare in vita queste figure, grazie alla mia fatica».

    Con l’onorificenza del Governo, è sorta anche l’associazione “Donne di Mare” che ha dato impulso ad altre e ha depennato il concetto che il mare appartenesse agli uomini e la terra alle donne. Vale la pena ricordare un pensiero di Rosina che non c’è più sottolineato da Maffei: «Quando andavo al mare. Non ho fatto nemmeno la terza elementare.

    Dopo il primo sonno, andavamo a pesca io, papà mio e mia sorella. Noi remavamo. Se eravamo assai, un remo per uno. Se eravamo pochi, una tutti e due remi». Generazioni di bambine a cui il mare ha tatuato le loro esistenze, il loro carattere, il loro focus di orizzonti e, nella loro immaginazione sul mare, non c’era altro se non il loro vissuto.

    Imbattersi nelle pescatrici eoliane non è un lavoro da poco e lo dobbiamo a questa dinamica antropologa che ama e ha amato queste Isole. Incontrarle per caso ai nostri giorni non è affatto più agevole, per quanto ci sia un ritorno agli antichi mestieri macomunque di eredità genitoriale. Se il comune denominatore era la pesca, la madre si cimentava insieme al suobambino che diveniva primo attore inconsapevole, con il padre o con il nonno.

    Lo spaccato che emerge con sano vigore rivela l’identità mediterranea della figura della donna con Fernand Braudel nel suo libro “Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni”: «Il pescatore era anche contadino e non avrebbe potuto vivere se non avesse esercitato entrambe le professioni”.

    Su attenta analisi di Maffei, queste donne sono coriacee come quella di Panarea: “Allora facevamo il giorno a terra e la notte a mare a pescare – sciorina la scrittrice in un passaggio del suo libro -. Che dovevamo fare per andare avanti? Eravamo una famiglia. Lavoravamo notte e giorno. In mare ne passammo tempeste, tempeste brutte. ‘A vistimo a’ morte con gli occhi… A 23 anni mi sono sposata e lo stesso andavo a mare. Facevamo una vita amara”.

    Il racconto si fa più pragmatico e ci mostra come fossimo con loro questo “andirivieni di sera verso le 7, per svolgere la prima pesca.

    Poi di mattina verso le 4 si procedeva con le reti e di sera pure. Di giorno si usavano le nasse e si pigliavano aragoste, scorfani, mostine e tanti altri pesci”. La donna marinaio per esempio rievocata a Salina aiuta il pescatore che non può permettersi il marinaio e quindi si muove con il marito in questo frangente.

    Qui, siamo in presenza di una donna che non è munita di autonomia però c’erano quelle che creavano equipaggi unicamente di gentil sesso ed uscivano tutte le sere. C’erano donne che si recavano da sole al mare e andavano a pesca di totani da un’isola all’altra con la fatica di remare tutto il giorno e vendevano i loro prodotti.

    Questo legame profondo tra il femminile ed il mare prima non veniva considerato e le pescatrici delle Eolie lo attestano. Oggi, c’è una evoluzione: dalle donne in Marina alle imprenditrici del turismo che esaltano quel bisogno di vivere il mare in armonia con esso (o con “lui”) e con il suo ambiente e farne una ricchezza per il circondario.

    All’epoca, c’era una parità di lavoro su cui si deve riflettere e non una parità di genere. La storia di Maria (nome fittizio) di Panarea ci sembra il modo più elegante per elogiare la devozione di queste donne alla propria terra e ai propri intimi affetti. Maria, nata nel 1929 (anche lei scomparsa), non ha mai conosciuto il padre perché si era trasferito in Argentina quando la madre era gravida, costruendosi per giunta un’altra famiglia all’Estero.

    Forse, adesso, non fa scandalo ma in quel periodo era una tragedia. La madre ha allevato la sua unica figlia con gli inconvenienti del caso e si faceva sostenere dalla propria madre quindi la nonna di Maria.

    La nonna, anche lei pescatrice, ogni tanto, nelle sue uscite marinare, ritornava con una tartaruga piccola per la sua nipotina, in sostituzione della bambola. Un gesto di tale potenza visiva, dettato dalle cicatrici dell’esperienza, non può essere spiegato ma abbiamo chiuso il cerchio risistemandoci allo Start.

    Solo che prima non vi avevamo descritto il dietro le quinte di Maria con sindrome d’abbandono. Un saluto va dedicato alla donna della “Rotta del Pane”, inclusa nel libro di Maffei. La consuetudine di questo personaggio di preferire la terraferma al mare è il perno, nonostante avesse un marito e
    dei figli pescatori.

    Ma questa caratteristica non la bloccava quando credeva che i suoi cari non avessero vivande sufficienti alla permanenza in mare tra Lipari e Vulcano, così partiva in barca e li andava a cercare remando fino a quando non li raggiungeva per consegnare il cibo avvolto nel “maccaturi” ovvero il fazzolettone contenitore di altri tempi. Il figlio ricordava che il padre si indispettiva per quel gesto ma nulla spostava la testardaggine e l’amore della donna di mare.

    #pêche #sicile #ÎlesÉoliennes #Genre #femme #mer #ama

  • Le café est-il un produit comme les autres ?
    https://www.franceculture.fr/emissions/sans-oser-le-demander/le-cafe-est-il-un-produit-comme-les-autres


    Matthieu Garrigou-Lagrange s’entretient avec Jean-Michel Djian, journaliste et écrivain, commissaire de l’exposition Café In au MUCEM de Marseille en 2016 et Jean-Pierre Blanc, fondateur des cafés Malongo et auteur du livre Voyages au pays du café, paru aux éditions Erick Bonnier en 2013.

    Chaque jour, 2,6 milliards de tasses de #café sont bues à travers le monde. Le café a ses amateurs qui le dégustent comme on le fait avec le vin, au point qu’un nouveau métier tend à s’imposer : les « baristas », ces sommeliers du vin. Il existe 125 espèces de café mais on en consomme seulement deux, l’ arabica (75%) et le robusta (25%). Le café viendrait d’Ethiopie, on trouve les traces de sa consommation dans la région de Kaffa, d’où son nom. Au départ, le café se consommait dans les cercles soufis yéménites pour tenir éveillés les officiants. Au fil du temps et des époques, de nombreuses vertus médicinales lui sont prêtées. En France, il fait son apparition dans le premier café de Paris, le Procope, en 1689. D’abord très cher, le café se démocratise en Europe au XVIII, au fil du temps ses prix fluctuent de manière préoccupante au point qu’une organisation, qui existe encore aujourd’hui, est créée pour en réguler le prix : l’organisation internationale du café (OIC). Deuxième production en termes d’échanges à la bourse après le pétrole, le café fait vivre 100 millions de personnes dans 80 pays producteurs.

    #podcast

  • Sciences participatives : DRYrivERS, une application smartphone pour surveiller l’assèchement des rivières | INRAE INSTIT

    COMMUNIQUE DE PRESSE - Les réseaux hydrographiques sont essentiels à notre bien-être et comptent parmi les zones de haute diversité biologique les plus menacées de la Terre. Le changement climatique et l’augmentation des besoins en #eau notamment assèchent de plus en plus les rivières. Toutefois, l’assèchement des réseaux hydrographiques reste peu étudié, compris et cartographié. Dans le cadre du projet DRYvER* piloté par #INRAE, une équipe internationale de scientifiques collecte, analyse et modélise des données provenant de #réseaux_hydrographiques sujets aux assèchements à travers deux continents, l’Europe et l’Amérique du Sud. Pour aider les scientifiques à #cartographier les asséchements des rivières, les citoyens ont désormais une application à leur disposition : DRYrivERS.

    https://www.inrae.fr/actualites/sciences-participatives-dryrivers-application-smartphone-surveiller-lassecheme

    #app #rivieres #eau

  • Operazione Guardiano delle Mura
    I nuovi scontri fra Israele e Palestina

    In poco più di una settimana dall’inizio dell’escalation militare tra Israele e Hamas sono migliaia i missili e i razzi che hanno sorvolato il cielo. Un racconto interattivo per spiegare che cosa sta succedendo...

    Youssef Hassan Holgado (testi) e Filippo Teoldi (grafica e dati)

    https://editorialedomani.netlify.app

    #infographie #gaza #palestine #hamas #

  • Che cos’è il “femminismo dei dati” e perché Bologna è una città apripista
    https://www.editorialedomani.it/politica/italia/che-cose-il-femminismo-dei-dati-e-perche-bologna-e-una-citta-apripi

    Che cos’è il “femminismo dei dati” e perché Bologna è una città apripista

    Bologna pubblicherà dati di genere e adotterà indicatori di impatto di genere fin dalla programmazione di attività e spesa. Altre città seguiranno l’esempio per portare in Italia il «data feminism» che considera i dati come dispositivo di potere dai quali quindi partire per ridurre le diseguaglianze

    #genre #Bologne #data #datafemminism #femminism

  • Plastic pollution | Plasteax

    PLASTEAX is a data platform dedicated to plastic environmental analytics. Here you can access best in class polymer and application specific waste management & leakage data, standardised and reconciled for all countries worldwide.

    https://www.plasteax.org

    #plastique #pollution #planète #data #visualisation

  • How China Lends: A Rare Look into 100 Debt Contracts with Foreign Governments

    Date Published

    Mar 31, 2021

    Authors

    #AnnaGelpern , #SebastianHorn , #ScottMorris, #BradParks, #ChristophTrebesch

    Citation

    Gelpern, A., Horn, S., Morris, S., Parks, B., & Trebesch, C. (2021). How China Lends: A Rare Look into 100 Debt Contracts with Foreign Governments. Peterson Institute for International Economics, Kiel Institute for the World Economy, Center for Global Development, and AidData at William & Mary.

    China is the world’s largest official creditor, but we lack basic facts about the terms and conditions of its lending. Very few contracts between Chinese lenders and their government borrowers have ever been published or studied. This paper is the first systematic analysis of the legal terms of China’s foreign lending. We collect and analyze 100 contracts between Chinese state-owned entities and government borrowers in 24 developing countries in Africa, Asia, Eastern Europe, Latin America, and Oceania, and compare them with those of other bilateral, multilateral, and commercial creditors. Three main insights emerge. First, the Chinese contracts contain unusual confidentiality clauses that bar borrowers from revealing the terms or even the existence of the debt. Second, Chinese lenders seek advantage over other creditors, using collateral arrangements such as lender-controlled revenue accounts and promises to keep the debt out of collective restructuring (“no Paris Club” clauses). Third, cancellation, acceleration, and stabilization clauses in Chinese contracts potentially allow the lenders to influence debtors’ domestic and foreign policies. Even if these terms were unenforceable in court, the mix of confidentiality, seniority, and policy influence could limit the sovereign debtor’s crisis management options and complicate debt renegotiation. Overall, the contracts use creative design to manage credit risks and overcome enforcement hurdles, presenting #China as a muscular and commercially-savvy lender to the developing world.

    The report:
    https://docs.aiddata.org/ad4/pdfs/How_China_Lends__A_Rare_Look_into_100_Debt_Contracts_with_Foreign_Gove


    https://www.aiddata.org/publications/how-china-lends

    #Chine #grand_créancier #commerce #prêts #economie_globale

  • Lora Webb Nichols Photography Archive

    About Lora

    Lora Webb Nichols (1883-1962) created and collected approximately 24,000 negatives over the course of her lifetime in the mining town of Encampment, Wyoming. The images chronicle the domestic, social, and economic aspects of the sparsely populated frontier of south-central Wyoming.

    Nichols received her first camera in 1899 at the age of 16, coinciding with the rise of the region’s copper mining boom. The earliest photographs are of her immediate family, self-portraits, and landscape images of the cultivation of the region surrounding the town of Encampment. In addition to the personal imagery, the young Nichols photographed miners, industrial infrastructure, and a small town’s adjustment to a sudden, but ultimately fleeting, population increase.

    As early as 1906, Nichols was working for hire as a photographer for industrial documentation and family portraits, developing and printing from a darkroom she fashioned in the home she shared with her husband and their children. After the collapse of the copper industry, Nichols remained in Encampment and established the Rocky Mountain Studio, a photography and photofinishing service, to help support her family. Her commercial studio was a focal point of the town throughout the 1920s and 1930s.

    http://www.lorawebbnichols.org/learn-more

    https://digitalcollections.uwyo.edu/luna/servlet/uwydbuwy~6~6

    #photographie #LoraWebbNichols #Wyoming #usa #west #pionier #ouest

  • M ystère du col Dyatlov : la piste de l’avalanche – Libération
    https://www.liberation.fr/lifestyle/voyages/mystere-du-col-dyatlov-la-piste-de-lavalanche-20210303_5IOPQTIBUFFIBL6BM5

    Deux chercheurs avancent l’hypothèse d’une avalanche pour expliquer la mort de neuf alpinistes russes, en 1959. Ils avaient été retrouvés mutilés et à moitié nus dans les montagnes de l’Oural.

    Du nouveau dans la résolution du mystère du col Dyatlov… Deux chercheurs travaillant en Suisse, Johan Gaume et le Russe Alexander Puzrin (1), viennent de publier une étude qui avance une explication plausible à la mort mystérieuse de neuf randonneurs dans les montagnes de l’Oural, en ex-Union soviétique, durant l’hiver 1959. La « tragédie du col Dyatlov » avait été à l’époque à l’origine d’un nombre étonnant de théories, depuis la vengeance d’un yéti meurtrier jusqu’à de secrètes expérimentations militaires.

    Rappel des faits. Le 27 janvier 1959, un groupe de neuf étudiants de l’institut polytechnique de l’#Oural partent pour deux semaines d’expédition dans les montagnes de Gora Ortoren, dans la partie nord de l’oblast, sur un tracé difficile, avec des températures de moins trente degrés. La date du retour dépassée, une équipe de secours se met en route. Le 26 février, ils finissent par trouver une tente déchiquetée sur les pentes du #KholatSyakhi (la « montagne morte » en finno-ougrien). Les effets du groupe sont restés à l’intérieur. Un peu plus loin, on découvre deux corps en sous-vêtements et chaussettes. Trois autres cadavres seront également trouvés en contrebas du site. Quatre mois plus tard, les quatre corps manquants sont identifiés dans un ravin recouvert de neige. Certains avec de terribles blessures : côtes cassées, fêlure du crâne, yeux et langues arrachés… Des sévices causés par une « force naturelle irrésistible », avancent les autorités soviétiques, qui évoquent une attaque de #Mansis (peuple autochtone pourtant pacifique) tandis que sont relevés des niveaux élevés de radiation sur les vêtements des alpinistes et que les familles s’interrogent sur l’étrange couleur des cadavres… Mais faute de réponses, l’affaire est classée et les théories les plus folles commencent à circuler.....
    #colDyatlov #alpinisme #russie

  • Trasportavano migranti dalla Slovenia in un furgone, un arresto e due fermi
    https://www.editorialedomani.it/fatti/trasportavano-migranti-dalla-slovenia-in-un-furgone-un-arresto-e-du

    L’autista a bordo del veicolo ha tentato la fuga ma si è schiantato contro un albero. Due migranti sono ricoverati in ospedale, mentre gli altri sono stati affidati a un centro accoglienza per minori. Avevano pagato dai 1.600 ai 1.800 euro il trasporto in Italia.

    Erano in otto. Tutti minori di origine bengalesi. Le forze dell’ordine li hanno trovati stipati dentro un furgone Fiat Ducato. Hanno pagato una cifra tra i 1.600 e i 1.800 euro per entrare in Italia dalla Slovenia. Ora la polizia di Trieste ha arrestato un macedone e sottoposto a fermo di indiziato di delitto un cittadino kosovaro e un altro macedone ritenuti responsabili, in concorso tra loro e con altri soggetti complici che sono in corso di identificazione, dei reati di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina.

    L’indagine

    Le indagini sono iniziate dopo che le forze dell’ordine hanno individuato dei movimenti sospetti riguardo a due veicoli, una Volkswagen Passat con targa italiana e un Fiat Ducato con targa slovena, che avrebbero potuto essere impiegati per un imminente trasporto di migranti. Dall’Italia i trafficanti hanno raggiunto la Slovenia e dopo cinque ore sono rientrati in formazione sospetta. La Passat era in prima fila per segnalare eventuali controlli delle forze dell’ordine lungo il tragitto. La polizia ha tentato di fermarli, mentre l’autista della Passat non ha opposto resistenza, l’uomo a bordo del furgone ha tentato la fuga, che si è conclusa contro un albero di palma nella località di Monrupino.

    Una volta abbandonato il veicolo, l’autista si è dileguato nell’area boschiva della zona facendo perdere le sue tracce. All’interno del furgone gli agenti hanno trovato otto minori bengalesi che sono stai trasportati immediatamente all’ospedale. Sei di loro sono stati dimessi con una prognosi di alcuni giorni e sono stati affidati a una struttura di accoglienza per minori, mentre i due rimanenti sono stati trattenuti in ospedale per via dei traumi e delle fratture riportate in seguito all’incidente.

    Le indagini sono proseguite e le forze dell’ordine hanno quindi arrestato il macedone per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso, mentre gli altri sono stati sottoposti a fermo di indiziato di delitto. Uno dei due fermati è stato possedeva una carta d’identità croata contraffatta.

    @cdb_77 #slovenie #italie #migration #accident #frontière #trieste

  • Tous chasseurs cueilleurs !
    https://www.franceinter.fr/emissions/comme-un-bruit-qui-court/comme-un-bruit-qui-court-08-juin-2019

    Quand la civilisation menace l’#environnement... retour à la chasse et la cueillette. Entretien avec James C. Scott autour de son livre "#HomoDomesticus, une histoire profonde des premiers Etats".

    On a tous en tête des souvenirs d’école sur les débuts de l’Histoire avec un grand H. Quelque part entre le Tigre et l’Euphrate il y a 10 000 ans, des chasseurs-cueilleurs se sont peu à peu sédentarisés en domestiquant les plantes et les animaux, inventant dans la foulée l’#agriculture, l’écriture et les premiers Etats. C’était l’aube de la #civilisation et le début de la marche forcée vers le #progrès.

    Cette histoire, #JamesScott, anthropologue anarchiste et professeur de sciences politiques, l’a enseignée pendant des années à ses élèves de l’Université de Yale. Mais les découvertes archéologiques dans l’actuel Irak des dernières années l’ont amené à réviser complètement ce « storytelling » du commencement des sociétés humaines, et par là même remettre en question notre rapport au monde dans son dernier livre : Homo Domesticus, une histoire profonde des premiers Etats (Ed. La Découverte).

    Alors même que climat et biodiversité sont aujourd’hui plus que jamais menacés par les activités humaines, James C. Scott propose de réévaluer l’intérêt des sociétés d’avant l’Etat et l’agriculture. Car ces chasseurs-cueilleurs semi-nomades ont longtemps résisté face aux civilisations agraires, basées sur les céréales et qui, en domestiquant le monde, se sont domestiqués eux-mêmes, en appauvrissant leur connaissance du monde.

    Un reportage de Giv Anquetil.
    Les liens

    James C. Scott : « Le monde des chasseurs-cueilleurs était un monde enchanté » (Le grand entretien) par Jean-Christophe Cavallin, Diakritik

    Plutôt couler en beauté que flotter sans grâce, Réflexions sur l’effondrement, Corinne Morel Darleux, Editions Libertalia

    "Amador Rojas invite Karime Amaya" Chapiteau du Cirque Romanès - Paris 16, Paris. Prochaine séance le vendredi 14 juin à 20h.

    Homo Domesticus, une histoire profonde des premiers Etats, James C. Scott (Editions La Découverte)

    Eloge des chasseurs-cueilleurs, revue Books (mai 2019).

    HOMO DOMESTICUS - JAMES C. SCOTT Une Histoire profonde des premiers États [Fiche de lecture], Lundi matin

    Bibliographie de l’association Deep Green Resistance
    Programmation musicale

    "Mesopotamia"- B52’s

    "Cholera" - El Rego et ses commandos

    #podcast @cdb_77

    • Homo Domesticus. Une histoire profonde des premiers États

      Aucun ouvrage n’avait jusqu’à présent réussi à restituer toute la profondeur et l’extension universelle des dynamiques indissociablement écologiques et anthropologiques qui se sont déployées au cours des dix millénaires ayant précédé notre ère, de l’émergence de l’agriculture à la formation des premiers centres urbains, puis des premiers États.
      C’est ce tour de force que réalise avec un brio extraordinaire #Homo_domesticus. Servi par une érudition étourdissante, une plume agile et un sens aigu de la formule, ce livre démonte implacablement le grand récit de la naissance de l’#État antique comme étape cruciale de la « #civilisation » humaine.
      Ce faisant, il nous offre une véritable #écologie_politique des formes primitives d’#aménagement_du_territoire, de l’« #autodomestication » paradoxale de l’animal humain, des dynamiques démographiques et épidémiologiques de la #sédentarisation et des logiques de la #servitude et de la #guerre dans le monde antique.
      Cette fresque omnivore et iconoclaste révolutionne nos connaissances sur l’évolution de l’humanité et sur ce que Rousseau appelait « l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes ».


      https://www.editionsladecouverte.fr/homo_domesticus-9782707199232

      #James_Scott #livre #démographie #épidémiologie #évolution #humanité #histoire #inégalité #inégalités #Etat #écologie #anthropologie #ressources_pédagogiques #auto-domestication

    • Fiche de lecture: Homo Domesticus - James C. Scott

      Un fidèle lecteur de lundimatin nous a transmis cette fiche de lecture du dernier ouvrage de James C. Scott, (on peut la retrouver sur le blog de la bibliothèque fahrenheit) qui peut s’avérer utile au moment l’institution étatique semble si forte et fragile à la fois.
      « L’État est à l’origine un racket de protection mis en œuvre par une bande de voleurs qui l’a emporté sur les autres »
      À la recherche de l’origine des États antiques, James C. Scott, professeur de science politique et d’anthropologie, bouleverse les grands #récits_civilisationnels. Contrairement à bien des idées reçues, la #domestication des plantes et des animaux n’a pas entraîné la fin du #nomadisme ni engendré l’#agriculture_sédentaire. Et jusqu’il y a environ quatre siècles un tiers du globe était occupé par des #chasseurs-cueilleurs tandis que la majorité de la population mondiale vivait « hors d’atteinte des entités étatiques et de leur appareil fiscal ».
      Dans la continuité de #Pierre_Clastres et de #David_Graeber, James C. Scott contribue à mettre à mal les récits civilisationnels dominants. Avec cette étude, il démontre que l’apparition de l’État est une anomalie et une contrainte, présentant plus d’inconvénients que d’avantages, raison pour laquelle ses sujets le fuyait. Comprendre la véritable origine de l’État c’est découvrir qu’une toute autre voie était possible et sans doute encore aujourd’hui.

      La première domestication, celle du #feu, est responsable de la première #concentration_de_population. La construction de niche de #biodiversité par le biais d’une #horticulture assistée par le feu a permis de relocaliser la faune et la flore désirable à l’intérieur d’un cercle restreint autour des #campements. La #cuisson des aliments a externalisé une partie du processus de #digestion. Entre 8000 et 6000 avant notre ère, Homo sapiens a commencé à planter toute la gamme des #céréales et des #légumineuses, à domestiquer des #chèvres, des #moutons, des #porcs, des #bovins, c’est-à-dire bien avant l’émergence de sociétés étatiques de type agraire. Les premiers grands établissements sédentaires sont apparus en #zones_humides et non en milieu aride comme l’affirment les récits traditionnels, dans des plaines alluviales à la lisière de plusieurs écosystèmes (#Mésopotamie, #vallée_du_Nil, #fleuve_Indus, #baie_de_Hangzhou, #lac_Titicata, site de #Teotihuacan) reposant sur des modes de subsistance hautement diversifiés (sauvages, semi-apprivoisés et entièrement domestiqués) défiant toute forme de comptabilité centralisée. Des sous-groupes pouvaient se consacrer plus spécifiquement à une stratégie au sein d’un économie unifiée et des variations climatiques entraînaient mobilité et adaptation « technologique ». La #sécurité_alimentaire était donc incompatible avec une #spécialisation étroite sur une seule forme de #culture ou d’#élevage, requérant qui plus est un travail intensif. L’#agriculture_de_décrue fut la première à apparaître, n’impliquant que peu d’efforts humains.
      Les #plantes complètement domestiquées sont des « anomalies hyperspécialisées » puisque le cultivateur doit contre-sélectionner les traits sélectionnés à l’état sauvage (petite taille des graines, nombreux appendices, etc). De même les #animaux_domestiqués échappent à de nombreuses pressions sélectives (prédation, rivalité alimentaire ou sexuelle) tout en étant soumis à de nouvelles contraintes, par exemple leur moins grande réactivité aux stimuli externes va entraîner une évolution comportementale et provoquer la #sélection des plus dociles. On peut dire que l’espèce humaine elle-même a été domestiquée, enchaînée à un ensemble de routines. Les chasseurs-cueilleurs maîtrisaient une immense variété de techniques, basées sur une connaissance encyclopédique conservée dans la mémoire collective et transmise par #tradition_orale. « Une fois qu’#Homo_sapiens a franchi le Rubicon de l’agriculture, notre espèce s’est retrouvée prisonnière d’une austère discipline monacale rythmée essentiellement par le tic-tac contraignant de l’horloge génétique d’une poignée d’espèces cultivées. » James C. Scott considère la #révolution_néolithique récente comme « un cas de #déqualification massive », suscitant un #appauvrissement du #régime_alimentaire, une contraction de l’espace vital.
      Les humains se sont abstenus le plus longtemps possible de faire de l’agriculture et de l’élevage les pratiques de subsistance dominantes en raison des efforts qu’elles exigeaient. Ils ont peut-être été contraints d’essayer d’extraire plus de #ressources de leur environnement, au prix d’efforts plus intenses, à cause d’une pénurie de #gros_gibier.
      La population mondiale en 10 000 avant notre ère était sans doute de quatre millions de personnes. En 5 000, elle avait augmenté de cinq millions. Au cours des cinq mille ans qui suivront, elle sera multipliée par vingt pour atteindre cent millions. La stagnation démographique du #néolithique, contrastant avec le progrès apparent des #techniques_de_subsistance, permet de supposer que cette période fut la plus meurtrière de l’histoire de l’humanité sur le plan épidémiologique. La sédentarisation créa des conditions de #concentration_démographique agissant comme de véritables « parcs d’engraissement » d’#agents_pathogènes affectant aussi bien les animaux, les plantes que les humains. Nombre de #maladies_infectieuses constituent un « #effet_civilisationnel » et un premier franchissement massif de la barrière des espèces par un groupe pathogènes.
      Le #régime_alimentaire_céréalier, déficient en #acides_gras essentiels, inhibe l’assimilation du #fer et affecte en premier lieu les #femmes. Malgré une #santé fragile, une #mortalité infantile et maternelle élevée par rapport aux chasseurs-cueilleurs, les agriculteurs sédentaires connaissaient des #taux_de_reproduction sans précédent, du fait de la combinaison d’une activité physique intense avec un régime riche en #glucides, provoquant une #puberté plus précoce, une #ovulation plus régulière et une #ménopause plus tardive.

      Les populations sédentaires cultivant des #céréales domestiquées, pratiquant le commerce par voie fluviale ou maritime, organisées en « #complexe_proto-urbain », étaient en place au néolithique, deux millénaires avant l’apparition des premiers États. Cette « plateforme » pouvait alors être « capturée », « parasitée » pour constituer une solide base de #pouvoir et de #privilèges politiques. Un #impôt sur les céréales, sans doute pas inférieur au cinquième de la récolte, fournissait une rente aux élites. « L’État archaïque était comme les aléas climatiques : une menace supplémentaire plus qu’un bienfaiteur. » Seules les céréales peuvent servir de base à l’impôt, de part leur visibilité, leur divisibilité, leur « évaluabilité », leur « stockabilité », leur transportabilité et leur « rationabilité ». Au détour d’un note James C. Scott réfute l’hypothèse selon laquelle des élites bienveillantes ont créé l’État essentiellement pour défendre les #stocks_de_céréales et affirme au contraire que « l’État est à l’origine un racket de protection mis en œuvre par une bande de voleurs qui l’a emporté sur les autres ». La majeure partie du monde et de sa population a longtemps existé en dehors du périmètre des premiers États céréaliers qui n’occupaient que des niches écologiques étroites favorisant l’#agriculture_intensive, les #plaines_alluviales. Les populations non-céréalières n’étaient pas isolées et autarciques mais s’adonnaient à l’#échange et au #commerce entre elles.
      Nombre de #villes de #Basse_Mésopotamie du milieu du troisième millénaire avant notre ère, étaient entourées de murailles, indicateurs infaillibles de la présence d’une agriculture sédentaire et de stocks d’aliments. De même que les grandes #murailles en Chine, ces #murs d’enceinte étaient érigés autant dans un but défensif que dans le but de confiner les paysans contribuables et de les empêcher de se soustraire.
      L’apparition des premiers systèmes scripturaux coïncide avec l’émergence des premiers États. Comme l’expliquait #Proudhon, « être gouverné, c’est être, à chaque opération, à chaque transaction, à chaque mouvement, noté, enregistré, recensé, tarifé, timbré, toisé, coté, cotisé, patenté, licencié, autorisé, apostillé, admonesté, empêché, réformé, redressé, corrigé ». L’#administration_étatique s’occupait de l’#inventaire des ressources disponibles, de #statistiques et de l’#uniformisation des #monnaies et des #unités_de_poids, de distance et de volume. En Mésopotamie l’#écriture a été utilisée à des fins de #comptabilité pendant cinq siècle avant de commencer à refléter les gloires civilisationnelles. Ces efforts de façonnage radical de la société ont entraîné la perte des États les plus ambitieux : la Troisième Dynastie d’#Ur (vers 2100 avant J.-C.) ne dura qu’à peine un siècle et la fameuse dynastie #Qin (221-206 avant J.-C.) seulement quinze ans. Les populations de la périphérie auraient rejeté l’usage de l’écriture, associée à l’État et à l’#impôt.

      La #paysannerie ne produisait pas automatiquement un excédent susceptible d’être approprié par les élites non productrices et devait être contrainte par le biais de #travail_forcé (#corvées, réquisitions de céréales, #servitude pour dettes, #servage, #asservissement_collectif ou paiement d’un tribu, #esclavage). L’État devait respecter un équilibre entre maximisation de l’excédent et risque de provoquer un exode massif. Les premiers codes juridiques témoignent des efforts en vue de décourager et punir l’#immigration même si l’État archaïque n’avait pas les moyens d’empêcher un certain degré de déperdition démographique. Comme pour la sédentarité et la domestication des céréales, il n’a cependant fait que développer et consolider l’esclavage, pratiqué antérieurement par les peuples sans État. Égypte, Mésopotamie, Grèce, Sparte, Rome impériale, Chine, « sans esclavage, pas d’État. » L’asservissement des #prisonniers_de_guerre constituait un prélèvement sauvage de main d’œuvre immédiatement productive et compétente. Disposer d’un #prolétariat corvéable épargnait aux sujets les travaux les plus dégradants et prévenait les tensions insurrectionnelles tout en satisfaisant les ambitions militaires et monumentales.

      La disparition périodique de la plupart de ces entités politiques était « surdéterminée » en raison de leur dépendance à une seule récolte annuelle d’une ou deux céréales de base, de la concentration démographique qui rendait la population et le bétail vulnérables aux maladies infectieuses. La vaste expansion de la sphère commerciale eut pour effet d’étendre le domaine des maladies transmissibles. L’appétit dévorant de #bois des États archaïques pour le #chauffage, la cuisson et la #construction, est responsable de la #déforestation et de la #salinisation_des_sols. Des #conflits incessants et la rivalité autour du contrôle de la #main-d’œuvre locale ont également contribué à la fragilité des premiers États. Ce que l’histoire interprète comme un « effondrement » pouvait aussi être provoqué par une fuite des sujets de la région centrale et vécu comme une #émancipation. James C. Scott conteste le #préjugé selon lequel « la concentration de la population au cœur des centres étatiques constituerait une grande conquête de la civilisation, tandis que la décentralisation à travers des unités politiques de taille inférieure traduirait une rupture ou un échec de l’ordre politique ». De même, les « âges sombres » qui suivaient, peuvent être interprétés comme des moments de résistance, de retours à des #économies_mixtes, plus à même de composer avec son environnement, préservé des effets négatifs de la concentration et des fardeaux imposés par l’État.

      Jusqu’en 1600 de notre ère, en dehors de quelques centres étatiques, la population mondiale occupait en majorité des territoires non gouvernés, constituant soit des « #barbares », c’est-à-dire des « populations pastorales hostiles qui constituaient une menace militaire » pour l’État, soit des « #sauvages », impropres à servir de matière première à la #civilisation. La menace des barbares limitait la croissance des États et ceux-ci constituaient des cibles de pillages et de prélèvement de tribut. James C. Scott considère la période qui s’étend entre l’émergence initiale de l’État jusqu’à sa conquête de l’hégémonie sur les peuples sans État, comme une sorte d’ « âge d’or des barbares ». Les notions de #tribu ou de peuple sont des « #fictions_administratives » inventées en tant qu’instrument de #domination, pour désigner des #réfugiés politiques ou économiques ayant fuit vers la périphérie. « Avec le recul, on peut percevoir les relations entre les barbares et l’État comme une compétition pour le droit de s’approprier l’excédent du module sédentaire « céréales/main-d’œuvre ». » Si les chasseurs-cueilleurs itinérants grappillaient quelques miettes de la richesse étatique, de grandes confédérations politiques, notamment les peuples équestres, véritables « proto-États » ou « Empires fantômes » comme l’État itinérant de #Gengis_Kahn ou l’#Empire_Comanche, constituaient des concurrents redoutables. Les milices barbares, en reconstituant les réserves de main d’œuvre de l’État et en mettant leur savoir faire militaire au service de sa protection et de son expansion, ont creusé leur propre tombe.

      Dans la continuité de Pierre Clastres et de David Graeber, James C. Scott contribue à mettre à mal les récits civilisationnels dominants. Avec cette étude, il démontre que l’apparition de l’État est une #anomalie et une #contrainte, présentant plus d’inconvénients que d’avantages, raison pour laquelle ses sujets le fuyait. Comprendre la véritable origine de l’État c’est découvrir qu’une toute autre voie était possible et sans doute encore aujourd’hui.

      https://lundi.am/HOMO-DOMESTICUS-Une-Histoire-profonde-des-premiers-Etats
      #historicisation

  • Six techniques pour vérifier l’authenticité d’un document
    https://gijn.org/six-techniques-pour-verifier-lauthenticite-dun-document

    Il est tout à fait possible de démontrer qu’une image a été manipulée, à condition de connaître les bons outils. GIJN a élaboré un guide méthodologique pour vous expliquer étape par étape comment vérifier la véracité d’une information dans six cas de figure différents :

    1. Manipulation d’images – Facile à repérer, en utilisant des outils comme la recherche d’image inversée sur Google.
    2. Astuces vidéo – De l’importance d’examiner attentivement la vidéo et de rechercher l’originale.
    3. Faits trompeurs – Surveillez les titres trompeurs, les opinions présentées comme des faits, les distorsions, les faits inventés et les détails négligés.
    4. Pseudo-experts, experts imaginaires et experts dont la parole est déformée – Comment vérifier leurs qualifications et leurs déclarations.
    5. Usage des médias – Surveillez les fausses déclarations qui se réfèrent à des médias grand public.
    6. Manipulation des données – Examinez la méthodologie, les questions, les clients et plus encore.
    ....

    #fakenews #verification #factchecking

  • «Come eri vestita? » Gli abiti delle vittime di stupro in mostra - Tiscali Milleunadonna

    _La mostra «What Were You Wearing?» è stata organizzata in una scuola del Kansas dal Centro prevenzione e formazione sessual_ e

    https://www.milleunadonna.it/attualita/articoli/abiti-vittime-stupro-mostra-stereotipi

    A nessuna vittima di un reato si chiede cosa indossasse al momento dell’offesa, solo alle donne stuprate. Una delle prime domande che le sventurate si sentono porgere da chi raccoglie le loro testimonianze è “com’era vestita?”. E proprio questo assurda richiesta è diventata il titolo di una mostra allestita dagli studenti dell’Università del Kansas, nel Midwest degli Stati Uniti. Ma “What Were You Wearing?” è un tale cazzotto allo stomaco che sta facendo il giro del mondo. Le immagini di quegli abiti “da stupro” stanno colpendo la coscienza di tanti anche grazie alle condivisioni sui social.
    I racconti raccolti dagli studenti

    Si tratta di 18 vestiti, esposti ognuno accanto a un pannello con una storia (vera) di poche righe raccontata da una donna che ha subito abusi sessuali e che indossava un vestito proprio simile a quello quand’è successo. La mostra, voluta dalla direttrice dell’Istituto universitario per la prevenzione e l’educazione sessuale Jen Brockman, è fatta di pantaloni, maglioni, vestiti, magliette di uso comune. Non sono i «reperti» dei casi di violenze indossati davvero dalle vittime, li hanno portati gli studenti sulla base dei racconti raccolti, in alcuni casi, parlando direttamente con le vittime.

    I cartelli a fianco agli abiti

    «T-shirt e jeans. È successo tre volte nella mia vita, con tre persone diverse. E ogni volta avevo addosso t-shirt e jeans», racconta uno dei cartelli. «Un vestitino carino. Mi è piaciuto appena l’ho visto (...) volevo solo divertirmi quella notte (...) Mi ricordo di come strisciavo sul pavimento cercando quello stupido vestito», è la storia legata a un abitino rosso. «Un prendisole. Mesi dopo mia madre, in piedi davanti al mio armadio, si sarebbe lamentata del fatto che non lo avevo più messo. Avevo sei anni», rivela un’ex bambina dall’infanzia violata.
    Il pregiudizio che non muore

    Dicono tanto quei 18 vestiti e prima di tutto dicono che l’abito non conta nulla, che non importa cosa indossi: lo stupratore abusa di te a prescindere da cosa tu abbia messo su quel giorno maledetto. Potevi avere la tuta ed essere coperta dalla testa ai piedi perché stavi andando a correre al parco, potevi avere la minigonna perché stavi andando a ballare, potevi avere i jeans e una maglietta perché stavi semplicemente andando a farti i fatti tuoi. Oppure potevi avere un prendisole sbracciato perché eri una bambina di sei anni e quel giorno faceva caldo. La mostra parla di questo: di uno stereotipo duro a morire secondo il quale la vittima di uno stupro potrebbe avere provocato il suo aguzzino con un atteggiamento equivoco, con una abbigliamento “invitante”: una delle tante versione del “te la sei cercata” che ancora vige soprattutto nelle aule dei tribunali dove, immancabilmente, la linea difensiva dei legali degli stupratori è sempre la stessa: la vittima era consenziente.

  • La Somalia di Ilaria - RaiPlay
    https://www.raiplay.it/programmi/lasomaliadiilaria

    La giornalista del TG3 #IlariaAlpi è stata uccisa a #Mogadiscio assieme al suo cineoperatore #MiranHrovatin il 20 marzo 1994. RaiPlay la ricorda con lo speciale «La Somalia di Ilaria», andato in onda ad un mese dalla sua tragica morte, che raccoglie le sue coraggiose inchieste in Somalia.

    #somalie #journalisme #rai

  • « Irak, destruction d’une nation » : la série documentaire événement à voir en avant-première sur Mediapart | Documentaires | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/studio/documentaires/international/irak-destruction-d-une-nation-la-serie-documentaire-evenement-voir-en-avan

    Des premiers jours de la guerre Iran-Irak, en 1980, à la défaite de l’État islamique, en 2017, quatre documentaires exceptionnels racontent quarante ans de conflits qui ont conduit le pays au chaos et ont changé le monde.

    Des premiers jours de la guerre Iran-Irak, en 1980, à la défaite de l’État islamique, en 2017, cette série documentaire de Jean-Pierre Canet, diffusée dimanche 31 janvier sur France 5 et à voir en avant-première sur Mediapart, raconte quarante ans de conflits qui ont conduit l’Irak au chaos.

    Une histoire irakienne autant qu’américaine et française où se mêlent intérêts diplomatiques, économiques et militaires, racontée par ceux qui l’ont vécue, à Washington, Paris ou en Irak. Une plongée sur 40 ans qui ont changé le monde.

    Épisode 1 – L’allié

    Aux premiers jours de 1980, Saddam Hussein, alors perçu comme un moderniste par les nations occidentales, s’engage dans une guerre totale contre son voisin iranien. L’Europe et les États-Unis voient le raïs comme un bouclier contre l’obscurantisme islamiste des mollahs.

    Épisode 2 – L’adversaire

    Persuadé que les grandes puissances le laisseront faire, Saddam Hussein envahit le #Koweït le 2 août 1990. Américains, Britanniques et Français s’accordent pour punir l’Irak, sans vraiment chercher de solution diplomatique. La guerre du Golfe enclenchée en janvier 1991 est aussi rapide que dévastatrice : les Irakiens sous un déluge de feu voient leurs infrastructures rasées. 100 000 soldats et au moins 60 000 civils meurent. S’ensuit un embargo long de douze ans, qui va faire payer au peuple irakien la mégalomanie de son président.

    Épisode 3 – Le condamné

    Pour une partie de la classe politique américaine, faire chuter le dictateur irakien est une obsession. Les attentats du 11 septembre 2001 leur offrent une opportunité unique d’y parvenir. Pour justifier la guerre à venir, Washington ment et accuse Saddam Hussein de posséder des armes de destruction massive et d’avoir soutenu les terroristes d’Al-Qaïda. Après une guerre éclair, la Maison Blanche administre le pays dans l’improvisation. Le chaos s’installe. D’un statut de libérateurs, les soldats américains deviennent des envahisseurs aux yeux des Irakiens.

    Épisode 4 – Le fantôme

    En 2007, en pleine guerre civile, le fantôme de #SaddamHussein, exécuté un an plus tôt pour crimes contre l’humanité, plane sur l’#Irak. Le raïs était un dictateur, mais il avait réussi à tenir le peuple irakien composé de sunnites, de chiites, et de minorités ethniques et religieuses. Les Américains, eux, sont dépassés par la violence qui déchire le pays où le terrorisme islamiste prospère. À coups de millions de dollars, ils financent les tribus sunnites pour combattre #Al-Qaïda et soutenir le nouveau régime. Mais #BarackObama décide le retrait des troupes américaines d’Irak en 2011 et laisse ainsi le champ libre au voisin iranien qui impose son influence. Une seconde guerre civile éclate.

  • Histoires des médias, Jacques Attali | Fayard
    https://www.fayard.fr/documents-temoignages/histoires-des-medias-9782213717265

    Une #histoire de l’information et de ceux qui la font des origines à nos jours, et jusqu’aux enjeux de demain.
    « Depuis toujours, l’homme a besoin de savoir ce qui le menace, ce qui nuit aux autres ou les sert. Et pendant longtemps, seule une poignée de puissants, souverains, religieux, marchands, ont eu le monopole de l’information, de sa fabrication à sa circulation. Une information libre, diffusée par des médias accessibles à tous et établie par des professionnels cherchant la vérité est le fruit d’une histoire récente, inattendue, fascinante. Et elle est à présent terriblement menacée.
    Comment distinguer le vrai du faux, l’information de la distraction ? Quel rapport entre informer, convaincre, enseigner, distraire ? Comment la #démocratie résistera-t-elle aux formes de censure et de surveillance ? En quoi le déluge actuel et à venir d’informations, vraies ou fausses, influera-t-il sur notre façon de gérer les grands problèmes d’aujourd’hui et de demain ? Les réseaux sociaux, outils de surveillance généralisée, qui font de chacun le journaliste de lui-même, seront-ils balayés par une vague technologique plus puissante ? Les journalistes seront-ils remplacés par des automates ou resteront-ils des acteurs irremplaçables de la démocratie ?
    Tels sont les sujets de ce livre. Encore une fois, comme pour tous les autres domaines dont j’ai tenté jusqu’ici de prévoir le devenir, celui des médias, vertigineux, ne peut être imaginé et maîtrisé qu’en remontant très loin dans son histoire, ou plutôt ses histoires. Ses passionnantes histoires. »

    #livre #media #journalisme #JacquesAttali #fakenews

  • Editions Textuel - Livre - La société de vigilance
    https://www.editionstextuel.com/livre/la_-societe_dvigilance

    La société de vigilance
    Auto-surveillance, délation et haines sécuritaires
    Vanessa Codaccioni

    Injonctions sécuritaires et obéissance citoyenne
    Partout dans le monde, les populations sont incitées à se mobiliser pour assurer leur propre sécurité et celle de leur pays. Partout, les appels à la vigilance et à la responsabilité individuelle se multiplient, tandis que les États s’appuient de plus en plus sur les citoyennes et les citoyens pour surveiller, réprimer et punir. Au travail, sur internet, dans la rue, à l’école, au sein de la famille.
    Prolongeant ses travaux sur la #répression, #VanessaCodaccioni retrace l’avènement de ce phénomène. Elle montre comment de nombreux dispositifs tendent à utiliser les populations à des fins sécuritaires, à impulser des comportements policiers, espions ou guerriers en leur sein et à institutionnaliser la #surveillance mutuelle et la #délation. Ces injonctions sécuritaires visent à obtenir l’ #obéissance citoyenne et à légitimer la répression.

  • A War Photographer Embeds With the Capitol Hill Mob
    Ron Haviv, who once covered a coup attempt in Panama, followed rioters through a broken window into the seat of his own nation’s legislative branch.

    For more than three decades, photojournalist Ron Haviv has covered wars and unrest across five continents. One of his first international assignments was covering the 1989 coup attempt in Panama.* So when he watched President Trump order his fever-pitch mob of supporters to “walk down to the Capitol” on Wednesday to somehow correct the “egregious assault on our democracy” involved in counting and certifying votes, Haviv could gauge better than most what might happen next.

    “I kind of did imagine that if everything went wrong, I could see them getting into the Capitol,” he told me by phone Wednesday evening. “But I didn’t see it being as easy as it turned out to be. Why would you think that? It just seems ridiculous. This is the United States government.”

    But it took only an hour or so for rioters answering the call of their mad overlord to push past #Capitol Police and start ramming their way into the building. Haviv spotted a group of a dozen or so climbing the scaffolding of the inaugural stand being built for January 20, and heading toward a window. “I went with the moment,” he said, and climbed in with them. “The scaffolding was all the protection there was. They were getting pepper-sprayed and some flash bombs, but that didn’t really stop them.”

    https://newrepublic.com/article/160822/war-photographer-embeds-capitol-hill-mob

    #usa #ronHaviv #photojournalisme

    • When the group found themselves inside (see video above) there was more of a sense of confusion than of purpose: We’re in, what now? “They had expected a lot more to follow them,” Haviv said. “They just didn’t know what to do. There was no leadership, there was no plan. Also, there was no target. They weren’t saying, ‘We’re going to get Pence or McConnell.’ Just, ‘We’re going in, it’s ours. You let Black Lives Matter do whatever they want, and this is what we want to do.’”

      Later, after the initial group emerged into a fog of smoke from the late-amassing police, Haviv followed a second group of 10 or so back in. His images show the jagged, chaotic, and raw nature of the attempt to steal America for Donald Trump—the fervent futility of what transpired inside the Capitol.

      As they charged the Capitol, rioters sprayed what Haviv says was “orange-colored liquid” at the increasingly overmatched Capitol Police. “It’s our house, we want justice!” some hollered.

      Police tried to deter the marauders with pepper spray and flash bombs just outside the Capitol. “If people had actually known what they were doing,” Haviv said, “actually had some plans, the police would have obviously been overwhelmed” more quickly and thoroughly.

      The first group of about a dozen to breach the building climbed the inaugural scaffolding, mounted a set of stairs, and smashed through this window, “as amazed as anyone else that they were just able to keep going forward.”

      Inside the Capitol, federal police attempted to prevent additional rioters from entering through the broken window.

      The first intruders encountered just one Capitol Police officer, who tried to hold them off alone before fleeing to the second floor, where the House and Senate chambers are located, to join his colleagues. The mob followed.

      Once they’d broken in, the rioters were at a loss what to do next. “This guy is ransacking an office on the Senate side for no reason,” Haviv said, “while other people yell at him for ransacking.”

      A Trump supporter stopped for a rest during the melee, next to a bust of Richard Nixon. Earlier, Haviv saw the man snatch the police flak jacket he’s wearing, along with the shield, gear left by the police outside.

      A second wave of rioters entered the Capitol, having cheerfully helped Haviv, with his media badge, through the window. “I was surprised they didn’t realize they were committing crimes and that we were photographing them.”

  • Petites ficelles et grandes manœuvres de l’industrie du tabac pour réhabiliter la nicotine

    Les cigarettiers exploitent d’hypothétiques vertus de la nicotine, notamment contre le Covid-19. Premier volet d’une enquête du « Monde » et de « The Investigative Desk » (Amsterdam).

    C’est un essai clinique qui embarrasse. Lancé en novembre à Paris, « Nicovid Prev » doit évaluer la capacité d’une substance à prévenir une infection par le virus SARS-CoV-2. Or cette substance n’est pas anodine : il s’agit de la nicotine. Plus de 1 600 personnels soignants non-fumeurs seront ainsi mis sous patch nicotinique pendant plusieurs mois. « De nombreux arguments suggèrent que la nicotine serait responsable [d’un] effet protecteur en inhibant la pénétration et la propagation du virus dans les cellules », affirme le communiqué de l’Assistance publique-Hôpitaux de Paris (AP-HP), promotrice de cet essai financé à hauteur de 1,8 million d’euros par le ministère des solidarités et de la santé.

    La « découverte » remonte au printemps. Deux études sont mises en ligne coup sur coup par des médecins de l’hôpital de la Pitié-Salpêtrière, à Paris. La première annonce, le 19 avril, que seuls 5 % des patients atteints de Covid-19 sont fumeurs, tandis que la France compte 25,4 % de fumeurs quotidiens. Un chiffre qui « suggère fortement que les fumeurs quotidiens ont une probabilité beaucoup plus faible de développer une infection symptomatique ou grave par le SARS-Cov-2 par rapport à la population générale », écrit l’équipe de Zahir Amoura, chef du service de médecine interne 2, maladies auto-immunes et systémiques.

    La seconde étude, quant à elle, formule l’hypothèse d’un mécanisme biologique qui pourrait l’expliquer et « contribuer à sauver des vies » : une possible action de la nicotine sur les récepteurs d’entrée du virus, appelés récepteurs ACE2. « Les substituts nicotiniques pourraient fournir un traitement efficace pour des infections aiguës comme le Covid-19 », avancent les auteurs.

    https://www.lemonde.fr/planete/article/2020/12/19/petites-ficelles-et-grandes-man-uvres-de-l-industrie-du-tabac-pour-rehabilit


    #tabac #industrie_du_tabac #nicotine #covid19

  • European Union Moves To Outlaw Encrypted Apps | Zero Hedge
    https://www.zerohedge.com/political/european-union-moves-outlaw-encrypted-apps
    https://zh-prod-1cc738ca-7d3b-4a72-b792-20bd8d8fa069.storage.googleapis.com/s3fs-public/styles/max_650x650/public/2020-11/mont_key.5944881+%281%29.jpg?itok=uyqyGbWn

    An EU council of ministers resolution spearheaded by French Prime Minister Emmanuel Macron and Austrian Chancellor Sebastian Kurz of the conservative Austrian People’s Party would mandate that apps such as Telegram, Signal, and #WhatsApp provide European intelligence services with #backdoorAccess in order to allow them to better monitor the conversations of their citizens.

    Encryption is an important tool used by dissidents, journalists and privacy-conscious citizens around the world in an age of mass surveillance and strict social media censorship. Millions have started embracing the technology in the West as the rulers of the Anglosphere and Europe continue to lose public confidence and become more repressive.

    The excuse being given for this effort is a spate of recent terrorist attacks in France and Austria committed by Islamic extremists. Rather than contend with the complex cultural, ethnic and immigration issues that lead to such violence, Macron, Kurz and the interests they represent see an opportunity to expand their eavesdropping power over their increasingly frightened population.

    In recent years, laws passed by liberal governments under the guise of combating foreign Islamic terrorism have been utilized against citizens espousing nationalist, populist and dissident ideas, as well as adversarial political factions.

    In the United States, the Department of Homeland Security (DHS) was founded after 9/11 to combat Al Qaeda operations domestically, but its unconstitutional powers today are largely focused on going after right-wing white men. The FBI’s CIA-like power granted to them in the name of counter-terrorism lowered the bar for surveillance via the secret FISA court and was used by permanent bureaucrats to entrap and spy on members of Donald Trump’s presidential campaign in 2016.

    Figures struggling with low approval ratings like Macron have a vested interest in being able to spy on protest movements like the Yellow Vests, who have largely been shut down by Facebook and forced to migrate to Telegram.

    In pursuing these measures, Europe will be following the lead of the Five Eyes intelligence network (United Kingdom, United States, Australia, New Zealand and Canada), which last October put out a call for an international plan to end accessible encryption for ordinary citizens.

    In their statement last month, the Department of Justice claimed they were concerned with the proliferation of child pornography over these apps. This rationalization rings hollow since the FBI’s budget for combating child exploitation and pornography has remained stagnant over the years and they continue to allocate meager resources to even investigate the record number of reports they receive.

    Countries that ban encrypted apps are currently derided by neo-liberal institutions in Europe for being oppressive.

    Last January, the European Court of Human Rights (ECHR) ruled that Russia’s ban on #Telegram following the app designer’s refusal to provide a backdoor to aid in a terrorism investigation was a violation of free expression. Russia has since unbanned the app.

    But litigation against a potential ban inside of Europe itself may not be as successful, according to the court’s track record.

    The ECHR exposed itself as a fraudulent propaganda tool when it ruled in 2019 that expressing skepticism on the “Holocaust” narrative is not a human right, while simultaneously affirming that Armenian genocide denial at the hands of the Turkish government is protected free speech.

    Whatever comes of this EU effort, it’s clear that the liberal elite’s response to problems they create will be no different than what they criticize China or Russia for.

    #eu #cryptographie #privacy

  • Un général accusé d’avoir couvert des actes de torture brigue la présidence d’Interpol | Mediacités

    Inspecteur général de la police des #ÉmiratsArabesUnis, #AhmedNasserAl-Raisi est, pour le moment, le seul candidat connu à la tête de l’agence mondiale basée à #Lyon. Deux britanniques, dont l’un a accepté de témoigner pour #Mediacités, l’accusent d’avoir fermé les yeux sur des actes de torture dont ils disent avoir été victimes.

    https://www.mediacites.fr/enquete/lyon/2020/11/10/un-general-accuse-davoir-couvert-des-actes-de-torture-brigue-la-presidenc

    #interpol #police

  • Bon plan : le Collège de France met en ligne gratuitement plus de 10 000 cours prestigieux

    Vous voulez vous la péter en soirée ? Voici un grand nombre de sujets pointus sur lesquels vous pourrez disserter.

    Alors que la #France est reconfinée à cause d’une nouvelle vague de contamination, le #CollègeDeFrance semble très soucieux de continuer à faire vivre la #culture et éveiller les consciences lors de cette période troublée. L’institution vouée à « enseigner le savoir en train de se faire dans les domaines des lettres, des sciences ou des arts » est un établissement public d’enseignement supérieur et de recherche, créé au XVIe siècle.

    Dans le cadre de sa politique de libre accès au savoir, le Collège de France met à disposition plus de 10 000 contenus gratuits. Vidéos, podcasts, conférences, séminaires... la maison du savoir français ouvre le champs des possibles pour nous abreuver de connaissances en français, en anglais et en russe.

    Pour les passionnés de littérature, le Collège de France a également répertorié plus de 200 livres à lire en ligne, comme Lettres noires : des ténèbres à la lumière d’Alain Mabanckou ou l’intrigant Catherine Deneuve, femme maison, dans lequel Jérémie Kessler explore l’évolution de la carrière et de l’image de Catherine Deneuve par le prisme de la maison dans sa filmographie.

    Des cours sur les Australopithèques à l’état des lieux de la migration européenne, en passant par l’étude des anneaux jacobiens (avis aux passionnés de maths), c’est un très vaste programme que propose le Collège de France – à tel point qu’il est facile de se perdre dans la masse d’informations présentes sur leur site Internet. Vous pourrez tout de même sélectionner les différentes thématiques et rubriques, si vous ne souhaitez pas vagabonder des heures à la recherche d’un contenu qui retiendra votre attention.

    Ce sera l’occasion de répondre à plusieurs questions existentielles telles que « Le cinéma est-il plus autoritaire que la littérature ? » ou « L’Homme peut-il penser une fin absolue ? ». Une autre manière de se pencher sur le monde et de philosopher, coincés entre nos quatre murs.

    https://www.konbini.com/fr/cinema/bon-plan-le-college-de-france-met-en-ligne-gratuitement-plus-de-10-000-cour

    Bon plan : le Collège de France met en ligne gratuitement plus de 10 000 cour

    Le LIEN DU SAVOIR !!!! : ---->

    https://www.college-de-france.fr/site/savoirs

    #opensource #accesLibre

  • Mabeye Deme, l’invisible photographe - En sol majeur
    https://www.rfi.fr/fr/podcasts/20201108-mabeye-deme

    « Les enfants, les femmes et les hommes photographiés par #MabeyeDeme semblent des empreintes, comme imprégnés de la trame fragile du textile. » Dixit l’artiste plasticien Ernest Pignon Ernest qui s’y cogne à la question de l’empreinte. Ces silhouettes marchent, anonymes, dans un coin d’Afrique, mais lequel ?

    On est dans l’estampe, dans l’intemporel, on est surtout dans la prunelle de Mabeye Deme qui traque, l’oeil poétique, son monde sénégalais qui rend hommage au cliché trépassé, se dépliant comme un album photos aussi précieux que le visage d’une grand-mère qui s’appellerait Kady Kandé. Au menu de son objectif En Sol Majeur : Doudou N’diaye Rose, Kurosawa, le Dormeur du Val, son #livre #Wallbeuti, sa série sur les Bayefall, cette confrérie musulmane soufie.

    #photographie #senegal #grenoble #afrique #rfi #dakar #podcast