L’esecutivo vuole evitare nuovi stop da parte della magistratura: l’ipotesi di un decreto. L’opposizione: una follia, si fermino
Ripristinare subito l’operatività dei centri albanesi di Gjader e Shengjin, a prescindere dalla decisione della Corte di giustizia europea prevista per il prossimo 25 febbraio. Anche a costo, come soluzione estrema, di togliere la giurisdizione italiana sulle strutture, alla base del trattato siglato con Tirana.
È l’obiettivo del governo che ha deciso di modificare l’accordo con l’Albania e potrebbe farlo addirittura per decreto.
Cercando una strada, dopo tre bocciature consecutive dei trattenimenti di migranti da parte dei giudici dell’Immigrazione e della Corte d’Appello, per escludere la competenza dei magistrati italiani sulla gestione dei profughi da rimpatriare. In queste ore si stanno esaminando varie ipotesi per far ripartire i trasferimenti di migranti, ma questa volta con un discorso più ampio che non prevede solo quelli soccorsi in mare e provenienti da Paesi inseriti nella lista italiana di quelli sicuri, ma anche coloro che già si trovano negli hotspot e nei centri di accoglienza sul territorio nazionale.
Se n’è parlato in una riunione venerdì scorso, durante la quale è emersa la possibilità che i centri albanesi possano essere trasformati in cpr — dedicati quindi esclusivamente al rimpatrio dei profughi ritenuti senza requisiti per ottenere protezione internazionale dall’Italia — oppure in centri di accoglienza. E non si esclude a questo punto che possano essere gestiti da Tirana e non più da Roma.
In tutti i casi, in attesa del parere dei giudici del Lussemburgo, l’esecutivo ribadisce la volontà di andare avanti. E per questo per oggi è stato programmato un altro vertice. Al centro dell’incontro forse anche la discussione sul nuovo decreto legge — ipotizzato fra gli altri dal ministro per gli Affari europei Tommaso Foti — che potrebbe nei piani del governo fornire una soluzione giuridica affidabile dopo le sentenze contrarie dei giudici sui trattenimenti in Albania.
Ma le opposizioni attaccano. «Perseverare è diabolico, il governo fermi questa follia che sta creando uno scontro tra poteri senza precedenti e uno spreco di risorse», spiega Simona Bonafè, capogruppo dem in Commissione Affari costituzionali alla Camera, per la quale l’esecutivo «insiste nel tentativo inaccettabile di scegliersi i magistrati e riscrivere le regole in corsa». Per il capogruppo Avs nella stessa commissione, Filiberto Zaratti, «si sono cacciati in un pasticcio, smettano di sperperare i soldi degli italiani».
Sul tavolo c’è anche la questione libica e le avvisaglie di una nuova ondata di partenze di migranti. I dati del Viminale confermano che gli arrivi nel 2025 sono superiori a quelli dello stesso periodo dello scorso anno: 4.144 contro 3.169. Sebbene nel mese in corso siano inferiori del febbraio 2024 (665 contro 2.301).
Dalla «Relazione sulla situazione geopolitica del continente africano» approvata dal Copasir emerge che in Libia «sono presenti circa 700 mila immigrati irregolari» e altri «700-800 mila sono in Tunisia». Non pronti a partire, ma non si può escludere che alcuni possano rivolgersi ai canali criminali collegati agli scafisti. Tanto più che il Copasir sottolinea l’esistenza di «un legame fra le organizzazioni che sfruttano i flussi irregolari e quelle terroristiche che pretendono denaro quando le carovane transitano dai territori da loro controllati».
Uno scenario preoccupante nel quale si inserisce ieri la scoperta di due fosse comuni a Jikharra e Kufra con almeno 49 corpi di migranti. Nella seconda, crocevia in Cirenaica di profughi subsahariani, con segni di tortura, mentre in 76 sono stati liberati dal lager dei trafficanti.
Sempre ieri sono stati avvistati tre cadaveri in mare nell’Agrigentino, nel tratto poco distante da Marina di Palma dove la corrente ha trascinato un barcone utilizzato dai migranti.