• #Paese_nostro – il film che avremmo voluto mostrarvi

    Paese Nostro è un film sull’accoglienza diffusa che ZaLab ha realizzato, ma che non può mostrare.

    E’ costituito da 6 cortometraggi e ritrae sei operatori sociali impegnati a diverso titolo e in diverse regioni italiane nei progetti #SPRAR.

    Il lavoro degli operatori sociali coinvolti nell’accoglienza, i loro sacrifici, le loro difficoltà, i loro dubbi, la loro quotidiana sfida per la costruzione di una società più aperta e democratica sono al centro del film.

    Paese Nostro è stato realizzato nel 2016 grazie ad un bando presso il Ministero degli Interni, relativo alla disponibilità di un finanziamento del Fondo Asilo, migrazione e integrazione (FAMI) dell’UE per il racconto delle realtà dei progetti SPRAR.

    Dal gennaio 2017 il film è inspiegabilmente bloccato presso il Ministero degli Interni e non può essere visto dal pubblico.

    Il 19 marzo alla Camera dei Deputati vi faremo vedere il film sull’accoglienza che Minniti e Salvini non hanno voluto farvi vedere.
    Invitiamo anche Minniti, Salvini e i dirigenti del Viminale a venirci a spiegare come mai questo film esiste, ma non si può vedere.
    Invitiamo tutti i Parlamentari a venire a vederlo.
    Dalle 10 alle 14, presso la Sala Nilde Iotti – Piazza del Parlamento 9, Roma. Per partecipare alla presentazione inviare NOME E COGNOME entro il 13 marzo ore 13.00 alla mail: comunicazione@zalab.org con oggetto: PAESE NOSTRO PRESENTAZIONE

    Durante la presentazione mostreremo alcuni estratti del film e ne lanceremo una distribuzione libera e gratuita, chiedendo pubblicamente al Ministero di fornire spiegazioni su questa situazione.

    http://www.zalab.org/paese-nostro-il-film-che-avremmo-voluto-mostrarvi
    #film #censure #Italie #accueil #accueil_diffus #asile #migrations #réfugiés #accoglienza_diffusa
    ping @isskein

  • #Dove_Bisogna_Stare

    Georgia, ventiseienne, faceva la segretaria. Un giorno stava andando a comprarsi le scarpe; ha trovato di fronte alla stazione della sua città, Como, un accampamento improvvisato con un centinaio di migranti: era la frontiera svizzera che si era chiusa. Ha pensato di fermarsi a dare una mano. Poi ha pensato di spendere una settimana delle sue ferie per dare una mano un po’ più sostanziosa. E’ ancora lì.

    Lorena, una psicoterapeuta in pensione a Pordenone; Elena, che lavora a Bussoleno e vive ad #Oulx, fra i monti dell’alta #Valsusa, e Jessica, studentessa a Cosenza, sono persone molto diverse; sono di età differenti, e vengono da mondi differenti. A tutte però è successo quello che è successo a Georgia: si sono trovate di fronte, concretamente, una situazione di marginalità, di esclusione, di caos, e non si sono voltate dall’altra parte. Sono rimaste lì, dove sentivano che bisognava stare.


    http://www.zalab.org/projects/dove-bisogna-stare

    #film #documentaire #Côme #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #solidarité #Italie #France #frontières #femmes #Suisse #Val_Susa

    Trailer :
    https://vimeo.com/311245799


    ping @isskein

  • PIANA DI #GIOIA_TAURO: DUEMILA PERSONE NELLE BARACCOPOLI DI SAN FERDINANDO. SI TORNA INDIETRO DI ANNI.

    Nella zona industriale di San Ferdinando sono più di 2mila i migranti accampati tra tende, baracche e stabili abbandonati in condizioni di vita e di lavoro disastrose. Il Protocollo Operativo in materia di accoglienza e integrazione sottoscritto quasi un anno fa in Prefettura con Regione e Comuni è rimasto lettera morta. Un quadro disperante a sette anni dalla cosiddetta “rivolta di #Rosarno”. Medici per i Diritti Umani chiede che vengano attuate misure immediate e nel lungo periodo volte ad assicurare condizioni dignitose ai lavoratori che ogni anno giungono nella #Piana_di_Gioia_Tauro per la stagione agrumicola.


    http://www.mediciperidirittiumani.org/piana-di-gioia-tauro-duemila-persone-nelle-baraccopoli-di-sa
    #logement #hébergement #asile #migrations #réfugiés #agriculture #travail #exploitation #campement #Italie

    • Subverting neoliberal slavery: migrant struggles against labour exploitation in Italy

      We are witnessing cumulative processes of politicization – struggles and organization involving migrant workers and activists setting out to build awareness locally, and link up globally.

      https://www.opendemocracy.net/can-europe-make-it/susi-meret-sergio-goffredo/subverting-neoliberal-slavery-migrant-struggles-agains
      #résistance

    • Tutte le case degli africani di Rosarno

      I silos per l’olio. Il capannone. La cartiera. La fabbrica della Fanta. Le tende fredde del Ministero dell’Interno. I container da dopo terremoto. Le casupole sfondate in campagna. Il più strano di tutti, nella sua normalità, un appartamento vicino la stazione. Sono le tipologie abitative degli africani impegnati nella raccolta delle arance

      https://www.terrelibere.org/tutte-le-case-degli-africani-di-rosarno

    • I DANNATI DELLA TERRA. Rapporto 2018 sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro

      I grandi ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro rappresentano uno scandalo italiano dimenticato dalla politica ed il segno più evidente di tutte le contraddizioni della gestione del fenomeno migratorio nel nostro paese. Sempre di più sono i migranti titolari di protezione internazionale o umanitaria giunti recentemente in Italia che, in assenza di adeguate politiche di integrazione, si ritrovano a lavorare nelle campagne in condizioni di sfruttamento e grave emarginazione.

      Per il quinto anno consecutivo, un team di Medici per i Diritti Umani è tornato a prestare prima assistenza medica e orientamento socio-sanitario agli oltre tremila lavoratori agricoli stranieri che giungono nella Piana di Gioia Tauro per la stagione agrumicola. Una stagione particolarmente critica in cui alle condizioni di vita e di lavoro dei migranti, segnate da una gravissima e cronica precarietà, si è andato ad aggiungere il tragico incendio della baraccopoli di San Ferdinando che ha provocato la morte di Becky Moses, giovane donna nigeriana.

      Nel corso della conferenza stampa, oltre al rapporto I dannati della terra, verranno presentati i dati di cinque anni di attività nella Piana di Gioia Tauro del Progetto Terragiusta in cui il team e la clinica mobile di Medu hanno assistito duemila lavoratori migranti.


      http://www.mediciperidirittiumani.org/conferenza-stampa-rapporto-dannati-della-terra
      #rapport

    • #Il_sangue_verde

      Il #sangue_verde racconta le storie dei protagonisti delle manifestazioni di Rosarno, che nel Gennaio 2010 hanno portato alla luce le condizioni di degrado e ingiustizia di migliaia di braccianti africani.

      Dagli anni ’90 in poi in Italia, in particolare in alcune aree del Sud con forte presenza di organizzazioni mafiose, migliaia di immigrati africani e dell’est Europa sono sfruttati come braccianti agricoli senza alcun tipo di diritto e in condizioni di vita intollerabili.

      A Rosarno in particolare, dove il potere della ‘Ndrangheta è cresciuto moltissimo negli ultimi anni fino a portare al commissariamento per mafia del Comune, gli immigrati sfruttati nella raccolta delle arance sono anche oggetto di intimidazioni e minacce da parte di piccole bande di stampo mafioso.

      Per oltre dieci anni gli immigrati africani hanno cercato di denunciare pacificamente questa situazione, come ben racconta nel film Giuseppe Lavorato, ultimo sindaco di Rosarno che tentò di opporsi al potere della ‘Ndrangheta.

      Il 7 gennaio 2010, dopo l’ennesimo episodio di violenza contro quattro di loro, hanno deciso di far esplodere la rabbia e hanno dato vita ad una manifestazione molto forte, durante la quale vi sono stati anche episodi di saccheggio e distruzione. Così in quelle ore l’Italia si è accorta di loro, si è spaventata e ha reagito con violenza: il Governo Berlusconi, per voce dei Ministri dell’Interno e della Difesa, ha dichiarato che quelle manifestazioni erano frutto di “eccessiva tolleranza nei confronti dell’immigrazione clandestina” e ha ordinato l’espulsione di tutti gli immigrati da Rosarno.

      Nel frattempo nella regione si stava scatenando una vera e proprio caccia al nero da parte di cittadini italiani, probabilmente organizzati dai locali poteri mafiosi. In poche ore Rosarno è stata “sgomberata” e il problema “risolto”: in televisione la classe politica, al fine di mietere consenso nell’opinione pubblica impaurita, ha raccontato che in quel modo era stata riportata la legalità e che gli immigrati sprovvisti di documenti sarebbero stati velocemente espulsi dall’Italia.

      Così non è stato. Nei giorni successivi è calato il silenzio sulla vicenda, ma quasi tutti gli immigrati di Rosarno sono stati rilasciati e abbandonati a sè stessi in giro per l’Italia: da Caserta a Roma, da Napoli a Castelvolturno, mentre alcuni hanno addirittura deciso di tornare di nascosto negli aranceti di Rosarno.

      E’ in questi luoghi di fuga che, pochi giorni dopo le manifestazioni, abbiamo incontrato 7 protagonisti di queste vicende, chiedendo a loro di raccontare non solo cosa fosse successo, ma come fosse la loro vita in Italia.

      Ne è nato un racconto in prima persona che, alternato alla memoria storica rappresentata dalle ricostruzioni di Giuseppe Lavorato e dalle immagini di documentari sul lavoro di contadini italiani nel Meridione degli anni ’60, riporta al centro dell’attenzione la dignità e il coraggio di centinaia di ragazzi, che dalle loro terre di origine si sono messi in viaggio per salvare o cambiare la loro vita.


      http://www.zalab.org/projects/il-sangue-verde
      un #film #documentaire de #Andrea_Segre

    • Migranti: nella Piana di Gioia Tauro vivono “i dannati della terra”

      Condizioni disumane per oltre 3 mila lavoratori migranti impiegati in agricoltura nella Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. Lo denuncia “I dannati della terra” (https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2018/05/migranti-medu.pdf), il rapporto di Medici per i diritti umani presentato oggi.

      Più di 3 mila persone stanno vivendo tra cumuli di immondizia, bagni maleodoranti, dormendo su materassi a terra o su vecchie reti. Circondati da l’odore nauseabondo di plastica e rifiuti bruciati. A denunciarlo è l’ultimo report di Medici per i diritti umani (Medu) presentato oggi a Roma, “I dannati della terra”. Un’indagine che descrive le “condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro”, in provincia di Reggio Calabria, come recita il sottotitolo dello studio.

      Quello che emerge sono storie di lavoratori migranti che hanno fornito manodopera flessibile e a basso costo ai produttori di arance, clementine e kiwi nei mesi scorsi. Racconti di sfruttamento del lavoro, situazioni abitative degradate, condizioni igienico-sanitarie ai limiti della sopravvivenza e dignità calpestata.
      Gli effetti della riforma Minniti sulla vita dei migranti

      A complicare la situazione, in alcuni casi, ci si è messa anche la recente riforma Minniti, che ha modificato il procedimento che sta alla base della concessione dell’asilo politico e della protezione internazionale. Come nel caso di M.B, un richiedente asilo di 27 anni originario del Burkina Faso.

      A ottobre 2017 l’uomo si è ritrovato senza possibilità di difesa di fronte alla decisione del tribunale di Bari, che aveva respinto il suo ricorso contro il provvedimento di diniego emesso dalla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Il decreto Minniti, infatti, ha cancellato il secondo grado di giudizio nella procedura di valutazione della domanda di protezione. E così M.B non ha potuto presentare ricorso, perdendo anche il posto nel centro di accoglienza dove viveva.

      A quel punto il giovane ha perso pure il diritto a un materasso dove dormire. Fino a quando non l’ha trovato all’interno della Piana di Gioia di Tauro, nella vecchia tendopoli che si trova nel comune di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. Qui M.B aveva trovato anche un lavoro, nella raccolta degli agrumi: otto ore al giorno senza contratto per 27 euro di paga. Ma ora i “gestori” della tendopoli gli hanno comunicato che dovrà lasciare il suo posto perché sprovvisto di un permesso di soggiorno.
      Dall’Africa sub-sahariana alla Piana di Gioia Tauro

      M.B è tra le centinaia di giovani uomini provenienti dall’Africa sub-sahariana – soprattutto dal Gambia, Costa D’Avorio, Mali, Senegal – che si sono rivolti alla clinica mobile di Medici per i Diritti Umani. Tra dicembre 2017 e lo scorso aprile, l’organizzazione umanitaria ha operato attraverso un camper mobile prestando assistenza socio-sanitaria ai lavoratori migranti che si sono riversati, anche quest’anno, nella zona della Piana di Gioia di Tauro durante la stagione della produzione e commercio degli agrumi.

      Raccontano dall’associazione: «Almeno 3.500 persone, distribuite tra i vari insediamenti informali sparsi nella Piana, hanno fornito in questo periodo manodopera flessibile e a basso costo, ai produttori locali di arance, clementine e kiwi». Non soltanto. «Alle condizioni di grave sfruttamento lavorativo, si aggiungono quelle abitative, che sono altamente drammatiche».

      Secondo Medu, «nella Piana di Gioia Tauro più di 3000 persone vivono tra cumuli di immondizia, dormono su materassi posizionati per terra sull’erba o su vecchie reti, usano per i bisogni latrine fatiscenti. Bruciano plastica bruciata per potersi scaldare».

      Nella tendopoli di San Ferdinando, a causa di questa abitudine-necessità, spesso, avvengono incendi. E in uno degli ultimi roghi, quello del 27 gennaio, è morta anche una persona, Becky Moses, e ha lasciato circa 600 persone senza una “casa”.
      Migranti lavoratori: 7 su 10 sfruttati e senza contratto

      La fotografia scattata da “I dannati della terra” è impietosa: «Sette persone su dieci lavorano senza un contratto, e, degli altri, quasi la totalità ha ricevuto una paga iniqua, lamentato orari di lavoro eccessivi e assenza completa di tutele».

      Nel rapporto si incontrano racconti di alienazione e sfruttamento vissuti dai migranti nella Piana di Gioia Tauro. Souleyman (il nome è di fantasia) ha raccontato al team di Medu:

      «Mi fa male la schiena, ho lavorato tanto oggi. E non riesco a dormire bene. Penso al documento che ancora non c’è, alla mia famiglia, si guadagna sempre troppo poco qui, sempre senza contratto. E poi fa tanto freddo la notte».

      Pensa di continuo a come ottenere il “documento” (cioè un titolo di soggiorno valido per vivere e lavorare regolarmente in Italia) anche M.B., 20enne senegalese arrivato da minore, finito a lavorare a Rosarno dopo aver conseguito in Italia la licenza media e la qualifica triennale di idraulico. Ha detto M.B:

      «Finora sono riuscito ad avere un contratto di 3 mesi per 30 giorni lavorativi totali. A gennaio ho lavorato sedici giorni, ma sulla busta paga compaiono solo 2 giorni».

      Invisibile e senza assistenza sanitaria per 10 anni

      O.G. è un uomo di 53 anni nato in Burkina Faso, in Italia dal 1990. Ha rinnovato il suo permesso di soggiorno per 18 anni. Poi non è più riuscito a rispettare i requisiti economici previsti per rinnovarlo, così ha passato gli ultimi 10 anni della sua vita da invisibile, tra i ghetti di Foggia e Rosarno.

      Qualche settimana fa O.G si è presentato all’unità mobile di Medu per farsi visitare. Gli operatori lo hanno accompagnato al pronto soccorso più vicino ed è poi stato trasferito in un reparto di cardiologia a Reggio Calabria. Aveva gravi problemi di salute, ma non era mai riuscito a curarsi perché non sapeva che i trattamenti sanitari, in Italia, sono garantiti anche a chi non è in regola con il permesso di soggiorno.
      La filiera dello sfruttamento economico dei migranti

      Sono storie di esclusione legate alla filiera dello sfruttamento economico che governa le vite di queste persone. Otto anni dopo la “rivolta di Rosarno”, i ghetti di lavoratori migranti nella Piana di Gioia Tauro sono ancora uno scandalo per il nostro Paese. Dice Antonello Mangano, curatore del sito internet di inchiesta, ricerca e documentazione terrelibere.org:

      «Rosarno è uno dei luoghi centrali dell’economia globale. La manodopera arriva dall’Africa occidentale, i contributi alle coltivazioni vengono da Bruxelles e infine le arance sono esportate in mezzo mondo: Romania, Russia, Repubblica Ceca, Germania, Polonia, Emirati Arabi, Stati Uniti.

      In questo modo, aggiunge Mangano, «braccia migranti, multinazionali del succo, grandi commercianti e supermercati sono gli attori del gioco».
      Medici per i diritti umani: il progetto Terra Giusta

      Medici per i diritti umani ha operato per il quinto anno consecutivo nella Piana di Gioia Tauro per fornire assistenza sanitaria e orientamento socio-legale ai lavoratori agricoli stagionali che vivono in situazioni di estremo disagio lavorativo e abitativo.

      È il cuore del progetto Terra Giusta, che dal 2014 porta assistenza a migliaia di persone che vivono all’interno dei ghetti etnico-agricoli dell’Italia meridionale: nella Capitanata, vicino Foggia; nei territori del Vulture Alto Bradano, in provincia di Potenza; nella piana di Gioia Tauro, in Calabria, durante l’ultima stagione degli agrumi, appunto.

      https://www.osservatoriodiritti.it/2018/05/03/migranti-piana-di-gioia-tauro-medu

  • #Andrea_Segre #Come_un_uomo_sulla_Terra

    Il film che racconta agli Italiani cosa si nasconde dietro gli accordi con la Libia. Il film che dà voce alla dignità e al coraggio dei migranti africani.

    https://www.youtube.com/watch?v=icV7wzHwhNQ


    #film #documentaire #migration #externalisation #Italie #Libye #refoulement #push-back #Méditerranée #témoignage #itinéraire_migratoire #parcours_migratoire

    Site du film :

    Per la prima volta in un film la voce diretta dei migranti africani sulle modalità in cui la Libia sta operando il controllo dei flussi migratori dall’Africa, per conto e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa. Dag studiava Giurisprudenza ad Addis Abeba, in Etiopia. A causa della forte repressione politica nel suo paese ha deciso di emigrare. Nell’inverno 2005 ha attraversato via terra il deserto tra Sudan e Libia. In Libia, però, si è imbattuto in una serie di disavventure legate non solo alle violenze dei contrabbandieri che gestiscono il viaggio verso il Mediterraneo, ma anche e soprattutto alle sopraffazioni e alle violenze subite dalla polizia libica, responsabile di indiscriminati arresti e disumane deportazioni. Sopravvissuto alla trappola Libica, Dag è riuscito ad arrivare via mare in Italia, a Roma, dove ha iniziato a frequentare la scuola di italiano Asinitas Onlus, punto di incontro di molti immigrati africani. Qui ha imparato non solo l’italiano ma anche il linguaggio del video-documentario. Così ha deciso di raccogliere le memorie di suoi coetanei sul terribile viaggio attraverso la Libia, e di provare a rompere l’incomprensibile silenzio su quanto successo nel paese nordafricano. “Come un uomo sulla terra” è un viaggio di dolore e dignità, attraverso il quale Dagmawi Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità che non potevano rimanere ancora a lungo nascoste. Il documentario si inserisce in un progetto di Archivio delle Memorie Migranti che ha coinvolto Asinitas, ZaLab e AAMOD.

    http://www.zalab.org/progetti-it/9
    cc @reka

  • “Libya is a very important county in terms of irregular migration. Our interest, more generally speaking, is to establish partnership with those countries which are either countries of origin of illegal migration or countires of transit. And the philosophy behind that is that border control connot be only carried out at the border. We have to act before the border, where the problems arise. WE have to cooperate and act across the border with our colleagues in third countries and then at the border and behind the border”.
    Interview avec #Ilkka_LAITINEN, director of #Frontex

    Tiré du #film#Come_un_uomo_sulla_terra”, de #Andrea_Segre (2008):
    http://www.zalab.org/progetti-it/9

    #frontière #contrôles_frontaliers #pays_de_transit #pays_tiers #migration #Libye #documentaire

  • Nouveau #film de #Stefano_Liberti : vient de sortir en Italie...

    Container 158, vita quotidiana nel campo rom più grande d’Europa
    –-> Container 158 : la vie quotidienne dans le camp rom plus grand d’Europe

    http://www.redattoresociale.it/Multimedia/Video/Dettaglio/448322/Container-158-vita-quotidiana-nel-campo-rom-piu-grande-d-Europa

    #Container_158 #Roms #Rome

    Voir aussi la page officielle du film :
    http://www.zalab.org/progetti-it/73

    Il campo attrezzato di Via Salone a Roma è il campo rom più grande d’Europa. All’interno vivono 1200 persone – rom di varia origine (rumeni, serbi, montenegrini, bosniaci). Il campo è fuori dal raccordo anulare, non è collegato con i mezzi pubblici e non ha alcuno spazio comune. La distanza tra i container dove vivono le famiglie è di circa due metri. I bambini vanno la mattina a scuola in istituti molto lontani grazie a un servizio di pulmini – date le distanze e dato il traffico mattutino, impiegano anche due ore e arrivano quasi sempre in ritardo di almeno un’ora. Il documentario segue la quotidianità del campo: i bambini che vanno a scuola; gli adolescenti che trascorrono le giornate a non far nulla (molti non hanno nessun documento; sono nati in Italia ma non hanno la nazionalità, quella di origine dei genitori l’hanno perduta in seguito all’implosione dell’ex Jugoslavia); gli uomini e le donne adulti che cercano di arrabattarsi con lavori di fortuna.

    #documentaire

    • Container 158

      L’avete mai visto un “villaggio attrezzato” per Rom? Un recinto che sorge nel nulla, tra ferrovia e autostrada, fuori dal raccordo anulare, con il primo bar a 3 km. Recinti e video-sorveglianze invece 24 ore su 24. Nel campo di via Salone, uno dei campi per soli Rom del comune di Roma, il più grande d’Europa, una ventina di km sull’A24 e la Tiburtina, non c’è alcun servizio pubblico. E’ troppo pericoloso camminare su strade senza marciapiede per i bambini. Il servizio di pulmini impiega due ore facendoli arrivare con al meno un ora di ritardo a scuola diventando facili bersagli delle maestre.

      Bisogna vederlo il documentario “Container 158” di Stefano Liberti e Enrico Parenti, che sarà proiettato in anteprima oggi al Festival Internazionale del Film di Roma (ore 11.00 am presso la sala MAXXI, ingresso libero). Per vedere sulla pelle delle famiglie la discriminazione istituzionale, quella orchestrata dall’ex sindaco Alemanno & co, ma ancora oggi dall’amministrazione di Roma che continua ad attuare la politica dei campi: la segregazione su base etnica per la quale l’Italia fu varie volte condannata dal Consiglio d’Europa.

      1200 persone – tutti rom – raggruppati insieme (perché rom). Di varie origine: serbi, montenegrini, bosniaci, reduci del conflitto bosniaco e dall’implosione dell’ex Jugoslavia, ancora inspiegabilmente apolidi, senza passaporti e senza possibilità di richiedere la cittadinanza italiana. Container accatastati come in un gioco “Lego” solo che qua ci vivono intere famiglie e lo spazio tra i container non supera i due metri. In quello della famiglia di Miriana Halilovic, in 22.5 metri quadri, dalla nascita dei gemelli a luglio 2013 vivono in sei. Tre anni in una roulotte, in un campo sovraffollato senza alcuna certezza di aver un giorno accesso ad un alloggio adeguato o all’edilizia popolare.

      Il documentario si addentra nella quotidiana sopravvivenza in quel carcere invisibile. Remi il meccanico ambulante senza officina che aspetta che qualcuno gli porti una macchina o un motorino da aggiustare; Giuseppe che all’alba va in giro col furgone a cercare il ferro, tradizionale settore del riciclaggio e “differenziata” artigianale del metallo dove spiccano i Rom. E Brenda che avrebbe da piccola voluto fare la dottoressa ma oggi diciottenne non ha né documenti, né cittadinanza, né prospettiva. Tutte storie che palesano l’ipocrisia dell’amministrazione comunale che chiede sempre ai Rom di integrarsi, mentre li rinchiude in campi a parte, fuori da tutto e da tutti, distanti kilometri dalla prima scuola e dal primo panificio. Ti confino ai margini, ma ti devi integrare.

      C’è qualcosa di dolce però in questo documentario, girato da dentro, come se i registi avessero anche loro vissuto in un container, frequentato le albe gelide o il sole bollente dalla minuscola apertura che in una casa si chiamerebbe finestra ma qua è una fessura; lavato i vestiti in una bacinella di plastica, o giocato a calcio con bimbi non più a disagio davanti alla cinepresa. Per restituire le voci vere, le parole e frustrazioni di quei ragazzi pieni di sogni infranti su quei recinti. Bambini che si sentono italiani e Rom, non sanno “cosa significhi la parola “zingari” solo che è quella che loro (i gagé, NdA) ci appiccicano addosso”. Belle quelle riprese, camera in pugno, che seguono alle spalle bimbi liberi farsi strada tra le erbe folli delle periferie, tra binari, rottami e parcheggi. Non-luoghi, dove crescere un’infanzia discriminata.

      Flash di poesia anche. Una bimba-principessa sorge dalle pozzanghere, un gingostyle danzato con le nonne, l’operazione salvataggio di un cucciolo, la scuola marinata, il nulla della giornata che si afferra. La fantasia richiesta per inventare una sopravvivenza tra riciclaggi e lavori di fortuna, l’arrabattarsi di uomini parcheggiati da millenni, rimasti liberi.

      Container 158, prodotto da ZaLab e realizzato con il sostegno di Open Society Foundations e con il patrocinio di Amnesty international Italia, Consiglio d’Europa – ufficio di Venezia, Associazione 21 Luglio - è da vedere: dà immagini alla discriminazione mai cessata contro questo popolo. Oggi ancora dalle autorità italiane, nel cuore dell’Europa.

      http://diversamente.comunita.unita.it/2013/11/12/container-158

    • ’’Container 158’’, bambini rom raccontano la vita nei campi con ironia
      –> « container 158 », les enfants roms racontent leur vie dans les camps avec ironie

      Famiglie numerose con il sogno di una casa e di una vita normale. L’umanità che vive dentro i container del grigio campo Rom di via di Salone si lascia immortalare nel film di Liberti e Parenti

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/449239/Container-158-bambini-rom-raccontano-la-vita-nei-campi-con-ironia

    • I soliti zingari di merda

      Non è per una sorta di captatio benevolentiae che penso che questo post non riceverà molti commenti, non aprirà nessun dibattito, non sarà ritweetato, etc… Magari pone male la questione, magari è pieno di luoghi comuni, magari è semplicemente sciatto, etc… Ma la mia idea è che se c’è una cosa di cui non frega nulla veramente a nessuno in Italia è questa.

      http://www.minimaetmoralia.it/wp/i-soliti-zingari-di-merda

  • Comment l’otan a laissé en 2011 mourir 62 migrants en méditerranée qu’elle aurait pu, quelle aurait du sauver

    Drastic action needed to prevent more migrants dying in boat tragedies | World news | The Guardian

    http://www.theguardian.com/world/2012/mar/28/migrants-europe-boat-tragedies

    Drastic action needed to prevent more migrants dying in boat tragedies

    Heightened risk of tragic deaths at sea as warm weather could see thousands attempting to cross over to Europe, experts warn

    How a migrant boat was left adrift on the Mediterranean | World news | The Guardian

    http://www.theguardian.com/world/2012/mar/28/migrant-boat-adrift-mediterranean

    How a migrant boat was left adrift on the Mediterranean

    They were told they would reach Lampedusa within 18 hours. It was 15 days before the survivors touched land again

    Migrants left to die after catalogue of failures, says report into boat tragedy | World news | The Guardian

    http://www.theguardian.com/world/2012/mar/28/left-to-die-migrants-boat-inquiry

    Migrants left to die after catalogue of failures, says report into boat tragedy

    Council of Europe investigator says deaths of migrants adrift in Mediterranean exposes double standards in valuing human life

    #migrations #asile #mourir_en_mer #otan #gisti #charles_heller

  • Le pari humaniste de Zalab TV « La jeunesse est libre, son expression aussi »

    http://espritscritiques.wordpress.com/2011/04/19/le-pari-humaniste-de-zalab-tv

    Le pari humaniste de Zalab TV

    Publié le 19 avril 2011 par espritscritiques

    En Italie, rares sont les médias indépendants. Zalab TV a pourtant réussi le pari de réaliser un documentaire sur les difficultés de l’immigration.

    Le 28 mars dernier à Banlieues d’Europe, le média alternatif italien Zalab TV présentait son mode de fonctionnement par un documentaire. Indépendante, la chaîne permet de relier par le biais d’Internet des expériences médiatiques participatives, dont la visée est internationale.

    Mais aussi le 15 mars 2012 :

    http://www.zalab.org/newsite/en/documentari/mare-chiuso

    Zalab TV est une web TV italienne qui ne distribue ses productions que sur demande. Internationale, leur site internet est traduit en quatre langues : anglais, français, catalan et espagnol. La syllabe « Za » est tirée du nom de l’auteur de cinéma néoréaliste italien des années 60 duquel l’équipe s’inspire : Cesare Zavattini. « Lab » est le diminutif de laboratoire, ce qui démontre la production de A à Z de la chaîne. Associative, la web TV travaille beaucoup avec Amnesty International, son but étant de défendre les droits de l’homme dans le monde. De plus, Zalab TV a fait le choix de donner la parole à ceux qui ne l’ont pas, tout comme le sont le Bondy Blog et ses antennes (Lyon, Marseille, Dakar, Lausanne et Vernier en Suisse). Récemment une vidéo participative a été réalisée pour raconter l’exil de ressortissants africains subshariens partant vers l’Italie ou la Libye.