• L’#Apartheid e oltre. L’esperienza delle #Legal_Aid_Clinics in Sudafrica

    Le Legal Aid Clinics in Sudafrica durante l’Apartheid furono uno spiraglio di luce nel naufragio dei diritti. Oggi svolgono il loro compito nella consapevolezza, segnata da Mandela, che l’arma più potente è l’educazione dei cittadini

    http://questionegiustizia.it/articolo/l-apartheid-e-oltre-l-esperienza-delle-legal-aid-clinics-in-sudaf
    #Afrique_du_sud #résistance #éducation

  • Il decreto immigrazione cancellerà lo Sprar, «sistema modello» di accoglienza

    Le scelte del governo: stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Permessi umanitari cancellati. Hotspot chiusi per 30 giorni anche i richiedenti asilo.

    Permessi umanitari cancellati. Stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Possibilità di chiudere negli hotspot per 30 giorni anche i richiedenti asilo. Trattenimento massimo nei centri prolungato da 90 a 180 giorni. E poi addio alla rete Sprar. I 17 articoli e 4 capi dell’ultima bozza del decreto migranti, che il governo si prepara a varare, promettono di ridisegnare il volto del «pianeta immigrazione». Soprattutto sul fronte accoglienza, abrogando di fatto un modello, quello dello Sprar, che coinvolge oggi oltre 400 comuni ed è considerato un modello in Europa.

    A denunciarlo è l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni, destinato in caso di attuazione a produrre enormi conseguenze negative in tutta Italia, tanto nelle grandi città che nei piccoli centri, al Nord come al Sud».

    Ventitremila migranti accolti. «Lo Sprar - spiega a Repubblica Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi - è un sistema di accoglienza e protezione sia dei richiedenti asilo che dei titolari di protezione internazionale e umanitaria nato nel lontano 2002 con le modifiche al testo unico immigrazione della cosiddetta Bossi-Fini. Nei sedici anni della sua esistenza lo Sprar si è enormemente rafforzato passando da alcune decine di comuni coinvolti e meno di duemila posti di accoglienza nel 2002, ai circa ventitremila posti attuali con coinvolgimento di oltre 400 comuni».

    Un modello in Europa. «In ragione dei suoi successi nel gestire l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in modo ordinato con capacità di coinvolgimento dei territori, lo Sprar è sempre stato considerato da tutti i governi di qualunque colore politico il fiore all’occhiello del sistema italiano, da presentare in Europa in tutti gli incontri istituzionali, anche per attenuare agli occhi degli interlocutori, le gravi carenze generali dell’Italia nella gestione dei migranti».

    Il ruolo centrale dei comuni. «Il presupposto giuridico su cui si fonda lo Sprar è tanto chiaro quanto aderente al nostro impianto costituzionale: nella gestione degli arrivi e dell’accoglienza dei migranti allo Stato spettano gli aspetti che richiedono una gestione unitaria (salvataggio, arrivi e prima accoglienza, piano di distribuzione, definizione di standard uniformi), ma una volta che il migrante ha formalizzato la sua domanda di asilo la gestione effettiva dei servizi di accoglienza, protezione sociale, orientamento legale e integrazione non spetta più allo Stato, che non ha le competenze e l’articolazione amministrativa per farlo in modo adeguato, ma va assicurata (con finanziamenti statali) dalle amministrazioni locali, alle quali spettano in generale tutte le funzioni amministrative in materia di servizi socio-assistenziali nei confronti tanto della popolazione italiana che di quella straniera».
    Il business dei grandi centri. «Lo Sprar (gestito oggi da Comuni di centrosinistra come di centrodestra) ha assicurato ovunque una gestione dell’accoglienza concertata con i territori, con numeri contenuti e assenza di grandi concentrazioni, secondo il principio dell’accoglienza diffusa, di buona qualità e orientata ad inserire quanto prima il richiedente asilo nel tessuto sociale. Inoltre lo Sprar ha assicurato un ferreo controllo della spesa pubblica grazie a una struttura amministrativa centrale di coordinamento e all’applicazione del principio della rendicontazione in base alla quale non sono ammessi margini di guadagno per gli enti (associazioni e cooperative) che gestiscono i servizi loro affidati. Invece, da oltre un decennio, il parallelo sistema di accoglienza a diretta gestione statale-prefettizia, salvo isolati casi virtuosi, sprofonda nel caos producendo un’accoglienza di bassa o persino bassissima qualità con costi elevati, scarsi controlli e profonde infiltrazioni della malavita organizzata che ha ben fiutato il potenziale business rappresentato dalla gestione delle grandi strutture (come caserme dismesse, ex aeroporti militari) al riparo dai fastidiosi controlli sulla spesa e sulla qualità presenti nello Sprar».

    La fine dello Sprar. «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni. Che ne sarà di quelle piccole e funzionanti strutture di accoglienza già esistenti e delle migliaia di operatori sociali, quasi tutti giovani, che con professionalità, lavorano nello Sprar? Qualcuno potrebbe furbescamente sostenere che in fondo lo Sprar non verrebbe interamente abrogato ma trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei richiedenti asilo i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi. È una spiegazione falsa, che omette di dire che proprio la sua caratteristica di sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro un’unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo Sprar un sistema efficiente e razionale. Senza questa unità non rimane più nulla».

    https://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2018/09/21/news/migrazioni-206997314/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S2.4-T1
    #sprar (fin de -) #réfugiés #accueil #migrations #asile #Italie #hébergement #hotspot #décret #détention_administrative #rétention #protection_humanitaire #politique_d'asile #hotspots #it_has_begun #decreto_Salvini

    via @isskein

    • Publié sur la page FB de Filippo Furri :

      « Mi permetto di riprendere il commento della splendida Rosanna Marcato che è stata uno degli attori fondamentali di un percorso di sviluppo e crescita di un modello di accoglienza innovativo, che è alle fondamenta del mio lungo lavoro di ricerca sulla nozione di CITTà RIFUGIO : le città, le comunità locali, dove può realizzarsi la solidarietà concreta e reciproca, sono e devono rimanere luoghi di resistenza ai poteri fascisti che si diffondono dovunque, alla paranoia identitaria costruita a tavolino e iniettata nei cervelli e negli spiriti di spettatori impauriti e paranoici. lo SPRAR nasceva da forme di azione sperimentale «dal basso» e solidale (antifascista, antirazzista), che i governi autoritari e fascisti detestano e combattono.

      «L 11 settembre 2001 Venezia tra le prime città italiane ha dato il via ad un sistema di accoglienza (pna) che si è poi trasformato nello SPRAR. Era il frutto di esperienze di accoglienza, di saperi professionali e della volontà di costruire un sistema di accoglienza territoriale stabile e moderno. Un servizio sociale a tutti gli effetti con regole certe e rendicontazioni esatte e controllabili. Molte delle regole, degli strumenti e delle metodologie di lavoro che ancora funzionano furono elaborati da questa città e dal servizio che dirigevo. 27 anni di lavoro buttati nel cesso. Siate maledetti voi e anche quelli di prima che ci hanno ficcato in questa situazione di merda»

    • Immigrazione, Andrea Maestri: “Nel decreto Salvini tradisce il contratto di governo”

      Andrea Maestri critica il decreto Immigrazione: “Fino a oggi lo Sprar rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse. Chi adesso non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio. E quindi finirà nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono tutti privati”.

      Dopo aver licenziato l’atteso Dl Immigrazione, il ministro degli Interni Matteo Salvini, a proposito del futuro degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e del ridimensionamento di questi centri in favore dei Cas, ha dichiarato: «Il rischio è inesistente, anche qui viene messo ordine in un sistema. Da quando sono ministro abbiamo ridotto di circa 20 mila unità le presenze in tutti questi tipi di strutture. Coloro che sono nel giusto come amministratori locali e come profughi non hanno nulla a che temere da questo provvedimento». In conferenza stampa il ministro degli Interni ha spiegato che il sistema Sprar continua a sopravvivere «limitatamente ai casi di protezione internazionale e dei minori non accompagnati». Ma stanno davvero così le cose? Ne abbiamo parlato con Andrea Maestri, della segreteria nazionale di Possibile.

      Nel contratto di governo si parlava di una diminuzione della capacità d’azione dei privati nella gestione dell’accoglienza. Con questo decreto la promessa non è stata mantenuta.

      Assolutamente no. Credo che qualunque osservatore attento non possa che gridare allo scandalo per questo gravissimo inadempimento, nei confronti soprattutto dei cittadini che hanno creduto nella buona fede di chi ha firmato il contratto di governo. Secondo quel contratto sembrava si volesse puntare sul modello pubblico e diffuso. E’ in corso al contrario una privatizzazione hard del sistema dell’accoglienza. Fino a oggi lo Sprar, anche se in modo minoritario, coinvolgendo gli enti locali, rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse, che venivano rendicontate. Nel momento in cui diventa uno strumento ulteriormente residuale, perché si rivolge solo a coloro che hanno già ottenuto la protezione internazionale – si parla appunto solo dei ‘titolari’, non più di richiedenti asilo che hanno fatto domanda – comincia a riguardare solo un numero ridotto di persone. Ma chi non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio, e quindi bisognerà trovargli un’altra collocazione: cioè nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono appunto tutti privati, gestiti dalle prefetture, ognuna con modalità diverse di scelta del contraente, con modalità di rendicontazione a macchia di leopardo.

      Ma Salvini sostiene l’opposto, cioè che questo rischio è inesistente.

      Se avesse ragione Salvini aumenterebbe il numero di persone che vivono per strada in una condizione di fragilità sociale umana ed esistenziale: se questi migranti non vengono accolti dai Comuni all’interno degli Sprar, se non se ne occupano le prefetture attarverso gli appaltatori privati all’interno dei Cas, vorrà dire che saranno in giro. Sono persone prive di documenti, che non possono fare contratti regolari di locazione, e nemmeno condividere contratti di locazione con altri. E questo sì che farà aumentare l’irregolarità e la criminalità organizzata e disorganizzata. Con un’unica conseguenza: aumenterà la percezione di insicurezza diffusa.

      Nel testo definitivo, all’articolo 2 è confermata la norma sugli appalti per i lavori nei centri, che possono essere affidati senza previa pubblicazione del bando di gara. E’ in linea con la Costituzione?

      C’è questa norma, ma con alcuni ritocchi. In pratica la procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando pubblico, può essere fatta per gli appalti sotto soglia comunitaria. Ma se si considera che la soglia comunitaria per lavori, dal primo gennaio 2018 è di circa 5 milioni e mezzo di euro, è evidente che con quella somma più che un Cas si può fare un vero e proprio carcere. Sono importi molto elevati che consentono al governo di fare procedure negoziate, limitando il confronto concorrenziale solo a 5 ditte scelte discrezionalmente dall’amministrazione. Qui c’è una lesione del principio di trasparenza e di concorrenza. Poi hanno scritto che verranno rispettati alcuni criteri, come quello di rotazione, però la sostanza rimane. L’articolo 63 del codice degli Appalti dovrebbe essere limitato a casi del tutto eccezionali: ad esempio una data amministrazione può avere l’interesse a trattare con un determinato soggetto se vuole commissionargli un’opera d’arte per una piazza pubblica; oppure sono previsti casi straordinari d’urgenza, in cui è ammissibile una deroga del genere. Ma non siamo in nessuno di questi due campi. Il governo per i prossimi tre anni sta stabilendo una procedura in deroga alle norme dell’evidenza pubblica. E’ piuttosto grave che si apra una parentesi del genere per un lasso così lungo di tempo. La prima bozza che era circolata negli ambienti dell’Anci, era spudorata, un colpo allo stomaco. Poi ci sarà stato un intervento da parte forse degli uffici ministeriali di Palazzo Chigi, o da parte dello stesso Presidente della Repubblica, che probabilmente hanno limitato un po’ il danno. Ma rimane uno degli aspetti più discutibili e negativi dell’intero provvedimento, perché è proprio uno di quegli ambiti su cui Salvini ha fatto sempre propaganda, contestando il modello del Cara di Mineo. Qui si sta dicendo che il ministero sta prospettando appalti senza evidenza publica. E la Corte Costituzionale se sarà chiamata a intervenire non mancherà di censurare quest’aspetto.

      Dal momento che il testo prevede il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Cpr, da 90 a 180 giorni, vuol dire che ne serviranno di più? Qual è la ratio?

      E’ tutto collegato, c’è una coerenza, negativa ovviamente. Nel momento in cui tu trasformi lo Sprar, e lo snaturi, visto che non si tratta più di un sistema di accoglienza per i richiedenti asilo, ma solo per i rifugiati, avremo sempre più persone disperse nel territorio, o nei Cas. E quindi viene privilegiata una gestione emergenziale. Questo farà aumentare il numero delle persone espulse dal sistema, ma non dal territorio. Ci saranno sempre più persone irregolari, e quindi una maggiore necessità di Cpr. Quelli attuali sicuramente non basteranno, quindi se ne dovranno fare degli altri. Per alimentare la narrazione emergenziale si dirà che bisogna fare in fretta, e da qui proviene il vincolo dei tre anni per la deroga per i bandi di gara per le imprese. Quando costruiranno un nuovo centro sarà a quel punto interessante vedere quali aziende verranno chiamate a concorrere, e con quali criteri. Questa è l’economia dell’emergenza, che si deve autoalimentare non solo nella propaganda, ma anche nella sostanza.

      Cosa ne pensa del permesso di soggiorno per atti di valore civile?

      Siamo alla banalità del male. Togliendo la protezione umanitaria come istituto generale, tantissime persone che ricadevano in zone grigie, non facilmente ascrivibili ad una categoria giuridica, ma che rientravano comunque in quell’ambito di tutela ampia dei diritti umani fondamentali, si trovano adesso in difficoltà. E mi riferisco soprattutto a quelle persone vulnerabili, che arrivano in Italia deprivati, fisicamente e moralmente, dopo aver attraversato per esempio l’inferno libico. Adesso per loro non ci sarà più nessuna tutela. Ci sono al loro posto queste sei categorie molto rigide che lasciano poco spazio all’attenzione di cui necessitano invece alcuni casi particolari. Un po’ per caso, come in una lotteria, se uno è in una condizione di irregolarità, ma gli capita di salvare una persona durante un incidente stradale da una macchina in fiamme, o ipotizziamo, con un po’ di fantasia, se quest’immigrato salvasse il ministro Salvini che annaspa in mare, potrebbe ottenere il permesso di soggiorno in virtù della sua azione di valore civile. Mi sembrano delle restrizioni cieche e ottuse che non migliorano minimamente lo stato delle cose. Perché la via maestra sarebbe una riforma organica del testo unico sull’immigrazione, che rendesse trasparenti e legali i canali di ingresso in Italia. Sarebbe fortemente depotenziato il canale della protezione internazionale, che ovviamente è sotto pressione perché non esiste altro modo per entrare in Italia legalmente. Ma ovviamente questo decreto crea un consenso molto più immediato.

      https://www.fanpage.it/immigrazione-maestri-nel-decreto-salvini-tradisce-il-contratto-di-governo

    • Cosa prevede il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza

      Il 24 settembre il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. Il decreto si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

      Nei giorni precedenti all’approvazione si erano diffuse delle voci su possibili dissidi tra i due partiti di maggioranza, Lega e Movimento 5 stelle, ma il ministro dell’interno Matteo Salvini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto sottolineare che i cinquestelle hanno approvato senza riserve il suo progetto di riforma.

      All’inizio i decreti avrebbero dovuto essere due: il primo sull’immigrazione e il secondo sulla sicurezza e sui beni confiscati alle mafie, poi nel corso dell’ultima settimana sono state fatte delle “limature” e i due decreti sono stati accorpati in un unico provvedimento. Il decreto dovrà ora essere inviato al presidente della repubblica Sergio Mattarella che a sua volta deve autorizzare che la norma sia presentata alle camere. Ecco in sintesi cosa prevede.

      Abolizione della protezione umanitaria. Il primo articolo contiene nuove disposizioni in materia della concessione dell’asilo e prevede di fatto l’abrogazione della protezione per motivi umanitari che era prevista dal Testo unico sull’immigrazione. Oggi la legge prevede che la questura conceda un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che presentano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, oppure alle persone che fuggono da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione europea.

      La protezione umanitaria può essere riconosciuta anche a cittadini stranieri che non è possibile espellere perché potrebbero essere oggetto di persecuzione nel loro paese (articolo 19 della legge sull’immigrazione) o in caso siano vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta. In questi casi il permesso ha caratteristiche differenti. La durata è variabile da sei mesi a due anni ed è rinnovabile. Questa tutela è stata introdotta in Italia nel 1998.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/09/24/decreto-salvini-immigrazione-e-sicurezza

    • Italy: The security decree that makes everyone more insecure

      JRS Italy (Centro Astalli) is concerned about the effects that the new measures introduced by the ’Salvini decree’ on migration and security – unanimously approved on the 24th of September by the Italian Council of Ministers – will have on the lives of migrants and on the social cohesion of the whole country.

      The combination of the Security Decree and the Immigration Decree in a single piece of legislation is misleading as it associates security issues, such as organised crime and terrorism, with the issue of managing migration, in particular forced migration. This is particularly wrong knowing that a completely different legislative approach is needed to deal with migration challenges, particularly in terms of programmes, general management and migrants’ integration.

      For JRS Italy, the reform of the Protection System for Asylum Seekers and Refugees (SPRAR) foreseen by the decree represent a fundamental step back for the Italian reception system. By excluding applicants for international protection from this type of reception the reform is in clear contradiction with the principle that a successful integration process starts from the first reception, as the current Integration Plan for refugees of the Italian Ministry of the Interior also states.

      The SPRAR, recognized as a qualitative system also by international observers, is therefore cut down, despite being the only reception system that guarantees maximum transparency in the management of resources. At the same time, the large collective centres for asylum seekers are strengthened even though the experience on the ground largely shows that, also due to the lack of involvement of local administrations, establishing such centres often encounters resistance and generates social tensions.

      According to Camillo Ripamonti SJ, JRS Italy’s president, “It is a step backwards that does not take into account on the one hand the lives and stories of the people, and on the other hand the work that for decades many humanitarian organizations and civil society have done in close collaboration with the institutions - in particular with local authorities”.

      “Criminalising migrants” – Ripamonti concludes – “is not the right way to deal with the presence of foreign citizens in Italy. Enlarging grey zones that are not regulated by law and making legal procedures less accessible and more complicated, contributes to make our country less secure and more fragile."

      http://jrseurope.org/news_detail?TN=NEWS-20180925084854

    • Decreto Salvini, Mattarella firma ma ricorda a Conte gli obblighi fissati dalla Costituzione

      Il provvedimento è quello che riguarda sicurezza e immigrazione. Il presidente della Repubblica invia al premier una lettera in cui richiama l’articolo 10 della Carta. La replica di Salvini: «ciapa lì e porta a cà». Polemica dei medici sulla norma per i presidi sanitari

      https://www.repubblica.it/politica/2018/10/04/news/dl_sicurezza_mattarella_firma_lettera_a_conte_obblighi_costituzione-20814

    • “I grandi centri di accoglienza vanno superati”. Anzi no. Se Salvini contraddice se stesso

      Ad agosto il ministero dell’Interno ha trasmesso al Parlamento una relazione molto dura sul modello straordinario dei Cas, presentati come “luoghi difficili da gestire e da vivere che attirano gli interessi criminali”. Proponendo l’alternativa dello SPRAR. Ma nonostante le evidenze e gli elogi per il sistema di protezione diffuso, il “decreto immigrazione” va nella direzione opposta.

      grandi centri di accoglienza in Italia sono “luoghi difficili da gestire e da vivere”, producono “effetti negativi oltre che nell’impatto con le collettività locali anche sull’efficienza dei servizi forniti ai migranti”, e per il loro “rilevante onere finanziario” rappresentano una “fonte di attrazione per gli interessi criminali”. Per questo è necessario un loro “alleggerimento progressivo” puntando sulle “progettualità SPRAR” (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), autentico “ponte necessario all’inclusione e punto di riferimento per le reti territoriali di sostegno”. Garanzia di “processi più solidi e più facili di integrazione”.

      Recita così la “Relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri nel territorio nazionale”, relativa al 2017, trasmessa alla Camera dei deputati il 14 agosto di quest’anno e presentata da un ministro che sostiene pubblicamente il contrario: Matteo Salvini.

      Ad agosto, in quella relazione, il titolare dell’Interno ha infatti riconosciuto come nel circuito SPRAR, “oltre al vitto e alloggio”, venga “garantito ai richiedenti asilo un percorso qualificato, finalizzato alla conquista dell’autonomia individuale” grazie alla “realizzazione di progetti territoriali di accoglienza”. Un modello da promuovere per merito delle “qualità dei servizi resi ai beneficiari che non si limitano ad interventi materiali di base (vitto e alloggio) ma assicurano una serie di attività funzionali alla riconquista dell’autonomia individuale, come l’insegnamento della lingua italiana, la formazione e la qualificazione professionale, l’orientamento legale, l’accesso ai servizi del territorio, l’orientamento e l’inserimento lavorativo, abitativo e sociale, oltre che la tutela psico socio-sanitaria”. Ma ancora nel 2017, su 183.681 migranti ospitati nelle strutture temporanee, hotspot, centri di prima accoglienza e SPRAR, appena 24.471 occupavano l’accoglienza virtuosa del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Da lì la corretta intenzione di alleggerire i grandi centri a favore dell’approccio diffuso e integrato.

      Poi però il governo ha smentito se stesso: nonostante le riconosciute qualità dello SPRAR, l’esecutivo ha messo mano alla materia attraverso il recente decreto legge su immigrazione e sicurezza (Dl 113), licenziato dal governo ed emanato dal Capo dello Stato a inizio ottobre, puntando in direzione opposta. In quella che Gianfranco Schiavone, vice presidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, ha definito la “destrutturazione del sistema di accoglienza”.

      L’articolo 12 del “decreto Salvini”, infatti, trasforma l’attuale SPRAR in un sistema per soli titolari di protezione internazionale, un terzo degli attuali accolti, tagliando fuori così i richiedenti asilo, i beneficiari di protezione umanitaria (sostanzialmente abrogata) e coloro che avessero fatto ricorso contro la decisione di diniego delle Commissioni territoriali sulla loro domanda. Per gli esclusi si apriranno le porte degli attuali centri governativi di prima accoglienza o dei centri di accoglienza straordinaria (CAS), proprio quelli di cui la relazione presentata dal ministro Salvini, poche settimane prima, auspicava il superamento.
      “La riforma pare fotografare la realtà della prassi precedente al decreto legge -ha evidenziato l’ASGI in un documento che mette in fila i profili di manifesta illegittimità costituzionale del decreto-. I CAS sono il ‘non’ sistema di accoglienza per la generalità dei richiedenti asilo, in violazione della Direttiva Ue sull’accoglienza che consente simili riduzioni di standard soltanto per periodi temporanei e per eventi imprevedibili, mentre le strutture dello SPRAR sono sempre più riservate a minori (non sempre), a titolari di protezione internazionale e spesso a chi si trova in condizioni (spesso familiari) disperate”.

      Non solo. Come ha ricordato l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), il 43% degli accolti nello SPRAR “ha concluso positivamente il proprio percorso di accoglienza ed ha raggiunto uno stato di autonomia, e un ulteriore 31% ha acquisito gli strumenti indispensabili per ‘camminare sulle proprie gambe’”. “Lo SPRAR riesce a rendere autonome le persone in un lasso di tempo indubbiamente inferiore rispetto a ciò che accade nei CAS. Nello SPRAR il tempo medio di permanenza è infatti di 6 mesi, questo significa che in un posto SPRAR vengono mediamente accolte all’anno 2 persone. Nei Comuni dove esiste un progetto SPRAR, i costi economici e sociali subiscono una notevole flessione”. Motivo per cui a metà ottobre l’ANCI ha presentato alcuni emendamenti in vista dell’iter parlamentare che porterà alla conversione del decreto. Uno di questi chiede proprio di consentire l’accesso dei “richiedenti asilo vulnerabili (compresi nuclei familiari con figli minori) all’interno dei progetti SPRAR, per evitare che ricadano, inevitabilmente, sui bilanci dei Comuni e delle Regioni i costi dei servizi socio-sanitari che sarà in ogni caso necessario erogare senza poter accedere ad alcun rimborso da parte dello Stato (stimati circa 286 milioni di euro annui”.

      Posto di fronte alla contraddizione tra la relazione di agosto e il decreto di ottobre, il ministero dell’Interno ha fatto sapere ad Altreconomia che la Relazione non è altro che un “adempimento richiesto dalla normativa” e che questa “si riferisce, nel merito, al periodo cui la stessa fa riferimento”. Come se nell’arco di otto mesi lo SPRAR fosse cambiato.

      Ed ecco quindi che il “ponte necessario all’inclusione” è diventato la “pacchia” da interrompere: la graduatoria dei progetti avanzati dagli enti locali ed esaminati dal Viminale, per ulteriori 3.500 posti da aggiungersi ai 32mila attualmente finanziati, di cui era prevista la pubblicazione a luglio 2018, non ha mai visto la luce. E le nuove richieste di adesione al Sistema da parte dei territori -altri 2.500 nuovi posti- non sono state nemmeno prese in considerazione. Il risultato è che 6mila potenziali nuovi posti SPRAR sono stati “sacrificati” sull’altare della linea Salvini. Quella di ottobre, però, non quella di agosto.

      https://altreconomia.it/decreto-salvini-cas

    • Beyond closed ports: the new Italian Decree-Law on Immigration and Security

      In the past months, Italian migration policies have been in the spotlight with regard to the deterrence measures adopted to prevent sea arrivals of migrants. After the closure of ports to vessels transporting migrants and the reduction of search and rescue operations at sea, the government adopted a restrictive approach to the internal norms, reforming the architecture of the Italian system of protection.

      On 24 September 2018, the Italian Council of Ministers unanimously adopted a new Decree-Law on Immigration and Security. Strongly endorsed by the Minister of the Interior Matteo Salvini, the final text of the Decree contains ‘urgent measures’ on international protection and immigration, as well as on public security, prevention of terrorism and organised crime. Following the approval of the President of Republic, the bill has come into force on October 5. The future of the Decree now lays in the hands of the Parliament, which will have to transpose it into law within sixty days of its publication or it will retrospectively lose its effect.

      The securitarian approach adopted sparked strong criticism within civil society and the President of the Republic himself accompanied his signature with an accompanying letter addressed to the President of the Council, reminding that all ‘constitutional and international obligations’ assumed by Italy remain binding, even if there is no explicit reference to them in the Decree. This blog post provides an overview of the first two Chapters of the Decree-Law, dedicated to immigration and asylum. It will further analyze their impact on the rights of protection seekers and their compatibility with European law, International law as well as the Italian Constitution.

      1. Provisions on humanitarian residence permits and fight against irregular migration

      1.1 The abrogation of ‘humanitarian protection’

      The main change introduced by the first Chapter of the Decree-Law concerns what is commonly referred to as ‘humanitarian protection’, namely a residence permit issued to persons who are not eligible to refugee status or subsidiary protection but cannot be expelled from the country because of ‘serious reasons of humanitarian nature, or resulting from constitutional or international obligations of the State’ (art. 5(6) of the Consolidated Act on Immigration).

      The humanitarian residence permit was introduced as a safeguard clause in the Italian legislation, complementing international protection within the meaning of article 10 paragraph 3 of the Constitution, which stipulates that: ‘[a] foreigner who, in his home country, is denied the actual exercise of the democratic freedoms guaranteed by the Italian Constitution shall be entitled to the right of asylum under the conditions established by law.’ The important role of ‘humanitarian protection’ has been further clarified by the Italian highest court (Court of Cassation), which stated that the right to be issued a humanitarian permit, together with refugee status and subsidiary protection, constitutes a fundamental part of the right of asylum enshrined in the Constitution (see for example judgement 22111/2014).

      In practice, humanitarian residence permits were a ‘flexible instrument’ which could cover several circumstances emerging from forced displacement where there was no sufficient evidence of an individual risk of persecution or serious harm. As explained by the Court of Cassation, prior to the entry into force of the Decree, humanitarian protection was granted to persons suffering from an ‘effective deprivation of human rights’ upon the fulfilment of two interrelated conditions: the ‘objective situation in the country of origin of the applicant’ and ‘the applicant’s personal condition that determined the reason for departure’ (see judgement 4455/2018). The Court further presented as possible example of human rights deprivation the situation of a person coming from a country where the political or environmental situation exposes her to extreme destitution and does not allow her to attain a minimum standard of dignified existence. As noted by the Court, the definition of environmental issues does not only contain natural disasters but it may also include non-contingent events, such as droughts or famines, which deprive the person from having a basic livelihood.

      However, as already mentioned, the grounds for obtaining humanitarian protection were relatively open and could be adjusted to other situations entailing a deprivation of basic human rights, such as the inability of the country of origin to protect the right to health of applicants affected by serious conditions, or the family situation of the applicant interpreted in light of article 8 of the European Convention on Human Rights. Also, the level of social integration reached by an applicant during her stay in Italy, together with the situation of poverty or instability in the country of origin, were also to be considered as a ground to grant humanitarian protection.

      By radically transforming article 5(6) and severely restricting the possibility for rejected asylum applicants to be granted residence permits in light of constitutional and international obligations or for humanitarian reasons, article 1 of the Decree-Law substantially abrogates ‘humanitarian protection’. Instead, the Decree provides for the creation of a ‘special protection’ residence permit, which can be issued only to those persons who cannot be expelled due to the non-refoulement obligations defined in article 19 of the Consolidated Act on Immigration unless the applicant can be returned to a country where she could receive ‘equivalent protection’.

      The first article of the Decree-Law further creates new residence permits that can be granted in restricted ‘special cases’, as for example: persons affected by ‘exceptionally serious’ medical conditions; persons who cannot return to their home countries due to ‘exceptional natural disasters’; and persons who have carried out ‘exceptional civil acts’. The Decree, however, does not modify the grounds for granting special residence permits to victims of trafficking, violence or labour exploitation, as already provided for in arts. 18 and 18-bis of the Consolidated Act on Immigration.

      The new Decree reduces not only the scope of protection and the number of potential beneficiaries but also the duration of the stay for third-country nationals falling into the above-mentioned ‘special’ categories. Whilst persons granted the ‘humanitarian’ status were provided with a two-year renewable residence permit, the permits issued in the new ‘special cases’ allow residence in Italy for shorter periods: six months for exceptional natural disasters or violence and one year in the other for ‘special protection’, ‘medical reasons’ and other ‘special cases’. Such permits are renewable and allow the holder to work but – differently from the humanitarian residence permit – they cannot be converted into a work permit when the circumstances for which they were issued cease to exist. Only in the event that the foreigner has accomplished exceptional civil acts, whose nature is not further specified, the person – at the discretion the Minister of the Interior – can be issued a residence permit lasting two years.

      A final important amendment contained in article 1 of the Decree is related to those persons who are already beneficiaries of humanitarian residence permits at the time in which the Decree enters into force: their permits will not be renewable anymore on humanitarian grounds, even if the circumstances for which the permit was granted in the first place still exist. Therefore, unless the beneficiary is granted a conversion of her humanitarian permit into a work or study permit, or she falls under the new special cases listed in the decree law, she will find herself in an irregular situation and will risk being returned.

      The abrogation of the ‘humanitarian’ residence permit is of particular concern as, since its creation in 1998, it has been an important legal instrument allowing to protect and regularise all third-country nationals who could not be returned to a third country. Suffice it to say that, in 2017 only, Italy has granted 20,166 residence permits on ‘humanitarian’ grounds, whereas only 6,827 persons were granted asylum and 6,880 subsidiary protection. To counter this trend, last July, the Minister of the Interior had already sent a letter to all administrative authorities involved in the asylum procedure, requesting them to adopt a stricter approach when granting protection on humanitarian grounds. Such decision has been justified with the rationale of conforming Italy to European standards, which do not provide for this third form of protection. Arguably, even if humanitarian protection is not harmonised at the EU level under the Qualification Directive, there are obligations imposed on all Member States by international refugee law and human rights law that prevent them from returning third-country nationals under certain circumstances. Looking at the practice of EU-28 Member States, in the course of 2017, 63 thousand asylum seekers were given authorisation to stay for humanitarian reasons under national law. This number could be even higher as it only encompasses first instance decisions for those persons who have been previously reported as asylum applicants, and does not take into account those who have been granted a permission to stay for humanitarian reasons without having lodged an asylum application.

      Moreover, the abrogation of humanitarian protection is likely to open a protection gap under article 10 paragraph 3 of the Italian Constitution. As noted by the Italian Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI), the substitution of humanitarian protection with a restricted list of ‘special’ residence permits, means that the right to asylum set out by the Constitution is ‘no longer fully implemented by the legislator’. This could open the possibility to bring legal actions to ascertain the right of asylum guaranteed by article 10 – which can be invoked directly in front of an ordinary court even in the absence of implementing legislation – or raise questions of constitutionality.

      1.2 Making returns more effective

      The second part of the first Chapter of the Decree-Law focuses on improving returns and facilitating the return of third-country nationals in an irregular situation. In order to achieve these objectives, article 2 of the Decree extends the maximum duration of the foreigner’s detention in return centres from 90 to 180 days. Article 4 further foresees that, in case the reception capacity of pre-removal centres is exhausted and prior to authorization of a judicial authority, foreigners may also be held in other ‘appropriate facilities’ and in border offices. In addition, article 3 of the new Decree-Law modifies the Decree Implementing the Reception Conditions Directive and the Procedures Directive (Decree-Law 18 August 2015, n. 142), by expanding grounds for detention in hotspots. Thus, foreigners who have been found in an irregular situation on the national territory or rescued during search and rescue operations at sea may be subject to detention in order to determine their identity and nationality. The maximum duration of detention is set to 30 days. In case it is impossible to verify such information, the person concerned can be transferred in a return center for a maximum of 180 days. Finally, article 6 increments the funding for returns, providing for the re-allocation of 3,5 million euros between 2018 and 2020. These funds – originally provided for assisted voluntary return and reintegration – will now be allocated to facilitate not further described ‘return measures’.

      Even if the possibility to detain applicants for international protection in order to ascertain their identity and nationality is provided for in the Reception Conditions Directive, deprivation of liberty in such cases could be inconsistent with international refugee law read in conjunction with the Italian Constitution. According to ASGI, provisions connected to the deprivation of liberty in order to verify the identity and nationality are in violation of article 31 of the 1951 Geneva Convention and of article 13 of the Italian Constitution. In fact, since it is common to almost all asylum seekers not to possess valid documents proving their identity, such circumstances would not be proportionate to the ‘conditions of necessity and urgency’ required by article 13 of the Constitution to deprive someone of their liberty without judicial authorization. That been said, the debate on the lack of documentation to prove asylum seekers’ identity is likely to be of interest in the near future, as it is also fuelled by the European Commission recent proposal for a recast of the Return Directive, where the lack of documentation is included among the criteria establishing the existence of a risk of absconding to avoid return procedures.

      2. Provisions on international protection

      2.1 Provisions on asylum seekers who committed serious crimes

      The second chapter of the new Decree reforms, with a restrictive turn, the rules on the revocation of and exclusion from international protection. Article 7 extends the list of crimes that, in case of final conviction amount to the exclusion from or to the revocation of international protection. These include: production, trafficking and possession of drugs; injuries or threats made to officers in performance of their duties; serious personal injury offence; female genital mutilation; robbery, extortion, burglary and theft, if compounded by the possession of weapons or drugs; slavery; exploitation of child prostitution.

      Furthermore, article 10 of the new Decree introduces an accelerated procedure in the event that an asylum seeker is convicted – even prior to a final sentence – for one of the above-mentioned criminal offences and for the other serious crimes amounting to the exclusion from international protection already provided for in articles 12 and 16 Decree 251/2017. Thus, when the applicant is convicted in first instance, the Territorial Commissions for the Recognition of International Protection has to immediately examine the asylum claim and take a decision. In case the decision of the Commission rejects the request for international protection, the applicant is required to leave the country, even if the person concerned lodges an appeal against the asylum decision.

      The Decree Law, by abrogating the suspensive effect of the appeal for a person who has been convicted in first instance arguably goes against article 27 of the Italian Constitution, which considers the defendant not guilty ‘until a final sentence has been passed.’ Moreover, pursuant Article 45 Asylum Procedure Directive, as a general rule Member States shall allow applicants to remain in the territory pending the outcome of the remedy. An exception might be allowed under article 46(6)(a) of the Asylum Procedures Directive, if the application is determined to be unfounded on grounds that the applicant is ‘for serious reasons’ considered to be a danger to the national security or public order of the Member State. However, article 46(6) also stipulates that even in such case there is no automatism and the decision whether or not the applicant may remain on the territory of the Member State should be taken by a court or tribunal. Therefore, insofar as the Decree provides for the automatic return of rejected asylum seekers pending an appeal, without a judicial decision authorising their removal, it is incompatible with the right to an effective remedy provided for by the Procedures Directive and enshrined in article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights.

      In any instance, the return of a person – regardless of the fact that she may have committed a crime – cannot be performed when the individual concerned is at risk of refoulement as defined by article 3 of the European Convention on Human Rights and Article 19 of the Charter of Fundamental Rights. As follows from the jurisprudence of the European Court of Human Rights (ECtHR), the prohibition of non-refoulement has an absolute character. The conduct of the person is irrelevant and even the involvement in serious crimes, such as terrorism, does not affect the prohibition to return individuals to states in which they faced a risk of torture, inhuman or degrading treatment (see ECtHR judgements in Saadi, Chahal, and Soering).

      2.2 Provisions on subsequent applications and border procedures

      Article 9 of the Decree implements into Italian legislation some restrictive provisions on subsequent applications that are allowed under the Asylum Procedures Directive (APD) but that had so far been regulated in a more favourable manner.

      First of all, the Decree provides for new grounds of exclusion from the right to remain in the Italian territory, following almost verbatim the exception from the right to remain contained in article 41 of the APD. This includes all persons who have lodged a first subsequent application merely in order to delay or frustrate the enforcement of a decision which would result in their imminent removal, or make another subsequent application after their first subsequent application has been considered inadmissible or unfounded.

      Secondly, article 9 establishes new rules on accelerated procedures for applicants who have introduced a subsequent application for international protection without new elements or findings supporting their claim. In case that the applicant was stopped following an attempt to elude border controls, this procedure also applies in border or transit zones. This is a novelty in Italian law, that until now did not provide for the possibility of carrying out the evaluation of an asylum claim at the border. According to the explanatory note to the Decree, this amendment follows the rationale of article 31(8)(g) APD. This article, however, provides for the possibility to apply accelerated and border procedure in case an application is lodged to avoid an earlier removal decision – which appears to be a stricter ground than the one provided for by the Italian decree.

      Also, the Decree sets out a new ground for the inadmissibility of an asylum application: a subsequent application is inadmissible if it is lodged to prevent the enforcement of a decision which would result in her imminent removal and it shall be dismissed without being further examined. This is not consistent with article 40 APD, which provides at least for a preliminary examination on the presence of new elements substantiating the asylum claim.

      Lastly, following the definitions of article 41 APD APD, the Decree limits the suspensive effect of appeals lodged in two circumstances. First, by all persons who have lodged a first subsequent application to delay the enforcement of a decision which would result in his or her imminent removal. Second, by asylum seekers whose application has been considered inadmissible as a subsequent application where no new elements or findings have arisen or have been presented by the applicant, whilst prior to the entry into force of the Decree-Law this only happened when an application was assessed as inadmissible for the second time.

      2.3 Reception conditions for asylum seekers

      One of the most discussed provisions of the Decree on immigration concerns the reception of asylum seekers, which undergoes substantive changes. The decree de facto abrogates the possibility for asylum seekers to access reception provided under the System for the Protection of Asylum Seekers and Refugees (SPRAR). The system, operated by local institutions, in cooperation with non-governmental and voluntary organizations, had not only the aim to provide basic reception but also to favour the social integration of asylum seekers and beneficiaries of protection. With the amendments introduced by article 12 of the new decree, only already recognized refugees and beneficiaries of subsidiary protection, as well as unaccompanied minors, will be granted accommodation within the SPRAR. Asylum seekers will, therefore, be only hosted in collective reception centres (CARA, CDA). In case of unavailability of places, applicants can also be hosted in temporary reception centres (CAS) where, according to the law, only basic levels of reception conditions have to be met.

      These amendments fail to take into account the pre-existent structure of the Italian reception system. As a matter of law, the SPRAR was the only durable solution provided for asylum seekers, while the other types of reception centres have been designed only for initial or temporary reception (see articles 9 and 11 of the Decree implementing the Reception Conditions Directive). Considering the length of asylum procedures in the country, asylum seekers will be left with no alternative than remaining for months (or in some cases even years) in facilities which are often inadequate in terms of both capacity and structural and safety conditions.

      This decision is of great concern as it is likely to put further strain on the Italian reception system, which already has a record of not providing an adequate standard of reception conditions to asylum applicants – as recognised in 2014 by the European Court of Human Rights. More recently, a Dutch court annulled a transfer to Italy pointing out that the new Decree raises questions about the structural deficiencies in the Italian reception system, in particular as it restricts access to adequate reception conditions to vulnerable asylum seekers.

      Final remarks

      Whilst the number of arrivals to Italy is at the lowest level registered in the past few years, the phenomenon of migration has reached the dimension of an emergency in the internal public debate, with the Decree-Law on Immigration and Security representing a major downturn in the architecture of the Italian system of protection.

      The implementation of further grounds for exclusion and withdrawal of protection, the reduction of procedural guarantees, and the general restrictive approach on the rights of migrants and asylum seekers adopted in the Decree generate serious concerns. Above all, some of the provisions contained in the Decree may entail a risk of violation of the principle of non–refoulement, which is not only a cornerstone of the international refugee regime but also a fundamental guarantee that protects all human beings from being subject to torture, inhuman or degrading treatment. What is more, some of the changes introduced with the Decree might have far-reaching practical consequences on the rights of the migrants who are already present or will arrive in the country. In particular, the repeal of ‘humanitarian’ residence permits, which have been widely used in the past years, is likely to have the unintended side-effect of increasing the number of migrants who will find themselves in an irregular situation. The new bill has been presented by the Interior Minister Matteo Salvini as ‘a step forward to make Italy safer’ – however it will arguably increase the number of cases of destitution, vulnerability, and exploitation.

      It remains to be seen whether the Parliament will confirm the text of the Decree when ultimately converting it into law. However, considering that the time for discussion is limited (60 days only) it is doubtful that the bill will undergo substantial improvement. Also, as the Decree has become one of the flagship measures of the current Government, it is unlikely that it will be repealed in toto. The choice itself of the Government to use a decree having force of law – rather than of the ordinary legislative procedure – does not seem to stem from a situation of ‘obvious necessity and urgency’ as provided for by the Constitution. Rather, it appears to be a shortcut to obtain immediate results on matters where it is difficult to achieve political consensus through democratic debate. Against this backdrop, the new bill on Immigration and Security – with questionable democratic legitimacy – restricts the rights of asylum seekers and people displaced, making protection increasingly inaccessible.

      http://eumigrationlawblog.eu/beyond-closed-ports-the-new-italian-decree-law-on-immigration-and

    • Decreto immigrazione, le brutte novità nascoste sotto la fiducia

      Il governo ha presentato in aula un “emendamento interamente sostitutivo” del testo finora discusso. La “sorpresa” sono elementi di gran lunga più restrittivi in tema di diritto d’asilo. Tra questi, la nozione di “Paesi di origine sicuri”, un “cavallo di Troia” per smontare il sistema della protezione internazionale, come denunciano studiosi dell’Asgi

      Con 163 voti a favore e 59 contrari, il 7 novembre il Senato della Repubblica ha approvato la fiducia al cosiddetto “decreto sicurezza e immigrazione” promosso in particolare dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il testo votato da Palazzo Madama e inviato alla Camera, però, è stato modificato rispetto all’originario attraverso un “emendamento interamente sostitutivo” del Ddl (il numero 1.900), sulla cui approvazione il Governo aveva appunto posto la questione di fiducia 24 ore prima. Non si è trattato di interventi meramente formali quanto invece profondamente sostanziali. Tanto da non lasciare praticamente più nulla del precedente sistema di asilo, incardinato al principio costituzionale che all’articolo 10 della Carta riconosce quella tutela allo “straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”.

      Le 28 pagine di modifiche e integrazioni avanzate dall’esecutivo, secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi, www.asgi.it), assumono infatti la forma di un “cavallo di Troia” -blindato dalla fiducia- utile a “introdurre novità di taglio iper restrittivo che nella prima versione del decreto non c’erano”. Creando così un provvedimento che è un “vero e proprio mostro”, senza peraltro dare troppo nell’occhio.
      Alla già nota abrogazione della protezione umanitaria, allo stravolgimento dell’ex Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), alle illegittimità costituzionali già evidenziate nelle scorse settimane dall’Asgi, si aggiungono nuovi elementi preoccupanti.

      Schiavone ha il testo del maxi emendamento del governo sotto mano e scorre alle introdotte “Disposizioni in materia di Paesi di origine sicuri e manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale”.
      Il primo punto riguarda i “Paesi di origine sicuri”, il caso cioè di uno “Stato non appartenente all’Unione europea” che stando al nuovo articolato potrà “essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”.

      Per “accertare” che uno Stato sia o meno “di origine sicuro” ed eventualmente iscriverlo nell’elenco adottato per decreto dal ministro degli Esteri (“Di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia) ci si dovrà basare “sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo”. La domanda di protezione del richiedente proveniente da quel Paese verrà sì esaminata ma, se rigettata sarà “considerata manifestamente infondata”.

      “Dove è stata introdotta, la nozione di Paese di origine sicuro, che le direttive europee prevedono quale misura normativa solo facoltativa per gli Stati -riflette Schiavone- ha sempre prodotto gravissimi problemi poiché le domande di protezione sono per definizione individuali ovvero legate alla condizione specifica di un richiedente. Esaminare invece una domanda ritenendo già che un Paese di origine sia ‘sicuro’ crea una situazione di pregiudizio sostanziale nell’esame della domanda stessa e dà ampi margini per l’esercizio di un’influenza politica molto forte del potere esecutivo sull’organo di valutazione”. Ciò vale soprattutto per l’Italia oggi. Perché? “Perché chi stabilisce che il Paese di origine sia ‘sicuro’ sarà di fatto la Commissione nazionale per il diritto d’asilo, che non è organo amministrativo indipendente ed è fortemente connesso per composizione e struttura organizzativa al potere politico”. Tradotto: il Governo di turno potrà decidere che un Paese venga considerato di “origine sicuro” con obiettivi di carattere politico che nulla hanno a che fare con le domande di protezione. Schiavone pensa a casi come il Bangladesh, la Tunisia, il Senegal e così via.
      Il rigetto della domanda per manifesta infondatezza comporta un forte indebolimento della tutela giurisdizionale -continua Schiavone- poiché il ricorso ha tempi di impugnazione più brevi e non c’è un’automatica sospensiva durante il contenzioso. Molte ragioni mi inducono a pensare, anche se ancora a caldo e riservandomi approfondimenti -conclude lo studioso- che la nozione di ‘Paese di origine sicuro’ sia del tutto estranea alla nozione di asilo delineata dalla nostra Costituzione”.

      Tra le altre “novità” rispetto all’originario “decreto Salvini” c’è poi quella della cosiddetta “protezione interna” nel Paese terzo di provenienza del richiedente. “Se in una parte del territorio del Paese di origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi e può legalmente e senza pericolo recarvisi ed essere ammesso e si può ragionevolmente supporre che vi si ristabilisca”, la sua domanda di protezione è “rigettata”. “Anche su questa norma, del tutto facoltativa nel diritto dell’Unione e che l’Italia, fin dal 2008, con saggezza, aveva evitato sono molti i dubbi di conformità rispetto all’articolo 10 della nostra Costituzione -riflette Schiavone-. È possibile segmentare un Paese in aree, evidenziando peraltro una situazione che è già di grande instabilità, visto che un Paese è diviso in due o più parti?. Cosa vuol dire in concreto che è ragionevole supporre che la persona si trasferisca nell’area del Paese considerata sicura? Quali i parametri di valutazione? È sufficiente solo la mancanza di rischio o è necessario che alla persona venga fornita una protezione effettiva e una assistenza materiale? La norma, genericissima, non fornisce alcuna risposta”. Ciò che è chiaro è che è scontata la tendenza, come ribadisce il vicepresidente Asgi, di considerare l’asilo come fosse una sorta di “extrema ratio” cui ricorrere quando nessuna altra soluzione, anche precaria e parziale all’interno di quel Paese sia possibile. “Che cosa ha a che fare tutto ciò con il diritto all’asilo garantito dalla Costituzione a coloro cui sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche? La distanza è abissale”.
      Utilizzare la nozione di area interna sicura nel Paese di origine è solo un altro modo per respingere domande di asilo che tradizionalmente vengono accolte. “Pensiamo al caso dei cittadini afghani o iracheni e riteniamo per l’appunto che le persone possano spostarsi in una presunta ‘area sicura’ del Paese. Quanto è sicura? Come si valuta? Per quanto tempo? Che tipo di stabilità e assistenza deve provvedere ad assicurare lo Stato allo sfollato interno? Domande che rimangono senza risposta”.

      Accanto al tema dei “Paesi di origine sicuri” e delle zone di “protezione interna”, il maxi emendamento interviene -come già il decreto 113- a proposito di cittadinanza. L’avvocato Livio Neri, socio di Asgi, elenca brevemente alcune delle misure del decreto legge governativo. “C’è l’aumento del contributo da versare per presentare ‘istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza’, che passa da 200 a 250 euro. C’è l’incredibile allungamento del ‘termine di definizione dei procedimenti’, da 24 a 48 mesi dalla data di presentazione della domanda. E c’è il brutto precedente della ‘revoca’ della cittadinanza prevista in caso di condanna definitiva per gravi reati”. Precedente che creerà peraltro nuova apolidia, dal momento che -come fa notare Neri- la norma così come è scritta (ed è rimasta) non prevede la circostanza che dopo la revoca sorga appunto una condizione di apolidia per l’interessato ed è perciò in contrasto con la Convenzione di New York sulla materia.

      L’emendamento del governo aggiunge a questi (e altri) elementi un termine di sei mesi per il rilascio di estratti e certificati di stato civile “occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana”, che significa secondo Neri “che lo stesso documento (ad esempio il certificato di nascita di un congiunto, ndr) ha termini diversi a seconda di chi lo richiede”. E pone poi come condizione necessaria alla “concessione della cittadinanza” il “possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER)”, salvo per chi abbia sottoscritto l’accordo di integrazione o sia titolare di permesso di soggiorno Ue per “soggiornanti di lungo periodo”. “Questa previsione -commenta amaramente Neri- avrà un durissimo impatto sulle persone con minori strumenti culturali a disposizione e che per questo non saranno riusciti a imparare l’italiano”.

      https://altreconomia.it/decreto-immigrazione-novita

    • What will change for migrants under Italy’s new immigration and security decree?

      As the decree passed the Senate, Italy’s upper house, Matteo Salvini tweeted it was an “historic day.” The decree still needs to pass the lower house by the end of November before it is enshrined in law. At the moment, that looks likely, so what will change for migrants if it is passed?

      Like all decrees, Italy’s new security and immigration decree is composed of many complicated clauses and paragraphs. In short, it is intended to regulate immigration and public security. It has been pushed by Italy’s deputy prime minister and Minister of the Interior, Matteo Salvini, who is also leader of the anti-immigration party, La Lega (The Northern League).

      Essentially, it will change the laws under which foreign migrants have been staying in the country since 1998. It is set to repeal the right to stay for humanitarian reasons. “Humanitarian protection” is a lower level of asylum status that is based on Italian rather than international law. Up until now, this right has been conceded for up to two years on serious humanitarian grounds and allowed migrants and refugees to access the job market, health services and social welfare.

      The new decree will take this catch-all definition ’on humanitarian grounds’ away in favor of six new specific categories which applicants will need to fulfill. Has the applicant been smuggled or exploited? Are they subject to domestic violence? Do they need specific medical attention? Was there some kind of calamity in their country of origin or have they contributed in a special way to Italian civil society which would merit a right to stay?

      Article two of the law doubles the length of time that migrants can be kept in repatriation centers whilst their cases are looked at. It will allow the authorities to build more centers too. Repatriations are expected to increase with more money being assigned to making sure they happen; three and a half million euros in total up to 2020.

      Revoking refugee status

      There will be a longer list of crimes that, if committed will lead to a refugee being refused asylum or having their refugee status revoked. The crimes include murder, armed robbery, extortion, violence towards public officials, people found to be practicing genital mutilation, armed theft and burglary, possession of drugs, slavery, sexual violence or kidnapping. Anyone found guilty of terrorist acts or trying to overturn the constitution provides another reason for expulsion under the new law.

      The new decree is expected to weaken the SPRAR networks which were set up to protect refugees and asylum seekers in 2002. Only unaccompanied migrants and those who qualify for international protection will come under the future auspices of SPRAR. Everyone else will be sent to ’welcome centers’ or CARA (Welcome center for those requesting asylum). Social cooperatives assigned asylum seekers and migrants will be required to report to the authorities every three months with a list of people that they support. The decree is also expected to slash the budget assigned for food and lodging for migrants in CARA centers from 30 euros per person per day to 15 euros.

      Anyone who marries an Italian will now have to wait four years instead of the current two before applying for citizenship. In addition, like in Germany, migrants hoping to remain in Italy will be required to pass a B1 language test.

      Jubilation and condemnation

      Matteo Salvini was pictured looking jubilant as the decree was passed by the Senate with 163 votes to 59. Not everyone was happy though. Roberto Saviano, an anti-Mafia writer who opposes the current Italian government called the decree “criminal” saying it was “self harming, [and] suicidal.” He pointed out that it would be impossible to repatriate more than 500,000 migrants without papers who are currently present in the country. “Much better,” he said “give them papers and allow them to work and pay taxes to the state.” He said the law would only serve to increase the number of “irregular migrants” in the country feeding organized crime networks.

      The Democratic Party (PD) leader in the Senate, Andrea Marcucci contests the decree too. He was quoted in the left-leaning daily newspaper, La Repubblica, saying it “creates insecurity, not security and would make 100s of thousands more migrants clandestine in Italy.” He concluded: “This is a decree against Italy, against Italians and against security.”

      Salvini disagrees. In interviews prior to the Senate vote, he said that the decree was not just about immigration but increasing security for everyone in Italy. “It’s about strengthening the anti-mafia organizations and anti-racket laws. It will make everything more serious and rigorous. […] It is a decree which will bring more money and power to the police, to mayors; will introduce more surveillance cameras.” He added that once the law has passed, he will be looking to reform the justice system too. That way, cases dragging on for years, until they enter proscription, will be a thing of the past.

      The decree is scheduled to be put before the lower house on the November 22. With the Five Star Movement and the League holding a majority there too, (along with other right-leaning parties like Forza Italia and Fratelli D’Italia,) it is expected to pass without too many problems and enter law before the end of the year.


      http://www.infomigrants.net/en/post/13210/what-will-change-for-migrants-under-italy-s-new-immigration-and-securi

    • Message de Sara Prestianni, via la mailing-list Migreurop, 28.11.2018:

      Hier la Chambre des Deputé- avec un vote blindé de confiance - a approuvé le DL sécurité migration.
      Le #vote_de_confiance a permis au Gouvernement de le faire passer en toute vitesse et de balayer tout tentatif de l’opposition de faire des amendements qui pouvaient limiter les déjà tragiques dégâts.
      Nombreuses les déclaration préoccupé et les mobilisation des associations italiennes pour cette loi de la honte

      Ici le CP publié par ARCI -> Le secret loi immigration et sécurité est loi : Injustice est fait : https://www.arci.it/il-ddl-sicurezza-e-immigrazione-e-legge-ingiustizia-e-fatta

      où nous expliquons nos inquiétudes face aux dégâts sociaux d’une loi qui ne fera que créer encore plus de personnes sans documents qui seront exclu du système d’accueil en les rendant encore plus exploitables. Un énième, tragique, étape vers la violation systématique des droits de migrants et réfugiés.

      Ici les principaux changement dans le système italien (sorry only in FR) dont beaucoup intéressent les thématiques de travail du réseau :

      1- Abolition de la “#protection_humanitaire
      La protection humanitaire avait été introduit en 1998 et était attribué pour “serieux motivation de caractère humanitaire ou dérivant de obligation constitutionnels ou internationales de l’Etat Italien ; à ceux qui fuyaient des conflits, désastres naturels ou situations de particulières gravité dans les pays d’origine ou encore ceux qui ne pouvaient pas être expulsés ou encore à victime de traite ou autre type d’exploitation. En 2017 ont été présenté 130 000 demandes de protection en Italie : le 52% a été rejeté. Dans le 25% des cas a été attribué une protection humanitaire ; le 8% ont obtenu un statut de réfugié et un autre 8% la protection subsidiaire. Le 7% a obtenu un autre type de protection.
      Cela veut dire que ce permis ne sera plus donné mais aussi que ceux qui l’ont obtenu ne le pourront plus renouveler
      A sa place cette nouvelle loi a intégré un titre de séjour pour “#cas_spéciaux” : victimes de #violences_domestiques ou grave #exploitation du #travail ou pour des #raisons_médicales ou qui s’est distingué pour “actes de particulier valeur civile”. Ce permis aura une durée de deux ans et ne pourra pas être renouveler

      – Prolongation de la durée de détention dans les #CPR (centre pour le retour -> les cra italiens) -> Aujourd’hui les migrants peuvent être enfermé pour un max de 90 jours. La nouvelle loi prolonge la durée maximale de détention à 180 jours.

      – Permanence dans les #hotspot et points de frontière -> Selon l’article 3 de la nouvelle loi les demandeurs d’asile peuvent être enfermés pour une période de max 30 jours dans les hotspot et structure de “premier accueil” (#Cas et #Cara) pour l’identification. Si dans les 30 jours n’a pas été possible proceder à l’identification aussi les demandeurs d’asile pourront être enfermés dans un CPR pour 180 jours. De cette façon un demandeur d’asile pour être enfermé pour 210 jours pour vérifier et déterminer son identité. Cela sera aussi appliqué aux mineurs en famille.
      De plus est prévu que le juge de paix puisse valider la détention en “#locaux_adaptes” auprès les bureau de frontière jusqu’à’ l’expulsion pour max 48 heures.

      – Plus de fonds pour les expulsions -> A l’article 6 a été prévu un augmentation du budget pour les #expulsions : 500 000 euro en 2018 ; 1,5 million euro en 2019 et autre 1.5 millions en 2020.

      – Retrait ou refus de la protection international en cas de condamnation pour menaces ou violences à officiers public ; lésions personales graves ou vol

      – Ceux qui sont en procedure penale (meme si pas condamné en voi definitive verront leur demande d’asile analysé en procedure accelleré

      – Listes des pays sures -> La loi prévoit l’institution d’une liste de pays d’origine sure et la procedure de demande de protection internationale manifestement infondé. La liste sera stilé par le Ministere des Affaires Etrangers avec le Ministere de l’Interieur et de la Justice sur la base des info fournies par la Commissione Nationales du Droit d’Asile et les agences européennes et internationales. Les demandeurs d’asile en provenance d’un pays present dans la liste des pays sures devrait démontrer de avoir graves motivation qui justifient sa demande et elle sera analyse en procedure accellerée.

      – Restriction du système d’accueil -> Le système d’accueil pour demandeurs d’asile et réfugié (#SPRAR) - le système ordinaire géré par les mairies - sera limité à ceux qui sont déjà titulaire de protection internationales et aux mineurs isolés. Les autres demandeurs seront accueilli dans les CAS et CARA (en parallele le Gouvernement a annoncé une diminution des fonds pour demandeurs d’asile par jour de 35 à 19 euro rendent ainsi impossible donner aucun type de service - juridiques, sociale, intégration et psychologique - dans le parcours d’accueil)

      #pays_sûr #rétention #détention_administrative

    • L’Italie adopte la loi anti-migrants de Matteo Salvini

      Ce texte durcit la politique italienne en matière d’immigration, remplaçant les permis de séjour humanitaires par d’autres permis plus courts.

      L’Italie a adopté mercredi un décret-loi controversé durcissant sa politique d’immigration, voulu par Matteo Salvini, ministre de l’Intérieur et chef de la Ligue (extrême droite). La Chambre des députés a adopté le texte - après le Sénat début novembre et dans les mêmes termes - par 396 oui contre 99 non.

      Le gouvernement populiste formé par la Ligue et le Mouvement 5 Etoiles (M5S, antisystème) avait posé la question de confiance dans les deux chambres sur ce décret-loi. Quatorze députés du M5S n’ont pas pris part au vote mercredi.

      Le texte durcit la politique italienne en matière d’immigration. Il remplace en particulier les permis de séjour humanitaires, actuellement octroyés à 25% des demandeurs d’asile et d’une durée de deux ans, par divers autres permis, comme « protection spéciale », d’une durée d’un an, ou « catastrophe naturelle dans le pays d’origine », d’une durée de six mois, entre autres.
      Refus de signer le pacte de l’ONU sur les migrations

      Il prévoit une procédure d’urgence afin de pouvoir expulser tout demandeur se montrant « dangereux ». Il réorganise aussi le système d’accueil des demandeurs d’asile, qui étaient encore 146 000 fin octobre et seront regroupés dans de grands centres par mesures d’économies. Dans le volet sécurité, il généralise l’utilisation des pistolets électriques et facilite l’évacuation des bâtiments occupés.

      Le gouvernement italien a annoncé mercredi qu’il ne signerait pas le pacte de l’ONU sur les migrations (Global Compact for Migration) comme s’y était engagé en 2016 le précédent exécutif de centre-gauche dirigé à l’époque par Matteo Renzi.

      Le gouvernement ne participera pas au sommet prévu les 10 et 11 décembre à Marrakech où doit être définitivement adopté ce pacte « se réservant d’adhérer ou non au document seulement une fois que le parlement se sera prononcé », a déclaré le président du Conseil Giuseppe Conte. Non contraignant, ce texte de 25 pages, premier du genre sur ce sujet, vise à réguler les flux migratoires au plan mondial.

      https://www.letemps.ch/monde/litalie-adopte-loi-antimigrants-matteo-salvini

    • Il decreto immigrazione è legge: cambierà in peggio la vita di migliaia di persone.

      Con il voto di fiducia di ieri alla Camera, il decreto immigrazione è stato convertito in legge. Refugees Welcome Italia esprime nuovamente la propria contrarietà ad un provvedimento che cambia, in negativo, la vita di migliaia di persone, rendendole ancora più vulnerabili ed esponendole al rischio di vivere ai margini della società. Come già ribadito, lontano dal garantire “l’ordine e la sicurezza pubblica”, questo decreto va nella direzione opposta, acuendo il disagio sociale e aumentando l’insicurezza per tutta la popolazione, migrante e italiana, con pesanti ricadute anche sulla coesione sociale. Secondo alcune stime, la sola abolizione della protezione umanitaria – un permesso di soggiorno che lo Stato italiano riconosce a coloro che, pur non avendo i requisiti per ottenere la protezione internazionale, presentano comunque delle vulnerabilità tali da richiedere una forma di tutela – produrrà 60 mila nuovi irregolari nei prossimi due anni. Migliaia di nuovi senza tetto, persone senza diritti, che rischiano di diventare facile preda di sfruttamento e criminalità.
      “Un decreto di tale portata avrebbe meritato una discussione approfondita, in fase di approvazione, per tentare almeno di introdurre qualche miglioria, invece il testo è passato con la fiducia”, sottolinea Fabiana Musicco, presidente dell’associazione. “A pagare il prezzo di questo nuovo assetto normativo saranno, ad esempio, migliaia di ragazzi arrivati in Italia da minori soli che sono prossimi a compiere 18 anni. Molti di loro hanno fatto richiesta di asilo e qualora ricevessero un diniego di protezione internazionale, una volta diventati maggiorenni, non avrebbero alcun titolo per rimanere in modo regolare in Italia. Per non parlare dei tanti neo-maggiorenni che hanno già ottenuto la protezione umanitaria e che, non potendo accedere al sistema Sprar a causa del decreto, non hanno un posto dove andare. In questo ultimo mese ci sono arrivate diverse segnalazioni di ragazzi in questa situazione: diciottenni che si sono iscritti sul nostro sito per chiedere di essere ospitati in famiglia e proseguire il loro percorso di inclusione. Il rischio, per loro, è che finiscano per strada”.
      Oltre all’abolizione della protezione umanitaria, sono tante altre le misure discutibili che incideranno negativamente sull’architettura del sistema di accoglienza in Italia. Invece di potenziare l’accoglienza diffusa gestita dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si è scelto, con questo decreto, di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni. “Molte disposizioni del decreto, oltre a ridurre lo spazio di esercizio di alcuni diritti fondamentali, come quello all’asilo, sono contrarie al buon senso e renderanno il nostro Paese un posto meno sicuro per tutti, migranti e italiani”.

      https://refugees-welcome.it/decreto-immigrazione-legge-cambiera-peggio-la-vita-migliaia-persone

    • Azzariti: «Il Decreto sicurezza sarà bocciato dalla Consulta»

      Il costituzionalista critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato

      «Innanzitutto il provvedimento impressiona per il segno culturalmente regressivo perché appiattisce l’immigrazione ad un problema di esclusiva sicurezza pubblica: dalla legge Bossi Fini in poi c’è una progressione in questo senso di criminalizzazione del problema migratorio». Il costituzionalista Gaetano Azzariti critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato: «Così com’è è una summa di incostituzionalità, auspico si intervenga per cambiarlo in Parlamento».

      Professore, perché il decreto sicurezza sarebbe incostituzionale? Ci vuole spiegare le ragioni?
      Penso di peggio: nel testo ci sono una summa di incostituzionalità. Dallo strumento utilizzato, il decreto legge, al contenuto del provvedimento che va in conflitto coi principi della nostra Carta.

      Lei critica la formula del decreto perché dice che in questo momento non esiste un’emergenza tale da giustificare un provvedimento simile? Però posso ribattere, facendo l’avvocato del diavolo, che da anni è prassi che i nostri governi adottino la formula del decreto esautorando il Parlamento…
      C’è una sentenza della Corte Costituzionale del 2007 che ci spiega come non sia sufficiente che il governo dichiari la necessità di urgenza per emanare un decreto. Illegittimo è quindi l’uso del decreto legge per regolare fenomeni – quali le migrazioni – di natura strutturale che non rivestono alcun carattere di straordinarietà ed urgenza. In questo caso la palese mancanza dei requisiti costituzionali è dimostrata dal fatto di cui il governo si vanta di aver ridotto dell’80 per cento il problema dell’immigrazione. E allora non le sembra una contraddizione logica dichiarare l’emergenza quando lo stesso governo festeggia per i risultati ottenuti? Il governo ha pieno diritto di legiferare in materia, anche secondo il principio di contenimento dei flussi, ma tramite un disegno di legge.

      Al di là, quindi, della formula del decreto che lei reputa inopportuna, entrando nel merito, quali sono gli articoli della Costituzione che vengono violati?
      In primis, l’articolo 10 terzo comma stabilisce un diritto fondamentale che riguarda non i cittadini ma gli stranieri. A questi viene assegnato la possibilità di chiedere asilo politico allo Stato italiano. La stessa Cassazione, con diverse sentenze emesse dal 2012 al 2018, e le disposizioni internazionali ci parlano di permessi per “protezione umanitaria” come mezzi di attuazione della disposizione costituzionale. Bene, col decreto si passa all’eliminazione totale di questo status: la protezione umanitaria viene abrogata e sostituita da ipotesi specifiche. Cos’è questa se non una violazione dell’articolo 10 della nostra Carta?

      E che ne pensa della sospensione della concessione della domanda se si è sottoposti a procedimento penale?
      La presunzione di non colpevolezza è un principio di civiltà che è sancito dall’articolo 27 della nostra Costituzione. E non si fa certo differenza tra cittadini e stranieri (si riferisce in generale all’«imputato»). C’è poco altro da aggiungere: una sospensione della concessione della domanda mi sembra chiaramente violativa di questo principio.

      Si parla anche di revoca della cittadinanza in caso di condanna, anche questo aspetto secondo lei è incostituzionale?
      Si afferma per legge che qualora l’immigrato riuscisse, dopo il lungo iter burocratico, ad ottenere la cittadinanza italiana, non sarà comunque mai considerato alla pari degli altri. Come se dovesse pagare per l’eternità una pecca originaria. Questo aspetto è in contrasto con due principi: quello d’eguaglianza, introducendo nel nostro ordinamento una irragionevole discriminazione tra cittadini, e contravvenendo all’espressa indicazione di divieto della perdita della cittadinanza per motivi politici (articoli 3 e 22).

      In pratica, persone che commettono lo stesso reato avrebbero sanzioni diverse?
      Esatto, chi ha acquisito la cittadinanza è penalizzato rispetto a chi la tiene per ius sanguinis. Inoltre l’articolo 22 della Carta stabilisce che non si può perdere la cittadinanza per motivi politici. Ma se vuole continuo, gli elementi di incostituzionalità sono ancora altri.

      Ce li dica…
      Il decreto sicurezza estende la cosiddetta detenzione amministrativa cioè l’obbligo di stare in questi centri di permanenza e di rimpatrio da 90 a 180 giorni. Qui abbiamo una giurisprudenza con zone d’ombra ma che su un punto è chiarissima: la sentenza 105 del 2001 della Corte Costituzionale stabilisce che “il trattamento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea è misura incidente sulla libertà personale”. Il governo dovrebbe dimostrare che in questi luoghi non ci sia limitazione di libertà personale, la vedo difficile.

      E sul taglio degli Sprar che ne pensa?
      È una delle parti più odiose del decreto. Si cancella quella normativa che definiva le politiche di integrazione cercando di realizzare anche un altro principio fondamentale: quello di solidarietà (articolo 2 della Costituzione).

      A questo punto, crede veramente che il testo verrà migliorato alla Camera oppure teme che Lega e M5S abbiano blindato il provvedimento con il voto di fiducia?
      La speranza è l’ultima a morire. Non posso auspicare che questa maggioranza cambi idea sull’ordine pubblico o sul nesso immigrazione-sicurezza o che faccia un provvedimento che regoli i flussi. Qui il tema di discussione non è l’indirizzo politico del governo ma il rispetto della Carta e dei limiti costituzionali. Ricordo, inoltre, che il presidente della Repubblica quando ha firmato il decreto, ha anche scritto una lettera a Conte rilevando nell’auspicio del rispetto dei principi internazionali. Il Parlamento ha l’onore di prendere in considerazione almeno questi moniti.

      E nel caso, invece, rimanga così com’è ci sarebbe l’altolà della Consulta? È un’ipotesi realistica?
      Sono certo che se dovesse essere approvato in questi termini, magari con l’aggravante della mancanza della discussione in Parlamento, tutta l’attenzione non politica ma costituzionale si riverserà sui due guardiani della Costituzione. In primo luogo sul Capo dello Stato in sede di promulgazione – che dovrà in qualche modo verificare se il Parlamento ha tenuto conto dei rilievi da lui stesso formulati – e in secondo luogo sulla Corte Costituzionale.

      La sento abbastanza convinto sulla possibilità che la Consulta bocci alcune parti del provvedimento…
      Gli elementi di incostituzionalità di questo decreto mi sembrano abbastanza evidenti.

      http://www.vita.it/it/article/2018/11/22/azzariti-il-decreto-sicurezza-sara-bocciato-dalla-consulta/149839

    • Italien verschärft seine Einwanderungsgesetze drastisch

      In Italien hat Innenminister Salvini sein Einwanderungsdekret durchgesetzt. Die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen wird eingeschränkt, die Ausweisung von Migranten erleichtert.

      Drei Wochen nach dem italienischen Senat hat auch die Abgeordnetenkammer das umstrittene Einwanderungsdekret von Innenminister Matteo Salvini angenommen.

      Durch das Gesetz wird

      – die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen massiv eingeschränkt und
      – die Ausweisung von Migranten erleichtert.
      – Auch die Verteilung und Unterbringung von Asylbewerbern wird neu geregelt: Die meisten sollen künftig in großen Auffangzentren untergebracht werden.
      – Als „gefährlich“ eingeschätzte Asylbewerber sollen in Eilverfahren abgeschoben werden können.
      – Migranten, die bereits die italienische Staatsbürgerschaft haben, sollen diese wieder verlieren, wenn sie in Terrorverfahren verurteilt werden.
      – Als sicherheitspolitische Neuerung ist in dem Gesetz unter anderem vorgesehen, den Einsatz von Elektroschockpistolen auszuweiten und die Räumung besetzter Gebäude zu erleichtern.

      Die Regierung hatte in beiden Parlamentskammern die Vertrauensfrage gestellt, um die Gesetzesänderung zügig durchzubringen. Einige Parlamentarier der populistischen Fünf-Sterne-Bewegung, die zusammen mit Salvinis fremdfeindlicher Lega-Partei regiert, hatten aus Protest gegen die geplanten Verschärfungen Dutzende Änderungsanträge eingereicht.

      396 Abgeordnete stimmten schließlich für die drastische Verschärfung des Einwanderungsrechts, 99 votierten dagegen. 14 Abgeordnete der Fünf-Sterne-Bewegung, die sich gegen die Pläne ausgesprochen hatten, nahmen nicht an der Abstimmung teil.

      „Ein denkwürdiger Tag“

      Salvini äußerte sich angesichts des Ergebnisses zufrieden. „Heute ist ein denkwürdiger Tag“, sagte der Innenminister, der zugleich Vizeregierungschef ist. Kritik an den Gesetzesverschärfungen wies er als Bedenken von Linken zurück, „die finden, dass illegale Einwanderung kein Problem ist“.

      Das Uno-Flüchtlingshilfswerks (UNHCR) hatte sich Anfang November besorgt zu den Gesetzesverschärfungen geäußert. Diese böten keine „angemessenen Garantien“, insbesondere für Menschen, die besonderer Fürsorge bedürften, etwa Opfer von Vergewaltigung oder Folter.

      Die italienische Regierung vertritt seit ihrem Amtsantritt im Sommer eine harte Haltung in der Flüchtlings- und Einwanderungspolitik. Schiffen mit geretteten Flüchtlingen an Bord verweigerte Salvini das Einlaufen in italienische Häfen. Der Schwerpunkt der Flüchtlingskrise im Mittelmeer hat sich seitdem stärker nach Spanien verlagert: Spanien ist in diesem Jahr zum Hauptankunftsland von Flüchtlingen in Europa geworden, weit vor Italien und Griechenland.

      http://www.spiegel.de/politik/ausland/fluechtlinge-italien-verschaerft-seine-einwanderungsgesetze-drastisch-a-1241

    • Decreto immigrazione e sicurezza, la circolare ai Prefetti del 18 dicembre 2018

      Il Gabinetto del ministero dell’Interno ha diramato in queste settimane ai Prefetti la CM del 18 dicembre 2018 per «illustrare… le principali disposizioni d’insieme» del DL 4 ottobre 2018, il cosiddetto decreto immigrazione e sicurezza. Il testo è disponibile a questo link: http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/Circolare_m_18_12_2018.pdf. Il Viminale ha predisposto anche un documento divulgativo dal titolo Immigrazione e sicurezza pubblica. Le risposte per conoscere il nuovo decreto: qui (http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/FAQ_Decreto_immigrazione_e_sicurezza_definitivo_3_1_2018.pdf) la versione aggiornata al 3 gennaio 2019.

      Qui invece (www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/612656/Dl-Salvini-la-circolare-del-Viminale-che-tenta-di-rassicurare-i-sindaci), da Redattore sociale, il giudizio dell’ASGI sulla circolare ministeriale e le pericolose ricadute del DL (convertito in legge con la 132/2018: viedifuga.org/approvato-alla-camera-il-decreto-sicurezza-e-immigrazione-e-una-pessima-legge/) secondo Oxfam Italia e secondo l’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale).

      http://viedifuga.org/decreto-immigrazione-e-sicurezza-la-circolare-ai-prefetti-del-18-dicembre

    • La stretta sulla residenza è uno dei problemi del decreto sicurezza

      Il decreto immigrazione e sicurezza, diventato legge il 27 novembre del 2018 con l’approvazione in parlamento, suscita divisioni e critiche sia all’interno della maggioranza sia tra le file dell’opposizione. Dopo l’attacco del sindaco di Palermo Leoluca Orlando e del sindaco di Napoli Luigi De Magistris – che hanno annunciato di non voler applicare la legge, perché “è un testo inumano che viola i diritti umani” – molti altri sindaci hanno detto che boicotteranno la norma. Una mappa compilata dalla ricercatrice Cristina Del Biaggio raccoglie tutte le adesioni degli amministratori locali contro il decreto, in totale un centinaio.

      Uno dei punti più contestati della legge è l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica. Leoluca Orlando, con una nota inviata al capoarea dei servizi al cittadino, ha chiesto d’indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione del decreto sicurezza e di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”. Ma perché è così importante essere iscritti all’anagrafe e cosa comporta esserne esclusi? E infine, ha senso sospendere l’applicazione del decreto o basta applicare correttamente le norme esistenti?

      Cosa prevede il decreto
      La legge 113/2018 (anche detta decreto sicurezza e immigrazione o decreto Salvini) prevede delle modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 142/2015 attraverso un comma secondo cui “il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”. Secondo Enrico Gargiulo, docente di fondamenti di politica sociale all’università Ca’ Foscari di Venezia, il decreto introduce una “rivoluzione nel campo del diritto all’anagrafe”, perché “per la prima volta si nega in maniera chiara a una categoria di persone un diritto soggettivo perfetto”, contravvenendo alla costituzione e ad altre norme generali sull’immigrazione come il Testo unico del 1998.

      Dello stesso orientamento l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che in un comunicato ha ribadito l’incostituzionalità di questo punto e ha annunciato di aver già presentato diversi ricorsi, impugnando in sede giudiziaria alcuni dinieghi all’iscrizione anagrafica. “Riteniamo infatti che non sussista alcuna ragione che giustifichi sotto il profilo costituzionale una diversità di trattamento nell’iscrizione anagrafica che colpisce una sola categoria di stranieri legalmente soggiornanti (i titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo), violando il principio di parità di trattamento coi cittadini italiani prevista dall’articolo 6 del Testo unico sull’immigrazione( legge 286/1998)”, si legge nel comunicato. I ricorsi che saranno portati davanti a un giudice chiameranno in causa la corte costituzionale per violazione dell’articolo 3 della costituzione. La consulta a sua volta dovrà stabilire se questa parte del decreto è in linea con la carta fondamentale.

      Di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe

      Tuttavia alcuni giuristi invitano a un’interpretazione diversa del decreto. Le avvocate dell’Asgi Nazzarena Zorzella e Daniela Consolo ritengono che il decreto “non pone nessun esplicito divieto, ma si limita a escludere che la particolare tipologia di permesso di soggiorno possa essere documento utile per formalizzare la domanda di residenza”. Intervistata al telefono da Internazionale Zorzella ribadisce che “anche se il decreto ha come obiettivo l’esclusione dei richiedenti asilo dalla residenza, tuttavia di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe, ma si sostiene che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisca un titolo valido per l’iscrizione all’anagrafe”.

      Per l’avvocata, quindi, i sindaci potrebbero con una circolare informare gli uffici anagrafici di accettare come documento valido per l’iscrizione all’anagrafe il modulo C3 e cioè la domanda di asilo presentata in questura dal richiedente asilo al momento dell’arrivo in Italia, assumendo quel titolo come prova del soggiorno regolare del cittadino straniero in Italia. “Il decreto sicurezza coesiste con il Testo unico sull’immigrazione, in particolare con l’articolo 6 comma 7 che non è stato modificato dal decreto e prevede che allo straniero regolarmente soggiornante sia consentita l’iscrizione anagrafica”. Secondo l’avvocata i sindaci potrebbero provare a interpretare la norma in senso meno restrittivo, continuando a consentire l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe usando un altro documento come prova del loro soggiorno nel paese.

      Cosa implica l’iscrizione all’anagrafe
      L’iscrizione anagrafica è necessaria per il rilascio del certificato di residenza e del documento d’identità. Questi due documenti di prassi sono il presupposto per il godimento di alcuni servizi pubblici, in particolare dei servizi sociali, per esempio la presa in carico da parte degli assistenti sociali, l’accesso all’edilizia pubblica, la concessione di eventuali sussidi, per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale (per la fruizione dei servizi ordinari come il medico di base, mentre l’assistenza sanitaria d’urgenza è per principio garantita anche agli irregolari), per l’iscrizione a un centro per l’impiego. Inoltre un documento d’identità valido è richiesto per sottoscrivere un contratto di lavoro, per prendere in affitto una casa o per aprire un conto corrente bancario. La situazione in realtà è molto disomogenea sul territorio italiano, da anni molti comuni hanno stabilito che sia necessaria la residenza per accedere a questi servizi, mentre in altri municipi è consentito accedere ai servizi con il domicilio o la residenza fittizia, ma il decreto introdurrà ancora più ambiguità in questa materia e c’è da aspettarsi un aumento dei contenziosi. “Chi non ha accesso ai diritti anagrafici diventa invisibile, è una specie di fantasma dal punto di vista amministrativo”, afferma il ricercatore Enrico Gargiulo. “Anche se una persona rimane titolare di certi diritti, senza l’iscrizione anagrafica di fatto ne è esclusa”, conclude il ricercatore.

      Anche su questo punto le avvocate dell’Asgi, Zorzella e Consolo, ritengono che l’iscrizione all’anagrafe non sia necessaria per garantire l’accesso ai servizi dei richiedenti asilo. Zorzella e Consolo ricordano che lo stesso decreto sicurezza prevede che sia assicurato agli stranieri “l’accesso ai servizi comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti”. In questo senso, secondo loro, i sindaci e gli amministratori locali dovrebbero chiarire in una circolare che è sufficiente il domicilio per accedere ai servizi pubblici territoriali senza dover esibire l’iscrizione all’anagrafe, e lo stesso varrebbe per i servizi privati (banche, poste, assicurazioni, agenzie immobiliari).

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2019/01/09/residenza-anagrafe-decreto-sicurezza

    • La delibera per iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo. Dalle parole ai fatti, smontiamo il decreto Salvini

      Il 2019 è iniziato con numerosi Sindaci che hanno manifestato la loro volontà di disobbedire al decreto legge “immigrazione e sicurezza” di Salvini.
      Tra tutti, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo con una nota inviata al Capo Area dei Servizi al Cittadino, ha conferito mandato per indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione della legge n.132/2018 e, nelle more, ha impartito di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”.

      Si tratta del primo vero atto che tenta di opporsi alle previsioni contenute nel d.l. n. 113/2018 dopo la sua conversione in legge. Precedentemente, infatti, alcuni Comuni avevano dichiarato di sospendere gli effetti del decreto ma solo fino alla sua approvazione definitiva.
      In ogni caso, il fronte che, speriamo, si stia aprendo a livello territoriale contro questo provvedimento è di fondamentale importanza.

      Le leggi razziste, securitarie e repressive come, prima, i decreti di Minniti ed , ora, il decreto di Salvini agiscono anche e soprattutto sullo spazio delle nostre città, creano sacche di esclusione e di diritti negati.

      Dalle nostre città, dunque, deve partire una nuova resistenza.

      Per questo abbiamo pensato di elaborare un primo modello di delibera che smonti un pezzetto della legge n.113/2018 proprio nella parte in cui prevedendo l’impossibilità per il richiedente, titolare di un permesso di soggiorno per richiesta asilo, di iscriversi all’anagrafe si pone in piena violazione dell’articolo 26 della Convenzione di Ginevra e comporta una grave limitazione al godimento di quei diritti che la nostra Carta Costituzionale individua come diritti fondamentali.
      L’iscrizione all’anagrafe, infatti, rimane lo strumento tramite il quale si consente ai poteri pubblici di pianificare i servizi da erogare alla popolazione; inoltre essa è da sempre presupposto per l’accesso ad altri diritti sociali e civili, come l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale; l’accesso all’assistenza sociale e concessione di eventuali sussidi previsti dagli enti locali.

      Nel modello di delibera si richiama la competenza comunale in materia di istituzione di un albo anagrafico (art. 14 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267), i casi in cui i Comuni hanno già esercitato tale potere istitutivo (si vedano i registri per le unioni civili); la Convezione di Ginevra; gli articoli della nostra Costituzione che tutelano l’iscrizione anagrafica e la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto un diritto alla residenza qualificato come “diritto soggettivo”.
      Il tutto per dire una sola cosa alle istituzioni locali: se volete, avete tutto il potere di istituire quest’albo e garantire ai richiedenti asilo l’iscrizione anagrafica. Avete dalla vostra, la forza della ragione e la forza del Diritto.

      Si tratta, dunque, di un modello di delibera che mettiamo nelle mani dei Comuni solidali che realmente vogliono contrastare gli effetti di questo decreto.
      Un modello di delibera che mettiamo nelle mani degli attivisti e degli abitanti delle nostre città, piccole o grandi che siano, per fare pressione sui loro governanti e sfidarli ad istituire l’albo per l’iscrizione dei richiedenti asilo.

      Un modello di delibera che è solo uno dei tanti strumenti che intendiamo mettere a disposizione di questa battaglia per la giustizia e la dignità.
      La partita per la gestione dei centri Sprar e per i regolamenti di polizia locale dei nostri Comuni è ,infatti, ancora aperta.
      Anche in quel caso gli amministratori potranno decidere da che parte stare: se dalla parte della cieca obbedienza a delle leggi disumane, che condannano migliaia di persone alla marginalità rendendole carne da cannone per le Mafie, oppure dalla parte della “sicurezza dei diritti” di tutti e tutte noi.

      https://www.meltingpot.org/La-delibera-per-iscrivere-all-anagrafe-i-richiedenti-asilo.html

    • Une nouvelle loi anti-immigration controversée adoptée en Italie

      Le parlement italien a adopté une loi introduisant des restrictions pour les demandeurs d’asile, mais aussi des mesures pour la sécurité publique et contre les mafias. Un article d’Euroefe.

      La Chambre des représentants a approuvé le projet de loi par 336 voix pour et 249 abstentions, concluant ainsi sa trajectoire après son approbation au Sénat le 7 novembre par 163 voix pour, 59 contre et 19 abstentions.

      Cette mesure a été amenée par le chef de file de la Ligue de l’extrême droite et ministre de l’Intérieur, Matteo Salvini, et présentée dans les deux chambres parlementaires comme une motion de confiance au gouvernement, une technique utilisée pour éviter les amendements et écourter leur approbation.

      Quelque 200 personnes ont manifesté devant le parlement pour manifester leur rejet de cette loi controversée, et ont organisé des funérailles pour les droits, dénonçant le racisme.

      Salvini célèbre sa loi controversée

      Matteo Salvini a exprimé lors d’une conférence de presse sa « grande satisfaction, non pas en tant que ministre, mais en tant que citoyen italien », car, a-t-il assuré, la loi « donnera plus de tranquillité, d’ordre, de règles et de sérénité aux villes ».

      La nouvelle loi repose sur trois piliers : l’immigration, la sécurité publique et la lutte contre la criminalité organisée.

      Dans le domaine de l’immigration, les permis de séjour pour des raisons humanitaires seront suspendus. Ceux-ci ont été accordés pour deux ans et ont permis aux réfugiés d’accéder au monde du travail et à la sécurité sociale. Au lieu de cela, des permis de « protection spéciale » d’un an seront octroyés.

      En outre, la protection internationale sera refusée ou rejetée en cas de condamnation définitive de l’immigré, notamment pour viol, vente de drogue, vol ou extorsion. La mutilation génitale est mentionnée dans le texte et considérée comme « crime particulièrement alarmant ».

      La nouvelle loi allongera de 90 à 180 jours la période pendant laquelle les immigrants pourront rester dans les centres d’identification, période que le gouvernement du Mouvement 5 étoiles et la Ligue considère appropriée pour identifier le demandeur.

      Par ailleurs, davantage de fonds sont prévus pour le rapatriement volontaire des immigrants et la protection sera retirée à ceux qui retournent dans leur pays d’origine, sinon pour des « raisons graves et avérées ».

      Utilisation expérimentale du Taser

      En matière de sécurité publique, la nouvelle loi stipule que les sociétés de location de voitures communiquent à la police les données de leurs clients pour vérifier leurs antécédents et éviter ainsi d’éventuels attentats à la voiture bélier comme ce fut le cas à Nice, Berlin ou Londres.

      Elle permettra aussi aux agents des villes de plus de 100 000 habitants d’expérimenter le pistolet électrique Taser, et les clubs de football devront accroître leur contribution, en allouant entre 5 et 10 % des ventes de billets à la sécurité des stades.

      La loi étend par ailleurs le « Daspo », l’interdiction d’accès aux manifestations sportives aux foires, marchés et hôpitaux pour les personnes qui ont manifesté un comportement agressif ou dangereux.

      Enfin, en ce qui concerne la mafia, les nouvelles mesures augmentent les ressources destinées à l’entité qui gère les biens saisis aux criminels et libéralise ces biens, qui peuvent désormais être achetés par des particuliers « avec des contrôles rigoureux » afin qu’ils ne reviennent pas entre les mains des clans.

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/une-nouvelle-loi-anti-immigration-controversee-adoptee-en-italie

    • Decreto immigrazione e sicurezza: tutti i dubbi sulla costituzionalità

      Le Regioni contro il decreto Salvini. Piemonte, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Basilicata. Di ora in ora si allarga la squadra dei governatori contro il decreto sicurezza e immigrazione di Matteo Salvini.

      La strada passa per il ricorso alla Corte costituzionale e a guidare il tutto sarà la Regione Piemonte, che ha dato mandato al docente di Diritto internazionale, Ugo Mattei, e all’avvocatura della Regione di preparare il ricorso che “

      seguirà l’esempio di quanto fatto da Apple, Facebook, Google, e altri colossi della Silicon Valley quando presero posizione e presentarono ricorso contro il decreto attuativo anti-immigrazione e il blocco dei visti voluto dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump” ha spiegato l’assessora all’immigrazione della regione Piemonte Monica Cerutti

      “Ugo Mattei, insieme all’avvocatura della Regione Piemonte, si occuperà del ricorso in Corte Costituzionale contro il decreto sicurezza che rischia di creare un danno all’economia piemontese” ha spiegato Monica Cerutti. “Il decreto farà finire nell’irregolarità migliaia di migranti che quindi non potranno più contribuire alla vita economica del territorio”.

      “La nostra avvocatura sta anche lavorando con le avvocature delle altre ‘regioni rosse’” ha aggiunto l’assessora della Regione Piemonte “perché ci sia coordinamento nella presentazione dei ricorsi. Stiamo infatti pensando di aggiungere un nuovo profilo di incostituzionalità, che va sommarsi a quelli che riguardano le competenze regionali in materia di sanità e politiche sociali. Questo decreto manda del resto a gambe all’aria tutto il lavoro fatto sull’immigrazione in questi anni, rendendo inutili gli investimenti messi in campo dalla nostra Regione”.

      Il professor Mattei, si precisa dalla Regione, “si è reso disponibile a portare avanti questa battaglia a titolo gratuito. Quindi il suo intervento non costituirà una spesa per il Piemonte”.

      In precedenza anche il Quirinale aveva valutato eventuali profili di incostituzionalità del decreto, ponendo l’accento – nonostante la firma arrivata dopo la fiducia ottenuta alla Camera mercoledì 28 novembre 2018 – su alcune questioni.

      Vediamo quali sono:

      Necessità e urgenza – Il primo nodo è sulla natura dello strumento scelto dal governo. Secondo la Costituzione, il decreto deve rispettare i criteri di necessità e urgenza, oltre a non essere palesemente incostituzionale. La presidenza della Repubblica aveva già manifestato le proprie perplessità sull’urgenza di un intervento del governo su questa materia.

      Revoca del diritto d’asilo – Si allunga l’elenco di reati che comportano la sospensione della domanda di asilo e causano l’espulsione immediata dello straniero. Tra questi sono stati inclusi la violenza sessuale, la detenzione e il traffico di stupefacenti, il furto, la minaccia o la violenza a pubblico ufficiale. Nel decreto è prevista la revoca dello status dopo la sola condanna di primo grado: nella nostra Costituzione è però prevista la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Questa disposizione potrebbe essere in contrasto con i principi costituzionali.

      Revoca della cittadinanza – È prevista la revoca della cittadinanza italiana acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo. La revoca sarà possibile entro tre anni dalla condanna definitiva, per decreto del presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Interno. Anche questa norma è in contrasto con principi della Corte Costituzionale, che considera la cittadinanza un diritto inviolabile.

      Inizialmente i decreti dovevano essere due, uno sull’immigrazione e uno sulla sicurezza e i beni confiscati alle mafie. Poi sono stati accorpati in un unico provvedimento. Ecco gli altri punti del documento:

      Abolizione della protezione umanitaria – Il decreto prevede l’abolizione della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari previsto dal Testo unico sull’immigrazione (legge 286/98).

      Trattenimento nei Cpr – Gli immigrati con i documenti non in regola potranno essere trattenuti nei Centri per il rimpatrio fino a 180 giorni. Ad oggi il limite era 90 giorni.

      Sicurezza urbana – Viene prevista la sperimentazione dei taser di parte della municipale nei comuni con più di 100 mila abitanti e inasprite le pene contro chi promuove o organizza occupazioni.

      Lotta alle mafie – Per contrastare le infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione, il decreto prevede la nomina di un Commissario straordinario in caso di segnalazioni di situazioni anomale o di condotte illecite da parte di un Prefetto.

      https://www.tpi.it/2019/01/08/decreto-sicurezza-incostituzionalita-regioni/amp
      #constitutionnalité

    • Protezione umanitaria, la pronuncia della Cassazione n. 4890/2019

      Pubblichiamo la decisione n. 4890/2019 della Corte di cassazione, che risolve i dubbi in tema di regime intertemporale della nuova disciplina sulla protezione umanitaria.

      In argomento, questa Rubrica ha già ospitato la requisitoria del procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’articolo di Carlo Padula (Quale sorte per il permesso di soggiorno umanitario dopo il dl 113/2018?) contenente l’orientamento dei Tribunali di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino, Trento e della dottrina in punto di regime intertemporale della nuova disciplina della protezione umanitaria.

      http://questionegiustizia.it/articolo/protezione-umanitaria-la-pronuncia-della-cassazione-n-48902019_19
      #protection_humanitaire

  • Revue de presse de Claire Rodier sur l’affaire #Diciotti (via la mailing-list Migreurop), que je compile sur ce fil de discussion.

    Cette compilation est à mettre en lien avec les autres compilations et les autres documents en lien avec la question #ONG #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #sauvetages #sauvetage

    Pour voir les compilations annexes :
    https://seenthis.net/messages/706177

    cc @isskein

    ps. je n’ai suivi que partiellement ce nouvel épisode tragique car j’étais en Asie du Sud-Est et pas toujours connectée lors des événements

    • Chronique reçu de Camille Richard via la mailing-list Migreurop, le 20.09.2018

      Août 2018
      L’Arci et le cabinet légal Giuliano de Syracuse ont présenté un recours au Tribunal civil de Catane et au Tribunal administratif régional sicilien de Catane : un recours d’urgence (art 200 du Code de Procédure Civile) pour la protection immédiate des droits primaires des 150 migrants détenus illégitimement sur le bateau de la Garde côtière italienne Diciotti ; et devant le tribunal administratif, un recours avec une demande conservatoire d’un pourvoi de la mesure du ministre de l’Intérieur illégitimement adoptée.
      L’Arci a également demandé l’application immédiate des lignes directrices de l’OIM, dont le non-respect constitue une violation grave du droit international, notamment l’article 3 de la Charte européenne des droits de l’Homme (traitements inhumains et dégradants).
      Le recours a également été transmis -pour information- à la Questura, à la Préfecture et à la Garde côtière.
      Avec cette action, l’Arci insiste sur le fait qu’il n’y aucune trace écrite de la mesure et que celle-ci a d’autres objectifs, au vu des négociations avec l’UE et la campagne électorale sans relâche de Matteo Salvini.
      https://www.arci.it/larci-presenta-un-ricorso-contro-il-governo-per-il-trattenimento-illegittimo-de

      Septembre 2018
      Tribunal des ministres1, Palerme : L’enquête est née du fait qu’un ordre formel n’a été donné pour le blocus du navire Diciotti ou pour le débarquement, après 10 jours, des migrants secourus dans les eaux territoriales maltaises.
      Le tribunal, présidé par Fabio Pilato, a commencé à se réunir de manière informelle pour fixer les lignes du procès contre Salvini. L’examen du dossier, qui a débuté le 8 septembre, sera bref : le cas doit être clos dans les 90 jours. La première question concerne la compétence territoriale.
      Il s’agit d’abord de déterminer le lieu d’où serait partie la conduite illicite présumée de Salvini : les eaux territoriales de Lampedusa, où les migrants ont été secourus, ou le port de Catane où la Diciotti est restée pendant des jours dans l’attente du débarquement. Dans le premier cas, l’enquête resterait dans les mains de la magistrature de Palerme, à qui le dossier fut transmis par Agrigente (qui a compétence pour l’enquête mais ne peut être le siège du tribunal des ministres). Dans l’autre cas, la compétence reviendrait à la magistrature de Catane.
      Afin de déterminer le lieu de l’infraction, il faut reconstruire la « chaîne de commandement » à l’aide des nombreux témoins, dont quelques uns ont déjà été écoutés (le commandant de la Diciotti, le capitaine Massimo Kothmeir). Seront prochainement écoutés le chef de cabinet Matteo Piantedosi (qui n’est plus considéré comme suspect mais comme témoin), les commandants de la capitainerie de Porto Empedocle et de Catane, le responsable du bureau maritime de Lampedusa, le chef de Département des libertés civiles, Gerarda Pantalone, et son vice-président Bruno Corda.
      Dans le cas où le Tribunal décide de procéder, il sera nécessaire d’obtenir l’autorisation de la part du Sénat pour prendre des mesures contre le Premier ministre. À ce jour, il ne reste qu’un chef d’accusation contre Salvini : la séquestration de personnes, aggravée.
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/salvini-riceve-comunicazione-atti-indagine-diciotti
      https://www.corriere.it/politica/18_settembre_08/indagini-sequestro-persona-tribunale-ministri-cd4a9ea0-b2d9-11e8-af77-790d0

      Les réactions de Matteo Salvini
      "Mi sono semplicemente detto sorpreso che una procura siciliana, con tutti i problemi di mafia che ci sono in Sicilia, stia dedicando settimane di tempo a indagare me, ministro delll’interno, che ho fatto quello che ho sempre detto che avrei fatto e cioè bloccare le navi. È una decisione politica.’’
      « Je me suis simplement dit surpris qu’une magistrature sicilienne, avec tous les problèmes de mafia qui existent en Sicile, soit en train de dédier plusieurs semaines à enquêter sur moi, ministre de l’Intérieur, alors que j’ai fait ce que j’avais toujours dit que je ferais, c’est-à-dire bloquer les bâteaux. C’est une décision politique ».
      Matteo Salvini parle d’un complot politique (aussi pour la récente séquestration des fonds de son parti). Le premier ministre se concentre aujourd’hui sur les politiques de lutte contre l’immigration clandestine et a confirmé que d’ici l’automne, il conclura une série d’accords avec les pays africains et asiatiques pour les rapatriements et les expulsions.
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/salvini-riceve-comunicazione-atti-indagine-diciotti

      La Cour des Comptes ouvre une enquête sur les « coûts supplémentaires » du blocus naval pour lequel le ministre Matteo Salvini est suspecté.
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/diciotti-inchiesta-per-danno-erariale
      « Prendre ’en otage’ pendant 10 jours 177 demandeurs d’asile sur la Diciotti a coûté au moins 5 fois plus que de les accueillir dans un CAS -Centre extraordinaire d’accueil » (Avvenire, 29 août). Selon les premiers calculs, seulement pour la Diciotti, les caisses publiques devront débourser au moins 200,000 euros non prévus. Auxquels s’ajoutent les dépenses qui ont servi à couvrir l’accompagnement de l’Aquarius par la Garde côtière jusqu’en Espagne.
      La Cour des Comptes a ouvert un dossier d’enquête pour « préjudice financier » sur trois faits principaux : l’accompagnement de l’Aquarius jusqu’à Valence le 17 juin dernier ; le cas Diciotti du 13 juillet quand le gouvernement à envoyer le navire de la Garde côtière à Trapani ; et le cas Diciotti du mois d’août et la séquestration des migrants que l’embarcation (qui aurait coûté 10,000€ par jour).

      1 Le Tribunal est composé de trois magistrats choisis par tirage au sort tous les deux ans. À ce jour, le président est Fabio Pilato (ex- juge des tutelles du Tribunal de Palerme), avec deux autres juges : Filippo Serio (Commission de Révision) et Giuseppe Sidoti.

    • Diciotti, scontri al #sit-in di Catania: feriti un agente e un dimostrante

      In centinaia alla protesta per chiedere lo sbarco dei migranti. Tensioni fra manifestanti e polizia.

      In centinaia al presidio antirazzista sul molo due del porto di Catania, a pochi metri dalla nave Diciotti della Guardia costiera da giorni bloccata dal governo gialloverde con circa 130 migranti a bordo dopo lo sbarco di 17 persone per motivi sanitari. Ci sono le bandiere di Legambiente, dell’Arci, di Potere al popolo, della Cgil. Ci sono i volontari dei Briganti di Librino. Ci sono gli scout dell’Agesci. Ci sono i collettivi antirazzisti e i componenti dei centri sociali. La parola chiave è “Facciamoli scendere”.

      C’è stato un contatto tra forze dell’ordine e manifestanti che hanno tentato di forzare l’accesso al molo di Levante dove è ormeggiata la nave. Una decina di giovani con salvagenti e tavolette si sono lanciati a mare nel tentativo di raggiungere il pattugliatore della Guardia Costiera gridando ’libertà, libertà’. C’è stato uno scontro con le forze dell’ordine per evitare lo ’sfondamento’, e un poliziotto è rimasto ferito. L’agente è stato soccorso dai suoi colleghi e portato in un cellulare della polizia per le prime cure. Ferito anche un militante.

      In rappresentanza del Pd anche Antonio Rubino e l’ex deputato Giovanni Panepinto che avevano una bandiera dem. Quando è stata esposta i ragazzi di Potere al popolo hanno urlato e protestato creando un po’ di tensione, poi rientrata. Sul molo già centinaia di persone. Fra gli altri c’è il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, accompagnato dall’assessora Giovanna Marano: «Palermo e la Sicilia . dicono - sono in prima fila per ribadire che la cultura dell’accoglienza e la cultura della solidarietà rappresentano la vera cultura del popolo italiano. Una cultura e una prassi per altro sancite dalla nostra Costituzione e dalle leggi, cui il governo nazionale pensa di poter derogare a colpi di tweet e dirette Facebook mettendo a rischio la tenuta democratica del Paese».

      La manifestazione si è incrociata con il momento dello sbarco dei migranti scesi dalla nave Diciotti per motivi sanitari. Intanto la Sicilia si mobilita: i vescovi si dicono pronti allo sciopero della fame, mentre diversi militanti stanno inviando migliaia di e-mail al ministero degli Interni e a quello dei Trasporti per chiedere lo sbarco dei migranti. Si è intanto conclusa l’audizione di due funzionari del Viminale condotta dai pm di Agrigento.

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/08/25/news/scout_sinistra_volontari_ambientalisti_diciotti_a_catania_comincia_il_sit-in-204901986/?refresh_ce
      #Catane #résistance

    • Migrants : l’UE ne propose aucune solution pour les passagers du « Diciotti »

      Malgré la menace du gouvernement italien de suspendre sa participation au budget communautaire, aucun accord n’a été trouvé pour les 150 migrants bloqués à Catane.

      Bruxelles n’a pas cédé devant l’ultimatum formulé par Luigi Di Maio, le chef de file du Mouvement 5 étoiles (M5S, populiste) et vice-président du conseil italien : l’Union européenne (UE) n’a pas pris de décision, vendredi 24 août, sur l’accueil des 150 migrants toujours bloqués à bord du Diciotti et, plus généralement, sur la redistribution, en Europe, des candidats à l’asile.

      Jeudi, M. Di Maio avait pris le relais du ministre de l’intérieur et dirigeant de la Ligue (extrême droite), Matteo Salvini, en indiquant que, faute d’accord vendredi, son pays pourrait suspendre sa contribution au budget européen dès le début 2019. Soit 20 milliards d’euros, selon M. Di Maio. Aucun pays membre de l’UE n’a, jusqu’alors, refusé d’acquitter sa participation au budget communautaire.

      Une réunion de diplomates et d’experts avait été convoquée vendredi, à Bruxelles, par la Commission. Il s’agissait, au départ, de reparler de l’ensemble du dossier migratoire mais difficile, évidemment, de gommer la polémique actuelle avec Rome sur le Diciotti.

      Le navire des garde-côtes italien a secouru, dans la nuit du 15 au 16 août, 190 migrants. Treize d’entre eux ont été débarqués pour des raisons sanitaires à Lampedusa, puis le navire a accosté, le 20 août, à Catane, en Sicile. Depuis, les mineurs ont pu descendre mais le gouvernement italien exige que les autres rescapés soient envoyés ailleurs en Europe avant de les laisser débarquer.

      « Fixer des principes »

      Les menaces « ne servent à rien et ne mènent nulle part », a répliqué à M. Di Maio, vendredi midi, un porte-parole de la Commission. « Les commentaires peu constructifs n’aident pas et ne nous rapprochent pas d’une solution », a-t-il insisté. Bruxelles ne manque pas d’ajouter que si elle est désormais un contributeur net au budget européen – elle paie plus qu’elle reçoit en retour –, l’Italie perçoit quand même 10 milliards à 12 milliards par an en moyenne via des fonds structurels, d’investissements, d’aides à la recherche… Au total, elle a aussi reçu 650 millions pour la gestion des migrants arrivés sur son territoire – soit quelque 700 000 personnes depuis 2014.

      Selon l’un des participants, les représentants italiens à la discussion de vendredi n’ont pas réitéré la menace de M. Di Maio. « Mais elle planait », indique-t-il. Pas question, en tout cas, pour les autres pays présents (France, Allemagne, Espagne, Autriche, Grèce, Malte et les pays du Benelux) de donner l’impression de céder au chantage, tout en reconnaissant l’urgence d’une solution humanitaire.

      « Il s’agissait de tirer les leçons de ce qui s’est déroulé cet été et, surtout, de fixer des principes, des mécanismes durables pour l’accueil des bateaux, la répartition des migrants et le problème de leurs mouvements secondaires », souligne un diplomate. La recherche d’une garantie de solidarité entre les Etats membres, la question de l’aide financière à apporter aux pays d’accueil et celle des lieux de débarquement – en principe, le « port sûr le plus proche » selon le droit maritime international – sont d’autres thèmes de débats qui se poursuivront en septembre.

      Et le Diciotti ? « Pas le sujet du jour »,tranche l’un des participants. Il s’agissait pour les pays présents d’obtenir un engagement clair de l’Italie, « une définition de ses principes et une orientation quant à ce qu’elle fera à l’avenir ». « On ne se voit pas avoir une discussion bateau après bateau », insiste une autre source.

      La Commission affirme, de son côté, rester en contact avec Rome et d’autres capitales pour régler le sort des occupants du Diciotti. Vendredi, elle devait convenir qu’il restait incertain. En juillet, 450 migrants étaient restés trois jours à bord du même bateau, jusqu’à ce que l’Italie accepte leur débarquement, après avoir obtenu que d’autres pays européens en accueillent une partie.

      « Cotiser est un devoir légal »

      Dans une interview au Corriere della Sera, M. Salvini a ébauché à sa manière une solution à l’impasse. Elle consisterait en « un bel avion qui arrive d’une des capitales européennes à l’aéroport de Catane. Les Européens peuvent montrer qu’ils ont un grand cœur en embarquant tous les aspirants réfugiés. Nous avons joué notre rôle avec les jeunes », a-t-il déclaré. Annonçant une prochaine rencontre avec le premier ministre Viktor Orban, à Milan, il évoquait une modification des traités et des conventions qui régissent l’asile.

      Face à son allié, le M5S paraît divisé. Mais M. di Maio apporte son soutien à M. Salvini, qui a réagi vendredi soir à la non-décision de Bruxelles en déclarant « aujourd’hui, l’UE nous a encore prouvé qu’elle n’est qu’une entité abstraite ».

      A propos du Diciotti, M. Salvini a lancé : « Nous fournirons toute l’assistance nécessaire à bord du navire. Mais personne ne débarque. Un seul pays ne peut pas gérer tout ce qui se passe. Et un continent comme l’Afrique ne peut pas continuer de se vider. Avec 5 millions d’Italiens en état de pauvreté absolue, dont 1,2 million d’enfants, je pense d’abord aux Italiens. »

      Sur Facebook, M. Di Maio ne voulait pas rester en reste : « L’UE a décidé de nous tourner le dos, de se moquer des principes de solidarité et de responsabilité. (…) On ne va plus se laisser marcher dessus. » Et de confirmer sa menace d’un gel de la contribution italienne au budget européen.

      Sur Facebook toujours, le premier ministre Giuseppe Conte évoque « une belle occasion » perdue selon lui par l’Europe, qui aurait dû démontrer sa solidarité. Seul le ministre des affaires étrangères, Enzo Moavero, a fait entendre une autre petite musique. « Cotiser [au budget européen] est un devoir légal », a-t-il tenté de rappeler.

      https://abonnes.lemonde.fr/europe/article/2018/08/24/l-italie-pose-un-ultimatum-pour-trouver-une-solution-aux-migrants-du ?

    • L’Italie pose un ultimatum pour trouver une solution aux migrants du « Diciotti »

      Une réunion de la Commission européenne doit se tenir vendredi pour répartir dans plusieurs pays les migrants bloqués dans le port de Catane depuis lundi.
      LE MONDE | 24.08.2018 à 10h41 • Mis à jour le 24.08.2018 à 10h45

      Dix jours après avoir recueilli 190 migrants en mer, cinq jours après avoir pu accoster dans le port de Catane, en Sicile, le Diciotti, navire des gardes-côtes italiens, fait toujours l’objet d’un bras de fer entre l’Italie et les autres pays européens.
      Jeudi 23 août, le vice-président du conseil italien, Luigi Di Maio, a lancé un ultimatum à la Commission européenne, qui a annoncé travailler sur une solution similaire à celle trouvée la semaine dernière avec Malte pour les passagers de l’Aquarius. Il a sommé Bruxelles de trouver une solution vendredi, dans le cadre de la réunion du groupe PSDC (Politique de sécurité et de défense commune) de la Commission européenne. Faute de quoi son Mouvement 5 Etoiles, au pouvoir dans le cadre d’une coalition avec la Ligue, d’extrême droite, est prêt à suspendre la contribution italienne au budget de l’UE à compter de l’année prochaine.
      « Si rien ne sort de la réunion de la Commission européenne demain sur la répartition des migrants à bord du Diciotti, le Mouvement 5 Etoiles et moi-même ne serons plus disposés à verser chaque année 20 milliards d’euros à l’UE », a-t-il dit dans une vidéo postée jeudi soir sur Facebook.
      27 mineurs débarqués

      Mercredi, le ministre de l’intérieur italien, Matteo Salvini, avait confirmé qu’il n’autoriserait pas le débarquement des 177 migrants restant à bord. « Je ne donne aucune autorisation au débarquement. Si le président de la République veut le faire qu’il le fasse ; si le président du conseil [Giuseppe Conte, chef du gouvernement] veut le faire qu’il le fasse. Mais ils le feront sans l’accord du vice-premier ministre et du ministre de l’intérieur », a-t-il écrit sur Facebook.
      Plus tard, il a toutefois dû céder en ce qui concerne les mineurs non accompagnés, et 27 migrants, âgés de 14 à 16 ans, ont débarqué tard dans la nuit. Certains portaient encore les traces de leur séjour en Libye. « Un d’entre eux ne voit plus très bien, il a les pupilles dilatées, parce qu’il m’a raconté avoir été détenu dans le noir pendant un an », a raconté Nathalie Leiba, psychologue auprès de l’ONG Médecins sans frontières, qui a pu venir en aide à certains de ces jeunes migrants.
      Mais les adultes, eux, sont toujours bloqués à bord. La Libye a exclu de recueillir les passagers. Mohamed Siala, ministre des affaires étrangères du gouvernement d’union nationale (GNA), a estimé, mercredi, que ce retour serait une « mesure injuste et illégale » car la Libye compte déjà « plus de 700 000 migrants ».
      Le procureur sicilien d’Agrigente a ouvert une enquête pour « séquestration de personnes », mais le gouvernement italien fait la sourde oreille.

      https://abonnes.lemonde.fr/europe/article/2018/08/23/vent-de-fronde-parmi-les-gardes-cotes-italiens_5345376_3214.html ?

    • Vent de fronde parmi les gardes-côtes italiens contre la politique « zéro migrants » de Salvini

      Le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini, prend pour cible les activités de sauvetage de migrants en Méditerranée.
      LE MONDE | 23.08.2018 à 11h51 • Mis à jour le 24.08.2018 à 10h22 | Par Margherita Nasi (Catane (Sicile), envoyée spéciale)

      C’est une institution centenaire et intrépide. Depuis 1865, la garde côtière italienne veille à l’application de la loi en mer, suivant le slogan : « Omnia vincit animus » (« le courage est toujours vainqueur »). Il faut de la témérité, en effet, pour lutter contre les trafics illicites et pratiquer des sauvetages en mer. Il en faut tout autant pour dénoncer la politique « zéro migrants » du ministre italien de l’intérieur, Matteo Salvini.
      Le 19 août, l’organisme est sorti de sa réserve pour dénoncer le traitement que le chef de la Ligue (ex-Ligue du Nord) impose au navire Diciotti. Le patrouilleur des gardes-côtes était coincé depuis plusieurs jours au large de Lampedusa, après avoir recueilli 177 migrants sur une embarcation qui prenait l’eau. M. Salvini a refusé de laisser accoster les marins italiens, intervenus sur un bateau relevant selon lui des autorités maltaises. Dans un entretien au Corriere della Sera, le lieutenant Antonello Ciavarelli s’est alarmé d’une situation « incompréhensible et même gênante ».
      Lire aussi : A Catane, les migrants du « Diciotti » patientent dans un silence irréel
      Le 20 août, le navire a finalement pu entrer dans le port de Catane, en Sicile. Mais ses passagers n’ont pas le droit de débarquer : M. Salvini menace même de les ramener en Libye si l’Union européenne n’accepte pas de prendre en charge les migrants. Escalade, le 22 août : entre un Tweet où il s’émeut du sort des centaines de milliers de bêtes égorgées par les musulmans pendant l’Aïd, et un autre où il promet la fermeture d’un camp de migrants, le très droitier ministre s’en prend aux gardes-côtes. « Le PD [Parti démocrate] et la gauche ont fait en sorte que le pays soit envahi par plus de 700 000 immigrés, et je serais “gênant” ?, fait-il mine de s’interroger. C’est du délire. Je ne lâche pas, les amis, je continue. »
      « Le phénomène migratoire a tellement augmenté que je considère que ce n’est plus du secours en mer ce que nous faisons », considère un garde-côtes qui souhaite ne pas être cité nommément
      Depuis, la direction des gardes-côtes italiens se refuse à tout commentaire. Dans leur bureau de Catane, on nous fait lanterner, puis on nous accompagne dans le bureau d’un responsable qui préfère ne pas être cité nommément. « On a reçu des ordres, on ne doit pas parler, et puis le Diciotti n’est pas sous notre responsabilité, on ne fait que fournir de l’assistance logistique. C’est le quartier général qui s’en occupe, indique le hiérarque. Le phénomène migratoire a tellement augmenté que je considère que ce n’est plus du secours en mer ce que nous faisons. J’espère qu’avec cette histoire, l’Europe va comprendre que l’immigration, c’est plus complexe que ce que l’on croit, et finira peut-être par remercier Salvini. »
      Pourtant, un vent de fronde souffle bien parmi les gardes-côtes italiens. Antonello Ciavarelli s’en fait le porte-voix : « Beaucoup de collègues m’écrivent pour exprimer leur malaise. On nous attaque sur les réseaux sociaux, on demande la destitution du commandant général, l’amiral Giovanni Pettorino. Le Diciotti est comparé au navire d’une ONG, notre action à celle des passeurs de clandestins. Ce sont des attaques injustes », témoigne le lieutenant au Corriere della Sera.
      M. Ciavarelli s’inquiète des conséquences de la politique de Matteo Salvini : « Pour l’heure, les 177 migrants sont sains et saufs et les collègues à bord m’écrivent sur WhatsApp pour me dire que tout va bien. Mais si ces mêmes personnes comprennent que nous voulons les ramener en Libye, ou les transborder dans un autre bateau direction la Libye, ils seraient prêts à tout, même au suicide (…). L’équipage reste serein, car il sait qu’il fait son travail dans le respect de la Constitution. »
      Problème légal et éthique

      Des propos en accord avec ceux du défenseur italien des droits des personnes détenues, Mauro Palma, qui estime que « la permanence prolongée des migrants à bord du bateau – ils doivent dormir sur le pont, ils sont exposés aux conditions météorologiques et sont en situation de surpopulation et de promiscuité – pourrait se révéler être un traitement inhumain et dégradant, violant la Constitution ». Le procureur d’Agrigente a évoqué le cas des 29 mineurs présents sur le navire, estimant qu’ils « avaient le droit d’être débarqués » en vertu des conventions internationales et de la loi italienne sur les mineurs non accompagnés. M. Salvini a déclaré qu’il ne s’y opposait pas pour les mineurs.
      Pour les gardes-côtes, le problème n’est pas seulement légal, il est d’abord éthique. « C’est obligation juridique, mais aussi morale : tous les marins, même lorsque les conventions n’existaient pas encore, ont secouru ceux qui se trouvaient en difficulté. On n’a jamais laissé personne seul en mer », déclarait déjà, le 26 juin, le patron des gardes-côtes italiens, l’amiral Giovanni Pettorino.
      « Si vraiment on ne veut plus sauver les gens, il faut changer les règles, et je veux voir si la personne qui s’en charge dormira bien la nuit. Et puis si c’est un bateau de croisière qui est en détresse, qu’est-ce qu’on fait ? Cela reviendrait à dire que toutes les vies n’ont pas la même valeur », s’emporte Vittorio Alessandro. Ce garde-côtes à la retraite déplore l’inefficacité de la stratégie de Matteo Salvini.
      Selon une enquête menée par la plate-forme indépendante EUobserver, l’Italie aurait déboursé sur fonds européens au moins 200 000 euros pour escorter en juin l’Aquarius et ses 600 passagers jusqu’à Valence, en Espagne, après lui avoir interdit d’accoster. « Une somme faramineuse pour un résultat ridicule ! On joue avec la souffrance des personnes pour obtenir sur le moment la répartition de quelques migrants. Depuis, je n’ai pas l’impression que les autres pays européens aient montré plus de disponibilité pour accueillir des migrants. »

      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/23/vent-de-fronde-parmi-les-gardes-cotes-italiens_5345376_3214.html

    • La « prise d’otage » du Diciotti dénoncée, 29 mineurs autorisés à débarquer

      29 mineurs non accompagnés ont été autorisés à quitter le Diciotti dans le port de Catane la nuit dernière. Et c’est par un message sur les réseaux sociaux que le ministre italien de l’Intérieur Matteo Salvini a finalement donné son feu vert à leur débarquement. Message qui disait ceci : « Il y à bord du Diciotti 29 enfants ? Ils peuvent descendre, maintenant, même si Bruxelles dort... »
      Le navire des gardes-côtes italiens est arrivé lundi en Sicile, avec interdiction du gouvernement de débarquer ses 177 migrants sauvés des eaux méditerranéennes.
      Rome dit espérer qu’une solution soit trouvée au plus vite, après son accrochage avec Malte et ses menaces de renvoyer les migrants en Libye.
      Le premier ministre lui même Giuseppe Conte s’est plaint sur Facebook qu’aucun Etat européen n’ait proposé son aide... La commission européenne a répondu qu’elle était toujours en négociation avec les Etats-membres pour résoudre cette question. 177 pour une population européenne de 500 millions, ce doit être possible, mais le bras de fer se poursuit...
      Et de plus en plus de voix s’élèvent pour dénoncer cette « prise d’otages », l’ONU qui rappelle que le droit d’asile est un « droit fondamental, pas un crime », mais aussi l’écrivain antimafia Roberto Saviano qui estime que « c’est un cas grave et illégal de séquestration de personnes ».
      Trois juridictions siciliennes ont d’ailleurs ouvert une enquête sur le Diciotti pour associations de malfaiteurs visant le trafic d’êtres humains et pour séquestration de personnes.
      En charge de cette dernière enquête, le procureur d’Agrigente était monté mercredi à bord du Diciotti. Il avait alors évoqué le cas des 29 mineurs présents sur le navire estimant qu’ils « avaient le droit d’être débarqués » en vertu des conventions internationales et de la loi italienne sur les mineurs non accompagnés.

      http://fr.euronews.com/2018/08/23/la-prise-d-otage-du-diciotti-denoncee-29-mineurs-autorises-a-debarquer

    • A Catane, les migrants du « Diciotti » patientent dans un silence irréel

      Une flottille de voiliers traverse le port de Catane, en Sicile. A en croire les cris du moniteur et la trajectoire zigzagante des Optimist, il s’agit de débutants. Avec nonchalance, ils dépassent le navire amarré, estampillé « Guardia Costiera ». Puis, prennent le large, narguant le grand bateau blanc, bloqué à quai.

      De fait, le Diciotti, patrouilleur des gardes-côtes italiens, est au cœur d’un imbroglio international depuis qu’il a sauvé 177 migrants qui se trouvaient sur une embarcation en Méditerranée, entre Malte et l’île italienne de Lampedusa, mi-août. Coincé cinq jours au large de Lampedusa, le navire a enfin pu accoster à Catane, le 20 août au soir. Mais ses passagers n’ont toujours pas le droit de débarquer.

      Le ministre de l’intérieur italien, Matteo Salvini, résume ainsi les termes du chantage qu’il leur fait subir : « Soit l’Europe commence à agir sérieusement en défendant ses frontières et en répartissant les migrants, soit on les ramène dans les ports où ils sont partis, tweetait-il le 21 août. L’Italie a déjà joué son rôle, quand c’est trop, c’est trop. »
      « Creuses promesses »

      Saisie, la Commission européenne a assuré s’activer pour obtenir une répartition entre plusieurs pays, mais aucune solution n’était encore en vue mercredi 22 août au matin. Le chef de la Ligue (extrême droite) accuse dans le même temps Malte d’avoir « accompagné » l’embarcation des migrants « vers les eaux italiennes », au lieu de les sauver. « Avec ces gouvernants italiens, on ne peut plus avancer », contre-attaque le premier ministre maltais, Joseph Muscat. « Ces crises requièrent des actions concrètes et du sang froid, pas de creuses promesses et de la propagande », a-t-il écrit à la Commission européenne, d’après le quotidien italien La Stampa.

      A mille lieues de ce tapage, c’est dans un silence presque irréel que patiente le Diciotti. Sur le pont, les passagers s’abritent du soleil sous une grande bâche. Combinaisons blanches et masques de la même couleur, des hommes s’activent à leurs côtés ; ce sont probablement des membres de la guardia costiera, eux aussi interdits de descente. Impossible d’en avoir le cœur net, car l’accès au bateau est bloqué par deux voitures et quatre camionnettes – une de la police, deux des carabiniers, une des gardes-côtes. Elles sont aussi statiques que leurs occupants sont mutiques. De temps en temps, un hélicoptère survole les lieux.

      A l’entrée du port, des associations protestent contre le blocage du Diciotti : Welcome to Europe, Réseau antiraciste catanais, Città Felice, Ragnatela… Beaucoup de noms mais bien peu de monde en ce 21 août : une poignée de personnes, regroupées derrière deux maigres bannières, manifestent leur soutien aux migrants. « On est là depuis hier soir, on se relaie, et on ne lâche pas tant que la situation ne se sera pas débloquée », prévient le militant Giusi Milazzo.

      Climat xénophobe

      « Catane a toujours été une ville ouverte. Mais depuis l’été 2015, la ville héberge le siège italien de Frontex [l’agence européenne de gardes-frontières] et tout a changé, regrette Adolfo Di Stefano, le leader du Réseau antiraciste catanais. Avant, on pouvait accueillir les migrants à la sortie du bateau, on leur distribuait le règlement de Dublin [sur l’accueil des demandeurs d’asile]. Maintenant, on ne peut pas s’en approcher. »

      Le militant a du mal à comprendre les raisons du climat xénophobe qui s’est installé dans sa ville, dont le maire (Forza Italia, centre droit), élu en mai, a reçu l’onction de M. Salvini : « C’est de ce même port que partaient, au XXe siècle, les émigrés siciliens. Et aujourd’hui encore, les jeunes continuent de s’en aller. Ils sont 250 000 à avoir quitté le pays l’année dernière, contre 119 000 migrants qui sont arrivés. Ce n’est pas comme si on manquait de place. »

      En mai 2017, M. Di Stefano s’est interposé lorsque les activistes d’extrême droite de Generazione Identitaria ont tenté de bloquer l’Aquarius, le navire de sauvetage de l’ONG SOS Méditerranée. Cela lui a valu insultes et menaces, mais aussi quelques marques de sollicitude. « Les canotiers nous ont prêté des canoës, assure-t-il. Un bar du coin nous faisait des prix d’amis. »
      « L’Europe doit assumer »

      A Catane comme dans le reste du pays, la solidarité est cependant devenue une denrée rare. Depuis la société d’aviron du port, installé sur un rameur, Francesco surveille les militants avec méfiance. « J’en ai fait, des opérations en mer, j’en ai sauvé des gens, j’ai même vu beaucoup de morts. En fait, depuis 2017, je ne fais que ça, déplore ce fonctionnaire de la marine militaire. On fait des sacrifices, on est mal payés, on garde ces gens chez nous, alors qu’il n’y a pas de travail pour nos enfants. L’Europe doit assumer ses responsabilités. »

      Dans la minuscule pièce qui fait office de bureau pour la coopérative d’assistance aux bateaux, Giacomo Molini déroule les pages Facebook de Matteo Salvini et du ministre italien des transports, Danilo Toninelli. « Depuis que Salvini est là, on a de moins en moins de débarquements, et vous savez pourquoi ? Parce qu’il a raison : il faut avoir une poigne de fer avec les migrants », selon cet ancien pêcheur.

      « Il y a une propagande tellement forte sur les réseaux sociaux autour des débarquements que les Siciliens oublient les vrais problèmes : la Mafia, une santé publique déficiente, des autoroutes dans un état minable », se désole Lorenzo Urciullo, plus connu sous le nom de Colapesce. Début août, ce chanteur basé à Catane a participé à la campagne « Solo in Cartolina » (« en carte postale seulement ») : 10 000 cartes postales montrant des naufragés en détresse ont été envoyées à Matteo Salvini. Manière de répondre au ministre de l’intérieur qui, à la suite de la crise de l’Aquarius, avait affirmé : « Cet été, les ONG ne verront l’Italie qu’en carte postale. »


      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/22/a-catane-177-migrants-retenus-a-bord-du-diciotti_5344916_3214.html ?

    • Italie : des garde-côtes et 177 migrants bloqués depuis jeudi au large de Lampedusa

      Un navire des garde-côtes italiens est bloqué depuis jeudi 16 août au large de Lampedusa avec à bord 177 migrants secourus entre Malte et l’île italienne, alors qu’aucun pays ne souhaite les accueillir.

      Le ministre italien de l’intérieur, Matteo Salvini (extrême droite), avait critiqué l’initiative des garde-côtes italiens, qui sont intervenus sur un bateau relevant selon lui des autorités maltaises. L’embarcation avec au départ 190 migrants à bord est en effet passée mercredi par la zone de recherches et de secours (SAR) maltaise, mais selon La Valette, les personnes à bord ont refusé toute aide et poursuivi leur route vers Lampedusa.

      Ils ont ensuite été pris en charge dans la nuit de mercredi à jeudi par le navire Diciotti des garde-côtes italiens, qui ont évacué en urgence 13 personnes vers l’hôpital de Lampedusa mais attendent depuis jeudi soir au large de l’île italienne l’autorisation de débarquer les autres. Selon des médias italiens, le ministre des affaires étrangères, Enzo Moavero, a entamé des discussions avec d’autres pays européens pour trouver une solution.

      « Les partenaires européens comptent laisser l’Italie seule »

      Alors que M. Salvini refuse toujours que le bateau accoste en Italie, les services de son ministère ont choisi jeudi soir de faire planer la menace d’une nouvelle volte-face sur le dossier de l’Aquarius qui est arrivé le 15 août à Malte avec à son bord 141 migrants. Ces derniers ont ensuite été répartis entre la France, l’Allemagne, l’Italie, le Luxembourg, le Portugal et l’Espagne, grâce à un accord entre ces pays.

      Lire aussi : Entre deux Tweet xénophobes, Salvini accueille des migrants

      « Les partenaires européens comptent laisser l’Italie seule en lui imposant un bateau avec 170 personnes. Si c’est vraiment leurs intentions, Rome remettra en question la possibilité de participer à la redistribution des personnes qui étaient à bord de l’Aquarius, comme l’a annoncé Malte au cours des dernières heures », assure le ministère dans un communiqué

      En juillet, le Diciotti, envoyé surveiller de loin 450 migrants entassés sur une barque de pêche entre Lampedusa et Malte, les avait déjà recueillis alors que le gouvernement leur demandait d’attendre que Malte s’en charge.

      « Nous sommes des marins, des marins italiens. Nous avons 2 000 ans de civilité derrière nous et ces choses-là, nous les faisons », avait déclaré quelques jours plus tard le commandant des garde-côtes, l’amiral Giovanni Pettorino. Les 450 migrants étaient restés trois jours à bord du Diciotti, jusqu’à ce que M. Salvini les laisse débarquer en Sicile après avoir obtenu que d’autres Etats européens en accueillent une partie.

      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/18/italie-des-garde-cotes-et-177-migrants-bloques-depuis-jeudi-au-large-de-lamp

    • Les migrants du « Diciotti », bateau bloqué cinq jours à Catane, enfin autorisés à débarquer

      Les 150 migrants qui se trouvaient à bord du Diciotti, un bateau des garde-côtes italiens bloqué depuis cinq jours dans le port sicilien de Catane, avaient tous quitté le navire dimanche 26 août au matin, une solution ayant été trouvée la veille pour leur prise en charge.

      Le ministre de l’intérieur italien, Matteo Salvini, avait annoncé, samedi 25 août, que les migrants qui étaient encore bloqués à bord du navire Diciotti depuis son arrivée lundi à Catane, en Sicile, seraient autorisés à débarquer « dans les prochaines heures ». « Une grande partie sera hébergée par l’Eglise italienne, par les évêques qui ont ouvert leurs portes, leur cœur et leur portefeuille », a-t-il déclaré au cours d’une réunion politique dans le nord de l’Italie.

      Le Diciotti, un navire des gardes-côtes italiens, avait procédé à une opération de sauvetage il y a une dizaine de jours. Dans un premier temps, les autorités sanitaires du port de Catane avaient autorisé le débarquement pour raison de santé de seize personnes – onze femmes et cinq hommes – auxquelles s’était ajouté un sixième homme, malade lui aussi, portant le total à dix-sept personnes. Plusieurs médecins et inspecteurs du ministère de la santé étaient montés à bord dans la matinée pour contrôler l’état de santé des rescapés.
      « Ils ne nous arrêteront pas »

      De son côté, la cour de justice de Palerme s’est saisie d’une enquête visant notamment M. Salvini pour « séquestration de personnes, arrestations illégales et abus de pouvoir » dans cette affaire, ont annoncé, samedi soir, les médias italiens. Le chef de cabinet du ministre, Matteo Piantedosi, est également visé.

      Comme la Constitution italienne interdit aux tribunaux habituels de se charger de ce type d’affaire, l’enquête a été transmise à un « tribunal des ministres », chargé depuis la cour de Palerme de traiter de potentiels délits commis par des membres du gouvernement sur la juridiction sicilienne.

      « Ils ne nous arrêteront pas. C’est une honte », a immédiatement réagi M. Salvini, par ailleurs chef de file du parti d’extrême droite La Ligue, depuis la ville de Pinzolo, où il tenait une réunion politique. « Ils peuvent m’arrêter moi, mais pas la volonté de 60 millions d’Italiens », a ajouté le ministre.
      Nombreuses critiques

      Luigi Patronaggio, le procureur du parquet d’Agrigente, avait d’abord ouvert, vendredi, une enquête de justice, cherchant à comprendre la chaîne de commandement ayant mené à l’interdiction du débarquement des 150 migrants secourus par les gardes-côtes.

      M. Salvini, tenant d’une ligne dure envers les migrants, avait réagi le jour même à l’annonce de cette première enquête, demandant au magistrat de l’interroger directement. « Il devrait m’interroger moi et non pas demander des éclaircissements à des fonctionnaires qui exécutent les directives données par le responsable, c’est-à-dire moi », avait déclaré le ministre.

      De nombreuses critiques, venant de tous bords, pleuvent depuis des jours sur M. Salvini. L’une des plus dures a été formulée par l’archevêque d’Agrigente, le cardinal Francesco Montenegro : « Parfois, il m’arrive de penser que s’il s’était agi d’animaux, on les aurait mieux traités », a-t-il déclaré samedi au quotidien La Stampa.
      « La solidarité européenne est importante »

      Depuis Genève, le Haut-Commissariat de l’ONU pour les réfugiés (HCR) a lancé, samedi, « un appel aux Etats membres de l’Union européenne [UE] pour qu’ils offrent d’urgence des places de réinstallation » aux migrants du Diciotti, exhortant Rome « à autoriser [leur] débarquement immédiat ».

      Le seul soutien de l’UE est venu samedi soir de l’Irlande, qui, par la voix de son ministre des affaires étrangères Simon Coveney, a offert de prendre en charge 20 à 25 migrants. « La solidarité européenne est importante », a souligné le chef de la diplomatie irlandaise.

      L’Albanie, un pays qui n’appartient pas à l’UE, a donné son accord pour en accueillir vingt. En début de soirée, le ministère des affaires étrangères italien, Enzo Moavero Milanesi, a remercié sur Twitter « l’Albanie pour sa décision d’accueillir vingt réfugiés du Diciotti, un signal de grande solidarité et de grande amitié ».

      Après avoir menacé, vendredi, l’UE « de payer moins » pour le budget communautaire en raison de l’absence de solidarité, ce dernier est revenu à la charge samedi en promettant que « l’Italie ne votera pas lorsqu’il faudra l’unanimité pour adopter le budget ».


      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/25/italie-douze-migrants-du-diciotti-autorises-a-debarquer-en-sicile-pour-raiso

    • Pour compléter la compilation, voici les liens envoyés par Sara Prestianni, toujours via la mailing-list Migreurop :
      – La Procure de Agrigento met sous enquête le Ministre Salvini et son chef de cabinet pour séquestration de personne, abus d’office et arrestation illegale dans le cas Diciotti. Les actes ont été transférés à la Procure de Palerme puisque puisse les envoyer au tribunal des ministres.
      en ENG -> https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/24/diciotti-il-report-della-guardia-costiera-una-nave-fantasma-maltese-ha-portato-il-barcone-verso-la-zona-sar-italiana/4578569

      – ici la reconstruction des operation de sauvetage et des tensions Malte/Italie sur le cas Diciotti : https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/24/diciotti-il-report-della-guardia-costiera-una-nave-fantasma-maltese-ha-portato-il-barcone-verso-la-zona-sar-italiana/4578569

      – Salvini annonce que les migrants seront “redistribué” entre Albanie, Irlande et plus de 100 seront pris en charge par la CEI (l’Eglise Catholique)
      https://www.corriere.it/politica/18_agosto_25/diciotti-salvini-se-ue-non-risolve-veto-bilancio-farnesina-l-albania-pronta
      Cette solution sonne surreale : tant le fait d’envoyer des erytréens en Albanie mais aussi pour la CEI qui, de fait se trouve en territoire italien ….
      Du moment que il se trouvent sur un bateau italien - donc en territoire italien - et surtout ceux qui seront pris en charge par l’église italiennes les réfugiés de la Diciotti ont le droit de demander l’asile en Italie et c’est l’Italie qui doit être responsable pour leur accueil.
      La menace de l’autre VicePresident du Conseil Di Maio pour la réponse negative de l’UE dans la redistribution des migrants de la Diciotti vue comme un chantage est celle de ne pas voter le bilan UE ...

      – Mardi prochain Salvini rencontre Orban à Milano. Ambiguïté pour une rencontre qui a été annoncé comme politique mais pas institutionnel mais qui surement se focalisera sur une alliance italo/hongrois sur la migration.
      La société civile italienne - qui a démontré sa capacité de mobilisation hier au port de Catane - a annoncé une manifestation pour mardi à Milano.
      http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/08/25/salvini-orban-non-incontro-istituzionale_WalFIXn1NA6IzNX33puN9O.html

    • Salvini indagato per la «Diciotti», spunta sentenza Ue su caso simile

      La Corte europea dei diritti dell’uomo, due anni fa, si è pronunciata condannando l’Italia per il trattenimento illegale di tre migranti tunisini: la Procura di Agrigento ha allegato il verdetto agli atti dell’inchiesta sul leader della Lega trasmessi ai colleghi di Palermo.

      Le leggi italiane sul trattenimento dei migranti irregolari sono imprecise. E l’ambiguità legislativa che ne deriva «ha dato luogo a numerose situazioni di privazione della libertà». Il giudizio è netto e arriva dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, due anni fa, si è pronunciata, condannando l’Italia, per il trattenimento illegale di tre migranti tunisini, prima nel centro di accoglienza di Lampedusa, poi a bordo di due navi. Un caso che, per i magistrati agrigentini, sarebbe una «fotocopia» di quello della nave Diciotti costato al ministro dell’Interno Matteo Salvini e al suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi le accuse di sequestro di persona, sequestro di persona a scopo di coazione, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio e arresto illegale.

      Tanto la vicenda somiglia a quella dei profughi soccorsi dalla Guardia costiera il 16 agosto e costretti a restare per giorni a bordo della Diciotti, che la Procura di Agrigento ha allegato il verdetto Cedu agli atti dell’inchiesta sul leader della Lega trasmessi ai colleghi di Palermo. Il provvedimento della Corte di Strasburgo, emesso il 15 dicembre del 2016, è dunque ora a disposizione dei pm del capoluogo - il fascicolo è intestato al procuratore Francesco Lo Voi e all’aggiunto Marzia Sabella - che, con le loro deduzioni dovranno inviare le carte al Tribunale dei ministri visto il coinvolgimento di un esponente dell’esecutivo. I magistrati possono anche modificare i reati ipotizzati.

      La sentenza di Strasburgo, che nasce dal ricorso di tre tunisini soccorsi nel 2011 nel Canale di Sicilia, rimasti giorni nel Cpa di Lampedusa e poi, in attesa del rimpatrio, trattenuti sulle navi Audacia e Vincent, sembra «sposare» l’ipotesi, tra quelle formulate dai magistrati di Agrigento, del sequestro di persona, e non del sequestro di persona a scopo di coazione. Quest’ultima infatti, pure attualmente contestata agli indagati, richiederebbe un dolo specifico al momento non riscontrabile.

      «Il trattenimento in un Centro di accoglienza - dicono i giudici della Cedu che hanno riconosciuto ai tre tunisini 10 mila euro di risarcimento per la violazione dell’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo - sfugge al controllo dell’autorità giudiziaria, il che, anche nell’ambito di una crisi migratoria, non può conciliarsi con lo scopo della norma che prevede che nessuno sia privato della sua libertà in maniera arbitraria». «Le considerazioni sopra esposte - spiegano - bastano alla Corte per concludere che la privazione della libertà dei ricorrenti non soddisfaceva il principio generale della certezza del diritto e contrastava con lo scopo di proteggere l’individuo dall’arbitrarietà».

      Secondo la Cedu, «i ricorrenti non solo sono stati privati della libertà in assenza di base giuridica chiara ed accessibile, ma non hanno nemmeno potuto beneficiare delle garanzie fondamentali dell’habeas corpus, enunciate, ad esempio, nell’articolo 13 della Costituzione italiana che prevede che la restrizione della libertà personale deve fondarsi su un atto motivato dell’autorità giudiziaria, e le misure provvisorie adottate, in casi eccezionali di necessità e urgenza, dall’autorità di pubblica sicurezza, devono essere convalidate dall’autorità giudiziaria entro un termine di 48 ore».

      https://www.lasicilia.it/news/cronaca/185808/salvini-indagato-per-la-diciotti-spunta-sentenza-ue-su-caso-simile.html

    • Cei, migranti Diciotti nel centro di Ariccia/ Ultime notizie, don Maffeis “Non sia la soluzione al problema"

      Il centro #Auxilia della #CEI di #Ariccia accoglie 100 migranti Diciotti/ Ultime notizie: “Non guardiamo altrove", aveva confessato il numero uno della Conferenza Episcopale Italiana, Bassetti.

      Sono stati accolti nel centro Cei di Ariccia, cento dei migranti che fino a pochi giorni fa erano sulla nave Diciotti. A riguardo ha parlato don Ivan Maffeis, sottosegretario Cei e direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali, che all’agenzia dei vescovi italiani, la Sir, ha fatto capire di come questa sia una soluzione solo “tampone”: «Questa è una risposta di supplenza – ammette Maffeis - non è ‘la risposta’. La risposta di un Paese democratico matura attraverso ben altri processi. La Chiesa italiana – ha comunque fatto sapere Maffeis - è disposta a prendere tutti quelli che hanno necessità». Il dirigente della Cei ha poi voluto sottolineare come la Chiesa italiana accolga già oltre 26mila persone nelle sue strutture, e che a breve i migranti presenti nel centro di Ariccia verranno smistati nelle diocesi di Torino, Brescia, Bologna, Agrigento, Cassano all’Jonio, Rossano Calabro, e probabilmente altre se ne aggiungeranno. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
      IL CENTRO CEI DI ARICCIA NE ACCOGLIE 100

      Ben cento dei migranti presenti fino a poche ore fa sulla nave Diciotti della Guardia Costiera italiana, sono stati accolti dalla Chiesa e precisamente dal centro Auxilia delle CEI presente ad Ariccia, in provincia di Roma. Dopo che il governo italiano ha autorizzato lo sbarco, anche il Vaticano è voluto intervenire, ospitando parte dei profughi soccorsi dal pattugliatore. A breve verranno poi smistati presso le diocesi che hanno dato la loro disponibilità, dal nord al sud della nostra penisola. Una scelta decisamente condivisibile quella della chiesa, alla luce anche della nota di poco più di un mese fa, diffusa dal numero uno della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, che sul tema dell’immigrazione aveva spiegato: «Rispetto a quanto accade non intendiamo volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
      IL COMMENTO DEL VESCOVO RASPANTI

      Vicepresidente per il Sud della Conferenza episcopale Italiana, il vescovo di Acireale Antonino Raspanti è intervenuto ai microfoni di Avvenire per commentare il caso della Nave Diciotti, con la Cei che ospiterà 100 migranti a Rocca di Papa. Ecco le sue paroole: “Non c’è dubbio che la situazione sia complessa. Ma bisogna avere il coraggio di entrare nella complessità se vogliamo capire cosa sta accadendo davvero e quali principi siano in discussione. Non servono toni divisivi, ma capacità di ascolto e dialogo”. Il vescovo di Acireale ha poi analizzato il dibattito degli ultimi giorni: «Quello dell’immigrazione è un problema complesso che non si può affrontare con risposte banali e frasi fatte. È complesso sia all’interno, cioè in nel nostro amato Paese, come pure in Europa, perché richiede la capacità di soccorrere, di accogliere, ma anche di ascoltare i cittadini quando esprimono disagio. Occorre farlo con sapienza, perché non prevalga la reazione ideologica, aggressiva, che in fondo finisce (magari in modo non voluto) per alimentare divisioni. Ma è un problema complesso soprattutto all’esterno, penso in particolare all’Africa, da dove centinaia di migliaia di persone fuggono da conflitti, carestie, da un contesto nel quale la violenza e il sopruso, per interessi politici ed economici, sembrano talvolta non lasciare speranza. Si tratta di persone che provengono o attraversano “Paesi polveriera”, come sono la Libia, il Niger, il Sudan ed altri. Senza guardare alla globalità della questione, temo che finiremo per peggiorare le cose», invitando a «non strumentalizzare la vita umana». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
      UNHCR: «MA LA PROSSIMA VOLTA?»

      Il caso della Diciotti è ufficialmente chiuso: sia sul fronte politico, con la Procura di Agrigento che a passato gli atti al Tribunale dei Ministri dopo aver iscritto nel registro degli indagati il ministro Salvini; sia sul fronte sociale, con i migranti ripartiti tra la Cei (quasi tutti) l’Albania e l’Irlanda. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) Filippo Grandi commenta soddisfatto per la fine dell’emergenza a bordo della nave Diciotti, ma si chiede cosa potrà accadere la prossima volta, con la prossima nave. «L’agenzia Onu elogia i Paesi e le organizzazioni che hanno dimostrato solidarietà offrendo di accogliere coloro che erano rimasti a bordo, ma allo stesso tempo l’Unhcr continua ad incoraggiare la messa in atto di accordi prestabiliti e prevedibili per la gestione delle persone soccorse in mare nella regione mediterranea, e sollecita gli Stati ad accelerare gli sforzi per mettere in atto tali accordi». Solo nel 2018, spiega ancora l’agenzia Onu, sono morte più di 1600 persone nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste Ue: «La vita di rifugiati e richiedenti asilo è messa in pericolo mentre gli Stati sono impegnati in discussioni politiche per trovare soluzioni a lungo termine. La situazione della nave Diciotti è ora risolta, ma cosa succederà la prossima volta? Abbiamo bisogno di un approccio europeo collaborativo e prevedibile nei confronti delle persone soccorse in mare», conclude Grandi.
      PAPA FRANCESCO: “SARANNO INTEGRATI A ROCCA DI PAPA”

      Da alcune ore si è concluso l’incubo per i migranti a bordo della nave Diciotti, dopo giorni di attesa. Nella notte tra il 25 ed il 26 agosto sono finalmente sbarcati a Catania dopo essere rimasti cinque giorni a bordo dell’imbarcazione della Guardia costiera, ormeggiata al molo etneo. Dopo un estenuante braccio di ferro politico, però, la situazione si è finalmente sbloccata. Sono 143 i migranti condotti nell’hotspot di Messina e in attesa ora di essere trasferiti nelle strutture messe a disposizione dalla Chiesa. Gli altri, in un numero nettamente inferiore, saranno invece equamente distribuiti tra Albania e Irlanda. I migranti della Diciotti accolti dalla Chiesa saranno comunque «integrati»: lo ha fatto sapere Papa Francesco, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta nelle passate ore sul volo di ritorno da Dublino. Bergoglio si è rivolto poi con una battuta ai giornalisti e, come riferisce RaiNews, ha aggiunto: «Io non ho messo lo zampino, lo zampino lo mette il diavolo». Quindi ha chiarito che il merito di ciò che è stato fatto con il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, va attribuito a padre Aldo Buonaiuto e alla Conferenza Episcopale. Il Papa ha poi specificato quale sarà il destino dei migranti, i quali saranno accolti a Rocca di Papa presso «Mondo Migliore», Centro di Accoglienza Straordinaria (Cas), a sud della Capitale e che in passato era un centro congressi gestito dai padri oblati. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
      CHIESA SFIDA IL GOVERNO

      La Conferenza Episcopale Italiana ieri sera, nel pieno del caos per la vicenda dei migranti sulla nave Diciotti della Guardia Costiera (qui tutti i dettagli dei 137 migranti sbarcati nella notte a Catania), ha preso una decisione molto importante e dal forte significativo umanitario, prima di tutto, e poi anche politico. «La Chiesa italiana garantirà l’accoglienza a un centinaio di migranti della nave Diciotti. L’accordo con il Viminale è stato raggiunto per porre fine alle sofferenze di queste persone, in mare da giorni»: poco prima era stato lo stesso Ministro Salvini, che nelle scorse ore è stato indagato proprio per la gestione del caso Diciotti (arresto illegale, sequestro di persona e abuso di ufficio, ndr) aveva spiegato dal palco della Lega a Pinzolo «Gli immigrati a bordo della Diciotti sbarcheranno tutti nelle prossime ore», annuncia al suo arrivo alla festa della Lega a Pinzolo. E «gran parte saranno ospitati dalla Chiesa italiana, dai vescovi, che ringrazio». 100 di quei rifugiati verranno dunque accolti all’interno delle varie Diocesi italiane, mentre 20 andranno in Albania e gli ultimi 20 in Irlanda (dove ora è impegnato proprio Papa Francesco per il Meeting delle Famiglie).
      LA “SPINTA” DI PAPA FRANCESCO

      «Non si può fare politica sulla pelle dei poveri», ha spiegato a Sky Tg24 lo stesso Maffeis, quando poco prima il Presidente Bassetti aveva rilanciato il dover di accogliere persone disagiate e da tempo in mare dopo «gli orrori della guerra e della fame. L’Europa e l’Italia non possono essere lasciate sole nel gestire un’emergenza umanitaria del genere, ma detto questo quando si vedono persone in difficoltà come quelle sulla nave Diciotti il primo dovere è l’accoglienza». Secondo alcuni osservatori, una spinta decisa per l’accoglienza della Cei ai migranti - in aperta sfida al Governo gialloverde - potrebbe essere arrivata proprio da Dublino: secondo De Marchis su Repubblica, «Il Vaticano era pronto anche ad allestire un campo profughi. Nel suo territorio, a Santa Maria di Galeria, pochi chilometri da Roma, dove ci sono le antenne radio dismesse di Radio Vaticana. Poi, in una riunione convocata d’urgenza venerdì nella Santa Sede si è deciso che la collocazione degli immigrati della Diciotti sarebbe toccata alla Conferenza episcopale italiana, cioè ai vescovi e alle strutture delle diocesi sul territorio italiano». Il Papa ha dato il suo consenso e l’iter è scattato: risultato, ora i migranti sono tutti sbarcati e il “caso mediatico” per il momento almeno è terminato.

      http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2018/8/26/Cei-accoglie-100-migranti-della-Diciotti-Chiesa-sfida-il-Governo-non-si-fa-politica-sulla-pelle-dei-poveri-/836222

    • Diciotti, 50 migranti irreperibili. Tensione Chiesa-Governo, la Caritas: non sono detenuti

      Sono una cinquantina i migranti della Diciotti che si sono resi irreperibili. Alcuni casi sono stati segnalati già alle prefetture di competenza. Diversi si sono allontanati dal centro di Rocca di Papa individuato dalla Cei prima di partire verso le diocesi ospitanti, altri hanno fatto perdere le loro tracce una volta arrivati nei vari centri Caritas.

      Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha commentato: «Più di 50 degli immigrati sbarcati dalla Diciotti erano così ’bisognosi’ di avere protezione, vitto e alloggio, che hanno deciso di allontanarsi e sparire! Ma come, non li avevo sequestrati? È l’ennesima conferma che non tutti quelli che arrivano in Italia sono ’scheletrini che scappano dalla guerra e dalla fame’. Lavorerò ancora di più per cambiare leggi sbagliate e azzerare gli arrivi».

      Nel dettaglio, a quanto si apprende da fonti del Viminale, 6 si sono allontanati il primo giorno di trasferimento, cioè venerdì 31. A questi si aggiungono 2 eritrei destinati alla Diocesi di Firenze che sono si sono allontanati in data 2 settembre; altri 19 il cui allontanamento è stato riscontrato il 3 settembre, e 13 il cui allontanamento è stato riscontrato ieri ed erano destinati a varie Diocesi.

      A Bologna, per esempio, aspettavano oggi due giovani eritrei che non sono mai arrivati. A Frosinone erano invece già arrivati, ospiti della Caritas locale, e poi hanno scelto di non presentarsi più al centro di accoglienza. Il conto non sarebbe definitivo.

      Caritas Italiana conferma l’accaduto, ma ci tiene a sottolineare che «è stato allontanamento volontario, non una fuga. Si fugge da uno stato di detenzione e non è questo il caso, nessuno vuole rimanere in Italia, si sa», dice il direttore don Francesco Soddu.

      «Queste persone - spiega il sacerdote che in queste ore ha gestito per la Cei l’accoglienza - davanti ad una situazione di affidamento, o prima o dopo avrebbero potuto scegliere di allontanarsi volontariamente» perché la struttura che li accoglie non ha il compito di trattenerli. I migranti, ovunque verranno trovati, in Italia o anche all’estero, «potranno chiedere asilo - dice don Soddu - ricominciando quella procedura che era stata avviata nelle nostre strutture».

      I migranti che si sono allontanati si erano limitati a «manifestare l’interesse per formalizzare la domanda d’asilo», fanno sapere dal Viminale.

      Tutte le persone in questione erano state identificate con rilievi fotodattiloscopici e inserite in un sistema digitale europeo. Controlli anche sulla nazionalità di chi si è allontanato: almeno in 6 provengono dalle Isole Comore.

      Per la cronaca, oggi al centro Mondo Migliore di Rocca di Papa c’era stata una grande festa proprio per i migranti della Diciotti, soprattutto per quelli in partenza verso le varie strutture Caritas. A portare la benedizione di Papa Francesco era stato il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del pontefice, che si è fermato a pranzo portando per tutti gli ospiti presenti dei gelati.

      http://gds.it/2018/09/05/diciotti-50-migranti-irreperibili-tensione-chiesa-governo-la-caritas-non-sono-de
      #disparitions

    • Italie : Matteo #Salvini sous #enquête_judiciaire pour « #abus_de_pouvoir »

      La décision du parquet d’Agrigente est intervenue au moment où la situation des migrants du « Diciotti » trouvait une issue, notamment à cause des pressions du Mouvement des Cinq Etoiles.

      « C’est une honte. Ils peuvent m’arrêter mais ils n’arrêteront pas le changement. » En meeting samedi soir dans le nord de l’Italie, le leader de l’extrême droite Matteo Salvini a durement réagi à sa mise sous enquête par le parquet d’Agrigente. Pour avoir interdit pendant près d’une semaine à une centaine de migrants de débarquer dans le port de Catane alors qu’ils se trouvaient à bord du Diciotti, un navire des gardes-côtes italiens qui les avaient recueillis à proximité de Lampedusa, le ministre de l’Intérieur a en effet appris samedi qu’il était suspecté de « séquestration de personnes, arrestations illégales et abus de pouvoir ».

      En clair, Matteo Salvini et son chef de cabinet sont accusés d’avoir outrepassé leurs attributions et violé la loi. Les normes sur l’immigration prévoient en particulier qu’aucune décision ne peut être prise à l’encontre d’une personne avant que celle-ci n’ait été identifiée et mise dans les conditions de pouvoir déposer éventuellement une demande d’asile ou de protection humanitaire. Or sur le Diciotti figuraient de nombreux Erythréens ainsi que des Syriens, tous jugés de manière expéditive comme des « illégaux » par Matteo Salvini.

      Concrètement, la procédure judiciaire a peu de chances. L’éventuel renvoi devant la justice du ministre nécessite en effet son improbable levée de l’immunité parlementaire au Sénat. « Matteo Salvini ne cherchait que cela […] : se retrouver sous enquête est ce qu’il désirait », s’inquiète l’éditorialiste du quotidien La Stampa.
      « Matteo, ça suffit, trouve une solution »

      Ce qui est sûr, c’est que l’autorisation donnée par le ministre de l’Intérieur pour faire finalement débarquer dans la nuit de samedi à dimanche les migrants du Diciotti est passée au second plan. C’est un appel téléphonique du vice-premier ministre, Luigi Di Maio, du Mouvement des Cinq Etoiles (M5S), à son homologue de la Ligue qui aurait permis de débloquer la situation : « Matteo, ça suffit, trouve une solution. Je ne tiens plus mes troupes. »

      Si Luigi Di Maio soutient pleinement la ligne dure de Matteo Salvini, une partie des responsables des M5S, dont le président de la Chambre des députés, Roberto Fico, critiquent la politique intransigeante du leader d’extrême droite. Après l’annonce de la part de l’Albanie (rejointe par l’Irlande) que Tirana était prêt à accueillir 20 migrants du bateau, Salvini a donc donné son feu vert glissant au passage : « Je remercie le gouvernement albanais qui s’est montré plus sérieux que le gouvernement français. »

      Les autres passagers du Diciotti seront hébergés par l’Eglise catholique. Selon la presse italienne, le pape aurait même été disposé à les accueillir sur le territoire du Vatican mais ils seront finalement repartis dans les différents diocèses italiens. « L’Eglise ouvrira les portes, le cœur et le portefeuille », a résumé Matteo Salvini qui continue de défier l’UE : « C’est l’Europe qui a besoin de l’Italie et non l’inverse. »

      Le gouvernement de Giuseppe Conte menace toujours de ne pas verser sa contribution au budget de la Commission si elle n’obtient pas des concessions notamment sur la question migratoire. « Je pense que les hommes politiques de votre pays devraient comprendre que vous n’êtes pas seuls en ce moment, que l’Europe cherche à vous aider », a répliqué dans les colonnes du Corriere della Sera le commissaire européen à la Migration, Dimitris Avramópoulos. Et de mettre en garde : « Qui attaque l’UE se tire une balle dans le pied. »

      http://www.liberation.fr/planete/2018/08/26/italie-matteo-salvini-sous-enquete-judiciaire-pour-abus-de-pouvoir_167459

    • Processo penale e stato di diritto dopo i soccorsi in mare

      1.Le reazioni all’atto di accusa dei giudici di Agrigento sul caso del blocco in mare e del trattenimento prolungato dei naufraghi soccorsi il 16 agosto scorso dalla nave Diciotti della Guardia costiera italiana fanno chiaramente comprendere i rischi che corre lo stato di diritto nel nostro paese. Non ci riferiamo soltanto alle reazioni spesso scomposte dei media a supporto dell’azione del ministro dell’interno, ma anche a pareri giuridici apparentemente neutrali, riportati dai soliti giornali “bene informati”, magari a firma di qualche autorevole giurista, che tendono a colpire alle fondamenta l’impianto accusatorio del Procuratore di Agrigento che venerdì 31 agosto ha trasmesso il fascicolo d’indagine al Tribunale dei Ministri a Palermo. In arrivo ad Agrigento anche una ispezione decisa dal ministro della Giustizia, silente di fronte agli attacchi che sta subendo la magistratura inquirente, attacchi di cui si occuperà il Consiglio superiore della magistratura nella prossima seduta del 5 settembre, su richiesta di tutte le componenti. E potrebbe essere rimosso anche il capo della Guardia costiera, “reo” di avere consentito troppi soccorsi in acque internazionali.

      Da ultimo il Messaggero pubblica un sondaggio per confermare il supporto popolare a Salvini, senza neppure un accenno critico alla possibilità che il ministro, o altri, possano avere violato leggi e regolamenti. L’indipendenza della magistratura, dunque uno dei valori di base del patto costituzionale, alla mercè dei sondaggisti. Una domanda secca da quale parte schierarsi. La maggioranza degli italiani sembrerebbe scegliere la parte di chi fa ogni giorno una politica basata sull’odio e sugli abusi contro i migranti. Un altro passo verso il “fascismo democratico”, al quale sta contribuendo un apparato mediatico, la Bestia, in grado di controllare ed orientare la comunicazione sui social.

      Nelle posizioni più tecniche a difesa del ministero del’interno, si contesta alla Procura di Agrigento di avere voluto influire sulla linea politica del governo in carica nella attuazione di quello che, sui media è stato definito come “blocco dei porti”, ma che in realtà non è stato mai deciso formalmente da nessun ministro, risultando piuttosto effetto di decisioni trasmesse oralmente a mezzo facebook da Salvini, e da una precisa omissione nella indicazione di un porto di sbarco da parte del ministero dell’interno e del ministero delle infrastrutture. Come è precisato anche nei report periodici della guardia costiera, l’indicazione del porto di sbarco avviene da tempo su indicazione del ministero dell’interno in cordinamento con la Centrale operativa della stessa Guardia costiera (IMRCC).

      Chi oggi contesta che i verbali sull’inchiesta Diciotti sarebbero stati pubblicati impropriamente, circostanza che rimane tutta da dimostrare, potrebbe ricordare a sè, ad ai suoi lettori, che lo scorso anno le relazioni degli agenti infiltrati a bordo della nave Vos Hestia di Save the Children, che poi costituirono i principali testimoni di accusa nell’indagine che portò al sequestro della nave Juventa, ed a successive imputazioni individuali, furono “passate” con mesi di anticipo proprio a Matteo Salvini che le utilizzò per la sua campagna elettorale contro le ONG, rendendo noti elementi di indagine prima che la Procura di Trapani adottasse i provvedimenti di sequestro. Allora nessuno sollevò eccezioni per quella attività di indagine sotto copertura con informazioni riservate trasmesse ai politici, che contro le ONG era una prassi in corso da tempo. Mentre oggi, sia pure in presenza di una grande discrezione da parte delle autorità inquirenti, si cerca di scerditarle battendo sul tasto della pubblicità che sarebbe stata data agli atti di indagine relativi a responsabilità ministeriali. Evidentemente gli obblighi di riservatezza sono valutati in modo diverso a seconda degli imputati.

      Nessuno si interroga su quanto abbiano “influito sulla gestione politica dei controlli di frontiera” le diverse iniziative della magistratura che lo scorso anno mettevano sotto indagine le ONG e diversi operatori umanitari, che avevano salvato la vita a decine di miglliaia di vite di migranti fuggiti dalla Libia e che si trovavano sulle prime pagine dei giornali, prima ancora che negli atti giudiziari, indicati come complici dei trafficanti, taxi del mare, speculatori senza scrupoli su una situazione di bisogno. I magistrati che hanno fatto scattare la criminalizzazione della soldarietà sono stati portati come esempio da certa politica, quella stessa politica che oggi si indigna per accertanenti doverosi che altri magistrati stanno facendo sulla correttezza delle procedure seguite nel caso della nave Diciotti. Il principio di eguaglianza davanti alla legge dovrebbe essere il primo fondamento di uno stato di diritto.

      2 .I fatti a base delle accuse sul trattenimento indebito dei naufraghi sulla Diciotti non sono stati divulgati dalla Procura agrigentina ma sono documentati in due relazioni “informative” inviate alla stessa Procura dal Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, che ha inviato a bordo della nave una delegazione che ha accertato una prima parte dei fatti poi contestati al ministro Salvini. I risultati delle attività di indagine del Garante sono noti e consultabili on line, e su questi si è basata la successiva diffusione di notizie che si è poi attenuta scrupolosamente ai comunicati ufficiali emessi nel rispetto delle regole processuali dalla Procura di Agrigento. Altre visite di parlamentari ed organizzazioni umanitarie che hanno assistito le persone subito dopo lo sbarco, hanno confermato il trattenimento illegittimo a bordo della Diciotti e le pessime condizioni igieniche ed ambientali nelle quali i naufraghi, malgrado il prodigarsi degli uomini della Guardia costiera, sono stati costretti per quasi dieci giorni, per effetto della mancata autorizzazione allo sbarco.

      Come hanno ammesso in diverse occasioni i ministri dell’interno e delle infrastrutture,la libertà personale dei naufraghi soccorsi dalla nave Diciotti e trattenuti a bordo per quasi dieci gioni è stata limitata, anche sotto sorveglianza armata, in attesa che l’Unione Europea adottasse provvedimenti relativi alla loro successiva rilocazione in altri paesi UE, e non per ragioni attinenti alla loro condizione personale, anche perchè trovandosi già su nave italiana dopo una azione di soccorso, era doveroso il loro sbarco dopo i primi esami medici e le procedure di preidentificazione già svolti a bordo della nave.
      Per la Cassazione ( Sez. VI, sent. n. 23423 del 26.03.2010) “il delitto di sequestro di persona consumato da un pubblico ufficiale con abuso di poteri inerenti alle sue funzioni e quello di arresto illegale hanno in comune l’elemento materiale (consistente nella privazione della libertà di un soggetto), ma si differenziano per l’elemento soggettivo, che nel primo caso richiede la volontà dell’agente di tenere la persona offesa nella sfera del suo dominio, mentre nel secondo caso è diretto comunque a mettere la persona offesa a disposizione dell’autorità competente, sia pure privandola della libertà in maniera illegale. (Fattispecie in cui la S. C. ha escluso il meno grave reato di cui all’art. 606 cod. pen., ravvisando quello di sequestro di persona nell’indebito trattenimento di una persona, per alcune ore, presso un posto di polizia ferroviaria).

      Secondo la Cassazione Penale (sez V, sent. 25.07.2017, n. 36885) I pubblici ufficiali che trattengono una persona in caserma con la finalità di raccogliere le loro deposizioni rispondono di sequestro di persona aggravato dall’abuso di potere (art. 605, co. 2, n. 2, c.p.) e non di arresto illegale (art. 606 c.p.).

      Come ha rilevato l’Unione delle Camere penali in una lettera al Presidente della Repubblica, in base all’art.289 ter del Codice Penale, “chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli 289-bis e 630, sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni”. L‘Unione delle Camere Penali ha anche osservato che nell’ultimo caso della nave Diciotti “si tratta di una violazione dei più elementari principi costituzionali e della normativa internazionale in materia di Diritti dell’Uomo, sia per la prolungata privazione di fatto della libertà personale delle persone forzatamente trattenute (art. 13 Cost., art. 5 CEDU), sia per le condizioni in cui la detenzione si esplica, costringendole a stazionare promiscuamente sul ponte della nave in condizioni assolutamente non dignitose (art. 3 CEDU)”.

      Se poi si contesta alla Procura di Agrigento di avere ricostruito una decisione riferibile al ministro dell’interno in assenza di un “atto formale e scritto”, si omette di considerare la rilevanza penale che possono assumere i provvedimenti amministrativi adottati attraverso gli ordini verbali, soprattutto se comunicati con mezzi informali, o in assenza dei provvedimenti formali ( indicazione di un porto di sbarco) che si dovevano adottare con la massima tempestività, come previsto dalla Procedura operativa standard (S.O.P.) adottata dal ministero dell’interno a partire dal dicembre 2015, a seguito di due decisioni del Consiglio europeo del settembre dello stesso anno (decisione 1523 del 14 settembre 2015 e 1601 del 22 settembre 2015) . Si dovrebbe poi considerare l’ipotesi che altri soggetti, funzionari, militari o in ipotesi altri ministri, abbiano concorso nei medesimi reati fin qui contestati dalla Procura di Agrigento, alla stregua dell’art. 110 del Codice penale. In queste circostanze anche la comunicazione verbale o a mezzo social media potrebbe assumere rilevanza.

      Non appare configurabile alcuna scriminante come quella che deriverebbe dall’art. 51 del Codice Penale, avere agito in adempimento di un dovere, “imposto da una norma giuridica o da un ordine legitimo di una autorità”. Appare ben strano che da una parte si escluda l’imputabilità del ministro per l’assenza di un provvedimento formale, e da un’altra parte si invochi in suo favore una causa di giustificazione che si basa proprio sulla ricorrenza di un “ordine legittimo di una autorità”. Le norme giuridiche vigenti imponevano ben altro nel caso delle persone soccorse dalla nave Diciotti, e nello stesso caso non vi è traccia di “ordini legittimi dell’autorità”. Si può invece dubitare proprio della legittimità degli ordini impartiti, anche in modo informale, dalle diverse autorità che hanno prima ritardato l’indicazione del porto di attracco e poi lo sbarco a terra dei naufraghi. Ma su questo saranno gli accertamenti della magistratura a fare chiarezza.

      Al termine della procedura operativa (S.O.P.) stabilita per i richiedenti asilo dopo lo sbarco in porto, il richiedente ammesso alla successiva fase di formalizzazione della richiesta ed alle misure di prima accoglienza, riacquista la sua libertà personale, circostanza che nel caso dei naufraghi soccorsi dalla nave Diciotti è stata differita di almeno una settimana. Una settimana di ingiusta privazione della libertà personale, anche nei confronti di donne già sottoposte in Libia a gravi abusi, e di minori non accompagnati, come tali non respingibili in frontiera e tutti aventi diritto quanto meno ad un permesso di soggiorno per minore età. Periodo di tempo che è decorso da quando la nave Diciotti è stata bloccata davanti all’isola di Lampedusa per diversi giorni, senza ricevere la indicazione di un porto di sbarco in Italia, ma con la minaccia addirittura, esternata dallo stesso ministro dell’interno, di procedere ad un respingimento collettivo verso la Libia, qualora l’Unione Europea, o il gruppo di stati dell’Unione, definito come “volenterosi”, non avesse ceduto sulla richiesta di una immediata redistribuzione dei naufraghi, dopo lo sbarco, in diversi paesi europei. Salvini, ha sfidato ancora una volta l’Europa minacciando, come ha riferito l’agenzia di stampa Ansa, di rimandare nuovamente in Libia le persone tratte in salvo dalla Diciotti, al suo quarto giorno di permanenza in rada davanti a Lampedusa. “O l’Europa decide seriamente di aiutare l’Italia in concreto, a partire ad esempio dai 180 immigrati a bordo della nave Diciotti, oppure saremo costretti a fare quello che stroncherà definitivamente il business degli scafisti. E cioè riaccompagnare in un porto libico le persone recuperate in mare”, “ha tuonato senza mezzi termini Salvini” ben prima che la nave arrivasse a Catania. Il reato di illecito trattenimento e di sequestro di persona che si potrebbe configurare in questa ipotesi è quindi caratterizzato dalla “continuità territoriale”. La competenza investigativa, dunque, rimane radicata alla procura che per prima ha aperto il fascicolo.

      Il ministro dell’interno, dopo la trasmissione del fasciclo di indagine al Tribunale dei ministri,, ha poi rinnovato il proposito di procedere nella stessa direzione, ove si dovessero verificare in futuro casi analoghi, magari con qualche respingimento collettivo, in violazione dell’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 4 del Quarto Protocollo allegato alla CEDU, già oggetto di una condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, nel 2012, sul caso Hirsi.

      Le Procedure operative standard previste dopo lo sbarco in porto a seguito di azioni di salvataggio (SAR) non sono state mai recepite integralmente in un provvedimento di legge, ma vengono richiamate dall’art.10 ter del T.U. n.286 del 1998 come modificato nel 2017. Secondo questa norma “Lo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare e’ condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi allestiti nell’ambito delle strutture di cui al decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e delle strutture di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142. Presso i medesimi punti di crisi sono altresi’ effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche ai fini di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 ed e’ assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Unione europea e sulla possibilita’ di ricorso al rimpatrio volontario assistito. 2. Le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico sono eseguite, in adempimento degli obblighi di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, anche nei confronti degli stranieri rintracciati in posizione di irregolarita’ sul territorio nazionale. 3. Il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2 configura rischio di fuga ai fini del trattenimento nei centri di cui all’articolo 14. Il trattenimento e’ disposto caso per caso, con provvedimento del questore, e conserva la sua efficacia per una durata massima di trenta giorni dalla sua adozione, salvo che non cessino prima le esigenze per le quali e’ stato disposto. Si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 14, commi 2, 3 e 4. Se il trattenimento e’ disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, come definita dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e’ competente alla convalida il Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. 4. L’interessato e’ informato delle conseguenze del rifiuto di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2.”

      Se si intendeva adottare una diversa procedura operativa per impedire lo sbarco dei migranti fino ad una decisione dell’Unione europea favorevole alle richieste del governo, in difformità al passato, si sarebbe dovuta adottare almeno una circolare ed adottare un provvedimento formale coerente con gli indirizzi impartiti dall’Unione Europea e con gli obblighi di soccorso in mare sanciti da Convenzioni internazionali che l’Italia ha ratificato, e che dunque non sono derogabili per effetto di un ordine verbale.

      3. Secondo quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo – SAR del 1979 , gli obblighi degli Stati parti non si limitano al salvataggio delle persone in pericolo in mare, ma comprendono anche lo sbarco delle stesse in un “luogo sicuro” (place of safety), come conferma la definizione di soccorso: “[a]n operation to retrieve persons in distress, provide for their initial medical or other needs, and deliver them to a place of safety”. Appare, dunque, evidente che, una volta soccorse, le persone tratte in salvo, compresi i migranti irregolari, debbano essere trasportate e sbarcate in un porto qualificabile come “place of safety”. Questi obblighi riguardano le autorità nazionali di coordinamento e tutte le navi private o militari che battono bandiera dello stato e anche quelle straniere che sono coinvolte nelle operazioni di ricerca e salvataggio, siano operazioni delle ONG o missioni militari come Themis di Frontex o Sophia di Eunavfor Med.

      Nel 2004, l’urgente necessità di individuare un luogo sicuro in cui condurre le pesone soccorse in mare ha indotto il Comitato per la sicurezza marittima dell’IMO a chiarire le procedure esistenti ai fini della sua determinazione. Ciò è avvenuto attraverso l’adozione di due risoluzioni di emendamento, rispettivamente, alla Convenzione SAR e alla Convenzione SOLAS, entrate in vigore nel 2006 per tutti gli Stati parte alle medesime Convenzioni con la sola eccezione di Malta, aventi quali obbiettivi quello di garantire agli individui in pericolo l’assistenza necessaria e di minimizzare le possibili conseguenze negative per l’imbarcazione che presti soccorso. Si tratta di norme che si applicano innanzitutto alle navi private che sono coinvolte in attività SAR ( ricerca e salvataggio) ma gli standard operativi stabiliti a loro riguardo devono trovare applicazione a maggior ragione ai soccorsi operati da mezzi appartenenti alla Guardia costiera italiana.

      Occorre ricordare che al punto 3.1.9 (emendato) della Convenzione SAR del 1979 si dispone:

      «Le Parti devono assicurare il coordinamento e la cooperazione necessari affinché i capitani delle navi che prestano assistenza imbarcando persone in pericolo in mare siano dispensati dai loro obblighi e si discostino il meno possibile dalla rotta prevista, senza che il fatto di dispensarli da tali obblighi comprometta ulteriormente la salvaguardia della vita umana in mare. La Parte responsabile della zona di ricerca e salvataggio in cui viene prestata assistenza si assume in primo luogo la responsabilità di vigilare affinché siano assicurati il coordinamento e la cooperazione suddetti, affinché i sopravvissuti cui è stato prestato soccorso vengano sbarcati dalla nave che li ha raccolti e condotti in luogo sicuro, tenuto conto della situazione particolare e delle direttive elaborate dall’Organizzazione (Marittima Internazionale). In questi casi, le Parti interessate devono adottare le disposizioni necessarie affinché lo sbarco in questione abbia luogo nel più breve tempo ragionevolmente possibile.”

      In termini sostanzialmente analoghi, sempre con riferimento alle navi private, l’emendato art. 4.1.1 della Convenzione SOLAS dispone che:
      “Contracting Governments shall co-ordinate and co-operate to ensure that masters of ships providing assistance by embarking persons in distress at sea are released from their obligations with minimum further deviation from the ships’ intended voyage, provided that releasing the master of the ship from the obligations under the current regulation does not further endanger the safety of life at sea. The Contracting Government responsible for the search and rescue region in which such assistance is rendered shall exercise primary responsibility for ensuring such coordination and co-operation occurs, so that survivors assisted are disembarked from the assisting ship and delivered to a place of safety, taking into account the particular circumstances of the case and guidelines developed by the Organisation. In these cases, the relevant Contracting Governments shall arrange for such disembarkation to be effective as soon as reasonably practicable”.

      Con l’entrata in vigore del suddetto emendamento, lo Stato responsabile della zona SAR risulta gravato di un più incisivo obbligo di risultato, e non solo di un obbligo di cooperazione e di condotta.Obbligo di risultato che va garantito innanzitutto attraverso l’impiego tempestivo dei mezzi della guardia costiera, cui spetta il compito di coordinamento degli interventi SAR. Nel caso di navi della guardia costiera la rapidità dello sbarco in un porto sicuro non è indicata espressamente dalle Convenzioni internazionali in quanto rientra nelle finalità istituzionali e nei compiti attuativi demandati ai mezzi del Corpo delle Capitanerie di porto nell’espletamento delle attività di ricerca e salvataggio /SAR).

      La Convenzione SAR 1979 trova rispondenza negli articoli del Codice della navigazione, ma soprattutto nella specifica normativa interna d’implementazione costituita dal D.P.R. 28 settembre 1994 n. 662. L’autorità responsabile per l’applicazione della Convenzione è il Ministro dei trasporti mentre l’organizzazione centrale e periferica è affidata al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto ed ad relative strutture periferiche. Non si vede quali possano essere le competenze del ministero dell’interno nello svolgimento e nel coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio. Va dunque trovata la fonte degli ordini impartiti alla nave Diciotti nei dieci giorni intercorsi tra il soccorso dei naufraghi 17 miglia a sud di Lampedusa il 16 agosto e lo sbarco degli ultimi rimasti a bordo fino al 26 agosto.

      Il citato decreto 662/94 conferisce alle attuali 15 Direzioni Marittime ed all’Autorità Marittima dello Stretto (Messina) le funzioni di Centri Secondari di soccorso marittimo (M.R.S.C. – Maritime Rescue Sub Center) che assicurano il coordinamento delle operazioni marittime di ricerca e salvataggio, ciascuna nella propria giurisdizione, secondo le direttive specifiche o le deleghe del Centro Nazionale di coordinamento (I.M.R.C.C.).

      In base all’art. 2 del decreto, “l’autorita’ nazionale responsabile dell’esecuzione della convenzione e’ il Ministro dei trasporti e della navigazione”. In base all’art. 5 del decreto, “Il centro nazionale di coordinamento di soccorso marittimo (I.M.R.C.C.), i centri secondari di soccorso marittimo (M.R.S.C.) e le unita’ costiere di guardia (U.C.G.), secondo le rispettive competenze, coordinano o impiegano le unita’ di soccorso. L’I.M.R.C.C. e gli M.R.S.C. richiedono agli alti comandi competenti della Marina militare e dell’Aeronautica militare, in caso di necessita’, il concorso dei mezzi navali ed aerei appartenenti a tali amministrazioni dello Stato. Parimenti le U.C.G. richiedono alle altre amministrazioni dello Stato o a privati il concorso di mezzi navali ed aerei, ritenuti idonei per partecipare alle operazioni di soccorso marittimo secondo le procedure e le modalita’ previste dal decreto del Ministro della marina mercantile 1 giugno 1978,pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27 giugno 1979.

      4. Quanto alla mancanza di un arresto illegale che non si sarebbe verificato a bordo della nave Diciotti, perchè… mancherebbe un provvedimento di arresto, altra contestazione opposta alla Procura di Agrigento, si ignora che l’art. 5 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, alla quale si è attribuita rilevanza immediata anche nell’ordinamento interno, prescrive che la limitazione della libertà personale in vista dell’espulsione o del respingimento si debba verificare sulla base di una previsione di legge, in conformità a quanto previsto dalla legge. E dunque non per effetto di una decisione informale o di una mera prassi fattuale, che limita la libertà della persona sottraendola peraltro alla tutela giurisdizionale, alla concreta possibilità di ricorrrere al giudice per impugnare il provvedimento limitativo della libertà personale. Ammettere che si possa limitare di fatto la libertà personale in assenza di un provvedimento amministrativo e di una specifica previsione di legge, equivale a riconoscere che nel nostro ordinamento esistono soggetti sottratti a qualsiasi giurisdizione, sia pure temporaneamente, esttamente quello che vieta l’art. 13 della Costituzione italiana.

      Come ha osservato il Sindacato Nazionale Forense, “la libertà personale tutelata dalla norma penale di cui all’art. 605 c.p. è un diritto costituzionalmente garantito dall’art. 13 della Carta Costituzionale, a tenore del quale non è ammessa alcuna forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. E’ evidente come la decisione dei Ministri Salvini e Toninelli nulla abbia a che vedere con un provvedimento dell’autorità giudiziaria ed, ancora una volta, il governo italiano mostra sprezzante il suo spregio per quell’assetto costituzionale che regge il nostro Stato di diritto, la fonte delle garanzie e dei diritti di tutti, che impedisce abusi e soprusi da parte di chiunque si vesta d’autorità per impedire l’esercizio di diritti fondamentali.”

      Il trattenimento del migrante irregolare è un istituto compatibile con quanto previsto dalla CEDU, poiché integra una delle ipotesi tassative che consentono una compressione del diritto alla libertà riconosciuto all’art. 5 CEDU. Nell’intento di evitare un ricorso abusivo alla detenzione dei migranti da parte degli Stati membri, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha elaborato alcuni parametri per valutare la legittimità di una misura detentiva. In ossequio al principio di legalità, la Corte di Strasburgo ha innanzi tutto richiesto che qualsiasi privazione della libertà abbia un fondamento giuridico nella normativa interna dello Stato, la quale deve fornire “adequate legal protection in domestic law against arbitrary interferences by public authorities with the rights safeguarded by the Convention”. Il principio di “regolarità” richiede, invece, che la privazione di libertà sia conforme allo scopo previsto e che via sia un nesso tra la motivazione di quest’ultima e il luogo e le condizioni della detenzione stessa. La legge italiana non prevede alcuna limitazione della libertà personale a bordo di navi militari dopo le operazioni di salvataggio in mare, una colta che siano esaurite le esigenze connesse al compimento delle attività SAR.

      Come ha affermato la Corte Europea dei diritti dell’Uomo nel caso Khlaifia,per il trattenimento irregolare nel Cpsa di Lampedusa, a prescindere dalla denominazione attribuita a una determinata misura al fine di valutarne la compatibilità con l’art. 5 CEDU, occorre esaminare il contenuto della stessa, la situazione concreta nel suo complesso e tenere conto di un insieme di criteri specifici del suo caso particolare come il genere, la durata, gli effetti e le modalità di esecuzione della misura considerata. Per un commento alla sentenza si veda GILIBERTO, La pronuncia della Grande Camera della Corte EDU sui trattenimenti (e i conseguenti respingimenti) a Lampedusa nel 2011, in Diritto penale contemporaneo, pubblicato il 23 dicembre 2016, disponibile al sito www.penalecontemporaneo.it/d/5123-la-pronu

      Il prolungato trattenimento a bordo della nave Diciotti con limitazione della libertà personale delle persone sottoposte peraltro a sorveglianza armata ha costituito di fatto un temporaneo respingimento in frontiera, paragonabile a quelli adottati nelle zone di transito degli aeroporti. Si ricorda al riguardo che in base all’articolo”19 § 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico illecito di migranti per via terrestre, aerea e marittima («Protocollo di Palermo) ,”Nessuna disposizione del presente Protocollo pregiudica gli altri diritti, obblighi e responsabilità degli Stati e degli individui derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale relativo ai diritti dell’uomo e, in particolare, laddove applicabili, la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 relativi allo status dei Rifugiati e il principio di non respingimento ivi enunciato.” Le esigenze di contrasto dell’immigrazione irregolare non possono dunque prevalere sul rispetto dei diritti fondamentali della persona migrante, a maggior ragione dopo una operazione di salvataggio e nei confronti di persone duramente provate dalla loro permanenza in Libia.

      Particolarmente rilevante risulta il caso Medvedyev deciso nel 2008 dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo. La Corte di Strasburgo decidendo in merito a quanto previsto all’art. 5, par. 1, CEDU, ha precisato che:

      “(…) where the ‘lawfulness’ of detention is in issue, including the question whether ‘a procedure prescribed by law’ has been followed, the Convention refers essentially to national law but also, where appropriate, to other applicable legal standards, including those which have their source in international law. In all cases it establishes the obligation to conform to the substantive and procedural rules of the laws concerned, but it also requires that any deprivation of liberty be compatible with the purpose of Article 5, namely, to protect the individual from arbitrariness (…)”. Aggiungendo poi che ” “(…) where deprivation of liberty is concerned it is particularly important that the general principle of legal certainty be satisfied. It is therefore essential that the conditions for deprivation of liberty under domestic and/or international law be clearly defined and that the law itself be foreseeable in its application, so that it meets the standard of “lawfulness” set by the Convention, a standard which requires that all law be sufficiently precise to avoid all risk of arbitrariness (…)

      In ogni caso andrebbe rispettato l’art. 13 del Regolamento 562 del 2006 (Codice Frontiere Schengen), norma direttamente precettiva in Italia, laddove si prescrive che “il respingimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise. Il provvedimento è adottato da un’autorità competente secondo la legislazione nazionale ed è d’applicazione immediata… le persone respinte hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono disciplinati conformemente alla legislazione nazionale. Al cittadino di paese terzo sono altresì consegnate indicazioni scritte riguardanti punti di contatto in grado di fornire informazioni su rappresentanti competenti ad agire per conto del cittadino di paese terzo a norma della legislazione nazionale”.

      5. L’Habeas Corpus costituisce la base dello stato di diritto ed il suo riconoscimento non può essere piegato alle finalità politiche del governo. Successe già nel secolo scorso e succede oggi in tanti paesi del mondo governati da regimi dittatoriali, non può sucedere in Italia e la magistratura deve vigilare sul rigoroso rispetto di questo principio, sia riguardo icittadini, sia anche riguardo i cittadini stranieri, quale che sia la loro condizione giuridica (regolare o irregolare) se si trovano nel territorio dello stato ( art. 2 del Testo Unico n.286/98 sull’immigrazione).

      I difensori del ministro Salvini dimenticano poi che se è vero che l’attracco in porto può essere negato per ragioni di ordine pubblico questa decisione può essere adottata dal ministro delle infrastrutture e non dal ministro dell’interno, e che in ogni caso queste ragioni di ordine pubblico dovrebbero essere contenute in un provvedimento formale e motivato, e non ricollegarsi di certo ad una trattativa in corso con l’Unione europea sulla ricollocazione dei naufraghi in altri paesi. In base all’ art. 83 (Divieto di transito e di sosta) del Codice della Navigazione è infatti il Ministro dei trasporti e della navigazione e non il ministro dell’interno che puo’ “limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale, per motivi di ordine pubblico, di sicurezza della navigazione e, di concerto con il Ministro dell’ambiente, per motivi di protezione dell’ambiente marino, determinando le zone alle quali il divieto si estende”.

      Non è competenza del ministro dell’interno dunque decidere se uno sbarco sia “compatibile con l’ordine pubblico”, soprattutto nel caso in cui lo sbarco debba avvenire da una nave della Guardia costiera dopo una azione di soccorso in mare. Se lo stesso ministro dell’interno ravvisasse una ragione ostativa allo sbarco, ad esempio la presenza di presunti terroristi a bordo, dovrebbe adottare un provvedimento formale da trasmettere al Ministro delle infrastrutture per l’adozione del divieto di cui all’art. 83 della navigazione. Una nave della Guardia costiera italiana, come qualunque altra nave che abbia operato un soccorso, non può essere bloccata in alto mare, come è avvenuto al largo di Lampedusa, o utilizzata come nave prigione dopo l’attracco in porto, quando ormai ha cessato di essere quello che le Convenzioni internazionali definiscono “place of safety temporaneo”.

      Lo stato responsabile ha dunque l’onere di indicare un porto di sbarco sicuro (POS). Nella sentenza pronunciata dal Tribunale di Agrigento il 7 ottobre 2009 relativa al caso Cap Anamur, il collegio giudicante ha ritenuto di specificare che tale “peso” non si riferisce unicamente alle incombenze legate alla somministrazione del vitto e dell’assistenza medica, ma, soprattutto, va rapportato alla necessità di garantire ai naufraghi “il diritto universalmente riconosciuto di essere condotti sulla terraferma!”

      Se il ministro delle infrastrutture o il ministro dell’interno potrebbero anche avere un livello più elevato di discrezionalità nell’ammettere in porto una nave privata dopo una azione di soccorso, questa soglia di discrezionalità si riduce drasticamente quando a bordo della nave si trovano persone non respingibili, già identificate, e in molti casi vulnerabili, come donne in stato di gravidanza e minori non accompagnati- Oppure persone che, con qualunque mezzo, anche a gesti, manifestino la volontà di richiedere protezione, esattamente come si è verificato a bordo della Dicotti e come può essere confermato dalle numerose delegazioni che hanno avuto modo di salire sulla nave attraccata nel porto di Catania o che hanno visitato i migranti a Messina dopo lo sbarco.

      L’unico limite incontrato dalla discrezionalità statale nell’ammissione in porto di una nave privata è rappresentato dalla presenza tra i migranti irregolari soccorsi in mare di rifugiati o richiedenti asilo: lo Stato interveniente e lo Stato costiero devono, infatti, rispettare il principio di non refoulement anche nell’individuazione del luogo ove le operazioni di soccorso in mare possono essere considerate terminate. Appare evidente che nel caso di un soccorso operato da una nave della Guardia costiera, quali che siano le circostanze iniziali dell’intervento, una volta che la nave si trovi all’interno delle acque territoriali, addirittura in porto, nessuna discrezionalità può essere rimessa al ministro dell’interno o al ministro delle infrastrutture per impedire lo sbarco delle persone a terra. Ferma restando l’adozione delle possibili misure di internamento o di allontanamento forzato, se non di ammissione alle procedure di protezione ed al sistema di accoglienza, di competenza del ministero dell’interno nell’ambito del cd. approccio Hotspot e secondon quanto previsto dall’art.10 comma terzo del Testo Unico sull’immigrazione.

      Se il ministro dell’interno non ha adottato alcun provvedimento per ordine di chi ed a che titolo i migranti soccorsi dalla Diciotti sono stati trattenuti per dieci giorni a bordo della nave, mentre potevano essere sbarcati a Lampedusa dai primi due mezzi più piccoli della guardia costiera che li aveva soccorsi a sud dell’isola ? Se il ministero dell’interno ha imposto con un qualsiasi provvedimento anche verbale il blocco della Diciotti, e poi il trattenimento dei migranti a bordo della nave attraccata nel porto di Catania, per quello che è stato definito come uno “scalo tecnico”, come poteva e sulla base di quale norma ordinare tale blocco invadendo la competenza di un’altro ministro ? Una volta sbarcati a terra i migranti della Diciotti attraverso la procedura Hotspot e secondo quanto previsto dall’art. 10 del Testo Unico sull’immigrazione, avrebbero potuto essere ammessi alla procedura di asilo, ricollocati in altri paesi, oppure espulsi o respinti, come avvenuto in altre decine di migliaia di casi fino al mese di giugno di quest’anno, in conformità a leggi nazionali e Regolamenti europei.Perchè si è voluto attendere dieci giorni per lo sbarco ? Era legittima l’esigenza che questa attesa potesse incidere sulle richieste di burden sharing avanzate dall’Italia, i vista di un vertice a Buxelles peraltro privo di alcuna effettiva capacità deliberativa, non trattandosi di un Consiglio Europeo.

      La ricorrenza di un “abuso d’ufficio” o di una “omissione in atti d’ufficio” al di là della considerazione sulla valenza di questo reato che non ne elide la rilevanza penale, non può essere esclusa a priori per il ministro dell’interno, o per altri ministri, all’interno della catena di comando che si doveva occupate dell’attracco in porto e dello sbarco, in nome della discrezionalità che presiede alla indicazione ministeriale di un place of safety alle navi dopo il compimento di attività di salvataggio. Tale discrezionalità può essere esercitata per scegliere il porto di sbarco d’intesa con le prefetture per individuare le soluzioni più idonee di prima accoglienza. Ma non può tradursi nella mancata indicazione di un porto di sbarco ( insita nella indicazione di un porto come “scalo tecnico”) o peggio nell’indebito trattenimento a tempo indeterninato di migranti a bordo. E ricordiamo che in questo caso non si trattava di una nave delle tanto vituperate ONG, ma della nave di punta della nostra Guardia costiera, una nave che fino a due mesi fa ha salvato migliaia di persone soccorse in acque internazionali, sbarcandoie sollecitamente in Italia, come prescritto dal diritto interno e dal diritto internazionale.

      Ricordiamo anche la richiesta di sbarco formulata dalla Procura dei minori di Catania in favore dei minori non accompagnati indebiatamente trattenuti per nove giorni assieme agli adulti a bordo della nave Diciotti. Un trattenimento indebito a fronte dell’art.19 del Testo Unico sull’immigrazione, che non può essere cancellato dallo sbarco avvenuto il 25 agosto scorso solo a seguito della richiesta della magistratura.

      Inutile dire che appare del tutto improprio attribuire alla Procura di Agrigento una richiesta di dimissioni del ministro che non è stata mai formalizzata, essendo rimasta la stessa Procura nel solco della procedura prevista per i cosiddetti reati ministeriali, con la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri del distretto di Palermo. Per quanto esposto sembra dunque del tutto infondata, anche se ne è chiaro l’intento di delegittimazione dell’operato dei procuratori agrigentini, l’accusa finale che questi avrebbero voluto intervenire su politiche migratorie avallate dal suo elettorato. Come se il ministro dell’interno dovesse rispondere al suo elettorato soltanto e non rispettare strettamente il principio di legalità ed il giuramento sulla Costituzione reso nelle mani del Presidente della Repubblica al momento dell’assunzione fomale del suo incarico. Il consenso popolare non può creare zone franche sottratte al controllo di legalità della magistratura.

      L’accusa-ammonimento finale rivolta al Procuratore di Agrigento di eccessivo “protagonismo” appare del tutto inifluente sugli argomenti giuridici a fondamento delle contestazioni relative al blocco della Diciotti ed al trattenimento illegitimo dei 177 naufraghi che erano rimasti a bordo dopo le prime evacuazioni. Quando le responsabilità possono essere tanto elevate e quando i politici creano la bolla mediatica è difficile che i magistrati possano lavorare con la dovuta discrezione. Certo la stessa accusa di protagonismo non era stata rivolta nei confronti di altri magistrati che lo scorso anno, campeggiavano nelle prime pagine dei giornali nelle inchieste contro le Organizzazoni non governative che salvavano vite in mare, con procedimenti che oggi sono stati archiviati, o fortemente ridimensionati, se non ancora privi di un qualunque sbocco processuale.

      Eppure sembra proprio che il colpo finale all’impianto accusatorio della Procura di Agrigento possa essere dato dagli specialisti delle questioni di competenza territoriale per la possibilità, che qualcuno già sta ventilando, che l’inchiesta possa essere trasferita da Agrigento a Catania, o a Palermo. Su queste scelte,e sulle successive fasi dei procedimenti, non meno che sui comportamenti delle autorità di governo nei confronti della magistratura, si misurerà quanto rimane ancora dello stato di diritto nel nostro paese.

      https://www.a-dif.org/2018/09/02/processo-penale-e-stato-di-diritto

    • Prima di parlare ascoltate John

      La guerra. La fuga. E un anno sotto terra, a desiderare la morte. Una storia come tante. Ma da conoscere, per restare umani.

      Rocca di Papa, centro di accoglienza Mondo Migliore. Massimiliano Coccia e Andrea Billau, giornalisti di Radio Radicale, intervistano John, profugo eritreo di 22 anni. John era sulla Diciotti, la nave della Guardia costiera italiana che per giorni è stata in mare, ostaggio del governo italiano che ha usato il suo carico umano per ricattare l’Europa. Alla fine di questa dolorosa vicenda, i migranti della Diciotti, in larga parte eritrei, sono stati accolti dalla Chiesa italiana, sul suolo italiano. Sono in Italia: li abbiamo dunque accolti.

      La conversazione tra Massimiliano Coccia e John ( si può ascoltare sul sito di Radio Radicale, e consiglio di farlo ) è semplice e permette di capire tanto. John in Eritrea studiava, ma non aveva ancora terminato la scuola quando viene prelevato per fare il servizio militare che, però, non aveva fine. Così John decide di lasciare l’Eritrea, dove sa di non avere un futuro. Dall’Eritrea alla Libia ha dovuto pagare la traversata del Sudan. Il viaggio è costato diciassettemila dollari che non erano i risparmi della famiglia, ma frutto di una colletta tra parenti e amici: si investe su una persona giovane per provare a farle avere un futuro altrove e per avere qualcuno che possa aiutare chi resta in patria. Arrivato in Libia, John viene preso subito in consegna da trafficanti che pretendono da lui 5 mila dollari senza però farlo partire per l’Europa: lo rinchiudono invece sotto terra, dove rimarrà per un anno. È stato il periodo più nero della sua vita. Sedici ragazze hanno partorito in quelle condizioni, sotto terra. E io penso all’espressione “venire alla luce”: John ha visto sedici bambini “venire alla luce” sotto terra, nel posto più lontano dalla luce che si possa immaginare. Nuove vite al buio di una detenzione illegale, forzata e inumana.

      I trafficanti estorcevano continuamente denaro e per spaventare usavano scariche elettriche. John non riesce a trovare le parole per descrivere l’inferno vissuto. Erano tutti libici gli aguzzini, senza divise, tutti armati. Armati anche quando portavano via le donne per violentarle senza che nessuno potesse reagire. C’erano più di quattrocento persone in quella condizione: quattrocento persone da torturare, a cui estorcere denaro. Quattrocento persone disperate e spaventate. Quattrocento persone che subivano senza poter reagire. Per uscire dal bunker si pagava: migliaia di dollari per pochi minuti di aria, mai di libertà. Venti minuti. Non di più. Da quella situazione nessuno pensava di poter uscire vivo. Non c’era cibo, non c’era acqua, non c’era luce e con le torture inferte l’unica speranza era che la fine (anche la morte) arrivasse prima possibile. Arriva la svolta: altri 2.500 euro per partire. Chi può pagare viene separato da chi non ha i soldi, per essere poi riuniti tutti e rivenduti a un nuovo trafficante che chiede altri millecinquecento euro perché inizi davvero il viaggio in mare. Gli spostamenti avvenivano tutti di notte perché i migranti non dovevano essere visibili, eppure al porto non c’era nessuno: né polizia, né Guardia costiera libica. Solo trafficanti.

      Quando comincia il viaggio in mare - dice John - sai che quel viaggio è l’ultimo: o arrivi vivo o resti in mare. Morirai magari in mare, ma ci provi. Il tempo durante la navigazione non è buono, il motore dell’imbarcazione si spegne, poi si riaccende. Poi si avvicina una barca che li rifornisce di acqua e cibo. Giunti nei pressi di Lampedusa, vengono presi in carico dalla Diciotti e lì, nonostante quello che noi abbiamo vissuto dalla terra ferma, nonostante l’indignazione e la rabbia per il “sequestro forzato”, per i migranti finisce l’inferno e ricomincia la speranza. Sulla Diciotti, racconta John, stavano benissimo. Il personale era pieno di umanità, c’era da mangiare e il comandante «è stato come un padre». Quando John è partito dall’Eritrea non credeva di avere scelta, ma non aveva idea dell’inferno libico. Ora vuole solo ricominciare ovunque ci sia pace ed è pieno di gratitudine, gratitudine verso l’Italia e gli abitanti di Catania. Dalla Diciotti guardando a terra, guardando il nostro Paese (mentre scrivo sono pieno di orgoglio) John vedeva persone che erano lì per loro, per difendere i loro diritti e per accoglierli. Dalla Diciotti guardava l’Italia e riusciva a leggere, distintamente, una parola semplice, una parola universale: WELCOME!


      http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2018/09/06/news/prima-di-parlare-ascoltate-john-1.326674?refresh_ce

    • L’Arci presenta un ricorso contro il governo per il trattenimento illegittimo dei 150 migranti della Diciotti

      In assenza di senso dello Stato da parte di chi governa, la legge, la magistratura con la sua autonomia, sono gli unici strumenti per salvaguardare la nostra Costituzione e la dignità dell’Italia

      Oggi l’Arci presenterà un ricorso in via cautelare al Tribunale Civile di Catania ed al TAR Catania, a tutela dei diritti dei 150 migranti, prevalentemente eritrei, privati senza titolo della libertà personale, contro i provvedimenti del governo per il loro trattenimento illegittimo.

      L’Arci ha avviato, con lo Studio Legale Giuliano di Siracusa, le azioni avanti il Tribunale Civile di Catania ed il TAR Sicilia Sez. di Catania: avanti il primo un ricorso d’urgenza (ex.art 700 del Codice di procedura Civile) per la immediata tutela dei diritti primari dei 150 migranti detenuti illegittimamente sulla nave della nostra Guardia Costiera “Diciotti”; ed avanti il TAR Sicilia Sez. Catania un ricorso con domanda cautelare di impugnativa del provvedimento del Ministro degli Interni illegittimamente adottato.

      L’Arci inoltre rivendicherà l’applicazione immediata delle linee guida IMO sul soccorso in mare, la cui inottemperanza da parte del Ministro Salvini comporta una gravissima violazione del diritto internazionale e invocherà la violazione dell’art. 3 della Convenzione CEDU contro i trattamenti inumani e degradanti.

      Il ricorso, inviato per conoscenza anche alla Questura, alla Prefettura e alla Guardia Costiera, è mirato a ripristinare la legalità violata con un provvedimento, di cui peraltro non c’è traccia scritta, usato con altri scopi, nelle trattative con l’UE e nella campagna elettorale senza sosta a cui il nuovo governo, e il Ministro Salvini, sottopongono il nostro Paese.

      Il conflitto aperto con l’UE, la vicinanza riaffermata con Orban e con il gruppo di Visegrad, è una evidente prova del contrasto aperto tra gli interessi dell’Italia (che dalla linea razzista e isolazionista del gruppo di Visegrad non può che trarne svantaggi) e la linea seguita dal nostro Ministro dell’Interno Salvini.

      In assenza di senso dello Stato da parte di chi governa, la legge, la magistratura con la sua autonomia, sono gli unici strumenti per salvaguardare la nostra Costituzione e la dignità dell’Italia.

      Oltre alle azioni giudiziarie possibili, l’Arci intende, con tutti i soggetti della società civile impegnati con noi in questo ambito, mobilitare tutte le sue forze per impedire che il governo trascini il nostro Paese verso il baratro.

      Le leggi e la Costituzione non possono essere piegate agli interessi di parte. Quando si viola la nostra Costituzione la democrazia muore e con essa le garanzie che valgono per tutte e tutti, non solo per chi decide di garantirle il governo di turno.

      Noi continueremo a mobilitarci per difendere la democrazia, la libertà e i diritti umani: insieme all’Arci Sicilia, abbiamo aderito e parteciperemo al presidio convocato dai Comitati di base di Catania, che si svolgerà domani al porto a partire dalle ore 17.

      https://www.arci.it/larci-presenta-un-ricorso-contro-il-governo-per-il-trattenimento-illegittimo-de

    • Pour la première fois, l’Aquarius refuse d’obéir aux ordres des garde-côtes libyens

      Jeudi 20 septembre, l’Aquarius a refusé de transborder sur le bateau des garde-côtes libyens des migrants secourus par le navire humanitaire quelques heures plus tôt. Hors de question de renvoyer des naufragés dans un pays qui ne garantit pas leur sécurité, se justifient les militants.

      Pour la première fois depuis leur présence en Méditerranée, les membres du navire humanitaire Aquarius, affrété par SOS Méditerranée, ont refusé d’obéir aux ordres des garde-côtes libyens : ces derniers leur avaient demandé, le 20 septembre, de transborder sur leur bateau libyen des migrants que l’ONG avait secourus.

      « Conformément à la Convention SAR [zone de recherche et de sauvetage, ndlr], nous ne pouvons ni ne devons transférer des personnes secourues aux garde-côtes libyens », écrit l’Aquarius, dans un email envoyé aux autorités portuaires libyennes.

      L’ONG SOS Méditerranée répète inlassablement le même credo depuis des mois. « La Libye ne peut être considérée comme un port sûr. Nous ne ramènerons jamais les migrants secourus en Libye », a encore déclaré l’ONG, joint par InfoMigrants.

      Que s’est-il passé ? Dans la matinée du 20 septembre, l’Aquarius repère, au large des côtes libyennes, une embarcation en difficulté avec 11 personnes à bord. L’équipage suit alors la procédure officielle et contacte le centre de contrôle maritime libyen (JRCC). Depuis la mi-juin, les opérations de sauvetage dans la zone de détresse de la Méditerranée appelée « SAR zone », ne sont en effet plus gérées par le MRCC italien, sorte de tour de contrôle maritime chargée de coordonner les actions de secours en mer. Ces missions sont désormais gérées par Tripoli.

      Les autorités libyennes ne répondent pas. Sans réponse, l’Aquarius avertit alors les autorités italiennes que le navire s’apprête à procéder au sauvetage. Une fois les migrants en sécurité à bord, les humanitaires reçoivent finalement un email du JRCC libyen. « En tant qu’autorités libyennes, nous assurons la coordination des secours. Nous allons dépêcher un navire afin de récupérer les migrants », écrivent les autorités portuaires. « Nous vous ordonnons de vous diriger vers Zaouïa [ville côtière libyenne, NDLR] pour un rendez-vous avec la patrouille libyenne ».

      « Que l’Aquarius aille où il veut, mais pas en Italie »

      L’Aquarius refuse catégoriquement le transfert. « Nous avons toutes les raisons de croire qu’aucun des ports libyens ne constitue un lieu de sécurité pour les rescapés », fait savoir l’équipage du navire humanitaire aux autorités libyennes, italiennes et maltaises. « Nous avons également toutes les raisons de croire qu’une opération de transfert mettrait en danger la sécurité des personnes secourues et de mon équipage en raison de risque de panique ». La Libye a dit prendre note du refus de l’Aquarius.

      Sur Twitter, le ministre italien de l’Intérieur, Matteo Salvini, a déjà pris les devants. Il estime que l’Aquarius" a refusé de collaborer avec les garde-côtes libyens". « Maintenant il erre en Méditerranée. Je le dis et je le répète : qu’il aille où il veut mais pas en Italie, les ports sont fermés », a ajouté le ministre.

      Actuellement, le navire humanitaire reste dans la zone de sauvetage et ne cherche pas un port de débarquement. « Nous avons encore de la place à bord et nous savons que nous allons devoir procéder à d’autres sauvetages dans les jours qui viennent », précise à InfoMigrants Julie Bégin, porte-parole de SOS Méditerranée.

      Reste à savoir où seront débarqués les rescapés. « Nous ne savons pas, nous verrons au moment voulu », conclut-elle.

      Depuis plusieurs mois, les autorités italiennes et maltaises refusent d’ouvrir leurs ports aux navires humanitaires. Des refus qui ont entraîné des dissensions au sein de l’Union européenne – toujours aussi déchirée sur la politique à adopter pour faire face à l’afflux de migrants.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/12168/pour-la-premiere-fois-l-aquarius-refuse-d-obeir-aux-ordres-des-garde-c

    • Aquarius. Le Panama annonce qu’il retire son pavillon au navire humanitaire
      https://www.ouest-france.fr/monde/migrants/aquarius-le-panama-annonce-qu-il-retire-son-pavillon-au-navire-humanita

      « L’administration maritime panaméenne a entamé une procédure d’annulation officielle de l’immatriculation du navire Aquarius 2, ex-Aquarius […] après la réception de rapports internationaux indiquant que le navire ne respecte pas les procédures juridiques internationales concernant les migrants et les réfugiés pris en charge sur les côtes de la mer Méditerranée », indiquent les autorités dans un communiqué diffusé sur leur site.

      Selon le Panama, la principale plainte émane des autorités italiennes, selon lesquelles « le capitaine du navire a refusé de renvoyer des migrants et réfugiés pris en charge vers leur lieu d’origine ». Elle rappelle également que le navire s’est déjà vu retirer son pavillon par Gibraltar. Or, selon le communiqué, « l’exécution d’actes portant atteinte aux intérêts nationaux constitue une cause de radiation d’office de l’immatriculation des navires ».

    • Migranti. Inchiesta Diciotti, la Procura chiede l’archiviazione per Salvini

      La Procura di Catania ha formulato una richiesta di archiviazione nei confronti del ministro degli Interni per la vicenda del presunto «sequestro» di migranti a bordo della nave Diciotti.

      «Adesso prendo il caffè, infilo la giacca, spengo la tele, e da persona libera e non più indagata torno al mio lavoro. Grazie, grazie, grazie». Lo ha detto Matteo Salvini dopo aver dato lettura in diretta Facebook della lettera che lo informava della richiesta di archiviazione della procura di Catania per i fatti della nave Diciotti. «Il procuratore di Catania #Zuccaro chiede l’archiviazione. Gioia, soddisfazione. Ma il procuratore di Agrigento perché ha indagato? Quanto è costata l’inchiesta per un reato che non esisteva? Quanti uomini sono stati impiegati? Sono innocente, potevo e dovevo bloccare gli immigrati. È una buona notizia per me, i gufi dei centri sociali saranno abbacchiati. Richiesta motivata di archiviazione».

      In realtà non è debba ancora la parola «fine» sulla vicenda. Infatti il Tribunale dei ministri etneo (composto da tre giudici sorteggiati tra i magistrati del Distretto della Corte d’appello) ha ancora 90 giorni di tempo per decidere se accogliere o meno la richiesta di archiviazione del procuratore Carmelo Zuccaro. Il ministro era stato indagato per vari reati, tra cui quello di sequestro di persona, per aver trattenuto la nave militare Diciotti alcuni di giorni attraccata al porto di Catania senza far sbarcare i 150 migranti a bordo. La vicenda si era poi sbloccata quando altri Stati dell’Unione europea, tra cui Irlanda e Albania e la Chiesa italiana, hanno dato disponibilità a partecipare alla redistribuzione dei rifugiati.

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/18

    • Italie. #Salvini bientôt jugé pour #séquestration ?

      En août, le ministre de l’Intérieur italien avait refusé à 177 migrants de débarquer dans le port de Catane, en Sicile, les bloquant pendant six jours. Un tribunal de Palerme a recommandé, à la surprise générale, que Matteo Salvini soit jugé pour séquestration.


      https://www.courrierinternational.com/article/italie-salvini-bientot-juge-pour-sequestration

    • Caso Diciotti, ecco l’atto d’accusa del tribunale: “Il ministro Salvini ha agito fuori dalla legge”

      Per i giudici sono state violate norme internazionali e nazionali. «L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme finalizzate al contrasto dell’immigrazione irregolare»

      https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/01/24/news/caso_diciotti_ecco_l_atto_d_accusa_del_tribunale_il_ministro_salv

    • La richiesta di autorizzazione a procedere nel caso Diciotti

      Domanda di autorizzazione a procedere per il delitto di sequestro di persona aggravato a carico del Ministro dell’interno in carica, nonché leader di uno dei due partiti che governano il Paese con ampio sostegno popolare. Il provvedimento che qui si annota non può lasciare indifferenti: sta succedendo qualcosa di eccezionale quando un Tribunale della Repubblica chiede che il Ministro dell’interno venga processato per un reato che prevede la pena della reclusione da tre a quindici anni.

      E la situazione è ancora più anomala, se si considera che il fatto per cui la magistratura chiede ad una Camera di procedere (in questo caso il Senato, essendo il Ministro dell’interno anche senatore della Repubblica) non è un episodio corruttivo o comunque legato a fatti che l’indagato nega o sono discutibili. In questo caso il reato che si contesta risulta integrato da una condotta, la chiusura dei porti ai migranti provenienti dalla Libia, che il Ministro dell’interno continua tuttora a rivendicare come parte fondamentale del proprio programma politico e di governo. Il contrasto all’ingresso di stranieri irregolari in Italia viene attuato con la strategia dei “porti chiusi”, che riscuote, stando ai sondaggi, un larghissimo consenso nel corpo elettorale.

      Con questo provvedimento, i magistrati di Catania affermano che il Ministro, diretto responsabile della concreta attuazione di tale strategia politica, deve rispondere del gravissimo reato di sequestro di persona a carico di 177 migranti, e chiedono al Senato, secondo la procedura prevista per i reati ministeriale dalla legge cost. n. 1/1989, l’autorizzazione a procedere a suo carico. Il Tribunale di Catania sta esorbitando dalle proprie competenze, come afferma il Ministro parlando di «toghe di sinistra che invadono il campo della politica»? Avrebbe dovuto il Tribunale accogliere la richiesta della procura etnea di archiviare il procedimento, in quanto il principio di separazione dei poteri vieterebbe alla magistratura penale di valutare la legittimità di atti politici esplicitamente rivendicati dalle più alte autorità di governo? A noi pare che le 50 pagine che mettiamo qui a disposizione del lettore forniscano una risposta convincente del contrario, e cioè che la decisione presa dai giudici di Catania è corretta, e per quanto dirompente è l’unica risposta appropriata rispetto alla gravità dei fatti avvenuti, sotto gli occhi di tutti, la scorsa estate a Catania.

      Di seguito forniremo al lettore niente più che una “guida alla lettura” dell’articolato percorso argomentativo seguito dai giudici siciliani, per svolgere poi alcune riflessioni riguardo ai prossimi esiti cui può dare luogo la vicenda.

      Le motivazioni della richiesta di autorizzazione a procedere

      Gli eventi sono noti, e possono essere qui riassunti in termini molto sintetici. Il 14 agosto 2018 veniva segnalata un’imbarcazione con a bordo diverse decine di soggetti di varie nazionalità (in prevalenza eritrea e somala), proveniente dalla Libia, che versava in una situazione molto precaria. Nei giorni successivi all’avvistamento, insorgeva una controversia tra le autorità italiane e maltesi circa la responsabilità per il soccorso dei naufraghi, sino a che il precipitare della situazione induceva le motovedette della Guardia costiera italiana ad intervenire, trasferendo poi i 177 stranieri soccorsi sulla motonave Diciotti. Dopo tre giorni di stazionamento nei pressi di Lampedusa, dovuto al fatto che tra le autorità italiane e maltesi perdurava il contrasto circa l’individuazione del Paese responsabile dell’indicazione del Pos (place of safety), il 20 agosto la Diciotti riceveva l’autorizzazione ad entrare nel porto di Catania, ma non a sbarcare i migranti della nave. Il Ministro degli interni rifiutava, infatti, il rilascio del Pos (e quindi l’autorizzazione allo sbarco), sino a che non si fosse sbloccata la trattativa a livello europeo su quali Paesi fossero disponibili ad accogliere i migranti presenti sulla nave. In considerazione delle difficili condizioni in cui i migranti versavano, costretti a vivere da diversi giorni su un’imbarcazione inadatta ad accogliere un numero così elevato di ospiti, il 22 agosto, a seguito di esplicita richiesta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori di Catania, veniva autorizzato lo sbarco dei minori non accompagnati, mentre solo il 25 agosto venivano sbarcati tutti gli altri.

      Il Tribunale, che ripercorre giorno per giorno le vicende appena descritte, distingue due fasi temporali. La prima, dal 15/16 agosto, quando i migranti vengono tratti a bordo dalla Diciotti, sino all’ingresso nel porto di Catania del 20 agosto; e la seconda, da tale data sino al 25 agosto, durante la quale i migranti vengono trattenuti sulla Diciotti senza poter sbarcare.

      Per quanto riguarda la prima fase, il Tribunale etneo esclude la sussistenza di condotte costituenti reato da parte del Ministro, richiamandosi integralmente alle motivazioni sul punto del Tribunale dei ministri di Palermo, che peraltro non vengono neppure curiosamente riassunte, e che non sono note a chi scrive. Ci limitiamo qui a ricordare che la Procura di Agrigento aveva aperto il procedimento a carico del Ministro, trasferendo gli atti al competente Tribunale dei ministri di Palermo, sul presupposto che fosse penalmente rilevante già lo stazionamento forzato nelle acque di Lampedusa, mentre proprio una diversa valutazione di questa prima fase della vicenda aveva indotto i giudici palermitani a trasferire gli atti ai colleghi catanesi, reputando che solo in relazione al trattenimento nel porto etneo si potesse configurare un fatto penalmente illecito.

      Riguardo allora ai cinque giorni (dal 20 al 25 agosto) in cui gli stranieri sono stati bloccati sulla Diciotti nel porto di Catania, il Tribunale ritiene che sussistano gli estremi della fattispecie di cui all’art. 605, comma 3 (sequestro di persona aggravato dall’abuso della qualità di pubblico ufficiale e della minore età di alcune delle vittime).

      Il quadro probatorio su cui il Tribunale fonda le proprie conclusioni è ampio, visto in particolare che nella fase istruttoria condotta dal medesimo Tribunale è stata assunta la testimonianza di tutti i membri apicali della catena decisionale che ha condotto alla chiusura per 5 giorni del porto di Catania ai migranti della Diciotti: il Questore, il Prefetto e il Comandante della Capitaneria di porto di Catania, e il capo di gabinetto del Ministero dell’interno e il suo vice.

      Prima di analizzare i singoli elementi costitutivi del reato, la sentenza si impegna in una ricostruzione del «quadro normativo di riferimento del procedimento di sbarco e delle competenze amministrative» ad esso relative, con l’obiettivo di «chiarire quali siano i doveri degli Stati, le relative competenze e i limiti di discrezionalità esistenti nella gestione del fenomeno del soccorso in mare» (p. 6).

      La premessa da cui prende le mosse il Tribunale nella sua analisi del quadro sovranazionale è che «l’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Le Convenzione internazionali in materia, cui l’Italia ha aderito, costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato e, in base agli artt. 10, 11 e 117 Cost., non possono costituire oggetto di deroga da parte di valutazioni discrezionali dell’autorità politica, assumendo un rango gerarchico superiore rispetto alla disciplina interna» (p. 7).

      Il provvedimento ricostruisce allora la normativa di riferimento, con particolare riferimento alla Convenzione Solas del 1974 e alla Convenzione Sar del 1979, così come emendate nel 2006. Un’analisi del concreto piano operativo predisposto dalle autorità italiane, in conformità agli obblighi internazionali in materia di soccorso in mare, mostra secondo il Tribunale come «ove l’attività di soccorso in mare sia stata effettuata materialmente da unità navali della Guardia costiere italiana, la richiesta di assegnazione del POS debba essere presentata da MRCC Roma (Maritime Rescue Coordination Center) al Centro nazionale di coordinamento (NCC), che poi provvederà all’inoltro della stessa al competente Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione del Ministero dell’interno, competente all’indicazione del POS ove operare lo sbarco» (p. 12).

      Molto importante è poi il passaggio in cui il Tribunale ricostruisce i caratteri essenziali del procedimento delineato per i reati ministeriali dalla legge cost. n. 1/1989, ove è necessario tenere distinta la «valutazione di tipo tecnico-giuridico» demandata al Tribunale, che deve decidere della sussistenza del reato secondo i canoni della legislazione penale comune, e la valutazione politica che l’art. 9 della legge affida al Parlamento quando prevede che l’assemblea della Camera di appartenenza «può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l’autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo». Proprio tenendo a mente la peculiare scansione procedimentale prevista per i reati ministeriali, il Tribunale esclude di dover valutare i connotati politici della decisione di impedire lo sbarco dei migranti, richiamando puntualmente in senso conforme una decisione delle Sezioni unite della Cassazione, per cui «il carattere politico del reato, il movente che ha determinato il soggetto a delinquere, nonché il rapporto che può sussistere tra il reato commesso e l’interesse pubblico della funzione esercitata, proprio in conseguenza di quanto disposto dalla l. cost. n. 1/1989, sono criteri idonei a giustificare la concessione o negazione dell’autorizzazione a procedere da parte della Camera o del Senato, ma non sono certamente qualificabili come condizioni per la configurabilità dei reati ministeriali» (Cass., Sez. unite, n. 14/1994, citata a p. 14).

      Venendo ad analizzare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, il Tribunale prende ovviamente le mosse dall’elemento oggettivo, e dedica particolare attenzione ad individuare il momento a partire dal quale gli uffici competenti del Ministero dell’interno avevano il dovere giuridico di assegnare un Pos ai migranti, e dunque la loro permanenza sulla Diciotti deve ritenersi illegittima. I giudici catanesi ripercorrono le concitate vicende dei giorni successivi all’avvistamento dell’imbarcazione e la controversia insorta tra autorità italiane e maltesi su chi fosse tenuto secondo la normativa internazionale a prestare soccorso (in un passaggio il Tribunale arriva a definire «moralmente censurabile» il comportamento della autorità maltesi). Una volta tuttavia constatata l’indisponibilità di Malta ad indicare un Pos per i migranti, ed una volta autorizzata la Diciotti a dirigersi verso le coste siciliane, le autorità italiane avevano assunto di fatto e di diritto la gestione dei soccorsi, e avevano secondo la normativa internazionale il dovere di indicare nel più breve tempo possibile un Pos ove i naufraghi potessero sbarcare. Per queste ragioni, conclude sul punto il Tribunale, «l’omessa indicazione del POS da parte del Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione, dietro precise direttive del MdI, ha determinato, dopo che alle ore 23.49 del 20 agosto l’unità navale Diciotti raggiungeva l’ormeggio presso il porto di Catania (così creando le condizioni oggettive per operare lo sbarco), una situazione di costrizione a bordo delle persone soccorse fino alle prime ore del 26 agosto (quando veniva avviata la procedura di sbarco a seguito dell’indicazione del POS nella tarda serata del 25 agosto dal competente Dipartimento, dietro nulla osta del Ministro), con conseguente apprezzabile limitazione della libertà di movimento dei migranti, integrante l’elemento oggettivo del reato contestato. Non vi è dubbio, invero, che la protratta presenza dei migranti per cinque giorni a bordo di una nave ormeggiata sotto il sole in piena estate dopo avere già affrontato un estenuante viaggio durato diversi giorni, la necessità di dormire sul ponte della nave, le condizioni di salute precaria di numerosi migranti, la presenza a bordo di donne e bambini, costituiscono circostanze che manifestano le condizioni di assoluto disagio psico-fisico sofferte dai migranti a causa di una situazione di “costrizione” a bordo non voluta e subita, sì da potersi qualificare come “apprezzabile”, e dunque, penalmente rilevante, l’arco temporale di privazione della libertà personale sofferto» (p. 24).

      Quanto all’elemento soggettivo del reato, il Tribunale ricorda anzitutto come l’art. 605 cp delinei una fattispecie a dolo generico, per la cui integrazione è sufficiente la consapevolezza di infliggere alla persona offesa una illegittima privazione della libertà personale, mentre risultano irrilevanti gli scopi ulteriori perseguiti dall’agente. Nel medesimo paragrafo del provvedimento in materia di elemento soggettivo il Tribunale affronta poi tre questioni attinenti a ben vedere non già all’elemento psicologico del reato, bensì alle diverse questioni (di natura in realtà oggettiva) della riferibilità del divieto di sbarco ad una condotta personale del Ministro, e della presenza di cause giustificazione: la «questione della riconducibilità dell’omessa indicazione del POS e del correlato divieto di sbarco ad una precisa direttiva del MdI», la questione dell’«accertamento del carattere illegittimo della privazione dell’altrui libertà, in quanto adottata contra legem», e infine la questione dell’«assenza di cause di giustificazione con valenza scriminante ex art. 51 c.p.».

      Nulla quaestio circa il primo profilo, relativo al personale e diretto coinvolgimento del Ministro degli interni nella decisione di non far sbarcare i migranti. Oltre al fatto che il Ministro in numerose occasioni pubbliche ha esplicitato come la decisione di non fare sbarcare i porti fosse a lui direttamente ascrivibile, tutti i vertici amministrativi sentiti in fase istruttoria hanno confermato il continuo e diretto coinvolgimento del Ministro nella gestione della vicenda, ed in particolare hanno chiarito come la mancata indicazione del Pos nei giorni in cui la Diciotti si trovava a Catania fosse unicamente ascrivibile alle chiare indicazioni in tal senso provenienti dal Ministro stesso.

      Nella motivazione segue poi un paragrafo intitolato «La consapevolezza della “illegittimità” della restrizione dell’altrui libertà», ove peraltro il Tribunale torna ad argomentare intorno alla questione della legittimità (oggettiva) del rifiuto di sbarco alla luce della normativa internazionale (ribadendo come il contenzioso con Malta circa la responsabilità per i soccorsi non può valere a giustificare il rifiuto di sbarcare i migranti una volta che questi erano arrivati in Italia, dietro indicazione della stessa autorità italiana), piuttosto che interrogarsi circa la consapevolezza da parte del Ministro di tale normativa. Tale consapevolezza, considerato il ruolo apicale nella catena decisionale rivestito dall’imputato e l’importanza della questione, viene in sostanza ritenuta implicita dal Tribunale. In effetti, ragionando altrimenti si tratterebbe di ritenere scusante l’eventuale ignoranza da parte del Ministro della normativa nazionale e sovranazionale relativa alle materie oggetto delle sue specifiche competenze istituzionali. Un’ipotesi che peraltro non trova alcun riscontro nell’istruttoria dibattimentale, ove al contrario è emerso come i collaboratori diretti del Ministro gli avessero riferito la richiesta di Pos della Diciotti ed il Ministro avesse opposto un deciso e consapevole rifiuto all’adempimento del dovere di sbarcare i migranti. Probabilmente sarebbe stato preferibile se il Tribunale avesse più chiaramente motivato le ragioni per cui riteneva con ragionevole certezza che il Ministro conoscesse i doveri internazionali connessi alle attività di salvataggio; ma non ci sembra che in effetti vi siano elementi per sostenere l’ignoranza incolpevole della disciplina normativa da parte del Ministro, che peraltro non ha mai sostenuto tale linea difensiva nelle accese reazioni social conseguenti alla richiesta di autorizzazione.

      L’ultimo profilo analizzato dal Tribunale in ordine agli elementi costitutivi del reato riguarda la configurabilità della scriminante di cui all’art. 51 cp. Il provvedimento in esame ne esclude gli estremi, in quanto il Ministro non ha agito in adempimento del suo dovere istituzionale di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica: «Lo sbarco di 177 cittadini stranieri non regolari non poteva costituire un problema cogente di “ordine pubblico” per diverse ragioni, ed in particolare: a) in concomitanza con il “caso Diciotti”, si era assistito ad altri numerosi sbarchi dove i migranti soccorsi non avevano ricevuto lo stesso trattamento; b) nessuno dei soggetti ascoltati da questo Tribunale ha riferito (come avvenuto invece per altri sbarchi) di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di “persone pericolose” per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale» (p. 40).

      La sola ragione per cui per cinque giorni è stato impedito lo sbarco degli stranieri dalla Diciotti è stata secondo il Tribunale la volontà politica del Ministro di fornire un’immagine di fermezza nella trattativa in corso in sede europea circa i criteri per la ripartizione dei migranti che fuggono dalla Libia: «La decisione del Ministro non è stata adottata per problemi di ordine pubblico in senso stretto, bensì per la volontà meramente politica – “estranea” alla procedura amministrativa prescritta dalla normativa per il rilascio del POS – di affrontare il problema della gestione dei flussi migratori invocando, in base al principio di solidarietà, la ripartizione dei migranti a livello europeo tra tutti gli Stati membri» (ibidem).

      Il Tribunale ricorda le sentenze della Corte costituzionale (n. 105/2001) e della Corte Edu (Khlaifia, 2016) che hanno affermato l’applicabilità delle garanzie sul rispetto della libertà personale anche agli stranieri in situazione di ingresso o soggiorno irregolari, e conclude che l’estraneità della decisione di impedire lo sbarco a finalità proprie dell’ufficio ricoperto dall’inquisito, che era mosso da finalità politiche estranee ai suoi doveri istituzionali, impedisce il riconoscimento della scriminante di cui all’art. 51 cp.

      L’ultimo passaggio della motivazione riguarda proprio il rilievo giuridico da attribuire alla natura politica dell’atto contestato al Ministro; l’argomento della natura politica dell’atto, che alla luce del principio della separazione dei poteri ne avrebbe impedito la sindacabilità da parte dell’autorità giudiziaria, aveva condotto la Procura di Catania a chiedere l’archiviazione del procedimento, e il tema viene affrontato con particolare acribia dal Tribunale. I giudici catanesi affermano la necessità di distinguere tra «atto politico», insindacabile tout court dal giudice penale, e «atto amministrativo adottato sulla scorta di valutazioni politiche», che non si sottrae al vaglio di legalità del giudice penale. In ogni caso,

      «il dogma dell’intangibilità dell’atto politico è oggi presidiato da precisi contrappesi, caratterizzati dal “principio supremo di legalità”, dalla Carta costituzionale e dal rispetto dei diritti inviolabili in essa indicati, tra i quali spicca in primo luogo il diritto alla libertà personale. Segnatamente, a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, i cui artt. 24 e 113 sanciscono l’indefettibilità ed effettività della tutela giurisdizionale, non è giuridicamente tollerabile l’esistenza di una particolare categoria di atti dell’esecutivo in relazione ai quali il sindacato giurisdizionale a tutela dei diritti individuali possa essere limitato o addirittura escluso» (p. 44).

      L’atto politico insindacabile dal potere giudiziario è solo quello che «afferisce a questioni di carattere generale che non presentino un’immediata e diretta capacità lesiva nei confronti delle sfere soggettive individuali» (il Tribunale cita a titolo esemplificativo l’adozione di decreti leggi e di decreti legislativi, o la stipula di un’intesa con una confessione religiosa ex art. 8, comma 3 Cost.). Nel caso di specie, il rifiuto del POS configura un atto amministrativo che, mosso da motivazioni politiche, è andato tuttavia pesantemente ad incidere sui diritti degli stranieri, in violazione della normativa interna e sovranazionale, e non può per questa ragione essere sottratto al controllo giurisdizionale.

      «L’atto del Ministro Sen. Matteo Salvini costituisce un atto amministrativo che, perseguendo finalità politiche ultronee rispetto a quelle prescritte dalla normativa di riferimento, ha determinato plurime violazioni di norme internazionali e nazionali, che hanno comportato l’intrinseca illegittimità dell’atto amministrativo censurata da questo Tribunale (…). Va dunque sgomberato il campo da un possibile equivoco e ribadito come questo Tribunale intenda censurare non già un atto politico dell’Esecutivo, bensì lo strumentale ed illegittimo utilizzo di una potestà ammnistrativa di cui era titolare il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione, che costituisce articolazione del Ministero dell’interno presieduto dal Sen. Matteo Salvini» (p. 47).

      Quali siano e quale rilievo abbiano le motivazioni politiche dell’agire del Ministro, sono argomenti che dovrà tenere in considerazione il Senato per decidere se concedere o meno l’autorizzazione a procedere. Il Tribunale si arresta alla constatazione che nell’esercizio delle sue funzioni il Ministro, con la decisione di impedire lo sbarco dei migranti della Diciotti, ha realizzato un fatto tipico di reato, non coperto da alcuna causa di giustificazione; i senatori decideranno se il Ministro abbia agito «per il perseguimento di un preminente interesse pubblico», e se dunque per tale reato l’autorità giudiziaria possa o meno procedere.

      La correttezza della decisione del Tribunale di Catania e gli scenari prossimi-venturi

      Le articolate argomentazioni appena sintetizzate ci paiono convincenti, e risultano anche, se studiate con attenzione, capaci di rispondere a molte delle critiche mosse alla decisione dal diretto interessato e da molti dei suoi sostenitori.

      Il primo punto consiste nella conformità o meno alla normativa interna ed internazionale della scelta di negare l’autorizzazione allo sbarco quando i migranti a bordo della Diciotti si trovavano nel porto di Catania. Il provvedimento qui annotato ha mostrato in modo molto chiaro come il problema della responsabilità di Malta nel non adempiere al proprio obbligo di soccorso proprio nulla abbia a che vedere con la questione dello sbarco a Catania, che è l’unico frammento della vicenda ritenuto dal Tribunale di rilievo penale.

      Una volta che l’Italia aveva assunto la concreta gestione del soccorso e aveva accettato, di fronte all’ostinato silenzio delle autorità maltesi, di accogliere la Diciotti a Catania, era evidente che gli stranieri dovessero sbarcare a Catania. Il problema della distribuzione dei migranti anche in altri Paesi europei si sarebbe posto in un momento successivo; ma non serve essere esperti di diritto internazionale del mare per capire che i migranti presenti da giorni in condizioni precarie su una nave militare italiana ancorata in un porto italiano dovevano essere immediatamente sbarcati e soccorsi in territorio italiano. Invocare la responsabilità di Malta per negare il dovere di fornire un POS una volta che i naufraghi erano arrivati a Catania, significa semplicemente sviare il discorso, sovrapponendo il problema della distribuzione dei flussi migratori a livello europeo e dell’incapacità di Malta di far fronte ai propri obblighi in materia Sar, al dovere di fornire un luogo di sbarco sicuro a coloro che in un modo o nell’altro erano comunque stati soccorsi da una nave italiana, e si trovavano in un porto italiano.

      Insomma, la controversia con Malta o il problema della distribuzione dei migranti a livello europeo sono irrilevanti al fine di valutare la legittimità del trattenimento per diversi giorni sulla nave Diciotti di soggetti, che avevano secondo la normativa interna ed internazionale il diritto a ricevere al più presto l’indicazione di un luogo sicuro dove poter sbarcare e ricevere assistenza, quale che fosse poi il loro destino e la loro destinazione finale. Il Ministro ha consapevolmente deciso di trattenere senza alcuna base legale i migranti sulla nave Diciotti, per apparire più forte sullo scenario politico internazionale ad avere più peso nelle trattative in corso a livello europeo per una gestione condivisa dei flussi di migranti dalla Libia. Ma è evidente che tale scelta politica sia stata attuata fuori dalla cornice normativa in cui è disciplinata la privazione dello straniero comunque presente nel territorio dello Stato.

      Ammesso allora che la privazione della libertà c’è stata ed è stata illegale, si pone il problema più delicato, e che nel dibattito pubblico ha assunto un peso determinante. Il Tribunale ha travalicato le proprie competenze? I giudici di Catania si sono arrogati il potere di sindacare le scelte politiche assunte dal Governo con il consenso degli elettori, violando in questo modo il principio della separazione dei poteri? Anche in questo caso, le motivazioni del provvedimento indicano le ragioni per cui la richiesta di autorizzazione non comporta alcuna ingerenza del potere giudiziario nelle prerogative politiche dell’esecutivo.

      È sufficiente, per giungere a tale conclusione, prendere in considerazione l’insieme della procedura delineata dalla legge costituzionale del 1989 riguardo all’accertamento dei cd. reati ministeriali, da intendere ai sensi dell’art. 96 Cost. come quei reati commessi dal Presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni. Come correttamente ricorda il Tribunale, proprio la particolare natura politica degli atti ministeriali ha indotto il legislatore costituzionale a prevedere che la decisione di procedere all’accertamento di eventuali responsabilità penali conseguenti alla loro adozione non spetti solo alla magistratura penale, posto che il Parlamento può negare l’autorizzazione a procedere quando ritenga che le condotte integranti reato fossero volte al perseguimento di un «preminente interesse pubblico». Lo schema è molto chiaro: la magistratura penale accerta secondo i criteri del diritto penale comune se il Ministro abbia commesso un reato nell’esercizio del proprio potere di governo; il Parlamento può assumere la decisione politica di negare l’autorizzazione a procedere, se la commissione del reato era funzionale alla tutela di un più rilevante interesse pubblico.

      Ritenere allora, come ha fatto la Procura di Catania nella richiesta di archiviazione (della quale, peraltro, sono noti a chi scrive solo gli stralci pubblicati sulla stampa, e i brevi cenni contenuti nel provvedimento qui annotato), che la magistratura penale dovesse archiviare il procedimento in ragione delle finalità politiche che avevano mosso la decisione del Ministro, significa confondere le attribuzioni che il sistema costituzionale di accertamento dei reati ministeriali attribuisce rispettivamente al potere giudiziario e al Parlamento. I giudici devono valutare la commissione di un reato; nel caso di specie, valutare se la significativa privazione di libertà degli stranieri sulla Diciotti conseguente alla decisione del Ministro di vietare lo sbarco era stata disposta secondo la legge, configurandosi in caso contrario il delitto di sequestro di persona aggravato. Il Senato dovrà ora decidere se le finalità politiche addotte dal Ministro a giustificazione del proprio operato siano talmente pregnanti da imporre alla magistratura di arrestarsi nel procedimento di accertamento delle responsabilità.

      La separazione dei poteri, per concludere sul punto, non può comportare l’irragionevole conclusione che i membri del Governo sono immuni dalla giurisdizione penale ogniqualvolta esercitino le proprie funzioni politiche, che come ovvio devono invece sempre svolgersi nel quadro della legalità interna ed internazionale. Come tutti i cittadini, anche i Ministri, se nell’esercizio delle loro funzioni commettono dei reati, ne devono rispondere davanti alla giustizia penale, quali che siano i moventi politici che stanno a fondamento delle loro azioni. Il sistema costituzionale, proprio in ossequio al principio della separazione dei poteri, prevede tuttavia che il potere politico possa assumersi, mediante il voto del Parlamento, la responsabilità politica dell’azione del Ministro, che può venire ritenuta non meritevole di essere perseguita in quanto funzionale al raggiungimento di un più alto interesse pubblico. Ecco perché la magistratura non compie alcuna invasione di campo quando, constatata la commissione di un reato ad opera della condotta di un Ministro, non compie direttamente una valutazione circa la rilevanza politica di tale condotta, archiviando la notitia criminis perché connotata da motivi politici, ma correttamente chiede al Parlamento di decidere se dare o meno copertura politica all’operato del Ministro.

      La questione passa ora dunque nelle mani del Senato. Ai sensi dell’art. 9, comma 2, legge. cost. n. 1/1989, prima la Giunta competente per le autorizzazioni a procedere riferisce «con relazione scritta» all’assemblea, «dopo avere sentito i soggetti interessati ove lo ritenga opportuno o se questi lo richiedano»; entro sessanta giorni dalla trasmissione dalla richiesta al Senato (avvenuta il 23 gennaio), l’assemblea, a maggioranza assoluta dei suoi membri può «con valutazione insindacabile» negare l’autorizzazione a procedere quando ritiene che «l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo».

      Non rimane, dunque, che attendere lo svolgimento dell’attività della Giunta e l’esito della deliberazione che assumerà l’assemblea del Senato. Vogliamo ora in conclusione provare a svolgere qualche cursoria riflessione su due problemi che ci paiono in questo momento centrali: quello dei presupposti e dei limiti del potere discrezionale del Parlamento in ordine alla richiesta di autorizzazione a procedere; e quello dell’eventuale giustiziabilità della decisione del Parlamento di fronte alla Corte costituzionale.

      Quanto alla prima questione, dal testo della norma (di rango costituzionale) che disciplina l’autorizzazione a procedere si evincono in particolare due elementi che ci paiono meritevoli di considerazione.

      In primo luogo, la norma prevede il quorum della maggioranza assoluta dei componenti per negare l’autorizzazione a procedere, mostrando l’attenzione del legislatore costituzionale a bilanciare l’ampio potere discrezionale assegnato al Parlamento con il richiedere che ad assumersi la responsabilità di impedire per ragioni di interesse superiore alla magistratura penale di procedere all’accertamento dei reati sia una maggioranza qualificata dei componenti l’assemblea. Una sorta di favor per il proseguimento dell’azione penale, che conferma la natura eccezionale dei casi in cui il movente politico può rendere lecita la commissione di reati [1].

      Il secondo punto riguarda proprio l’ampiezza del potere discrezionale che la legge costituzionale attribuisce al Parlamento, non solo per la definizione molto ampia dei requisiti che legittimano il diniego dell’autorizzazione, ma in particolare per la precisazione che il Parlamento si esprime «con valutazione insindacabile». È chiara la volontà di sottolineare la natura politica, e non più tecnico-giuridica, del giudizio che il Parlamento è chiamato a svolgere. La sua diretta legittimazione democratica gli consente di dichiarare «insindacabilmente» non perseguibile una condotta che pur potrebbe costituire reato, quando la ritiene funzionale ad un interesse pubblico superiore.

      Nel caso che ci interessa, il problema ci pare presentarsi in questi termini: la tutela dei confini e la gestione dei flussi migratori, invocate dal Ministro a giustificazione della scelta di impedire lo sbarco dei migranti dalla Diciotti, rendono non perseguibile la privazione per 5 giorni della libertà personale di 177 persone, che sono state trattenute in violazione della normativa in materia interna ed internazionale? Ci auguriamo che su questo interrogativo, dai profondi risvolti etici oltre che giuridici, si voglia concentrare il dibattito politico e parlamentare, più che su vacui e inconferenti richiami alla presunzione di innocenza o alla separazione dei poteri. Il Parlamento è libero di fornire a tale domanda la risposta «insindacabile» che politicamente la maggioranza riterrà opportuna, ma almeno è auspicabile che la questione, molto seria, posta dal Tribunale di Catania venga affrontata nel suo reale contenuto, e non ricalcando stereotipi conflittuali tra magistratura e politica, che ottengono il solo risultato di impedire un reale confronto sul merito politico della questione.

      Si tratta, in effetti, di una questione che tocca da vicino i fondamenti stessi del sistema democratico e di tutela dei diritti fondamentali. La questione che al Parlamento è sottoposta porta infatti con sé il problema quanto mai delicato di fissare i limiti entro cui il potere governativo può legittimamente esplicare la propria volontà politica. Proprio la legge costituzionale sui reati ministeriali ci dice che, a differenza che per gli altri cittadini, per i Ministri il limite fissato dalla legge penale non è di per sé sempre invalicabile nell’ambito della loro attività funzionale, perché il Parlamento, con valutazione insindacabile, può ritenere la commissione di un reato ministeriale non perseguibile per ragioni politiche. A bene vedere, è la stessa previsione dell’istituto dell’autorizzazione a procedere a comportare che la legge penale non è di per sé sempre un limite all’azione politica di governo.

      Eppure, è ovvio che in un sistema costituzionale e democratico un limite all’agire politico ci deve essere. Nessuno può avere dubbi che il Parlamento non potrebbe ad esempio, pur invocando il proprio potere discrezionale, negare l’autorizzazione a procedere qualora la magistratura fornisse le prove ad esempio che una decisione di un Ministro ha provocato la morte di più persone. Nel dibattito relativo ai casi di chiusura dei porti, del resto, si considera come implicito, anche da parte dei sostenitori della linea più intransigente, che la vita dei profughi non possa essere messa a rischio dal divieto di sbarcare. La politica quindi, anche quando si esprime con le forme più dure, riconosce l’esistenza di un limite oltre il quale non può spingersi, e nel caso dei migranti nei porti il limite è stato individuato nella tutela della vita umana dei migranti. Ma questo limite, che fissa i termini entro cui neppure la più alta ragion di Stato può condurre a legittimare un fatto lesivo dei diritti fondamentali, può essere davvero nella libera e assoluta disponibilità del potere politico, o il sistema costituzionale e sovranazionale vigente pone dei vincoli alla sua fissazione?

      Nel sistema di tutela convenzionale dei diritti fondamentali, questo limite come noto è fissato in maniera molto netta all’art. 15 Cedu, secondo cui neppure nei casi estremi di urgenza, come «in caso di guerra o in caso di pericolo pubblico che minacci la vita della nazione», lo Stato può derogare alla tutela dei diritti garantiti agli artt. 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti), 4 § 1 (divieto di schiavitù) e 7 (nullum crimen). Il sistema costituzionale non prevede, come noto, alcuna disposizione relativa alla possibile deroga ai diritti fondamentali determinata da ragioni eccezionali, ma l’indicazione convenzionale ci pare senz’altro da tenere in considerazione anche in prospettiva costituzionale, considerato il rilievo para-costituzionale che le disposizioni convenzionali assumono a livello interno per il tramite dell’art. 117 Cost.

      In questa prospettiva, il problema rispetto al caso della Diciotti sarebbe quello di valutare se il trattenimento dei migranti – sicuramente lesivo del diritto alla libertà personale riconosciuto dall’art. 13 Cost. e dall’art. 5 Cedu – sia altresì in contrasto con il divieto di trattamenti inumani e degradanti di cui all’art. 3 Cedu, cui le autorità italiane si sono convenzionalmente impegnate a non derogare neppure nei casi più estremi di pericolo per la Nazione. La questione non è stata oggetto di particolare attenzione da parte dei giudici catanesi, posto che il reato di sequestro di persona contestato al Ministro era configurabile a prescindere dalle condizioni in cui avveniva il trattenimento. E tuttavia, se si accoglie l’idea che i limiti all’inderogabilità dei diritti convenzionali fissino anche il perimetro entro cui può esercitarsi il potere di governo, proprio l’attenta valutazione delle condizioni in cui versavano i migranti dovrebbe risultare decisiva per decidere se i fatti commessi possano essere legittimamente dichiarati improcedibili da una discrezionale scelta politica del Parlamento.

      Accolta l’idea che sia necessario porre dei limiti non solo politici, ma anche giuridici, all’azione di governo, il successivo problema da risolvere risulta quello della giustiziabilità di tali limiti. Nel sistema convenzionale la risposta è chiara: lo Stato risponde sempre delle violazioni dei diritti inderogabili di cui all’art. 15 Cedu commessi dai suoi rappresentanti, quale che siano le ragioni politiche che ne giustifichino il compimento. In ambito interno, il problema si fa più arduo, anche perché mancano precedenti specifici. Qualora il Parlamento dovesse negare l’autorizzazione a procedere, ritenendo che la privazione di libertà e i trattamenti inumani e degradanti subiti dai migranti della Diciotti siano giustificati dalla necessità politica di tutelare i confini dello Stato, potrebbe il Tribunale di Catania sollevare un conflitto di attribuzione con il Senato di fronte alla Corte costituzionale, adducendo che il Senato ha ecceduto i poteri conferitigli dalla legge costituzionale del 1989?

      Il problema, inedito a quanto ci risulta nella giurisprudenza costituzionale, è stato poco indagato anche dalla dottrina, specie penalistica. Uno dei pochi contributi che prende specifica posizione sul punto ritiene di non escludere la possibilità che la Corte costituzionale censuri l’uso distorto del proprio potere discrezionale da parte del Parlamento, anche se il vaglio della Corte deve stare attento a non sindacare il merito delle scelte politiche attribuite in via esclusiva al Parlamento dalla legge costituzionale del 1989 [2]. A noi pare in effetti che sarebbe disarmonico rispetto al complessivo sistema costituzionale di bilanciamento tra i poteri, prevedere nel caso dei reati ministeriali che il Parlamento possa opporre al potere giudiziario un rifiuto del tutto sottratto al giudizio di legittimità della Corte costituzionale. La legge costituzionale è chiara nel prevedere che il potere dell’organo parlamentare si esercita sulla base di determinati presupposti, il cui rispetto non può essere sottratto al controllo della Corte costituzionale, pena un pericoloso sbilanciamento del sistema costituzionale di check and balance. Qualora dunque la Corte venisse investita della questione, dovrebbe certo astenersi dal valutare nel merito la legittimità politica della decisione del Parlamento, ma non dovrebbe invece astenersi dal valutare se il rifiuto opposto dal Parlamento all’autorità giudiziaria sia conforme al complessivo sistema normativo di valori che l’azione di ogni autorità pubblica, in uno Stato democratico, è tenuta a rispettare; ed in questo senso, lo ripetiamo, il catalogo di cui all’art. 15 Cedu delinea a nostro avviso in modo anche costituzionalmente significativo il perimetro di liceità delle azioni di governo, quale che sia il contesto in cui intervengono o la finalità che perseguono.

      La natura “a caldo” di queste righe non consente di soffermarci più a lungo sulle complesse questioni, penalistiche e costituzionalistiche, che abbiamo appena cercato di evidenziare. Ci permettiamo in conclusione di auspicare che nelle prossime settimane, che vedranno impegnato il Senato nella decisione demandatagli dal Tribunale di Catania, la comunità dei giuristi voglia fornire un contributo significativo al dibattito pubblico che si svilupperà in Senato. Al di là della decisione che il Parlamento sovranamente vorrà assumere, ci pare importante che l’opinione pubblica sia resa consapevole dell’importanza della decisione che il Senato è chiamato a prendere. Si tratta di capire sino a che punto l’attuazione di una pur legittima pretesa politica possa andare ad incidere sui diritti fondamentali delle persone, e su dove di conseguenza sia fissato il limite che in uno Stato democratico non può essere superato dall’azione di governo. Su un tema di tale portata, sarebbe fondamentale avere un’opinione pubblica capace di prendere posizione in modo consapevole. I limiti al potere politico devono trovare affermazione, se necessario, anche di fronte alle Corti supreme, italiane e europee; ma il vero fondamento dei valori affermati nelle Carte dei diritti fondamentali e nella Costituzione sta solo nella condivisione di tale valori da parte dei consociati, e la vicenda della Diciotti può essere una occasione preziosa per condurre il dibattito pubblico a riflettere seriamente sulla pericolosa direzione che sta prendendo, anche nelle ore in cui si scrive, la politica governativa in materia di soccorso e assistenza ai naufraghi provenienti dalla Libia.

      [1] In questo senso cfr. un recente lavoro monografico dedicato al tema dei reati ministeriali: M. Bellacosa, I profili penali del reato ministeriale, 2012, p. 72.

      [2] Così M. Bellacosa, cit., pp. 73 ss.: «Stante la fissazione legislativa di precisi criteri che l’Assemblea deve seguire onde pervenire al diniego di autorizzazione, non pare si possa escludere l’ammissibilità del ricorso proposto dal potere giudiziario avverso il rifiuto di autorizzazione motivato con riferimento ad interessi diversi da quelli indicati dall’art. 9 l. cost. 1/89 o, peggio, fondato solo su motivi di opportunità politica. Invero, considerati i margini ridotti entro i quali le Camere possono disporre il diniego di autorizzazione, la Corte costituzionale dovrebbe potersi spingere a sindacare quelle delibere che appaiano viziate dallo sviamento rispetto alle finalità considerate dalla legge di revisione (…) Rimarrebbe perciò precluso esclusivamente il sindacato sul merito delle valutazioni compiute dalle Assemblee, quando esse abbiano legittimamente individuato l’interesse costituzionalmente rilevante o preminente nella funzione di Governo, che prevale, a loro insindacabile giudizio, sull’interesse tutelato dalla norma incriminatrice violata dal ministro inquisito».

      http://questionegiustizia.it/articolo/la-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-nel-caso-diciotti_29-0

    • Gli eritrei della Diciotti: un po’ di storia per Salvini e i “portavoce” 5S

      Il Ministro del’Interno leghista li ha definiti “irregolari”. Mauro Coltorti, portavoce 5S, ha affermato che in Eritrea e in Etiopia “non si muore di fame e non si vive male”. Dietro la propaganda del governo, però, ci sono guerre, torture, leva a tempo indeterminato e affari di “imprenditori” italiani. Compreso qualche ex esponente leghista.

      https://www.dinamopress.it/news/gli-eritrei-della-diciotti-un-po-storia-salvini-portavoce-5s
      #réfugiés_érythréens #Erythrée #réfugiés_éthiopiens #Ethiopie

    • Il caso Diciotti tra Italia e Malta

      A Bruxelles il 24 agosto non si parlò del contenzioso tra Italia e Malta sul caso Diciotti. Lo rivela a Report un diplomatico presente alla riunione. In vista del dibattito in Senato sulle accuse al ministro dell’Interno Salvini, torna alla ribalta anche il caso dei minorenni bloccati a bordo della Sea Watch

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Il-caso-Diciotti-tra-Italia-e-Malta-39a16c1e-eea3-49a0-9674-d58762c6bd56.htm

    • Migrants : le Sénat italien doit se prononcer sur la levée de l’#immunité de #Salvini

      Ce mercredi 20 mars, à 13 heures, les sénateurs italiens voteront pour ou contre la poursuite de la procédure judiciaire lancée contre le ministre de l’intérieur Matteo Salvini. Cela fait suite au « cas #Diciotti » : en août dernier, 177 migrants ont été contraints de rester dix jours à bord du navire qui les avait secourus en Méditerranée.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/190319/migrants-le-senat-italien-doit-se-prononcer-sur-la-levee-de-l-immunite-de-
      #levée_de_l'immunité

    • I dubbi sulla capacità della Libia di soccorrere migranti

      Si torna a parlare del caso Diciotti, cioè del caso della nave della guardia costiera italiana bloccata per cinque giorni nel porto di Catania alla fine di agosto del 2018, senza che fosse concessa l’autorizzazione a far scendere l’equipaggio e le 177 persone soccorse qualche giorno prima, nelle acque internazionali tra l’Italia e Malta. Per questa vicenda il ministro dell’interno Matteo Salvini è stato accusato di sequestro di persona aggravato.

      Il senato il 20 marzo dovrà votare sull’autorizzazione a procedere, presentata dal tribunale dei ministri di Catania contro il ministro, mentre il 18 marzo Rai 3 trasmetterà un’inchiesta del giornalista Manuele Bonaccorsi sul caso. Nell’ambito di questo lavoro il giornalista Lorenzo Di Pietro ha intervistato Fred Kennedy, direttore degli affari legali dell’International maritime organization (Imo), che spiega perché anche se per altre organizzazioni delle Nazioni Unite– come l’Agenzia per i rifugiati, l’Unhcr – la Libia non è un paese sicuro in cui riportare i migranti intercettati in mare, Tripoli ha potuto in ogni caso dichiarare una zona di ricerca e soccorso libica nel giugno del 2018.

      In base alla Convenzione internazionale di ricerca e soccorso dell’International maritime organization (Imo) – l’agenzia delle Nazioni Unite per la sicurezza della navigazione – ogni paese membro determina la propria zona di ricerca e soccorso e ne decide l’ampiezza coordinandosi con gli stati confinanti. Anche nel caso della Libia è andata così: l’autorità marittima internazionale non ha valutato in maniera autonoma le capacità di Tripoli di agire nella propria area di competenza.

      https://www.internazionale.it/video/2019/03/18/imo-libia-sar-diciotti

    • Migrants : le Sénat italien doit se prononcer sur la levée de l’immunité de Salvini

      Ce mercredi 20 mars, à 13 heures, les sénateurs italiens voteront pour ou contre la poursuite de la procédure judiciaire lancée contre le ministre de l’intérieur Matteo Salvini. Cela fait suite au « cas Diciotti » : en août dernier, 177 migrants ont été contraints de rester dix jours à bord du navire qui les avait secourus en Méditerranée.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/190319/migrants-le-senat-italien-doit-se-prononcer-sur-la-levee-de-l-immunite-de-

  • La #fraternité ne doit pas avoir de frontières

    Le Conseil constitutionnel consacre pour la première fois un principe à #valeur constitutionnelle de fraternité, créant ainsi une protection des actes de solidarité. Il est désormais acquis que chacun a « la liberté d’aider autrui, dans un but humanitaire, sans condition de la régularité de son séjour sur le territoire national ».

    Au moyen d’une réserve d’interprétation, il neutralise les termes indécis du code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile, qui n’excluaient de la répression que certains actes de solidarité. Il impose qu’aucun acte humanitaire, quelle que soit la prestation à laquelle il se rapporte, ne soit puni au titre de l’aide au séjour irrégulier ou à la circulation irrégulière. Il neutralise également la condition restrictive qui voulait que la personne étrangère aidée se trouve dans une situation critique au point que sa dignité ou son intégrité physique soit menacée.

    En somme, il n’y a pas lieu de trier entre les aidant·e·s, et moins encore entre les aidé·e·s.

    Au moyen d’une abrogation partielle, il censure la loi en tant qu’elle refuse cette même #immunité pour les actes humanitaires consistant dans un transport accessoire au #séjour_irrégulier des personnes.

    Cette décision revient ainsi à condamner la politique d’intimidation et de répression des aidants solidaires que subissent quotidiennement à Calais, à la Roya ou dans le briançonnais celles et ceux qui apportent leur aide désintéressée aux personnes migrantes. Mais le combat est loin d’être terminé : le législateur doit maintenant se remettre à l’ouvrage, et c’est bien le sens de l’effet différé que le #Conseil_constitutionnel a donné à l’#abrogation partielle de la loi. Et alors que le projet de loi sur l’asile et immigration est en débat, les amendements adoptés à l’Assemblée ne suffiront pas à mettre la loi française en conformité avec ces nouvelles exigences constitutionnelles.

    Tant que subsistera un texte d’incrimination générale qui pénalise les personnes ayant aidé, sans contrepartie manifestement disproportionnée, des exilé·e·s et qui impose aux aidant·e·s de prouver leur but humanitaire pour invoquer l’immunité, la solidarité ne sera pas véritablement une liberté fondamentale. Nos organisations le rappellent : la solidarité n’a pas besoin d’être exemptée.

    Surtout, à l’heure où les #frontières tuent et où seule l’action des aidant·e·s protège les migrant·e·s de ce destin intolérable, le législateur doit affirmer que le principe de fraternité ne s’arrête pas aux frontières et dépénaliser l’acte fraternel consistant, pour des motifs humanitaires, à aider des personnes à gagner le territoire national. C’est à cette seule condition qu’il pourra véritablement être affirmé que la fraternité est un principe à valeur constitutionnelle qui prime sur l’objectif à valeur constitutionnelle de sauvegarde de l’ordre public, non seulement juridiquement, mais bien concrètement, quand il s’agit de sauver des vies.
    6 juillet 2018

    https://www.gisti.org/spip.php?article5946
    #constitution #France #principe_constitutionnel #solidarité #délit_de_solidarité #asile #migrations #réfugis

    • Malgré l’abrogation du délit de solidarité, la #discrimination des solidaires !

      À #Grande_Synthe, aujourd’hui, il est impossible aux bénévoles non-français de venir en aide aux migrant⋅e⋅s.

      Depuis jeudi 28 juin, à Grande Synthe, les bénévoles britanniques, et souvent l’ensemble des bénévoles non-français, appartenant à des associations britanniques et françaises se voient refuser l’accès au terrain où (sur)vivent des centaines d’hommes, de femmes et d’enfants dans des conditions indignes.

      Sur ce terrain, comme tous les jours, des bénévoles viennent à la rencontre des personnes exilées pour leur distribuer des tentes, des sacs de couchage, de la nourriture, les informer sur leurs droits et les possibilités de mise à l’abri et leur apporter des soins.

      Comme souvent, les forces de l’ordre sont présentes à l’entrée du terrain. Mais depuis le 28 juin, cette présence policière s’accompagne d’un contrôle d’identité quasi-systématique des bénévoles. Un tri est donc opéré au faciès entre suposé⋅e⋅s exilé⋅e⋅s et bénévoles, puis un second tri par contrôle d’identité entre français⋅e⋅s et non-français⋅e⋅s. « Seuls les français entrent » peut-on entendre dans la bouche des policiers de faction. Ce contrôle d’identité n’a, en revanche, pas entraîné d’interdiction d’entrée sur le terrain pour les bénévoles étranger⋅e⋅s les 11 et 12 juillet. La fin du tri est-elle définitive ?

      Le vendredi 29 juin et le lundi 2 juillet, le tri a pris un caractère disproportionné, puisque des bénévoles britanniques ont été interpellé⋅e⋅s et emmené⋅e⋅s au commissariat de police. Ils et elles ont finalement été relâché⋅e⋅s plus de trois heures plus tard, après avoir dû donner leurs empreintes digitales sous la menace d’une garde-à-vue.

      Les raisons de cette interdiction sont inconnues. Aucune explication n’est donnée aux bénévoles étranger⋅e⋅s lors de leur refoulement.

      Tous les représentants des autorités auxquelles nous nous sommes adressés se renvoient la responsabilité de cette décision.

      Alors qu’à #Calais, le #harcèlement et la pression subies par les bénévoles et militant⋅e⋅s se poursuit, Grande Synthe devient un terrain supplémentaire de cette politique suspicieuse de la solidarité. Aujourd’hui, l’État discrimine les solidaires.

      La décision du conseil constitutionnel relative au délit de solidarité ne concerne-t-elle que les ressortissant⋅e⋅s français.e ?

      Les gestes de fraternité sont-ils interdits aux étranger⋅e⋅s ?

      Nous poursuivrons nos actions de solidarité, et nous soutiendrons tous les solidaires, qu’ils ou elles soient français⋅e⋅s ou non.

      https://www.gisti.org/spip.php?article5949

    • Il Conseil constitutionnel cancella il délit de solidarité… o no? L’aiuto all’ingresso, al soggiorno e alla circolazione di stranieri irregolari nel territorio francese in una recente decisione del Conseil constitutionnel

      Può la solidarietà configurare un’ipotesi di reato? In Francia, se finalizzata a prestare aiuto all’ingresso o (fino a poco tempo fa) alla circolazione di stranieri irregolari, sì. Prende il nome, nel gergo comune, di délit de solidarité (o di délit d’hospitalité) ed è al centro di un’annosa vicenda giudiziaria che vede come protagonista, tra gli altri, Cédric Herrou, contadino francese divenuto da alcuni anni uomo-simbolo della difesa dei migranti in transito sulla Val Roia al confine con l’Italia. Sulla questione è intervenuta recentemente un’importante decisione del Conseil constitutionnel che, affermando il valore costituzionale della fraternità, sembra voler richiamare all’ordine il legislatore, imponendogli maggior cautela nel punire coloro che mossi da puro intento solidaristico prestano aiuto a stranieri irregolari sul territorio francese. Ma è realmente così?

      Può la solidarietà configurare un’ipotesi di reato? In Francia, se finalizzata a prestare aiuto all’ingresso o (fino a poco tempo fa) alla circolazione di stranieri irregolari, sì. Prende il nome, nel gergo comune, di délit de solidarité (o di délit d’hospitalité) ed è al centro di un’annosa vicenda giudiziaria che vede come protagonista, tra gli altri, Cédric Herrou, contadino francese divenuto da alcuni anni uomo-simbolo della difesa dei migranti in transito sulla Val Roia al confine con l’Italia.

      L’art. L. 622-1 del Code de l’entrée et du séjour des étrangers e du droit d’asile (CESEDA), propriamente parlando, punisce con la reclusione fino a 5 anni e con una pena pecuniaria di 30.000 euro chiunque, direttamente o indirettamente, faciliti o tenti di facilitare l’ingresso, la circolazione o il soggiorno irregolare di uno straniero sul territorio francese. Una fattispecie che ha radici lontane, risalendo al Governo Deladier che la introdusse per la prima volta nel maggio 1938, nel Décret-loi sur la police des étrangers; e che è stata ripresa nei medesimi termini nel secondo dopoguerra, dal Governo provvisorio della République française, nell’ordonnance n. 45-2658 relativa alle condizioni di accesso e soggiorno degli stranieri in Francia. Una fattispecie che è stata più volte oggetto di modifiche e correzioni, assai spesso intese ad estenderne la portata, fino all’ultima di queste, introdotta con la loi n. 2012-1560 del 31 dicembre 2012, che ha invece ampliato le cause di non punibilità (previste all’art. L. 622-4 del CESEDA) e depenalizzato il soggiorno irregolare dello straniero sul territorio francese (precedentemente punito dall’art. L. 612-1 del CESEDA).

      In particolare, per quel che ci interessa, secondo l’art. L. 622-4, terzo punto, l’aiuto al soggiorno (e solo al soggiorno) di uno straniero irregolare non è punibile qualora sia compiuto da una persona fisica o giuridica, senza alcuna contropartita diretta o indiretta, e consista nel fornire consulenze giuridiche, vitto, alloggio o cure mediche intese ad assicurare condizioni di vita degne e decenti («dignes et décentes») allo straniero ovvero volte a preservare la dignità o l’integrità fisica dello stesso. Detto altrimenti, la finalità di aiuto umanitario gratuito e volontario varrebbe a giustificare (e quindi a non rendere punibile) il comportamento di individui o associazioni che favoriscano il soggiorno nel territorio francese di stranieri irregolari in situazione di necessità. A contrario, tuttavia, la stessa finalità, potremmo dire, solidaristica non varrebbe a giustificare l’aiuto all’ingresso e alla circolazione irregolare. La disposizione in questione, infatti, richiama unicamente l’«aide au séjour irrégulier», non menzionando né «l’entrée», né la «circulation irrégulières».

      Ed è proprio questa la chiave di volta della vicenda che ha riempito le cronache francesi nell’ultimo periodo, divenendo il punto centrale di una importante decisione del Conseil constitutionnel, la décision n. 2018-717/718 QPC del 6 luglio 2018.

      Lo scenario di fondo è evidentemente quello delle decine di migliaia di migranti ogni anno in fuga da Paesi extra-UE in guerra, poveri o a rischio di persecuzioni per motivi politici o religiosi, arrivati al confine francese o in transito sul suo territorio verso l’Inghilterra o altre regioni d’Europa. Sono 100.775 le sole richieste d’asilo presentate in Francia nel 2017 (+ 17,5% rispetto al 2016) secondo l’ultimo Rapport d’activité dell’Office français de protection des réfugiés et apatrides (OFPRA); dati che ovviamente non considerano la cd. immigrazione clandestina, di difficile stima, e che si accompagnano agli 85.408 non-admis solo nel 2017, perché in condizione irregolare e dunque respinti alla frontiera. Ed è lo scenario dei numerosi individui, associazioni, ong, disposti per soli scopi umanitari a prestar soccorso, assistenza, alloggio, trasporto a questo flusso di uomini, donne e minori in cammino. Non è invece il caso di coloro che sfruttano economicamente e illegalmente lo stato di bisogno o di pericolo dei migranti, e nemmeno dei cd. passeurs che, quale sia la ragione, concorrono all’ingresso clandestino sul territorio francese. Rispetto a quest’ultimi prevale nell’ordinamento francese l’esigenza di mantenere l’ordine pubblico, nonché quella di prevenire o reprimere condotte che contribuiscono concretamente al realizzarsi di fattispecie criminose.

      Il caso specifico riguarda piuttosto l’aiuto al soggiorno e alla circolazione di stranieri irregolari già presenti sul territorio francese e ha ad oggetto una question prioritaire de constitututionnalité (QPC), strumento di tutela incidentale dei diritti e delle libertà fondamentali sanciti nella Costituzione francese. Questa è sollevata dinnanzi alla Cour de cassation, e da essa rimessa al Conseil constitutionnel, su istanza di due cittadini francesi, con il sostegno di alcune associazioni umanitarie operanti sulle Alpi Marittime, al confine con l’Italia, per violazione degli articoli 8 e 6 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino richiamata nel Preambolo della Costituzione, ed in particolare del «principe costitutionnel de fraternité».

      Porte-parole dell’Association Roya citoyenne, e personaggio chiave dell’intera vicenda, è Cédric Herrou, uno dei due cittadini a sollevare la QPC, condannato in primo grado ad una pena pecuniaria di 3.000 euro (Tribunal de grande instance de Nice, 10 febbraio 2017, n. 16298000008) e in appello a quattro mesi di reclusione, per aver prestato assistenza e trasporto a circa 200 migranti in condizione irregolare. Più precisamente, secondo la Cour d’appel d’Aix-en-Provence (13e chambre, 8 agosto 2017), nel caso di specie non si sarebbero realizzate le condizioni poste dall’art. L. 622-4 CESEDA per escludere la punibilità dell’aiuto al soggiorno. Le prestazioni offerte da Herrou – spiegano i giudici – non avrebbero avuto lo scopo di fornire consulenza, vitto, alloggio o cure intese a preservare l’integrità fisica degli stranieri, non essendo stata provata alcuna loro condizione di particolare gravità o rischio; sarebbero da ascrivere, invece, ad una finalità «d’action militante» volta a sottrarre gli stranieri alle procedure di controllo messe in opera dalle autorità francesi in applicazione delle disposizioni di legge in materia di immigrazione. Ma la questione è invece, secondo la Cour de cassation, suscettibile di evidenziare un possibile vizio di incostituzionalità e di essere quindi rimessa al Conseil constitutionnel. Vi è sotteso il principio costituzionale di fraternità, ideale e valore comune richiamato dal Preambolo e dall’art. 2 della Costituzione francese.

      Essenzialmente sono due i rilievi evidenziati nella QPC:

      1) «l’immunité» prevista al punto 3 dell’art. L. 622-4 del CESEDA, stando alla lettera della disposizione, troverebbe applicazione solo per la condotta di aiuto al «soggiorno» di uno straniero irregolare, e non per l’aiuto all’«ingresso» e alla «circolazione»;

      2) anche in caso di aiuto al soggiorno, «l’immunité» non coprirebbe ogni atto umanitario privo di contropartita diretta o indiretta, bensì solo quelli espressamente menzionati dalla disposizione. Quest’ultima risulterebbe pertanto imprecisa ed eccessivamente restrittiva, anche avuto riguardo ai principi costituzionali di legalità, tassatività ed eguaglianza dinnanzi alla legge.

      La decisione del Conseil constitutionnel risulta, almeno in apertura, innovativa e sembrerebbe porsi a favore dei «militants solidaires des migrantes». Come tale è in effetti accolta da larga parte della stampa francese, che vede in essa un chiaro segno di discontinuità rispetto ai recenti indirizzi politici delineati dalla maggioranza di Macron.

      Il Conseil riconosce per la prima volta espressamente il valore costituzionale del principio di fraternità: «La fraternité est un principe à valeur constitutionnelle», afferma. E lo fa richiamando la triade rivoluzionaria – liberté, égalité, fraternité – divenuta il motto della Repubblica francese, secondo l’art. 2 della Costituzione, nonché «un idéal commun» secondo il Preambolo e l’art. 72-3 della stessa.

      Il riferimento è significativo, tocca le radici profonde del costituzionalismo francese e, al tempo stesso, ristabilisce un equilibrio di forza fra i tre elementi della triade, tradizionalmente sbilanciati a favore di eguaglianza e libertà.

      Dal principio di fraternità, il Conseil deduce la libertà di aiutare gli altri («la liberté d’aider autrui»), secondo un fine umanitario che non può tener conto della regolarità o meno del soggiorno di uno straniero. Spetta senz’altro al legislatore il compito di bilanciare il principio di fraternità con l’esigenza di mantenere l’ordine pubblico. Tuttavia, punendo ogni forma di aiuto alla circolazione dello straniero irregolare, compresa quella che si pone come accessoria alla prestazione di aiuto al soggiorno e unicamente mossa da intenti solidaristici, il legislatore non ha assicurato un equilibrato bilanciamento tra le due valori. L’aiuto alla circolazione, infatti, non necessariamente concorre a realizzare una fattispecie criminosa. Pertanto, l’espressione «au séjour irrégulier» contenuta nell’art. L. 622-4 CESEDA è da ritenersi eccessivamente restrittiva e contraria alla Costituzione.

      Con riguardo poi alle prestazioni di aiuto al soggiorno menzionate nel punto 3 dell’art. L. 622-4 CESEDA, il Conseil aggiunge anche una «réserve d’interpretation»: la disposizione si pone in rispetto del principio di fraternità solo se interpretata nel senso di comprendere ogni altro atto di aiuto prestato a scopo umanitario. Come a ritenere, insomma, l’elencazione prevista dalla legge meramente esemplificativa e suscettibile di essere estesa ad altre tipologie di prestazione.

      Detto questo, il Conseil constitutionnel non si spinge oltre.

      In primo luogo, anche nel caso di aiuto al soggiorno, la causa di non punibilità non si applica rispetto ad ogni atto umanitario, bensì solo nel caso in cui si tratti di assicurare allo straniero irregolare condizioni di vita «degne e decenti», preservando la sua «dignità e integrità fisica».

      In secondo luogo, il principio di fraternità, pur assurto a valore costituzionale, non comporta il riconoscimento allo straniero di un diritto generale e assoluto di accesso e soggiorno nel territorio nazionale. Come la libertà personale, anche il principio di fraternità è suscettibile di essere bilanciato con altri valori costituzionali. Ed il mantenimento dell’ordine pubblico – spiega il Conseil – costituisce comunque un «objectif de valeur constitutionnelle» che giustifica la differenziazione tra aiuto alla circolazione e aiuto all’ingresso. Quest’ultimo, infatti, ancorché mosso da intenti umanitari, contribuisce a creare una situazione di illegalità; diversamente, nel caso dell’aiuto alla circolazione la condizione di illegalità già sussiste e si può al più contribuire a mantenerla (vds. anche il Commentaire alla déc. n. 2018-717/718, p. 21).

      Un argomento piuttosto debole, che differenzia l’antigiuridicità della condotta sul solo dato che lo straniero irregolare si trovi oltre o entro il confine nazionale. In tal senso, offrire senza alcuna contropartita un passaggio ad un migrante in Italia per condurlo in Francia è penalmente perseguibile, mentre non lo è altrettanto se il passaggio è offerto in Francia ad un migrante che ha già clandestinamente superato il confine. La differenza di disvalore tra il contribuire a «creare» e il contribuire a «mantenere» una situazione di illegalità non sembra così significativa.

      Per quanto poi l’art. 122-7 del codice penale relativo allo stato di necessità possa trovare applicazione in simili ipotesi, il ragionamento del Conseil constitutionnel non impedisce, bensì avalla, la scelta del legislatore francese di punire l’aiuto all’ingresso irregolare a scopo umanitario, fornendogli in tal modo anche il cappello del principio di fraternità. Principio a cui, è vero, non era mai stata espressamente attribuita valenza costituzionale, ma che per il tramite del principio del rispetto della dignità umana aveva comunque trovato posto nella giurisprudenza del Conseil constitutionnel.

      Non è un caso che il ministro degli Interni Gérard Collomb abbia accolto con favore la decisione dei giudici costituzionali, rilevando in essa la volontà di ribadire come sarebbe stato «disproportionné» estendere le cause di non punibilità alla condotta di aiuto all’ingresso, «confortant ainsi pleinment la politique du gouvernement». Nel contesto attuale – ha affermato il ministro in un’intervista alla stampa francese – appartiene più che mai alla responsabilità dello Stato il compito di controllare le proprie frontiere e coloro che per motivi diversi contestano una simile gestione non devono essere coperti da impunità.

      D’altro canto, le indicazioni contenute nella decisione n. 2018-717/718 QPC hanno trovato immediata traduzione nel Projet de loi n. 162 (Petite loi) «pour une immigration maîtrisée, un droit d’asile effectif et une intégration réussie», adottato in sessione straordinaria dall’Assemblea nazionale il 26 luglio 2018. All’art. 19-ter, si introduceva una modifica dell’art. L. 622-4 del CESEDA, sostituendo l’espressione «au séjour irrégulier» con quella «à la circulation ou au séjour irréguliers». Si provvedeva inoltre ad ampliare il punto 3 della disposizione contestata, facendo riferimento ad ogni atto privo di contropartita diretta o indiretta e inteso «à fournir des conseils ou accompagnements juridiques, linguistiques ou sociaux, ou toute autre aide apportée dans un but exclusivement humanitaire».

      Il progetto ha incontrato non poche difficoltà nel corso dell’iter parlamentare. Si inseriva infatti in una riforma più ampia in tema di immigrazione ritenuta da alcuni troppo rigorosa, da altri non abbastanza, che è parsa subito scontentare tutti i fronti, ricevendo dure critiche anche all’interno della Lrm di Macron. Sottoposto ad un’attenta valutazione della Commission des lois constitutionnelles, de la législation et de l’administration générale de la République, il progetto veniva respinto in Assemblea Nazionale nella séance publique del 31 luglio, per poi essere adottato, in via provvisoria e alle condizioni previste dall’art. 45, comma 4, Cost., nella lettura definitiva dell’1 agosto. Lo stesso è stato oggetto, tuttavia, di un ricorso preventivo di costituzionalità presentato, su istanza di oltre sessanta deputati e sessanta senatori, il 6 agosto scorso, di cui si attende ora risposta.

      Insomma, la decisione del Conseil constitutionnel contiene effettivamente alcuni elementi di novità che sembrano richiamare all’ordine il legislatore quanto al rispetto di valori fondamentali e tradizionali come la fraternità. Non pare tuttavia invertire definitivamente la rotta, spingendosi al punto di condannare il reato di aiuto umanitario all’ingresso clandestino. Se così è, il délit de solidarité non può dirsi propriamente cancellato dall’ordinamento francese, ma al più meramente ridimensionato. E viste le recenti denunce di organizzazioni internazionali (l’ultima presentata da Amnesty International-Mission d’observation des violations des droits humains à la frontierère avec l’Italie del febbraio 2017), rivolte alle forze dell’ordine francesi per mancato rispetto delle regole internazionali (e nazionali) di controllo e gestione dei migranti al confine, pare davvero difficile plaudire ad una simile modesta audacia.

      http://questionegiustizia.it/articolo/il-conseil-constitutionnel-cancella-il-delit-de-so_07-09-2018.php

    • Lettre ouverte à Cédric Villani

      L’« abrogation » du délit de solidarité

      Le premier point de votre réponse était inexact. Pardonnez ce paragraphe, je vais être long car précis. D’une part le délit n’a pas été abrogé (il y a toujours des bénévoles poursuivi(e)s et condamné(e)s), ce sont les exemptions qui ont été élargies. D’autre part, vous n’avez pas devancé la décision « principe de fraternité » du Conseil Constitutionnel censurant partiellement l’ancienne rédaction de ce délit. Votre majorité avait voté en première lecture en avril 2018 un petit élargissement des exemptions (aide à la circulation, article 19 ter ici). C’est après la décision du Conseil Constitutionnel du 6 juillet 2018, peu avant la deuxième lecture du projet de loi, que ce délit a été plus profondément amendé pour l’y rendre conforme (article 38 ici). Plus précisément, contrainte par cette décision, votre majorité a au contraire voulu en restreindre autant que possible la portée : la décision impose le « but humanitaire » comme cause d’exemption. L’ancienne rédaction évoquait seulement l’absence de « contrepartie directe ou indirecte », ce qui permettait en pratique de nombreuses poursuites. Au lieu de substituer, la rédaction nouvelle additionne les deux : « lorsque l’acte reproché n’a donné lieu à aucune contrepartie directe ou indirecte et (c’est moi qui souligne, ainsi que dans la suite) a consisté à fournir des conseils ou accompagnements juridiques, linguistiques ou sociaux, ou toute autre aide apportée dans un but exclusivement humanitaire. »

      La conservation de ces termes n’est pas là par hasard. Elle suit directement de la volonté du ministre de l’Intérieur, exprimée en Commission des Lois dont vous faites partie :

      « Dans ce débat, il faut distinguer trois cas de figure. [1°] Les passeurs […], [2°] les personnes qui portent occasionnellement secours aux migrants et qu’il ne faut pas pénaliser. Ce cas de figure est déjà prévu à l’article L. 622-4 du code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile, nous devrons donc analyser finement les modifications que vous souhaitez apporter. [3°] La troisième catégorie de personnes —qu’aucun d’entre vous n’a évoquée— est pour moi la plus dangereuse : il s’agit des personnes qui appellent à la suppression des frontières, donc à rejoindre en masse le territoire français de manière irrégulière, au nom de leurs convictions. Nous ne pouvons évidemment pas les soutenir ; cela irait à l’encontre de toutes nos lois ! »

      (débat du 06/04/2018, position réitérée par le ministre et soutenue par la rapporteuse, au débat du 22/04/2018). Abolir vraiment le « délit de solidarité » était très simple : par une brève exemption pour aide « humanitaire » selon l’expression du Conseil Constitutionnel. Mais la volonté du gouvernement était bien de pénaliser les personnes apportant une aide certes désintéressée, mais « au nom de convictions [6] ». Ce délit a donc fait l’objet de « modifications finement analysées » dans le but publiquement affirmé de maintenir un délit d’aide humanitaire, au-delà de la répression des passeurs, en restreignant autant que possible l’exigence du Conseil Constitutionnel.

      En outre, cerise perverse sur le gâteau, la rédaction cite (pourquoi donc ?) des exemples d’aides au séjour rentrant dans le cadre de l’exemption : « des conseils ou accompagnements juridiques (survivance de l’ancienne rédaction), linguistiques ou sociaux (ajout) ». Mais accompagner juridiquement, pour faire valoir des droits que la loi donne, enseigner le français, aider à des démarches, est-ce une aide au séjour ? En citant cela, la rédaction répond : c’en est une. Et, vu que l’exemption est conditionnée à l’absence de contrepartie, ces actes deviennent donc des délits sans cette condition. Je donne des cours de français payants (même si c’est à prix symbolique, comme le font beaucoup d’associations) et j’avais connaissance qu’une personne en situation irrégulière était parmi les élèves ? Paf : aide au séjour avec contrepartie, cinq ans d’emprisonnement, 30 000€ d’amende encourus, interdiction possible d’exercer mon métier pendant cinq ans si l’infraction s’est commise dans son exercice, et d’autres peines possibles encore [7]. J’héberge un étranger sans papier et il aide à la vaisselle chez moi après les repas ? Contrepartie. Idem. (Une personne a été poursuivie devant un tribunal à partir ce cet élément à charge recueilli par la police.)

      Enfin et surtout, sans s’en expliquer, le Conseil Constitutionnel n’a pas fait figurer l’aide à l’entrée sur le territoire dans l’exemption selon lui requise par la Constitution, quand elle est faite pour raison humanitaire. Votre majorité s’est bien gardée de l’y introduire. C’est ainsi que, quand aujourd’hui des gens meurent de froid ou d’épuisement dans les Alpes en essayant de passer d’Italie en France, leur venir en aide reste passible de poursuites, car les aider (à rejoindre un lieu de repos ou la vallée, à boire ou manger, à se chausser quand ils sont en baskets dans la neige…), expose au soupçon et donc à des pousuites pour aide à l’entrée en France, ou peut être poursuivi en soi comme aide à l’entrée. Ainsi en mars 2018, un bénévole ayant acheminé en urgence à l’hôpital une femme sur le point d’accoucher a été arrêté juste avant son arrivée, retardant la prise en charge médicale urgente de sa passagère (naissance par césarienne). Il a été poursuivi pénalement, et n’a dû le classement finalement sans suite qu’à l’incapacité du parquet, après huit mois d’enquête, à prouver le délit d’« aide à l’entrée ». En novembre 2017, une journaliste suisse du Temps et un journaliste de France Culture étaient en reportage dans la voiture d’un bénévole près du col de l’Échelle.

      Ils recueillent des adolescents rencontrés par hasard au bord de la route (les mineurs ne sont jamais en situation irrégulière : ils n’ont pas besoin de titre de séjour. Quand ils sont isolés, la loi prévoit leur prise en charge par les départements : ils doivent leur être remis). Ils ont été arrêtés, convoqués au poste de police pour délit d’aide à l’entrée, pendant que les adolescents étaient retenus puis, sans avoir reçu ni nourriture ni boisson, refoulés en contrebas du col de l’Échelle à une heure du matin dans leurs vêtements inadaptés : « Marchez : l’Italie, c’est par là ! » (ici l’émission de France Culture ).

      Pour ce motif, des bénévoles sont pourchassés, arrêtés :

      placés en garde à vue, poursuivis, condamnés (récemment encore). Cela se passe dans des lieux où leur action sauve des vies et permet l’exercice par des étrangers de droits délibérément entravés par l’administration, et où les témoignages sur les violations de la loi par la police, les refoulements illégaux, les violences, les courses-poursuites, même les vols, mettant en danger la santé et parfois la vie des gens, s’accumulent de toute part [8]. Même en l’absence de poursuite ou de condamnation, qui ne concernent directement que quelques personnes et dont l’objet est d’agir par la dissuasion, l’existence d’un délit pénal a une action physique directe : elle motive et facilite un intense contrôle policier, permet des arrestations et des gardes à vue, qui sont un enfermement policier sans passage devant un juge. Certaines nuits de fort gel, des personnes recherchant des étrangers possiblement en détresse dans la région de Montgenèvre sont entravées par les contrôles et blocages policiers incessants.

      Les « modifications finement analysées » de la loi, demandées par le ministre, ont notamment ce but. Il est atteint. Et des gens perdent des membres par gelure [9], ou, ce qui était craint par les bénévoles depuis 2016 : meurent. Ainsi Tamimou Derman [10] le 7 février dernier près de Montgenèvre, Blessing Matthew, 20 ans, morte en fuyant les gendarmes et dont le cadavre a été retrouvé dans la Durance le 9 mai 2018 près de Briançon, Mamadi Conde, jeune Sénégalais dont le corps, longtemps resté anonyme, a été retrouvé aux Alberts près de Montgenèvre le 18 mai 2018, un homme anonyme dont le corps a été retrouvé en décomposition le 25 mai dans la même région ; je vois après rédaction de cette lettre un article du Dauphiné Libéré qui reprend ces faits.

      Vous êtes mathématicien. Je le suis aussi, même si je ne suis pas exceptionnel comme vous. Ce métier s’enracine dans un attachement à la vérité, et le cultive. J’ai donc été extrêmement gêné [11] que vous revendiquiez cette « abrogation », de façon appuyée, comme exemple-phare « devançant le Conseil Constitutionnel » d’une avancée de la loi, de celles qui justifient selon vous votre vote final. En outre, vu la complication de l’histoire de cet amendement, et de ses implications, que je viens de rappeler, personne dans l’assistance n’a probablement relevé ce qu’il en était vraiment.

      http://images.math.cnrs.fr/Lettre-ouverte-a-Cedric-Villani.html

      signalé par @reka que je remercie

  • There are no camps" in #Libya, only detention centres. Need to protect refugees, migrants before they get there


    Déclaration de #Cochetel, publiée sur twitter le 18.07.2017
    https://twitter.com/UNGeneva/status/887339785081237506

    #terminologie #mots #vocabulaire #camps #centres_de_détention #asile #migrations #réfugiés #Libye #détention #centres

    No detention centres in Libya, just ’prisons’ - UNHCR

    “We can hope that one day there will be decent and open centres, but now they don’t exist,” Cochetel said.

    http://www.ansa.it/english/news/2017/08/04/no-detention-centres-in-libya-just-prisons-unhcr-2_7aba4a80-8178-42b8-9095-f074

    @sinehebdo : la question de la #terminologie est évoquée deux fois :
    – dans le tweet : « Need to protect refugees , migrants before they get there »
    – et puis sur les #camps/#centres_de_détention en Libye

    #cpa_camps

    • Noury (Amnesty Italia): «I centri d’accoglienza in Libia sono in realtà prigioni»

      «Esatto, senza considerare poi che i centri d’accoglienza libici dove verrebbero condotti i respinti sono in realtà delle prigioni, alcune delle quali informali, magari vecchi capannoni industriali, o alberghi, o addirittura case private. Chiamarli “centri d’accoglienza” è del tutto sbagliato, sono luoghi di detenzione nei quali non c’è alcuna garanzia per l’incolumità fisica delle persone. Sappiamo che avvengono stupri e torture quotidianamente, ci sono prigionieri detenuti in ostaggio fino a quando i familiari non pagano, prigionieri venduti da una banda criminale all’altra. E, se noi contribuiamo a rafforzare questo sistema illegale, ne siamo pienamente complici.

      https://left.it/2017/08/12/noury-amnesty-italia-i-centri-daccoglienza-in-libia-sono-in-realta-prigioni

    • Rescue ship says Libyan coast guard shot at and boarded it, seeking migrants

      A Libyan coast guard vessel fired shots and boarded a humanitarian ship in the Mediterranean on Tuesday, demanding that the migrants on board be handed over to them, a spokesman for the Mission Lifeline charity said.

      “The Libyan man said: ‘This is our territory,’” said Axel Steier, a spokesman for the German-based charity that performed its first rescues on Tuesday.

      “After a while, they fired shots,” he said, probably into the air or sea. No one was wounded.

      Afterward two Libyans boarded the Lifeline ship to try to persuade them to hand over some 70 migrants they had just taken off a wooden boat in international waters.

      “We told them we don’t return migrants to Libya. After a while, they gave up,” Steier said. The two men spent about 15 minutes on board, he said.

      A Libyan coast guard spokesman in Tripoli declined to comment, saying he was seeking information. Italy’s coast guard, which coordinates rescues, did not respond to repeated telephone calls.

      It was the latest incident reported between the Libyan coast guard and humanitarian rescue ships operating off North Africa. Financed, trained and equipped by Italy, the Tripoli-based coastguard is intercepting a growing number of migrant boats.

      http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-libya-ngo/rescue-ship-says-libyan-coast-guard-shot-at-and-boarded-it-seeking-migrants
      #Méditerranée #gardes-côtes

    • Quei campi libici sono irriformabili

      Hai voglia di annunciare bandi, di investire qualche milione di euro per rendere vivibile ciò che vivibile non è. Perché i lager libici sono come il socialismo reale: irriformabili. In discussione non sono le buone intenzioni che animano il vice ministro degli Esteri con delega per la Cooperazione internazionale, Mario Giro: per lui parla il lungo impegno in favore della pace e della giustizia sociale per l’Africa e il fatto, politicamente significativo, che nell’estate dominata dalla «caccia» alle Ong e da una ondata securista, Giro è stata una delle poche voci alzatesi tra le fila del governo per ricordare a tutti che i migranti intercettati sulla rotta del Mediterraneo venivano ricacciati nell’"inferno libico".

      http://www.huffingtonpost.it/umberto-de-giovannangeli/quei-campi-libici-sono-irriformabili_a_23225947

    • L’Onu vuole aprire un centro di transito per i profughi in Libia

      Un contingente di 250 guardie di sicurezza nepalesi arriverà in Libia in questi giorni per garantire sicurezza alla base militare dell’Onu di Tripoli. Se tutto andrà come previsto, spiega Roberto Mignone, capomissione dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), all’inizio di novembre anche il personale internazionale dell’organizzazione, che dal 2014 si è spostato a Tunisi per ragioni di sicurezza, potrebbe tornare in Libia in pianta stabile.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/09/29/onu-libia-centro-profughi
      #centre_de_transit

    • UN human rights chief: Suffering of migrants in Libya outrage to conscience of humanity

      “The international community cannot continue to turn a blind eye to the unimaginable horrors endured by migrants in Libya, and pretend that the situation can be remedied only by improving conditions in detention,” Zeid Ra’ad Al Hussein said, calling for the creation of domestic legal measures and the decriminalisation of irregular migration to ensure the protection of migrants’ human rights.

      http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=22393&LangID=E

    • Cet extrait tiré d’un article du Sole 24 Ore (journal italien plutôt tourné économie et finance) est quand même assez incroyable, surtout le début, ce « certo »( « certes »)...

      Certes... il y a toujours le problème des centres de détention dans un pays qui n’a pas signé la convention de Genève, mais certaines ONG italiennes sont en train d’entrer dans les centres pour vérifier le respect des principes humanitaires basiques...
      dit l’article... « certes »...

      Certo, resta sempre il problema dei centri di detenzione in un Paese che non ha firmato la convenzione di Ginevra, ma alcune Ong italiane stanno entrando nei centri per verificare il rispetto dei più elementari principi umanitari. Sarebbero oltre 700mila i migranti identificati in Libia tra gennaio e febbraio dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Ma non ci sono numeri precisi (si parla di altri 300 o 400mila migranti) sparsi in Libia in condizioni anche peggiori dei centri. Per il 63% si tratta di giovani provenienti dall’Africa sub-sahariana, per il 29% da quella settentrionale e per l’8% da Medio Oriente e Asia.


      http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2018-02-24/libia-e-niger-bilancio-dell-italia-e-l-eredita-il-prossimo-governo--212

      A mettre en lien, comme le suggère @isskein sur FB, avec cet autre article publié l’été passé :

      Italy minister sees light at the end of the tunnel on migrant flows

      Italy’s interior minister said on Tuesday (15 August) he saw light at the end of the tunnel for curbing migrant flows from Libya after a slowdown in arrivals across the Mediterranean in recent months.

      https://www.euractiv.com/section/global-europe/news/italy-minister-sees-light-at-the-end-of-the-tunnel-on-migrant-flows

    • Campi libici, l’inferno nel deserto. La sentenza della Corte di assise di Milano

      La qualità delle indagini e della loro resa dibattimentale, insieme alla ritenuta credibilità delle dichiarazioni delle persone offese, ha confermato, secondo i giudici dell’assise, un contesto di privazione della libertà dei migranti e di violenze di ogni tipo che scolpisce una realtà che per la sorte dei diritti umani è fondamentale non ignorare.

      http://questionegiustizia.it/articolo/campi-libici-l-inferno-nel-deserto-la-sentenza-della-corte-di-ass

    • « Je voudrais faire comprendre qu’une fois entrée dans ce système de traite humaine et de rançonnage, une personne ne peut en sortir qu’en se jetant à la mer. Elle y est poussée. On ne passe plus par ce pays [la Libye], on en réchappe : Yacouba ne cherchait plus à se rendre en Europe, il voulait juste ne pas mourir en Libye. Les migrants qui embarquent sur les zodiacs ont été ballottés de ghetto en ghetto, placés en détention durant plusieurs mois. Maltraités, dépouillés, leurs corps épuisés sont alors portés par le seul espoir de retrouver un semblant de dignité sur le ’continent des droits de l’homme’. »

      Source : Samuel GRATACAP, in Manon PAULIC, « Ce que l’Europe refuse de voir », Le 1, n°188, 7 février 2018, p.3.

    • Libya: Shameful EU policies fuel surge in detention of migrants and refugees

      A surge in migrants and refugees intercepted at sea by the Libyan authorities has seen at least 2,600 people transferred, in the past two months alone, to squalid detention centres where they face torture and extortion, Amnesty International said today.

      The global human rights organisation accuses European governments of complicity in these abuses by actively supporting the Libyan authorities in stopping sea crossings and sending people back to detention centres in Libya.

      “The EU is turning a blind eye to the suffering caused by its callous immigration policies that outsource border control to Libya,” said Heba Morayef, Amnesty International’s Middle East and North Africa Director.

      https://www.amnesty.org/en/latest/news/2018/05/libya-shameful-eu-policies-fuel-surge-in-detention-of-migrants-and-refugees

    • Ne dites pas que ce sont des #camps !

      Bien sûr, tous ces #centres_fermés de rassemblement de migrants ne peuvent pas être appelés camps. Cela évoquerait des images effrayantes : les camps de concentration nazis, le système des goulags soviétiques, les camps de réfugiés palestiniens de plusieurs générations, le camp de détention de Guantánamo.

      Non, en Allemagne, ces « #non-prisons » devraient être appelées « #centres_de_transit ». Un terme amical, efficace, pratique, comme la zone de transit d’un aéroport où les voyageurs changent d’avion. Un terme inventé par les mêmes personnes qui désignent le fait d’échapper à la guerre et à la pauvreté comme du « #tourisme_d’asile ». Les responsables politiques de l’UE sont encore indécis quant à la terminologie de leurs camps. On a pu lire le terme de « #centres_de_protection » mais aussi celui de « #plateformes_d’atterrissage_et_de_débarquement », ce qui fait penser à une aventure et à un voyage en mer.

      Tout cela est du #vernis_linguistique. La réalité est que l’Europe en est maintenant à créer des camps fermés et surveillés pour des personnes qui n’ont pas commis de crime. Les camps vont devenir quelque chose qui s’inscrit dans le quotidien, quelque chose de normal. Si possible dans des endroits lointains et horribles, si nécessaire sur place. Enfermer, compter, enregistrer.

      https://www.tdg.ch/monde/europe/dites-camps/story/31177430

    • Cruel European migration policies leave refugees trapped in Libya with no way out

      A year after shocking images purporting to show human beings being bought and sold in Libya caused a global outcry, the situation for migrants and refugees in the country remains bleak and in some respects has worsened, said Amnesty International.

      Findings published by the organization today highlight how EU member states’ policies to curb migration, as well as their failure to provide sufficient resettlement places for refugees, continue to fuel a cycle of abuse by trapping thousands of migrants and refugees in appalling conditions in Libyan detention centres.

      “One year after video footage showing human beings being bought and sold like merchandise shocked the world, the situation for refugees and migrants in Libya remains bleak,” said Heba Morayef, Middle East and North Africa Director for Amnesty International.

      “Cruel policies by EU states to stop people arriving on European shores, coupled with their woefully insufficient support to help refugees reach safety through regular routes, means that thousands of men, women and children are trapped in Libya facing horrific abuses with no way out.”

      Migrants and refugees in Libyan detention centres are routinely exposed to torture, extortion and rape.

      One year after video footage showing human beings being bought and sold like merchandise shocked the world, the situation for refugees and migrants in Libya remains bleak
      Heba Morayef, Amnesty International’s Director for the Middle East and North Africa

      The UN refugee agency (UNHCR) has registered 56,442 refugees and asylum seekers in Libya and has repeatedly called on European and other governments to offer resettlement to refugees stranded in Libya, including through evacuation to Niger. However, only 3,886 resettlement places have been pledged by 12 countries and in total just 1,140 refugees have been resettled from Libya and Niger so far. Italy separately evacuated 312 asylum seekers from Libya directly to Italy between December 2017 and February 2018, but no further evacuations took place until the resettlement of 44 refugees on 7 November.

      Over the past two years EU member states have put in place a series of measures to block migration across the central Mediterranean, boosting the capacity of the Libyan Coast Guard to intercept sea crossings, striking deals with militias in Libya and hampering the work of NGOs carrying out search and rescue operations.

      These policies have contributed to a nearly 80% drop in the numbers crossing the central Mediterranean and arriving in Italy, from 114,415 between January and November 2017 to just 22,232 so far in 2018. There are currently around 6,000 refugees and migrants being held in detention centres in Libya.

      With the central Mediterranean sea route almost completely shut off, and the Libyan authorities keeping refugees in unlawful detention and refusing to release them to UNHCR’s care, the only way out of Libyan detention centres is through evacuation to another country via programmes run by the UN. For refugees, who cannot return to their home country, the lack of international resettlement places on offer has left thousands stranded in Libyan detention centres.

      The opening of a long promised UNHCR processing centre in Libya that would offer safety for up to 1,000 refugees by allowing them to relocate from the abusive detention centres has been repeatedly delayed. Its opening would undoubtedly be a positive step, but it would only assist a small proportion of refugees in detention and does not offer a sustainable solution.

      “At the same time as doing their utmost to stop sea crossings and helping the Libyan Coast Guard to intercept people at sea and send them back to notorious detention centres, European governments have catastrophically failed to offer other routes out of the country for those most in need,” said Heba Morayef.

      “While Europe fails to extend the desperately needed lifeline to save those stuck in Libya and at risk of abuse, it is time that the Libyan authorities take responsibility for their atrocious policies of unlawful detention and protect the human rights of all people in their territory.”

      Armed clashes in Tripoli between August and September this year have also made the situation for refugees and migrants more dangerous. Some of those held in detention centres have been wounded by stray bullets. There have also been instances where detention centre guards have fled to escape rocket attacks leaving thousands of inmates locked up without food or water.

      The publication of Amnesty’s findings is timed to coincide with a meeting of Libyan and other world leaders in the Italian city of Palermo on 12 and 13 November. This international conference is intended to find solutions to break the political stalemate in Libya. Amnesty International is calling on all those taking part in the conference to ensure that human rights of all people in the country, including refugees and migrants, are placed at the centre of their negotiations.

      https://www.amnesty.org/en/latest/news/2018/11/cruel-european-migration-policies-leave-refugees-trapped-in-libya-with-no-w

    • UNHCR Flash Update Libya (9 - 15 November 2018) [EN/AR]

      An estimated 5,400 refugees and migrants are presently held in detention centres in Libya, of whom 3,900 are of concern to UNHCR. Over the past month, UNHCR has registered 2,629 persons of concern in detention centres in and around Tripoli. So far in 2018, UNHCR conducted 1,139 visits to detention centres and distributed CRIs to 19,348 individuals. Through its partner International Medical Corps (IMC), UNHCR continues to provide medical assistance in detention centres in Libya. So far in 2018, IMC provided 20,070 primary health care consultations in detention centres and 237 medical referrals to public hospitals. In detention centres in the East, UNHCR’s partners have so far provided 1,058 primary health care consultations and distributed CRIs to 725 individuals.

      https://reliefweb.int/report/libya/unhcr-flash-update-libya-9-15-november-2018-enar

      #statistiques #chiffres #2018

    • Libia, i minori abusati e torturati nei centri di detenzione per migranti finanziati dall’Ue

      I minori bloccati nei centri di detenzione in Libia, finanziati anche dall’Unione europea tramite il Fondo per l’Africa, subiscono abusi e soffrono di malnutrizione, secondo quanto riportato dal Guardian.

      I bambini hanno raccontato di essere stati picchiati e maltrattati dalla polizia libica e dalle guardie del campo, descrivendo la loro vita come “un inferno in terra”.

      Secondo i dati analizzati dal Guardian, in Libia esistono 26 centri dei detenzione dei migranti, ma il numero dei minori detenuti non è chiaro in quanto non esistono registi affidabili.
      Nonostante ciò, si pensa che siano più di mille i bambini presenti nei campi di detenzione in Libia.Secondo l’Unhcr, almeno 5.400 rifugiati sono detenuti in territorio libico.

      Le rivelazioni dei bambini, che rischiano di essere puniti dalle guardie per aver parlato con i media, forniscono il resoconto più dettagliato della vita nei campi di detenzione.
      Le denunce delle Ong – A inizio di novembre Amnesty International aveva già denunciato le condizioni insostenibili in cui i migranti erano costretti a vivere, raccontando come la tortura e i maltrattamenti fossero all’ordine del giorno.

      “C’è un vero e proprio disprezzo da parte dell’Europa e di altri Stati per la sofferenza di coloro che si trovano nei centri di detenzione”, si legge nel rapporto di Amnesty.

      Un ragazzo di 16 anni ha raccontato al Guardian cosa vuol dire viver nei centri di detenzione in Libia: “Sono qui da quattro mesi. Ho cercato di scappare tre volte per attraversare il mare diretto in Italia ma ogni volta sono stato catturato e riportato al centro di detenzione”.

      “Stiamo morendo, ma nessuno se ne sta assumendo la responsabilità. Dobbiamo essere portati in un posto sicuro, invece siamo rinchiusi qui 24 ore al giorno. Non vediamo l’alba e non vediamo il tramonto “.

      I centri sono progettati per mantenere i richiedenti asilo in Libia ed evitare che attraversino il Mediterraneo diretti verso l’Europa.

      L’Ue ha investito decine di milioni di euro per cercare di impedire ai richiedenti asilo provenienti da zone di conflitto, come l’Eritrea e il Sudan, di entrare in Europa.

      Le testimonianze – Un rifugiato eritreo di 13 anni rinchiuso in un campo di Tripoli ha raccontato che i detenuti ricevono solo una o due piccole porzioni di pasta in bianco al giorno.

      Malattie come la tubercolosi sono diffuse e in molti possiedono solo una maglietta e un paio di pantaloncini, inadatte alle temperature nei centri.

      “Non abbiamo niente qui, niente cibo, niente vestiti, niente telefoni. Mi mancano così tanto mia madre e mio padre”, ha detto il ragazzo.

      Nei giorni precedenti un rifugiato di 24 anni ha cercato di impiccarsi nella toilette di uno dei campi e un altro si è dato fuoco nel campo di Triq al Sikka di Tripoli.

      Un ragazzo eritreo di 17 anni che è fuggito da un centro di detenzione e ha raggiunto il Regno Unito aveva 50 cicatrici sul suo corpo, a dimostrazione delle torture subite in Libia.

      “Quello che giovani, donne, bambini e neonati stanno soffrendo nei centri di detenzione in Libia è uno dei più grandi fallimenti della nostra civiltà”, ha affermato Giulia Tranchina, del Wilsons solicitors, che rappresenta il diciassettenne eritreo.

      “I governi europei, a nostro nome, con il nostro denaro stanno pagando le autorità libiche, le milizie e i generali dell’esercito per continuare a detenere e torturare i profughi per assicurarsi che non arrivino in Europa”.

      Una portavoce dell’UNHCR ha dichiarato: “Siamo incredibilmente preoccupati per la situazione dei profughi e dei migranti detenuti in Libia. Le condizioni di detenzione sono terribili”.

      https://mediterraneomigrante.it/2018/11/26/libia-i-minori-abusati-e-torturati-nei-centri-di-detenzione-per
      #enfants #enfance #torture #abus_sexuels #viols

    • Un #rapport de l’ONU met en lumière les «horreurs inimaginables» des migrants et réfugiés en Libye et au-delà

      Les migrants et les réfugiés sont soumis à des « horreurs inimaginables » dès leur arrivée en Libye, tout au long de leur séjour dans le pays et - s’ils parviennent à ce résultat - lors de leurs tentatives de traverser la Méditerranée, selon un rapport publié jeudi, par la mission politique des Nations Unies en Libye (#MANUL) et le Bureau des droits de l’homme des Nations Unies (HCDH).

      « Il y a un échec local et international à gérer cette calamité humaine cachée qui continue de se produire en Libye », a déclaré Ghassan Salamé, qui dirige la MINUS.

      Assassinats illégaux, détention arbitraire et tortures, viols collectifs, esclavage et traite des êtres humains, le rapport couvre une période de 20 mois jusqu’en août 2018 et détaille une terrible litanie de violations et d’exactions commises par divers agents de l’État, armés contrebandiers et trafiquants contre les migrants et les réfugiés.

      Les conclusions reposent sur 1 300 témoignages de première main recueillis par le personnel des droits de l’homme des Nations Unies en Libye, ainsi que sur des migrants qui sont rentrés au Nigéria ou ont réussi à atteindre l’Italie, retraçant tout le parcours des migrants et des réfugiés de la frontière sud de la Libye, à travers le désert jusqu’à la côte nord.

      Le climat d’anarchie en Libye fournit un terrain fertile pour les activités illicites, laissant les migrants et les réfugiés « à la merci d’innombrables prédateurs qui les considèrent comme des marchandises à exploiter et à extorquer », indique le rapport, notant que « l’écrasante majorité des femmes et des adolescentes »ont déclaré avoir été« violées par des passeurs ou des trafiquants ».
      Trafic d’êtres humains

      De nombreuses personnes sont vendues par un groupe criminel à un autre et détenues dans des centres non officiels et illégaux gérés directement par des groupes armés ou des gangs criminels.

      « D’innombrables migrants et réfugiés ont perdu la vie en captivité tués par des passeurs, après avoir été abattus, torturés à mort ou tout simplement avoir été laissés mourir de faim ou de négligence médicale », indique le rapport.

      « Dans toute la Libye, des corps non identifiés de migrants et de réfugiés portant des blessures par balle, des marques de torture et des brûlures sont fréquemment découverts dans des poubelles, des lits de rivière asséchés, des fermes et le désert. »

      Ceux qui réussissent à survivre aux abus et à l’exploitation, et à tenter la traversée périlleuse de la Méditerranée, sont de plus en plus interceptés - ou « sauvés » comme certains le prétendent - par les garde-côtes libyens. Depuis le début de 2017, les quelque 29 000 migrants renvoyés en Libye par les garde-côtes ont été placés dans des centres de détention où des milliers de personnes restent indéfiniment et arbitrairement, sans procédure régulière ni accès à un avocat ou à des services consulaires.

      Des membres du personnel de l’ONU se sont rendus dans 11 centres de détention où sont détenus des milliers de migrants et de réfugiés. Ils ont constaté des cas de torture, de mauvais traitements, de travaux forcés et de viols commis par les gardes. Les migrants retenus dans les centres sont systématiquement soumis à la famine et à des passages à tabac sévères, brûlés avec des objets chauds en métal, électrocutés et soumis à d’autres formes de mauvais traitements dans le but d’extorquer de l’argent à leurs familles par le biais d’un système complexe de transferts d’argent.
      Surpeuplement des centres de détention

      Les centres de détention se caractérisent par un surpeuplement important, un manque de ventilation et d’éclairage, et des installations de lavage et des latrines insuffisantes. Outre les exactions et les actes de violence perpétrés contre les personnes détenues, beaucoup d’entre elles souffrent de malnutrition, d’infections cutanées, de diarrhée aiguë, d’infections du tractus respiratoire et d’autres affections, ainsi que de traitements médicaux inadéquats. Les enfants sont détenus avec des adultes dans les mêmes conditions sordides.

      Le rapport signale l’apparente « complicité de certains acteurs étatiques, notamment de responsables locaux, de membres de groupes armés officiellement intégrés aux institutions de l’État et de représentants des ministères de l’Intérieur et de la Défense, dans le trafic illicite ou le trafic de migrants et de réfugiés ».

      Nils Melzer, expert indépendant des droits de l’homme des Nations Unies sur la torture, estime que, compte tenu des risques de violations des droits de l’homme dans le pays, les transferts et les retours en Libye peuvent être considérés comme une violation du principe juridique international du « non-refoulement », qui protège les demandeurs d’asile et les migrants contre le retour dans des pays où ils ont des raisons de craindre la violence ou la persécution.

      « La situation est abominablement terrible », a déclaré jeudi Michelle Bachelet, Haut-Commissaire des Nations Unies aux droits de l’homme. « Combattre l’impunité généralisée non seulement mettrait fin aux souffrances de dizaines de milliers de femmes, d’hommes et d’enfants migrants et réfugiés, à la recherche d’une vie meilleure, mais saperait également l’économie parallèle et illégale fondée sur les atteintes à ces personnes et contribuerait à l’instauration de l’état de droit et des institutions nationales ».

      Le rapport appelle les États européens à reconsidérer les coûts humains de leurs politiques et à veiller à ce que leur coopération et leur assistance aux autorités libyennes soient respectueuses des droits de l’homme et conformes au droit international des droits de l’homme et du droit des réfugiés, de manière à ne pas, directement ou indirectement, aboutir à ce que des hommes, des femmes et des enfants soient enfermés dans des situations de violence avec peu d’espoir de protection et de recours.

      https://news.un.org/fr/story/2018/12/1032271

    • Libya: Nightmarish Detention for Migrants, Asylum Seekers

      EU and Italy Bear Responsibility, Should Condition Cooperation

      (Brussels) – European Union policies contribute to a cycle of extreme abuse against migrants in Libya, Human Rights Watch said in a report released today. The EU and Italy’s support for the Libyan Coast Guard contributes significantly to the interception of migrants and asylum seekers and their subsequent detention in arbitrary, abusive detention in Libya.

      The 70-page report, “‘No Escape from Hell’: EU Policies Contribute to Abuse of Migrants in Libya,” documents severe overcrowding, unsanitary conditions, malnutrition, and lack of adequate health care. Human Rights Watch found violent abuse by guards in four official detention centers in western Libya, including beatings and whippings. Human Rights Watch witnessed large numbers of children, including newborns, detained in grossly unsuitable conditions in three out of the four detention centers. Almost 20 percent of those who reached Europe by sea from Libya in 2018 were children.

      “Migrants and asylum seekers detained in Libya, including children, are trapped in a nightmare, and what EU governments are doing perpetuates detention instead of getting people out of these abusive conditions,” said Judith Sunderland, associate Europe director at Human Rights Watch. “Fig-leaf efforts to improve conditions and get some people out of detention do not absolve the EU of responsibility for enabling the barbaric detention system in the first place.”

      In a letter to Human Rights Watch as the report went to print, the European Commission indicated that its dialogue with Libyan authorities has focused on respect for the human rights of migrants and refugees, that the EU’s engagement in Libya is of a humanitarian nature, and that concrete improvements have been achieved though challenges remain.

      Human Rights Watch visited the #Ain_Zara and #Tajoura detention centers in Tripoli, the al-Karareem detention center in Misrata, and the Zuwara detention center in the city of the same name in July 2018. All are under the nominal control of the Directorate to Counter Illegal Migration (DCIM) of the Government of National Accord (GNA), one of two competing authorities in Libya. Human Rights Watch spoke with over 100 detained migrants and asylum seekers, including 8 unaccompanied children, and each center’s director and senior staff. Researchers also met with the head of DCIM; senior officials of Libya’s Coast Guard, which is aligned with the GNA; and representatives of international organizations and diplomats.

      Abdul, an 18-year-old from Darfur, was intercepted by the Libyan Coast Guard in May 2018, when he attempted to reach Europe to apply for asylum. He was subsequently detained in abysmal, overcrowded, and unsanitary conditions in the al-Karareem center. He said that guards beat him on the bottom of his feet with a hose to make him confess to helping three men escape. Abdul’s experience encapsulates the struggle, dashed hopes, and suffering of so many migrants and asylum seekers in Libya today, Human Rights Watch said.

      Senior officials in EU institutions and member countries are aware of the situation. In November 2017, EU migration commissioner, Dimitri Avramopoulos, said: “We are all conscious of the appalling and degrading conditions in which some migrants are held in Libya.” Yet since 2016, the EU and particular member states have poured millions of euros into programs to beef up the Libyan Coast Guard’s capacity to intercept boats leaving Libya, fully aware that everyone is then automatically detained in indefinite, arbitrary detention without judicial review.

      Italy – the EU country where the majority of migrants departing Libya have arrived – has taken the lead in providing material and technical assistance to the Libyan Coast Guard forces and abdicated virtually all responsibility for coordinating rescue operations at sea, to limit the number of people arriving on its shores. The increase in interceptions in international waters by the Libyan Coast Guard, combined with obstruction by Italy and Malta of rescue vessels operated by nongovernmental organizations, has contributed to overcrowding and deteriorating conditions in Libyan detention centers.

      Enabling the Libyan Coast Guard to intercept people in international waters and return them to cruel, inhuman, or degrading treatment in Libya can constitute aiding or assisting in the commission of serious human rights violations, Human Rights Watch said. EU and member state support for programs for humanitarian assistance to detained migrants and asylum seekers and for evacuation and repatriation schemes have done little to address the systemic problems with immigration detention in Libya, and serve to cover up the injustice of the EU containment policy.

      Libyan authorities should end arbitrary immigration detention and institute alternatives to detention, improve conditions in detention centers, and ensure accountability for state and non-state actors who violate the rights of migrants and asylum seekers. The authorities should also sign a memorandum of understanding with UNHCR, the United Nations refugee agency, to allow it to register anyone in need of international protection, regardless of nationality, in full respect of its mandate.

      EU institutions and member states should impose clear benchmarks for improvements in the treatment of migrants and conditions in detention centers in Libya and be prepared to suspend cooperation if benchmarks are not met. The EU should also ensure and enable robust search-and-rescue operations in the central Mediterranean, including by nongovernmental groups, and significantly increase resettlement of asylum seekers and vulnerable migrants out of Libya.

      “EU leaders know how bad things are in Libya, but continue to provide political and material support to prop up a rotten system,” Sunderland said. “To avoid complicity in gross human rights abuses, Italy and its EU partners should rethink their strategy to truly press for fundamental reforms and ending automatic detention.”

      https://www.hrw.org/news/2019/01/21/libya-nightmarish-detention-migrants-asylum-seekers

    • L’odissea degli ultimi. Libia, nuove cronache dall’orrore

      Ancora foto choc dai campi di detenzione di #Bani_Walid, dove i trafficanti torturano e ricattano le vittime Prigionieri di criminali efferati, 150 profughi subiscono violenza da mesi.

      Le immagini provengono direttamente dall’inferno di Bani Walid, distretto di #Misurata, circa 150 chilometri a sud-est di Tripoli. Sono state mandate ai familiari dai trafficanti di esseri umani per indurli al pagamento del riscatto per rilasciarli. Da sei mesi ogni giorno i detenuti subiscono minacce, percosse, torture e le donne spesso vengono stuprate dai guardiani. Tutti hanno cicatrici e bruciature per la plastica fusa gettata su arti e schiena. Ma la cifra chiesta dai libici – 4 o 5mila dollari – è troppo alta perché i parenti hanno già dovuto pagare le diverse tappe del viaggio e ora stanno chiedendo aiuto ai conoscenti. Come ha scritto di recente anche il Corriere della Sera, nel caos libico lo scontro tra il governo centrale di Serraj e quello di Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, ha lasciato senza paghe i dipendenti pubblici, tra cui i guardiani delle galere.


      https://dossierlibia.lasciatecientrare.it/lodissea-degli-ultimi-libia-nuove-cronache-dallorrore

    • Torture and shocking conditions: the human cost of keeping migrants out of Europe

      It’s been heralded as the start of a new dialogue. The first summit between the League of Arab States and EU member states ended with a lofty statement of shared values.

      European leaders shook hands with their Arab counterparts and discussed issues such as Syria, Yemen and nuclear proliferation. They agreed to tackle the “common challenge” of migration.

      Tonight, we’ve new evidence of how Libyan authorities are tackling that challenge.

      Footage from inside camps in Libya shows migrants living in shocking conditions. And there are disturbing signs that some migrants are being tortured by people traffickers. This report contains images that some viewers will find distressing.


      https://www.channel4.com/news/torture-and-shocking-conditions-the-human-cost-of-keeping-migrants-out-of-

    • Des migrants détenus en Libye, torturés pour s’être rebellés

      L’affaire est révélée par la télévision al-Jazeera. Le sort des migrants et des réfugiés bloqués en Libye ne cesse de se dégrader. Le 26 février 2019, plus d’une centaine se sont révoltés dans le centre de Triq al-Sikka à Tripoli, pour dénoncer leurs conditions de détention. La répression a été terrible. Une trentaine de ces détenus auraient été torturés.


      https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/naufrage-a-lampedusa/des-migrants-detenus-en-libye-tortures-pour-setre-rebelles_3217669.html

    • L’incapacité européenne face à la #maltraitance des réfugiés en Libye

      #Matteo_de_Bellis, chercheur d’Amnesty International sur les migrations, revient sur les tortures et les violences contre les réfugiés et les migrants en Libye et l’incapacité honteuse de l’Europe à y mettre fin.

      Farah, un jeune homme somalien, sa femme et leur fille qui venait de naître avaient passé 12 heures en mer quand les gardes-côtes libyens ont intercepté leur canot. Le couple avait fui la Libye après plusieurs mois de torture dans un hangar dans lequel Farah était battu et sa femme était violée par des bandes criminelles libyennes essayant d’obtenir une rançon de leurs proches.

      Lorsqu’il a réalisé qu’il allait être renvoyé en Libye, le jeune homme de 24 ans a été pris de nausées. « Je savais qu’il valait mieux mourir que retourner en Libye, mais ils nous ont menacés avec des armes. »

      Farah, sa femme et son bébé ont passé les sept mois suivants dans deux centres de détention de Tripoli. « Il n’y avait pas de nourriture ou de soins pour mon bébé. Elle est morte à huit mois. Elle s’appelait Sagal. »

      Leur histoire n’est que l’une des nombreuses histoires déchirantes de violence et de cruauté inimaginable que j’ai pu entendre le mois dernier à Médenine, une petite ville du sud de la Tunisie, qui a accueilli un nombre limité mais constant de réfugiés et de migrants franchissant la frontière pour échapper à l’enfer de la Libye.

      Ce weekend, de nouveaux témoignages faisant état de torture dans le centre de détention de Triq al Sikka ont été recueillis. D’après ces informations, plus de 20 réfugiés et migrants, dont des enfants, ont été conduits dans une cellule en sous-sol et torturés individuellement, à tour de rôle, à titre de punition pour avoir protesté contre leur détention arbitraire dans des conditions déplorables et l’absence de solution. En réponse à cette contestation, plus d’une centaine d’autres personnes détenues ont été transférées vers d’autres centres de détention, notamment celui d’#Ain_Zara, dans lequel Sagal est morte.

      Ces témoignages de violences correspondent à ce que j’ai pu entendre en Tunisie. Un autre homme somalien, Abdi, a décrit l’extorsion et les violences qu’il a subies aux mains des gardiens des centres de détention. Comme Farah, Abdi a été arrêté en mer par les gardes-côtes libyens et renvoyé en Libye où il est passé d’un centre de détention à un autre.

      Parfois, les gardes boivent et fument, puis frappent des gens. Ils demandent aussi aux gens de leur donner de l’argent en échange de leur libération, et ceux qui ne paient pas sont frappés. On voyait les gardes, tant des membres des milices que de la police, venir et frapper des gens qui n’avaient pas payé.

      La plupart des personnes actuellement détenues dans les centres de détention de Libye ont été interceptées en mer par les gardes-côtes libyens, qui ont bénéficié de tout un éventail de mesures de soutien de la part des gouvernements européens en échange de leur coopération en vue d’empêcher les réfugiés et les migrants d’atteindre les côtes européennes.

      L’argent des contribuables européens a été utilisé pour fournir des bateaux, créer une zone de recherche et sauvetage libyenne et construire des centres de coordination, entre autres mesures, en vue de renforcer les capacités de la Libye à empêcher ces personnes de fuir le pays et à les maintenir en détention illégale. Et ces aides ont été accordées sans la moindre condition associée, même si une telle coopération entraîne de graves violations des droits humains, comme des actes de torture.

      Si les États membres de l’Union européenne veulent cesser d’être complices des violences, des viols et de l’exploitation que subissent des femmes, des hommes et des enfants, ils doivent exiger la fermeture de tous les centres de détention pour migrants en Libye et la libération des quelque 5 000 personnes qui y sont actuellement détenues.

      Les gouvernements européens qui, depuis des années, prennent des mesures frénétiques, faisant adopter des politiques destinées à empêcher les arrivées en Europe quel qu’en soit le coût humain, doivent revenir à la raison, surtout maintenant que le nombre de traversées est très faible. Au-delà de mesures en vue de remédier à la crise des droits humains en Libye qui touche tant des Libyens que des ressortissants d’autres pays, la réponse doit prévoir un mécanisme rapide et fiable de débarquement en Europe des personnes en quête d’asile et des migrants secourus en Méditerranée, ainsi qu’un système équitable de partage des responsabilités en matière d’assistance entre les États membres de l’Union européenne.

      Ces mesures permettraient de contribuer à éviter les événements désastreux qui se sont enchaînés l’année dernière : des bateaux de sauvetage bloqués en mer pendant des semaines face au refus des pays de l’Union européenne d’ouvrir leurs ports et de les accueillir. Non seulement ces événements aggravent les souffrances des personnes qui viennent de fuir des traitements épouvantables, mais ils découragent également les navires marchands de porter secours à des personnes en détresse et de veiller à ce que ces personnes puissent débarquer dans un lieu sûr, où elles ne pourront pas être renvoyées en Libye.

      Emmanuel, un réfugié de 28 ans qui a fui le conflit au Cameroun, a décrit sa dérive en mer à bord d’un canot non loin d’une autre embarcation qui prenait l’eau, et sa stupéfaction lorsqu’un bateau a refusé de leur porter secours.

      Depuis le gros bateau, ils ont passé des appels, mais nous ont dit : “Désolé, nous ne pouvons pas vous accueillir, ce n’est pas de ma faute, nous avons ordre de laisser les Libyens venir vous chercher.” Pendant ce temps, je voyais les gens mourir sur l’autre bateau. Des bouts de bateau et des corps flottaient. [Quand] un petit bateau libyen est venu nous chercher... toutes les personnes à bord de l’autre canot étaient mortes. »

      Alors que des informations selon lesquelles des réfugiés de pays comme l’Érythrée retournent dans leur pays en dépit des risques bien connus pesant sur leur vie émergent, l’Europe ne peut pas se permettre d’ignorer les conséquences catastrophiques de ses politiques irresponsables destinées à freiner l’immigration en Méditerranée.

      Les départs depuis la Libye sont en déclin, c’est donc le moment d’exiger des changements, notamment la fermeture des centres de détention pour migrants en Libye, la mise en place d’un système de débarquement et de relocalisation équitable en Europe et des voies sûres et légales qui n’obligent pas les personnes qui cherchent la sécurité à passer par des traversées en mer.

      Cela permettrait à de nombreux enfants et adultes de sortir de ce calvaire et de quitter les centres de détention atroces dans lesquels ils sont actuellement détenus arbitrairement en Libye. Les gouvernements européens, qui ont fermé la route de la Méditerranée centrale et donc abandonné des milliers de personnes prises au piège en Libye, ne doivent pas perdre de temps.

      Nous pourrions aider à sauver des dizaines d’autres Sagal, de pères et de mères.

      https://www.amnesty.fr/refugies-et-migrants/actualites/lincapacite-europeenne-face-a-la-maltraitance-des

    • Refugees report brutal and routine sexual violence in Libya

      Abuse often filmed and sent to victims’ relatives, Women’s Refugee Commission finds.
      Refugees and migrants trying to reach Europe from Africa are being subjected to horrific and routine sexual violence in Libyan detention centres, a survey has found.

      People arriving at the centres are “often immediately raped by guards who conduct violent anal cavity searches, which serves the dual purpose of retrieving money, as well as humiliation and subjugation”, the report by the Women’s Refugee Commission says. Many of the victims have been forcibly returned to the country by the Libyan coastguard under policies endorsed by the European Union.

      The level of psychological treatment for victims of sexual violence who reach Italy is woefully inadequate, the report adds.

      Sarah Chynoweth, the lead researcher on the report, said: “Profoundly cruel and brutal sexual violence and torture are perpetrated in official detention centers and clandestine prisons, during random stops and checkpoints, and in the context of forced labor and enslavement. The fact that refugees and migrants crossing the Mediterranean are intercepted and forced back into this violence is untenable.”

      The report, released at the Swedish mission in Geneva, is based on surveys and focus groups of people who have reached Italy. Much of the sexual violence it describes is too graphic to detail, but the authors make the broad point that “during the course of this research, almost all refugees, migrants, and key informants emphasised that sexual violence against male and female migrants along the entire central Mediterranean route was exceptionally high”.

      A UN officer estimated that 90% of male refugees and migrants being hosted in the Italian reception system had experienced sexual violence during their journey. A local government official said that, among refugee and migrant boys, “although there are no real numbers, we know that a huge number of the minors have experienced sexual violence on the journey [to Italy]”.

      The extent of sexual violence perpetrated against refugees appears in part to be contingent on their financial resources, their connections, and the year that they travelled – those traveling in recent years are seemingly more likely to have experienced sexual violence.

      In many cases, sexual violence and torture are filmed on Skype and used to try to extract ransom money from the victims’ relatives, the report by the Swedish-funded, US-based commission says.

      Refugees, migrants and informants told researchers that sexual violence was commonplace throughout the journey to Italy. “All along the journey they experienced sexual violence,” a health provider reported. “The whole journey is traumatic. Libya is just [the] icing on the cake.”

      It had been thought that the dominance of young males in the Libyan refugee trail would reduce the risk of sexual violence. It is estimated 72% of sea arrivals in Italy were men and 18% were children, mainly unaccompanied boys.

      In response to questions about sexual violence in Libya, refugees and migrants variously told the researchers that it “happened to everyone”, “is normal in Libya”, “happened to all people inside Libya” and “happened to many, many of my friends”.

      Only two refugees among those surveyed explicitly reported that they had not been exposed to sexual violence, due to their ability to pay large sums in exchange for relatively safe passage.

      A mental health provider in Italy working with refugees and migrants said that most of the men he spoke to had been raped in centres in Libya. A protection officer commented: “It is so widespread. Everyone knows when a man says”: ‘I’ve gone through Libya’ it is a euphemism for rape.”

      Among the forms of sexual violence described to researchers was anal and oral rape, forced rape of others including corpses, castration and forced incest.

      Much of the sexual violence described by research participants contained elements of profound psychological torture and cruelty.

      Violence against detainees is frequently perpetrated in front of others or recorded on mobile phones, compounding the humiliation and reinforcing the experience of subjugation, the researchers found. “Perpetrators send (or threaten to send) the video footage to detainees’ family members for extortion purposes,” the report says.

      A commonly reported torture technique involved forcing men to stand in a circle to watch the rape and sometimes murder of women; men who moved or spoke out were beaten or killed.

      Health and mental health providers who had treated male survivors frequently reported electroshock burns to the genitals. Other genital violence included beating, burning, tying and “pulling of the penis and scrotum”.


      In February 2017, Italy made a deal, backed by the EU, to spend tens of millions of euros funding the Libyan coastguard, which intercepts boats heading for Italy and returns those onboard to Libya.

      From January 2017 to September 2018, the Libyan coastguard intercepted and forcibly returned more than 29,000 people. Many ended up in detention centres or disappeared altogether.

      https://www.theguardian.com/world/2019/mar/25/refugees-face-routine-sexual-violence-in-libyan-detention-centres-repor
      #viols

      Et ce chiffre...

      A UN officer estimated that 90% of male refugees and migrants being hosted in the Italian reception system had experienced sexual violence during their journey.

      v. aussi :

      Il 90% dei migranti visitati nelle cliniche del Medu ha parlato di violenza estrema e torture

      https://seenthis.net/messages/598508#message599359

  • Private ships play big role in Europe’s migrant crisis

    Two years ago, a small, privately-run ship set out to lend a hand to military operations in the Mediterranean rescuing migrants on boats near capsizing off Libya.

    http://www.thelocal.it/20160806/small-aid-ships-play-big-role-in-europes-migrant-crisis
    #privatisation #asile #migrations #secours #naufrages #mer #Méditerranée #mourir_en_mer #réfugiés #sauvetages #MOAS #SOS_Méditerranée #ONG #sauvetage

    • Da yacht di lusso a nave di soccorso. Il dono del privato per salvare migranti nel Mediterraneo

      #Astral, la nave donata da un privato salperà all’alba del 3 luglio da Lampedusa e farà poi base a Malta, aggiungendosi alle sette imbarcazioni umanitarie già presenti nell’area. Il dono da parte dell’imprenditore Livio Lo Monaco sarà impiegata per salvare la vita dei migranti che sfidano il mare


      http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2016/07/01/news/da_yacht_di_lusso_a_nave_di_soccorso_il_dono_del_privato_per_salvare_migr

    • How NGOs took over migrant rescues in the Mediterranean

      The launch of Operation Triton in 2014 shifted the focus of EU efforts in the Southern Mediterranean from Search and Rescue (SAR) to border control. Several NGOs have since attempted to fill the gap left by the absence of large-scale humanitarian operations.

      https://euobserver.com/opinion/134803

    • «Besonders schlimm ist es, wenn kleine Kinder ertrinken»

      Der ehemalige italienische Marineadmiral #Franco_Potenza leitet die Missionen der Hilfsorganisation Migration Offshore Aid Station. In der Regel seien fünf bis sechs Organisationen mit Rettungsschiffen vor der nordafrikanischen Küste.


      http://www.bernerzeitung.ch/ausland/europa/besonders-schlimm-ist-es-wenn-kleine-kinder-ertrinken/story/17465438
      #témoignage

    • Migranti, Ft: Frontex accusa ong di collusione con trafficanti

      Roma, 15 dic. (askanews) - L’Agenzia europea per le frontiere esterne, Frontex, ha accusato le organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo di collusione con i trafficanti di esseri umani. E’ quanto si legge in rapporti confidenziali ottenuti dal Financial Times, pubblicati nel giorno del vertice Ue chiamato a discutere la crisi dei migranti. Le ong hanno respinto con forza l’accusa.

      http://www.prealpina.it/pages/migranti-ft-frontex-accusa-ong-di-collusione-con-trafficanti-131166.html

      #frontex #trafic_d'êtres_humains

    • EU border force accuses charities of #collusion with migrant smugglers

      Frontex charges open up long-simmering dispute with NGOs over how to solve the crisis

      https://www.ft.com/content/3e6b6450-c1f7-11e6-9bca-2b93a6856354
      #ong

      Je copie-colle le contenu de l’article, si jamais un jour il disparaît... On ne sait jamais...

      The EU’s border agency has raised concerns about the interaction of charities and people smugglers operating in the Mediterranean, according to confidential reports seen by the Financial Times.

      The points outlined by Frontex bring to the fore a long-simmering dispute between EU officials and non-governmental organisations over how to resolve a migration crisis that has caused the deaths of 4,700 people this year alone.

      Frontex put its concerns in a confidential report last month, raising the idea that migrants had been given “clear indications before departure on the precise direction to be followed in order to reach the NGOs’ boats”.

      The agency also raised concerns in another report last week, which stated: “First reported case where the criminal networks were smuggling migrants directly on an NGO vessel.”

      NGOs operating in the region emphatically denied working with people smugglers.

      Elsewhere in the reports, which were shared among EU officials and diplomats, Frontex said people rescued by NGO vessels were often “not willing to co-operate with debriefing experts at all” with some claiming “that they were warned not to co-operate with Italian law enforcement or Frontex”.

      The number of rescues triggered by a distress signal fell from roughly two-thirds of all incidents this summer to barely one in 10 in October, according to Frontex figures. This drop-off coincided with a jump in the number of rescues carried out by NGOs in the central Mediterranean. They responded to more than 40 per cent of rescues in October, compared with just 5 per cent at the start of the year.

      It is no wonder that these accusations come now. We have a worsening situation in the central Med and a lot of efforts taken by the EU to shutdown migration. They are trying to shut this down by all means necessary

      Frontex also suggested the change in activity could be down to NGOs operating closer to Libyan territorial waters, or even to the lights used by rescue boats, which — the agency said — acted “as a beam for the migrants”.

      Charities operating in the region reacted angrily to the accusations. They say a drop in distress calls from boats carrying migrants has been due to increased rescue efforts, meaning that people were picked up before their situation worsened.

      Aurelie Ponthieu, a humanitarian adviser with Médecins Sans Frontières, which operates two rescue boats, said: “We are actively searching for boats in distress. We spot them earlier. This is a response to the needs that we see at sea.”

      So far this year more than 170,000 people have attempted to cross the Mediterranean from Libya to Italy, about 15 per cent more than last year, according to UNHCR, the UN refugee agency. The number of deaths has jumped by a quarter after 3,800 last year.

      NGO workers blamed the increased numbers of deaths on smugglers changing tactics and sending people out on increasingly unseaworthy vessels — a trend that they blamed on a crackdown on people smugglers by EU authorities. Ms Ponthieu said the agency’s focus was misconceived. She said the issue was “why so many people die, which is what Frontex should be focusing on. They should be looking at their own actions.”

      MSF this year said it would refuse EU funding in protest at the bloc’s handling of the refugee crisis.

      Founded in 2004, Frontex has scooped up more staff, money and powers as the EU attempts to get to grips with a growing problem of irregular migration. The EU this year turned the agency, which has a €250m budget, into a fully fledged border guard with the power to deploy 1,500 staff to support a member state if they are overwhelmed by arrivals.

      Frontex also criticised charities for failing to help with investigations into people smuggling by refusing to collect leftover evidence from rescued boats. “We have an obligation to help save their lives, not perform the duties of security agencies,” said Save the Children, which has rescued 2,400 people in October and November.

      The European Commission is examining whether stricter control of non-governmental rescue missions is needed, although officials stressed that legislation was unlikely.

      NGOs have played a crucial role in saving thousands of lives in the central Mediterranean, according to the commission, and have “mostly acted in support [of] and close co-ordination” with governments.

      Ruben Neugebauer, of Sea Watch, a German charity that runs rescue operations, said the EU was attempting to criminalise the efforts of NGOs in the Mediterranean. “It is no wonder that these accusations come now. We have a worsening situation in the central Med and a lot of efforts taken by the EU to shut down migration. They are trying to shut this down by all means necessary.”

      This article has been revised since original publication to correct inaccuracy and because comments by Aurelie Ponthieu of MSF were initially wrongly attributed

    • Las ONG responden a Frontex: «Si rescatar a personas en el mar es un delito, que nos detengan»

      La reacción se ha producido de forma unánime. «Una aberración», «un despropósito», son algunas de las palabras con las que las ONG que apoyan los rescates en el Mar Mediterráneo califican las acusaciones de colaboración con redes de tráfico recogidas en un informe confidencial de la Agencia Europea de Guardia de Fronteras y Costas (Frontex).

      http://www.eldiario.es/desalambre/rescatar-salvamento-naufragan-ONG-Frontex_0_591441012.html

    • Frontex all’attacco degli operatori umanitari:che fine ha fatto l’operazione #Triton?

      Sono anni che i vertici di Frontex vanno all’attacco delle Organizzazioni non governative e dei comandi della Guardia Costiera che antepongono la salvaguardia della vita umana in mare alla difesa dei confini esterni dell’Unione Europea e al contrasto di quella che definiscono soltanto come “immigrazione illegale”. Questi attacchi si erano intensificati dopo le cd. Primavere arabe e si sono poi attenuati nel 2015, per qualche mese, solo dopo le stragi più terribili che sono costate migliaia di vittime nel Mediterraneo, in particolare sulla rotte che dalla Libia puntano sull’Italia.

      http://www.a-dif.org/2016/12/18/frontex-allattacco-degli-operatori-umanitariche-fine-ha-fatto-loperazione-tri

    • reçu par email via la mailing-list de Migreurop:

      « Il est particulièrement inquiétant d’entendre des accusations envers des ONGs qui encourageraient les passeurs via les médias quand Frontex refuse de nous rencontrer. Nous avons demandé la tenue d’une réunion afin de pouvoir répondre à ces critiques, mais n’avons pas reçu de réponse à ce jour. De telles critiques sont scandaleuses en ce qu’elles impliquent. M. Leggeri suggèrerait-t-il que nous nous éloignions des zones où les gens sont les plus susceptibles de se noyer afin de rendre plus difficile le trafic des passeurs ? Devrions-nous simplement les laisser mourir ? »
      « Nous ne partageons pas de mandat commun avec FRONTEX, nous ne sommes ni une police des frontières ni une brigade anti-contrebande ; nous sommes des médecins et infirmiers et nous prenons la mer pour sauver des vies. Travailler aussi près que possible des eaux territoriales de la Libye est le seul moyen possible pour réduire les hauts risques de mortalité en Mer Méditerranée – Moins les gens passeront du temps sur une embarcation surchargée, moins il y aura de chances qu’ils meurent.
      Plutôt que de réitérer ces attaques préjudiciables et infondées vis-à-vis des ONG, FRONTEX devrait réévaluer ses propres opérations actuelles et considérer son propre rôle dans les situations dramatiques que nous constatons chaque jour en Méditerranée. Les passeurs s’adapteront toujours à ce qui se dressera face à eux et tant que les gens n’auront pas d’alternatives en dehors de la Libye, ils continueront à se noyer. »

      Stefano Argenziano
      Operations Coordinator

    • Et voilà des textes qui polluent le net de conneries...

      Le ONG contrabbandano immigrati in Europa ?

      Qualcosa di molto strano accade nel Mediterraneo Gefira – South FrontPer due mesi, utilizzando marinetraffic.com, abbiamo monitorato i movimenti delle navi di proprietà di un paio di organizzazioni non governative e, utilizzando i dati di data.unhcr.org abbiamo tracciato l’arrivo quotidiano di immigrati africani in Italia. Abbiamo scoperto di essere testimoni di una grande truffa e di un’operazione di traffico illegale di esseri umani. ONG, contrabbandieri e mafia in combutta con l’Unione europea hanno spedito migliaia di clandestini verso l’Europa con il pretesto di salvarli, assistiti dalla guardia costiera italiana che ne coordina le attività. I trafficanti di esseri umani contattano la guardia costiera italiana per ricevere aiuto e raccogliere i loro dubbi carichi. Le navi delle ONG vengono dirette sul “luogo del soccorso”, anche se è ancora in Libia. Le 15 navi che abbiamo osservato sono di proprietà o affittate da ONG viste regolarmente salpare dai porti italiani in direzione sud, fermarsi a poche miglia dalle coste libiche, prendere il carico umano a bordo e naturalmente rientrare per 260 miglia in Italia, anche se il porto di Zarzis, in Tunisia, è solo a 60 miglia di distanza dal punto di salvataggio. Le organizzazioni in questione sono: MOAS (Migrant Offshore Aid Station), Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye e Life Boat. Le vere intenzioni dietro le ONG non sono chiare. Il loro movente può essere il denaro, che non sorprenderebbe se si rivelasse essere così. Possono anche essere politicamente pilotati; le attività dell’organizzazione di Malta, MOAS, che traffica persone in Italia, è la migliore garanzia che i migranti non appaiano sulla rive maltesi. MOAS è gestita da un ufficiale della marina maltese ben noto per maltrattamenti ai rifugiati (1). E’ anche possibile che tali organizzazioni siano gestite da ingenui “buonisti” che non sanno di servire da magnete per le persone provenienti dall’Africa e quindi, volenti o nolenti, causare altri morti, per non parlare delle azioni per destabilizzare l’Europa. Per quanto nobili siano le intenzioni di tali organizzazioni, sono criminali, come la maggior parte dei migranti che non può ricevere asilo, finendo per strada a Roma o Parigi, minando la stabilità in Europa aumentando le tensioni sociali a sfondo razziale. Bruxelles ha creato una legislazione particolare per proteggere i trafficanti di esseri umani dalle accuse. In una sezione dedicata a una risoluzione UE, intitolata Ricerca e salvataggio, il testo afferma che “proprietari privati di navi e organizzazioni non governative che assistono i salvataggi nel Mediterraneo non dovrebbero rischiare punizioni per tale assistenza“. (2) Nei due mesi di osservazione, abbiamo monitorato almeno 39000 africani illegalmente contrabbandati in Italia con il pieno consenso delle autorità italiane ed europee.

      http://marcodellaluna.info/sito/2016/12/09/le-ong-contrabbandano-immigrati-in-europa

    • Quel video online sui migranti: le rivelazioni che rivelazioni non sono

      Il video di un giovane youtuber che rivelerebbe la “verità sui migranti” spopola online e raggiunge la televisione. Ma di svelato” c’è ben poco, di confusione invece tanta

      http://www.cartadiroma.org/editoriale/youtube-verita-migranti-disinformazione
      #mensonge #désinformation #réseaux_sociaux

      v. aussi: http://www.butac.it/la-verita-sui-migranti-soccorsi-nel-mediterraneo

      La vidéo dont on parle...:
      https://www.youtube.com/watch?v=dP4rYgJKo_w&index=1&list=PLOhX3kYhesg8LY4ZOQG_cYekOpxqzJiOe

    • Mediterraneo: se i veri complici non sono le ong ma l’Europa

      Dopo le accuse alle ong che operano in mare lanciate da Frontex e l’indagine esplorativa della Procura di Catania sui sospetti di collusione con i trafficanti di esseri umani e di responsabilità nell’aumento dei flussi migratori, Medici Senza Frontiere e Moas, entrambe impegnate nello Stretto di Sicilia, mettono i puntini sulle i

      http://www.vita.it/it/article/2017/03/24/mediterraneo-se-i-veri-complici-non-sono-le-ong-ma-leuropa/142874

    • Recuperi o salvataggi? Criminalizzazione dei soccorsi e altre stragi in mare

      È di alcune ore fa la notizia relativa all’ultimo terribile naufragio al largo della Libia, nel quale avrebbero perso la vita circa 240 persone, secondo il racconto dell’ong Pro-activa Open Arms, che ha recuperato cinque cadaveri trovati vicino a due gommoni vuoti. Il 20 marzo scorso erano stati accertati altri 38 morti al largo delle coste libiche. I migranti viaggiavano a bordo di due gommoni alla deriva che sono stati “soccorsi” dalla Guardia Costiera Libica.

      http://siciliamigranti.blogspot.ch/2017/03/recuperi-o-salvataggi-criminalizzazione.html

    • Mediterraneo: una politica di morte

      Anziché inviare missioni internazionali di soccorso, di garantire vie d’accesso legali e sicure e di operare per la pace e il miglioramento delle condizioni di vita nei paesi di partenza, si alimentano le guerre e si indaga sui soccorritori umanitari.

      Si vogliono sgomberare le acque a nord della costa libica da testimoni scomodi che potrebbero documentare l’assenza di soccorsi in acque internazionali i respingimenti collettivi congiunti già programmati tra EunavforMed, Frontex e la sedicente Guardia costiera libica.

      http://www.a-dif.org/2017/03/26/mediterraneo-una-politica-di-morte

    • Aid groups deny rescue ships in Mediterranean are abetting migrant smugglers

      Aid groups operating rescue ships in the Mediterranean have rejected suspicions raised by an Italian prosecutor that by saving tens of thousands of migrants they are effectively aiding Libya-based people smugglers.


      http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-idUSKBN16Z2C7?feedType=RSS&feedName=worldNews

    • NGOs under attack for saving too many lives in the Mediterranean

      The criminalisation of volunteers, activists and NGOs serves to deter European civic society from getting involved, and to ultimately weaken and divide the last bastion against the EU’s tough line on refugees and migrants that now prevails. It is this tough line that is also producing the systematic closure of legal routes out of Syria, trapping Syrians in border camps and protracted legal and existential limbo, and making the crossings from Libya into Italy more dangerous and deadly.

      https://nandosigona.info/2017/03/29/ngos-under-attack-for-saving-too-many-lives-in-the-mediterranean

    • Commentaire de Fulvio Vassallo sur Facebook, le 30 mars 2017 :

      Sta per partire l’operazione #Eunavfor_MED Fase tre. Ecco perche’ le Organizzazioni non governative devono essere allontanate dalla zona contigua alle acque territoriali libiche. Un disegno politico militare che produrrà migliaia di morti, in mare e nei centri di detenzione libici. http://m.huffingtonpost.it/news/eunavfor-med Un disegno politico sul quale l’Unione Europea punta la sua scelta di sbarramento. Divisi su tutto riescono solo a decidere la morte dei migranti.

    • Letting people drown is not an EU value

      A prosecutor in Catania, Sicily, has opened an inquiry into the funding streams for these groups, indicating a suspicion that they may be profiting illicitly from the movement of people in search of safety and better lives.

      This is the latest cruel twist in the EU’s response to boat migration from Libya. It reflects concern over increasing numbers of people embarking from Libya, the strain on the reception system in Italy and beyond, and the rise of xenophobic populism in many EU countries.

      But blaming the lifesavers ignores history, reality, and basic morality.

      As MSF’s Aurelie Ponthieu explained, the NGO group rescuers are not “the cause but a response” to an ongoing human tragedy.

      https://euobserver.com/opinion/137526

    • Contro la criminalizzazione dell’aiuto umanitario

      Riprendiamo una netta presa di posizione in merito a quanto sta accadendo in questi mesi nel Mediterraneo Centrale dove le Ong che svolgono operazioni di SAR (Search and Rescue) ovvero salvataggio e soccorso vengono additate come soggetti che “favoriscono l’ingresso illegale in Europa”. Hanno salvato e salvano vite che altrimenti andrebbero perdute e porterebbero a crescere il numero dei caduti presenti in quella immensa fossa comune che è divenuto quel tratto di mare. Come ADIF apprezziamo la presa di posizione dei parlamentari e ci auguriamo che questo porti rapidamente a provvedimenti concreti e che manifestino come bene primario la salvaguardia delle vite.

      http://www.a-dif.org/2017/04/11/contro-la-criminalizzazione-dellaiuto-umanitario

    • Proactiva Open Arms “Nulla da nascondere, noi salviamo vite, quello che dovrebbe fare l’Europa”

      Due punti nodali, uno all’inizio e l’altro al termine di una lunga conferenza stampa che si è tenuta con Oscar Camps, direttore di Proactiva Open Arms, e Riccardo Gatti, coordinatore della missione nel Mediterraneo Centrale. Dopo una audizione al Senato (Commissione Difesa) che ha preso le mosse da un’indagine conoscitiva su quanto sta accadendo nel Mediterraneo, e nel poco tempo fra un volo e l’altro, i due operatori umanitari hanno voluto incontrare i giornalisti nella sede della Stampa Estera di Roma, per spiegare e rompere il muro di mistificazioni che sta avvolgendo il loro operato. Il loro e quello di tutte le altre Ong che fanno ciò che spetterebbe ad un impegno politico europeo. Salvare vite.

      http://www.a-dif.org/2017/04/13/proactiva-open-arms-nulla-da-nascondere-noi-salviamo-vite-quello-che-dovrebbe

    • Soccorsi in mare tra macchina del fango e riconoscimenti internazionali

      Continua con cadenza quotidiana la campagna diffamatoria contro le ONG indipendenti che, sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana, fanno ancora attività di ricerca e soccorso in mare al largo delle coste libiche. Le ONG vengono addirittura paragonati ai pirati, e si alimenta il sospetto che le loro missioni siano finanziate dai trafficanti. Una totale inversione di senso, tra falsità e verità, che dà la misura del livello di disinformazione che si diffonde nella società italiana. Una disinformazione sulla quale si crea consenso elettorale per i partiti di estrema destra e si condizionano le scelte dei partiti di governo, come si è visto con gli ultimi decreti legge proposti da Minniti.

      http://www.a-dif.org/2017/04/20/soccorsi-in-mare-tra-macchina-del-fango-e-riconoscimenti-internazionali

    • Come rispondono le Ong alle accuse di M5S sugli aiuti ai migranti

      L’Italia ha stabilito nel 2015 il record per la concessione della cittadinanza ai migranti provenienti da altri continenti e da altri Paesi europei. Secondo i satio Eurostat riportati dal Corriere della Sera, nel 2014 i neocittadini italiani sono stati 129.887 e nel 2015 la cittadinanza si è aperta per 178.035 persone. L’Italia è seguita da Gran Bretagna (118mila), Spagna (114.351), Francia (113.608) e Germania (110.128).

      http://www.agi.it/cronaca/2017/04/22/news/migranti_cittadinanza_italiana_grillo_m5s_accuse_on_repliche-1708323

    • Ong ‘taxi del Mediterraneo’? Di Maio fa insinuazioni senza dare soluzioni

      E’ un evento prevedibile perché ciclico. Con l’inizio della bella stagione oltre al crescere delle foglie e allo sbocciare dei fiori, si rivede l’aumento degli sbarchi sulle coste italiane e, di conseguenza, l’incremento delle operazioni di soccorso in mare; segue l’arrivo di “transitanti” nelle città italiane e la crescita della spesa per la gestione dei flussi migratori: è qualcosa diventato “naturale” nel nostro Paese, perché legato agli irreversibili cicli della natura. L’ultimo anello della catena, consequenziale all’arrivo della stagione estiva, sono gli strali lanciati sui social da rappresentanti della politica italiana che, invece analizzare il problema e proporre soluzioni, preferiscono, spesso in mala fede, puntare il dito. «Chi paga questi taxi del Mediterraneo? E perché lo fa? – ha tuonato in un post sui social il vice presidente della Camera Luigi Di Maio – Presenteremo un’interrogazione in Parlamento, andremo fino in fondo a questa storia».

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/23/ong-taxi-del-mediterraneo-di-maio-fa-insinuazioni-senza-dare-soluzioni/3538861

    • Imaginary Criminals: Sea-Watch considers legal steps against attorney Zuccaro

      In an interview with the Italian Newspaper “La Stampa”, the italian attorney Carmelo Zuccaro repeatedly made imaginary accusations concerning a supposed cooperation among civil rescue organisations and smugglers. Thereby, he takes part in a campaign that defames those who rescue lives. For a representative of a sovereign judiciary this is not just unworthy but illegitimate. Sea-Watch considers legal steps.

      https://sea-watch.org/en/imaginary-criminals-sea-watch-considers-legal-steps-against-attorney-zucc

    • Migranti, Ong contro Di Maio: «Falsità». Dura la Cei: «Visione ipocrita». M5s: Commissione Ue faccia chiarezza

      Sul blog di Grillo l’annuncio di un’interrogazione all’Unione europea sui presunti contatti tra operatori umanitari e organizzazioni criminali libiche. Medici senza Frontiere e Intersos: «Accuse vergognose». Erri De Luca con Saviano: «Di Maio parla a vanvera». Il vice presidente della Camera: «Chi minaccia ha qualcosa da nascondere». E Renzi: «Problema esiste ma lui lo usa come diversivo»

      http://www.repubblica.it/politica/2017/04/24/news/migranti_ong_rispondono_a_accuse_di_maio_falsita_reagiremo-163794015

    • Navi di soccorso Ong: quasi un clima da caccia alle streghe

      Continua a montare l’escalation di illazioni e accuse di “collusione” con i trafficanti di uomini rivolte ormai da mesi contro le Ong impegnate nelle operazioni di soccorso alle barche dei migranti nel Canale di Sicilia. Il primo passo è stato un rapporto dell’agenzia Frontex, presentato sul finire del 2016, secondo il quale gli interventi in mare favorirebbero, sia pure involontariamente, gli scafisti. Poi, rafforzate da una inchiesta della Procura di Catania, si sono via via aggiunte numerose “voci” della politica: dei partiti di destra (a cominciare dalla Lega) e poi dei 5 Stelle ma, a quanto ha scritto il 20 aprile La Stampa, anche di esponenti vicini al Governo o del Governo stesso, tanto da arrivare a una indagine conoscitiva affidata alla Commissione parlamentare Difesa che, guidata dal senatore Nicola La Torre, sta convocando tutte le Ong più impegnate nel Mediterraneo. Interrogati da questa stessa Commissione, sia il generale Stefano Screpanti, capo del terzo Reparto Operazioni della Finanza, che l’ammiraglio Enrico Credendino, comandante della missione europea Eunavformed, hanno dichiarato che, a loro sapere, non risultano collegamenti di alcun tipo fra le Ong e le organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti. Ma neanche questo è bastato: le Ong restano sotto tiro. Le loro navi – si afferma – sarebbero come minimo un fattore di attrazione per gli scafisti, tanto da porre la necessità di “fare chiarezza” su tutti i programmi di salvataggio in mare.

      www.a-dif.org/2017/04/24/navi-di-soccorso-ong-quasi-un-clima-da-caccia-alle-streghe/

    • Eritrea, accuse alle ONG che soccorrono i barconi e acquista armi dalla Nord Corea

      Il regime eritreo esulta e sul suo giornale on-line, Tesfanews, rincara le critiche dirette contro le Organizzazioni non governative, impegnate nell’attività Search and Rescue (SAR). Le ONG sono accusate dall’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera (Frontex) di collusione con i trafficanti di uomini. Il bollettino di propaganda di Asmara, punta il dito su alcuni difensori dei diritti umani, attivisti eritrei, che da tempo hanno lasciato la loro patria.

      http://www.africa-express.info/2017/04/25/eritrea-accuse-alle-ong-che-soccorrono-barconi-e-acquista-armi-dall

    • Corteo 25 aprile, slogan davanti a sede Frontex. «La nuova Resistenza è al fianco dei migranti»

      Una deviazione non autorizzata, le forze dell’ordine prese alla sprovvista e qualche momento di tensione. Poi, però, di fronte agli uffici dell’agenzia europea - nell’ex monastero di Santa Chiara - un centinaio di manifestanti ci arrivano lo stesso. Tra le bandiere, gli slogan e i numeri dei morti in mare.

      http://catania.meridionews.it/articolo/54314/corteo-25-aprile-slogan-davanti-a-sede-frontex-la-nuova-resisten

    • Migranti, il procuratore Zuccaro: «Ong forse finanziate da trafficanti». Orlando: «Parli con gli atti»

      Il capo della Procura catanese, che indaga su una presunta collusione tra operatori umanitari e organizzazioni criminali libiche: «Tra le finalità potrebbe esserci anche l’inquietante corto circuito: destabilizzare la nostra economia». Minniti: «Evitare giudizi affrettati». Frontex: mai accusato le ong. Di Maio: «Ipocriti mi attacchino, vado fino in fondo»

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/04/27/news/migranti_procuratore_catania_ong_forse_finanziate_da_trafficanti-

    • MOAS, MSF e Sea Watch: ricerca e soccorso indipendenti nel post-Mare Nostrum

      Il 24 luglio 2015, sul sito di Mediterranean Hope uscì un ottimo articolo di Paolo Cuttitta ( in italiano e nella versione in inglese) che evidenziava, quindi già 2 anni fa, il ruolo che stavano prendendo le Ong per salvare le persone nel Mediterraneo Centrale dopo la chiusura di Mare Nostrum. Una analisi attenta delle prime tre Ong che sono intervenute in quel contesto evidenziando affinità e differenze negli approcci e nelle mission che si davano, nelle stesse modalità operative. Cuttitta, da attento ricercatore, in un articolo estremamente sintetico definiva già il 2015 l’anno delle Ong e documentava tutto quello che oggi sembra scandalizzare coloro che vorrebbero impedire che proseguano tali operazioni di intervento. Nel 2016, in un successivo articolo dello stesso autore, si documentavano le ragioni dell’aumentata presenza di navi umanitarie nella rotta del Mediterraneo Centrale. Ora sono molti di più gli attori in campo e la situazione in quel tratto di mare è divenuta ancora più critica così come evolve tragicamente la spirale nei paesi di fuga e di transito. Riaffermare che dietro gli interventi di privati non c’è stata la logica del business ma quella della necessità di ridurre i danni provocati dal combinato disposto di leggi ingiuste e assenza di mezzi di soccorso dell’UE è doveroso. Ad oggi sono quasi 1000 le persone che hanno già perso la vita nella traversata, intimidire chi salva le persone significa far aumentare a dismisura tale numero. Non un rischio ma una certezza.

      http://www.a-dif.org/2017/04/22/moas-msf-e-sea-watch-ricerca-e-soccorso-indipendenti-nel-post-mare-nostrum

    • Siate sinceri. Volete solo che le navi Ong smettano di salvare vite

      «Dovremmo lasciarli morire in mare»: più monta l’operazione di stigmatizzazione e colpevolizzazione nei confronti delle Ong che salvano vite umane nel Mediterraneo, più chiaramente prende forma questo truce sottotesto. Ma si tratta di una deduzione implicita, suggerita sotto voce e non rivendicata, perché nessuno ha avuto ancora il coraggio di arrivare in fondo al ragionamento (oddio, qualcuno ci va molto, ma molto vicino). Perché, se l’impianto accusatorio (ancora non supportato da alcun elemento di prova emerso dalle indagini conoscitive in corso e da quelle giudiziarie chiassosamente annunciate) intende processare l’operato di una decina di organizzazioni impegnate a salvare vite, l’obiettivo sembra essere comunque che quelle navi smettano di operare. E, con esse, si interrompa anche l’attività dei nostri militari.

      http://www.huffingtonpost.it/luigi-manconi/siate-sinceri-volete-solo-che-le-navi-ong-smettano-di-salvare-v

    • Giorni di populismo giudiziario. Cosa si vuole nascondere dietro la criminalizzazione della solidarietà.

      La polemica sulle esternazioni del procuratore di Catania Zuccaro sulle connivenze tra ONG e trafficanti di esseri umani sta raggiungendo i più alti vertici istituzionali. Non è bastato che venisse dimostrato come la fonte stessa delle prime insinuazioni, l’agenzia Europea Frontex, fosse stata largamente fraintesa e poi le abbia sostanzialmente ritrattate. Come ha osservato l’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, se si tratta di contrastare fattori di attrazione (pull factor), che non si traduce certo nella contestazione di un reato, lo stesso attacco rivolto oggi alle ONG venne sferrato da Frontex, alla fine del 2014, contro l’operazione mare Nostrum ed i vertici della Marina e della Guardia Costiera italiana.


      http://www.a-dif.org/2017/04/29/giorni-di-populismo-giudiziario-cosa-si-vuole-nascondere-dietro-la-criminaliz

    • Inchiesta sulle ONG: «Questi sono dati piuttosto approssimativi, ma che hanno un’approssimazione abbastanza affidabile»

      Mercoledì 22 marzo 2017 il “Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione” ascolta in audizione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Carmelo Zuccaro. Proprio lui. Il resoconto stenografico è qui. Rileggere alcuni passaggi può essere utile alla discussione:

      https://left.it/2017/05/01/inchiesta-sulle-ong-questi-sono-dati-piuttosto-approssimativi-ma-che-hanno-unap

      Le procès-verbal des déclarations de Zuccaro:
      http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/30/indag/c30_confini/2017/03/22/indice_stenografico.0041.html

      Migranti, sulle Ong Zuccaro insiste: «Notizie date da Frontex, non ho nuove prove». Orlando: «Nessun illecito disciplinare»

      Il magistrato al centro delle polemiche per l’inchiesta sui legami tra organizzazioni e trafficanti di esseri umani chiede davanti alla commissione Difesa del Senato di poter usare le intercettazioni. Il ministero non interverrà nei suoi confronti: lo ha confermato il guardasigilli. La Marina: «Le organizzazioni non governative non ci intralciano»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/03/news/ong_migranti_scafisti_procura_catania_zuccaro-164500643

    • Gli sbarchi in aumento del 51% e il peso crescente dei salvataggi privati

      Le persone giunte in Italia dal 1° gennaio al 27 marzo di quest’anno sono 21.939; nel 2016, nello stesso periodo, furono 14.505. Altri 68 siriani salvati dai corridoi umanitari

      http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_aprile_27/gli-sbarchi-aumento-51percento-peso-crescente-salvataggi-privati-0d87b
      –-> commentaire de Mathilde Auvillan sur twitter:

      La domanda è : qual’era la fonte del @Corriere per questo articolo?

    • Signor Leggeri, parliamone!

      Una lettera rivolta all’ex ministro francese della Difesa e degli Interni che da inizio 2015 dirige Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera.
      Jugend Retten e Sea-Watch sono due organizzazioni impegnate nei salvataggi in mare. Dopo le affermazioni di Leggeri che gettano ombre sul loro operato, riprese poi dal procuratore di Catania Zuccaro, sono tra le ong maggiormente attaccate anche dalla politica italiana nella campagna di diffamazione che tiene banco in queste settimane. Melting Pot esprime la massima solidarietà e vicinanza alle ong. Build Bridges Not Walls! (ndr).

      http://www.meltingpot.org/Signor-Leggeri-parliamone.html

      Original en anglais:
      https://www.facebook.com/notes/jugend-rettet-ev/sehr-geehrter-herr-leggeri-lets-talk/659380767604493

    • Migranti, il procuratore di Siracusa: «Non ci risulta alcun legame tra Ong e trafficanti»

      SIRACUSA. «A noi come ufficio non risulta nulla per quanto riguarda presunti collegamenti obliqui o inquinanti tra ong o parti di esse con i trafficanti di migranti. Nessun elemento investigativo": lo ha detto il procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, in Commissione Difesa del Senato.

      http://siracusa.gds.it/2017/05/02/migranti-il-pm-di-siracusa-non-ci-risulta-alcun-legame-tra-ong-e-trafficanti_660690/#

    • MSF accusa: Sono le politiche europee, non le ONG, a favorire i trafficanti “Nel Mediterraneo deliberata operazione di non – intervento a soccorso di persone in pericolo

      «In due anni abbiamo salvato 60 mila persone e per noi questo è il punto di partenza ineludibile. Lo abbiamo dovuto fare noi e tanti altri sono stati salvati dalle altre Ong per una ragione molto semplice. Chi dovrebbe farlo non lo fa e l’Europa non ha realizzato un progetto europeo di soccorso in mare». La conferenza stampa di Loris De Filippi e Marco Bertotto, rispettivamente Presidente e Responsabile Adovacy di Medici Senza Frontiere, realizzata dopo l’audizione nella Commissione Difesa del Senato, nel quadro di un’indagine conoscitiva, ha costretto i tanti giornalisti presenti alla massima attenzione. Entrambi i relatori trapelavano passione e indignazione, ma soprattutto fatica. Fatica per un incontro durato due ore, in cui gli stessi si sono sentiti ripetere domande stantie, superficiali, parte integrante di quel “pattume” che si sta gettando, come ha ripetuto De Filippi, sulla parte migliore di questo paese. L’ascolto dell’audizione è utile e deve divenire memoria da conservare per non dimenticare chi ha detto cosa. È utile ma in alcuni passaggi fa veramente indignare, in altri lascia basiti, di fronte all’idea di essere rappresentati, in un organismo così delicato e importante, da persone palesemente inadeguate e prive delle nozioni principali o altrettanto palesemente offuscate nelle domande poste, da una visione politica e umana ristretta e limitata. Ci servirà in questi giorni che sono insieme tragici e grotteschi in cui le risposte alla catastrofe umanitaria che continua a perpetrarsi nel Mediterraneo Centrale – oltre 1000 morti in questi 4 mesi del 2017, 5000 lo scorso anno, quasi 12 al giorno – si risolvono nell’infangare chi tenta di impedire che ancora più persone periscano. Ci servirà in questi giorni e ci servirà nei prossimi mesi e anni, ci servirà anche ascoltare puntate di trasmissioni come “In mezz’Ora”, in onda domenica 30 aprile, in cui mentre De Filippi tentava di argomentare il proprio operato, il solito Salvini parlava, senza rivelare la fonte, di dossier dei servizi segreti che comprovavano complicità fra trafficanti e Ong e di navi utilizzate per far passare armi e droga. Un esponente politico, forse più di un qualsiasi cittadino che ha prova di tale reato ha il dovere di denunciarlo nella prima procura competente e non di parlarne in tv per pura propaganda personale.

      http://www.a-dif.org/2017/05/03/msf-accusa-sono-le-politiche-europee-non-le-ong-a-favorire-i-trafficanti-nel-

    • Zuccaro e le Ong, quell’insostenibile deficit di cultura della comunicazione

      La cronaca conferma che la Giustizia ha un problema di comunicazione, anche se soltanto il 13,8% dei magistrati ne ha consapevolezza. Csm e Scuola devono colmare questa lacuna culturale, che si ritorce contro la trasparenza e la credibilità dell’istituzione

      www.questionegiustizia.it/articolo/zuccaro-e-le-ong_quell-insostenibile-deficit-di-cultura-della-comunicazione_03-05-2017.php

    • Italy Prosecutor Investigating NGO Rescuers Says Has No Proof of Wrongdoing

      ROME — An Italian prosecutor who began an investigation into possible ties between humanitarian organizations that rescue migrants at sea and Libya-based people smugglers said on Wednesday he had no proof of any wrongdoing.

      https://www.nytimes.com/reuters/2017/05/03/world/europe/03reuters-europe-migrants-italy-ngo.html?smid=tw-share

      v. aussi: http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-ngo-idUSKBN17Z260

    • Grasso difende le Ong: determinanti. Accuse politicamente strumentali

      FIESOLE. «Sono certo, anche per la mia lunga esperienza personale, che la magistratura e le forze di polizia faranno piena luce su eventuali opacità e che proveranno e puniranno i reati che siano stati eventualmente commessi. Questo avvenga però nel rispetto rigoroso delle regole e della riservatezza necessaria a garantire il successo delle indagini».

      http://gds.it/2017/05/04/grasso-difende-le-ong-determinanti-accuse-politicamente-strumentali_661400/#

    • Le indagini sulle Ong proseguono senza che ancora emergano concreti fatti di reato

      Ancora oggi abbiamo assistito ad un ulteriore ridda di dichiarazioni e controdichiarazioni, sulle presunte responsabilità delle Ong impegnate nelle attività di ricerca e soccorso dei migranti nelle acque a nord della Libia. Anche il clima di confusione e i ripetuti tentativi di strumentalizzazione finiscono col produrre iniziative violente che destano un grave allarme per quello che potrà ancora accadere in futuro se gli attacchi alle Ong continueranno. Ancora una volta le dichiarazioni dell’agenzia Frontex sono apparse contrastanti per quanto affermato dal suo direttore Fabrice Leggeri, e , in senso contrario, dalla portavoce Isabelle Cooper, che ha continuato ad escludere qualsiasi responsabilità a carico delle Ong impegnate in mare. Sono continuate anche le audizioni davanti la IV Commissione Difesa del Senato che il 3 maggio aveva ascoltato il Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro.

      http://www.a-dif.org/2017/05/05/le-indagini-sulle-ong-proseguono-senza-che-ancora-emergano-concreti-fatti-di-

    • Humanitaires en Méditerranée: complices objectifs ou boucs émissaires?

      Il y a quelques jours, un procureur italien affirmait avoir des preuves sur les liens entre des passeurs libyens et des organisations humanitaires pour secourir les migrants en Méditerranée. Rebondit ainsi la polémique en cours sur le rôle des ONG, provoquée par les critiques de Frontex et relayées par Theo Francken.

      http://plus.lesoir.be/91825/article/2017-04-28/humanitaires-en-mediterranee-complices-objectifs-ou-boucs-emissaires

    • Migranti e Ong. Il pm Zuccaro. « Ipotesi, ma nessuna prova. Però dateci norme adeguate »

      Il procuratore etneo è stato ascoltato in Senato dopo le accuse alle organizzazioni di soccorritori. Ha ribadito che non ci sono riscontri. Dietro le quinte una faida tra 007 europei?

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/zuccaro-senato

      Le procureur qui fait le politicien au lieu de s’occuper de justice :

      «Il nostro Paese non è in grado di ospitare tutti i migranti, compresi quelli economici». Lo ha affermato il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in audizione davanti alla Commissione Difesa del Senato. «La differenza tra rifugiati e migranti economici non è un discrimine per le Ong ma è importante per lo Stato, e il controllo dei flussi migratori non può che competere agli Stati».

    • MARE VOSTRUM

      Le ONG (Organizzazioni non governative) intervengono troppo vicino alle coste libiche per salvare i migranti a bordo dei barconi. Così Fabrice Leggeri, Direttore di Frontex (l’Agenzia Europea di Guardia di frontiera e costiera), lanciava il primo sasso nel Mediterraneo nello scorso mese di febbraio.

      Una frase che è rimasta senza eco per diverse settimane ma che ha preso vigore nelle ultime settimane dopo che il Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ha aperto un fascicolo conoscitivo, senza indagati né capi di accusa, su sette ONG che, con tredici navi, salvano migranti nel Mediterraneo. Il sospetto è che queste organizzazioni possano avere un qualche tornaconto dalle loro attività; che la loro disponibilità in denaro appare poco trasparente e che non è da escludere una forma di collusione con gli scafisti che lucrano sulla pelle dei migranti . Le stesse organizzazioni umanitarie ribadiscono la trasparenza dei loro bilanci e che intervengono per dare una risposta umanitaria ad un problema e non sono certo la causa di quel problema. Infine anche la politica, soprattutto attraverso gli esponenti del Movimento 5 stelle si è buttata sul “caso” attraverso accuse e polemiche contro le ONG.

      Al di là delle polemiche, tuttavia, la problematica dei migranti nel Mediterraneo continua soprattutto ora alla vigilia della bella stagione che facilita la traversata del Mare Nostrum. Qual è il punto della situazione? Qual è il ruolo esatto di ONG e Frontex? Qual è il destino di coloro che sono sbarcati in Europa e che sono destinati ad essere respinti in massa?

      http://www.rsi.ch/rete-uno/programmi/informazione/modem/MARE-VOSTRUM-8982292.html

      Izabella COOPER, portavoce di Frontex, ha dichiarato durante la trasmissione :
      « Salvare le vite umane nel mare è l’obbligo legale imposto dalla legge internazionale. Su questo non c’è dubbio. I mezzi di Frontex l’anno scorso hanno salvato circa 90’000 persone in Italia e in Grecia. Su questo non si può assolutamente nemmeno discutere »

      –-> à mettre en lien avec les propos du directeur de Frontex, Fabrice Leggeri (22.04.2015) :

      “Triton ne peut pas être une opération de recherche et sauvetage. Je veux dire, dans notre plan opérationnel, nous ne pouvons pas avoir les moyens pour une action de recherche et sauvetage. Ce n’est pas le mandat de Frontex, et, selon moi, ce n’est pas le mandat de l’Union européenne non plus”.

      https://www.theguardian.com/world/2015/apr/22/eu-borders-chief-says-saving-migrants-lives-cannot-be-priority-for-patr

      v. aussi ces messages postés par Lisa Bosia sur FB, le 6 ou 7 mai 2017...

      Et un peu plus bas :

    • Ong e migranti, Zuccaro faceva meglio a stare zitto. Ora è un’arma per Salvini

      Non concordo con le valutazioni fatte da Guido Ruotolo, un collega che stimo da sempre, rispetto al ruolo avuto dal Procuratore distrettuale di Catania, Carmelo Zuccaro, nella vicenda ong. Ruotolo sostiene, in sintesi, che il Procuratore è stato protagonista di un’operazione verità e che per questo vada ringraziato.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/05/ong-e-migranti-zuccaro-faceva-meglio-a-stare-zitto-ora-e-unarma-per-salvini/3564836

    • Coast Guard expresses concern over rescue groups in the Mediterranean

      Chief of Libyan Coast Guard in the central region, Rida Essa, has accused rescue organizations in the Mediterranean of encouraging the influx of illegal immigrants from Libya to the EU.

      He said the rescue boats of these organizations have given a signal to the immigrants that their journey to the EU would be safe, causing an increase in the number of immigrants.

      He added that the Libyan Coast Guard has expressed concerns to Operation Sophia about these boats, but it did not take any actions against them.

      https://www.libyaobserver.ly/inbrief/coast-guard-expresses-concern-over-rescue-groups-mediterranean

    • Ong tedesche: “Ue abbandona migranti”. Sea Watch: “Frontex e Sophia hanno cercato incidente in mare per screditarci”

      Pauline Schmidt, portavoce di Jugend Rettet: «Mai avuto contatti con i trafficanti». Ruben Neugebauer, di Sea Watch: «La Guardia costiera italiana fa tutto il possibile per salvare le persone, le missioni dell’Ue no». E sui finanziatori: «La legge sulla protezione dei dati impedisce di pubblicare i nomi dei donatori senza il loro consenso, ma se un’autorità giudiziaria dovesse richiederli li otterrebbe facilmente»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/06/ong-tedesche-ue-abbandona-migranti-sea-watch-frontex-e-sophia-hanno-cercato-incidente-in-mare-per-screditarci/3563055

    • Accusations, Rescue Operations and Drownings: What happens in the Med? – Interview with Ruben Neugebauer, spokesperson of Sea-Watch e.V.

      Sea-Watch is a Search and Rescue organisation that is carrying out operations in the Central Mediterranean Coast, North of the Libyan coast. It is entirely founded through private donations as well as by the protestant church and some other foundations. But has no ties to politically institutions, or criminal networks, as stated in some allegations by the Italian prosecutor. Sea-Watch was funded by some private people around Harald Höppnera, civil organisations and volunteers. Volunteers from different backgrounds run more than 90 per cent of the work of Sea-Watch. Most of them are based in Germany but we are becoming increasingly European.

      http://www.ecre.org/accusations-rescue-operations-and-drownings-what-happens-in-the-med-interview-

    • Zuccaro: «Le indagini provano gli interessi delle mafie sui migranti»

      ROMA. Il ricco #business dell’accoglienza dei migranti attira gli «appetiti» delle mafie. Lo dimostrano le indagini, ha riferito il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ribadendo che quella dei rapporti tra trafficanti di uomini e ong è «un’ipotesi di lavoro, non ho elementi probatori», ma certo «la gestione dei flussi migratori spetta allo Stato e non alle organizzazioni umanitarie». Intanto sale ancora il bilancio dei naufragi dei giorni scorsi: 245 tra morti e dispersi ed il capo dello Stato, Sergio Mattarella, in visita in Argentina, ha parlato di «immani tragedie», stigmatizzando «intolleranza e discriminazioni"

      http://gds.it/2017/05/09/zuccaro-le-indagini-provano-gli-interessi-delle-mafie-sui-migranti_663392
      #mafia #Italie #accueil #asile #migrations #réfugiés

    • Libye : près de 500 migrants sur une embarcation interceptée par les gardes-côtes

      Près de 500 migrants, dont 277 Marocains, entassés sur une seule embarcation, ont été interceptés par les garde-côtes libyens mercredi au large de la ville de Sabratha (ouest), alors qu’ils prenaient le large vers les côtes italiennes.

      « Une ONG (allemande), Sea Watch, a tenté de perturber l’opération des gardes-côtes (...) dans les eaux libyennes en voulant récupérer les migrants sous prétexte que la Libye n’était pas sûre », a indiqué à l’AFP le porte-parole de la marine libyenne Ayoub Kacem.

      http://www.courrierinternational.com/depeche/libye-pres-de-500-migrants-sur-une-embarcation-interceptee-pa

    • Italie. Mais d’où viennent tous ces soupçons sur les ONG ?

      Ces derniers mois, les ONG qui sauvent des migrants en Méditerranée font l’objet d’une suspicion grandissante : les uns les pensent “complices” des passeurs, les autres leur reprochent, par leur présence, d’inciter les migrants à tenter la traversée. Retour sur la genèse de ces rumeurs.

      http://www.courrierinternational.com/article/italie-mais-dou-viennent-tous-ces-soupcons-sur-les-ong

    • Libyan coastguard turns back nearly 500 migrants after altercation with NGO ship

      Libya’s coastguard said it had intercepted nearly 500 migrants packed onto a wooden boat and returned them to Tripoli on Wednesday after warning off a ship that was preparing to pick them up for passage to Europe.
      Footage filmed by Sea-Watch, a non-governmental organization, showed a Libyan coastguard vessel coming within meters of its own ship as it sped to stop the migrants.

      http://mobile.reuters.com/article/idUSKBN1862Q2

    • Il pm di Trapani: “Indagini su alcuni membri delle Ong per immigrazione clandestina”

      «La procura di Trapani ha in corso indagini che concernono l’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e che coinvolgono anche non le ong come tali ma soggetti, persone fisiche appartenenti alle ong». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Trapani Ambrogio Cartosio in audizione davanti alla commissione Difesa del Senato.

      http://www.lastampa.it/2017/05/10/italia/cronache/il-pm-di-trapani-indagini-su-alcuni-membri-delle-ong-per-immigrazione-clandestina-m9kKXWoyZVIUV5d54lMwmI/pagina.html

    • Trapani, indagati gli equipaggi di Msf «Dissero ai migranti: non collaborate»

      Le accuse alla Ong. La Guardia Costiera libica riporta a Tripoli una nave con 300 migranti. Dal 1 gennaio i migranti sbarcati in Italia sono stati 44mila

      http://www.corriere.it/cronache/17_maggio_10/trapani-indagati-equipaggi-ms-dissero-migranti-non-collaborate-36c2f052-35b

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ecco questo e’il punto. La mancata collaborazione con la polizia. Come se gli operatori delle ong dovessero trasformarsi in testimoni di giustizia o in agenti di polizia giudiziaria. Tanto i testimoni di comodo si trovano sempre.

    • La Procura di Trapani: navi delle ong intervengono senza avvertire la guardia costiera

      ROMA. Le navi delle ong sanno in anticipo dove si troveranno i barconi partiti dalla Libia e li vanno a prendere anche senza avvertire la Guardia costiera di Roma. A ricostruire il modus operandi è stato il procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio, che ha aperto un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le indagini, ha precisato, «coinvolgono non le ong come tali ma persone fisiche appartenenti alle ong».

      http://gds.it/2017/05/10/migranti-indagini-su-membri-di-ong-laccusa-della-procura-di-trapani_663714

    • Migranti, la denuncia di Msf: «Spari da sconosciuti contro una nostra nave di soccorso»

      Uomini armati a bordo di un motoscafo hanno aperto il fuoco verso la Bourbon Argos e poi sono saliti a bordo. La marina libica: «Era un nostro battello che ha esploso solo colpi d’avvertimento, ma non abbiamo né colpito né arrembato la nave». L’ong dal 21 aprile ha recuperato in mare 10.925 persone

      http://www.repubblica.it/esteri/2016/08/28/news/migranti_marina_libica_nave_msf-146777914

    • Migranti, SOS Mediterranee scrive all’Europa. «Mettere in pratica la solidarietà»

      Lettera aperta ai capi di governo europei per chiedere, tra le altre cose, di accrescere i mezzi di soccorso in mare per salvare vite umane, porre fine alla criminalizzazione delle Ong e garantire che i migranti siano condotti in un porto sicuro conformemente al diritto internazionale

      http://www.agenzia.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/534549/Migranti-SOS-Mediterranee-scrive-all-Europa-Mettere-in-prat

    • Press release: Sea-Watch demands independent investigation of the illegal return of an overcrowded wooden boat

      On the 10th of May, Sea-Watch witnessed an illegal pull back of several hundred migrants into Libyan waters. The captain had received a mandate from the Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) in Rome to attend to the rescue of the wooden boat in distress. Upon arrival of a patrol vessel from Libya, the rescue crew retreated on the speedboat and watched the incident from a distance. “We wonder to what extent European authorities were involved in the questionable operation on Wednesday. If the European Union actually incites the Libyan Coast Guards to carry out illegal actions, that is a scandal”, says CEO Axel Grafmanns.


      https://sea-watch.org/en/pm-sea-watch-demands-independent-investigation-of-the-illegal-return-of-a

    • Les garde-côtes libyens interceptent des migrants secourus par une ONG

      L’équipage du navire de secours au migrants de l’ONG Sea Watch a vécu un moment de frayeur mercredi 10 mai au matin au large de la Libye. Alors qu’il venait d’aborder une embarcation de migrants en détresse dans les eaux internationales, les garde-côtes libyens se sont interposés et ont ramené de force les migrants à terre.

      http://www.rfi.fr/afrique/20170511-garde-cotes-libyens-interceptent-migrants-secourus-une-ong?ref=tw

    • Libyan Coast Guard Cuts Across Bow of Rescue Vessel

      On Friday, the German maritime rescue NGO Sea-Watch called for an investigation into a Libyan coast guard interdiction in international waters, which resulted in the return of hundreds of maritime migrants to Libyan shores. In addition, the group posted video showing a potentially dangerous close-quarters situation in which the Libyan vessel cut across the bow of the rescue ship.

      http://maritime-executive.com/article/libyan-coast-guard-cuts-across-bow-of-rescue-vessel

    • Gli operatori umanitari nella morsa delle manovre politiche e delle inchieste giudiziarie. Ma intanto chi risponde della sorte dei migranti riportati in Libia?

      Non passa giorno che non aumentino gli interventi di certa stampa contro le Organizzazioni umanitarie che continuano a soccorrere migranti in acque internazionali a nord di quelle territoriali libiche. Dopo gli attacchi indiscriminati alle stesse organizzazioni, finora smentiti da fatti realmente accertati, sembra che l’attenzione di qualche procura, come quella di Trapani, si stia concentrando su singole persone. Probabilmente un atto dovuto, conseguente a informative di polizia che sembrano configurare il reato di agevolazione all’ingresso irregolare, previsto dall’art.12 del Testo Unico sull’immigrazione. Un tentativo per scoprire “mele marce” all’interno degli equipaggi delle ONG, ma probabilmente anche per dividere le organizzazioni tra loro. E che comunque finisce per delegittimare l’intero operato di tutti i gruppi umanitari le ONG. Tutto questo dopo settimane di una campagna mediatica senza precedenti, basata soprattutto sulle dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Repubblica di Catania [1].

      http://www.meltingpot.org/Gli-operatori-umanitari-nella-morsa-delle-manovre-politiche.html
      v. aussi: https://seenthis.net/recherche?recherche=%23libye+%23externalisation+%23italie

    • Central Med: Mounting number of drownings amid sparking debate on civilian search and rescue operations

      This week the NGOs, Jugend Rettet, Sea-Watch and Sea-Eye, involved in SAR were invited to the Italian senate defence committee to offer further explanation on their activities. At the same time media reported that the Italian parliament is considering stricter regulations especially on financial transparency for SAR NGOs.

      In late April the public prosecutor of the tribunal of Catanis, Sicily, Carmelo Zuccaro accused civilian SAR NGOs to be in contact with human traffickers as well as being potentially financed by smugglers. He later stated that his allegations were not based on evidence. While the High Council of the Judiciary has announced a disciplinary hearing with the public prosecutor, populist opposition politicians from the Five Star Movement and the Northern League, sided with Zuccaro. The EU border control agency Frontex in leaked reports in December 2016 described NGOs as “unintentionally” acting like a pull factor. Frontex Director Fabrice Leggerie backed this criticism in an interview in February this year, while Frontex spokesperson Ewa Moncure withdrew the agencies criticism stating that in late April that it had never criticised #SAR operations.

      https://www.ecre.org/central-med-mounting-number-of-drownings-amid-sparking-debate-on-civilian-sear

    • Accordi tra Italia e Libia e respingimenti collettivi in acque internazionali. Cosa si nasconde dietro la criminalizzazione delle Organizzazioni non governative

      La situazione attuale delle attività di ricerca e soccorso operate dalle ONG nelle acque del Mediterraneo centrale è sempre più critica, tra false informazioni diffuse dai servizi segreti e da Frontex, ventate di populismo giudiziario, speculazione politica e diffamazione mediatica. A nessuno sembra importare davvero della vita e della morte di migliaia di pesone in fuga dalla Libia, ed in rete si moltiplicano i commenti diffamatori o apertamente razzisti.

      http://www.a-dif.org/2017/05/14/accordi-tra-italia-e-libia-e-respingimenti-collettivi-in-acque-internazionali

    • Migranti, Sos Mediterranee scrive all’Unione europea

      Salvare, proteggere, testimoniare. La nostra organizzazione umanitaria europea di soccorso marittimo SOS MEDITERRANEE si basa sul principio del rispetto della vita e della dignità umana. La nostra organizzazione è composta da tre associazioni sorelle in Germania, Francia e Italia, tutte impegnate per i seguenti obiettivi: salvare vite umane, proteggere e assistere le persone soccorse, così come testimoniare circa le realtà della migrazione nel Mediterraneo, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica in Europa.

      Fin dal lancio della nostra missione 14 mesi fa, abbiamo completato 101 operazioni di soccorso sotto l’autorità del Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) di Roma e accolto un totale di quasi 18.000 persone a bordo della Aquarius, 1/4 dei quali sono minori, la maggior parte di loro non accompagnati. Le persone soccorse dalle nostre squadre hanno avuto motivi diversi per lasciare i loro paesi di origine, ma ora hanno tutti lo stesso obiettivo: fuggire dalla Libia, che essi descrivono come l’inferno, e trovare un futuro sicuro.

      http://catania.livesicilia.it/2017/05/10/migranti-sos-mediterranee-scrive-allunione-europea_416620

    • Reçu avec ce commentaire par Fulvio Vassallo :

      Salvataggi che sanno di sequestro di persona conseguenza del ritiro di FRONTEX e delle navi militari italiane.

      Libyan coastguards rescue 400 migrants off #Sabratha shores

      According to the coastguard sources, the migrants were all stuffed in a rickety wooden boat and were in danger of drowning when the patrols rescued them.


      http://www.libyanexpress.com/libyan-coastguards-rescue-400-migrants-off-sabratha-shores

    • Gli operatori umanitari nella morsa delle manovre politiche e delle inchieste giudiziarie. Ma intanto chi risponde della sorte dei migranti riportati in Libia ?

      Non passa giorno che non aumentino gli interventi di certa stampa contro le Organizzazioni umanitarie che continuano a soccorrere migranti in acque internazionali a nord di quelle territoriali libiche. Dopo gli attacchi indiscriminati alle stesse organizzazioni, finora smentiti da fatti realmente accertati, sembra che l’attenzione di qualche procura, come quella di Trapani, si stia concentrando su singole persone. Probabilmente un atto dovuto, conseguente a informative di polizia che sembrano configurare il reato di agevolazione all’ingresso irregolare, previsto dall’art.12 del Testo Unico sull’immigrazione. Un tentativo per scoprire “mele marce” all’interno degli equipaggi delle ONG, ma probabilmente anche per dividere le organizzazioni tra loro.E che comunque finisce per delegittimare l’intero operato di tutti i gruppi umanitari le ONG. Tutto questo dopo settimane di una campagna mediatica senza precedenti, basata soprattutto sulle dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Repubblica di Catania.

      http://www.africa-express.info/2017/05/11/gli-operatori-umanitari-nella-morsa-delle-manovre-politiche-e-delle

    • Libyan Navy claims German NGO hindered migrant rescue

      General Ayob Amr Ghasem, Libyan Navy spokesman, said that one of the NGO’s boats had sought to stop the rescue operation underway by a Libyan motorboat by threatening to ram into it, according to a document sent to ANSA by the spokesman. The incident occurred on Wednesday morning. The migrant vessel made of wood and carrying almost 500 migrants was intercepted ’’19 nautical miles north of Sabratha’’, the spokesman said. When the ’Kifah’ motorboat came close to the migrant vessel, the Sea Watch boat allegedly ’’changed direction in such a way to collide with’’ the Libyan Coast Guard said.

      http://www.ansamed.info/ansamed/en/news/sections/generalnews/2017/05/11/libyan-navy-claims-german-ngo-hindered-migrant-rescue_e3c044e4-6eea-441a-9

    • Salvataggi in mare, e ora la guardia costiera libica riporta i migranti a Tripoli

      La denuncia della Ong tedesca Sea-Watch. Tutto nasce da un episodio, che potrebbe essere il primo di una serie sempre più lunga. E’ comunque certo che l’attività della Guardia Costiera libica è aumentata e che c’è l’ordine di riportare indietro sempre più persone. Anche in acque internazionali, dove le Ong potrebbero dare fastidio

      http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2017/05/13/news/le_navi_libiche-165320767/?platform=hootsuite

    • Migranti, stop ai corridoi umanitari gestiti dalle Ong

      Il documento con le linee guida proposte dalla commissione Difesa del Senato è stato approvato all’unanimità

      http://www.lastampa.it/2017/05/16/italia/politica/migranti-stop-ai-corridoi-umanitari-gestiti-dalle-ong-y9cRAJqQtbVp2uxJUxk8BI/pagina.html

      –-> «#corridors_humanitaires»?????????

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Un «lenzuolo di vergogna» ricopre chi ha votato questa mozione e chi la rilancia diffondendo disinformazione. Le Ong non hanno aperto corridoi umanitari ma hanno adempiuto obblighi di ricerca e salvataggio che gli stati e le afenzie come FRONTEX , hanno sistematicamente violato. E di questo ci sono le prove. Non sulla collusione tra Ong e trafficanti.

    • Ong, la Commissione Difesa del Senato archivia tutto

      Come era prevedibile e auspicabile a fronte dell’assoluta mancanza di prove dopo tutte le audizioni arriva la “sentenza”: «Nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti, il soccorso in mare dei migranti è doveroso e ineludibile». La white list auspicata dai non governativi sarà realtà

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/16/ong-la-commissione-difesa-del-senato-archivia-tutto/143385

    • Minniti a Tripoli e la Commissione Difesa del Senato aggirano i divieti di respingimento.

      Le Ong non hanno aperto corridoi umanitari ma hanno adempiuto obblighi di ricerca e salvataggio che gli stati e le agenzie come FRONTEX , hanno sistematicamente violato. E di questo ci sono le prove. Non sulla collusione tra Ong e trafficanti. La Commissione Difesa non rileva nessun elemento di reato e sposta il tiro su argomenti che sono manifesti politici in vista delle elezioni. Adesso occorre vietare i “corridoi umanitari”. Ed asservire gli operatori umanitari alle attività di polizia.

      http://www.a-dif.org/2017/05/17/minniti-a-tripoli-e-la-commissione-difesa-del-senato-aggirano-i-divieti-di-re

    • Amnesty su indagine conoscitiva del Senato sull’attività delle ONG

      Commentando le conclusioni dell’indagine conoscitiva svolta dalla commissione Difesa del Senato sul “contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori che interessano la rotta del Mediterraneo e sull’impatto delle attività delle Ong”, il direttore generale di Amnesty International Italia Gianni Rufini ha rilasciato questa dichiarazione:

      “Ben venga la sollecitazione alla massima trasparenza da parte delle Ong, ma prima di chiedere loro di astenersi dal salvare vite umane nel Mediterraneo sarebbe fondamentale pretendere che il rispetto dei diritti umani di chi fugge da guerra e persecuzione tornasse al centro delle politiche dell’Unione europea”.

      “La commissione Difesa sostiene che non può essere consentita la creazione di ‘corridoi umanitari gestiti autonomamente dalle Ong’, trattandosi di un compito spettante agli stati o agli organismi internazionali. Ma andrebbe sottolineato che se l’Unione europea avesse dato priorità alle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo anziché rinunciarvi, dopo la meritoria iniziativa italiana di Mare nostrum, in favore di politiche di respingimento e di accordo con paesi terzi, le Ong non avrebbero avvertito la necessità di intervenire, peraltro non rinunciando a coordinarsi con le autorità preposte”.

      “Da ormai un mese trovano ampia copertura sui mezzi d’informazione le ipotesi e speculazioni di varia natura da parte di esponenti della magistratura e la campagna denigratoria e delegittimante portata avanti da esponenti politici contro l’intero mondo delle Ong. Una campagna che sta producendo effetti devastanti sull’intero mondo del volontariato in Italia e che la commissione Difesa del Senato ha di fatto smentito, senza che la notizia abbia avuto adeguato risalto”.

      https://www.pressenza.com/it/2017/05/amnesty-indagine-conoscitiva-del-senato-sullattivita-delle-ong

    • Le ONG danno fastidio: questo è il vero motivo della campagna diffamatoria

      Riprendiamo un approfondimento di Judith Gleitze del mese scorso proprio il giorno successivo all’approvazione delle linee guida della commissione Difesa, un testo con il quale l’organismo del Senato chiede al Parlamento di «regolare» le operazioni di salvataggio di vite umane delle ONG nel Mediterraneo. Un documento che in realtà avrà l’effetto di limitare la loro presenza e intervento per non intralciare il lavoro sporco della guardia costiera libica che, a seconda dei casi, porterà al blocco delle partenze dei migranti, al respingimento delle imbarcazioni o il loro affondamento con esiti già ampiamente prevedibili.
      L’articolo di Gleitze ripercorre le fasi della campagna denigratoria contro le ONG ponendo una domanda - «Qual è allora lo scopo delle campagne diffamatorie nei confronti delle ONG che agiscono nel Mediterraneo?» - che con ieri ha trovato una prima risposta politica.

      http://www.meltingpot.org/Le-ONG-danno-fastidio-questo-e-il-vero-motivo-della.html

    • A cosa è servito il processo mediatico contro le Ong che salvano le vite in mare?

      Sono servite sei settimane alle istituzioni per affermare quello che a molti sembrava ovvio: le Ong non sono colluse con i trafficanti di esseri umani libici e soprattutto non spartiscono nulla con gli scafisti . Semplicemente salvano vite che altrimenti sparirebbero, inghiottite nel Mediterraneo.

      http://www.dinamopress.it/news/a-cosa-e-servito-il-processo-mediatico-contro-le-ong-che-salvano-le-vite

    • Migranti, l’attacco alle ong? "Una strategia degli imprenditori della paura”

      A Roma l’incontro su media e immigrazione. Secondo l’esperto Marco Binotto l’immagine negativa del fenomeno stava perdendo terreno: «L’attacco a chi aiuta serve a trovare un nemico. Chi era in difficoltà ha deciso di screditare così l’intero sistema». Bellu: «Giornalisti devono essere più responsabili»

      http://www.agenzia.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/535304/Migranti-l-attacco-alle-ong-Una-strategia-degli-imprenditor

    • Commentaire de Paolo Cuttitta su FB (21.05.2017)

      nessuno (intendo, ovviamente, i mezzi di informazione) ha mai parlato seriamente del respingimento dalle acque internazionali fatto il 10 maggio dalla Guardia Costiera libica sotto il coordinamento del MRCC di Roma, che ha attribuito ai libici il comando dell’operazione di soccorso, nonostante Sea-Watch fosse arrivata prima. L’episodio mostra con chiarezza il processo attualmente in corso, che è contraddistinto dalle seguenti tendenze: 1) distanziarsi gradualmente dai criteri seguiti a partire dal 2012 sul principio di porto sicuro; 2) andare verso la creazione di una regione SAR libica in acque internazionali e l’assunzione del coordinamento SAR in quella regione da parte delle autorità libiche. Non parlare di quell’episodio di respingimento, che è di enorme rilevanza, significa non volere turbare lo sviluppo di questo processo.

    • Migrazioni: per commissione Difesa senato nessuna collusione Ong-trafficanti

      ROMA, 18 MAGGIO – ”Nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti, il soccorso in mare dei migranti è doveroso e ineludibile”. E’ quanto ha dichiarato la commissione Difesa del Senato a conclusione del ciclo di audizioni dedicate alla questione sollevata prima dal rapporto di Frontex e poi dalle dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Così, dopo giorni di accuse sui possibili legami tra trafficanti e ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare, il percorso si è quindi concluso con una smentita, tanto più clamorosa se si guarda alla campagna mediatica e politica che si è sviluppata attorno al tema, e che aveva costretto le ong in questione a prendere una netta posizione di smentita.

      http://www.onuitalia.com/2017/05/18/migrazioni-per-commissione-difesa-senato-nessuna-collusione-ong-traffican

    • Commentaire de @isskein reçu via la mailing-list Migreurop :

      Le 10 mai 2017, les garde-côtes libyens interceptent dans les eaux internationales un bateau de 500 migrants auxquels l’ONG allemande Sea Watch s’apprêtait à porter secours, mettant en danger pendant cette opération les deux embarcations, celle des migrants et celle de l’ONG. Les migrants sont ramenés sur le sol libyen où ils doivent être placés dans un centre de détention. Un porte-parole libyen affirme que le navire de l’ONG a « tenté d’empêcher le travail des gardes-côtes en voulant récupérer les migrants sous prétexte que la Libye n’est pas sûre ». Sea Watch avait déjà dénoncé un semblable « pushback » des militaires libyens le 21 octobre 2016 (au moment où l’Italie formait les gardes-côtes libyens)

      lire le communiqué de Sea Watch (11/5) https://sea-watch.org/en/pm-sea-watch-demands-independent-investigation-of-the-illegal-return-of-a

      #refoulement #push-back

    • Italy: Refugees and migrants in the central Mediterranean, cutting the lifelines

      Amnesty International is deeply concerned that Italian authorities may be attempting to circumvent their obligation to protect people fleeing widespread and systematic human rights violations and abuses in Libya by facilitating the interception of refugees and migrant boats by Libyan authorities in the central Mediterranean.

      https://www.amnesty.org/en/documents/eur30/6319/2017/en
      Lien vers le rapport:
      https://www.amnesty.org/download/Documents/EUR3063192017ENGLISH.pdf

    • Reçu via FB (Fulvio Vassallo), 24.05.2017

      La Guardia costiera libica spara sui migranti sotto gli occhi degli operatori delle navi umanitarie. Ecco perche’ occorreva colpire le Ong e farle allontanare delle acque internazionali a ridosso del mare territoriale libico. Operazione che porta il suggello di Minniti, a Tripoli fino a pochi giorni fa.
      Jugend Rettet e.V. @jugendrettet

      +++Breaking+++ Several NGOs are witnessing huge human rights valuations. People’s lives are put into direct danger by boat marked as LCG!
      8:17 PM · 23 mag 2017

    • Affonda barcone diretto verso l’Italia, recuperati 34 cadaveri di migranti «Tra le vittime una decina di bambini»

      ROMA. Almeno 34 persone sono morte e altre risultano disperse nel naufragio di un barcone con a bordo circa 500 migranti, partito all’alba di oggi dal porto libico di Zuara e diretto verso l’Italia. Tra le vittime anche un numero imprecisato di bambini, «forse una decina», secondo quanto si è appreso in forma ufficiosa da fonti dei soccorritori. Le operazioni di soccorso sono state coordinate dalla Guardia Costiera italiana, in un tratto di mare non lontano da dove ieri i colleghi libici hanno intercettato due unità con 237 migranti a bordo: i due barconi sono stati fatti tornare in Libia e i migranti sono stati dichiarati in arresto.

      http://gds.it/2017/05/24/affonda-barcone-diretto-verso-litalia-recuperati-31-cadaveri-di-migranti_669576

      Commento di Fulvio Vassallo:

      Effetti collaterali degli accordi tra Minniti e la Guardia Costiera di Tripoli. Occorre una indagine internazionale. Quando intervengono i libicici sono sempre vittime, anche se non ne scrive nessuno. Negli ultimi giorni, forti delle motovedette regalate dall’Italia hanno pure sparato sui migranti. Per questo le autorita’italiane hanno rinegoziato accordi con i libici che hanno allontanato le navi umanitarie, per non avere testimoni scomodi. Ed adesso non rimane che contare morti e dispersi. Che saranno tantissimi nei prossimi mesi dopo il ritiro di Frontex e la pioggia di fango sulle Ong che hanno dovuto ridimensionare il loro impegno o sono state dirottate verso porto sempre piu’ lontano, come Salerno, sempre per decisione del ministero dell’interno.

    • Reçu cette photo via whatsapp de Fulvio Vassallo (sans source) :

      Avec ce commentaire :

      Sul lato destro del gommone si può scorgere un uomo armato. L’equipaggio della motovedetta libica ha sparato diversi colpi sui gommoni sovraccarichi colpendo i rifugiati che erano a bordo. Il capitano della #Iuventa di Jugend Rettet e.V. ha raccontato le ultime ore:

      «Una motovedetta libica ha sparato diversi colpi interrompendo le nostre operazioni di recupero. La situazione era sotto controllo almeno fino a quando non abbiamo udito i primi spari e visto le persone a bordo del gommone picchiate. Circa 100 persone in preda al panico si sono gettate in acqua e hanno cercato di raggiungere a nuoto la nostra nave e l’Aquarius. Due gommoni con i rifugiati venivano nel mentre dirottate nuovamente in direzione della Libia dalla motovedetta libica. Al momento è impossibile capire se ci siano state vittime nè quante esse possano essere. Abbiamo rischiato anche noi di essere feriti. Rimaniamo senza parole di fronte a questa violenza» Jonas, 25 cpt della iuventa

      Voilà la source :
      https://www.facebook.com/notes/jugend-rettet-ev/angriff-auf-fluchtboote/673203686222201

      Vu que j’ai pas trop de confiance en FB, je copie ici le contenu du message que Jugend Rettet a posté, pour ne pas le perdre :

      Liebe UnterstützerInnen,
      gestern kam es während unserer Rettungsoperationen zu einem bewaffneten Angriff auf zwei Flüchtlingsboote. Die Angriffe gingen von mehreren Schnellbooten mit Emblem der libyschen Küstenwache aus. Unter Schusswaffeneinsatz und Schlägen wurden die Insassen der Schlauchboote in einer illegalen “Push-Back-Aktion” nach Libyen zurückgebracht.
      Vorweg möchten wir sagen, dass unsere Crew wohlauf ist und niemand von ihnen verletzt wurde. Aktuell können wir jedoch nicht sagen, wie viele Menschen insgesamt durch die Gewalt der libyschen Küstenwache verletzt oder gar gestorben sind.

      Der Einsatztag
      Der Einsatztag begann für unsere Crew um 05:23 Uhr mit der Information über ein Schlauchboot mit 120 Personen. Gleichzeitig sahen wir ein weiteres Boot am Horizont. Zusammen mit Save the Children Italia konnten wir alle Menschen versorgen. Nur eine Stunde später informierte uns die Luxembourg Aircraft, dass sich 8 bis 10 Boote in unserer Nähe befinden. Wir informierten Save the Children und SOS MEDITERRANEE zur Unterstützung.
      Zu dieser Zeit waren wir noch guter Dinge und erwarteten einen anstrengenden, aber berechenbaren Einsatztag.
      Im Laufe der Zeit kamen deutlich mehr Schlauch- und Holzboote. Die Zahl belief sich am Abend auf 1800 Personen in 14 Booten. Gerade als wir inmitten der Rettungen waren, fuhren gegen Mittag mehrere Schnellboote mit der Kennzeichnung der libyschen Küstenwache in das Einsatzgebiet. Zu dem Zeitpunkt waren wir in internationalem Gewässer und etwa 14 Seemeilen von der libyschen Küste entfernt.
      Aus den Schnellbooten wurden plötzlich Schüsse in Richtung eines Fischerbootes abgefeuert. Anschließend wurden auch Schüsse in Richtung der Boote in Seenot abgegeben. Es ging alles sehr schnell. Wir sahen uns gezwungen, unseren Einsatz abzubrechen, da wir die Rettungen der Menschen nicht mehr leisten konnten, ohne nicht selbst in Gefahr zu kommen. Auf den Schlauchbooten brach plötzlich Panik aus. Zahlreiche Menschen sprangen ins Wasser, um zur IUVENTA und der Aquarius zu schwimmen. Wir konnten die Zahl der Schüsse durch das Chaos nicht zählen. Die Crew hielt einen sicheren Abstand ein, um sich selber nicht zu gefährden. Ob Menschen auf den Booten durch Schusswaffengebrauch zu Schaden gekommen sind, konnten wir aus der Entfernung nicht beurteilen.
      Im Anschluss verschafften sich Besatzungsmitglieder der libyschen Boote Zugang zu zwei Holzbooten, um sie schließlich zurück in libysches Hoheitsgebiet zu manövrieren.

      „Mehrere Boote der libyschen Küstenwache haben während der Rettung für Unruhe gesorgt, indem ihre Besatzungen auf die Boote der Flüchtenden stieg und nach Angaben meiner Crew auch Schüsse abfeuerten und die Flüchtenden schlugen. Über 100 Menschen sind aus Panik ins Wasser gesprungen. Zum Glück hatten die meisten Rettungswesten an, die wir schon verteilt hatten. Zwei Holzboote sind von der libyschen Küstenwache in libysche Hoheitsgewässer zurückgefahren worden. Für uns selber war die Situation äußerst kritisch: Wir sind hier, um zu helfen, waren aber gezwungen tatenlos zuzusehen, um nicht selber eine Kugel einzufangen.“ - Jonas, 25, Kapitän an Bord der IUVENTA der Mission Federica Mogherini

      Gewaltvoller Schutz der Festung Europa
      Aktuell können wir nur eines machen: Wir können von der Situation berichten und hoffen, dass das eine Veränderung bewirken wird. Dabei kann jede_r Unterstützer_in helfen.

      Ob die Besatzung der libyschen Schnellboote zu den von der Operation Sophia (EUNAVFORMED ) trainierten Küstenwächtern zählt, ist unklar. Fraglich bleibt die aktuelle Haltung der EU und Frau Federica Mogherini, die libysche Küstenwache auszubilden, um damit die Grenzen militarisiert zu schützen.
      Wir verurteilen sowohl den brutalen Waffeneinsatz als auch die menschenrechtswidrige Rückführung der Geflüchteten nach Libyen. Die Genfer Flüchtlingskonvention enthält den “Grundsatz der Nichtzurückweisung”, der verbietet, einen Flüchtling „auf irgendeine Weise über die Grenzen von Gebieten auszuweisen oder zurückzuweisen, in denen sein Leben oder seine Freiheit wegen seiner Rasse, Religion, Staatsangehörigkeit, seiner Zugehörigkeit zu einer bestimmten sozialen Gruppe oder wegen seiner politischen Überzeugung bedroht sein würde.“ (Art. 33 der 1951 Genfer Flüchtlingskonvention).
      Diese Push-back Aktionen, die durchgeführt wurden, sind ein klarer Rechtsverstoß. Menschen, die sich in internationalen Gewässern in Seenot befinden, müssen zum nächsten sicheren Hafen gebracht werden. Durch die aktuelle politische Situation in Libyen befindet sich der nächste sichere Hafen in Italien.
      Mit der Abwesenheit der Operation SOPHIA im Einsatzgebiet und dem fehlenden Mandat der Seenotrettung überlässt die Europäische Union private Seenotrettungsvereine und Menschen auf der Flucht bewusst sich selbst. Sie verhindert damit, dass schwerwiegende Menschenrechtsverstöße dieser Tragweite geahndet werden. Wir werden de facto allein gelassen.
      Eine Staatengemeinschaft, die den Friedensnobelpreis trägt, hat jetzt die moralische und rechtliche Pflicht, zu handeln. Wir fordern sofortige Unterstützung der Europäischen Union zur Sicherung so vieler Menschenleben wie möglich.
      Unterstützt uns, indem ihr den Beitrag teilt und Menschen in eurer Nähe informiert. Auch sind wir auf Spenden angewiesen, um weiterhin diese Fälle zu dokumentieren.

      Wir sind in Gedanken bei unserer Crew, die sich nun in den nächsten Tagen wieder auf dem Weg nach Malta machen wird.
      Rette mit.

      #Luventa

    • Libyan coastguard ’opens fire’ during refugee rescue as deaths in Mediterranean Sea pass record 1,500

      Members of the EU-backed Libyan coastguard have allegedly opened fire while forcing refugees back to the war-torn country in the latest clash with international rescue ships.


      http://www.independent.co.uk/news/world/europe/refugee-crisis-deaths-mediterranean-libya-coastguard-opens-fire-drown

    • 1004 personnes secourues par l’Aquarius Opérations de sauvetage interrompues par des tirs d’arme à feu Appel au G7 : une solution humaine à une crise majeure

      Un nouveau pas a été franchi dans l’urgence en Méditerranée alors que les équipes de sauveteurs de l’Aquarius, un navire affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré conjointement avec MEDECINS SANS FRONTIERES, ont secouru mardi 23 mai un record de 1004 personnes en détresse à bord de 11 embarcations - 9 bateaux pneumatiques et deux canots en bois - en une seule journée, au large des côtes libyennes.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/1004-personnes-secourues-par-laquarius-sauvetage-interrompues-par-de

    • Prima la vita delle persone, poi la difesa dei “confini marittimi”. Ancora vittime sulla rotta del Mediterraneo centrale.

      Negli ultimi giorni, forti delle motovedette regalate dall’Italia, gli agenti della sedicente “Guardia costiera” libica hanno pure sparato sui migranti. Sembra che abbiano sparato in aria, ma diversi gommoni si sono rovesciati per il panico o durante i rimorchi, e centinaia di persone risultano disperse, oltre i pochi cadaveri che sono stati recuperati. Sembra che non ci siano testimoni diretti di quanto avvenuto nelle acque territoriali libiche. Per questo le autorità italiane hanno rinegoziato accordi con il governo Serraj, che hanno allontanato le navi umanitarie, per non avere testimoni scomodi alle operazioni di “soccorso ed aresto”, come sono state definite dal capo della stessa Guardia costiera libica.

      http://www.a-dif.org/2017/05/24/prima-la-vita-delle-persone-poi-la-difesa-dei-confini-marittimi-ancora-vittim

    • Così la Libia ha trasformato un salvataggio in una deportazione

      La scorsa settimana la Guardia Costiera Libica ha interrotto un’operazione di salvataggio dell’Ong tedesca Sea Watch, prendendo il comando e riportando i migranti in Libia. Secondo l’organizzazione tedesca si tratta di una grave violazione del diritto marittimo e del diritto internazionale, e potrebbe rappresentare un precedente pericoloso, ecco perché

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/16/cosi-la-libia-ha-trasformato-un-salvataggio-in-una-deportazione/143383

    • Gendarmi anti-immigrazione nel Mediterraneo, con il mitra facile

      Il 10 maggio la nave Sea Watch è stata quasi speronata da una motovedetta libica, mentre si accingeva a soccorrere un barcone con 493 migranti, a circa 20 miglia dalla costa, in acque internazionali. Due settimane dopo, il 23 maggio, uomini armati in divisa hanno scatenato il panico, a raffiche di mitra, mentre erano in corso le operazioni per recuperare diversi battelli, sempre in acque internazionali: molti profughi si sono gettati in mare per sottrarsi alle minacce, mentre due gommoni sono stati assaltati, catturati e fatti rientrare di forza in Libia, contro la volontà delle circa 300 persone che erano a bordo e contro il più elementare rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani.

      http://nuovidesaparecidos.net/?p=1164

    • L’emergenza della nave di MSF: non possono attraccare per il #G7

      Un allarme lanciato da Medici Senza Frontiere su Twitter: la nave Prudence che nelle operazioni di giovedì ha salvato più di 1400 persone, si trova a navigare in condizioni al limite con il doppio dei passeggeri rispetto alla sua capienza massima. Tutti i porti in Sicilia però sono chiusi per il G7 e attraccare è impossibile. A bordo poca acqua e poco cibo

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/26/lemergenza-della-nave-di-msf-non-possono-attraccare-per-il-g7/143540

    • Difesa: unità navale libica spara contro motovedetta della Guardia Costiera italiana. Nessun ferito

      Roma, 26 mag - Mercoledì scorso, 13 miglia al largo delle coste libiche, la motovedetta italiana CP 288 della Guardia Costiera sarebbe stata oggetto di alcune raffiche di arma da fuoco provenienti da una analoga imbarcazione della Guardia Costiera libica. La notizia però è trapelata oggi.

      http://www.grnet.it/difesa/forze-armate/marina-militare/10490-difesa-unita-navale-libica-spara-contro-motovedetta-della-guardia-costie

    • Presentato oggi “#Navigare_a_vista”: un rapporto su salvataggi e media. Leggilo qui.

      Di operazioni di ricerca e soccorso i media parlano, e tanto: presenti nel 13% delle notizie sull’immigrazione nei principali quotidiani italiani e nel 18% dei servizi sull’immigrazione dei tg in prima serata e legate soprattutto al racconto di naufragi (39%) e azioni di salvataggio (22%). Ma come se ne parla? A fotografare la rappresentazione mediatica delle operazioni Sar (Search and Rescue) è il rapporto “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, presentato oggi presso l’Associazione Stampa Estera da Osservatorio di Pavia, Associazione Carta di Roma e COSPE.
      Organizzazioni militari e civili: quale il racconto di chi è operativo?
      L’analisi di 400 tweet sulle operazioni Sar postati dagli account ufficiali delle ong più attive, di Eunavfor Med, della Marina militare e della Guardia costiera italiana ha consentito di rilevare importanti differenze nel racconto delle Sar da parte degli stessi attori coinvolti: se quello delle ong è un racconto costante nel tempo e spesso emotivo, che si sofferma sulle persone soccorse, quello di Eunavfor Med e della Marina è un racconto più tecnico, focalizzato sulla gestione delle azioni di intervento. Nel mezzo si pone la Guardia costiera, che alterna entrambe le tipologie di comunicazione. Diverso anche il linguaggio usato: gli attori civili parlano più spesso di “persone” salvate(nel 42% dei loro tweet), quelli militari di “migranti” (nel 77% dei loro tweet); il racconto delle ong è empatico nel 53% dei casi, mentre lo è solo nel 6% dei tweet delle organizzazioni militari. Ed è solo nel racconto delle organizzazioni non governative che troviamo riferimenti anche a ciò che accade prima e dopo il soccorso. «Nel caso dei soccorsi viene data voce ai protagonisti, esperti o migranti che siano, nel 67% dei casi», così Paola Barretta, ricercatrice senior dell’Osservatorio di Pavia.

      La rappresentazione delle Sar nei mainstream media
      Con l’avvio di Mare Nostrum nell’ottobre 2013, in risposta ai tragici naufragi avvenuti il 3 e l’11 dello stesso mese, le operazioni di ricerca e soccorso acquisiscono centralità nel racconto dell’immigrazione: dagli arrivi sulle coste italiane agli incidenti, fino alla cronaca degli interventi stessi. Una narrazione che fino al 2016, se confrontata alla rappresentazione di migrazioni e migranti nel loro complesso, rappresenta una buona pratica: nonostante il tema dell’immigrazione sia divisivo, quello delle Sar è un racconto positivo, che mette al centro i protagonisti del soccorso e le loro azioni – organizzazioni e esperti hanno voce in oltre la metà dei servizi – presentandoli come “angeli del mare” e che, soprattutto, umanizza il fenomeno, soffermandosi su solidarietà e accoglienza. Se nel totale dei servizi prime time sull’immigrazione, migranti, rifugiati e immigrati stabilmente residenti in Italia hanno voce solo nel 3% dei casi, la percentuale sale al 14% quando si tratta di notizie relative alle SAR. Questo, almeno, fino ai primi mesi del 2017. Poi tutto cambia.

      Da “angeli” a “taxi”
      Con il video di un blogger divenuto virale prima e le dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro poi, la cornice da positiva diventa negativa: un’ombra è gettata sull’operato delle ong. Si apre così una nuova fase del racconto delle Sar: l’operato delle organizzazioni che conducono questi interventi è messo in discussione, fino a dubitare dello spirito umanitario che le anima. A prevalere è ora il sospetto. «La narrazione delle operazioni Sar porta con sé diversi rischi tra cui la legittimazione di politiche migratorie più restrittive e la criminalizzazione della solidarietà» evidenzia Valeria Brigida, giornalista freelance tra gli autori del rapporto.

      Non solo: i media talvolta confondono e sovrappongono i ruoli di organizzazioni militari e ong, mentre la diversità della loro natura e delle loro missioni è emersa anche, come osservato, nelle modalità di comunicazione da esse adottate. Afferma Anna Meli, COSPE: «Interrogarsi su cosa davvero succeda a livello di politiche globali, lo spostamento di attenzione è un po’ obbligato, ma come giornalisti domandarsi perché stia accadendo un certo fenomeno e dove un certo tipo d’informazione istituzionale ci vuol portare a ragionare». E ribadisce Pietro Suber, vicepresidente dell’Associazione Carta di Roma: «Bloccare i migranti diventa la risposta più facile della politica agli umori della piazza. In questo contesto la ricerca che presentiamo oggi assume un particolare interesse per comprendere come si sta trasformando uno dei temi principali del nostro dibattito mediatico, pubblico»

      Una cornice, quella del sospetto, che appare difficile da scardinare nonostante le repliche degli attori attaccati, fino a quando non sarà sostituita da un frame narrativo più accurato e aderente alla realtà. Tra gli obiettivi comunicativi portati avanti da Medici senza frontiere, sostiene François Dumont, direttore della comunicazione di Medici Senza Frontiere: «C’è la richiesta all’Europa di mettere in atto delle politiche concordate di Sar ma soprattutto di creare dei corridoi sicuri per arrivare in Europa». Tra gli strumenti comunicativi da utilizzare, Fabio Turato, politologo, docente presso l’Università di Urbino sottolinea come sia importante «autodefinirsi prima di essere definiti dalla retorica portata avanti dagli imprenditori della paura nella cornice del tema immigrazione e ong».


      http://www.cospe.org/news/presentato-oggi-navigare-a-vista-un-rapporto-su-salvataggi-e-media-leggilo-qu
      #rapport #médias #social_networks #réseaux_sociaux #héros #spectacularisation #spectacle #images #morts #corps #cadavres #twitter #terminologie #vocabulaire #mots

    • Giorgia Linardi (MSF): Così i libici aprono il fuoco in mare

      L’intervista alla Responsabile Affari Umanitari di Medici Senza Frontiere, uno dei 40 membri dello staff di Medici Senza Frontiere a bordo della nave Acquarius, dopo l’ennesima tragedia sfiorata causata dall’intervento della Guardia Costiera Libica, che ha sparato colpi di kalashnikov durante un’operazione di soccorso che ha coinvolto oltre mille persone

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/25/giorgia-linardi-msf-cosi-i-libici-aprono-il-fuoco-in-mare/143522

    • Accusations against Ngos at sea: what is false or misleading in that smear campaign

      “Too smart for their own good” (Matteo Renzi). “Taxi cabs for migrants” (Luigi Di Maio). Northern League secretary Matteo Salvini said there was a “secret service dossier” on them. Their chief accuser is Catania’s prosecutor Carmelo Zuccaro, according to whom their intervention “renders investigations into facilitators of criminal organisations useless.” After weeks of hearings, though, the defense commission in the Italian Parliament has cleared them of all suspicions. But who are they? Humanitarian Ngos, carrying out search and rescue operations in the waters between Sicily and Libya, are the target of a relentless smear campaign. The European border control agency Frontex has designated them the main “pull factor” for the rising number of migrant boats (and deaths) in the Mediterranean. How much truth, and how much untruth, is there in such accusations?

      http://openmigration.org/en/analyses/accusations-against-ngos-at-sea-what-is-false-or-misleading-in-that-smear-campaign/?platform=hootsuite

    • Accuse alle Ong: cosa c’è di falso o di sviante

      “Furbette” (Matteo Renzi). “Taxi per migranti” (Luigi Di Maio). Al segretario della Lega Nord Matteo Salvini risulta un “dossier dei servizi segreti” che le riguarda. Il loro più grande accusatore è il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, secondo cui il loro intervento “rende inutili le indagini sui facilitatori delle organizzazioni criminali”. La procura di Trapani ha aperto un fascicolo per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Chi sono? Le Ong, organizzazioni non governative che operano azioni di salvataggio nel tratto di mare tra la Sicilia e la Libia, ormai diventate bersaglio di una campagna martellante. L’agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell’Europa, Frontex, le indica come principale “pull factor” che avrebbe indotto l’aumento di partenze (e di morti) nel Mediterraneo. Quanto c’è di vero o di falso in queste accuse?

      http://openmigration.org/analisi/accuse-alle-ong-cosa-ce-di-falso-o-di-sviante/?platform=hootsuite

    • BLAMING THE RESCUERS. CRIMINALISING SOLIDARITY, RE-ENFORCING DETERRENCE

      Aiming to deter migrants from crossing the Mediterranean, the EU and its member states pulled back from rescue at sea at the end of 2014, leading to record numbers of deaths. Non-governmental organisations (NGOs) were forced to deploy their own rescue missions in a desperate attempt to fill this gap and reduce casualties. Today, NGOs are under attack, wrongly accused of ‘colluding with smugglers’, ‘constituting a pull-factor’ and ultimately endangering migrants. This report refutes these accusations through empirical analysis. It is written to avert a looming catastrophe: if NGOs are forced to stop or reduce their operations, many more lives will be lost to the sea.

      https://blamingtherescuers.org

      #Charles_Heller #rapport #Lorenzo_Pezzani #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #blaming_the_rescuers #ONG #sauvetage #dissuasion #collusion #smugglers #passeurs #pull-factor #facteur_pull #appel_d'air #mortalité #mourir_en_mer

    • Migranti: «Ong innocenti, Europa colpevole». Le accuse di uno studio inglese

      Non c’è alcuna prova di un legame tra le Ong e i trafficanti di uomini nel Mediterraneo. Nè che il lavoro delle Organizzazioni non governative alimenti l’esodo dall’Africa verso l’Europa. Lo afferma una ricerca realizzata dalla ‘Goldsmiths, University of London‘ dopo che il tema aveva monopolizzato il dibattito pubblico nei mesi scorsi. Un tema destinato a fare discutere ancora, soprattutto con il miglioramento delle condizioni meteorologiche che favorisce le traversate del Mediterraneo. Lo studio smentisce l’accusa rivolta ai soccorritori secondo la quale le Ong attraggono i migranti, ‘mettono in pericolo la loro vita’ e incoraggiano i trafficanti a usare metodi ancora più pericolosi.

      http://www.agi.it/estero/2017/06/09/news/migranti_ong_colpe_dossier_goldsmith_university_london-1862242

    • Mario Giro: «Frontex vuole ritirarsi per spendere meno. Lasciano solo a noi l’onere del soccorso in mare»

      “Frontex sta facendo di tutto per tirarsi indietro e lasciare a noi tutto il peso della ricerca e del soccorso in mare”. Così Mario Giro, viceministro degli Esteri si è espresso davanti alle telecamere di Repubblica Tv. Con il rappresentante del governo si è poi sviluppato un dibattito sulla politica europea rispetto al fenomeno planetario delle migrazioni e su alcune contraddizioni che abbiamo fatto rilevare nell’accordo firmato sul #Trust_Fund per le emergenze in Africa, scritto due anni fa durante un vertice europeo a La Valletta. In quell’occasione, infatti, furono previsti, per scopi legati allo sviluppo, oltre 600 milioni di euro, con circa il 40% dei progetti approvati. Successivamente però, lo stesso Parlamento europeo, dopo le proteste del coordinamento delle Ong, sottolineò come da quel fondo complessivo – di circa 2,6 miliardi - di fatto fossero sottratte più risorse per fermare i migranti, piuttosto che per la Cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà. In altre parole, con Mario Giro si è ragionato su come appaia ormai troppo evidente il fatto che l’obiettivo primario sia quello di contenere il fenomeno migratorio nei paesi d’origine o di transito, con strumenti capaci di rendere più facili le espulsioni

      http://video.repubblica.it/mondo-solidale/mario-giro-frontex-vuole-ritirarsi-per-spendere-meno-lasciano-solo-a-noi-l-onere-del-soccorso-in-mare/278183/278778

    • Charities ‘pay people traffickers’: Libyan coastguard’s astonishing claim… cash handed to criminal gangs so they ‘deliver’ refugees

      Refugee charities are paying smugglers to ferry migrants, Libyan official claims
      Allegation to raise concern that jihadists could be among the smuggled migrants
      But charities say they are only their to rescue migrants off north African coast

      http://www.dailymail.co.uk/news/article-4592108/Charities-pay-people-traffickers-ferry-migrants.html

    • "Con le Ong più migranti in viaggio? Ecco perché non è vero"

      Uno studio dalla Goldsmiths university di Londra boccia la tesi di Frontex secondo cui la presenza e il ruolo dei volontari finisce per aumentare i viaggi nel Mediterraneo e la loro pericolosità: «I dati sono in linea con le previsioni, dipendono dall’acuirsi delle crisi politiche ed economiche in Africa e non sono legati alle zone in cui operano le organizzazioni non governative»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/06/09/news/_con_le_ong_piu_migranti_in_viaggio_ecco_perche_non_e_vero_-167648715/?ref=fbpr

    • Il rapporto “#Blaming_the_rescuers” risponde scientificamente alle accuse sui soccorsi in mare

      La questione delle accuse alle Ong che fanno soccorsi in mare è ancora così all’ordine del giorno che solo sabato scorso, 10 giugno 2017, a fronte di più di 1800 persone tratte in salvo, sette cadaveri recuperati e 27 dispersi, la Marina libica ha sostenuto di avere intercettazioni che dimostrerebbero che le Ong ricevono informazioni in anticipo sulle partenze dei gommoni, ha intimato loro di stare fuori dalle acque territoriali libiche e ha respinto verso la Libia 570 persone. Soltanto 24 ore prima, veniva presentato a Roma un rapporto dettagliato, Blaming the rescuers, che argomenta una volta per tutte - con dati e analisi approfondite - che non solo le accuse alle Ong sono infondate, ma che servono a oscurare precise responsabilità dell’Europa.

      http://openmigration.org/analisi/il-rapporto-blaming-the-rescuers-risponde-scientificamente-alle-accus

    • Un rapporto smentisce le accuse contro le ong che aiutano i migranti

      Una delle accuse principali rivolta alle organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo centrale è quella di essere un fattore di attrazione (pull factor) per i migranti. Secondo Frontex, l’agenzia dell’Unione europea per il controllo delle frontiere, basta la presenza delle loro navi a far aumentare gli arrivi sulle nostre coste. Blaming the rescuers (Accusare i soccorritori) un rapporto firmato da Lorenzo Pezzani e Charles Heller, ricercatori del Goldsmiths college dell’università di Londra, smentisce questa accusa a partire da un’analisi empirica dei dati e dal confronto con le mappe oceanografiche prodotte dal Forensic oceanography, un progetto di ricerca dell’università di Londra.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/06/09/ong-migranti-criminalizzazione

    • Reçu via email par Fulvio Vassallo :


      Avec ce commentaire :

      Qualcuno ancora viene mandato a fare soccorso a 12 miglia dalla costa libica ma solo se ben armati. Come gli irlandesi che evidentemente ieri si trovavano a vista di Zuwara. Per fortuna. Servono navi militari capaci di fare copertura alle navi umanitarie. Altrimenti sara’ il far west. I libici di Qassem ieri si sono ripresi oltre 900 anime. E sappiamo gia’ cosa stanno subendo.

    • More than 120 migrants feared dead at sea after boat’s motor stolen: IOM
      http://mobile.reuters.com/article/idUSKBN19A2JE
      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ancora una strage. In questo modo non succedeva prima degli accordi tra Gentiloni e Minniti ed i libici di Serraj. Adesso nella zona di mare che prima era assegnata a Frontex ed alle navi umanitarie scorazzano motovedette libiche e imbarcazioni dei trafficanti che si alternano a sparare, a rapinare ed a sequestrare. Con queste conseguenze...

    • Final report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973 (2011) (S/2017/466) [EN/AR]

      http://reliefweb.int/report/libya/final-report-panel-experts-libya-established-pursuant-resolution-1973-201

      v. aussi:
      UN Report Documents Extensive and Grave Human Rights Violations by Libyan Coast Guard Against Migrants

      The Final Report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to UN Security Council resolution 1973 (2011) was transmitted to the UN Security Council on 1 June and recently released. The Final Report addresses a range of issues covered by Resolution 1973, including activities of different Libyan Coast Guard factions.

      https://migrantsatsea.org/2017/06/14/un-report-documents-extensive-and-grave-human-rights-violations-by-li

    • Au large de la Libye, la carte qui pointe l’effet des sauvetages en mer

      Avant 2014, les sauvetages des bateaux de migrants avaient lieu près des eaux italiennes. Aujourd’hui, ces secours en mer ont lieu beaucoup plus au Sud, près des côtes de la Libye, comme le montre la carte du « New York Times » qui consacre un article à ce sujet. Un effet lié à la présence des sauveteurs en mer qui a modifié les conditions de passage des migrants.


      http://geopolis.francetvinfo.fr/au-large-de-la-libye-la-carte-qui-pointe-l-effet-des-sauvetage
      #Blaming_rescuers

    • Gentiloni e Minniti sotto ricatto della Lega comunicano a Bruxelles di chiudere alle ONG i porti italiani e di violare il diritto internazionale.

      Adesso il governo vuole impedire alle navi delle ONG l’attracco nei porti italiani. La notizia era nell’aria da settimane ed era già al centro delle proposte delle destre xenofobe e degli organi di stampa contigui, dopo la campagna mediatica di attacco alle ONG che soccorrono migranti al largo della Libia. Una campagna avvelenata, lanciata da Frontex e subito ripresa dai principali giornali, dopo le dichiarazioni del procuratore di Catania, che fino ad oggi non ha fatto emergere un solo fatto rilevante come reato.


      http://www.a-dif.org/2017/06/28/gentiloni-e-minniti-sotto-ricatto-della-lega-comunicano-a-bruxelles-di-chiude

    • Migranti, l’Italia alla Ue: ipotesi blocco alle navi straniere. Mattarella: «Situazione ingestibile»

      Il governo ha incaricato il Rappresentante presso Bruxelles di porre formalmente il tema dell’emergenza che sta affrontando il nostro Paese. Il commissario Ue: Nelle ultime ore oltre 12mila arrivi. Dal 1 gennaio +13,43%. Il premier: «La Ue non volti la faccia». La Lega: «Invasione epocale»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/06/28/news/migranti_italia_ue_sbarchi-169383917/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

    • Chiusura porti, l’Asgi: «Timore che obiettivo sia costringere Ong a lasciare Mediterraneo»

      «E’ improbabile che i paesi forti d’Europa vorranno supplire al ruolo dell’Italia nell’accoglienza, più probabilmente ci sarà il tentativo di dichiarare come porti sicuri altri paesi del Mediterraneo - come l’Egitto, la Tunisia e magari in prospettiva la Libia -, che oggi le Ong non considerano tali perché lì i migranti spesso vengono detenuti e torturati». Così l’avvocato Salvatore Fachile dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione commenta l’ipotesi trapelata da fonti governative di una chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong che trasportano migranti. Secondo Fachile: «Il rischio è di creare navi fantasma che navigano per giorni nel Mediterraneo senza sapere dove approdare, portando a bordo una grande quantità di persone spesso in condizioni precarie e con malattie, mettendo a rischio la loro vita»

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/chiusura-porti-l-asgi-timore-che-obiettivo-sia-costringere-ong-a-lasciare-mediterraneo/279859/280453

    • Migranti, Medici senza Frontiere: trasferirli in porto vicino e sicuro

      «Le persone salvate in mare dovrebbero essere trasferite nel più vicino porto di sbarco in cui le loro necessità e vulnerabilità possano trovare una risposta rapida». Così Medici senza Frontiere commenta l’ipotesi di chiudere i porti alle navi straniere che salvano i migranti. e ricorda che da tempo chiede più sostegno dell’Ue alle operazioni di salvataggio, alle quali «dovrebbero partecipare tutti gli stati».

      http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/migranti-msf-trasferirli-porto-vicino-sicuro-33c204d8-b620-418f-a2b2-1676c7f

    • La “minaccia” italiana di “bloccare” gli sbarchi di migranti e il diritto internazionale

      Nessuna decisione di “bloccare” l’accesso a porti italiani da parte di imbarcazioni cariche di migranti e dirette in tali porti è stata sinora presa dal Governo italiano. Secondo quanto si apprende dalla stampa, è, però, proprio una simile prospettiva che il rappresentante italiano presso l’Unione europea avrebbe fatto balenare al Commissario europeo competente, Dimitri Avramopoulos, in considerazione del consistente numero di sbarchi susseguitisi negli ultimi giorni, il cui impatto critico sul nostro sistema di accoglienza è stato sottolineato anche dal Presidente della Repubblica Mattarella e dal Presidente del Consiglio Gentiloni.


      http://www.sidiblog.org/2017/07/01/la-minaccia-italiana-di-bloccare-gli-sbarchi-di-migranti-e-il-diritto-inte

    • ICC in The Hague to investigate Libyan Coastguard on the initiative of Sea-Watch

      The International Criminal Court in The Hague is investigating the so-called Libyan Coastguard. This investigation is the result of the numerous attacks on civil rescue organisations as well as refugees and migrants, as highlighted by Sea-Watch. In several cases, the so-called Libyan Coastguard has put rescuers, migrants and refugees in mortal danger in order to bring the latter back to Libya at gunpoint – a clear violation of the internationally-accepted principle of non-refoulement.

      https://sea-watch.org/en/icc-in-the-hague-to-investigate-libyan-coastguard-on-the-initiative-of-se

    • Migranti, il Viminale studia come far scattare il blocco delle navi

      ROMA. «Il tempo delle parole è finito, ora servono i fatti». Il ministro dell’Interno Marco Minniti conferma che l’Italia non tornerà indietro: se alle aperture arrivate da Bruxelles e Berlino, dove i leader Ue si sono incontrati in vista del G20, non seguiranno atti concreti, il nostro paese darà seguito a quanto annunciato ieri, negando l’ approdo ai porti alle navi cariche di migranti che battono bandiera non italiana, vale a dire quasi tutte quelle delle Organizzazioni non governative che operano davanti alla Libia, ad eccezione di quella di Save The Children e di una delle 4 di Medici senza frontiere.

      http://gds.it/2017/06/29/migranti-il-viminale-studia-come-far-scattare-il-blocco-delle-navi_688397

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo du 29.06.2017:

      Dirottare le navi umanitarie verso altri porti europei significa sguarnire per giorni la zona nella quale occorre portare i soccorsi. Di fatto significa un contingentamento dei salvataggi che portera’ ad altre tragedie. Vogliono i morti per dissuadere le partenze ma i migranti che arrivano dalla Libia non sono migranti ecomomici che possono scegliere quando partire. I trafficanti li costringeranno a salire sui gommoni e continueranno a farli partire. Le stragi si ripeteranno ancora piu’ frequenti di quelle nascoste nella ultime settimane.

    • Libye – Italie : sauvetages silencieux et marches lentes

      L’appel au #Rio_Segura survient lundi 26 juin dans l’après-midi. Plus de 40 bateaux. 40. On répète le chiffre, tant cela paraît énorme. Environ 5000 migrants attendent d’être sauvés des eaux internationales, au large de la Libye. Les 34 membres de l’équipage du navire de Frontex mettent le cap à 13 noeuds sur la zone où se trouvent ces embarcations. Militaires de la « Guardia Civil », ils sont « habitués », disent-ils, et ont une longue expérience des sauvetages au large des Canaries. Mais quelques silences traduisent leur surprise. « 5000 c’est beaucoup », lâche stoïquement le lieutenant Juan Carlos.

      http://frontieres.blog.lemonde.fr/2017/07/02/libye-italie-sauvetages-silencieux-et-marches-lentes

    • L’Europa muore nel Mediterraneo, uccisa dall’invasione populista e dalla cattiva politica.

      1. Il governo italiano sembra ormai allo sbando sui diversi fronti dei soccorsi in mare, dell’immigrazione e dell’accoglienza, sempre più condizionato dai ricatti della lega e dall’ondata populista e sicuritaria che individua nei migranti le cause di disastri che sono invece imputabili alla crisi determinata dall’abbattimento dello stato sociale e dal liberismo sfrenato di questi anni. Senza neppure un minimo di attenzione a quello che succede ai migranti intrappolati in Libia o ripresi in mare e riportati a terra in quel paese.

      http://www.a-dif.org/2017/07/02/leuropa-muore-nel-mediterraneo-uccisa-dallinvasione-populista-e-dalla-cattiva

    • Migration : Déclaration conjointe du Commissaire Avramopoulos et les ministres de l’intérieur de France, d’Allemagne, et d’Italie

      Les ministres de l’Intérieur de France, d’Allemagne et d’Italie ainsi que le Commissaire européen en charge des migrations et des affaires intérieures se sont rencontrés à Paris le 2 juillet 2017 pour examiner les défis posés par le flux migratoire grandissant en Méditerranée centrale.

      http://europa.eu/rapid/press-release_STATEMENT-17-1876_fr.htm

      Avec ce commentaire vu sur twitter :

    • Migranti, nave di Medici senza frontiere bloccata a Palermo per motivi burocratici

      PALERMO. La nave #Vos_Prudence di Medici Senza Frontiere è rimasta bloccata al porto di Palermo. Doveva salpare per continuare a prestare soccorso a migranti in difficoltà nel Mediterraneo, ma nel corso di controlli la Capitaneria di Porto non ha trovato in regola i documenti del direttore di macchina che doveva sostituire un collega sbarcato per motivi familiari.

      http://palermo.gds.it/2017/07/04/migranti-nave-di-medici-senza-frontiere-bloccata-a-palermo-per-motivi-bu

    • Italie / Crise migratoire : les explications de Valérie Dupont, à Rome
      https://www.rts.ch/play/tv/19h30/video/migrants-litalie-pourrait-menacer-de-fermer-ses-ports?id=8751544

      Dans ce reportage on fait clairement une distinction, on crée une #dichotomie entre #réfugiés_politiques venant d’Afrique de l’Ouest et #migrants_économiques ("exode avant tout économique") venant d’Afrique de l’Ouest
      #catégorisation #mots #vocabulaire
      Et bien sûr, ces deux routes visualisées avec des #flèches #rouge :

      A mettre en lien avec ce récent rapport du HCR notamment qui dit que même les migrants arrivés en Libye majoritairement pour des raisons économiques, ils partent de Libye de manière forcée et sont en fait des réfuigés...
      http://www.unhcr.org/595a02b44

    • Emergenza migranti, la Francia dice no alla richiesta italiana di aprire i porti

      Via libera di Berlino e Parigi per stilare un codice di condotta per le Ong. Un’altra ipotesi al vaglio: chiedere la collaborazione della Tunisia per reindirizzare i barconi

      http://www.lastampa.it/2017/07/03/esteri/emergenza-migranti-la-commissione-ue-subito-misure-concrete-XINwzbWBM6LL687CBuc9JI/pagina.html

      Avec ce commentaire de Filippo Furri sur FB (04.07.2017):

      tutto sto giro per costringere la TUNISA a fare da hotspot «esterno», dopo averci provato (italia e germania) in modo più «soft» questa primavera. e complimentoni anche a questa bella personcina di Macron, che, per chi avesse avuto dei dubbi, si rivela per il cinico narcisista che è...

      #Tunisie

    • Un “code de conduite pour les ONG”, seule réponse de l’Europe à une crise humanitaire majeure ?

      Déclaration de Sophie Beau, co-fondatrice et vice Présidente de SOS MEDITERRANEE, après la rencontre à Paris le 2 juillet des ministres de l’Intérieur de France, d’Allemagne et d’Italie ainsi que le Commissaire européen en charge des migrations et des affaires intérieures.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/code-conduite-ong-presse

      Grâce à cette déclaration je découvre que les ONG se sont déjà dotés d’un code de conduite volontaire, qui date de février 2017 :


      https://www.humanrightsatsea.org/wp-content/uploads/2017/03/20170302-NGO-Code-of-Conduct-FINAL-SECURED.pdf

    • Emergenza Mediterraneo? Primo punto in agenda, il codice di condotta per le ONG…

      La sconcertante priorità emersa dal vertice italo-franco-tedesco-UE di Parigi sull’emergenza Mediterraneo. Mentre è rimasta come in sospeso, nel clima di veti e indifferenza che aleggia su molte cancellerie europee, la minaccia italiana di chiudere i porti alle navi di soccorso che battono bandiera straniera.


      http://viedifuga.org/emergenza-mediterraneo-primo-punto-in-agenda-il-codice-di-condotta-per-le

    • Da eroi a trafficanti: le accuse ai protagonisti delle operazioni di ricerca e soccorso in mare

      Le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) dei migranti sono oggi uno dei temi principali nel dibattito politico, mediatico e pubblico. È un argomento direttamente collegato alle politiche nazionali ed europee in materia di migrazione e, più o meno indirettamente, alle politiche di sicurezza e spesso sovrapposto e intrecciato a storie umane, individuali o collettive, di speranza, gioia, sofferenza e morte

      http://questionegiustizia.it/articolo/da-eroi-a-trafficanti_le-accuse-ai-protagonisti-delle-operazioni-

    • Le cose che l’Italia può fare invece di chiudere i porti

      Il 2 luglio i ministri dell’interno di Italia, Germania e Francia si sono incontrati a Parigi insieme al commissario europeo Dimitri Avramopoulos per discutere delle nuove richieste italiane in materia d’immigrazione, che saranno presentate al vertice dei 27 ministri dell’interno dell’Unione europea a Tallin, in Estonia, il 6 e 7 luglio. Nel piano presentato, Roma ha chiesto agli altri paesi europei d’introdurre dei limiti per le organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo centrale e più finanziamenti per affidare alla guardia costiera libica il pattugliamento delle coste del paese nordafricano da cui parte la maggior parte delle imbarcazioni di migranti dirette in Europa.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/07/03/chiusura-porti-migranti

    • Si intensifica la guerra contro le ONG e si realizzano i piani di morte contro i migranti in fuga dalla Libia. E’ strage continua.

      Ancora oggi una grave strage nelle acque antistanti la costa libica, dove dovrebbe intervenire la Guardia costiera libica. Sembra che nessuno raccolga i documentati allarmi lanciati da Amnesty International. Come si negano le stragi, si emarginano opinioni e rapporti che potrebbero mettere in discussione le tesi governative. Le acque libiche non sono coperte, quanto alle attività SAR, dai mezzi delle milizie, alcune che dichiarano di avere una propria Guardia Costiera, che controllano le diverse regioni della Libia. 1900 chilometri di costa che non diventeranno certo più sicuri per effetto delle quattro motovedette restituite da Minniti al governo di Tripoli. Senza le navi umanitarie le stragi come quella di oggi si ripeteranno a catena.

      http://www.a-dif.org/2017/07/09/si-intensifica-la-guerra-contro-le-ong-e-si-realizzano-i-piani-di-morte-contr

    • EU: Draft Code for Sea Rescues Threatens Lives

      The draft pact would curtail the work of nongovernmental groups carrying out search and rescue operations on the central Mediterranean by:

      Barring them from entering Libyan territorial waters to undertake rescues;
      Banning them from using lights to signal their location to vessels at imminent risk of sinking; and
      Forcing them to return to port to disembark refugees and migrants, rather than allowing them to transfer rescued people onto other vessels at sea if necessary. This would remove nongovernmental groups’ search-and-rescue teams for long periods from the area where they are needed, leaving more people at risk of drowning in the central Mediterranean.

      https://www.hrw.org/news/2017/07/12/eu-draft-code-sea-rescues-threatens-lives
      #code_de_conduite

    • Via la mailing-list Migreurop, qui a transféré un message de StateWatch:
      News Online: Full text: Italy: Med NGOs Code of Conduct (08/17)

      The European Commission asked Italy to draw up a “Code of Conduct” for NGOs carrying out search and rescue in the Mediterranean:

      See full-text of: Code of Conduct for NGOs involved in migrant’s rescue operation at sea: http://www.statewatch.org/news/2017/jul/italy-eu-sar-code-of-conduct.pdf

      All NGOs operating in the Med are required to sign and obey the Code:

      “Failure to sign this Code of Conduct or failure to comply with its obligations may result in the refusal by the Italian State to authorize the access to national ports, subject to compliance with the existing international conventions.”

      And see: Hearing in LIBE Committee tomorrow (11.07.17) on search and rescue activities in the Mediterranean

      At the request of the GUE/NGL group, there will be an exchange of views on search and rescue activities in the Mediterranean during the LIBE Committee agenda this Wednesday July 12 from 9.00 till 10.45am. The exchange of views will focus on the current search and rescue situation, including the essential role NGOs have been playing and concerns regarding the provision of training, equipment and support to the Libyan coast guard. See Agenda: http://www.statewatch.org/news/2017/jul/ep-hearing-sar-draft-programme.pdf

      Also Letter from: Frontex Executive Director to Miguel Urban Crespo MEP (http://www.statewatch.org/news/2017/jul/eu-frontex-letter-ep.pdf): Frontex denies it has accused NGOs of colluding with smuggling.. It goes to say that “all those operating at sea need to work together, collect information and share it with the Italian authorities and EU agencies” to collect evidence for arrest and prosecution.

    • Il rapporto “Blaming the rescuers” risponde scientificamente alle accuse sui soccorsi in mare

      La questione delle accuse alle Ong che fanno soccorsi in mare è ancora così all’ordine del giorno che solo sabato scorso, 10 giugno 2017, a fronte di più di 1800 persone tratte in salvo, sette cadaveri recuperati e 27 dispersi, la Marina libica ha sostenuto di avere intercettazioni che dimostrerebbero che le Ong ricevono informazioni in anticipo sulle partenze dei gommoni, ha intimato loro di stare fuori dalle acque territoriali libiche e ha respinto verso la Libia 570 persone. Soltanto 24 ore prima, veniva presentato a Roma un rapporto dettagliato, Blaming the rescuers, che argomenta una volta per tutte - con dati e analisi approfondite - che non solo le accuse alle Ong sono infondate, ma che servono a oscurare precise responsabilità dell’Europa.

      http://openmigration.org/analisi/il-rapporto-blaming-the-rescuers-risponde-scientificamente-alle-accus

    • Proposed Code of Conduct for Search and Rescue putting lives at risk

      The first draft of the Italian proposal includes a ban on the entry of NGOs into Libyan waters, an obligation not to use telecommunications or send light signals to reveal their location to vessels that are at risk of sinking, and the prohibition to make trans-shipments – the transfer of people rescued to bigger boats that will bring them to safe harbours.


      https://www.ecre.org/proposed-code-of-conduct-for-search-and-rescue-putting-lifes-at-risk

    • Ci vuole un codice di condotta per l’Europa, non per le ong

      Tra un’ora, Stephane Broch, il vicecoordinatore delle operazioni di soccorso salirà sul ponte di comando della nave Aquarius con un binocolo e comincerà il primo turno di avvistamento. La luce è nitida, il mare leggermente increspato, ci aspettano tre giorni di bel tempo. Intanto la squadra di Sos Méditerranée è a prua: Rocco, Tanguy, Charlie sistemano i giubbotti di salvataggio arancioni dentro dei grossi sacchi di rafia bianca. Mentre Alain, Alessandro e Svenja gonfiano i gommoni.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/07/18/codice-condotta-ong-europa

    • Commentaire reçu de Fulvio Vassallo (24.07.2017) :

      Domani al ministero dell’interno incontro ultimativo tra Minniti e le Ong,che non sembrano neppure compatte nel respingere un codice di condotta che si conferma privo di basi legali vincolanti, ed amplia soltanto i poteri di polizia con possibili code di denunce e processi. Perche’ di chiudere i porti davanti a navi cariche di naufraghi non se ne potra’ parlare. Di fronte a queste divisioni, vero obiettivo di Minniti, in linea con la macchina del fango che per mesi ha martellato sulla distinzione tra Ong buone e Ong cattive a seconda dei loro rapporti con la polizia, non rimane che attendere la caduta degli attuali livelli di coordinamento operativo in mare, finora garantiti anche dalla Guardia Costiera, ed una ripresa dei naufragi, in questo ultimo periodo diminuiti, dopo l’ impennata di giugno, quando si era permesso alla sedicente Guardia Costiera libica di operare anche in acque internazionali. Risultato, decine di morti e dispersi ogni settimana. Adesso andra’sempre peggio. Non saremo testimoni inerti di fronte a questo ricatto.

    • Des militants identitaires sillonnant la Méditerranée pour dénoncer les bateaux de migrants

      Des militants identitaires dénonçant dans une vidéo les dangers de l’immigration, qui selon eux dévaste la culture et le tourisme européen, ont créé l’opération « Defend Europe ». Elle consiste à sillonner la mer Méditerranée pour dénoncer les bateaux de migrants aux garde-côtes libyens.

      https://www.rts.ch/play/radio/tout-un-monde/audio/des-militants-identitaires-sillonnant-la-mediterranee-pour-denoncer-les-bateaux-

    • Pour info, la C-Star bat maintenant pavillon mongole et non plus de Djibouti (et ceci même si maritime trafic n’est pas à jour).
      J’ai discuté de cela avec les journalistes de la RTS qui ont couvert ce matin le sujet et avec Fulvio Vassallo, qui a confirmé le drapeau de #Mongolie.

      Fulvio ajoute :

      C’est pratique pour ce genre de bateaux de changer de drapeau pour des questions fiscales mais surtout pour des questions de juridiction aussi dans le domaine pénal. Ca serait difficile qu’un procès pourrait avoir lieu dans le cas où leurs actions causeraient des victimes en Méditerranée. S’ils battaient pavillon UE un procès serait déjà entamé contre eux.

      J’ai mis ce commentaire dans le mauvais fil de discussion —> j’ai copié-collé dans le bon : http://seen.li/ctpw

    • MSF statement following meeting at Italian Ministry of Interior re Code of Conduct for SAR NGOs

      Gabriele Eminente, General Director of MSF Italy: “MSF welcomes any effort that seeks to strengthen Search and Rescue (SAR) capacity in the Central Mediterranean and save lives. However, it is crucial that we have the opportunity to raise concerns about several elements of the current Code and seek clarity on ambiguities. We therefore hope that the consultation process will receive meaningful engagement from the Minister of Interior and that the points we raise will be considered and addressed. It is vital that any proposed Code will be based on the clear imperative to save lives at sea. Since the beginning of our Search and Rescue activities in May 2015, MSF has rescued more than 69,000 men, women and children. Our rescue operations have always been conducted in respect of national and international laws and under coordination of the Maritime Rescue Coordination Center (MRCC) in Rome. However, as the content and potential impact of this code is discussed, we must all remember that so far this year over 2,000 people have lost their lives in the Mediterranean sea, at least 13 this very afternoon.”

      http://prezly.msf.org.uk/msf-statement-following-meeting-at-italian-ministry-of-interior-re-co

    • Il codice di condotta per le Ong? «E’ in contrasto con il diritto internazionale»

      La lunga analisi che l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione dedica al Codice di condotta. In sintesi, per l’Asgi è il “tentativo da parte dell’Italia di regolare la condotta di navi, incluse navi battenti bandiera di uno Stato terzo, oltre i limiti delle acque su cui esercita competenze in virtù del diritto internazionale”. Un fatto non previsto da trattati e prassi

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/542483/Il-codice-di-condotta-per-le-Ong-E-in-contrasto-con-il-diritto-inte

    • Un regolamento pieno di ombre: i 12 punti del codice di condotta che dovrebbero firmare le Ong domani davanti al ministro Minniti, commentati a Radio Radicale e da Violeta Moreno Lax, Senior Lecturer in law at Queen Mary University of London

      Oggi 25 luglio, il ministro dell’Interno Minniti, incontrerà i rappresentanti delle Ong che operano nel Mediterraneo Centrale per attività di soccorso in mare per chiedere che il “regolamento” elaborato dal ministero, una sorta di codice di condotta, venga sottoscritto da chi intende continuare la propria attività. Il testo, in 12 punti, contiene numerosi elementi critici. Se in alcuni passaggi non fa altro che affermare ciò che da sempre viene fatto – mettendo in dubbio la trasparenza delle navi umanitarie, in altri pone limiti oggettivi che vanno analizzati uno per uno. Il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, ha realizzato una intervista al nostro presidente Fulvio Vassallo Paleologo, passando in rassegna ogni singolo punto del regolamento. In attesa di sapere come andrà l’incontro con le Ong riteniamo utile e opportuno offrire il servizio audio dell’intervista, estremamente chiara e puntuale, ringraziando tanto Radio Radicale, che si è comportata in tal senso da vero servizio pubblico, quanto Sergio Scandura per la precisione con cui ha realizzato l’intervista.

      http://www.a-dif.org/2017/07/25/un-regolamento-pieno-di-ombre-i-12-punti-del-codice-di-condotta-che-dovrebber

    • Riprende la strage nella zona SAR libica, mentre si cerca di imporre un codice di polizia alle ONG

      Ancora cadaveri di migranti scoperti a bordo di un gommone soccorso da una nave di una Organizzazione non governativa. Purtroppo come previsto. L’Unione Europea ed i vertici militari (Frontex ed Eunavfor Med ) hanno ritirato le loro navi , il governo ha costretto le Ong sulla difensiva con trattative estenuanti che distolgono dall’impegno di soccorso. Ed i trasbordi sono gia’ impediti “di fatto”, per mancanza di mezzi, con le imbarcazioni delle ONG dirottate del ministero dell’interno verso porti sempre piu’ lontani. Sara’ una strage continua. E nessuno potrà dire: io non sapevo. Anche se la notizia dei cadaveri ammassati dentro i gommoni viene censurata o relegata alla cronaca locale. In ogni caso, la notizia delle stragi deve restare sempre in secondo piano rispetto alle informazioni diffuse ad arte sul maggiore impegno dell’Unione Europea e dei governi nella lotta contro i trafficanti, che invece prosperano proprio sul regime di sbarramento delle frontiere. Le ONG sono un ostacolo per queste politiche e per queste campagne di disinformazione.

      http://www.a-dif.org/2017/07/26/riprende-la-strage-nella-zona-sar-libica-mentre-si-cerca-di-imporre-un-codice

    • The far-right and Katie Hopkins need to learn some basic truths about those ’easy to hail as an Uber’ rescue boats in the Med

      Researchers examined whether the number of migrants crossing the Med fell when the EU cut back rescue operations. The decision had no effect on numbers, but it did mean more bodies washed up on beaches

      http://www.independent.co.uk/voices/refugees-defend-europe-katie-hopkins-save-the-children-rescue-boats-a

      #pull_factor #facteur_pull #facteur-pull #appel_d'air

    • Italian cabinet to approve anti-trafficking mission off Libyan coast

      According to Corriere della Sera, Italian ships would intercept migrant boats and take people back to the Libyan shore, with written assurances from Libyan authorities about respect for the migrants‘ human rights.

      http://en.europeonline-magazine.eu/italian-cabinet-to-approve-anti-trafficking-mission-off-lib

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ecco perchè le ONG vanno allontanate dalle acque libiche. In programma respingimenti collettivi come quelli per cui l?Italia è già stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, nel 2012, sul caso Hirsi.

      Cas #Hirsi: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.wp?facetNode_1=0_8_1_60&previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU7432

    • Gentiloni e Minniti arrivano in acque libiche prima di Generazione identitaria.

      La loro missione è già fallita in partenza. Non solo per l’opposizione sociale che troveranno in tutta Europa. Il governo italiano è arrivato prima. Li ha preceduti proprio sul loro stesso terreno, la presenza nelle acque libiche e l’attacco alle ONG. Comunque vada a finire la trattativa sul Codice di condotta imposto da Minniti, che costituisce una misura di forte carattere discriminatorio e che poggia sul divieto che si vorrebbe imporre alle ONG di svolgere attività di soccorso in acque libiche. Il divieto non è chiaro se riguardi anche le acque internazionali che ricadono nella zona SAR libica, una zona che da anni non è presidiata dai libici e che, come prescritto dalle Convenzioni internazionali, è soggetta, oltre il limite delle acque territoriali (12 miglia dalla costa), al controllo ed coordinamento degli interventi per il salvataggio da parte del Comando centrale della Guardia costiera italiana, come autorità SAR competente dell’area SAR confinante con quella libica. Quanto alla zona SAR maltese è noto da anni che è presidiata dalla Guardia Costiera italiana, dopo le stragi del 3 e dell’11 ottobre 2013, e dopo l’avvio della missione Mare Nostrum.

      Il Codice di Condotta “Minniti” potrebbe costituire il colpo definitivo all’autonomia della Guardia costiera nel coordinamento delle attività di ricerca e soccorso, per la presenza di militari armati che si vorrebbe imporre a bordo delle navi umanitarie e per i divieti di polizia che si pongono alle attività SAR condotte dalle navi delle ONG, a differenza delle stesse attività di ricerca e salvataggio quando, in assenza di altri mezzi, sono condotte da navi commerciali sotto il coordinamento del Comando centrale IMRCC italiano.

      http://www.a-dif.org/2017/07/30/gentiloni-e-minniti-arrivano-in-acque-libiche-prima-di-generazione-identitari

    • Codice di condotta, ong spaccate. No di Msf, firma Save the children

      Le posizioni delle ong. Eminente (Msf): «No alle armi a bordo, ma i punti non problematici continueremo a rispettarli». Neri (Stc): «Ci sentiamo tranquilli di aver fatto una cosa corretta e giusta». No della tedesca Jugend Rettet Iuventa, mentre c’è il si di Moas

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/543152/Codice-di-condotta-ong-spaccate-No-di-Msf-firma-Save-the-children

    • Medici senza frontiere dice no al codice delle Ong, il Governo: chi non firma è fuori

      ROMA. Niente sintesi tra la missione del Viminale, ridurre gli sbarchi, e quella delle ong, salvare vite in mare. Il Codice di condotta proposto dal ministero raccoglie oggi le firme di solo due delle otto organizzazioni umanitarie presenti nel Mediterraneo Centrale: Moas e Save the children.

      http://gds.it/2017/07/31/medici-senza-frontiere-non-firma-il-codice-delle-ong-no-alle-armi-a-bordo_704451

    • Interview „Italiens Kodex zur Seenotrettung von Flüchtlingen ist überflüssig"

      Fast 100.00 Menschen sind in diesem Jahr bereits in italienischen Häfen angekommen, die zuvor die gefährliche Überfahrt über das Mittelmeer angetreten hatten. Vor den libyschen Hoheitsgewässern sind mittlerweile mehr als ein Dutzend private Rettungsboote von NGOs im Einsatz, um Flüchtlinge vor dem Ertrinken zu retten. Wir sprachen mit Axel Grafmanns, dem Geschäftsführer der deutschen Organisation Sea-Watch.

      http://www.ksta.de/politik/interview--italiens-kodex-zur-seenotrettung-von-fluechtlingen-ist-ueberfluessig

    • We don’t need more rules, we need more rescue vessels !

      The so-called ‘Code of Conduct‘, which was presented in Rome yesterday, will not save human lives but will in fact have the opposite effect. Not so the #Sea-Watch_3: Sea-Watch is sending another rescue ship in response to the inaction of the EU. Many thousands of people are drowning every year at Europe’s deadly sea border. The European Union, on the other hand, is turning a blind eye to these deaths, leaving Italy alone with the consequences of this humanitarian crisis. The Code of Conduct, which is largely unlawful, is a desperate reaction from Italy. Instead of developing concrete solutions, those who take action where governmental structures fail are attacked: the civilian rescue fleet. However, what are needed in the face of more than 2,000 deaths this year alone are not more rules, but more rescue capacities!


      https://sea-watch.org/en/we-dont-need-more-rules-we-need-more-rescue-vessels

    • Nave di una Ong che non ha firmato il codice di soccorso in mare fermata a Lampedusa

      Primo giro di vite nei confronti delle ong che soccorrono migranti nel Mediterraneo dopo il codice di comportamento predisposto dal Viminale, che è stato sottoscritto solo da tre organizzazioni. La nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, che non ha firmato il protocollo, è stata bloccata in nottata al largo di Lampedusa dalla Guardia costiera italiana, che l’ha scortata fino al porto.

      http://www.huffingtonpost.it/2017/08/02/nave-di-una-ong-che-non-ha-firmato-il-codice-di-soccorso-in-mare_a_23

    • "Die ’Sea-Watch 3’ ist unsere Antwort"

      Im Frühjahr 2015 startete die „Sea-Watch 1“ im Harburger Binnenhafen Richtung Mittelmeer. Dort rettet die wechselnde Crew seither Flüchtende aus Seenot. Aus dem Haufen unerfahrener Helfer ist mittlerweile ein erfahrenes Team in Sachen Seenotrettung geworden. 400 Ehrenamtliche und gut zwei Dutzend Aktive im Kernteam kümmern sich um mehrere Boote, ein Flugzeug und die Organisation. Jetzt wollen die Seenotretter ihr drittes Schiff auf das Meer schicken.

      http://www.ndr.de/nachrichten/hamburg/Interview-Unsere-Antwort-ist-die-Sea-Watch-3,seawatch514.html

    • Et encore des accusations contre un navire, cette fois-ci la #Iuventa...

      La Iuventa faceva da Caronte

      Non salvavano vite umane ma andavano a prendere i soggetti destinati alla immigrazione clandestina direttamente quasi in acque territoriali libiche, i trasbordi quasi sempre dinanzi alle coste dei porti libici di Sabrata e Zuara. «Non siamo dinanzi a salvataggi di vite umane - dice in conferenza stampa il procuratore aggiunto Ambrogio Cartosio - ma di veri e propri comportamenti destinati a incentivare l’immigrazione clandestina». Una indagine racchiusa nelle 150 pagine dell’ordinanza del gip Emanuele Cersosimo e con la quale oggi i poliziotti della Mobile di Trapani, dello Sco, il servizio centrale operativo, e dei gruppi speciali investigativi della Guardia Costiera, hanno sequestrato la motonave «Iuventa» battente bandiera olandese ma appartenente alla Ong tedesca “Jugend Rettet”, tradotto significa «La gioventù salva». «Il sequestro è stato disposto - spiega Cartosio - per evitare la reiterazione del reato, e perché se venisse provato l’uso della nave per l’immigrazione clandestina scatterebbe la confisca, da qui, dunque, il sequestro preventivo trattandosi di nave eventualmente destinata alla confisca». La nave allo stato è ferma a Lampedusa, a bordo sono state condotte perquisizioni, è previsto che la nave venga presto portata nel porto di Trapani. Si tratta di una indagine contro ignoti, ma l’attenzione degli investigatori è puntata essenzialmente sugli equipaggi della «Iuventa», di nazionalità tedesca, olandese ma anche italiana. Una indagine coordinata dai pm Andrea Tarondo e Antonio Sgarrella. Sono stati questi i magistrati che hanno seguito passo passo le indagini condotte dai poliziotti della Mobile di Trapani e da parte dello Sco. Indagini avviate dopo le testimonianze di due operatori di un’altra nave, la Vos Hestia della Ong Save the children, sono stati loro per primi a raccontare la «familiarità» tra l’equipaggio della Iuventa e i trafficanti di uomini. «Le indagini - dice Cartosio - risalgono all’autunno del 2016, nell’ordinanza di sequestro si contestano tre episodi di presunta immigrazione clandestina e cioè un trasporto del settembre 2016 e due del giugno di quest’anno, rispettivamente 140, 347 e 87 immigrati». La conferenza stampa si è tenuta oggi pomeriggio nella questura di Trapani con presenti il questore Agricola, i funzionari della Squadra Mobile e dello Sco nonché ufficiali della Capitaneria e della Guardia Costiera. Escluso che il sequestro sia da mettere in relazione alla mancata adesione della Ong “Jugend Rettet” all’accordo internazionale sui codici di condotta per i salvataggi in mare. «Abbiamo deciso di incontrare i giornalisti - esordisce Cartosio - perché si tratta di indagini particolari che meritano essere spiegate anche per evitare strumentalizzazioni di qualsiasi genereche non possono frenare attività giudiziaria. Stiamo applicando la legge , i reati scoperti sono concernenti espressamente l’immigrazione clandestina, il gip ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza, commesso da soggetti che operano a bordo della Iuventa ancora in corso di identificazione. Si è accertato che questa imbarcazione seppure in qualche caso è intervenuta a salvare vite umane, cioè soggetti in pericolo di vita, in più casi a nostro avviso questi interventi in mare non sono avvenuti per salvare soggetti ma trasbordare sulla imbarcazione dei soggetti che venivano scortati fin sotto bordo dai trafficanti libici». E così la Iuventa sarebbe diventato il Caronte del Mediterraneo. Un patto e un accordo che non sarebbe stato di natura economica: «Non è provata l’ipotesi di un accordo a monte tra equipaggio e trafficanti». Ma è vero che si tratta di contatti in qualche modo documentati? «Preferisco non rispondere - dice Cartosio - per non violare il segreto di indagini ancora in corso». Tra i si dice l’ipotesi che qualcuno degli immigrati abbia documentato, con fotografie, la familiarità tra equipaggio e trafficanti. Qualcuno degli immigrati sentiti avrebbe anche raccontato di contatti telefonici tra trafficanti ed equipaggio della Iuventa, che in questo modo si sarebbero dati appuntamento in mare, per i trasbordi. Ma l’ipotesi di un guadagno economico viene accennata nell’ordinanza dal giudice Cersosimo. Aumentando l’attività della Iuventa, la Ong avrebbe ottenuto una maggiore visibilità internazionale, così da vedere lievitare le donazioni. Conferenza stampa e informazioni fino a questo punto. Di più magistrato e investigatori non hanno voluto dire. A specifica domanda il procuratore Cartosio ha tenuto a dire che l’indagine della Procura di Trapani non ha nulla a che vedere con eventuali indagini della Procura di Catania. Come si ricorderà lo scandalo sulle Ong e sui soccorsi in mare scoppiò all’indomani di dichiarazioni rese dal procuratore catanese Zuccaro: «Non so dire se anche Catania ha indagato sulla Iuventa» chiosa Cartosio. L’indagine della Procura di Trapani sulle organizzazioni non governative è la più datata a proposito di malaffare mascherato da filantropia. Ad attirare l’attenzione sarebbero stati i soccorsi quasi sempre nella stessa zona di mare, al limite delle acque libiche e a poche miglia dai porti di Sabrata e Zuara, salvataggi senza aver ricevuto un Sos e neppure una richiesta di intervento da parte delle autorità italiane. Alcuni dei migranti arrestati come scafisti hanno poi detto di essere stati costretti a sostituire i veri scafisti e di avere visto arrivare la nave dei soccorsi poco dopo che l’uomo che sino ad allora aveva condotto l’imbarcazione si era allontanato su un natante di appoggio. «Le Ong - conclude Cartosio ripetendo qualcosa che ha già detto in passato - fanno un lavoro meritorio ma chi sbaglia va punito».

      http://www.alqamah.it/2017/08/02/la-iuventa-faceva-da-caronte

    • Amici degli scafisti e ostili agli italiani, le carte dellʼinchiesta su Iuventa

      Dal decreto di sequestro emergono operazioni dʼintesa con i trafficanti e la complicità della guardia costiera libica

      http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/amici-degli-scafisti-e-ostili-agli-italiani-le-carte-dell-inchiesta

      Commento di Fulvio Vassallo su FB:

      Una montagna di illazioni che diventano non solo indizi ma gia’condanna Evviva lo stato di diritto. Ricordo che anche.la magistratura di Catania ha deciso per la non punibilità degli scafisti che spesso sono scelti tra i migranti e forzati a condurre i mezzi. Ci sono le sentenze.

    • Basta Mar West

      Capita così di rado di dare ragione a un ministro che, quando accade, c’è da festeggiare. Il ministro è quello dell’Interno Marco Minniti, che ha deciso finalmente di mettere un po’ d’ordine nel Mar West del Mediterraneo, dove finora tutti, i buoni e i cattivi, facevano un po’ quel che pareva a loro. Premettiamo la solita ovvietà, a scanso di equivoci e di furbastri: chiunque salvi anche un solo migrante, fosse pure Belzebù, merita tutto il plauso e la gratitudine del mondo. Ma, siccome le navi delle Ong partono e/o approdano in acque italiane, è giusto che rispettino le regole dello Stato italiano.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/basta-mar-west

    • Il reato di solidarietà non esiste : i fatti e le norme. In difesa del principio di legalità.

      Il fermo ed il sequestro del battello appartenente all’organizzazione umanitaria tedesca Jugend Rettet, ed i possibili arresti di coloro che dopo la perquisizione a bordo verranno ritenuti responsabili del reato contestato, l’agevolazione dell’ingresso clandestino, impone alcune brevi considerazioni a fronte di una campagna di disinformazione che si è riaccesa dopo mesi di attacchi alle ONG, “colpevoli” di salvare troppe vite umane in mare, nella zona SAR libica ( istituita soltanto sulla carta) e di non “collaborare” abbastanza con le autorità di polizia nel “contrasto dell’immigrazione illegale” e nella caccia a trafficanti e scafisti. Accuse precise formulate dalla Procura di Trapani nel corso di una conferenza stampa.

      http://www.a-dif.org/2017/08/03/il-reato-di-solidarieta-non-esiste-i-fatti-e-le-norme-in-difesa-del-principio

    • Italy seizes NGO rescue boat for allegedly aiding illegal migration
      https://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-ngo-idUSKBN1AI21B

      Italian coastguards seized a migrant rescue boat operated by a German aid group in the Mediterranean suspected of aiding illegal immigration from Libya, a prosecutor said on Wednesday.

      Video showed the #Iuventa, which is run by #Jugend_Rettet, arriving at the island of Lampedusa surrounded by several coastguard vessels after it was stopped at sea before dawn.

      Police inspected the ship as soon as it docked and checked the crew passports. They later took charge of the boat and set sail for a larger port in Sicily.

      Jugend Rettet said on Twitter it had received no information about the investigation. It could not be reached for further comment.

      It was the first time Italian police have seized a humanitarian boat. The move came amidst growing suspicion over the role non-governmental organizations are playing in picking up migrants off the Libya coast and bringing them to Italian ports.

    • La presse italienne est complètement aveuglée...

      Migranti, le «consegne concordate» tra i trafficanti e la Ong tedesca. Che restituiva i barconi agli scafisti

      «Save the Children» ha segnalato le irregolarità: l’imbarcazione tedesca, sequestrata, è tra le più piccole impegnate nei soccorsi. Gli interventi avvenivano in assenza di pericolo immediato per i migranti


      http://www.corriere.it/cronache/17_agosto_02/migranti-consegne-concordate-trafficanti-ong-tedesca-che-restituiva-barconi

      Commentaire Matteo Tacconi sur FB:

      Il problema è una nave di una Ong tedesca che avrebbe caricato a bordo migranti, dopo un negoziato con i trafficanti a quanto pare scortati dalla guardia costiera libica, o l’ipotesi che quest’ultima li abbia scortati nonostante sia un vigore un accordo secondo cui la Libia dovrebbe pattugliare le sue coste? Tra l’altro, diverse motovedette della guardia costiera libica, giova ricordarlo, sono state donate dall’Italia.

      Vogliamo continuare a parlare delle Ong, cercando un capro espiatorio e un po’ di voti, oppure avviare una riflessione sull’esigenza di aprire canale legali per l’immigrazione, anche quella cosiddetta economica, di modo che non si debbano dare deleghe e soldi a Stati falliti come la Libia e favorire il traffico di esseri umani?

      Commentaire de R@inbow for Africa sur FB:

      In relazione alle indagini in corso sull’associazione Jugend Rettet e al sequestro della nave Iuventa in merito ai fatti contestati a settembre 2016 e a giugno 2017.

      Rainbow4Africa ha prestato servizio in qualità di partner medico di Jugend Rettet su Iuventa da novembre 2016 a maggio 2017, quando di comune accordo le due associazioni hanno deciso di interrompere la collaborazione.
      Le affermazioni riportate da la Repubblica, intestate al nostro Capo Missione Stefano Spinelli, non corrispondono a verità. Chiediamo, come abbiamo già fatto senza risposta, l’immediata rettifica.

      Durante la nostra permanenza nel Mar Mediterraneo il nostro unico scopo è stato quello di salvare vite umane: migliaia di migranti hanno beneficiato delle nostre cure mediche. Forse sarà una posizione ideologica: ma è quello che facciamo e continueremo a fare.

      Ci è stata segnalata dalle Autorità la presenza nel mar Mediterraneo di soggetti non meglio specificati, potenzialmente armati, che pattugliano il mare cercando barconi abbandonati da recuperare. L’attività di Frontex e delle altre agenzie investigative dovrebbe essere mirata proprio all’individuazione e arresto di questi attori. Compito di polizia che non può certo essere svolto da delle ONG.
      Le foto riportate da piu’ di un giornale, con l’avvicinamento di una imbarcazione con due uomini al rib della Iuventa, sono simili a quelle che pubblichiamo qua sotto, relative a un intervento a novembre 2016: come potete vedere anche in presenza della Guardia Costiera italiana questi soggetti non identificati si avvicinano alle imbarcazioni per cercare di recuperare i relitti.


      Nessun contatto con scafisti è stato ravvisato dai nostri volontari, I trasponder sono sempre rimasti accessi durante le missioni a cui abbiamo preso parte. Le operazioni si sono sempre svolte sotto l’attento coordinamento di MRCC di Roma.

      Rainbow4Africa ha sempre collaborato attivamente con le autorità italiane, e i suoi medici, infermieri e logisti sono sempre stati pronti a rispondere a ogni domanda posta da Guardia Costiera e autorità giudiziarie e lo rimangono tutt’ora. Confidiamo nella Magistratura italiana e che le indagini possano rapidamente chiarire i fatti contestati.

      https://www.facebook.com/Rainbow4Africa/posts/10154942670667874

    • Codice di condotta. Valerio Neri: «Vi spiego perché Save The Children ha detto sì»

      Dopo lunghe trattative, Moas e Save The Children sono le uniche ong ad aver firmato il Codice di condotta elaborato dal ministero dell’Interno per regolamentare il soccorso dei migranti nelle acque internazionali a nord della Libia. In questa intervista rilasciata a Vita.it, il Direttore generale di Save The Children Italia, Valerio Neri, spiega le ragioni del sì.

      http://www.vita.it/it/article/2017/08/01/codice-di-condotta-valerio-neri-vi-spiego-perche-save-the-children-ha-/144195
      #safe_the_children

    • Il “codice Minniti” mette fine alle Ong

      Il “codice di condotta” imposto dal governo italiano alle Ong che prestano soccorso in mare è un mostro partorito dal ministero dell’Interno, con la fattiva collaborazione dell’Unione Europea («Chi firma il codice avrà l’assicurazione di poter accedere ai porti italiani, chi non firma non potrà beneficiare delle stesse rassicurazioni», ammette Natasha Bertaud, portavoce del commissario per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos).

      http://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/02/codice-minniti-mette-fine-alle-ong-094433

    • L’Italie restreint les opérations de sauvetage en mer des migrants

      Accusée de « favoriser l’immigration clandestine » plutôt que de sauver des vies, l’ONG allemande Jugend Rettet a été privée de son navire de secours en Méditerranée par les autorités italiennes, mercredi 2 août. La Luventa a été conduite sur l’île de Lampedusa puis placée sous séquestre par les gardes-côtes italiens, à la demande du procureur de Trapani (Sicile). Selon les magistrats italiens, les membres de Jugend Rettet entretiendraient des liens directs avec les trafiquants d’êtres humains qui lancent des embarcations depuis les côtes libyennes en direction de l’Europe, se faisant ainsi leurs auxiliaires. Leur enquête, amplement médiatisée mais dont aucun élément vérifiable n’a filtré, s’appuierait sur des écoutes téléphoniques ainsi que sur les observations d’agents ayant travaillé sous couverture.

      http://www.lemonde.fr/europe/article/2017/08/03/l-italie-restreint-les-operations-de-sauvetage-en-mer-des-migrants_5168188_3

    • Un représentant du PD (parti démocrate a déclaré : "L’Italie ne peut pas se permettre de sauver des vies humaines"
      (no comment)

      Stefano Esposito contro le Ong : « Non possiamo permetterci di salvare vite umane »

      Le Ong hanno una approccio troppo ideologico e l’Italia non si può permettere di salvare le vite umane. Il senatore del PD Stefano Esposito ha assunto una presa di posizione piuttosto controversa per difendere il codide di condotta imposto dal ministro degli Interni Marco Minniti alle organizzazioni non governative impegnate nei soccorsi nel Mar Mediterraneo. Ecco lo screenshot del profilo Twitter di Agorà che sintetizza il pensiero di Esposito, impegnato questa mattina nella versione estiva del programma di Rai Tre condotto da Serena Bortone.


      http://www.giornalettismo.com/archives/2625725/ong-esposito-agora

    • #Navigare_a_vista” : un rapporto su salvataggi e media. Leggilo qui.

      Di operazioni di ricerca e soccorso i media parlano, e tanto: presenti nel 13% delle notizie sull’immigrazione nei principali quotidiani italiani e nel 18% dei servizi sull’immigrazione dei tg in prima serata e legate soprattutto al racconto di naufragi (39%) e azioni di salvataggio (22%). Ma come se ne parla? A fotografare la rappresentazione mediatica delle operazioni Sar (Search and Rescue) è il rapporto “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, presentato oggi presso l’Associazione Stampa Estera da Osservatorio di Pavia, Associazione Carta di Roma e COSPE.

      http://www.cospe.org/news/presentato-oggi-navigare-a-vista-un-rapporto-su-salvataggi-e-media-leggilo-qu
      #rapport

      Lien vers le rapport :
      https://www.cartadiroma.org/wp-content/uploads/2017/05/REPORT-SAR_EMBARGATO-FINO-A-11.45-DEL-295.pdf

    • Da eroi a trafficanti: le accuse ai protagonisti delle operazioni di ricerca e soccorso in mare

      Le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) dei migranti sono oggi uno dei temi principali nel dibattito politico, mediatico e pubblico. È un argomento direttamente collegato alle politiche nazionali ed europee in materia di migrazione e, più o meno indirettamente, alle politiche di sicurezza e spesso sovrapposto e intrecciato a storie umane, individuali o collettive, di speranza, gioia, sofferenza e morte

      http://www.questionegiustizia.it/articolo/da-eroi-a-trafficanti_le-accuse-ai-protagonisti-delle-operazioni-

    • Perché la campagna contro le Ong ha prodotto danni irreversibili

      Ieri pomeriggio, dopo che si era parlato di un «regolare controllo,» la magistratura italiana ha disposto il sequestro della nave Iuventa, gestita dalla Ong tedesca Jugend Rettet e scortata a Lampedusa da uno spiegamento della Guardia costiera e delle forze dell’ordine.


      https://www.vice.com/it/article/evze8w/perche-la-campagna-contro-le-ong-ha-prodotto-danni-irreversibili

    • Migranti e Libia, l’agente infiltrato sulla nave della Ong: «Così ho scoperto i contatti tra Iuventa e i trafficanti libici»

      Il poliziotto dello #Sco per 40 giorni a bordo dell’imbarcazione di “Save the children”


      http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_agosto_04/agente-infiltrato-nave-ong-cosi-ho-scoperto-contatti-iuventa-traffican

      #Servizio_centrale_operativo (sco):

      Il Servizio centrale operativo è un servizio della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Coordina le squadre mobili delle questure italiane e l’attività investigativa sulla criminalità organizzata.[1]

      https://it.wikipedia.org/wiki/Servizio_centrale_operativo

    • Migranti: Unhcr, in Libia non centri ma carceri orribili

      BRUXELLES - «Non ci sono campi o ’centri» per i migranti «in Libia, ma solo prigioni, alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti, e vi sussistono condizioni orribili. Chiunque venga sbarcato sulle coste libiche torna in queste carceri. Possiamo sperare che un giorno ci saranno centri decenti e aperti, ma oggi non esistono». Così Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati) per la rotta del Mediterraneo Centrale, in un’intervista all’ANSA. Secondo Cochetel, «va bene che l’Italia e altri contribuiscano ad accrescere la capacità della Guardia costiera libica, ma deve essere fatto secondo gli standard dei diritti umani e nella piena coscienza di quanto avviene nelle carceri libiche». «E’ importante anche educare la Guardia costiera libica agli standard dei diritti umani ed assicurare che nessuno tra loro colluda con i trafficanti, e chi lo fa sia processato», aggiunge.

      http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/europa/2017/08/04/migranti-unhcr-in-libia-non-centri-ma-carceri-orribili_02ef9559-fc38-4da1-

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      E ADESSO I PROCURATORI DI TRAPANI COME FARANNO AD ESCLUDERE CHE TUTTE LE PERSONE SOCCORSE IN MARE,ANCHE IN ACQUE LIBICHE, SI TROVANO IN EVIDENTE STATO DI NECESSITA’ COMUNQUE AVVENGA IL SOCCORSO. E POI SI MUORE ANCHE CON IL MARE LISCIO COME L’OLIO. CI SONO VIDEO E FILMATI CHE LO PROVANO. NON TAROCCATI COME QUELLI CHE USANO I SERVIZI.

    • Le cercle se referme...

      Caos Mediterraneo : le manovre occulte di Defend Europe sull’indagine Iuventa

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. È il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service. Sono loro che per primi segnalano “talune anomalie del servizio di search and rescue svolto ad opera della Iuventa...

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. E’ il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service di #Cristian_Ricci – ovvero il gruppo di contractor che ha denunciato le “anomalie” della nave #Iuventa, facendo aprire il fascicolo della Procura di Trapani - con l’ex ufficiale della Marina militare #Gian_Marco_Concas, uno dei portavoce di Generazione identitaria. Esperto di navigazione e skipper, Concas è stato definito come il “direttore tecnico” dell’operazione navale della rete europea anti migranti, che in queste ora sta muovendo la C-Star nella zona Search and Rescue (Ricerca e Salvataggio) davanti alle acque libiche. E’ apparso in un video della fine di luglio leggendo un comunicato ufficiale di Generazione identitaria, dove l’organizzazione si rivolgeva – con tono di scherno – alle associazioni antirazziste, all’Arci e alla redazione di Famiglia cristiana.

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/caos-mediterraneo-quel-link-occulto-tra-defend-europe-e-l-operaz

    • Cosa c’è nelle carte dell’inchiesta sulla nave Ong sequestrata a Lampedusa

      Il racconto a ’La Stampa’ di un agente sotto copertura. I volontari erano pagati 10 mila euro al mese

      https://www.agi.it/cronaca/nave_ong_sequestrata_jugend_rettet-2009090/news/2017-08-03

      L’article paru dans La Stampa:

      Favori agli scafisti e saluti in mare. “Con l’Italia noi non collaboriamo”

      Il ruolo di un agente sotto copertura imbarcato con Save the Children. Ombre sulla guardia costiera libica. Un’attivista: “Ai volontari 10mila euro”

      http://www.lastampa.it/2017/08/03/italia/cronache/favori-agli-scafisti-e-saluti-in-mare-con-litalia-noi-non-collaboriamo-yrUWoWllcFezXHpLe2y1yN/pagina.html

    • Migranti, i testimoni sulla Iuventa: “Dicevano: ‘Più salvataggi faremo e più donazioni riceveremo’”

      Testimonianze e conversazioni della società di sicurezza di Save the children: “Quelli sostengono solo il portafogli che portano in tasca. In mare barchini in vetroresina: per qualcuno sono «favoreggiatori»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/piu-salvataggi-faremo-e-piu-donazioni-e-soldi-riceveremo-dicevano

      Migranti, Renzi: “Se una ong frequenta scafisti, usare pugno duro”. Di Maio: “Faccia di bronzo, quando lo dicevo io…”

      Il segretario del Pd insiste anche sul numero chiuso. La Meloni: «Riprenda il decreto flusso invece di dire idiozie»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/04/migranti-renzi-se-una-ong-frequenta-scafisti-usare-pugno-duro-di-maio-faccia-di-bronzo-quando-lo-dicevo-io/3775658

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      Prove zero, linciaggio mediatico riuscito , altre stragi in vista. Demicrazia a rischio quando un ministro dell’interno detta la linea alla magistratura. E questo non riguarda soltanto i migranti.

    • Migranti e Ong, verifiche anche su Medici Senza Frontiere

      Indagini su «consegne concordate» in alto mare e possibili accordi tra Ong. Medici senza Frontiere (che non aderisce al codice): «Non ci fermeremo»

      http://www.corriere.it/esteri/17_agosto_04/migranti-ong-verifiche-anche-medici-senza-frontiere-09196acc-7958-11e7-9267

      Avec ce commentaire de Marta Esperti sur FB:

      Si passa al linciaggio mediatico di MSF.
      Mi perdoni la Scarzanini in questo articolo, ma non ho idea di come si posano scrivere tante falsità e supposizioni prive di fondamento e ancora considerarsi «giornalisti».

    • "No" al codice sui migranti, nave Msf non viene fatta entrare a Lampedusa

      Sono giunti nella serata di ieri a Lampedusa i 127 migranti che erano a bordo della nave Prudence di Medici senza Frontiere.

      A portarli nell’isola - dopo un trasbordo dalla stessa nave - due imbarcazioni della Guardia Costiera uscite a 33 miglia dall’isola fuori dalle acque territoriali.

      La nave di Msf non è dunque mai arrivata a Lampedusa, secondo quanto si apprende al Viminale, come prevede il codice di regolamentazione delle Ong voluto dal ministro Minniti secondo cui le organizzazioni che non lo sottoscrivono «sono fuori del sistema di soccorso».

      È dunque il primo caso di applicazione delle regole concordate tra l’Italia e le Ong.

      http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2017/08/06/no_al_codice_sui_migranti_nave_msf_non_viene_fatta_entrare_a_lamp-68-630

    • ASGI: il Governo riveda la sua linea politica, il codice di condotta mina l’efficacia delle attività di soccorso

      Non è un atto avente valore di legge, ma solo una proposta di accordo, dove il necessario coinvolgimento paritario delle parti è clamorosamente mancato. Non sarà legittima alcuna reazione del Governo nei confronti delle ONG non firmatarie se non nei casi e nei limiti già sanciti dalle norme nazionali e internazionali .

      http://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/codice-condotta-ong-governo-mina-efficacia-soccorso

    • Svelato il trucco di Minniti. Il Codice per le ONG è una buffonata

      Cambio di rotta nella politica dei salvataggi dei migranti, Sono giunti in serata a Lampedusa i 127 migranti che erano a bordo della nave Prudence di Medici senza frontiere. A portarli nell’isola – dopo un trasbordo dalla stessa nave – due imbarcazioni della Guardia Costiera classe 300 uscite a 33 miglia dall’isola fuori dalle acque territoriali.

      La nave di Msf non è dunque mai arrivata a Lampedusa, secondo quanto si apprende al Viminale, come prevede il codice di regolamentazione delle ong voluto dal ministro Minniti secondo cui le organizzazioni che non lo sottoscrivono ‘sono fuori del sistema di soccorso’.

      Le navi delle ONG riottose, come da promessa/minaccia di Minniti, in effetti non scaricano più migranti e rifugiati nei nostri porti. Adesso ci pensano le nostre navi ad andare loro incontro al di fuori delle acque territoriali, a trasbordare i salvati e a portarli nei porti italiani.

      Se sembra una presa in giro è perché lo è. Altro che «cambio di rotta» com’è scritto da Repubblica.

      Ecco la genialata per salvare la capra e i cavoli del ministro e del governo. Ed ecco allora che l’iniziativa del governo si rivela per quel che si sapeva essere fin da subito: uno spot elettorale molto costoso. Un’iniziativa che aumenta i costi per il nostro paese e i rischi per gli operatori delle ONG, della Marina e per gli stessi salvati, perché un trasbordo in mare aperto è intrinsecamente più pericoloso di uno sbarco in porto.

      https://mazzetta.wordpress.com/2017/08/06/svelato-il-trucco-di-minniti-il-codice-per-le-ong-e-una-buffonata/amp

    • "Avviso le Ong in chat" Padre Zerai ora rischia l’accusa di complicità

      Il prete eritreo, amico della Boldrini, può finire tra gli indagati per favoreggiamento
      P adre Mussie Zerai, l’«angelo» dei migranti non solo eritrei e amico della presidente della Camera, Laura Boldrini, ammette che informa le Ong su una chat parallela ai soccorsi ufficiali dei barconi da recuperare di fronte alla Libia.

      http://www.ilgiornale.it/news/politica/avviso-ong-chat-padre-zerai-ora-rischia-laccusa-complicit-1428683.html?mo
      #Père_Zeraï #Père_Zerai

      Commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      Ancora fango messo in giro dal Giornale, vera e propria macchina dell’odio che rilancia l’accusa formulata dalla Procura di Trapani secondo cui nei soccorsi al largo delle coste libiche se il mare e’ calmo non ricorrerebbe l’esimente dello stato di necessita’. Quando il rapporto tra menzogna e verita’ e’ capovolto, come sta succedendo in questi giorni, quando la solidarieta’ diventa resto senza una previsione di legge e l’omissione di soccorso viene lodata come «scelta responsabile», quando si preparano liste di proscrizione ed i razzisti possono spadroneggare, siamo davvero ad una forma nuova di fascismo. Con il bollo del ministero dell’interno.

    • Quanti morti volete a Ferragosto?

      In questo momento non mi interessa valutare quale sia la vera ragione dietro il codice. Se quella ufficiale, aiutare i magistrati italiani a svolgere indagini sui trafficanti, o quella implicita, ridurre la quantità di migranti che arrivano in Italia. Quel che mi interessa è la naturale conseguenze dell’applicazione letterale del regolamento. Meno navi nelle aree di soccorso e per meno tempo. E quindi, più migranti affogati.

      http://www.ilpost.it/davidedeluca/2017/08/04/migranti-ong

    • Msf: ora meno coinvolti nei soccorsi, ma continueremo a salvare vite

      ROMA. Dopo la mancata firma al codice delle ong «non siamo più i primi ad essere chiamati per i soccorsi, come accadeva prima. Sappiamo che lavoreremo di meno ma siamo sempre a disposizione della Guardia Costiera. Sappiano che noi ci siamo e siamo disponibili a collaborare». Lo dice Michele Trainiti, capo progetto Sar della ong. «Ieri sera - ha precisato - nessuno ha chiesto di entrare a Lampedusa, nessuno ce lo ha vietato. Operazioni come quella di ieri sono usuali». Magari in altre condizioni, «ci saremmo potuti avvicinare di più» all’isola.

      http://gds.it/2017/08/06/msf-ora-meno-coinvolti-nei-soccorsi-ma-continueremo-a-salvare-vite_707435

    • Migranti e Ong: #Codacons contro Medici senza frontiere

      TRAPANI - “Dopo le gravi rivelazioni sul presunto coinvolgimento di Medici Senza Frontiere nell’inchiesta della procura di Trapani relativa a soccorsi e trasbordi in mare effettuati senza essere stata allertata dalla Guardia costiera, il Codacons ha deciso di scendere in campo per difendere i tanti cittadini che, nel tempo, hanno finanziato la Ong”. Parole di Francesco Tanasi, segretario nazionale Codacons, che puntualizza come la questione sia di primaria importanza.

      http://www.newsicilia.it/cronaca/migranti-ong-codacons-contro-medici-frontiere/256786

    • Tension entre des ONG et l’Italie

      Le navire de l’ONG Jugend Rettet est soupçonné de « comportements favorisant l’immigration illégale ». Polémique sans fondement, voire « stratégie de détournement », dénoncent les milieux d’aide aux migrants.

      Un bateau de l’ONG Jugend Rettet s’est retrouvé, mercredi, bloqué à Lampedusa, sous contrôle par des gardes-côtes. Quelques heures plus tard, la police italienne a annoncé avoir « préventivement » mis le bateau sous séquestre dans le cadre d’une enquête entamée en octobre 2016. Le navire est soupçonné d’avoir eu « des comportements favorisant l’immigration illégale ».

      Cet incident intervient quel­ques jours après que Jugend Rettet a refusé de signer le code de conduite présenté par le Gouvernement italien. Ce texte édicte treize règles sur le sauvetage des migrants en Méditerranée, interdisant par exemple aux ONG d’entrer dans les eaux libyennes et les obligeant à échanger avec le Centre de coordination maritime de Rome. Le Ministère de l’intérieur italien avait prévenu : sans signature du code de conduite, les ONG ne pourraient pas être incluses dans le système officiel de sauvetage en mer.

      Accusations colportées par les antimigrants :

      « Favoriser l’immigration illégale », c’est ce qui est reproché aux ONG par une partie de l’opinion publique italienne, depuis maintenant plusieurs mois. Certains les accusent de créer un appel d’air : avec les sauvetages, elles pousseraient encore plus de migrants à tenter la traversée. L’Italie est débordée par l’afflux migratoire. C’est dans ce con­texte de controverses et de pressions que le pays a proposé ce code de conduite visant à réguler l’action de sauvetage menée par les ONG en Méditerranée.

      Mais pour la cofondatrice de SOS Méditerranée, Sophie Beau, ce texte reprend des accusations initialement colportées par certains milieux antimigrants : « La formulation laisse entendre qu’il y aurait collusion des ONG avec les passeurs. »

      Les négociations autour du texte et de ses amendements ont pris fin lundi dernier. Proactiva Open Arms, Save the Children et Migrant Offshore Aid Station ont signé le texte. Cinq autres ONG ont refusé : Médecins sans frontières (MSF), SOS Méditerranée et les organisations allemandes Sea Watch, Sea Eye et Jugend Rettet. Plusieurs points du texte cristallisent des tensions.

      Pas d’armes à bord

      L’interdiction de transférer les personnes secourues sur d’autres navires « sauf en cas de demande du Centre de coordination maritime (MRCC) », est vivement critiquée par les ONG. « On nous interdit presque les transferts, même si ce n’est pas formulé comme cela », explique Sophie Beau. « Cela n’a pas de sens, mardi encore, huit cadavres récupérés par Proactiva Open Arms ont été transférés sur l’un de nos bateaux. »

      « Si on doit ramener au plus vite les personnes secourues sur les côtes, sans pouvoir faire de transferts, on prend le risque d’avoir plus de morts ! » ajoute Corinne Torre, chef de mission France de Médecins sans frontières.

      L’autre point de friction, c’est la présence imposée de policiers éventuellement armés à bord des navires des ONG. « Le Gouvernement italien a dit qu’il ne pouvait pas préciser si les policiers seraient armés », raconte Sophie Beau. « Or notre mission est de protéger les personnes que nous secourons, qui vien­nent juste de vivre un traumatisme. Nous n’avons rien à cacher, mais nous ne pouvons pas accepter une interférence dans notre mission humanitaire, et d’avoir des armes à bord. »

      Même son de cloche chez MSF : « Nous refusons les armes dans tous nos programmes. Si on accepte, on va nous assimiler avec la police, et notre mission reste médicale. »

      Moyens de sauvetage insuffisants

      Refusant tout positionnement radical, Sophie Beau insiste : « Nous sommes dans un esprit de dialogue. Nous sommes prêts à signer si les ambiguïtés sont levées. » Elle se montre cependant peu optimiste quant à l’efficacité réelle de ce texte : « Ce qui est ridicule, c’est que cela ne va amener aucun progrès dans le fonctionnement des sauvetages. Il n’y a aucune garantie pour les ONG. »

      « Avec cette polémique sur le code de conduite, on ne parle plus du fond, déplore la cofondatrice de SOS Méditerranée. Cela détourne l’attention du fait que les Etats ne mettent pas en place suffisamment de moyens de sauvetage. Pour moi c’est une stratégie de détournement. L’Italie subit une grosse pression de l’opinion publique, et c’est sa manière de répondre, mais cela ne résout en rien le problème migratoire. »

      L’Union européenne a réaffirmé son soutien à l’Italie. Lors d’un point presse mardi, la porte-­parole de la Commission européenne, Natasha Bertaud, a déclaré : « L’idée d’un code de conduite a été soutenue de façon unanime par les Ministères de l’intérieur (des 28 pays membres). Cette mesure contribuera à une meilleure gestion des flux migratoires. » Depuis le début de l’année, 111 514 migrants sont arrivés en Europe, dont 93 500 en Italie, selon l’Organisation internationale pour les migrants.

      https://m.lecourrier.ch/151516/tension_entre_des_ong_et_l_italie

    • Migrant rescue vessel stranded off Malta

      A migrant rescue boat, the Golfo Azurro, is currently just off the coast of Malta, awaiting instructions on where it can disembark irregular migrants that it picked up in Libya.

      A spokesman for the Armed Forces said that there was very little information at the moment and contact is still being established with the trawler, although some of the NGO volunteers on board wish to disembark in Malta.

      Unconfirmed reports say that the vessel picked the migrants up off Libya and that Italy has not given permission for it to drop them off. Marine traffic websites show the vessel as being ’at orders Sicily’.

      It is not yet known how many migrants are on board.


      https://www.timesofmalta.com/mobile/articles/view/20170807/local/migrant-rescue-vessel-stranded-off-malta.655117

    • Sorpresa, spunta il prete amico della Boldrini dalle chat segrete delle Ong

      Un’inchiesta del Giornale rivela la presenza di una chat, parallela ai soccorsi ufficiali, fra le navi delle Ong di fronte alla Libia, nella quale si legge che un prete molto noto segnala nella chat dove andare a prendere i barconi. Si tratta del religioso che venne accolto con tutti gli onori alla Camera dalla presidente Laura Boldrini. Naturalmente.


      http://www.secoloditalia.it/2017/08/sorpresa-spunta-il-prete-amico-della-boldrini-dalle-chat-segrete-delle

    • ONG, l’inchiesta di Trapani, Zuccaro e il codice di condotta: domande e risposte

      Il 2 agosto viene fermata dalla Guardia Costiera italiana l’imbarcazione “Iuventa” della ONG tedesca, Jugend Rettet, e scortata nel porto di Lampedusa. In un primo momento, il comandante della Capitaneria di porto della città, Paolo Monaco, aveva comunicato che si trattava «di un normale controllo, che abbiamo fatto e che non comporterà alcun problema». Ma durante la giornata viene pubblicata la notizia che l’imbarcazione dell’organizzazione non governativa era stata messa sotto sequestro preventivo dal giudice delle indagini preliminari (gip) su richiesta della Procura di Trapani. I magistrati siciliani, come riferito in Parlamento nel maggio scorso, stavano portando avanti delle indagini con ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che coinvolgevano «anche non le ONG ma soggetti appartenenti alle organizzazioni non governative». In quell’occasione però non vennero fornite da parte dei pm indicazioni su quale ONG fosse coinvolta nell’inchiesta.

      http://www.valigiablu.it/ong-migranti-inchiesta-trapani-zuccaro-codice-condotta

    • L’indagine sulla ong tedesca e la nave Iuventa. Le accuse, l’infiltrato e i rapporti tesi con Roma

      Cronaca – Tre giorni fa l’imbarcazione è stata sequestrata dalla Procura di Trapani. Le 150 pagine del dispositivo passano in rassegna le contestazioni, partite da due dipendenti di una società di sicurezza e da un agente sotto copertura. Secondo il giudice però «trafficanti e appartenenti alle ong sono agli antipodi»

      http://meridionews.it/articolo/57593/lindagine-sulla-ong-tedesca-e-la-nave-iuventa-le-accuse-linfiltrato-e-i-

    • Tutte le accuse contro l’ong Jugend Rettet

      Le accuse contro la Iuventa
      Le indagini della procura di Trapani, guidata da Ambrogio Cartosio, sono andate avanti contemporaneamente all’approvazione di un codice di condotta voluto dal governo italiano per le ong attive nel Mediterraneo. Il codice, che prevede tra le altre cose la presenza di agenti armati della polizia giudiziaria a bordo delle navi, non è stato firmato da alcune organizzazioni, tra cui la tedesca Jugend Rettet.

      Il 2 agosto il giudice per le indagini preliminari di Trapani Emanuele Cersosimo, accogliendo la richiesta della procura, ha emesso un decreto di sequestro preventivo della nave Iuventa della Jugend Rettet. La motopesca è stata scortata dalla guardia costiera italiana fino al molo di Lampedusa, prima di essere trasferita al porto di Trapani.

      L’ipotesi di reato su cui la procura siciliana sta lavorando è quella di cui Cartosio aveva già parlato a maggio: favoreggiamento dell’immigrazione illegale aggravata, secondo l’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione 286 del 1998. I nomi dei sospettati non sono ancora noti e si procede contro ignoti. L’aggravante è data dal fatto che l’ingresso illegale ha riguardato più di cinque persone e la pena prevista per questo tipo di reato va da cinque a quindici anni di reclusione e una multa di 15mila euro per ogni persona che è stata favorita nell’ingresso in Italia.

      Gli episodi contestati alla nave Iuventa sono tre

      Il procuratore aggiunto di Trapani in una conferenza stampa ha spiegato che “gli episodi contestati alla nave Iuventa sono tre, avvenuti il 10 settembre del 2016, il 18 giugno del 2017 e il 26 giugno 2017”. Cartosio ha detto che durante questi episodi sono stati documentati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e membri dell’equipaggio della nave”.

      Un’attività per la quale, secondo la procura, i membri dell’equipaggio non ricevono alcun compenso dai trafficanti, “la motivazione riteniamo resti essenzialmente umanitaria”. Inoltre, secondo le indagini, gli operatori della Iuventa avrebbero lasciato alla deriva tre imbarcazioni, non distruggendole, e questo avrebbe permesso ai trafficanti di recuperarle. Le fonti dell’indagine sarebbero delle foto e dei video girati da alcuni agenti sotto copertura, imbarcati a bordo della nave Vos Hestia, dell’organizzazione umanitaria Save the children, attiva nello stesso tratto di mare.

      Sempre secondo la procura, non ci sarebbero stati gli estremi dello stato di necessità per procedere a un’attività di soccorso, cioè non ci sarebbe stato un imminente pericolo per le persone soccorse, e per questo l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina rimarrebbe in piedi.

      Un reato ad ampio raggio
      In Italia il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è stato introdotto nel 1998 e colpisce chiunque aiuti dei cittadini stranieri a entrare nel paese in maniera irregolare, anche a scopi umanitari e senza lucro.

      “È un reato molto particolare, perché è un reato di pericolo”, spiega l’avvocato Guido Savio, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). “Non solo punisce chi effettua il trasporto, chi finanzia, chi gestisce, chi organizza il traffico di esseri umani, ma anche chi aiuta l’ingresso e questo a prescindere dal fatto che l’ingresso si verifichi”. Questa seconda parte della norma comporta uno spettro molto ampio di applicazione.

      https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/08/08/accuse-ong-iuventa-jugend-rettet

    • Noi del Moas in mare da tre anni per colmare le lacune d’Europa

      La migrazione è senza dubbio il tema che sta segnando irrimediabilmente la nostra epoca. Nonostante sia parte integrante della storia umana e appaia come una caratteristica insita del genere umano, adesso viene presentata come fosse una tragica novità. Ogni giorno veniamo letteralmente inondati di notizie, più o meno veritiere, che affrontano il tema dei flussi migratori nel bacino del Mediterraneo. Sono questi, infatti, quelli che ci riguardano più da vicino perché vanno a toccare i nostri assetti socio-economici e destabilizzare le nostre politiche nazionali.

      http://www.huffingtonpost.it/regina-catrambone/moas-3-anni-di-ricerca-e-soccorso-in-mare_a_23068724

    • Perché la questione delle ONG nel Mediterraneo sembra una fake news architettata da siti esteri

      Adesso che la Commissione difesa del Senato ha chiuso l’indagine conoscitiva sul ruolo delle ONG nel Mediterraneo, scagionandole da ogni ipotesi di complotto con i trafficanti, e le acque si sono dunque calmate, è giunto il tempo di fermarsi a riflettere su come si sia formato il vortice mediatico, politico e persino giudiziario sulle operazioni di salvataggio compiute nel Mediterraneo.

      http://www.huffingtonpost.it/costanza-hermanin/perche-la-questione-delle-ong-nel-mediterraneo-sembra-una-fake-n_a_22

      Dans cet article, on dit que cette vidéo a été celle qui a enclenché la polémique. C’est une vidéo publiée par #Gefira (que vous trouvez aussi dans le fil sur les #identitaires) :
      https://www.youtube.com/watch?v=eDBNyEplPOk

      Et l’article publié par Gefira toujours quelques jours après avoir publié la vidéo :

      Caught in the act : NGOs deal in migrant smuggling
      https://gefira.org/en/2016/11/15/caught-in-the-act-ngos-deal-in-migrant-smuggling

      Et un autre qui a suivi quelques jours après :

      NGOs are smuggling immigrants into Europe on an industrial scale
      https://gefira.org/en/2016/12/04/ngos-are-smuggling-immigrants-into-europe-on-an-industrial-scale

      Puis la nouvelle fait le tour de plein de sites douteux :

      Le parole di Gefira sono presto riprese da altri siti di disinformazione, per esempio il bulgaro #Zero_Hedge, altro sito che si autodefinisce specializzato in finanza, ma che è stato smascherato sia dai media americani, sia dalle istituzioni finanziarie che lo hanno descritto come"conspirational" e filorusso. Il post di Zero Hedge che riprende Gefira è stato condiviso 4.500 volte su Twitter. Altre riprese di dicembre: #Dailystormer, sito neonazista, #Southfront, filorusso, #Shoebat e #Barenakedislam, islamofobi.

      La news arriva in Italia tramite un altro sito di disinformazione apertamente filorusso, #SitoAurora, che riprende la notizia di Gefira il 7 dicembre. L’8 dicembre la notizia è su #comedonchisciotte.org

      Et enfin, le 6 mars, arrive la vidéo en italien de #Luca_Donadel qui a été vue presque 700’000 fois :

      Mesi più tardi, il 6 marzo, il blogger Luca Donadel – in quello che diverrà un video virale – riprende esattamente metodologia e informazioni del sito Gefira per avvalorare la tesi della cospirazione delle ONG.

      –-> https://www.youtube.com/watch?v=dP4rYgJKo_w

    • Con Don Mussie Zerai. Noi non abbiamo paura

      Mi riservo di controbattere nelle sedi legali opportune a questa serie di calunnie che mi sono state indirizzate. Per il momento posso dire di aver ricevuto solo la mattina di lunedì 7 agosto, mentre rientravo da un viaggio di lavoro, la notizia che la Questura di Trapani dovrebbe notificarmi l’avviso di un procedimento per conto della locale Procura. Immagino che sia un provvedimento ricollegabile all’inchiesta aperta sulla Ong Jugend Rettet. Se di questo si tratta, posso affermare in tutta coscienza di non aver nulla da nascondere e di aver agito sempre alla luce del sole e in piena legalità. A parte l’iniziativa di Trapani, di cui ho già informato i miei legali in modo da prenderne visione ed eventualmente controbattere in merito, non sono stato chiamato in alcuna altra sede per giustificare o comunque rispondere del mio operato in favore dei profughi e dei migranti.

      http://www.a-dif.org/2017/08/09/con-don-mussie-zerai-noi-non-abbiamo-paura

    • Migranti. Indagato Mussie Zerai, prete candidato al Nobel che segnala i barconi in difficoltà

      Don Mussie Zerai è indagato dalla Procura di Trapani nell’ambito di indagini su attività di salvataggio dei migranti in cui sarebbero coinvolte delle ong. “Ho ricevuto dalla procura di Trapani una comunicazione che c’è una indagine sul mio conto, una indagine che risale al 2016. Non so altro, non cosa mi sia contestato”, ha confermato il sacerdote eritreo candidato al Nobel per la pace nel 2015, fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, per la Cooperazione allo Sviluppo.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/09/migranti-indagato-mussie-zerai-prete-candidato-al-nobel-che-segnala-i-barconi-in-difficolta/3785447

    • Per una alternativa a Minniti ed ai suoi servizi, per il diritto alla vita.

      Dopo il sequestro della nave Juventa dell’organizzazione tedesca Jugend Rettet e le notizie, ancora assai poco circostanziate, del coinvolgimento di Don Mussie Zeraj nell’inchiesta promossa dalla Procura di Trapani, avviata a seguito di alcune segnalazioni ricevute da ambienti vicini ai servizi segreti, sembra che la linea del ministro dell’interno Minniti stia ottenendo risultati eccellenti. Da una parte è stato spaccato il fronte delle ONG, e anche alcune che avevano dichiarato di non accettare il codice di condotta lo hanno poi firmato, da un’altra parte si collega il rallentamento delle partenze dalla Libia, praticamente dimezzate rispetto ai mesi di luglio ed agosto dello scorso anno, con il maggiore rigore contro le navi umanitarie e soprattutto con la messa in opera degli accordi stipulati con il governo Serraj il 2 febbraio scorso.

      http://www.a-dif.org/2017/08/10/per-una-alternativa-a-minniti-ed-ai-suoi-servizi-per-il-diritto-alla-vita

    • Don Zerai indagato, chi salva vite è un eroe e non un criminale

      Oskar Schindler ben avrebbe potuto essere indagato, imputato, condannato dalla Germania nazista per avere salvato più di mille ebrei dallo sterminio. Carlo Angela, papà del giornalista televisivo Piero, dando rifugio nella sua clinica a tantissimi ebrei, li salvò dalla furia nazi-fascista e dunque dalla morte. Moussa Abadi era un ebreo siriano e, insieme al vescovo di Nizza, Paul Rémond, salvò centinaia di bambini ebrei nascondendoli da chi li rastrellava.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/10/don-zerai-indagato-chi-salva-vite-e-un-eroe-e-non-un-criminale/3786821

    • Perché stare dalla parte delle Ong e di don Zerai

      “Il mio intervento è stato concepito nel medesimo spirito dell’operazione Mare Nostrum – varata nel novembre 2013 dal Governo italiano sulla scia della tragedia del 3 ottobre a Lampedusa e purtroppo revocata dopo un anno – nella convinzione che se programmi del genere fossero in vigore ad opera delle istituzioni europee o magari dell’Onu, probabilmente non sarebbe stata necessaria la mobilitazione delle Ong e, più modestamente, quella di Habeshia nel Mediterraneo. Fermo restando che il problema non si risolve con il soccorso in mare, per quanto tempestivo ed efficiente, ma, nel breve/medio periodo, con l’organizzazione di canali legali di immigrazione e con una riforma globale del sistema europeo di accoglienza e, nel lungo periodo, con una stabilizzazione/pacificazione dei paesi travolti da situazioni di crisi estrema che costringono migliaia di persone a fuggire ogni mese”.

      http://www.tempi-moderni.net/2017/08/11/perche-stare-dalla-parte-delle-ong-e-di-don-zerai

    • Minniti scatena l’alleato libico e piega la chiesa. Fuoco incrociato sulle ONG.

      La guerra alle ONG che fanno soccorso in mare sembra giunta ad un punto di svolta, con l‘attacco a fuoco di una motovedetta di Tripoli e la dichiarazione di interdizione del passaggio in acque internazionali ricadenti nella zona SAR libica rivolta soltanto alle navi delle stesse organizzazioni governative, incluse anche quelle che hanno recentemente capitolato, firmando un Codice di condotta con il ministro dell’interno. Azioni sinergiche che stanno preparando veri e propri respingimenti collettivi come quelli per i quali nel 2012 l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

      http://www.a-dif.org/2017/08/11/minniti-scatena-lalleato-libico-e-piega-la-chiesa-fuoco-incrociato-sulle-ong

    • Ong, modifiche al codice: così firma anche Sos Méditerranée

      Polizia a bordo solo su mandato della magistratura e trasbordi permessi sotto il coordinamento della Guardia costiera: sono i due emendamenti al Codice di comportamento che hanno convinto Sos Mediterranèe a firmare al Viminale

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/08/11/news/ong_polizia_a_bordo_solo_su_mandato_della_magistratura_e_trasbordi_permessi_sotto_il_coordinamento_della_guardia_costiera-172856689/?ref=twhr

    • «Salvare i migranti nel Mediterraneo è compito degli Stati, non delle ong»

      Il sacerdote eritreo Mussie Zerai, residente in Svizzera, è indagato dalla Procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Intervistato da swissinfo.ch, “l’angelo dei profughi” denuncia quella che definisce «una campagna denigratoria contro chi fa solidarietà» e chiama l’Europa ad assumersi le proprie responsabilità.


      https://www.swissinfo.ch/ita/prete-eritreo-mussie-zerai_-salvare-i-migranti-nel-mediterraneo-%C3%A8-compito-degli-stati--non-delle-ong-/43404756?srg_sm_campaign=general&srg_sm_medium=soc&srg_sm_source=sflow

    • Ostacoli all’assistenza umanitaria creeranno un gap letale nel Mediterraneo

      A seguito di queste ulteriori restrizioni all’assistenza umanitaria indipendente e dell’aumento dei blocchi che costringono i migranti in Libia, MSF ha deciso di sospendere temporaneamente le attività di ricerca e soccorso della propria nave, la Prudence. L’équipe medica di MSF continuerà a supportare le attività di soccorso a bordo della nave Aquarius, di SOS Mediterranee, che al momento sta pattugliando le acque internazionali.

      http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/ostacoli-all%E2%80%99assistenza-umanitaria-creeranno-un-gap-let

    • Medici senza frontiere sospende salvataggi in mare. «C’è un assalto inaccettabile alla dignità dell’uomo»

      Dopo l’annuncio di una zona Sar libica estesa cento miglia in cui le ong non sono accette, Msf annuncia di ritirarsi. «Se le navi umanitarie vengono spinte fuori dal Mediterraneo, coloro che non annegheranno saranno intercettati e riportati in Libia, luogo di illegalità, di detenzione arbitraria e di estrema violenza»

      http://meridionews.it/articolo/57812/medici-senza-frontiere-sospende-salvataggi-in-mare-ce-un-assalto-inaccet

    • Replica. Moas: «Portiamo i migranti dove ordina la Guardia Costiera»

      Tempi duri per le ong schierate in prima linea nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo. Nonostante le decine di migliaia di vite umane salvate, sono finite sul banco degli imputati con l’accusa di essere complici se non addirittura al soldo dei trafficanti. Prima attaccate da Frontex, poi citate in audizione alla Commissione Schengen dal procuratore di Catania Zuccaro, il quale non ha nascosto dubbi sul loro proliferare, lo spingersi fino alle coste libiche e i sospetti sui finanziamenti per tenere le navi in mare. Infine, oggetto di una indagine parlamentare annunciata dal senatore Nicola Latorre. Tra le organizzazioni nel mirino c’è Moas - fondata nel 2014 dai coniugi Catrambone, imprenditori italo americani con base a Malta - la prima a mettere in mare una nave privata salva migranti, la Phoenix. Regina Catrambone, nel 2015 nominata dal Capo dello Stato Ufficiale al merito della Repubblica per l’attività di localizzazione e soccorso in mare, non nasconde l’amarezza per gli attacchi di questi giorni a pochi giorni dal ritorno in missione della ’Phoenix’ il prossimo primo aprile dopo tre mesi di stop e mentre cerca di aprire un canale umanitario con La Libia, che ritiene l’unica via per spezzare la catena dei viaggi della morte.

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/moas-portiamo-i-migranti-dove-ordina-la-guardia-costiera

    • Chi denuncia Don Mussie infanga ognuna/o di noi

      Siamo persone privilegiate perché nel nostro cammino abbiamo incontrato una persona straordinaria come Don Mussie Zerai, da cui tanto tuttora impariamo. Lo abbiamo incontrato quando c’era da piangere e celebrare i morti e quando c’era da salvare i vivi, chiunque, indipendentemente dalla provenienza. Abbiamo apprezzato negli anni lo scrupolo con cui ha sempre operato nel pieno rispetto di quelle istituzioni – come la Guardia costiera italiana – impegnate ad affrontare drammi umanitari che passeranno alla storia, considerandole partner di riferimento, soggetti a cui affidare la sorte di chi era sull’orlo dell’abisso, in mare così come nei paesi di transito.

      http://www.a-dif.org/2017/08/12/chi-denuncia-don-mussie-infanga-ognunao-di-noi

    • Il codice di distrazione di massa. Ovvero dell’arte di accusare le Ong per nascondere l’inferno dove rimandare i migranti

      “Cinque Ong su otto, hanno firmato il codice di condotta del Viminale”. Il messaggio è chiaro, serve a dimostrare chi sta vincendo il braccio di ferro sulle “regole da adottare nel Mediterraneo”. Vince il Viminale che ha convinto la maggioranza delle Ong a stare dalla sua parte. Questo appare dalle cronache di queste ore. Ha poca importanza se il contenuto del codice è cambiato radicalmente e se, per come oggi è stato trasformato su pressione della quinta Ong che ha firmato, è diventato un foglio inutile che non cambia di una virgola le regole che c’erano prima, le regole del diritto internazionale, le regole del mare. Sos Mediterranee, la quinta Ong, ha chiesto ed ottenuto di allegare al codice un “addendum” che risolve i nodi principali della discussione ovvero la presenza degli agenti armati a bordo e del divieto ai trasbordi su altre barche dei migranti soccorsi. Risolve i nodi nel senso che li elimina: non c’è più l’obbligo di far salire uomini di polizia giudiziaria armati a bordo e non c’è più il divieto ai trasbordi. Improvvisamente dunque, scompaiono i due elementi centrali di tutta la polemica che da settimane occupa le prime pagine dei giornali e le discussioni nei bar di questo nostro strano paese. “se non vogliono la polizia hanno qualcosa da nascondere” si diceva. Ma adesso la polizia armata non è più un elemento così importante da imporre a bordo delle navi Ong. Tutto ritorna, come era prevedibile ed inevitabile, sotto il controllo della guardia costiera, come se nulla fosse. Cinque Ong su otto hanno aderito ad un codice che, sostanzialmente, non c’è più. Ma perché allora, tanto rumore fino ad oggi?

      https://www.articolo21.org/2017/08/il-codice-di-distrazione-di-massa-ovvero-dellarte-di-accusare-le-ong-per

    • Msf, stop dopo le minacce: chi e perché vuole fermare i volontari

      La polemica sulle organizzazioni non governative aiuta il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. Se l’Italia fosse un’azienda privata avrebbe già licenziato il suo rappresentante per l’estero: il ministro Alfano ha gravissime colpe.

      http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/08/12/news/msf-chi-e-perche-vuole-fermare-i-volontari-1.307856?ref=HEF_RULL

    • "Continuerò a salvare vite umane. Come ho sempre fatto in questi anni"

      Il prete, di origne eritrea, è sotto attacco. Perché? Il suo «reato» è aiutare i profughi comunicando alle autorità dove si trovano. Colpevole, cioè, di quella nuova fattispecie giuridica che si sta pericolosamente affermando: il “reato umanitario”. «Questo clima», dice, «serve a non parlare dei veri problemi. I trafficanti esistono perché non ci sono alternative legali. Se si vuole combattere il traffico di esseri umani, occorre rendere possibili delle vie sicure di ingresso in Europa».

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/continuero-a-salvare-vite-umane-come-ho-sempre-fatto-in-questi-a

      Le texte complet de l’article:

      Msf, stop dopo le minacce: chi e perché vuole fermare i volontari

      La polemica sulle organizzazioni non governative aiuta il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. Se l’Italia fosse un’azienda privata avrebbe già licenziato il suo rappresentante per l’estero: il ministro Alfano ha gravissime colpe. L’ingrandimento sull’Espresso in edicola domenica

      DI FABRIZIO GATTI
      12 agosto 2017

      L’effetto della campagna del governo contro le Ong è ormai evidente: togliere di mezzo la presenza (e i testimoni) delle organizzazioni non governative a ridosso delle acque territoriali libiche, per lasciare mano libera alla Guardia costiera di Tripoli ed eventualmente alla Marina militare italiana nel fermare i barconi e i gommoni carichi di profughi. Silvio Berlusconi e Roberto Maroni le chiamavano con orgoglio operazioni di respingimento, perché questo portava loro voti. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti e il Pd le definiscono più laicamente operazioni di soccorso. Ma della stessa operazione si tratta.

      In sostanza, stiamo consegnando un’altra volta alla Libia il totale monopolio dell’arma degli sbarchi, senza preoccuparci troppo di quello che accade più a Sud nei luoghi d’origine dell’emigrazione. Finita l’estate, spenta questa esagerata polemica sugli interventi umanitari, scopriremo che il problema va oltre le Ong. Ed è ben più grave, come l’eredità degli anni scorsi ci insegna. A meno che non vogliamo consolarci con alcune migliaia di arrivi in meno, come l’andamento del 2017 sembra annunciare.

      GLI EFFETTI COLLATERALI
      È evidente che l’Italia non possa farsi carico da sola ogni anno dell’accoglienza e dell’integrazione di 180 mila persone, di cui gran parte uomini in giovane età. Ed è indispensabile e auspicabile cercare soluzioni anche a breve termine. Ma se sono aumentate le partenze dalla Libia, non è certo per la presenza nel Mediterraneo degli spavaldi attivisti tedeschi di “Jugend Rettet” sotto inchiesta per aver avuto, secondo la Procura di Trapani, rapporti fin troppo ravvicinati con i trafficanti. E non è nemmeno colpa di organizzazioni che si sono sempre coordinate con la Guardia costiera, come “Medici senza frontiere” o “Save the children”.

      Perfino il codice di comportamento voluto da Minniti è un falso problema: il ministero dell’Interno ha sempre avuto il desiderio di dividere il volontariato tra mansueti da premiare e rompiscatole da allontanare, tra quanti sono disposti a chiudere un occhio e quanti si dimostrano rigorosi nel rispetto delle norme. Lo si è visto nel 2013 nel centro di accoglienza di Lampedusa: per diversi giorni alcuni volontari del progetto governativo “Praesidium” hanno tollerato il fatto che intere famiglie con i loro bambini piccoli venissero tenute a dormire sotto gli alberi, mentre la notte i cani randagi urinavano sulle loro coperte. Anche per questo bene fa “Medici senza frontiere” a rispettare la sua neutralità e a non voler prendere a bordo agenti armati. Un codice di condotta simile a quello imposto dal Viminale oggi metterebbe fuori gioco perfino Henry Dunant, il fondatore della Croce Rossa e primo premio Nobel per la pace.

      Non dobbiamo però sottovalutare gli effetti collaterali. Fin dove si spingeranno i barconi senza più la presenza costante delle Ong al largo della Libia? Fin dove arriveranno i cadaveri dispersi in mare? È sempre la cronaca del 2013, prima dell’arrivo delle organizzazioni umanitarie e prima dell’impiego della Marina con l’operazione “Mare nostrum”, a suggerirci una risposta: 13 annegati davanti ai turisti sulla spiaggia di Sampieri in Sicilia il 30 settembre; 366 annegati davanti a Cala Madonna a Lampedusa il 3 ottobre; 268 annegati a 60 miglia a Sud di Lampedusa l’11 ottobre.

      IL CORRIDOIO UMANITARIO
      Dopo la fine di “Mare nostrum”, l’apertura del corridoio umanitario delle Ong ha ridimensionato l’impiego delle navi cargo nelle operazioni di soccorso: con un conseguente beneficio sui costi e i tempi dei commerci nel Mediterraneo. L’unica alternativa, la prassi adottata dall’Italia fino al 2013, coinvolge invece il traffico commerciale. Ed è spiegata proprio nelle comunicazioni che accompagnano i presunti ritardi, prima del naufragio dell’11 ottobre di quell’anno. Dice al telefono un ufficiale della Guardia costiera italiana alla collega maltese che chiede l’intervento della Libra, il pattugliatore della nostra Marina: «Penso che sia una buona idea cominciare a coinvolgere anche una nave commerciale... Di solito noi lavoriamo in questo modo. Impieghiamo le nostre unità più grandi per avvistare (i barconi). E dopo se ci sono navi commerciali, noi preferiamo impiegare quelle e poi organizzare incontri con i nostri pattugliatori più piccoli. Perché noi non vogliamo perdere l’area... Bene, penso che il capo deve provare a trovare una nave commerciale».

      L’assurda procedura quel giorno si conclude con una strage di profughi siriani, tra cui sessanta bambini, rimasti per cinque ore in inutile attesa sul peschereccio che stava affondando. Nave Libra ad appena una decina di miglia, meno di un’ora di navigazione, era stata mandata a nascondersi: nonostante nessuna nave commerciale fosse arrivata nelle vicinanze.
      Se questa tornerà a essere la prassi, avremo forse qualche arrivo da vivi in meno. Ma probabilmente molti cadaveri sulle nostre spiagge in più.

      BOCCIATI IN FRANCESE
      La polemica sulle Ong aiuta soprattutto il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. A fine luglio il presidente francese Emmanuel Macron ha sgambettato l’Italia e portato a un (fragile) accordo il premier di Tripoli, Fayez al Serraj, sostenuto dall’Onu e da Roma e il signore della guerra di Bengasi, il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Parigi.

      Se Palazzo Chigi fosse un’azienda privata, andrebbe licenziato il rappresentante per l’estero. Il ministro Angelino Alfano infatti avrebbe potuto fare di più: dal primo gennaio al 30 giugno è stato una sola volta a Tripoli, una sola volta a Tunisi e mai, proprio mai, in almeno uno dei tanti Paesi africani o asiatici che con i loro cittadini impegnano così intensamente il nostro bilancio statale tra soccorsi e accoglienza. Lo confermano i piani di volo dell’aereo usato da Alfano.

      Il suo omologo francese, il socialista Jean-Yves Le Drian, artefice del vertice Serraj-Haftar di fine luglio, è invece stato trentadue volte in Africa come ministro della Difesa nel precedente governo. E dal 17 maggio di quest’anno, giorno della sua nomina agli Esteri, ha già visitato Tunisia, Algeria, Egitto, Stati subsahariani, Emirati, Arabia Saudita e Qatar per preparare il consenso allo “sbarco” francese in Libia.

      Il generale Haftar cura da tempo gli interessi di Parigi nel tentativo di sottrarre all’influenza italiana i pozzi e i terminal della Mezzaluna petrolifera in Cirenaica, nell’Est. L’Eni rischia così di perdere alcuni futuri contratti. La pace con il premier di Tripoli, che a Ovest guida il Governo di accordo nazionale, però non è detto che regga. Solo l’annuncio italiano di inviare la nave militare “Comandante Borsini” in acque libiche per assistere la locale Guardia costiera contro i trafficanti di uomini, così come avrebbe richiesto Serraj, ha messo d’accordo tutte le fazioni.

      Lo stesso vice di Serraj, Fathi Al-Majbari: «È una violazione della sovranità della Libia e degli accordi in vigore. L’azione di Serraj non rappresenta il governo». Il figlio del dittatore Muhammar Gheddafi, Saif al Islam, tornato libero due mesi fa: «È un’operazione coloniale». Lo stato maggiore di Haftar: «Bombarderemo le navi italiane». Un bel pasticcio diplomatico.

      IL MERCATO DEGLI SCHIAVI
      Se il governo di Paolo Gentiloni si prende la responsabilità di consegnare i profughi alle autorità di Tripoli, bisogna ricordare che la Libia continua a essere un Paese in guerra che non ha mai firmato le convenzioni sui rifugiati. E che per questo l’Italia è già stata condannata in passato, dopo gli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, da risoluzioni del Parlamento europeo che avevano vietato i respingimenti. Basta leggere gli ultimi rapporti dello Iom, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, che non è una Ong ma un organismo intergovernativo costituito da 166 Stati membri.

      Uno dei dossier più drammatici è della primavera scorsa. Denuncia il mercato degli schiavi allestito in un parcheggio a Sebha, nel Sud della Paese, lungo la rotta che dal Niger sale verso il Mediterraneo: «I migranti subsahariani vengono venduti e comprati dai libici, con l’aiuto di trafficanti ghaniani e nigeriani che lavorano per loro».


    • Photo reçue de Fulvio Vassallo le 13.08.2017 avec ce commentaire :

      La nave di Frontex Triton #Olimpic_Commander ferma da due giorni a Trapani . Non salvano nessuno. Non intercettano trafficanti. Staranno setacciando la nave Juventus bloccata sotto sequestro nello stesso porto. A prua della nave si vede una struttura aggiunta di recente e non presente nelle foto di archivio della stessa nave. Hanno aggiunto una piattaforma per elicotteri in modo da disporre di mezzo veloci di pronto intervento. Ma per il momento si limitano a leggere le carte della Juventa. Bastava mandare una squadra di polizia.

    • Reçu de Fulvio Vassallo le 13.08.2017:

      Procura Trapani, indagati comandanti nave «Iuventa» =
      (AGI) - Trapani, 12 ago. - Salgono a quattro gli indagati
      nell’’inchiesta della Procura di Trapani su Ong e soccorsi ai
      migranti. Oltre al sacerdote eritreo don Mussie Zerai, iscritto
      dai Pm nei giorni scorsi, sono indagati anche i due comandanti
      della «Iuventa», la nave della Ong tedesca Jugend Rettet, e un
      terzo membro dell’’equipaggio. L’’accusa per tutti e’’ di
      favoreggiamento dell’’immigrazione clandestina. Ai due
      comandanti, Jakob Shroter e Jonas Buya, e al marittimo e’’ stato
      notificato da agenti della Squadra mobile l’’avviso di proroga
      delle indagini. A don Zerai, presidente della dell’’agenzia di
      informazione Habeshia e punto di riferimento degli s.o.s. dei
      migranti in navigazione nel Mediterraneo, era stata inviata in
      precedenza un’’informazione di garanzia. Si tratta - dicono da
      ambienti giudiziari - di provvedimenti obbligatori, legati ai
      fatti emersi durante le indagini. Nell’’ambito dell’’inchiesta,
      condotta dai pm Andrea Tarondo e Antonio Sgarrella, era stato
      disposto il sequestro della nave «Iuventa», che tuttora si
      trova ormeggiata nel porto di Trapani. (AGI)
      Tp2/Rap
      121852 AGO 17

    • Il mondo alla rovescia. Storia di padre #Mussie_Zerai che salva i naufraghi, è stato candidato al nobel e, in Italia, finisce sotto accusa

      “Stiamo vivendo un paradosso: chi salva viene accusato di favoreggiamento e di complicità con i trafficanti e chi omette il soccorso resta impunito. È un mondo alla rovescia.” Il tono di voce di padre Mussie è sempre molto pacato. Parole misurate anche per parlare di una indagine che lo vede sotto inchiesta come complice dei trafficanti di uomini. “Mi aspettavo che i magistrati prima o poi avrebbero voluto ascoltarmi. Non mi aspettavo che volessero sentirmi come indagato.”


      https://www.articolo21.org/2017/08/il-mondo-alla-rovescia-storia-di-padre-mussie-zerai-che-salva-i-naufragh

    • I libici impongono il «pizzo» sui salvataggi. Le Ong minacciate e taglieggiate per le attività nel Mediterraneo

      Non solo abbordati, minacciati, mitragliati. Ma ora anche taglieggiati. Nasce il «pizzo» sul salvataggio di migranti. Gestito da ufficiali della Guardia Costiera di Tripoli. È questa, confidano all’HuffPost fonti vicine ad Ong spagnole e tedesche, una delle ragioni, oltre quella della sicurezza, che hanno portato a una scelta estremamente grave. La sicurezza al primo posto, certo, ma fuori dall’ufficialità, il mondo delle Ong dà conto di una «sindrome di accerchiamento» che ogni giorno si alimenta di nuovi elementi che, messi insieme, ricostruiscono una situazione ormai insostenibile.

      http://www.huffingtonpost.it/2017/08/13/i-libici-impongono-il-pizzo-sui-salvataggi-le-ong-minacciate_a_230760

    • Il dramma dei migranti in una foto del radar: oltre 30 imbarcazioni attorno a una nave di una Ong

      Circa 6000 migranti raccolti in mare, al largo della Libia, tra venerdì e sabato. E non è finita. La foto che pubblichiamo è il tracciato radar che mostrava la situazione di ieri notte, attorno a una delle imbarcazioni di una Ong impegnata nel soccorso in mare. Il centro del tracciato è la nave. Tutt’intorno, ogni puntino giallo segnala un gommone in avvicinamento, con cento o anche duecento persone a bordo. Una scena drammatica. I puntini sono più di 30. I calcoli sono facili: altre migliaia di persone in arrivo.


      http://www.lastampa.it/2017/05/07/esteri/il-dramma-dei-migranti-in-una-foto-del-radar-oltre-imbarcazioni-attorno-a-una-nave-di-una-ong-PJhYsSZynou8qD7dzLkPxH/pagina.html

    • La Libia blocca le Ong a 100 km dalla costa. Salvati e internati 105 migranti

      LA MARINA libica, fedele al governo del premier del governo di unita nazionale di Tripoli di Fayez al Sarraj, ha imposto a tutte le navi straniere il divieto di soccorrere i migranti nelle aree cosiddette aree di «serch and rescue» (SaR) (ricerca e recupero) che vanno molto oltre le 12 miglia nautiche delle acque territoriali.

      Di fatto la decisione impedirà alle navi delle Ong di intervenire non solo nelle acque territoriali libiche ma si dovranno tenere ad una distanza di centinaia di km dalla costa.

      http://www.ilsecoloxix.it/rw/IlSecoloXIXWEB/mondo/foto_trattate/2017/08/10/canale-k0TC--673x320@IlSecoloXIXWEB.JPG
      http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2017/08/10/ASBI3SoI-salvati_internati_migranti.shtml

    • Posté sur FB par Fulvio Vassallo:
      L’ultima provocazione: multata la Ong Proactiva
      Mediterraneo . Sanzione da seimila euro

      Daniela Padoan
      paru dans Il manifesto, 20 agosto 2017

      Il 14 agosto la nave Golfo azzurro della Ong spagnola Proactiva Open Arms, tra quelle che hanno firmato il codice di condotta imposto dal governo italiano, è salpata da Malta per la ventiseiesima missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale. Dal luglio 2016 ha tratto in salvo 21mila persone e ha a raccolto cadaveri di uomini, donne, bambini, portandoli a riva perché potessero avere sepoltura. Giunta nelle acque internazionali di fronte alla Libia, il 15 agosto è stata intercettata dalla C-Star, la “nave nera” noleggiata dal gruppo di attivisti di estrema destra Defende Europe che vaga in mare da settimane, dapprima sul punto di naufragare ed essere soccorsa da una Ong, poi respinta dai pescatori tunisini con cartelli antirazzisti, infine a corto di carburante al largo di Creta e diffidata dall’attraccare dalla Capitaneria di porto ellenica.

      Per l’intero giorno di ferragosto, la C-Star ha inseguito la Golfo azzurro effettuando manovre pericolose per avvicinarsi ai canotti di salvataggio e alle pareti dello scafo. Dopo numerose azioni di disturbo si è allontanata, pur restando in vista, e all’improvviso è stata affiancata da una motovedetta della guardia costiera libica. “Quando ho visto i due equipaggi parlare”, racconta il capomissione della Golfo azzurro Riccardo Gatti, “ho richiamato a bordo i volontari che si stavano allenando sui canotti e ci siamo chiusi dentro. La guardia costiera di Tripoli, priva dei contrassegni ufficiali, si è avvicinata e ci ha chiesto di mostrare le autorizzazioni del governo libico. Abbiamo spiegato che ci trovavamo a 27 miglia dalla costa e che non eravamo tenuti ad avere nessuna autorizzazione. Per tutta risposta ci hanno detto che dovevamo seguirli fino a Tripoli, sennò ci avrebbero sparato”.

      La Golfo azzurro ha chiesto aiuto alla Guardia costiera italiana e alla missione europea Eunavfor Med, senza ricevere alcun sostegno.

      “A quel punto abbiamo detto ai libici che stavamo contattando le navi da guerra della Nato per chiedere protezione, “ continua Riccardo Gatti. “Finalmente, dopo due ore, ci hanno intimato di dirigerci a nord e non tornare più indietro, altrimenti ci avrebbero ucciso. Non appena ripresa la navigazione, siamo stati contattati via radio dalla C-Star. Non abbiamo sentito che cosa ci dicevano perché il comandante, in un attacco di nervi, ha spento la radio. Erano irrisioni, e a noi è parso evidente che i libici sono stati chiamati dalla C-Star. Non so che rapporti abbiano con la guardia costiera libica, quel che è certo è che abbiamo subito un sequestro, o un atto di pirateria, e che loro ne hanno avuto parte”.

      Nonostante le minacce ricevute, la Golfo azzurro ha deciso di restare in zona SAR e, dietro richiesta del Centro di coordinamento del soccorso marittimo (MRCC) di Roma, il giorno dopo ha raccolto 233 profughi. Lo stesso MRCC ha poi dato indicazione di dirigere verso il porto di Trapani.

      Ma il 19 agosto, giunti a destinazione, sbarcati uomini, donne e bambini, subita l’ispezione a bordo di Polizia giudiziaria e scientifica, il capomissione della Golfo azzurro si è sentito richiedere da un funzionario della Capitaneria di porto una “waste garbage declaration”, ovvero il computo della spazzatura, e affibbiare seimila euro di multa.

      E’ evidente che anche firmare il codice di condotta di Minniti non costituisce alcuna salvaguardia per i Giusti del Mediterraneo. Ciò che si vuole è la loro definitiva uscita di scena così che non resti nessuno a testimoniare quel che davvero accade nelle acque libiche.

      #OHCHR

    • EU ‘trying to move border to Libya’ using policy that breaches rights – UN experts

      Two United Nations human rights experts have expressed serious concern over a new European Commission policy on Mediterranean Sea rescues, warning that more people will drown.

      “The EU’s proposed new action plan, including a code of conduct for organizations operating rescue boats, threatens life and breaches international standards by condemning people to face further human rights violations in Libya,” said the Special Rapporteur on the human rights of migrants, Felipe González Morales, and the Special Rapporteur on torture, Nils Melzer.

      The code of conduct, drawn up by Italy with the backing of Brussels, aims to stop privately-operated ships ferrying refugees to safety in Italy from waters off the Libyan coast. It is part of a wider EU plan to reduce the pressure of migrant arrivals. Libya has also announced a search and rescue zone beyond its territorial waters, and is restricting access to international waters by humanitarian vessels.

      “The solution is not to restrict access to international waters or firing weapons to threaten boats, as Libya has reportedly done repeatedly. This will result in more deaths of migrants at sea and is in contravention of the obligation to rescue people in distress,” the experts said.

      They added that international organizations were making “tremendous rescue efforts”, with their vessels providing up to 40% of all search and rescue operations in the Mediterranean.

      The Special Rapporteurs expressed concern that the European Commission was trying to move Europe’s borders to Libya. They highlighted that, under international law, migrants should be allowed to disembark at the nearest port where their lives and freedom would not be threatened, and should then receive information, care and equitable processing of their asylum claims.

      “Libya simply cannot be regarded as a safe place to disembark and the EU policy is in denial of this fact,” they said. “Migrants intercepted by the Libyan coast guard will face indefinite detention in dire and inhumane conditions, at risk of death, torture or other severe human rights violations, without any judicial review.”

      Libyan detention centres were severely overcrowded with inadequate access to toilets, washing facilities, ventilation, food and clean water, they noted. Detainees also lacked access to a legal process or lawyers.

      The human rights experts also highlighted that migrants in Libya risked labor exploitation and were vulnerable to other forms of contemporary slavery; while women were at risk of rape and other sexual violence.

      They said it was vital for the EU and Libya to bring more European rescue boats to the coast of Libya, but warned that an Italian naval mission currently operating in Libyan waters could breach Italy’s obligations of non-refoulement, in providing logistical, technical and operational support to the Libyan coast guard.

      “It is high time to tackle the real issue, which is the disproportionate impact on frontline States such as Italy and Greece, and relocate migrants and refugees to all Schengen Member countries, instead of supporting measures which drive migration further underground and increase human suffering, in violation of human rights law,” the Special Rapporteurs said.

      “States should expand their visa regimes and provide more options for refugee settlement, temporary protection, visitors, family reunification, work, resident, retirement and student visas”, they added, “in line with the UN’s Sustainable Development Goals and to ensure that migrants no longer have to embark on such deadly journeys.”

      Mr. Felipe González Morales (Chile), Special Rapporteur on the human rights of migrants; and Mr. Nils Melzer, (Switzerland), Special Rapporteur on torture and other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment, are part of what is known as the Special Procedures of the Human Rights Council. Special Procedures, the largest body of independent experts in the UN Human Rights system, is the general name of the Council’s independent fact-finding and monitoring mechanisms. Special Procedures mandate-holders are independent human rights experts appointed by the Human Rights Council to address either specific country situations or thematic issues in all parts of the world. They are not UN staff and are independent from any government or organization. They serve in their individual capacity and do not receive a salary for their work.

      http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=21978&LangID=E

    • La saga continue...
      Migrant crisis: Sicily accuses charities of collusion with traffickers

      Magistrates in three Sicilian ports have opened investigations into suspected collusion between charities and Libyan people traffickers.

      It follows the decision of a judge from Trapani in western Sicily to impound a ship operated by the German non-profit group Jugend Rettet (Youth to the Rescue) this month.

      Save the Children and Médecins Sans Frontières are also under investigation, according to Italian media, but both charities said they had received no official communication to that effect.

      https://www.thetimes.co.uk/article/migrant-crisis-sicily-accuses-charities-of-collusion-with-traffickers-2k

    • Les milliers de morts de l’égoisme européen

      La nouvelle tombe comme une condamnation à mort pour des centaines, voire des milliers de personnes qui tentent de franchir la Méditerranée. Les unes après les autres, les ONG qui avaient affrété depuis 2014 des navires pour venir en aide aux naufragés sont forcées de quitter les aires de sauvetage. En cause : la Libye a décrété jeudi dernier, en concertation avec l’Italie, la création d’une vaste zone d’exclusion maritime aux bateaux étrangers bien au-delà de ses eaux territoriales.

      https://www.lecourrier.ch/151839/les_milliers_de_morts_de_l_egoisme_europeen

    • Otto cose che impariamo dalle carte sulla Iuventa

      Quest’estate nel Mediterraneo si è giocata una partita politica piuttosto brutale. Il governo italiano si è mosso per delegittimare l’operato delle Ong nel Mediterraneo. In questo modo le ha costrette ad arretrare, quando non a rinunciare al loro ruolo di soccorso dei migranti, lasciando così campo libero ai respingimenti della Guardia costiera libica. In questo contesto, le carte sul sequestro della nave tedesca Iuventa sono anche un’occasione per comprendere meglio cosa è accaduto in mare in questi mesi.

      http://openmigration.org/analisi/otto-cose-che-impariamo-dalle-carte-sulla-iuventa

    • Priest Named ‘Guardian Angel of Refugees’ Under Investigation in Italy

      Rev. #Mussie_Zerai has received hundreds of nighttime distress calls from refugee boats over the years. Now, the Eritrean Roman Catholic priest finds himself under investigation by Sicilian prosecutors for collusion with smugglers.


      https://www.newsdeeply.com/refugees/articles/2017/09/04/priest-named-guardian-angel-of-refugees-under-investigation-in-italy

    • Ong “embedded”. Dopo le denunce un bando per arruolare gli “umanitari” nei campi di detenzione in Libia

      L’obiettivo di far fuori le ONG è stato raggiunto, anche per le divisioni al loro interno, non certo per la chiara azione diversiva iscenata dal codice di condotta imposto dal ministro dell’interno Minniti, quanto soprattutto per le sparatorie e le operazioni di sbarramento della rotta subite dalle navi delle ONG a mare, e poi per le pastoie burocratiche frapposte all’ingresso nei porti, anche nei confronti di chi aveva sottoscritto il Codice di condotta Minniti.

      La scossa finale è stata infine la serie di provvedimenti giudiziari annunciati , come a Trapani, e che si annunciano ancora, come a Catania, contro comandanti, operatori umanitari e citadini solidali “rei” di avere risposto ale richieste di aiuto e di avere trasmesso al Comando del corpo delle Capitanerie di porto (IMRCC), chiamate di socorso che hanno permesso di salvare migliaia di vite. Ma il reato di solidarietà non può essere introdotto per via giudiziaria.

      http://www.a-dif.org/2017/09/08/ong-embedded-dopo-le-denunce-un-bando-per-arruolare-gli-umanitari-nei-campi-d

    • La guerra alle Ong e il Mediterraneo come confine. L’umanitarismo alla prova (della) politica

      Come e perché le organizzazioni non governative (Ong) che effettuano salvataggi nel Mediterraneo, una volta celebrate come “angeli del mare”, sono ora accusate di essere “taxi per migranti”? Che peso ha avuto la rappresentazione mediatica della “crisi dei migranti” e del Mediterraneo come confine nell’innescare e legittimare questo “sparare sulla Croce Rossa”? Pierluigi Musarò analizza per noi la crisi dello “spettacolo del dolore a distanza” e la messa alla prova politica dell’umanitarismo.

      https://openmigration.org/idee/la-guerra-alle-ong-e-il-mediterraneo-come-confine-lumanitarismo-alla-

    • Dietro la logica dei numeri, persone in gabbia e diritti cancellati.

      Quanto sta emergendo in questi giorni dimostra nel modo sempre più evidente la infondatezza delle accuse rivolte alle ONG che sarebbero state “colluse” con i trafficanti, magari gli stessi, perchè le zone di partenze sono le stesse, con i quali da Roma si stava trattando per realizzare il blocco delle partenze. Appare ormai chiaro lo stretto legame tra le operazioni di arresto e detenzione a terra, avviate formalmente dopo gli accordi con l’Italia, con le attività di arresto in mare operate dalla Guardia Costiera libica, in coordinamento con la Guardia costiera italiana, attività di “soccorso” che già erano partite lo scorso anno, che dopo la “fase di formazione” dei militari libici sulle navi europee, ed anche in Italia, si concludono con la riconduzione dei naufraghi, “salvati” in mare ma ritenuti migranti illegali, in uno dei tanti centri di detenzione, tra i più duri, quelli di Zawia e di Sabratha. Per ottenere questi risultati occorreva allontanare le navi delle ONG dalle coste libiche, ben oltre il limite delle acque territoriali ( 12 miglia). E se qualche giornalista indipendente racconta la corruzione della guardia costiera libica o denuncia singoli trafficanti, arrivano subito le minacce.

      http://www.a-dif.org/2017/09/17/dietro-la-logica-dei-numeri-persone-in-gabbia-e-diritti-cancellati

    • Il sequestro della Iuventa: Ong e soccorso in mare

      Il sequestro della Iuventa coinvolge questioni di diritto internazionale che mai, finora, si erano presentate, nei processi contro i trafficanti. L’apertura del procedimento ha purtroppo avuto la conseguenza di portare in secondo piano le gravi responsabilità dell’Europa nella gestione del fenomeno migratorio. Esso può essere, tuttavia, l’occasione per fare chiarezza, anche nel mondo delle Ong, su come si declinino i principi umanitari dell’accoglienza e del soccorso in mare e su come sia necessario mantenerli – nell’interesse degli stessi migranti – nella cornice di legalità con cui l’Italia, per una volta sostenuta dall’Europa, sta provando a definire un perimetro che tenga insieme diritti e doveri dell’accoglienza

      http://www.questionegiustizia.it/articolo/il-sequestro-della-iuventa_ong-e-soccorso-in-mare_18-09-2017.php

    • Il contrattacco della Iuventa e la prima crisi del piano Minniti. Ma la nave di Jugend Rettet rimane sottosequestro

      L’organizzazione Jugend Rettet, proprietaria della nave Iuventa, ha deciso di utilizzare la prima udienza sul dissequestro dell’imbarcazione per difendersi pubblicamente e ribaltare le accuse. Nel frattempo nel Mediterraneo il caos non si è mai fermato ed i cadaveri dei naufraghi non possono essere occultati.

      http://www.meltingpot.org/Il-contrattacco-della-Iuventa-e-la-prima-crisi-del-piano.html

    • Migrants caught between tides and politics in the Mediterranean: an imperative for search and rescue at sea?

      In the late 2014, owing to lack of European Union support, the Italian state retreated from their Mare Nostrum—a proactive ‘Search and Rescue’ (SAR) operation in the central Mediterranean leaving thousands to die at sea.

      Humanitarian Non-Governmental Organisations (NGOs) including Médecins Sans Frontières (MSF) stepped in to fill this gap but have been recently accused of being a ‘pull factor’ for migrants and refugees and being a cause for deterioration in maritime safety by increasing deaths at sea.

      Contrary to the pull factor hypothesis, the number of sea arrivals during the NGO involvement period (with proactive SAR operations) was lower than during equivalent prior periods. Mortality rates were also substantially lower during the NGO period compared with similar prior periods.

      These findings strongly support arguments that #SAR operations by humanitarian NGOs reduce mortality risks and have little or no effect on the number of arrivals.

      http://gh.bmj.com/content/2/3/e000450

    • Accordi bilaterali e diritti senza confine. Ancora fuoco sulle ONG

      Le dichiarazioni rilasciate dai portavoce della Guardia Costiera di Tripoli, quella sostenuta proprio dalla Marina e dal governo italiano, sono sempre più farneticanti. Se dalle minacce e dal fuoco di avvertimento si passerà al sequestro di persona ed al tentativo di omicidio dovrebbe occuparsene anche la magistratura italiana, per il coinvolgimento nelle attività di coordinamento italo-libiche della Marina e della Guardia costiera italiana. La sovranità nazionale non si stabilisce con accordi bilaterali che impediscono il libero transito in acque internazionali.

      http://www.a-dif.org/2017/09/28/accordi-bilaterali-e-diritti-senza-confine

    • Mediterraneo: nuovo attacco della Guardia costiera libica alle Ong

      L’Ong tedesca #Mission_Lifeline è stata minacciata dalla Guardia costiera libica in acque internazionali, colpi di arma da fuoco e la richiesta di consegnare le persone appena salvate. Una nuova situazione tesissima che rischia di degenerare e che rende il silenzio delle istituzioni europee ancora più pesante

      http://www.vita.it/it/article/2017/09/29/mediterraneo-nuovo-attacco-della-guardia-costiera-libica-alle-ong/144656

    • Considerazioni a margine del caso Juventa e della criminalizzazione del soccorso umanitario in acque internazionali.

      Il 19 settembre scorso il Tribunale di Trapani, sezione per il riesame delle misure cautelari, con un provvedimento depositato il successivo 22 settembre, ha respinto il ricorso presentato dalla Ong tedesca Jugend Rettet, contro il sequestro della nave “Iuventa” disposto il 2 agosto di quest’anno dal Giudice delle indagini preliminari su richiesta della Procura di Trapani, per avere costituito il mezzo con cui si sarebbe realizzato il reato di agevolazione dell’immigrazione clandestina previsto dall’art. 12 del Testo Unico del 1998 n.286 in materia di immigrazione. Una vicenda giudiziaria, e prima ancora politica, sulla quale solo adesso si sta cominciando a diffondere una informazione corretta.

      http://www.a-dif.org/2017/10/08/considerazioni-a-margine-del-caso-juventa-e-della-criminalizzazione-del-socco

    • Perquisizioni su nave Save the Children

      (ANSA) - ROMA, 23 OTT - La Polizia sta eseguendo una serie di perquisizioni a bordo di nave #Vos_Hestia, l’imbarcazione di Save the Children impegnata nelle operazioni di soccorso ai migranti nel Mediterraneo centrale, che attualmente si trova nel porto di Catania. A bordo della nave, nei mesi scorsi, ha operato anche un agente sotto copertura. La perquisizione, eseguita dagli uomini del Servizio centrale operativo, è stata disposta dalla procura di Trapani che ha da tempo aperto un fascicolo sull’operato delle Ong. Ad agosto scorso la procura di Trapani ha disposto il sequestro della nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, accusata di contatti con i trafficanti. E a settembre era finito sul registro degli indagati anche il nome di Marco Amato, comandante nella nave Vos Hestia. L’accusa nei suoi confronti è la stessa ipotizzata per il personale della Iuventa: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/10/23/perquisizioni-su-nave-save-the-children_00b3412c-b2b9-499b-be8a-a805bc6976b9.ht

    • Ong, perquisita nave di Save the Children: “Favoreggiamento immigrazione clandestina”. “Noi estranei a indagini”

      Il comandante è indagato dalla scorsa estate, quando è stata sequestrata la nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet. Sequestrati computer, tablet, hard disk e il giornale di bordo. «La perquisizione è relativa alla ricerca di materiali per reati che, allo stato attuale, non riguardano», fa sapere l’organizzazione

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/23/ong-perquisita-nave-di-save-the-children-favoreggiamento-immigrazione-clandestina/3930187

    • Ong, migranti, trafficanti, Guardia Costiera libica e elicotteri della missione interforze Sophia : tutti insieme appassionatamente :
      http://www.corriere.it/video-articoli/2017/11/20/ong-migranti-trafficanti-guardia-costiera-libica-elicotteri-missione-interforze-sophia-tutti-insieme-appassionatamente/f162fd78-cde2-11e7-a3ca-40392580f143.shtml

      Toute la vidéo fait une démonstration de comment les ONG sont complices des trafiquants...
      Une ordure de vidéo...

      Et ce commentaire de Daniele Biella, sur FB :

      Peccato. Report ieri sera poteva dare un colpo netto al giornalismo delle allusioni e delle calunnie, confezionando un’inchiesta in cui veniva messa in luce l’estrema complessità del Mediterraneo. Poteva fare come Propaganda Live e Le Iene, che la testimonianza di Gennaro Giudetti l’hanno raccolta: invece no, Gennaro è stato contattato ma non intervistato. Alla fine ha prevalso ancora una volta la logica del bianco e nero, lo stabilire una linea - «tutti ipocriti» - e portarla avanti a ogni costo. Spiace e fa male perché la giornalista e la troupe hanno girato per settimane se non mesi per intervistare tutte quelle persone, un lavoro immagino faticoso e minuzioso e a tratti ammirevole come la parte delle fosse comuni in Tunisia e l’insistenza sulle irreponsabilità di altri Stati europei. Spiace vedere com’è finita, con le ong di nuovo nel mirino (nei servizi del Tg1 e sul video ripreso dal corriere emerge solo quella parte di servizio, tra l’altro fatto da un’altra giornalista per Porta a Porta nel maggio scorso e rimodulato per l’occasione. Dell’altra ora di servizio non c’è nulla!) e in pasto ai commenti bavosi dell’hate speech. Mentre sono rimaste in secondo piano le voci di mezzo, quelle dei colleghi e degli operatori che questa complessità l’hanno vista con i loro occhi, pur intervistati ma non andati in onda o per brevi tratti. Anzi l’abbiamo vista: mi ci metto anch’io, dato che due mesi fa ero sull’Aquarius di SOS MEDITERRANEE Italia. Un esempio: il saluto ai presunti pescatori o militari libici gesto di connivenza? Ma stiamo scherzando, si chiama tutela personale: dall’altra parte possono avere armi e la Convenzione sui diritti umani per loro è carta straccia.
      Peccato, davvero. Ma ora si riparte: chiedo a tutti i colleghi che non ragionano per bianco o nero di fare un’ulteriore sforzo per gettare più luce possibile sulle ombre. Senza bisogno di Santi ed eroi, ma nemmeno di trovare nelle ong in mare un capro espiatorio che, in fondo, giustifichi quello che non va bene a livello politico: l’accordo Italia-Libia. Caro ministro Marco Minniti, probabilmente le è arrivata voce: Genaro Giudetti (sì, il volontario dell’ong Sea-Watch testimone diretto del naufragio del 6 novembre) vuole incontrarla e presto. Per favore, lo riceva. Anche il viceministro degli Esteri Mario Giro ha condiviso il suo appello, così come nelle ultime ore lo ha pubblicato sulla propria pagina una collega giornalista che è anche, pensi un po’, presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini.

    • Ong e trafficanti: il fact-checking del servizio di Report

      Si torna a parlare di Ong in mare, questa volta a riaccendere le accuse è Report che, in un servizio andato in onda lunedì sera promette di svelare la verità su come avvengono “le operazioni di salvataggio dei migranti a largo delle coste libiche”, eppure molte cose non ci tornavano. Il fact-checking punto per punto

      http://www.vita.it/it/article/2017/11/21/ong-e-trafficanti-il-fact-checking-del-servizio-di-report/145183

    • “Report” su migranti, Libia e Ong: una puntata che viene da lontano

      Il 20 novembre il programma di inchiesta di Rai3 si è occupato di flussi migratori nel Mediterraneo. Ne è emerso quel che appare come un sostegno all’azione di governo a discapito delle organizzazioni umanitarie, sospettate di “tacito accordo” con i trafficanti. Ma il cuore del servizio sono immagini già trasmesse a “Porta a porta”, seppur del tutto rilette. Il ministro Minniti è assente

      https://altreconomia.it/report-migranti-libia-ong-puntata-viene-lontano

      v. aussi:
      https://www.tpi.it/2017/11/22/puntata-report-libia-non-racconta-verita-comment#r
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/ong-report-accusa-reuter-smentische

    • Dramma migranti, gli sciacalli «pescatori di motori»

      Li chiamano «pescatori di motori». Sono sciacalli, spiega il corrispondente dell’agenzia Reuters dall’Italia, Steve Scherer, testimone delle operazioni di soccorso di Sos Méditerranée nel maggio scorso. Parassiti armati contrastati da soccorritori disarmati. Vi proponiamo le sue immagini per la prima volta. -

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/pescatori-di-motori-c75c4161-e3d0-4399-bc9f-c088fdee60a1.html

    • La denuncia della Ong: «Soccorsi in mare ritardati per dare priorità ai libici, noi costretti a guardare impotenti»

      La nave Aquarius di Sos Méditerranée ha sbarcato a Catania questa mattina le ultime 421 persone salvate nel Mediterraneo in questo weekend di rinnovate partenze dalla Libia e la Ong denuncia: «Noi costretti ad osservare impotenti operazioni dei libici che riportano indietro le persone».

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/11/27/news/migranti_guardia_costiera_libica-182274317

    • Respingimenti in Libia, soccorsi ritardati, ONG ostacolate. Riflessioni sui fatti di novembre.

      Nei giorni 23 e 24 novembre il MRCC (centro di coordinamento dei soccorsi marittimi) di Roma – gestito dalla Guardia Costiera – imponeva alla nave Aquarius dell’ONG franco-italo-tedesca SOS Méditerranéee alla nave Open Arms dell’ONG spagnola Proactiva Open Arms di astenersi dal soccorrere alcune imbarcazioni in pericolo nelle acque internazionali del Canale di Sicilia, lasciando i relativi passeggeri in attesadell’arrivo delle autorità libiche. A queste, infatti,MRCC aveva affidato l’intervento, affinché riconducessero le persone in Libia.

      https://www.a-dif.org/2017/12/13/respingimenti-in-libia-soccorsi-ritardati-ong-ostacolate-riflessioni-sui-fatt

    • Mission Lifeline wehrt sich erfolgreich juristisch gegen „Identitäre“

      Der Verein Mission Lifeline e.V. hat sich gegen falsche Behauptungen erfolgreich juristisch zur Wehr gesetzt. Die fremdenfeindliche „Identitäre Bewegung“ darf Mission Lifeline nicht mehr als Schlepper-Organisation bezeichnen. Das entschied das Landgericht Dresden in einer einstweiligen Verfügung. Bei Zuwiderhandlung droht eine Strafe von 250.000 Euro. Der Sprecher der Hilfsorganisation, Axel Steier, sagte, das sei ein klares Signal an Neonazis, dass Hetze im Netz vom Rechtsstaat nicht geduldet werde. Die „Identitären“ müssen nun auch entsprechende Facebook-Einträge löschen.

      https://www.mdr.de/sachsen/dresden/mission-lifeline-wehrt-sich-gegen-sogenannte-identitaere-100.html

      Commentaire reçu par @FulvioVassallo:

      Un tribunale tedesco condanna i rappresentanti di Generazione identitaria in Germania al risarcimento dei danni per avere accusato di collusione con i trafficanti gli operatori umanitari impegnati in attivita’ di soccorso in acque internazionali nel mar libico. In Italia si utilizzano i servizi e le denunce di razzisti e xenofobi per criminalizzare le Ong anche nelle sedi giudiziarie. Solo fatti incontrovertibili.

    • Migranti. Dopo avere allontanato le Ong, la Libia abbandona i «soccorsi»

      Le autorità di Tripoli rinunciano a sorvegliare le acque internazionali. Prima ne rivendicavano il pieno controllo

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/tripoli-fa-arretrare-la-marina

      commento di Fulvio Vassallo:

      Fine di una tragica farsa. La zona Sar libica non e’ mai esistita. E adesso si svela la strumentalita’ del Codice di condotta per le Ong imposto da Minniti e la vera portata degli accordi stipulati il 2 febbraio scorso da Gentiloni e Serraj. Rimangono i processi contro le Ong, hanno ridotto gli arrivi ma il numero delle vittime rimane sui livelli degli scorsi anni. Continua la criminalizzazione mediatica che ha prodotto danni enormi che qualcuno prima o poi dovra’ risarcire. Hanno fatto fuori quasi tutte le Ong. Adesso ci vuole una missione internazionale di soccorso , nell’ assoluto rispetto del diritto internazionale. Diritto internazionale che impone anche la immediata sospensione degli accordi con il governo di Tripoli e con la sedicente Guardia Costiera libica.

    • Crise en Méditerranée : quand l’Union européenne barre la route aux migrants, et aux ONG

      On aurait tort d’idéaliser les ONG. Leur essor, depuis quelques décennies, et leur implications dans un vaste éventail d’actions humanitaires ont certes sauvé des vies et soulagé des souffrances, mais sans nécessairement déboucher sur des solutions pérennes. Toutefois, la société civile n’en est pas moins à l’origine de nouvelles manières de faire de la politique. Des impératifs aujourd’hui reconnus, comme la lutte contre les changements environnementaux ou la promotion des droits des femmes, ne sont pas nés dans la tête des gouvernements, mais dans celles de militants – qui à l’époque ont été considérés comme des utopistes, voire comme des menaces à l’ordre public.

      De ce point de vue, la crise en Méditerranée a vu se dessiner des partenariats nouveaux entre États et société civile, avec l’objectif de conjuguer la volonté de contrôle des gouvernements et la préoccupation humanitaire des ONG. Ces nouvelles formes de gouvernance témoignent peut-être d’une démocratisation de la frontière, qui ne serait plus un espace où des États souverains agissent en toute liberté, mais un lieu de coopération et de compromis entre acteurs étatiques et non-étatiques. Une telle démocratisation de la frontière constituerait un bouleversement de l’ordre établi – mais un bouleversement dont l’Europe, continent fondé sur le dépassement des frontières nationales, devrait s’enorgueillir.

      https://theconversation.com/crise-en-mediterranee-quand-lunion-europeenne-barre-la-route-aux-mi

    • https://mobile.twitter.com/MSF_ITALIA/status/946037913091002368/video/1

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo su FB (27.12.2017) :

      Comportamento infame delle navi di Eunavfor Med e della Marina italiana presenti nel Mediterraneo centrale. Continuano a coordinarsi con la Guardia costiera di Tripoli ma scaricano sulle poche Ong rimaste il compito di soccorrere e portare a terra i migranti anche a costo di caricare 370 persone a bordo di una sola nave, cone Aquarius che non puo’ garantire a tutti in posto al caldo. Se avessero fatto operare le navi di Frontex e di Eunavfor Med, fino allo sbarco a Pozzallo o a Malta, magari attrezzando un ponte aereo verso l’Italia o altri paesi europei, adesso 373 persone tutte assai vulnerabili, donne abusate e bambini inclusi, sarebbero al caldo in un porto sicuro e non dovrebbero passare un’altra notte nel mare in tempesta. Dietro tutto questo tipo di assetti Sar decisi formalmente dal comando centrale del corpo delle capitanerie di porto IMRCC (Guardia costiera) si cela il cinismo del ministro dell’interno Minniti e dei suoi direttori generali che impongono il luogo di sbarco. Si avvalgono delle poche Ong che sono rimaste ma gli rendono la vita sempre piu’ difficile, magari in attesa di qualche incidente. Le loro parate umanitarie sono false come le affermazioni che esisterebbe una zona Sar libica o una Guardia Costiera libica capace di garantire la ricerca e il soccorso anche in acque internazionali. Andrebbero processati anche solo per questo. Ed invece i processi si fanno contro gli operatori umanitari.


    • Avec ce commentaire de l’image de Fulvio Vassallo sur FB (06.01.2017)

      Ecco dove era Aquarius alle 16 di oggi. Al centro allo stesso orario il percorso di Sea Watch distante almeno trenta miglia dal luogo del naufragio che le autorità di Tripoli e le Marina italiana stimano essere avvenuto a trenta-quaranta miglia a nord di Garabouli che si trova ad est di Tripoli mentre le navi delle due ONG erano ad ovest. Che la smettano di dare ricostruzioni pasticciate per nascondere le responsabilità di questa strage. Dove erano e perche’ non sono intervenuti gli assetti navali di Eunavfor Med. E’ notorio che una nave militare sviluppa tre volte la velocità di Sea Watch 3. Per le navi militari dopo l’avvistamento aereo doveva bastare una sola ora forse anche meno per intervenire. Da mesi delegano gli interventi alle poche Ong che sono rimaste in mare dopo la tempesta d’estate del codice Minniti ed il sequestro della Juventa ancora bloccata a Trapani.

      Pour commenter ce énième naufrage :
      Libya says at least 25 migrants drowned after boat capsizes

      A Libyan navy spokesman says at least 25 migrants have drowned off the North African nation’s coast while attempting to cross the Mediterranean to reach Europe.

      Brig. Gen. Ayoub Qassim says the migrants’ boat capsized and sank in international waters and that the Libyan navy did not have the resources to rush to their rescue.

      Qassim told The Associated Press on Saturday that the boat sailed off Garbouli, east of the Libyan capital, Tripoli, with more than 100 people on board. He speculated that bad weather conditions may have caused the boat to capsize.

      Chaos and lawlessness since a popular uprising turned into civil war in 2011 have turned Libya into a major transit point for migrants from the Middle East and Africa seeking to reach Europe.

      Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved. This material may not be published, broadcast, rewritten or redistributed.

      https://www.washingtonpost.com/world/africa/libya-says-at-least-25-migrants-drowned-after-boat-capsizes/2018/01/06/1a8771c8-f301-11e7-95e3-eff284e71c8d_story.html?sw_bypass=true

      –-> commentaire Fulvio Vassallo :

      Ancora una strage senza responsabile. Provato che Minniti ha fatto accordi con la Guardia costiera libica che dichiara adesso, dopo la farsa estiva sul Codice di condotta imposto alle OnG, di non potete intervenire nella zona Sar che il governo italiano voleva attribuire loro. Già questa circistanza incontestabile radica precise responsabilita’. A parte le ricostruzuoni fantasiose che fornisce il comando centrale della Guardia Costiera italiana.

    • I giorni della decimazione. Accordi su zone SAR ed abbandoni in mare.

      Ancora una strage in acque internazionali in occasione dell’intervento di un mezzo della guardia costiera libica. Il numero delle vittime di questa ultima strage aumenta di ora in ora. Cinquanta, forse cento. Persone, esseri umani, non numeri come stanno diventando nella narrazione collettiva. Un intervento chiamato soccorso, ma che ha avuto anche in questa occasione il carattere di una intercettazione. Le persone “soccorse” in alto mare sono state riportate a terra. Come previsto del resto dagli accordi conclusi con il governo italiano nel febbraio del 2017. Accordi sui quali il nostro ambasciatore a Tripoli esprime oggi una valutazione positiva.

      https://www.a-dif.org/2018/01/10/i-giorni-della-decimazione-accordi-su-zone-sar-ed-abbandoni-in-mare

    • Caos Mediterraneo : le manovre occulte di #Defend_Europe sull’indagine Iuventa

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. È il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service. Sono loro che per primi segnalano “talune anomalie del servizio di search and rescue svolto ad opera della Iuventa...


      http://m.famigliacristiana.it/articolo/caos-mediterraneo-quel-link-occulto-tra-defend-europe-e-l-operaz

    • Reçu via la mailing-list de Migreurop (via Sara Prestianni), le 16.03.2018:

      En ce moment le Gouvernement Italien nie l’accès aux ports italiens au bateau de sauvetage de l’ONG ProActive OpenArms qui a bord 216 migrants en conditions très précaires (après avoir fait débarquer les cas plus urgentes à Malta) comme punition du fait d’avoir refusé de donner les migrants aux libyens (une requete faite en eaux internationales sous menace des armes et sachant bien que la suite aurait été le retour à l’enfer d’où quel les migrants s’échappent)

      Voici une reconstruction de ce qui c’est passé dans le dernier 24h en Méditerranée (que je vous prie de lire en réference à l’article qui vient de passer sur la « formation » des Gardes cotes libyennes avec l’argent européen, qui marque la responsabilité juridique et politique de l’Italie et de l’UE dans ces violations systematiques des droits fondamentaux, dont le droit à la vie.

      Le jeudi 15 mars à 7.00 la centrale opérationnel des Gardes Cotes Italiennes ont contacté le bateau de l’ong espagnole ProActiva Open Arms qui opère en Méditerranée pour signaler un zodiac en détresse avec plus de 100 personnes à bord à 25 milles des cotes libyennes. Pendant que l’ong se rendait vers le zodiac, après 20 minutes les Gardes Cotes Italiens (GCI) d’interrompre la mission de sauvetage et de laisser le champ aux Gardes Cotes Libyens (GCL) qui devait coordonner l’opération.

      Une demi heure après un nouvel appel de Roma signale un bateau en détresse très proche du précédente, à 27 milles des cotes Libyennes en eaux internationales. Le bateau avait à bord 117 personnes et était en train d’embarquer de l’eau. Beaucoup de migrants à bord nécessitaient urgement de intervention médicale.

      Quand les opérations de sauvetage étaient presque terminées le bateau de l’ong OpenArms a été contacté via radio par les Gardes Cotes de Tripoli qui ont enjoint aux espagnols de consigner les migrants sauvés au bateau libyen. Les espagnols se sont refusés connaissant très bien les traitements réservés par les libyens aux migrants. C’est la quatrième fois - rappelle l’ong ProActiva Open Arms - que les libyens interfèrent avec les sauvetages violant les conventions internationales.

      Plus tard, toujours dans la journée de hier le bateau espagnol a participé à deux autres sauvetages et dans l’après-midi c’est trouvé à nouveau en difficulté avec les Gardes Cotes libyens à 70 milles des cotes de Tripoli (!). Après être intervenu en secours à un bateau de femmes et enfants Erythréens, les radeaux des espagnols ont été bloqué par les libyens qui ont menacé d’utiliser la force si les espagnols ne leur auraient pas donné les migrants. Un bateau libyen c’est positionné entre l’embarcation des migrants et celle de l’ong espagnoles empêchant aux radeaux de sauvetage qui étaient en train de distribuer les gilets de sauvetage de continuer à les sauver.

      Les libyens avec les armes pointées ont enjoint au bateau espagnol de ne pas bouger et ont menacé de conduire à Tripoli les radeaux de sauvetage. Les libyens ont menacé les espagnols de ouvrir le feu sur les volontaires si ils n’auraient pas remis les femmes et enfants aux libyens. Cette situation de tension a duré pour au moins deux heures jusqu’à quand les libyens se sont retirés. A bord du bateau espagnol 218 personnes.

      La même Ong a été la protagoniste que il y a quelques jours d’un autre tragédie : le 13 mars un jeun Erythréen Segen de 22 ans peu après le sauvetage est mort pour les souffrance subie leur de sa détention prolongé en Libye (19 mois enfermés). Quand il a débarqué à Pozzallo il pesait 35 kg avec son 1.70m de haute

    • La guardia costiera libica minaccia l’ong Proactiva Open Arms

      Alle 7 di giovedì 15 marzo la centrale operativa della guardia costiera italiana ha contattato la nave dell’ong spagnola Proactiva Open Arms per segnalare un gommone con più di cento persone a bordo in difficoltà a 25 miglia dalle coste libiche. La nave umanitaria si è diretta verso l’obiettivo indicato, ma dopo venti minuti un’altra chiamata da Roma ha chiesto agli spagnoli d’interrompere la missione e di lasciare il campo alla guardia costiera libica, che avrebbe dovuto coordinare l’operazione.

      Mezz’ora dopo un’altra chiamata da Roma ha segnalato un barcone in difficoltà, molto vicino al precedente: a 27 miglia dalla Libia, in acque internazionali. Le lance di soccorso di Open Arms sono intervenute e hanno trovato un gommone con 117 persone a bordo che stava riempiendosi di acqua, con diversi migranti in mare e alcuni che avevano bisogno di un immediato intervento dei medici.

      Sono stati soccorsi 109 uomini e otto donne. Intorno alle 10.30, quando i soccorsi erano ormai conclusi, l’imbarcazione di Open Arms è stata contattata via radio dalla guardia costiera di Tripoli, che ha intimato di consegnare i migranti soccorsi alla nave libica. Gli spagnoli hanno rifiutato. “Sappiamo che i libici hanno compiuto numerose azioni illegali, abusi e maltrattamenti ai danni dei migranti. Sappiamo anche che i libici non hanno giurisdizione in acque internazionali, anche se collaborano con l’Italia e l’Europa, quindi non abbiamo obbedito alla loro richiesta di trasferire i migranti”, spiega Riccardo Gatti, portavoce di Proactiva Open Arms.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/03/16/guardia-costiera-libica-open-arms

    • Ong, nave di Proactiva bloccata nel Mediterraneo con 216 migranti a bordo

      L’imbarcazione della ong spagnola non trova un porto perché in modo inedito le autorità italiane in base al decreto Minniti vogliono la richiesta ufficiale dalla Spagna dato che la nave batte bandiera di Madrid. Ieri la stessa nave era stata minacciata dalla Guardia costiera libica

      http://www.vita.it/it/article/2018/03/16/scandalo-nel-mediterraneo-nave-di-ong-senza-porto-dove-attraccare/146274

    • Vu sur FB, publié par Yasmine Yaya le 16.03.2018 :

      Sergio Scandura di radio radicale scrive: "La Ong OpenArms è adesso ferma al largo di Malta con 218: ha chiesto l’evacuazione per diversi casi. Solo due, madre e figlio in gravissime condizioni, dovrebbero essere presi dai maltesi. Ancora complicata la vicenda del porto di sbarco. Manconi (da noi contattato): «per la prima volta l’Italia vorrebbe ora applicare una ’norma’, mai scomodata, secondo cui la Ong deve contattare il proprio stato bandiera per chiedere l’autorizzazione formale all’Italia per sbarcare». Questa nuova «linea» è stata comunicata da Minniti (via sms dal Niger) a Manconi, mentre cercava di risolvere la situazione di stallo in cui si trova la nave OpenArms, con 218 a bordo e con urgenze sanitarie e umanitarie. Nuova campagna ostile?

    • “Volevano i migranti, ci hanno puntato i mitra”

      La nave della Ong spagnola Pro Activa Open Arms ha subìto una grave azione di contrasto da parte della Guardia costiera libica durante il salvataggio di migranti in mare. Con i mitra spianati gli è stato intimato di consegnare ai militari libici le persone salvate. I soccorritori non lo hanno fatto e i 218 migranti sono stati portati a bordo. Da qui è cominciata un’odissea che vede la nave della Ong bloccata nel Canale di Sicilia. Le autorità italiane non consentono l’approdo nei porti italiani, nonostante la presenza a bordo di diverse donne e bambini, alcuni dei quali necessitano di cure mediche che solo in parte possono essere fornite dal personale a bordo. Solo una donna, con un neonato, in grave pericolo di vita, è stata trasportata a terra da una motovedetta maltese. Al momento, venerdì pomeriggio, la nave di Pro Activa è ferma, in attesa di un via libera che non arriva.

      http://www.radiopopolare.it/2018/03/migranti-pro-activa-open-arms-libia

    • Migranti, sequestrata nave ProActiva Open Arms: l’accusa è di associazione a delinquere

      L’imbarcazione della ong spagnola è sfuggita all’inseguimento di una motovedetta libica, rifiutandosi di consegnare le persone recuperate da un gommone. L’avvocato polemizza: «Hanno istituito il reato di solidarietà»

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/03/18/news/migranti_sequestrata_nave_proactiva_open_arms-191627299/?ref=twhr&timestamp=1521405434000

    • Zona SAR libica senza porti sicuri di sbarco. La Guardia costiera italiana contro il soccorso umanitario. Quanto valgono i diritti umani davanti ai tribunali ?

      Continua la serie di tentativi di intercettazione sotto minaccia delle armi da parte della sedicente Guardia costiera “libica” ai danni di gommoni carichi di migranti soccorsi dalle poche navi delle ONG ancora presenti nelle acque del Mediterraneo centrale. Tentativi che in precedenti occasioni, come il 6 novembre 2017, erano sfociati in “incidenti” che erano costati la vita di un numero imprecisato di persone. Eppure soltanto a dicembre scorso le autorità libiche dichiaravano di non potere effettuare interventi di ricerca e salvataggio nel vasto spazio compreso in quella che sulla carta si definisce come “zona SAR libica”.

      https://www.a-dif.org/2018/03/18/zona-sar-libica-senza-porti-sicuri-di-sbarco-la-guardia-costiera-italiana-con

    • Il grande inganno delle accuse a Open Arms: non esistono acque SAR libiche

      C’ è voluto un anno e una martellante campagna – istituzionale, politica, mediatica – per raggiungere l’ obiettivo. Togliere gli occhi che denunciano dal Mar Mediterraneo, allontanando le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi dei migranti partiti dalla Libia.

      Il sequestro della nave Open Arms e l’ avvio di indagini sull’ operato umanitario, accusando i volontari di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento della migrazione clandestina, sono appena gli eventi visibili di un cambio radicale di strategia sulla frontiera marittima sud dell’ Europa. Con una posizione del governo italiano quanto meno azzardata: affidare alla Libia la responsabilità dei salvataggi dei migranti in mare. Azione che vuol dire respingerli, rimandarli nell’ inferno gestito dalle milizie e dai trafficanti, riconoscendo una milizia denunciata solo un mese fa dalle Nazioni Unite.

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/il-grande-inganno-delle-accuse-a-open-arms-non-esistono-acque-sa

    • Il caso #Cap_Anamur. Assolto l’intervento umanitario. E oggi ?

      Le motivazioni della sentenza di assoluzione nel caso Cap Anamur mettono bene in evidenza le responsabilità di chi volle montare il caso a livello politico internazionale per lanciare un messaggio dissuasivo verso gli interventi di salvataggio, un messaggio che negli anni successivi ha causato migliaia di morti.
      Le stesse motivazioni enunciano principi di diritto, come il principio di non respingimento e l’obbligo di condurre i naufraghi in un “place of safety”, e non nel porto più vicino, che rischiano di essere ancora violati dalle autorità italiane con la prassi dell’indicazione della Guardia costiera libica come autorità SAR competente per azioni di ricerca e soccorso in acque internazionali, ben distanti dal limite delle acque territoriali libiche. Una Guardia costiera “libica” che lo scorso anno non ha esitato a sequestrare due operatori umanitari intenti a salvare vite umane in acque internazionali, e che ricorre regolarmente alle armi per intercettare e fermare le imbarcazioni cariche di migranti e le navi o i battelli delle ONG che prestano loro assistenza in acque internazionali.
      La vicenda Cap Anamur, e soprattutto la situazione di incertezza allora esistente sula individuazione del porto di sbarco portò ad una importante integrazione del diritto internazionale del mare. Una particolare considerazione merita ancora oggi la problematica relativa a ciò che debba intendersi per conduzione della persona salvata in luogo sicuro (place of safety). Infatti, è dal momento dell’arrivo in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e nazionali) relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono con le prime cure mediche o con la soddisfazione degli altri più immediati bisogni (alimentazione etc.). Una questione che si ripropone ancora oggi con il sequestro della nave umanitaria di Proactiva “Open Arms” e con la incriminazione del comandante, del Coordinatore delle operazioni di soccorso e del Direttore dell’associazione spagnola, con sede a Barcellona. Tutti hanno potuto vedere le condizioni dei migranti soccorsi da questa nave e sbarcati a Pozzallo. Eppure per qualcuno non ricorrerebbe lo stato di necessità, e sarebbe stato meglio affidarli alla Guardia costiera libica.


      https://www.a-dif.org/2018/03/19/il-caso-cap-anamur-assolto-lintervento-umanitario-e-oggi

    • Il grande inganno delle accuse a Open Arms: non esistono acque SAR libiche

      C’è voluto un anno e una martellante campagna – istituzionale, politica, mediatica – per raggiungere l’obiettivo. Togliere gli occhi che denunciano dal Mar Mediterraneo, allontanando le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi dei migranti partiti dalla Libia.

      Il sequestro della nave Open Arms e l’avvio di indagini sull’operato umanitario, accusando i volontari di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento della migrazione clandestina, sono appena gli eventi visibili di un cambio radicale di strategia sulla frontiera marittima sud dell’Europa. Con una posizione del governo italiano quanto meno azzardata: affidare alla Libia la responsabilità dei salvataggi dei migranti in mare. Azione che vuol dire respingerli, rimandarli nell’inferno gestito dalle milizie e dai trafficanti, riconoscendo una milizia denunciata solo un mese fa dalle Nazioni Unite.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/il-grande-inganno-delle-accuse-a-open-arms-non-esistono-acque-sar-

    • Italy: Targeting of NGO rescue ship displays “reckless disregard for common decency”

      Following yesterday’s seizure of a Spanish NGO rescue boat by the Italian authorities and the investigation of its crew for "criminal conspiracy aimed at facilitating illegal immigration” after they refused to hand over to the Libyan Coast Guard refugees and migrants rescued in international waters over 70 nautical miles off the Libyan coast, Amnesty International’s Campaigns Director for Europe, Fotis Filippou said:

      “By requesting the Libyan coastguard to coordinate rescue and then impounding the NGO ship that refused to hand over the refugees and migrants, the Italian authorities have shown a reckless disregard for common decency. Rather than being criminalized for trying to save refugees and migrants who have fled horrific detention conditions and systematic human rights abuses in Libya, NGOs saving lives at sea should be supported.

      https://www.amnesty.org/en/latest/news/2018/03/italy-targeting-of-ngo-rescue-ship-displays-reckless-disregard-for-common-d

    • Communiqué du gisti du 20.03.2018

      Garde-côtes libyens vs ONG : l’Italie et l’UE ont choisi leurs alliés

      Depuis fin 2016, l’Italie – soutenue par l’UE – a initié une double stratégie pour mettre un terme aux arrivées de personnes migrantes par la Méditerranée centrale : criminaliser les secours citoyens, et faire à nouveau de la Libye le gendarme de l’Europe. Ces deux dimensions se sont accentuées au cours de l’été 2017 avec l’imposition d’un « code de conduite » aux ONG et la mise sous séquestre des bateaux des organisations récalcitrantes. Dans le même temps, des navires militaires italiens étaient déployés dans les eaux territoriales de la Libye, laquelle déclarait unilatéralement sa zone de recherche et de sauvetage (SAR) interdite aux navires étrangers non autorisés, singulièrement ceux des ONG.

      Au cours des derniers jours, cette double stratégie a franchi une nouvelle étape. Le 15 mars 2018, l’ONG espagnole de secours en mer Proactiva Open Arms, mène plusieurs opérations de sauvetage dans les eaux internationales au large des côtes libyennes. L’ONG est alors contactée par les garde-côtes de Tripoli, qui lui ordonnent de transférer les personnes migrantes secourues sur un de leurs navires. Connaissant les privations de liberté et les sévices dont sont victimes les boat people réacheminés en Libye, l’équipage refuse de les livrer. Après plusieurs heures de fortes tensions au cours desquelles les garde-côtes libyens italiens, armes à la main, menacent l’équipage du Proactiva Open Arms, ceux-ci se retirent finalement. L’ONG espagnole se dirige alors vers l’Italie pour y débarquer en toute urgence les 216 personnes secourues et reçoit l’ordre de débarquer les exilé.e.s à Pozzallo (Italie), pour qu’ils soient acheminés au hotspot. Le 19 mars, le procureur de Catane ordonne l’immobilisation du bateau dans le port et procède à sa saisie. Suite au refus de l’ONG de remettre les personnes secourues aux garde-côtes libyens, une enquête a été ouverte et trois membres de l’équipage sont poursuivis, semble-t-il, pour « association criminelle visant à faciliter l’immigration clandestine ».

      Si les ONG de secours en mer gênent tant, c’est qu’elles constituent l’ultime verrou empêchant les garde-côtes libyens d’intercepter les personnes migrantes en toute impunité, et qu’elles permettent de témoigner du sort réservé à celles et ceux qui échappent à l’enfer libyen. En finançant [1], équipant, et coordonnant les activités des garde-côtes libyens pour renvoyer les personnes interceptées vers des sévices que certains dirigeants européens ont eux-mêmes, comble de l’hypocrisie, qualifié de « crimes contre l’humanité » [2], ceux-ci s’en rendent complices. C’est pour tenter d’enrayer cette politique que les réseaux Migreurop et Euromed Droits défendent le respect du droit international (dont le droit d’asile) la liberté de circulation pour toutes et tous (dont le droit de quitter tout pays, y compris le sien - article 13 de la Déclaration universelle des droits de l’Homme), et soutient celles et ceux qui sont accusé.e.s de délit de solidarité.

      20 mars 2018
      Organisations signataires :

      EuroMed Droits
      Migreurop

    • Europe’s new anti-migrant strategy? Blame the rescuers

      It was the Ark Explorer’s low “freeboard,” the distance between the ship’s deck and the waterline, that saved the rusted, ageing trawler from the wrecker’s yard. The Ark’s low clearance had helped fishermen haul netfuls of cod and herring out of the freezing North Sea for half a century. It also looked about right for fishing refugees out of the Mediterranean.

      In May 2016, the Dutch-flagged 158-tonner was bought by a collective of German political activists called Jugend Rettet (“Youth Rescue”), who wanted to save lives and protest Europe’s migration policies in the Central Mediterranean. Refitted and rechristened the Iuventa, the old trawler and its young crew went on to rescue more than 14,000 people over the following 14 months, taking most of them ashore in Italy.

      Together with professional search and rescue operatives and doctors from charities such as Médecins Sans Frontières (MSF), the mounting death toll in the Mediterranean has drawn a new generation of activists away from anti-globalisation protests and on to the high seas. Among them was Julian Koeberer, a bearded, well-mannered film student from Frankfurt, who set off to shoot a film about refugees for a film school diploma and found himself drawn to volunteer on the Greek island of Lesbos in 2015.

      The diploma remains unfinished. Koeberer and the rest of the Iuventa crew criss-crossed the Mediterranean for a year, earning a reputation as the hardest-charging, biggest risk-takers among the 13-boat flotilla operated by different NGOs. The Iuventa was renowned for radical politics and a willingness to load as many refugees as it could fit on deck.

      But a call in July 2017 from Rome’s Maritime Rescue Co-ordination Centre (MRCC), which directs most, if not all, high seas rescues off Libya, marked the beginning of the end. The Rome MRCC asked the Iuventa to move towards co-ordinates in international waters off the coast of Libya, where it said a small dinghy required assistance. By the time it reached the scene an Italian coastguard vessel had already intercepted the dinghy and the two Syrians aboard had been rescued. The Italians asked the Iuventa to transport the Syrians towards Italy.

      In the event of a major shipwreck, the coastguard vessel was a larger and more important asset in the search and rescue zone, so it made sense for the Iuventa to take the Syrians north. The crew thought that they would only have to travel a few nautical miles and pass them on to another vessel, before returning as quickly as possible to southern waters to continue their work. But every northbound ship they contacted mysteriously declined to take the rescued men and the Iuventa found itself approaching the island of Lampedusa. They tarried just outside the 12-mile line that marks Italian territorial waters and asked authorities to send a launch to collect the Syrians.

      Instead, the instruction came back telling them to come into port. But as soon as they entered territorial waters at around midnight, their ship was met by five Italian vessels—including the same coastguard craft that had handed over the Syrians in the first place, but had claimed to be too busy to head north. It was a trap.

      “To be honest neither me or anyone else in the crew suspected we were going to be seized,” said Koeberer. “We found the way we were brought into port very strange but we thought that this would be like the other three times that Iuventa was brought into port in Lampedusa.”

      They were wrong. The 13-member crew were taken onshore for questioning, while police searched their ship with a warrant signed by a judge the previous day. The warrant indicated the police were searching for a gun. No firearms were found and the closest thing to a violation turned up during the search was some incorrectly stowed medicines. Nonetheless, the Iuventa was impounded. After the crew were able to get a lawyer, the reason they had been arrested became clear. A crew of humanitarians who had spent more than a year on the Mediterranean rescuing migrants was handed a 150-page indictment, which accused them of colluding with people smugglers.

      Much of the charge sheet focuses on accusations that smugglers met with the Iuventa and were seen to drop off migrants and then leave again. The crew deny the claims and have found photographs from the dates mentioned which show that, far from being on its own at a high seas meeting point, the Iuventa was at the same location as a European Union naval vessel, an Italian helicopter and other rescue boats.

      In the days that followed, the crew discovered that they had been the subjects of a far-reaching investigation, one that deployed undercover informants, covert surveillance and multiple law enforcement agencies, including justice officials associated with anti-mafia campaigns. They found out that the bridge of their trawler had been bugged since May, when listening devices had been planted by Italian police under the guise of an inspection in Lampedusa.

      Far from establishing collusion, the worst thing the bridge mic caught was one Iuventa crew member talking about a sticker with a slogan against the maritime authorities, which read “Fuck the MRCC.”

      Italy’s intelligence services had informants on another NGO rescue boat, the Vos Hestia, chartered by the UK-based charity Save the Children. Instead of targeting the smuggling kingpins, Italian prosecutors and the intelligence services—at times in league with far-right politicians and activists—had turned on the life-saving NGOs. How, and why, had this happened?

      Enter the NGO armada

      The first three months of 2017 will be remembered as the high point of an extraordinary period during which NGOs like Youth Rescue took the lead in saving the lives of migrants in the central Mediterranean. Of the nearly 180,000 people rescued between north Africa and Europe during 2016, more than a quarter were saved by NGOs: 10,000 more than either the Italian navy or coastguard. At the peak, nine humanitarian groups were operating more than a dozen search and rescue vessels of varying sizes, plus two spotter planes.

      The NGOs had stepped into the breach after Italy abandoned Mare Nostrum, the only state-led rescue operation in the Mediterranean in 2014, due to a lack of financial support from its European allies. Mare Nostrum was replaced in time with the EU-led Operations Triton and Sophia, both of which were dedicated to security and counter-smuggling rather than rescue.

      The prominence of the NGOs evoked public sympathy to begin with. But a backlash quickly followed as unease over immigration came to dominate Italian politics—ultimately having a major influence on the election in early March.

      At the heart of the campaign to attack the NGOs was a controversial Dutch think tank, the Gefira Foundation, which espouses a far-right “identitarian” philosophy. It alleged that rescue NGOs were in actual collusion with Libyan smugglers. In December 2016, it claimed to have uncovered unspecified proof of illegal activity by what it called the “NGO armada.” Gefira also understood that posing the right question could be more effective than presenting evidence: “They all claim to be on a rescuing mission, but are they?”

      The mounting hysteria attracted the far-right group Defend Europe, which says the continent is threatened with Islamification. Defend Europe raised enough money to charter its own boat to hamper rescue operations. Its mission amounted to little more than attaching some stickers on the hull of one NGO rescue craft.

      But the grandstanding attracted former Daily Mail writer Katie Hopkins, who met the crew and praised them as “young people… shining a light on NGO people traffickers.” The campaign proved effective, seeping into the mainstream, fanned by right-wing politicians and activists. Carmelo Zuccaro, a prosecutor in the Sicilian port city of Catania, announced a task force to investigate the rescuers in February 2017. His questions echoed Gefira: “Do these NGOs all have the same motivations? And who is financing them?” he asked.

      One month later Luca Donadel, an Italian student, posted an eight-minute video on Facebook accusing the NGOs of profiting from the rescue of migrants at sea. Donadel’s “The truth about migrants” included falsified information about how close to the Libyan shore some rescue boats had sailed. It was widely viewed and picked up unquestioningly by newspapers and broadcasters in Italy. The unsubstantiated claims were amplified by leaders of the two leading opposition parties that cleaned up in March’s election: the populist 5-Star Movement and the hard-right Northern League, who labelled the NGOs as “sea taxis” for migrants.

      In July, prior to the seizure of the Iuventa, the pressure on the rescue boats was stepped up by Italy’s announcement of a new code of conduct to regulate their actions. The code had begun as a dry technical exercise by Italy’s coastguard to establish common practices for NGO vessels but it quickly became political when it was taken over by Marco Minniti, the ambitious interior minister. A social democrat in the Partito Democratico (PD), Minniti is typical of migration hawks on the centre left—such as former French prime minister Manuel Valls—who argue that nativist posturing is necessary to see off more chauvinist populists.

      Minniti’s new version of the code contained controversial requirements such as proscribing the use of phones and flares and banning the transfer of rescued people to other ships to be taken to Italy, methods which were central to NGO rescue practices. MSF, who operated its own rescue ship, warned that the code “would mean less time in the rescue zone” and “more drownings.” Minniti, who was previously the political head of Italy’s intelligence services, threatened to close Italy’s ports to rescue ships who did not sign.

      The hijacking of the code by the interior ministry triggered an angry row between Minniti and Italy’s more cautious transport minister, Graziano Delrio, to whom the coastguard reports. “We are talking about rescue at sea, which is governed by international law, not by the politics of migration control,” Delrio told Italy’s Repubblica newspaper.

      Roughly half of the NGOs signed the code but its real importance, according to Pierluigi Musarò, a professor and an expert on borders and migration with the University of Bologna, was the way it enabled the government to “legitimise” suspicion of the humanitarians. “For five months all we saw were images of collusion and you cannot compare the power over the media that political parties and the government have with the power of the NGOs.”

      In 2014, just 3 per cent of Italians considered immigration a major concern. By the time Italy went to the polls in March, that figure had climbed above one third.

      The fall of Gaddafi in 2011 and the country’s descent into chaos gradually saw Libya once again emerge as the main departure point for Europe. In 2013 40,000 people made the crossing, fuelled in part by African migrants escaping the civil war in Libya. By 2014 the flows into Italy from Libya passed 170,000.

      Traffic through the route varies according to the crises elsewhere and includes Nigerian women trafficked out of poverty into Europe’s sex trade; Eritreans fleeing perpetual national service at home; Somalis fleeing war; and West Africans who in the past might have migrated through legal channels that are now closed.

      Italy’s southern most island, Lampedusa, is the closest European territory to Libya—only 180 miles away—something which its former ruler Muammar Gaddafi was only too aware of. As far back as 2008 the Tripoli regime allowed some 40,000 migrants to reach Lampedusa, in a flow that was only halted when Italy agreed an expensive deal with Libya’s leader.

      Italy’s response to the influx began generously but soon soured when Rome realised that its European partners were happy to treat the Central Mediterranean route as an Italian problem. During the humanitarian days of Mare Nostrum, Italy’s navy were lionised as lifesavers in films on national television. As the flows of people got larger and the EU help failed to materialise, attitudes hardened and nativist voices in the media and politics shouted down their humanitarian counterparts.

      Gradually the government strategy returned to the Gaddafi-era imprint: boats and funding for a Libyan coastguard whose main job was to intercept boats before they could reach international rescuers and by extension Italy. After initially standing up to the Minniti agenda, Rome’s MRCC recently began to order the remaining NGO missions to stand aside and allow the Libyan coastguard to intercept migrant boats and return them to Libya.
      The place of militias

      The EU’s overwhelming political priority of reducing sea crossings from north Africa has pushed it into an ever closer relationship with the loose-knit collection of militias that make up the Libyan coastguard. The UN arms embargo on Libya has prevented the EU directly supplying armed patrol boats to the Libyans, so the focus has been on training—but the mission has been far from straightforward.

      Training began in October 2016 with Libyans divided between the Italian vessel San Giorgio and the Dutch ship Rotterdam. Among the nine translators hired for the mission was Rabhi Bouallegue, a Tunisian now living in Palermo. He said trainees told him of routine collusion between the coastguard and smuggling gangs. The translator said one member of the Libyan team aboard the Rotterdam requested asylum from the Dutch in return for naming a smuggling kingpin who was also in effective control of the coastguard in the Libyan port city of Sabratha. (EU naval mission officials have repeatedly declined to comment on the claim.) The Libyans also complained to him that they had not been paid by their government for eight months.

      After the first phase, the Libyans returned home briefly before being collected for more training by the San Giorgio from the Libyan port of Misrata in early December 2016. The amphibious transport ship was delayed for several days as the trainees went on strike; the personnel were under pressure from their families to demand bonuses equivalent to the bribes they previously received from smugglers.

      A lot rests on the distinction between smugglers and coastguards. But it simply does not exist in the case of Abdurahman al-Milad. The 29-year-old head of the coastguard in the Libyan port city of Zawiya was first identified as the area’s main smuggler by Italian investigative reporter Nancy Porsia. Despite being named in the UN panel of experts report in June for involvement in smuggling activities and for firing on migrant and charity-operated boats, he continues to make a show of his wealth.

      On his Facebook page he posted photographs of a high-end, black and red powerboat, mounted with four 250-horsepower engines, bearing the legend “Baltic Pirates” on the side. He also shows off an invitation for a training course hosted by the Swiss government and the UN Migration Agency, billed as “promoting life-saving in maritime operations by the Libyan coastguard.”

      Last year ended with a one-third reduction in the number of sea crossings in the Central Mediterranean that was trumpeted in much of the EU as a success. But this owed more to a series of murky deals between Italy and armed groups with smuggling links, as local sources in Libya’s main smuggling ports have confirmed. The tactic has led to renewed fighting among rival groups hoping to profit from Europe’s willingness to pay to stop migrants crossing.

      The impact of the smear campaign that fed the mood in which the Iuventa was seized has also led to a sharp drop in public donations to the NGOs. Long-trusted charities like MSF have seen public donations drop by as much as 20 per cent in 2017 and all but a handful have withdrawn. Avowedly non-political groups like the Malta Offshore Aid Station (MOAS) have simply ceased operations, citing threats and reputational damage. Save the Children ended its operations, while MSF ended its charter of a vessel and now limits itself to providing a medical team aboard the French mission, SOS Mediteranee.

      Today, the Iuventa is quietly rusting into the dock at Trapani, the Sicilian port where it has been impounded. Its future is the subject of a legal case that could establish a dangerous precedent for non-governmental missions. An appeal hearing is due in April and the activists have been told that the vessel is being held not because a crime has willingly been committed, but as a preventative measure against possible future crimes.

      The outlines of a deliberate plan to “drain the Mediterranean” of non-governmental actors are now clearly visible. The fate of the Iuventa is not about 13 left-wing activists getting their boat back. It is about Italy establishing jurisdiction over all actions taken in international waters that result in illegal entry into Italian territory. It would make smugglers out of rescuers and mean any rescue boat that successfully prevents people from drowning could be seized.

      If Italy succeeds in court it will be another sign of the increasing authority of interior ministries around the EU, who now direct the bloc’s foreign policy. For those who want to use international waters to challenge the increasingly inward-looking, xenophobic tide of Europe’s politics, it will be a critical defeat. The arrival of spring will bring an increase in the number of refugees and migrants attempting the crossing, while those who would rescue them face challenges from governments and public scepticism fuelled by a smear campaign. The odds of survival for those wanting to start a new life in Europe will be even longer.

      https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/europes-new-anti-migrant-strategy-blame-the-rescuers

    • Les vicissitudes de Pro Activa Open Arms sur un site des identitaires. Voici leur point de vue:

      Pro Activa Open Arms NGO boat seized under the accusation of cooperating with smugglers

      A Spanish NGO called Pro Activa Open Arms allegedly violated international laws and certain treaties and as a consequence, the Italian authorities seized their boat in the Sicilian city of Pozzallo. The accusation of the prosecutor, Carmelo Zuccaro, leaves no doubts: Pro Activa Open Arms has been accused of cooperating with smugglers for illegal practices of immigration.

      The Spanish NGO was recently caught in a scandal with the Lybian authorities, the Spanish refused to give up the migrants they had onboard to the Lybian coast guard which in response threatened to open fire on them. The same migrants that the Spanish activists decided to bring to the Italians coasts while violating international laws and other treaties.

      This isn’t the first time NGOs are caught working with smugglers and facilitating mass immigration, this kind of behavior is what motivated the identitarian movement Generation Identity to start the campaign Defend Europe, last summer. During the mission, the identitarian activists monitored the actions of various NGOs and provided solid proof that many of them were committing crimes such as facilitating migration and working with smugglers.

      The Spanish NGO might finally answer to their illegal actions, while Zuccaro is already under fire of certain leftists who are calling him cruel and soulless: “How could an NGO ever commit a crime, they are the good guys for human rights!”.

      NGOs have been doing what they want for the last year and the weak Italian government has let them do it. Hopefully, this is a start and from now on Italian authorities will be stricter and punish all the NGOs violating treaties and international laws.

      https://www.defendevropa.org/2018/migrants/migrant-crisis/pro-activa-open-arms-ngo-boat-seized-under-accusation-of-cooperating-w

    • Sequestro Open Arms, il capomissione: «Rifaremmo quello che abbiamo fatto»

      Intervista a Riccardo Gatti alla guida di metà delle missioni in mare dell’ong Proactiva Open Arms, la cui nave è sotto sequestro a Pozzallo da domenica scorsa. «È assurdo questo attacco indiscriminato a chi salva vite umane, la nostra coscienza è del tutto a posto e provo vergogna per quanto si è caduti in basso, la solidarietà non è un reato»

      http://www.vita.it/it/article/2018/03/21/sequestro-open-arms-il-capomissione-rifaremmo-quello-che-abbiamo-fatto/146320

    • Un film sur le sujet, je ne crois pas qu’il a été présenté ici :

      Another News Story
      #Orban_Wallace (Royaume-Uni, 2017, 90’)
      http://www.anothernewsstory.com

      Avec une petite description en français ici :
      http://cineuropa.org/nw.aspx?t=newsdetail&l=fr&did=331077

      L’objectif de la caméra se concentre sur les journalistes qui documentent la crise alambiquée des réfugiés, un devoir éthique complexe. Nous sommes habitués aux images bouleversantes diffusées par des chaînes de télévision motivées par l’audimat, mais comment ces fragments de vie sont-ils capturés ? Que se passe-t-il réellement derrière la caméra ?

      #Cinéma #Documentaire

    • Respect migrant-rescue conduct code - EU (2)

      Brussels, March 19 - European Commission Spokesperson Natasha Bertaud called for Italy’s code of conduct for migrant search-and-rescue operations in the Mediterranean to be respected after as ship run by the Proactiva Open Arms NGO was seized by Italian prosecutors. “There is an Italian code of conduct that aims to avoid these situations,” Bertaud said. "We call on all parties to respect it in future.
      "We have been closely following the case since Friday and we are in contact with the Italian authorities.
      “Specifically, (Migration and Home Affairs) Commissioner (Dimitris) Avramopoulos has spoken to (Italian Interior) Minister (Marco) Minniti”.

      http://www.ansa.it/english/news/politics/2018/03/19/respect-migrant-rescue-conduct-code-eu-2_b8bc07a1-e5e2-4b71-99a4-e21a6e3733ec.h

    • COMMUNIQUE « SOS MEDITERRANEE préoccupée face à une nouvelle étape franchie dans la criminalisation de l’aide humanitaire en mer, exprime sa solidarité envers les sauveteurs d’Open Arms. »

      Ce jour, mercredi 21 mars, l’Aquarius, affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré en partenariat avec Médecins Sans Frontières (MSF), navigue vers la zone de recherche et de sauvetage (SAR) après son escale régulière en Sicile. L’Aquarius sera le seul navire d’ONG actif en Méditerranée centrale après la saisie par les autorités italiennes à Pozzallo du navire Open Arms de l’ONG ProActiva, réduisant ainsi les ressources déjà insuffisantes de recherche et de sauvetage disponibles sur la route maritime la plus meurtrière au monde. Les derniers événements qui ont touché l’ONG de recherche et de sauvetage "ProActiva Open Arms" sont très préoccupants pour les activités de sauvetage en mer, et auront seulement pour conséquence la multiplication des morts dans cette zone.

      Suite à la saisie d’Open Arms, un seul navire d’ONG reste actif en mer

      Les ONG de recherche et de sauvetage travaillent dans un environnement dans lequel les ressources sont de plus en plus rares et le contexte sécuritaire complexe, face à l’une des crises humanitaires les plus tragiques aux portes de l’Europe. Pendant des mois, SOS MEDITERRANEE a travaillé aux côtés de ProActiva dans la zone de recherche et de sauvetage dans les eaux internationales au large des côtes libyennes. Tout l’hiver, Open Arms et l’Aquarius ont été les seuls navires d’ONG à mener des opérations de recherche et de sauvetage en mer en continu, combinant leurs ressources à de multiples reprises afin de sauver des vies sous la coordination du Centre de coordination des secours en mer de Rome (IMRCC). A la suite de la saisie du navire Open Arms dimanche 18 mars, SOS MEDITERRANEE affrète désormais le seul navire dédié à la recherche et au sauvetage à patrouiller dans la zone SAR, ce qui n’est clairement pas suffisant par rapport aux besoins.

      Augmentation des bateaux en détresse interceptés et ramenés en Libye

      Au cours des derniers mois, l’Aquarius a été de plus en plus souvent témoin d’interceptions de bateaux en détresse par les garde-côtes libyens dans les eaux internationales. Les rescapés sur l’Aquarius ont témoigné à plusieurs reprises du fait que les interceptions par les garde-côtes libyens augmentaient les risques de naufrage et de noyade. De plus, ces interceptions séparent des familles et ramènent les naufragés dans « l’enfer libyen » qu’ils tentaient justement de fuir.

      Les garde-côtes libyens n’appartiennent pas à un centre de coordination des opérations de sauvetage maritime et aucune zone libyenne de recherche et de sauvetage n’a jamais été légalement établie par l’Organisation maritime internationale (IMO). De plus, en Libye, aucun port ne peut être considéré comme un port sûr (port of safety) comme l’exige le droit maritime international pour débarquer les personnes secourues.

      SOS MEDITERRANEE appelle les Etats européens à garantir des activités de sauvetage en mer transparentes, légales, sûres et renforcées

      Depuis le début de sa mission en mer, SOS MEDITERRANEE n’a cessé de renouveler son appel à l’Union européenne pour fournir des ressources spécifiquement consacrées à la recherche et au sauvetage dans la zone. En attendant, SOS MEDITERRANEE fait face à des opérations de plus en plus complexes dans un contexte où le professionnalisme, la sécurité et la sûreté sont d’une importance majeure. À plusieurs reprises au cours des dernières semaines, la confusion dans la coordination des sauvetages dans la zone SAR a sérieusement mis en péril la sécurité des personnes en détresse et des équipes de recherche et de sauvetage.

      « La saisie d’Open Arms et les enquêtes criminelles lancées à l’encontre de ProActiva Open Arms constituent des développements très préoccupants pour les activités de sauvetage en Méditerranée centrale. SOS MEDITERRANEE, préoccupée face à une nouvelle étape franchie dans la criminalisation de l’aide humanitaire en mer, exprime sa solidarité envers les sauveteurs d’Open Arms. Aujourd’hui, l’Aquarius est le seul navire de sauvetage présent en Méditerranée centrale. Jusqu’à quand ? », a déclaré Francis VALLAT, président de SOS MEDITERRANEE France.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/CP-Openarms-21-03-2017

    • Il n’y a plus de morts en Méditerranée

      La tension continue en Méditerranée entre gouvernements et ONG d’aide aux migrants : le bateau d’une ONG espagnole a été arraisonné en Italie, pour avoir sauvé des réfugiés. Dans "le monde à l’envers", on pourra bientôt dire "il n’y a plus de morts en Méditerranée", puisqu’il n’y aura plus personne pour les voir.

      C’est le principe du « pas vu, pas pris ». Impossible d’affirmer que quelqu’un est mort s’il n’y a personne pour le constater…

      https://www.franceinter.fr/emissions/la-chronique-de-jean-marc-four/la-chronique-de-jean-marc-four-21-mars-2018
      #témoins

    • In piazza per sostenere Proactiva Open Arms. «Ci sentiamo meno soli»

      Anche a Roma, oltre che in altre città, un presidio organizzato in sostegno dell’ong spagnola da attivisti e volontari. Nella capitale presente Riccardo Gatti, capo missione di Proactiva Open Arms. “Quello che sta succedendo è assurdo, ridicolo e tragico al tempo stesso”

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/570935/In-piazza-per-sostenere-Proactiva-Open-Arms-Ci-sentiamo-meno-soli

    • Una battaglia navale vista dalla cucina della #Open_Arms

      Cuoco, romano, 34 anni: Lorenzo Leonetti ha cominciato a stare dietro ai fornelli undici anni fa. Di solito gestisce la cucina del Grandma bistrot al Quadraro, un quartiere popolare di Roma. La sua specialità sono i piatti dell’Europa orientale come il gulasch o il pileći batak, un piatto a base di pollo che ha imparato a cucinare quando viveva in Ungheria e viaggiava spesso attraverso i Balcani.

      Quando, qualche mese fa, ha risposto all’annuncio di un’organizzazione umanitaria spagnola che cercava un cuoco per la cambusa della sua nave, non pensava che sarebbe finito nel mezzo di un confronto con la guardia costiera libica, a 73 miglia dalle coste del Nordafrica. Invece, il 15 marzo 2018, Leonetti si è ritrovato a bordo dell’imbarcazione dell’ong Proactiva Open Arms, fermata per due ore dai guardacoste libici nel Mediterraneo mentre cercava di soccorrere un gruppo di migranti.

      “Dall’oblò della cucina ho visto la motovedetta libica arrivare a tutta velocità e sono salito di corsa sul ponte per capire cosa stava succedendo”, racconta. Sono cominciate fitte comunicazioni via radio tra i volontari, che avevano già recuperato alcune donne e bambini, e la nave spagnola, che era a pochi metri dalle lance di soccorso. “Avvisate Roma, i libici ci stanno minacciando”.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/03/24/open-arms-sequestro

    • Sauvetage en mer : l’Aquarius est le seul navire humanitaire en Méditerranée

      L’Aquarius patrouille dans ce qu’on appelle la « SAR zone » (Search and Rescue), la zone de recherche et de sauvetage, au large de la Libye, dans les eaux internationales. Cette zone maritime s’étend sur 60 000 km2.

      Où sont les autres navires humanitaires ?

      –Le #Vos_Hestia, de l’ONG Save the Children a cessé sa mission en octobre 2017

      –Le #Seefuchs, de l’ONG Sea-Eye, est en réparation à Malte

      –Le #Golfo_Azzurro, de l’ONG ProActiva, a cessé sa mission depuis l’été dernier

      –Le #Minden, de l’ONG Lifeboat, a cessé sa mission depuis l’été dernier

      –Le #Sea_Watch_3, de l’ONG Sea Watch, est en réparation à Barcelone

      –Le #Iuventa, de l’ONG Jugend Rettet a été saisi par les autorités italiennes et immobilisé depuis

      –Le #Open_Arms, de l’ONG ProActiva, a été saisi par les autorités italiennes et immobilisé depuis

      –Le #Phoenix, de l’ONG Moas, est parti l’été dernier porté secours aux Rohingyas au large de la Birmanie

      –Le #Life_line, de l’ONG Mission Lifeline, est en réparation

      http://www.infomigrants.net/fr/post/8247/sauvetage-en-mer-l-aquarius-est-le-seul-navire-humanitaire-en-mediterr

    • Crolla l’accusa a Open Arms, ma dietro i Libici c’è la Marina Militare italiana

      27/03/2018 Caduta l’ipotesi di reato di associazione per delinquere. L’inchiesta viene tolta alla Procura di Catania e passa ai magistrati ordinari di Ragusa. Ma dal decreto del Giudice delle Indagini Preliminari emerge uno scenario inatteso e preoccupante: la precisa descrizione dei fatti del magistrato indica che la regia dell’operazione è della #Marina_Militare Italiana. Operazione che ha tutte le caratteristiche di un respingimento, messo in atto utilizzando la Guardia Costiera libica.
      Non ha retto, davanti al Gip di Catania, l’impianto accusatorio più grave nei confronti dell’Ong spagnola Open arms proposto dalla Procura diretta da Carmelo Zuccaro. Il Giudice per le indagini preliminari ha respinto l’ipotesi di reato di associazione per delinquere, mantenendo solo il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Per ora la nave che il 15 marzo scorso era stata affrontata dalla Guardia costiera libica nel corso di un salvataggio di profughi fuggiti dal nord Africa rimane sotto sequestro. Il fascicolo è stato dunque tolto alla Dda di Catania - dove era arrivato domenica 18 marzo con la pesante ipotesi accusatoria - per essere assegnato alla Procura ordinaria di Ragusa.

      Ma la vera notizia appare – nero su bianco – nelle pagine del decreto di convalida del sequestro, che compie una importante discovery su quanto sta avvenendo nel Mediterraneo. Con la conferma dei dubbi sollevati in questi giorni: dietro il confronto tra la Ong e la Guardia Costiera libica sembra nascondersi un tentativo di respingimento dei migranti, operato attraverso il coinvolgimento da parte italiana della Guardia costiera libica. Non solo. A gestire l’intera operazione non è stata la Guardia costiera italiana – che dipende dal Ministero dei Trasporti ed Infrastrutture – ma la Marina Militare. Dunque il dicastero della Difesa. Gli eventi narrati nella decisione del giudice di Catania sono chiari e permettono di capire nei dettagli come le modalità di azione del governo italiano – e probabilmente dell’Unione europea – siano drasticamente cambiati dopo il 2 febbraio, data di avvio della nuova operazione navale Temis. Da quel momento una nave militare italiana è ferma a Tripoli, coordinando gli interventi delle motovedette libiche.

      Occorre ripercorrere, minuto dopo minuto, quello che è accaduto il 15 marzo nelle acque tra Italia e Libia. Ore 4.21. La centrale operativa MRCC di Roma riceve la notizia dell’avvistamento di un barcone con diversi migranti a bordo a 40 miglia dalla costa libica. Poco dopo il centro contattata a sua volta la nave Open Arms, chiedendo di intervenire. Una procedura, fino a questo momento, uguale a quella utilizzata in centinaia di salvataggi, con la Guardia costiera italiana incaricata di coordinare le attività delle organizzazioni umanitarie.

      Alle 5.37, però, c’è un intervento inatteso: il personale a bordo della nave militare italiana Capri (impegnata nella operazione NAURAS, riattivata con l’avvio di Temis), di stanza a Tripoli, invia una comunicazione a Roma affermando che una motovedetta della Guardia Costiera libica di lì a poco avrebbe mollato gli ormeggi per dirigersi verso l’obiettivo, assumendo la responsabilità del soccorso.

      Alle 6.44 la stessa nave Capri chiedeva al MRCC di Roma di “far allontanare l’unità della Ong per evitare criticità durante il soccorso”. E’ dunque la Marina militare italiana a decidere l’intervento dei libici, ben sapendo quale sarebbe stato il destino dei migranti recuperati. Come del resto scrive lo stesso presidente dell’ Ufficio Gip, Nunzio Sarpietro: «Il coordinamento (della Guardia Costiera libica, ndr) è sostanzialmente affidato alle forze della Marina Militare Italiana».

      Mezz’ora dopo appaiono altre due imbarcazioni precarie con decine di persone imbarcate, non lontane dal primo barcone segnalato. Una situazione critica che la Open Arms si è trovata di fronte mentre si stava dirigendo sul punto indicato la mattina da MRCC.

      Alle 9.13 la nave spagnola comunica di aver intercettato un gommone con migranti a bordo che imbarcava acqua e di averli recuperati visto che non c’era sul posto nessuna unità libica. Cosa sarebbe avvenuto se Open Arms avesse rispettato quell’ordine partito dalla nostra Marina Militare, fermandosi prima? In ogni caso gli italiani presenti a Tripoli non avevano preso bene l’intervento della Ong. Poco prima di questo salvataggio operato dagli spagnoli, l’addetto per la Difesa Italia a Tripoli aveva contattato la centrale di Roma “lamentando il comportamento della Open Arms, in quanto lo riteneva contrario al Codice di Condotta sottoscritto con il Ministero dell’Interno Italiano”.

      Il pasticcio assume contorni ancora più preoccupanti nelle ore successive. Quando poco dopo le 11.00 la Open Arms giunge davanti all’obiettivo iniziale – quello che doveva essere salvato dalla Guardia costiera libica, secondo le direttive della Marina Militare – la motovedetta di Tripoli non aveva ancora portato a bordo un solo migrante. I naufraghi vengono salvati dalla Ong spagnola. Durante le operazioni i volontari si trovano davanti i miliziani di Tripoli che cercano “di ostacolare le operazioni di soccorso anche con la minaccia di usare le armi”, scrive il Gip di Catania. Fatti confermati dai filmati diffusi nei giorni scorsi.

      Alla fine alla Open Arms i magistrati di Catania hanno contestato la scelta di non aver seguito le indicazioni della Guardia costiera libica nel corso dei salvataggi in mare del 15 marzo e di non aver chiesto lo sbarco dei rifugiati a Malta. Nel decreto di convalida del sequestro il Gip di Catania dà particolare importanza alla contestazione di aver voluto portare i naufraghi in Italia: “I dati fattuali parlano chiaro e dimostrano - scrive il gip - come lo stesso comandante della Motonave Open Arms, nonostante le indicazioni impartitegli, non abbia voluto mai prendere contatti con le autorità maltesi in base a una sua autonoma considerazione, che invece occorreva verificare in concreto, circa la indisponibilità delle dette autorità ad accogliere i migranti”. L’Ong spagnola aveva già replicato a queste accuse durante la conferenza stampa tenutasi al Senato la settimana scorsa, spiegando che l’assegnazione del punto di sbarco - il cosiddetto “Place of safety” - viene fornito dal MRCC di Roma. Le autorità della Guardia costiera – secondo la ricostruzione degli eventi successivi al salvataggio del 15 marzo scorso – alla fine hanno indicato alla nave il porto di Pozzallo.

      La vicenda giudiziaria – ora passata per competenza a Ragusa – è dunque complessa e delicata, con implicazioni internazionali non irrilevanti. La conferma dell’esistenza di un comando italiano dietro l’azione della Guardia costiera libica potrebbe esporre il nostro Paese a un procedimento davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, rischiando una seconda condanna dopo quella ricevuta nel 2012. L’esclusione del reato di associazione per delinquere, infine, è sicuramente una sconfitta per la linea tenuta da circa un anno dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Nel 2017 nel corso di due audizioni in Parlamento (prima in Comitato Schengen e poi davanti alla commissione difesa del Senato) il magistrato aveva mosso dure accuse nei confronti delle Ong: “Qual è la volontà che anima le ONG? Noi abbiamo ovviamente fatto un ventaglio di ipotesi. Si può partire da quella peggiore, che è quella di un consapevole accordo che sarebbe potuto intercorrere tra le Ong e queste organizzazioni. Questa, che è l’ipotesi sicuramente peggiore, non dà al momento alcun riscontro, ma è ovvio che ci lavoriamo”, aveva dichiarato Zuccaro davanti al comitato Schengen del Parlamento. Per poi aggiungere: “Vi dico che non appena si verificherà un caso che mi dia la possibilità di farlo, su questo aprirò un’indagine”. Quell’ipotesi “peggiore” di un patto criminale delle Ong si è dimostrata insussistente.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/cosi-crolla-l-accusa-a-open-arms.aspx
      #refoulement #push-back

    • Niente associazione per delinquere, ma solidarietà ancora sotto sequestro.

      Alla scadenza del termine di dieci giorni stabilito dalla legge per la convalida del sequestro preventivo disposto dalla Procura di Catania a carico della nave di Open Arms bloccata con parte dell’equipaggio a bordo nel porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso, il Giudice delle indagini preliminari ha convalidato la misura del sequestro ma si è dichiarato incompetente rispetto all’accusa più grave formulata dalla Procura di Catania, che contestava il reato di associazione a delinquere finalizzata all’ingresso in Italia di immigrati irregolari.

      https://www.a-dif.org/2018/03/27/niente-associazione-per-delinquere-ma-solidarieta-ancora-sotto-sequestro

    • Migranti, dopo la Open Arms anche la nave Aquarius costretta ad affrontare il “coordinamento” libico

      Dopo il caso della nave di Proactiva, finita sotto sequestro a Pozzallo, ieri l’imbarcazione Sos Mediterranèe si è trovata nella stessa situazione, rendendo evidente quella che sembra ormai una prassi: una volta sul posto le navi vengono affidate al controllo di Tripoli che chiede loro di «restituire» i migranti

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/01/migranti-dopo-la-open-arms-anche-la-nave-aquarius-costretta-ad-affrontare-il-coordinamento-libico/4265455

    • Trois jours d’opérations complexes et dramatiques en Méditerranée centrale : 292 naufragés en sécurité à bord de l’Aquarius

      SOS MEDITERRANEE appelle les autorités européennes et internationales à clarifier d’urgence le cadre d’intervention des garde-côtes libyens

      L’Aquarius, affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré en partenariat avec Médecins Sans Frontières (MSF) a secouru ces jeudi, vendredi et samedi un total de 292 personnes en détresse dans les eaux internationales au large des côtes libyennes, au cours de trois opérations distinctes dans des conditions particulièrement délicates.

      Jeudi 29 mars, alors que l’Aquarius patrouille à 25 milles marins des côtes, l’équipe de sauveteurs de l’Aquarius repère un canot pneumatique en détresse. Après avoir informé le centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) et reçu l’instruction de procéder au sauvetage, 122 personnes sont transférées en sécurité à bord de l’Aquarius.

      Vendredi 30 mars, l’Aquarius est mobilisé de nouveau par le centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) pour le sauvetage d’un canot pneumatique en difficulté repéré par un hélicoptère de la marine italienne, à 38 milles nautiques au nord de Zuwarah. « Ce sauvetage était délicat, le canot pneumatique était dans de très mauvaises conditions, il était partiellement dégonflé et le fond en bois était cassé. Nous avons dû déployer des radeaux pour sécuriser les personnes avant de pouvoir leur distribuer des gilets de sauvetage » explique le coordinateur adjoint des secours de SOS MEDITERRANEE.

      Alors que le sauvetage est en cours, la vedette 648 des garde-côtes libyens s’approche à grande vitesse de l’Aquarius. Le sauvetage de 131 personnes en détresse, dont 12 femmes et 24 mineurs non accompagnés, est achevé juste avant son arrivée. L’Aquarius décline l’offre d’assistance des garde-côtes libyens.

      En accord avec le centre de coordination des secours de Rome, le navire de SOS MEDITERRANEE, avec 253 rescapés à bord, poursuit sa veille active dans les eaux internationales en raison de conditions météorologiques favorables aux départs.

      Un bébé, des enfants et cas médicaux sauvés d’un canot intercepté par les garde-côtes libyens

      Samedi 31 mars à 10:30, l’Aquarius reçoit un appel du centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) signalant la position d’une embarcation en détresse repérée par un survol de l’opération EUNAVFORMED, et se déroute vers cette position. Le canot pneumatique est repéré par les sauveteurs de SOS MEDITERRANEE après une heure à peine de navigation.

      A 11:34, le centre de secours de Rome informe l’Aquarius que les garde-côtes libyens assument la coordination des opérations (SAR Case 183), puis donne l’instruction à l’Aquarius de ne pas interférer et de rester en stand-by. L’Aquarius arrivé sur les lieux avant la vedette des garde-côtes libyens, informe le MRCC Rome de la nécessité de stabiliser la situation en distribuant les gilets de sauvetage à bord de l’embarcation surchargée, qui continue à s’approcher. L’Aquarius reçoit ensuite un appel téléphonique du centre des opérations des garde-côtes libyens qui se déclare en charge de la coordination, et l’équipage alerte ces derniers de l’urgence de distribuer des gilets de sauvetage. La vedette Al Khifra 206 des garde-côtes libyens, en route vers la position mais encore éloignée, reçoit la même information simultanément via radio. Une fois l’autorisation des garde-côtes libyens acquise, l’Aquarius lance ses deux canots de sauvetage et commence à distribuer des gilets de sauvetage. Les sauveteurs constatent la présence d’enfants, dont un nouveau-né et de cas médicaux urgents - et obtiennent l’autorisation de la vedette des garde-côtes libyens d’évacuer les cas les plus vulnérables vers l’Aquarius, mais se voient interdire de secourir les autres passagers du canot.

      39 personnes, dont un nouveau-né, des femmes enceintes et de nombreux enfants avec leurs parents sont transférés sur l’Aquarius tandis qu’environ 90 personnes sont interceptées par les garde-côtes Libyens et renvoyées en Libye. L’Aquarius reçoit l’ordre de rester à distance pendant l’interception.

      « Les conditions actuelles d’opérations de sauvetage en mer sont inacceptables »

      « Les conditions actuelles de sauvetage en mer, toujours plus compliquées et avec des transferts de responsabilité confus et périlleux pendant les opérations, sont inacceptables. Les bateaux de sauvetage se retrouvent contraints à négocier au cas par cas, en pleine mer, en situation d’urgence et de tension dangereuse, l’évacuation de personnes en détresse, malades, blessées, épuisées, vers un lieu sûr où elles seront soignées et protégées. Alors que les moyens en mer pour sauver des vies sont de plus en plus insuffisants, les opérations sont retardées, des vies humaines sont menacées, le renvoi des personnes en détresse vers la Libye est priorisé au lieu de leur mise en sécurité, » a déclaré Francis Vallat, président de SOS MEDITERRANEE France.

      « Nous ne sommes ni juristes, ni décideurs politiques. Nous sommes une association européenne et citoyenne de sauveteurs en mer à bord d’un navire ambulance qui intervient là où des personnes sont en danger de mort. Nous respectons scrupuleusement, depuis le début de notre mission en mars 2016, le droit maritime international, les autorités maritimes, et travaillons dans le respect des principes d’humanité et de solidarité qui ont fondé l’Europe et sont l’ADN des gens de mer.

      En l’absence d’un protocole clair, public et transparent encadrant l’intervention des garde-côtes libyens dans les eaux internationales au large de la Libye, nous demandons instamment aux plus hautes autorités européennes et internationales de clarifier le cadre d’intervention des différents acteurs dans cette zone maritime, la plus mortelle au monde. Si ce cadre a changé récemment et ne nous autorise bientôt plus à sauver les vies en danger, si nous ne pouvons plus exercer notre mission en sécurité, nous estimons que nous-mêmes et les citoyens européens devrions en être les premiers informés » a poursuivi Francis Vallat.

      Dimanche 1er avril, l’Aquarius se dirige vers le nord pour débarquer les 292 rescapés dans le « port sûr » de Messine, indiqué par le centre de coordination des secours de Rome.

      Les personnes secourues entre jeudi et samedi par l’Aquarius en Méditerranée Centrale sont originaires de plus de vingt nationalités différentes, de pays d’Afrique de l’Ouest, mais aussi de Somalie, d’Egypte, de Libye, du Pakistan et du Bangladesh. Parmi elles se trouvent au moins cinq femmes enceintes, neuf enfants, et 54 mineurs non accompagnés.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/sauvetages-010418

    • Mediterraneo, MSF: Nave Aquarius allontanata da un soccorso. Decine di persone riportate in Libia

      Ieri, sabato 30 marzo alle 10.32, il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Roma ha allertato la nave Aquarius – gestita in collaborazione da Medici Senza Frontiere (MSF) e SOS Mediterranee – e la Guardia costiera libica, di un gommone in difficoltà con a bordo circa 120 persone, in acque internazionali a 23-24 miglia nautiche dalla costa libica.

      Il gommone è stato identificato per primo da un aereo militare europeo. Sebbene la Aquarius sia arrivata sulla scena per prima, intorno alle 11.00, l’MRCC ha informato la nave che sarebbe stata la Guardia costiera libica a occuparsi del soccorso, per questo alla Aquarius è stato indicato di rimanere in standby e di non avviare nessuna operazione.

      Mentre era in standby, la Aquarius ha visto la situazione peggiorare perché il gommone sovraffollato iniziava a imbarcare acqua. Alle 12.45, MSF e SOS Mediterranee sono riuscite a negoziare con l’MRCC, il comando della Guardia costiera libica e la nave della Guardia costiera libica che stava raggiungendo l’area, e hanno ottenuto di poter almeno stabilizzare la situazione distribuendo giubbotti di salvataggio a tutte le persone a bordo e valutare le loro condizioni mediche.

      L’infermiera di MSF a bordo del motoscafo veloce (RHIB) che si è avvicinato al gommone ha individuato 39 casi medici e vulnerabili – tra cui un neonato, donne incinte, bambini e le loro famiglie – che sono stati evacuati sull’Aquarius.

      Negli ultimi mesi in più occasioni ci sono state reazioni violente da parte della Guardia costiera libica verso le poche organizzazioni umanitarie ancora impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, e la sicurezza del nostro team, così come delle 253 persone soccorse che si trovavano già a bordo dopo due giorni di salvataggi, era una preoccupazione cruciale. Mentre siamo riusciti a negoziare l’evacuazione sulla Aquarius di 39 casi medici e vulnerabili, per la sicurezza delle persone a bordo e del team dell’Aquarius, non abbiamo potuto completare il soccorso.

      Alle 13.52 la Guardia costiera libica ha ordinato alla Aquarius di allontanarsi dalla scena, con decine di persone ancora sul gommone. Alle 14.09 queste persone sono state prese dalla Guardia costiera libica e riportate in Libia.

      MSF ribadisce ancora una volta che la Libia non è un luogo sicuro e per nessun motivo rifugiati e migranti dovrebbero esservi riportati. MSF continua ad appellarsi ai Governi europei per dare priorità alla sicurezza di rifugiati e migranti invece di rafforzare attivamente politiche di deterrenza e contenimento in Libia.

      http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/mediterraneo-msf-nave-aquarius-allontanata-da-un-soccorso-decin

    • Open Arms libera di tornare a salvare vite in mare

      Il Giudice per le indagini preliminari di Ragusa dissequestra la nave ferma nel porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso motivando che “la Libia non è ancora in grado di riaccogliere i migranti soccorsi in mare nel rispetto dei loro diritti fondamentali". Sollievo da parte degli operatori umanitari per avere scongiurato un ulteriore atto di criminalizzazione della solidarietà

      http://www.vita.it/it/article/2018/04/16/open-arms-libera-di-tornare-a-salvare-vite-in-mare/146574

    • Italie : la justice annule la saisie d’un navire d’ONG

      Un juge de Ragusa (Sicile) a annulé lundi le placement sous séquestre du navire de Proactiva Open Arms, bloqué depuis mi-mars au port de Pozzalo en raison de soupçons d’aide à l’immigration clandestine, a annoncé cette ONG espagnole.

      L’enquête vise trois responsables de l’organisation non gouvernementale après une opération de sauvetage au cours de laquelle les secouristes de Proactiva Open Arms ont refusé de confier aux gardes-côtes libyens des migrants secourus au large de la Libye.

      Lundi, le juge a fait valoir que la Libye n’était « pas encore en mesure de ré-accueillir les migrants secourus dans le respect de leurs droits fondamentaux » et estimé que l’ONG avait donc agi en « état de nécessité ».

      « Ce n’est qu’un premier pas et une bonne nouvelle. L’Open Arms est libéré, mais les enquêtes du parquet de Catane pour association de malfaiteurs et de celui de Ragusa pour aide à l’immigration clandestine se poursuivent », a commenté sur Twitter Oscar Camps, le fondateur de l’ONG.

      L’opération de sauvetage controversée a eu lieu le 15 mars, lorsque les gardes-côtes italiens ont signalé à l’Open Arms deux embarcations en détresse à 73 milles marins au large de la Libye, avant de préciser que Tripoli se chargeait de la coordination des opérations.

      L’Open Arms a commencé à secourir les migrants puis a refusé de les transférer à une vedette libyenne arrivée plus tard. Les parquets de Catane et de Ragusa estiment que les migrants auraient dû débarquer à Malte, le port sûr le plus proche, et reprochent à l’Open Arms d’avoir tout fait pour les conduire en Italie, ce à quoi l’ONG répond que Malte n’accepte que les urgences médicales.

      En Espagne, le blocage de l’Open Arms a suscité un mouvement de soutien autour du slogan « Sauver des vies n’est pas un crime », avec des manifestations et une pétition en ligne qui a recueilli plus de 312.000 signatures, dont celles des acteurs Penelope Cruz et Javier Bardem.

      Il y a un an, une dizaine de navires d’ONG patrouillaient au large de la Libye. Désormais, il n’en reste plus que deux : l’Aquarius de SOS Méditerranée et Médecins sans frontières et le Sea-Watch de l’ONG allemande éponyme.

      L’Open Arms était le deuxième saisi par la justice italienne après le Iuventa de l’ONG allemande Jugend Rettet l’été dernier. D’autres ONG ont suspendu leurs opérations en raison des menaces croissantes de la marine libyenne et de la baisse des départs (-60% depuis l’été 2017).

      https://www.lorientlejour.com/article/1110832/italie-la-justice-annule-la-saisie-dun-navire-dong.html

    • Migranti. Il diario di bordo dalla #Sea_Watch_3 in partenza da Malta

      Dopo il dissequestro della nave Spagnola Open Arms, tornano a essere 4 le ong che operano nel Mediteraneo centrale insieme alle navi di due dispositivi militari europei per il controllo dei flussi migratori. Tra queste anche la Sea Watch 3, tornata in porto a Malta dopo l’ultima missione e in procinto di ripartire. A bordo da oggi con l’equipaggio l’inviata Angela Caponnetto

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ong-Sea-Watch-Mediterraneo-migranti-57a4bd6b-ffd0-499c-93c3-a207fae8275b.htm

    • Migranti, “disobbedienza legittima” di Open Arms: in crisi le accuse alle ong

      Nel provvedimento di dissequestro della nave dell’ong spagnola Proactiva si riconosce che la Libia non è un posto sicuro. I soccorritori hanno agito in stato di necessità in base all’articolo 54. L’analisi di Schiavone (Asgi): “Prima di tutto viene la salvezza delle persone, tanto dal rischio di morire in mare come da quello di subire torture”

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/573515/Migranti-disobbedienza-legittima-di-Open-Arms-in-crisi-le-accuse-al

    • Proactiva Release Does Not Spell End of Italy’s War on Rescue Groups

      Italian judge’s releases rescue ship but upholds legal fiction of Libyan search and rescue zone. Judith Sutherland from Human Rights Watch explains why the contradiction matters


      https://www.newsdeeply.com/refugees/community/2018/04/19/proactiva-release-does-not-spell-end-of-italys-war-on-rescue-groups

    • Le « Iuventa », emblème de la criminalisation des ONG en Méditerranée

      La saisie, par les autorités italiennes, du bateau d’une ONG portant secours aux migrants est devenue l’emblème d’une campagne de criminalisation de celles et ceux qui tentent de sauver des vies en Méditerranée. Le collectif Forensic Architecture démonte, à l’aide d’outils inédits, les failles et les biais de cette accusation à la veille d’une décision de la Cour suprême italienne.

      Le 2 août 2017, le bateau Iuventa, affrété par l’ONG allemande Jugend Rettet (« sauver la jeunesse »),
      engagée dans des opérations de recherche et de sauvetage des migrants qui tentent de rejoindre
      l’Europe, est saisi à proximité de l’île de Lampedusa.
      L’ONG est accusée de collusion avec les trafiquants qui font passer les migrants des côtes libyennes
      aux rivages italiens et d’aide à « l’immigration illégale ». La Cour suprême italienne doit se
      prononcer, lundi 23 avril, sur le maintien ou la levée de la saisie du bateau.
      Alerté sur l’affaire, le collectif Forensic Architecture a enquêté avec les outils impressionnants qu’il
      développe depuis quelques années. « Forensic Architecture » est à la fois le nom d’une nouvelle
      discipline située entre journalisme d’investigation et défense des droits humains, et celui d’une agence
      d’architecture de combat basée à Londres.
      Celle-ci regroupe des architectes, des cartographes, des ingénieurs, des juristes ou des réalisateurs, et
      développe des moyens inédits d’investigation sur les crimes et mensonges d’État, qu’elle met au service des ONG ou de l’ONU.
      Elle a, ici, collecté images, données et métadonnées pour démonter l’accusation et démontrer la
      manière dont la saisie du bateau de 33 mètres, susceptible d’accueillir à son bord plus de
      200 personnes, s’inscrit dans une campagne plus large de délégitimation et de criminalisation des
      ONG s’efforçant de sauver celles et ceux qui tentent de rejoindre l’Europe par la Méditerranée.
      Forensic Architecture est ainsi parvenu à une reconstitution 3D de ce qui s’est vraiment passé au large
      des côtes libyennes, qu’elle publie aujourd’hui en même temps que Mediapart pour la France,
      Internazionale en Italie et The Intercept, le magazine lancé par Glenn Greenwald, Laura Poitras et
      Jeremy Scahill.

      Pour Lorenzo Pezzani, cofondateur de Forensic Oceanography, un département de Forensic
      Architecture qui documente depuis plusieurs années les naufrages en Méditerranée et les violations
      des droits des migrants, « depuis la fin de l’année 2016, avec un point culminant à l’été 2017, s’est
      développée en Italie une campagne contre les ONG qui affrètent des bateaux pour aller à la recherche
      des embarcations de migrants menacées de naufrage. Au départ, cette campagne était limitée à des
      petits groupes xénophobes, mais cette présentation toxique de la réalité s’est répandue dans les
      médias et parmi les politiques, comme nous l’avons déjà documenté dans notre rapport Blaming the
      Rescuers ».
      Comprendre la saisie du bateau de l’ONG Jugend Rettet implique en effet, pour lui, de se remettre
      dans une perspective de plus longue durée. « Les printemps arabes ont fait exploser le système de
      contrôle des frontières européennes fondé sur l’externalisation et la collaboration avec les dictatures
      nord-africaines, comme celle de Ben Ali en Tunisie et Kadhafi en Libye, et provoqué un pic de départ
      à partir des premiers mois de 2011. Dans un premier temps, les États européens, et notamment
      l’Italie, ont mis en place leurs propres opérations à la fois militaires et humanitaires, telle Mare
      Nostrum lancée par la marine italienne en 2013, après le naufrage d’un bateau, le 3 octobre 2013,
      qui avait fait plus de 350 morts. »

      Mais ces opérations de sauvetage ont ensuite été considérées comme des facteurs encourageant les
      départs de migrants et ont été remplacées par des opérations avant tout militaires, fondées sur le
      présupposé que rendre la traversée plus dangereuse aurait un effet dissuasif. « En réalité, poursuit
      Lorenzo Pezzani, il n’y a pas eu moins de migrants qui sont arrivés sur les côtes européennes. En
      revanche, beaucoup plus sont morts durant la traversée, avec un pic de mortalité en 2015,
      particulièrement visible avec le décès de plus de 1 200 personnes lors du naufrage de seulement deux
      bateaux durant la même semaine du mois d’avril. »
      C’est dans ce contexte, explique-t-il, que « de nombreuses ONG ont considéré qu’elles ne pouvaient
      plus se contenter de témoigner de ce qui se passait, mais qu’il fallait intervenir directement pour
      sauver ces vies ». Et ont ainsi commencé à affréter des bateaux à l’instar du Iuventa.
      Dans une autre affaire similaire, un juge de Raguse en Sicile a décidé, lundi 16 avril, d’annuler le
      placement sous séquestre du navire de POA (Proactiva Open Arms), appartenant à une ONG
      espagnole, également soupçonné d’aide à l’immigration clandestine.
      Pour Lorenzo Pezzani, « nous sommes, depuis quelques mois, dans une phase de clôture accentuée de
      la Méditerranée, fondée sur une double stratégie. D’un côté, une criminalisation des ONG pour
      empêcher leurs bateaux d’accéder aux embarcations de migrants. De l’autre, un soutien technique,
      logistique et politique aux gardes-côtes libyens pour qu’ils interceptent les bateaux de migrants et les
      renvoient en Libye. La saisie du Iuventa s’inscrit dans ce cadre. Cette saisie a constitué la première
      attaque de nature judiciaire contre les ONG qui s’occupent de sauver les migrants, et elle prolonge
      une campagne politique et médiatique de plus en plus violente ».
      Selon lui, cette décision inscrite dans une stratégie reformatée de l’Union européenne en Méditerranée
      doit aussi « être comprise dans un contexte plus large de criminalisation de la solidarité envers les
      migrants partout en Europe ».

      https://www.mediapart.fr/journal/international/200418/le-iuventa-embleme-de-la-criminalisation-des-ong-en-mediterranee

    • Caso Iuventa, i video che scagionano la nave dell’ong tedesca

      I ricercatori dell’università di Londra Goldsmiths hanno prodotto tre video, pubblicati in esclusiva da Internazionale, che scagionano l’ong tedesca Jugend Rettet dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nell’inchiesta che ha portato al sequestro della nave Iuventa il 2 agosto 2017.

      Secondo la procura di Trapani, nel settembre del 2016 e nel giugno del 2017 durante i soccorsi di migranti al largo della Libia c’erano stati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e i membri dell’equipaggio della nave”. Anche se hanno agito solo per ragioni umanitarie e senza fini di lucro, riconosce la procura, gli operatori si sarebbero avvicinati troppo alle coste libiche e avrebbero avuto contatti con i trafficanti per delle “consegne pattuite” di migranti.

      Secondo l’accusa, in uno di questi episodi gli operatori della Iuventa avrebbero lasciato alla deriva tre imbarcazioni in modo che i trafficanti potessero recuperarle e usarle successivamente in altre traversate. Le fonti dell’accusa sono le testimonianze e le foto scattate da due poliziotti sotto copertura, imbarcati come personale di sicurezza sulla nave Vos Hestia dell’organizzazione umanitaria Save the children, attiva nello stesso tratto di mare.

      Ma al termine di un lavoro durato otto mesi il dipartimento di oceanografia forense della Goldsmiths ha smentito questa ricostruzione, basandosi sui video e gli audio raccolti dall’equipaggio, sulle informazioni registrate nel diario di bordo della Iuventa, sulle comunicazioni con la centrale operativa della guardia costiera italiana e sulle immagini scattate dai giornalisti a bordo della nave tedesca e di altre imbarcazioni impegnate nei soccorsi.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/04/20/iuventa-video

    • An Italian Court Decision Could Keep Rescue Boats From Saving Refugees in the Mediterranean

      In August 2017, an Italian prosecutor ordered police to seize and impound the Iuventa, a ship operated by the German nonprofit Jugend Rettet, in Trapani, a port in western Sicily. The Iuventa is used to rescue migrants attempting the perilous sea crossing between North Africa and Italy, but the prosecutor said he was investigating the organization for alleged ties to human trafficking operations in Libya. The investigation relied on evidence gathered through the use of police informants, an undercover operative, tapped phone calls, and a recording device that police placed in the Iuventa’s bridge months earlier, and it purported to show the crew of the Iuventa coordinating with Libyan smugglers.

      https://theintercept.com/2018/04/20/mediterranean-refugee-rescue-boat-italy-libya

    • Italy’s Supreme Court rejects appeal against the seizure of NGO rescue vessel the Iuventa

      On Monday, Italy’s Supreme Court rejected an appeal against the seizure of the Iuventa, a rescue ship operated by the German NGO Jugend Ruttet (‘Youth Rescue’). The vessel was seized last summer after an investigation by the Italian authorities into the operation of migrant rescue missions in the Mediterranean.

      Evidence collected as part of the investigation, which included the use of an undercover agent, bugging devices, tapped phone calls as well as informant testimonies, led to the pre-emptive seizure of the vessel on 2 August 2017 under accusations of colluding with smugglers and “conspiring to facilitate illegal immigration”.

      Lawyers had filed the appeal against the ruling of the judge in the Western Sicilian city of Trapani in favour of the prosecution’s request for pre-emptive seizure. The lawyers questioned the nature of the accusations, as well as Italy’s jurisdiction on incidents that took place in international waters.

      The order of seizure itself followed the introduction of a controversial code of conduct for charity boats conducting rescues in the Mediterranean by the Italian government last summer. Several NGOs, from larger organisations such as Doctors without Borders to smaller ones including Jugend Rettet, refused to sign it before the announced deadline of 31 July 2017, claiming that the code would threaten their activities at sea. The seizure of the Iuventa was ordered only two days after this deadline.

      The London-based research organisation Forensic Architecture are among several observers sceptical of the accusations brought by the Italian authorities and released an investigation last week refuting the Italian accusations and questioning their evidence. Philipp Külker, spokesperson of Jugend Rettet, said that “the analysis showed in a very clear way that the accusations are unfounded…these are just empty claims.”

      The ruling is a blow to NGOs operating sea rescue missions in the Mediterranean, after the Spanish NGO rescue vessel Open Arms was ordered to be released from a Sicilian port last month, with the ship’s crew remaining under criminal investigation. The Iuventa ruling points to the wider trend of de-legitimisation and criminalization of NGO rescue missions.

      Italy’s Supreme Court of Cassation will publish an explanatory statement on the ruling in the coming weeks.

      https://www.ecre.org/italys-supreme-court-rejects-appeal-against-the-seizure-of-ngo-rescue-vessel-t

    • Italy OKs migrant transfer after insisting on UK approval

      Italy’s coast guard said Monday it had granted authorization for 105 migrants rescued at sea by a Spanish aid group to transfer to a sturdier boat after more than a daylong bureaucratic tussle left them exposed to the elements on the Mediterranean Sea.

      It was the second time in as many months that Italy has delayed allowing rescued migrants to reach safety by insisting on bureaucratic formalities in what appears to be a strategy to dissuade aid groups from rescuing migrants.

      Spain’s Proactiva Open Arms said the migrants, including six children and 32 unaccompanied teenagers, were in stable condition Monday but they were exposed to bad weather and living in inappropriate conditions aboard the Astral, a sailing vessel turned rescue ship that Proactiva has used for emergency assistance. Aquarius, a bigger rescue ship of the French SOS Mediterranee nonprofit group, waited for much of Monday to take them to a safe port.

      The nonprofits said the vessels —both sailing under the British flag— had been waiting for authorization since early Monday at around 25 nautical miles (28.75 statute miles) off the town of Khoms on the Libyan coast. Italy’s coast guard said the British had to grant authorization for the transfer, but Britain said it wasn’t coordinating the rescue.

      “They are throwing the ball at each other and we are in the middle,” said Astral’s captain Riccardo Gatti, blaming Italian and British authorities more than 30 hours after the migrants were rescued from a drifting and engineless rubber boat.

      “The situation is becoming unbearable due to worsening weather, cold and the health and hygiene conditions onboard,” he added.

      Another rescue ship of Proactiva was seized for weeks by Italian authorities before a judge in Sicily ordered its release earlier this year. Prosecutors are still investigating whether the non-governmental organization’s crew should face charges of criminal association and aiding illegal immigration.

      The British Maritime and Coast Guard Agency said it was aware of the incident and in contact with search and rescue authorities in the area, but said the incident was “not coordinated” by Britain.

      The Italian coast guard said the delay in transferring the migrants was due to Britain, since both rescue ships were British-flagged. Late Monday, the coast guard issued a second statement saying it had allowed for the transfer because of the late hour and because British authorities hadn’t given any indication on how to proceed.

      Previously, the Italian coast guard has said international norms require the flag nation to request authorization for one of its ships to dock — a requirement it hadn’t enforced before its recent crackdown on migrant landings.

      Matthew Carter, a communications officer with SOS Mediterranee, said the NGO’s standard procedure “is to wait for a green light from the coordinating authority (usually the Italian Maritime Rescue Coordination Center) before proceeding with a transfer or rescue operation.”

      But Carter said his organization had informed all parties that in the event of an emergency it planned to take all rescued people on board without pre-authorization.

      Each year, tens of thousands of migrants attempt to reach European shores by crossing the Mediterranean in smugglers’ boats. Most of the vessels are unfit for open water, and thousands of migrants drown each year.

      The U.N. says 615 migrants have died crossing the Mediterranean so far this year. A total of 22,439 migrants have reached European shores through the first four months of 2018.

      Italy has significantly reduced the migrants arriving on its coasts by helping the Libyan coast guard beef up its patrols, reducing the number of aid groups performing sea rescues and — in a move criticized by some aid groups — negotiating deals with Libyan militias that had long profited from trafficking humans.

      The migrants aboard the Astral are from Bangladesh, Egypt, Libya, Nigeria and other countries. They told The Associated Press on Sunday that human smugglers sailing in a separate boat removed their inflatable’s engine halfway through the dangerous Mediterranean crossing and left.

      https://apnews.com/d2cf4d6b2195422e8faf0e10fd9e286f

      v. aussi : https://www.washingtonpost.com/world/europe/rescuers-blame-red-tape-while-waiting-with-migrants-at-sea/2018/05/07/b50cfbcc-5216-11e8-a6d4-ca1d035642ce_story.html

    • Legal action against Italy over its coordination of Libyan Coast Guard pull-backs resulting in migrant deaths and abuse.

      Seventeen survivors of a fatal incident in which a boat carrying migrants found itself in distress off

      the coast of Libya filed an application against Italy today with the European Court of Human Rights. The applicants included the surviving parents of two children who died in the incident.

      The application was filed by the Global Legal Action Network (GLAN) and the Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI), with support from the Italian non-profit ARCI and Yale Law School’s Lowenstein International Human Rights Clinic. Their submission made use of evidence compiled by Forensic Oceanography, part of the Forensic Architecture agency based at Goldsmiths, University of London, who have produced a detailed reconstruction of the incident and the policies that have contributed to it.


      http://www.glanlaw.org/single-post/2018/05/08/Legal-action-against-Italy-over-its-coordination-of-Libyan-Coast-Guard-pull

    • L’Italia rischia un processo per aver coordinato la guardia costiera libica

      “All’alba abbiamo visto una barca e abbiamo gridato. Il nostro gommone stava imbarcando acqua, ci siamo tolti le magliette e le abbiamo sventolate per farci vedere. C’erano dei bambini che piangevano. La barca non ci ha risposto e se n’è andata”. E. è uno dei sopravvissuti del naufragio del 6 novembre 2017 in cui sono morte almeno venti persone e ricorda il momento in cui si è accorto che il gommone su cui viaggiava si stava sgonfiando. Erano quasi le nove di mattina. Il lato posteriore dell’imbarcazione ha cominciato ad affondare e alcune persone sono finite in mare.

      “Una nave della guardia costiera libica ci ha raggiunto, abbiamo cominciato a gridare: ‘Aiuto’. Ma non ci hanno risposto, hanno preso una macchina fotografica e ci facevano delle foto, se ne stavano andando quando hanno visto la Sea Watch che stava venendo verso di noi. Allora sono tornati indietro e gli hanno detto di andarsene”, racconta E. in un’intervista concessa al ricercatore Charles Heller del gruppo Forensic Architecture. Da quel momento è cominciata una specie di battaglia navale tra la motovedetta libica e la nave dell’ong tedesca. I libici hanno chiesto agli umanitari di andarsene, ma l’ong ha calato i gommoni di soccorso, perché molti migranti erano già in acqua e chiedevano aiuto.

      Respingimenti per procura
      Sei mesi dopo, il 3 maggio, insieme ad altri sedici sopravvissuti E. ha presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) accusando il paese di aver messo a repentaglio la sua vita, di aver ritardato i soccorsi affidandoli alla guardia costiera libica e di aver “respinto per procura” 47 migranti attraverso l’azione della motovedetta libica, donata a Tripoli da Roma nel maggio del 2017, come previsto dal Memorandum d’intesa firmato dai due paesi.

      Dei 17 migranti che hanno presentato il ricorso infatti, quindici sono stati portati in Italia e due sono stati respinti in Libia dove sono stati portati in un centro di detenzione a Tagiura. Per due mesi sono stati sottoposti a violenze, abusi, torture, estorsioni e stupri, sono stati venduti e sono stati torturati con l’elettricità. Infine i due hanno chiesto di partecipare ai programmi di rimpatrio volontario dell’Organizzazione mondiale dell’immigrazione (Oim) e sono stati riportati dalla Libia a Benin City, in Nigeria, il loro paese d’origine.

      E. e P. sono invece stati soccorsi e portati in Italia. E. dopo essere caduto in acqua è riuscito ad arrampicarsi sulla motovedetta libica 648 Ras Jadir, ma una volta a bordo i guardacoste hanno cominciato a picchiarlo come stavano già facendo con gli altri migranti soccorsi. “In quel momento ho guardato verso il mare e ho visto che c’erano i gommoni di soccorso della Sea Watch così sono saltato in acqua e mi sono salvato, non sono stato l’unico”, racconta E., uno dei 59 sopravvissuti recuperati dalla Sea Watch, successivamente portato in Italia.

      Anche P. era sulla stessa barca e ricorda che un elicottero ha lanciato dei giubbotti di salvataggio per le persone che erano cadute in mare. P. ne aveva indossato uno e si era attaccato a una corda insieme ad altri tre ragazzi riuscendo a salire a bordo della motovedetta. “Pensavo che fossero italiani, ma poi ho capito che erano libici perché parlavano arabo. Ci hanno detto di stare seduti. Un ragazzo si è lanciato in acqua e i libici ci hanno minacciato. Ci avrebbero picchiato con delle corde se ci fossimo mossi. Ma quando la guardia si è allontanata, io mi sono buttato in acqua e poi sono stato soccorso dalla Sea Watch”.

      La guardia costiera italiana alle 6 di mattina ha contattato la nave umanitaria Sea Watch 3 per intervenire in soccorso dei migranti che erano ancora in acqua: “Ci hanno chiamato da Roma per chiederci d’intervenire. Mentre andavamo verso il gommone ci siamo resi conto che era in corso un naufragio, abbiamo visto molti corpi in mare”, il volontario della Sea Watch Gennaro Giudetti ricorda l’operazione di salvataggio a trenta miglia dalle coste libiche.

      “Ho visto una donna affogare davanti ai miei occhi”, racconta. Un’altra donna, che Giudetti è riuscito a salvare, ha perso suo figlio nel naufragio. Sono morte almeno venti persone, mentre l’intervento della motovedetta libica – la 648 Ras Jadir – ha intralciato i soccorsi. I libici hanno lanciato anche degli oggetti contro i volontari, come raccontato da molti testimoni. I 47 sopravvissuti che sono stati recuperati dai libici, sono stati riportati nei centri di detenzione in Libia. Durante il salvataggio era presente anche un elicottero della marina militare italiana e diverse navi militari della missione Eunavformed.

      Secondo i sopravvissuti e il collegio di avvocati ed esperti che li hanno seguiti nel ricorso alla Cedu, il governo italiano è legalmente responsabile dei “respingimenti per procura” operati dalla guardia costiera libica, che violano numerosi articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Roma infatti ha donato le motovedette alla guardia costiera libica e ha finanziato la formazione dei guardacoste in seguito all’accordo firmato con Tripoli a febbraio. Gli italiani hanno coordinato, infine, attraverso la centrale operativa della guardia costiera di Roma gli interventi che hanno avuto come conseguenza il respingimento dei migranti in Libia.

      Loredana Leo, avvocata dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), spiega che l’Italia avrebbe una responsabilità nell’evento che ha prodotto una serie di violazioni dei diritti umani fondamentali: “In particolare sarebbe stato violato il diritto alla vita, perché tutti i ricorrenti erano in una situazione di potenziale o effettiva perdita della propria vita. C’è una violazione anche dell’articolo 3 della Convenzione dei diritti umani: quello che vieta i trattamenti inumani”. Per quelli che sono stati riportati in Libia la violazione dell’articolo 3 “è evidente”, inoltre sarebbe stato violato il divieto al respingimento collettivo. “Non c’è stata nessuna valutazione della situazione individuale delle persone che sono state respinte, inoltre coloro che sono stati riportati in Libia hanno corso il rischio di essere ridotti in schiavitù perché sono stati venduti come schiavi nel carcere libico”, continua Leo.

      Nel caso Hirsi l’Italia aveva operato direttamente, mentre in questo caso avrebbe agito attraverso l’intervento della guardia costiera libica

      Per gli avvocati del Global legal action network (Glan) e dell’Asgi, che seguono il ricorso, quello che l’Italia sta facendo è delegare alla guardia costiera libica il respingimento dei migranti, una prassi che viola numerose norme internazionali e che è già costata a Roma una condanna nel 2012 (caso Hirsi). In quell’occasione l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per aver violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani e aver rimandato nel paese nordafricano alcuni cittadini eritrei e somali, che rischiavano di subire trattamenti inumani e degradanti.

      Nel 2012 però l’Italia aveva operato direttamente, mentre in questo caso avrebbe agito attraverso l’intervento della guardia costiera libica. Per l’avvocata Leo la responsabilità italiana però è molto chiara: “Tutto è avvenuto sotto il controllo e il coordinamento delle autorità italiane. La chiamata di emergenza è arrivata alla centrale operativa della guardia costiera italiana, che alle 6 del mattino ha chiamato Sea Watch 3 per chiedere d’intervenire. Quindi l’Italia aveva la responsabilità che le persone soccorse non subissero violazioni”. Inoltre c’è un livello più generale: “L’Italia ha messo Tripoli nelle condizioni di fare questi respingimenti per procura, donando le motovedette, formando i guardacoste e coordinando i libici da una nave della marina che è di stanza a Tripoli”.

      Per Violeta Moreno-Lax, consigliera di Glan e professoressa della Queen Mary all’università di Londra, “le autorità italiane hanno affidato ai libici delle azioni che sono illegali e che stanno mettendo a rischio le vite dei migranti”. Inoltre li stanno esponendo a forme estreme di violenza “per procura, cioè sostenendo e coordinando l’azione della cosiddetta guardia costiera libica”. La Cedu nei prossimi mesi dovrà decidere sull’ammissibilità del ricorso, ma i tempi in casi così importanti potrebbero essere molto lunghi. “Nel caso Hirsi ci sono voluti tre anni per arrivare a una condanna”, conclude l’avvocata Leo.

      Il caso è stato presentato alla Cedu dall’Asgi, dal Glan e dall’Arci, con il sostegno della Yale law school’s Lowenstein international human rights clinic.

      Mare chiuso
      Il naufragio del 6 novembre è solo la punta dell’iceberg di una strategia complessa avviata dalle autorità italiane ed europee per chiudere la rotta del Mediterraneo centrale e ridurre gli arrivi di migranti in Europa, sostengono i ricercatori Charles Heller e Lorenzo Pezzani della Forensic oceanography dell’università Goldsmith di Londra, che a questo tema hanno dedicato il rapporto Mare clausum, il quarto di una serie sui soccorsi di migranti nel Mediterraneo centrale.

      “Abbiamo esaminato 16 diversi episodi che mettono in luce l’azione dell’Italia con il supporto dell’Unione europea”, spiega Heller. In questi casi, secondo il ricercatore, “l’Italia ha coordinato la guardia costiera libica, che a sua volta ha intercettato e riportato i migranti in Libia, nonostante le violazioni documentate nei centri di detenzione libici”. Le ricostruzioni sono state realizzate a partire dagli audio e dai video registrati dai volontari delle ong e dai giornalisti indipendenti a bordo delle navi di soccorso.

      “Siamo riusciti a ricostruire questi episodi con una precisione senza precedenti”, aggiunge Pezzani, cofondatore della Forensic oceanography. “In questi 16 casi che abbiamo documentato per fortuna c’era una nave delle ong nei paraggi che ha registrato audio e video e ha permesso di ricostruire cosa è successo nei dettagli, mentre nella maggior parte dei casi non rimane traccia”. Per Pezzani ed Heller è interessante notare che le navi militari europee sono sempre presenti durante i soccorsi, ma si tengono a una certa distanza e non intervengono: “Sono sicuramente le navi di Eunavformed a segnalare ai libici la presenza dei migranti, ma in tutti i casi che abbiamo esaminato le navi militari europee aspettano che i libici arrivino senza intervenire”.

      Se si osserva in prospettiva tutta la storia dei soccorsi in mare nel Mediterraneo centrale ci si accorge che siamo di fronte a una fase di chiusura delle rotte aperte nel 2011 con l’esplosione delle primavere arabe. “La guerra civile libica e la spinta rivoluzionaria tunisina hanno messo in discussione i vecchi confini dell’Unione europea, che erano stati militarizzati con molta fatica prima del 2011. Ora quel tentativo di apertura è stato violentemente richiuso”, conclude Pezzani. Secondo Amnesty international, nel 2017 ventimila migranti sono stati intercettati e riportati in Libia dalla guardia costiera del paese nordafricano.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/05/08/italia-migranti-libia-respingimenti

    • Ong: è vero che sono i “taxi del mare”?

      È logico attendersi che la maggiore incidenza di salvataggi in mare da parte di imbarcazioni delle Ong (passata dal 1% del 2014 al 41% nel 2017), assieme alla tendenza di queste ultime a operare nei pressi delle acque territoriali libiche (come rilevato dall’agenzia europea Frontex), possano aver spinto un maggior numero di migranti a partire, aumentando di conseguenza il numero di sbarchi.

      Ma i dati in realtà mostrano che non esiste una correlazione tra le attività di soccorso in mare svolte dalle Ong e gli sbarchi sulle coste italiane. A determinare il numero di partenze tra il 2015 e oggi sembrano essere stati dunque altri fattori, tra cui per esempio le attività dei trafficanti sulla costa e la “domanda” di servizi di trasporto da parte dei migranti nelle diverse località libiche.

      https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-2018-20415

    • #Salvezza”, un fumetto d’inchiesta sui salvataggi in mare

      Dal 2016 a oggi sono quasi 20 mila i migranti tratti in salvo nel Mediterraneo dall’equipaggio dell’Aquarius, nave affittata dalla ong Sos Méditerranée per i soccorsi in mare. Una cinquantina i giornalisti che, in questo periodo, hanno partecipato a una missione, per raccontarla. Lo scorso novembre anche Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, giornalista e sceneggiatore di fumetti il primo, disegnatore il secondo, con alle spalle una lunga esperienza nel graphic journalism (insieme hanno realizzato il fumetto su Peppino Impastato e Marco Rizzo anche di quelli su Ilaria Alpi, con i disegni di Francesco Ripoli, e Mauro Rostagno con i disegni di Giuseppe Lo Bocchiaro, usciti per la casa editrice BeccoGiallo) sono saliti a bordo della nave. Diciannove giorni, 4 salvataggi, quasi mille persone salvate.

      “Ci eravamo già occupati di migranti, siamo stati nei centri di accoglienza in Sicilia, ma ci mancava questo pezzo del viaggio – racconta Marco Rizzo – Un pezzo importante per ragioni sociali e politiche, perché ha un impatto enorme sulle campagne elettorali di mezza Europa e un impatto economico. Dovevamo raccontarlo”. La loro esperienza è contenuta in “Salvezza” (Feltrinelli Comics), 120 pagine di reportage a fumetti o meglio di fumetto d’inchiesta in cui oltre alle storie delle persone, ai soccorsi, ci sono anche infografiche con dati e numeri per aiutare a capire la situazione. “Quello che invece nel fumetto non troverete sono le urla, le persone in acqua che si sbracciano e ti chiedono ‘per favore aiutami’ – continua Rizzo – Ce le aspettavamo quando ci siamo imbarcati, sapevamo che ci saremmo trovati di fronte a situazioni estreme, al dolore, a persone con storie drammatiche, ma non a quei livelli, non con quei numeri. Al rientro non è stato facile parlare di quell’esperienza”.

      Sull’Aquarius Rizzo e Bonaccorso hanno potuto vedere con i loro occhi come funzionano i salvataggi in mare e qual è il ruolo delle ong: “saves lives, protect people, testify” ovvero “salvare vite, proteggere le persone e testimoniare la loro sofferenza”, come spiega nel fumetto Sophie Beau, cofondatrice di Sos Méditerranée. “Sos Méditerranée sta facendo quello che dovrebbe fare uno Stato ovvero accogliere e proteggere le persone – ha spiegato Alessandro Porro, membro del team di ricerca e soccorso di Aquarius, presente in occasione della presentazione di “Salvezza” alla Feltrinelli di Bologna – Noi siamo lì per salvare, proteggere e raccontare perché senza il racconto è come se non fosse successo niente. C’è bisogno di informazione su quello che sta accadendo perché nel Mediterraneo è messa in gioco la democrazia europea”. Il soccorso in mare, infatti, è una cosa che nessuno Stato può interrompere, “mentre negli ultimi anni la macchina dei soccorsi è stata ostacolata più volte, si è spostata l’attenzione sulle ong definendole criminali – continua Porro – ma le ong fanno solo il 30% dei soccorsi in mare e purtroppo l’atmosfera ostile nei loro confronti ostacola anche quel 30% di salvataggi con la conseguenza che se a luglio 2017 le navi in mare erano 7, oggi ce n’è una sola e le donazioni per le ong sono crollate”.

      “Se non ci fossero le ong, la situazione sarebbe ancora più tragica di quella che è – spiega Rizzo – Dopo la chiusura di Mare Nostrum, sono rimaste solo le ong a fare questo lavoro metodicamente, lo fanno anche la Guardia costiera e la Marina, a volte navi cargo private, ma le ong sono quelle più attrezzate: in attesa che si regolino i flussi o che si facciano corridoi umanitari, questo è l’unico modo per non lasciare che le persone muoiano in mare”. Come spiegato nel fumetto, a bordo della nave ci sono 35 persone per ogni missione, a cui si aggiungono da 2 a 4 giornalisti, una missione dura circa 3 settimane. L’equipaggio è diviso in 3 squadre: la ciurma che risponde al capitano e si occupa di muovere la nave, la squadra che effettua i soccorsi e fa riferimento a Sos Méditerranée e il team di Medici senza frontiere che include medici, infermieri e mediatori culturali. “Una cosa che possiamo dire perché forse non è chiara è che tutte le operazioni sono coordinate dalla Guardia costiera italiana, dal Centro operativo di Roma – spiega Rizzo – Quindi se vogliamo ripetere l’accusa assurda di ‘taxi del mare’ rivolta alle ong allora qualcuno se la dovrebbe prendere anche con la Guardia costiera, cosa che ovviamente non viene fatta, perché è come se fosse la centrale operativa di quei taxi”.

      Il disegno è stato uno strumento efficace per avvicinare le persone a bordo della nave. “Arrivano tutti da situazioni traumatiche, non puoi andare lì con la macchina fotografica o la telecamera e puntargliela in faccia – racconta Bonaccorso – Allora mentre Marco parlava con loro, io mi sedevo accanto e iniziavo a ritrarli con la matita. In pochissimo tempo, erano tutti lì in fila per un ritratto. E per raccontarti la loro storia: il disegno era un modo per entrare in confidenza, farli distrarre e rompere il muro di diffidenza”. Sono tantissime le storie che Rizzo e Bonaccorso hanno raccolto nei 19 giorni sulla nave, tutte drammatiche, “ma c’è una cosa che molti sottovalutano ed è la situazione dei loro Paesi di provenienza – spiega Bonaccorso –, situazioni che loro non possono accettare e per questo scappano: quando abbiamo chiesto a un ragazzo eritreo cosa si aspetta dall’Europa, lui non ci ha risposto soldi o lavoro ma semplicemente libertà. E la libertà non si può negare a nessuno”.

      Ora l’intenzione dei due fumettisti è portare il libro nelle scuole: “Questo libro è uno strumento per fare informazione e porre una domanda, ‘cosa vogliamo fare di questo mondo in cui viviamo? – conclude Bonaccorso – Vogliamo accettare passivamente quello che accade o rimboccarci le maniche? E questo non vuole essere uno slogan ma uno stimolo sincero per cercare di cambiare le cose: voltarsi dall’altra parte significa lasciare un mondo devastato a chi verrà dopo di noi, devastato non dai migranti che arrivano nei nostri Paesi ma dalle azioni dei nostri Paesi”.


      https://www.cartadiroma.org/news/in-evidenza/salvezza-un-fumetto-inchiesta-sui-salvataggi-in-mare
      #BD #livre

    • Exclusif : découvrez Boza, notre documentaire sur le sauvetage des migrants en Méditerranée

      Pour les migrants venus d’Afrique, la Méditerranée est la voie principale pour atteindre l’Europe, malgré le danger que représente sa traversée. Selon Médecins sans frontières (MSF), en 2016, au moins 5 000 hommes, femmes et enfants sont morts en tentant de traverser la Méditerranée, contre près de 2 800 en 2015. Depuis mai 2016, L’Aquarius, un navire affrété par l’association SOS Méditerranée, vient en aide aux migrants rescapés. Nous avons passé quinze jours à son bord, à la rencontre de son équipage et des migrants qu’il sauve.

      https://www.youtube.com/watch?v=jtpD3Gt4ALo

    • Ong, Saviano replica a Salvini: «Il diritto del mare ha una regola sacra: non si lasciano annegare le persone»

      Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano risponde attraverso un video alle parole pronunciate dal leader della Lega e neo ministro Matteo Salvini ("Le Ong? No ai vice scafisti che attraccano nei porti"): «La poca conoscenza che ha il ministro Salvini del diritto del mare lo porta a ignorare un elemento fondamentale: le Ong agiscono sempre coordinate dalla Guardia Costiera italiana, quindi sempre nel rispetto delle regole. Dando dei ’vice scafisti’ a persone che salvano vite in mare, sta dando anche colpa alla Guardia costiera italiana e di questo deve prendersene responsabilità». Infine dice: «Il diritto del mare ha una regola eterna: Non si lasciano persone a mare, non si lasciano annegare. E non sarà Salvini a interrompere questo diritto sacro»

      https://video.repubblica.it/politica/ong-saviano-replica-a-salvini-il-diritto-del-mare-ha-una-regola-sacra-non-si-lasciano-annegare-le-persone/306649/307279?refresh_ce

    • Migranti, Salvini a Malta: «La nave Aquarius non può attraccare in Italia». La replica: «Non spetta a noi»

      La decisione del ministro dell’Interno che ha intimato a Malta di accettare la nave con a bordo 629 migranti che sta entrando nelle acque di competenza de La Valletta. Gino Strada: «Sconcertato nel vedere ministri razzisti o sbirri alla guida del mio Paese»


      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_giugno_11/migranti-salvini-la-aquarius-non-potra-approdare-un-porto-italiano-28e

    • La richiesta di archiviazione della Procura di Palermo nel procedimento sulle ONG

      Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, richiesta di archiviazione, 13 giugno 2018
      Pubblici Ministeri Camilleri – Cescon – Ferrara

      Segnaliamo, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, la richiesta di archiviazione, accolta dal GIP, presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo in un procedimento penale che vedeva coinvolto il personale di due ONG che, dopo aver soccorso dei migranti, si recavano presso il porto di Lampedusa, dove facevano sbarcare i migranti.

      In punto di diritto, le fattispecie di reato ipotizzate, a carico di ignoti, erano quelle di associazione per delinquere (di cui all’art. 416, comma 6, cp) e favoreggiamento dell’immigrazione irregolare sul territorio nazionale (di cui all’ art. 12 D. Lgs 286 del 1998).

      La Procura di Palermo, dopo aver ricordato le coordinate giuridiche previste dal diritto internazionale con specifico riguardo al salvataggio in mare dei migranti e richiedenti asilo, si è soffermata sugli aspetti penalistici della condotta contestata e, in particolare, sulla scriminante prevista dall’art. 51 comma 1 c.p. (la quale, com’è noto, prevede che “l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”) e sull’art. 12 comma 2 del d.lgs. 286/98 (secondo cui, “fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”).

      Nel caso in esame – si legge nella richiesta di archiviazione – «avendo l’imbarcazione umanitaria soccorso dei migranti che si trovavano in stato di pericolo, la condotta trova giustificazione nella predetta disciplina dell’art. 51 c.p. per aver adempiuto ad un obbligo imposto da una norma giuridica internazionale».

      Quanto, in particolare, alla nozione di pericolo tale da integrare la scriminante, il requstito della attualità «non deve essere intesa in senso assoluto, come rapporto di assoluta immediatezza tra la situazione di pericolo e l’azione necessitate, ma sta a significare che, nel momento in cui l’agente pone in essere il fatto costituente reato, esiste, secondo una valutazione ex ante che tenga conto di tutte le circostanze concrete e contingenti di tempi e di luogo, del tipo di danno temuto e della sua possibile prevenzione, la ragionevole minaccia di una causa imminente e prossima del danno».

      A tal proposito è sufficiente rilevare – concludono i magistrati – «come il sovraffollamento dei gommoni, la presenza a bordo di donne e minori imponga certamente agli operatori di considerare lo stato di pericolo in maniera evidentemente stringente e intervenire al più presto anche se le condizioni metereologiche non dovessero rappresentare, al momento del salvataggio, un problema».

      Altro tema – scrive la Procura – riguarda l’operato della ONG relativo al mancato raggiungimento di altri porti di approdo più vicini rispetto a quelli in cui avveniva lo sbarco.

      Circa tale aspetto, i pubblici ministeri hanno anzitutto richiamato il principio della «effettività del soccorso» e la «assoluta mancanza di cooperazione dello Stato di Malta nella gestione dei predetti eventi», i quali vanno letti alla luce del dovere giuridico di salvaguardare la vita dei migranti e di assicurare il rispetto dei principi umanitari.

      Ebbene, dal momento che «le operazioni di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare dei migranti, ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in un luogo sicuro (POS, piace of safety)» – conclude la Procura – «il porto più vicino non deve individuarsi esclusivamente avuto riguardo alla posizione geografica, ma dovrà invece essere, necessariamente, quello che assicurerà il rispetto dei predetti diritti».

      http://www.giurisprudenzapenale.com/2018/06/21/la-richiesta-di-archiviazione-della-procura-di-palermo-nel-pro

    • Migranti: accusati di terrorismo i dirottatori del mercantile approdato a Malta

      Con l’accusa di terrorismo, il tribunale della Valletta conferma gli arresti per tre delle persone fermate al momento dello sbarco del cargo El Hiblu 1, dirottato da un gruppo di migranti e attraccato a Malta con a bordo oltre 100 naufraghi.

      I tre adolescenti, solo uno di loro è maggiorenne e ha 19 anni, hanno preso possesso della nave, secondo le accuse, con minacce e intimidazioni; al momento dell’abbordaggio però non sono state trovate armi e non è stata opposta alcuna resistenza.

      Secondo il codice penale maltese il dirottamento di una nave è un "atto di terrorismo e i tre rischiano da 7 a 30 anni di carcere.

      Resta al momento ambigua la pozione del capitano del cargo, un libico, che ha affermato di aver perso il controllo del mercantile dopo aver soccorso i naufraghi. Gli inquirenti verifano se l’uomo abbia fornito una versione di comodo per poter entrare in acque maltesi.

      L’Italia aveva sbarrato la strada all’imbarcazione.

      https://it.euronews.com/2019/03/30/migranti-accusati-di-terrorismo-i-dirottatori-del-mercantile-approdato-
      #terrorisme #criminalisation #Elhiblu_1