Rifugiati e nuove politiche di ripopolamento
L’atto migratorio è per antonomasia un movimento innanzitutto fisico all’interno di un determinato spazio, e lascia tracce profonde sui territori all’interno dei quali esso si realizza. La migrazione fa sì che determinati luoghi siano abbandonati, altri siano attraversati, ed altri ancora siano riempiti dalla presenza dei migranti, in un movimento continuo ben rappresentato dall’immagine del circuito (Rouse 1991).
Se in qualunque fase del proprio viaggio, la presenza dei migranti porta necessariamente dei riassestamenti nell’equilibrio eco-sociale del territorio che attraversano, riassestamenti che non sono necessariamente scevri da fatica e conflitto, questo è particolarmente vero nel caso del loro insediamento in quella che essi identificano come destinazione più o meno definitiva. Nel caso delle migrazioni forzate tale dinamica di incontro/scontro è connotata da una anche maggiore complessità, in quanto il processo di stanziamento dei migranti non è frutto di una scelta precisa di questi ultimi, e nemmeno distribuito nel tempo sulla base di fattori di richiamo quali la presenza di una comunità etnica di appartenenza, né da una forte richiesta di manodopera in un dato settore lavorativo. Al contrario, l’arrivo dei cosiddetti profughi è un processo eterodiretto, non controllabile né dagli autoctoni né dai migranti stessi, che non possono in alcun modo scegliere la destinazione del proprio percorso di accoglienza. Spesso, quindi, questo processo assume i caratteri della territorializzazione forzata, con il rischio di un forte esacerbarsi del conflitto sociale a livello locale.
Tuttavia, al presente nuovi modi di intendere il rapporto tra migranti forzati e territorio locale si stanno facendo strada. Mi riferisco al fatto che i profughi inizino ad essere visti come un’opportunità non solo per contrastare il lento declino demografico a cui è soggetta ormai da decenni la popolazione italiana, ma anche per iniziare un movimento di controtendenza rispetto all’inarrestabile spopolamento di zone rurali e montane. Spopolamento che negli ultimi cinquant’anni non ha avuto conseguenze solo a livello demografico, ma anche in termini di incuria del territorio e conseguente dissesto idrogeologico di parecchie zone d’Italia.
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