• “Fermiamo tutto, altrimenti sarà guerra civile genocida tra Israele e Palestina”: le parole di #Dimi_Reider

    Dimi Reider, giornalista, attivista e fondatore della testata progressista israeliana +972 magazine parla con Fanpage.it del conflitto in corso. “L’unica soluzione? Un solo stato per entrambi i popoli, ma sarà impossibile se oggi esplode una guerra civile genocida nei territori occupati”

    Abbiamo raggiunto al telefono da Londra Dimi Reider, giornalista, attivista e tra i fondatori della testata israeliana progressista +972 mag, che da anni è diventata un punto di riferimento per tutti i media internazionali per il racconto della vita nei territori occupati e della società israeliana. Suoi articoli sono apparsi sul Guardian, New York Times, New Statesman e Foreign Policy, tra gli altri.

    Dopo la richiesta di evacuazione del Nord di Gaza, l’isolamento dalle forniture di acqua e luce e i bombardaamenti a tappeto, questa notte, con il bombardamento dell’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital di Gaza, la guerra ha toccato l’apice dell’orrore. Come si può interrompere il ciclo della violenza?

    Dobbiamo amplificare gli appelli a prevenire un genocidio a Gaza e, allo stesso tempo, dire che ciò che Hamas ha fatto è inaccettabile, un crimine di guerra. È perfettamente possibile fare entrambe le cose. È essenziale fare entrambe le cose.
    Ho ancora qualche speranza che tra l’intenzione israeliana di invadere da terra, e la pressione degli Stati circostanti e quella dell’Iran e l’ovvia mancanza di fiducia degli israeliani nei confronti della loro leadership, possa ancora esserci una finestra per evitare questa catastrofe.

    Tuttavia, realisticamente, credo che sia troppo tardi. L’orrore si sta già consumando. I leader occidentali dovrebbero almeno costringere Netanyahu a dare un ultimatum ad Hamas prima di iniziare un’invasione di terra – ad esempio, evacuate i vostri leader e le vostre truppe da Gaza, risparmiate al vostro popolo la distruzione. Sulla falsa riga dell’evacuazione di Arafat da Beirut a Tunisi nella prima guerra del Libano. Ma letteralmente nessuno – leader occidentali, Netanyahu, Hamas – vorrà seguire questa strada. Almeno non ancora. Non prima che un’enorme porzione di Gaza vada in rovina e che il numero di morti israeliani sia superato molte volte da quelli palestinesi.

    Quale prospettiva vedi per questo conflitto asimmetrico?

    Vedo tre opzioni per l’immediato futuro. Una è Grozny a Gaza: distruzione totale, evacuazione, eliminazione dell’élite politica e poi, forse, ricostruzione. La seconda è Grozny a Gaza e la Jugoslavia/Rwanda dappertutto, forse con un’ulteriore guerra con Hezbollah. Non esiste uno scenario di vittoria palestinese: anche se Israele perdesse contro forze esterne – il che è dubbio, soprattutto se gli Stati Uniti si impegnano a entrare in guerra -, i palestinesi perderebbero per primi, in modo orribile. E il terzo scenario, altrettanto tragico ma migliore in termini di vite umane perse, è una capitolazione/compromesso di Hamas prima che Gaza sia completamente distrutta e il resto di Israele-Palestina esploda. Questo è possibile se Hamas cede prima del previsto, se i danni alle città israeliane sono più gravi del previsto o se l’uso degli ostaggi è più efficace del previsto. Al momento questo sembra lo scenario meno probabile.

    Quali obiettivi vedi dietro l’attacco del 7 ottobre? Motivi interni, far saltare gli accordi di Abramo, una forma spontanea di resistenza, come sostengono alcuni?

    Che sia stata una forma di resistenza «spontanea» mi sembra l’ipotesi meno plausibile. Sappiamo da fonti di Hamas che l’attacco è stato pianificato per un anno, forse due. Si è trattato di un’operazione militare – che si è rapidamente trasformata in un massacro – estremamente ben pianificata e ben eseguita. Per quanto riguarda gli obiettivi posso solo fare ipotesi. Sembrerebbe che Hamas volesse ripristinare la propria credibilità come movimento di resistenza, piuttosto che come un’OLP meglio organizzata. L’OLP è infatti corrotta, inefficiente e collabora strettamente con Israele. Hamas voleva reinserirsi come attore nell’intera arena politica palestinese, non solo a Gaza. E, piuttosto che far saltare gli Accordi di Abramo voleva un posto al tavolo, per essere preso in considerazione nel processo.

    Come inquadrare l’attacco di Hamas? Haggai Matar ha scrittoche il terrore e la violenza subiti dagli israeliani sono ciò che di solito subiscono i palestinesi.

    Dobbiamo parlare di crimini di guerra, avvenuti nel contesto di sette decenni di conflitto e compiuti in nome della comunità indubbiamente più debole e oppressa. Sono stati sia un attacco diretto alla strategia di assedio e contenimento di Israele, sia alla sua politica di divisione e conquista.

    L’operazione doveva mettere in mostra la formidabile potenza militare di Hamas e mettere al sicuro gli ostaggi, così da negoziare il rilascio del massimo numero possibile di prigionieri palestinesi. Sarebbe così diventato un rappresentante degli interessi nazionali palestinesi, con più successo dell’OLP. L’attacco doveva inoltre mettere a dura prova l’invincibilità israeliana, conseguendo un risultato con implicazioni regionali. Un altro obiettivo era quello di creare video indimenticabili di palestinesi in gabbia che evadono da Gaza, tornano sul loro territorio storico e conquistano una o due città con la forza – qualcosa che nessun gruppo palestinese ha mai realizzato, nemmeno nel 1948.
    Il collasso militare israeliano, tuttavia, è stato così rilevante che Hamas ha effettivamente raggiunto tutti questi obiettivi in un paio d’ore – ma poi ha continuato ad agire senza freni annullando i propri risultati. Questa brutalità – dal massacro al festival musicale, a quello di famiglie nei kibbutzim – ha posto Hamas fuori di qualsiasi tipo di negoziazione, sia per il cessate il fuoco che per gli ostaggi. Ha dato così carta bianca a Israele in occidente.

    La sinistra ebraica contro l’occupazione, in Israele e nella diaspora, è stretta tra il mainstream che ripropone la retorica dello scontro di civiltà e ignora le vittime palestinesi e parte della sinistra radicale – poco rilevante pubblicamente ma ingigantita nella percezione dalla stigmatizzazione sui media – che ignora le vittime israeliane. Le forze contro l’occupazione in Israele sono deboli e lo saranno sempre più? C’è una sensazione di isolamento rispetto alla solidarietà internazionale?

    Le prime 72 ore dopo l’attacco di Hamas hanno messo in luce alcune divisioni molto importanti nel movimento di solidarietà internazionale, sia all’interno della sinistra palestinese che tra altri attivisti internazionali e israeliani. Personalmente, penso che l’atteggiamento che legittima uccisione dei bambini israeliani faccia perdere credibilità alla giusta opposizione all’uccisione di bambini palestinesi. Abbiamo bisogno di coerenza morale. E credo che la reazione agli attentati metta in luce il fatto che la nostra coerenza morale è traballante.

    Dovremmo usare quest’ultima settimana per fermarci prima dell’abisso in cui si sta per precipitare. Ovviamente ciò che sta accadendo a Gaza è orribile e non è affatto giustificato da ciò che ha fatto Hamas. Inoltre, non ha alcun valore militare. Ma, se anche l’avesse, prendere di mira i civili è profondamente sbagliato.

    Il giornale progressista Haaretz ha incolpato Netanyahu per il fallimento della sicurezza. Pensi che il governo diventerà più forte – magari assorbendo l’opposizione e sfruttando la fine delle proteste contro la riforma giudiziaria – o più debole?

    Entrambe le cose. Probabilmente sopravviverà alla guerra stessa. Ma Netanyahu è completamente finito politicamente. Anche prima dell’attacco non era ben messo. Ora è diventato il primo ministro che peggio di tutti ha fallito nel proteggere Israele e il suo popolo. È qualcosa che gli israeliani non perdoneranno mai. Prima di lui, la prima ministro più odiato è stato Golda Meir. Il fallimento di Netanyahu supera il suo di un ordine di grandezza.

    Hai scritto – e sono d’accordo – che la soluzione dei due Stati è morta. Un unico Stato uguale per ebrei e palestinesi è un’opzione praticabile quando neanche si riesce a fermare l’escalation?

    Credo che uno Stato unico sia un’ipotesi percorribile, anche se più tardi di quanto avrei stimato. A meno che una delle due comunità non scompaia completamente come forza politico-demografica dalla Palestina storica (e purtroppo è facile dire quale comunità sarà). Se me lo avessi chiesto una settimana fa, ti avrei detto che uno Stato binazionale e consociativo che riconosca le differenti vicende storiche e garantisca la sicurezza e i diritti fondamentali di entrambe le comunità è qualcosa che potevamo ragionevolmente sperare di vedere all’orizzonte tra vent’anni. Oggi, ti direi che questa tempistica si è allungata a 40 – 50 anni, più di una generazione. Ma questo non è un motivo per smettere di lavorare. Al contrario. Ora però la priorità è evitare una guerra civile genocida.

    https://www.fanpage.it/esteri/fermiamo-tutto-altrimenti-sara-guerra-civile-genocida-tra-israele-e-palestin
    #Israël #Palestine #7_octobre_2023 #à_lire #Gaza #génocide #Hamas #crimes_de_guerre #otages #cohérence_morale #Netanyahu

  • #Roma_negata. Percorsi postcoloniali nella città
    Un viaggio attraverso la città per recuperare dall’oblio un passato coloniale disconosciuto.

    Libia, Somalia, Eritrea, Etiopia: quali sono le tracce dell’avventura coloniale italiana a Roma? Roma negata è un viaggio attraverso la città per recuperare dall’oblio un passato coloniale disconosciuto e dare voce a chi proviene da quell’Africa che l’Italia ha prima invaso e poi dimenticato. Igiaba Scego racconta i luoghi simbolo di quel passato coloniale; Rino Bianchi li fotografa, assieme agli eredi di quella storia. Il risultato è una costruzione narrativa e visiva di un’Italia decolonizzata, multiculturale, inclusiva, dove ogni cittadino possa essere finalmente se stesso. Negli anni trenta del secolo scorso Asmara, Mogadiscio, Macallè, Tripoli, Adua erano nomi familiari agli italiani. La propaganda per l’impero voluta da Benito Mussolini era stata battente e ossessiva. Dai giochi dell’oca ai quaderni scolastici, per non parlare delle parate, tutto profumava di colonie. Di quella storia ora si sa poco o niente, anche se in Italia è forte la presenza di chi proviene da quelle terre d’Africa colonizzate: ci sono eritrei, libici, somali, etiopi. Il libro riprende la materia dell’oblio coloniale e la tematizza attraverso alcuni luoghi di Roma che portano le tracce di quel passato dimenticato. I monumenti infatti, più di altre cose, ci parlano di questa storia, dove le ombre sono più delle luci. Prende vita così un’analisi emozionale dei luoghi voluti a celebrazione del colonialismo italiano, attraverso un testo narrativo e delle fotografie. In ogni foto insieme al monumento viene ritratta anche una persona appartenente a quell’Africa che fu colonia dell’Italia. Scego e Bianchi costruiscono così un percorso di riappropriazione della storia da parte di chi è stato subalterno. «Volevamo partire dal Corno D’Africa, dall’umiliazione di quel colonialismo crudele e straccione, perché di fatto era in quel passato che si annidava la xenofobia del presente (…) Da Roma negata emerge quel Corno d’Africa che oggi sta morendo nel Mediterraneo, disconosciuto da tutti e soprattutto da chi un tempo l’aveva sfruttato».

    https://www.ediesseonline.it/prodotto/roma-negata

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    Citations :

    «Ma non tutte le memorie, lo stavo scoprendo con il tempo, avevano lo stesso trattamento.
    C’erano memorie di serie B e serie C. Memorie che nessuno voleva ricordare, perché troppo scomode, troppo vere.»

    (pp.16-17)

    «Ahi, il colonialismo italiano ferita mai risanata, ferita mai ricucita, memoria obliata»

    (p.18)

    «Ora la stele sta ad Axum, insieme alle sue sorelle etiopi. Ma a Piazza di Porta Capena cos’è rimasto di quel passaggio?
    Solo vuoto, solo silenzio, assenza, oblio, smemoratezza in salsa italica».

    (p.18)

    «E anche dimenticare la storia che lega Africa e Italia è un’infamia. Perché dimenticandola si dimentica di essere stati infami, razzisti, colonialisti. Italiani brava gente, ti dicono i più autoassolvendosi, e si continua beatamente a rifare gli stessi errori. Ieri i colonizzati, oggi i migranti, vittime di un sistema che si autogenera e autoassolve. Ecco perché sono ossessionata dai luoghi. E’ da lì che dobbiamo ricominciare un percorso diverso, un’Italia diversa.»

    (p.25)

    Sur le Cinema Impero :

    «Il colonialismo italiano era davanti ai loro occhi tutti i giorni con i suoi massacri, i suoi stupri, la sopraffazione dei corpi e delle menti. Era lì con la sua storia di lacrime e di sangue sparso. Era lì a testimoniare quel legame tra Africa e Italia. Un legame violento, cattivo, sporco e non certo piacevole. Anche nel nome quel cinema era violento. L’impero era quello che Benito Mussolini sognava per aver prestigio davanti alle altre potenze europee e soprattutto davanti a quell’Adolf Hitler che lo preoccupava tanto. L’imprero era quello del Mare Nostrum dove le faccette nere sarebbero state costrette a partorire balilla per la nazione tricolore. L’impero era quello che era riapparso ’sui colli fatali di Roma’. Un impero che Benito Mussolini nel discorso del 9 maggio 1936 aveva dichiarato
    ’Impero fascista, perché porta i segni indistruttibili della volontà e della potenza del Littorio romano, perché questa è la meta verso la quale durante quattordici anni furono sollecitate le energie prorompenti e disciplinate delle giovani, gagliarde generazioni italiane’.
    Era la violenza delle squadracce, ma anche gli sventramenti indiscriminati del tessuto urbano delle città africane.
    L’Africa colonizzata dagli italiani si rempì così di archi di trionfo, busti pavoneggianti, palazzi improbabili. In Somalia per esempio De Vecchis, uno dei quadrumviri della marcia su Roma, aveva voluto costruire una cattedrale che fosse l’esatta copia di quella di Cefalù con le sue due torri altissime. Una volta costruita alcuni somali notarono l’altezza sproporzionata delle torri rispetto ai palazzi nei dintorni e cominciarono a definire la costruzione ’la doppia erezione’. E poi come dimenticare il faro di Capo Guardafui trasformato in un fascio littorio? Asmara (ma in generale l’Eritrea) fu quella che però subì più trasformazioni di tutti. Infatti fu chiamata da più parti la piccola Roma. Tra il 1935 e il 1941 gli architetti italiani si sbizzarrirono in questa città creando uno stile assai stravagante che mischiava modernismo, futurismo e un teutonico stile littorio.»

    (pp.32-33)

    Poésie de Ulisse Barbieri (anarchico poeta direttore del giornale « Combattiamo »), Dopo il disastro :

    «No, non è patriottismo, no, per DIO!
    Al massacro mandar nuovi soldati,
    Né tener lì... quei che si son mandati
    Perché dei vostri error paghino il Fio!
    Ma non capire... o branco di cretini...
    Che i patriotti... sono gli Abissini?»

    (p.56)

    «Il Risorgimento, se vogliamo dare anche questa lettura, fu la lotta di liberazione degli italiani dal dominio straniero, dal dominio coloniale. Una liberazione portata avanti da un’élite che si era legata ad uno strano potere monarchico, quello dei Savoia, ma pur sempre una liberazione. Ecco perché il colonialismo italiano è tra quelli europei uno dei più assurdi. Gli italiani, che avevano sperimentato sulla propria pelle il giogo straniero, ora volevano sottoporre lo stesso trattamento brutale a popolazioni che mai si erano sognate di mettersi contro l’Italia. Ma l’Italia voleva il suo posto al sole. Questa espressione sarà usata nel secolo successivo da Benito Mussolini per la guerra d’Etiopia, ma disegna bene le mire espansionistiche italiane anche durante questi primi passi come nazione neocoloniale. L’Italia, questa giovincella, viveva di fatto un complesso di inferiorità verso l’altra Europa, quella ricca, che conquistava e dominava. Si sentiva da meno di Gran Bretagna e Francia. Si sentiva sola e piccolina. Per questo l’Africa si stava affacciando nei pensieri di questa Italietta provinciale e ancora non del tutto formata. L’Italia voleva contare. Voleva un potere negoziale all’interno del continente europeo. E pensò bene (anzi male, malissimo!) di ottenerlo a spese dell’Africa.»

    (pp.56-57)

    «Venne infatti collocato davanti al monumento ai caduti un leone in bronzo proveniente direttamente da Addis Abeba. Non era un leone qualsiasi, bensì il celeberrimo #Leone_di_Giuda, simbolo che suggellava il patto dell’Etiopia con Dio. Sigillo, quindi, della tribù di Giuda, dal quale discendevano molti profeti e Cristo stesso.»

    (p.61)

    #Piazza_dei_cinquecento

    «E chi lo immaginava che proprio questa piazza babilonia fosse legata alal storia del colonialismo italiano? Infatti i cinquecento citati nel nome della piazza sono i cinquecento caduti di Dogali. Non so bene quando l’ho scoperto. Forse l’ho sempre saputo. E forse anche per questo, per un caso fortuito della vita, è diventata la piazza dei somali, degli eritrei, degli etiopi e anche di tutti gli altri migranti. Una piazza postcoloniale suo malgrado, quasi per caso. Perché è qui che la storia degli italiani in Africa orientale è stata cancellata. Nessuno (tranne pochi) sa chi sono stati i cinquecento o che cosa è successo a Dogali».

    (p.68)

    «Quello che successe in quei vent’anni scerellati non era solo il frutto di Benito Mussolini e dei suoi sgherri, ma di una partecipazione allargata del popolo italiano.
    Ed è forse questo il punto su cui non si è mai lavorato in Italia. In Germania per esempio non solo ci fu il processo di Norimberga contro i criminali di guerra nazisti, ma anche un lavoro incessante e certosino sulla memoria. Nel nostro paese si preferì invece voltare pagina senza capire, interiorizzare, percorrere la memoria delle atrocità vissute e/o perpetrate. In Italia la memoria è divisa o dimenticata. Mai studiata, mai analizzata, mai rivissuta, mai ripensata. Soprattutto la storia in Italia non è mai stata decolonizzata. Il colonialismo fu inghiottito da questo oblio e quelli che furono dei punti di riferimento simbolici del fascismo furono lasciati andare alla deriva come fossero delle zattere fantasma in un fiume di non detto.»

    (p.87)

    –—
    Obelisco di Axum, sur la Piazza Capena :

    «#Piazza_di_Porta_Capena fu teatro di alcune manifestazioni, e alcune riguardarono proprio le proteste per la restituzione dell’obelisco all’Etiopia. Ma in generale si può dire che il monumento era di fatto dimenticato. Stava lì, i romani lo sapevano, ma non ci facevano più tanto caso.
    Era lì, sola, immobile, eretta, dimenticata...
    Era lì lontana da casa...
    Era lì spogliata di ogni significato.
    Era giusto uno spartitraffico. Più imponente e raffinato di altri... certo, ma non tanto dissimile dai tanti alberi spennacchiati che svolgevano la stessa funzione in giro per la città.
    Nessuno per anni si occupò della stele. Qualcuno di tanto in tanto vagheggiava una ipotetica restituzione. Ma tutto era lento, tutto sembrava quasi impossibile.»

    (p.90)
    –-> 2005 :

    «Poi i soldi si trovarono e la stele ritornò a casa tra canti e balli popolari»

    (p.95)
    Et une fois restitué...

    «Ma il vuoto, mi chiedo, non si poteva colmare?
    Improvvisamente Piazza di Porta Capena divenne invisibile. Lo era già prima con la stele. Ma almeno con lei presente capitava che qualche romano la guardasse distrattamente e si interrogasse altrettanto distrattamente. Ma senza la stele il luogo è rimasto un non detto. Tutta la storia, tutto il dolore, tutte le nefandezze sparite con un colpo di spugna.»

    (p.96)

    «Quello che mi colpisce di questa polemica, di chi era contrario a una nuova stele e chi era a favore di un monumento nel sito del fu obelisco di Axum, è la totale assenza del dibattito del colonialismo italiano.
    Nessuno, da Fuksas a La Rocca, nominò mai i crimini di guerra che l’Italia fascista aveva compiuto contro l’Africa. Nessuno sottolineò il fatto che quella stele era un bottino di guerra. Nessuno percepì quel vuoto nella piazza come un vuoto di memoria. Anche un urbanista serio e sensibile come Italo Insolera disse non a caso che di obelischi era piena la città.
    Ora un monumento è stato messo. Ne ho parlato all’inizio del nostro viaggio. Un monumento per ricordare le vittime dell’11 settembre. Due colonne anonime di cui i romani ignorano il significato.»

    (pp.97-98)

    «La memoria non è negare quello che è stato, ma rielaborare quella vita passata, contestualizzarla e soprattutto non dimenticarla.»

    (p.101)

    «E poi la democrazia non si insegna, non si esporta, non si crea dal nulla. La democrazia è un moto spontaneo dell’anima. Ognuno ha il suo modo, i suoi tempi, le sue sfumature.»

    (p.103)

    Sur l’inscription sur le #Ponte_Principe_Amedeo_di_Savoia :

    «Comandante superiore delle forze armate dell’Africa Orientale Italiana durante unidici mesi di asperrima lotta isolato alla Madre Patria circondato dal nemico soverchiante per mezzo per forze confermava la già sperimentata capacità di condottiero sagace ed eroico. Aviatore arditissimo instancabile animatore delle proprie truppe le guidava ovunque per terra sul mare nel cielo in vittoriose offensive in tenaci difese impegnando rilevanti forze avversarie. Assediato nel ristretto ridotto dell’#Amba_Alagi alla testa di una schiera di prodi resisteva oltre il limite delle umane possibilità in un titanico sforzo che si imponeva all’ammirazione dello stesso nemico. Fedele continuatore delle tradizioni guerriere della stirpe sabauda puro simbolo delle romane virtù dell’Italia Imperiale Fascista. Africa Orientale Italiana 10 Giugno 1940, XVIII 18 maggio 1941. Motivazione della Medaglia d’Oro al valor militare conferita per la difesa dell’Impero.»

    «Ad Asmara gli abitanti del villaggio di Beit Mekae, che occupavano la collina più alta della città, furono cacciati via per creare il campo cintato, ovvero il primo nucleo della città coloniale, una zona interdetta agli eritrei. Una zona solo per bianchi. Quanti conoscono l’apartheid italiano? Quanti se ne vergognano?»

    (p.107)

    «Girando per Roma questo si percepisce molto bene purtroppo. I luoghi del colonialismo in città vengono lasciati nel vouto (Axum), nell’incuria (Dogali), nell’incomprensione (quartiere africano). Si cancella quello che è troppo scomodo. E’ scomodo per l’Italia ammettere di essere stata razzista. E’ scomodo ammettere che il razzismo di oggi ha forti radici in quello di ieri. E’ scomodo ammettere che si è ultimi anche nel prendersi le proprie responsabilità.»

    (p.107)

    «Etiopia e Eritrea avevano imbracciato le armi per una contesa sorta sul confine di Badme. Il confine era stato tracciato in modo incerto nel 1902 tra l’Italia (allora paese colonizzatore dell’Eritrea) e il regno d’Etiopia. E dopo più di un secolo Etiopia ed Eritrea si combattevano per quel mal nato confine coloniale»

    (p.112)

    «L’Europa è colpevole tutta per lo sfacelo di morte e dolore che sta riversando in uno dei mari più belli del mondo.»

    (p.124)

    «Per la maggior parte degli italiani, e dei media, erano semplicemente disperati, i soliti miserabili morti di fame (quasi un’icona, come il bambino del Biafra macilento e schelettrico), in fuga da guerra, dittatura e carestia. Una sorta di stereotipo universale, quello del disperato senza passato, senza presente e con un futuro impossibile da rivendicare.»

    (p.124)

    «Occupare uno spazio è un grido di esistenza.»

    (p.125)

    «La crisi è quando non sai che strada percorrere e soprattutto che strada hai percorso.»

    (p.125)

    «E come si fa a smettere di essere complici?
    In Somalia tutti i nomadi sanno che il miglior antidoto all’ignoranza, a quella jahilia che ci vuole muti e sordi, è il racconto. Io, che per metà vengo da questa antica stirpe di nomadi e cantastorie, so quanto valore può avere una parola messa al posto giusto. La storia va raccontata. Mille e mile volte. Va raccontata dal punto di vista di chi ha subito, di chi è stato calpestato, di chi ha sofferto la fame e la sete. La visione dei vinti, dei sopravvissuti, di chi ha combattuto per la sua libertà. Solo raccontando, solo mettendo in fila fatti, sensazioni, emozioni possiamo davvero farcela. Solo così le narrazioni tossiche che ci avvelenano la vita ci possono abbandonare. Il concetto di narrazione tossica viene dal collettivo Wu Ming:
    ’Per diventare ’narrazione tossica’, una storia deve essere raccontata sempre dallo stesso punto di vista, nello stesso modo e con le stesse parole, omettendo sempre gli stessi dettagli, rimuovendo gli stessi elementi di contesto e complessità.
    E’ sempre narrazione tossica la storia che gli oppressori raccontano agli oppressi per giustificare l’oppressione, che gli sfruttatori raccontano agli sfruttati per giustificare lo sfruttamento, che i ricchi raccontano ai poveri per giustificare la ricchezza.’»

    (p.128)

    –-> sur la #narration_toxique (#narrazione_tossica) :
    https://www.wumingfoundation.com/giap/2013/07/storie-notav-un-anno-e-mezzo-nella-vita-di-marco-bruno

    «La madre patria era nulla senza le sue colonie, per questo amava mostrarle succubi. Si era inventata il fardello dell’uomo bianco, la civilizzazione, la missione di Dio, solo per poter sfruttare il prossimo senza sensi di colpa.»

    (p.130)

    –-

    Sur la gestion des #funérailles et de l’#enterrement des victimes du #naufrage du #3_octobre_2013 :
    https://seenthis.net/messages/971940

    #mémoire #livre #colonialisme_italien #colonisation #Italie #Rome #traces #paysage #géographie_urbaine #post-colonialisme #toponymie #monuments #mémoire #Igiaba_Scego #passé_colonial #photographie #oubli_colonial #histoire #Asmara #Erythrée #architecture #urbanisme #stele_di_dogali #Dogali #Tedali #Adua #massacre #ras_Alula #Saati #maggiore_Boretti #Ras_Alula #Tommaso_De_Cristoforis #Vito_Longo #Luigi_Gattoni #Luigi_Tofanelli #basci-buzuk #Ulisse_Barbieri #Taitù #regina_Taitù #Pietro_Badoglio #Rodolfo_Graziani #italiani_brava_gente #oubli #ponte_Amedeo_d'Aosta #Principe_Amedeo #mémoire #démocratie #troupes_coloniales #dubat #meharisti #Badme #frontières #frontières_coloniales #zaptiè #retour_de_mémoire #Affile #Ercole_Viri

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    ajouté à la métaliste sur la #colonialisme_italien :
    https://seenthis.net/messages/871953

    ping @cede @albertocampiphoto @olivier_aubert

    • Citation tirée du livre «#La_frontiera» de #Alessandro_Leogrande:

      «Si è acceso qualcoa dentro di me quando ho scoperto che alcuni dei campi di concentramento eretti negli ultimi anni da Isaias Afewerki per reprimere gli oppositori sorgono negli stessi luoghi dove erano disposti i vecchi campi di concentramento del colonialismo italiano.
      In particolare nelle isole di #Dahlak, cinquanta chilometri al largo di Massaua, dove le galere italiane sono state prima riutilizzate dagli occupanti etiopici e in seguito dallo stesso regime militare del Fronte.
      Il penitenziario di #Nocra, una delle isole dell’arcipelago, fu attivo dal 1887 (proprio l’anno dell’eccidio di Dogali) al 1941, come ricorda Angelo Del Boca in Italiani, brava gente? Vi furono rinchiusi prigionieri comuni, ascari da punire, detenuti politici, oppositori e, dopo l’inizio della campagna d’Etiopia nel 1935, ufficiali e funzionari dell’impero di Hailé Selassié, perfino preti e monaci. (...) L’idea di fare di Nocra e delle isole limitrofe una gabbia infernale si è tramandata nel tempo, da regime a regime»

      (p.85-86)

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      Sul Campo di concentramento di Nocra

      Il campo di Nocra o carcere di Nocra fu il più grande campo di prigionia italiano nella Colonia eritrea e dal 1936 il più grande dell’Africa Orientale Italiana. Venne aperto nel 1887 e chiuso nel 1941 dagli inglesi. Era situato nell’isola di Nocra, parte dell’Arcipelago di Dahlak, a 55 chilometri al largo di Massaua. Dal 1890 al 1941 fece parte del Commissariato della Dancalia. Arrivò a detenere tra un minimo di 500 prigionieri e un massimo di 1.800[1].


      https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Nocra

      #camp_de_concentration #Tancredi_Saletta #Oreste_Baratieri

    • #Igiaba_Scego: “Scopriamo i simboli della storia coloniale a Roma per riempire un vuoto di memoria”

      Igiaba Scego, scrittrice italo somala autrice di libri come ‘Roma negata’ e ‘La linea del colore’, racconta e spiega i simboli del colonialismo presenti nella capitale. Spesso sconosciuti, ignorati, o lasciati nel degrado, narrano una storia che l’Italia ha rimosso: quella delle guerre coloniali che ebbero luogo anche prima del fascismo, e che oggi rappresentano il ‘vuoto di memoria’ del nostro paese. Un dibattito che si è accesso a Roma dopo la decisione di intitolare la stazione della metro C al partigiano italo-somalo #Giorgio_Marincola e non chiamarla più #Amba_Aradam.

      A Roma da qualche settimana si parla dei simboli e dei nomi del rimosso coloniale italiano, grazie alla proposta di intitolare la stazione della metro C su via dell’Amba Aradam a Giorgio Marincola, partigiano italo-somalo morto durante la Resistenza. Una proposta diventata realtà con il voto del consiglio comunale che ha deciso che Roma non appellerà una stazione della metropolitana ‘Amba Aradam’, l’altipiano montuoso dove l’esercito italiano massacrò 20.000 uomini e donne con bombardamenti a tappeto e l’utilizzo di armi chimiche. Di questo e altro abbiamo parlato con la scrittrice Igiaba Scego.

      Quali sono i simboli coloniali a Roma che andrebbero spiegati e sui quali bisognerebbe accendere l’attenzione?

      Non sono molti ma sono collocati in punti simbolici. A Roma, tra piazza della Repubblica e la stazione Termini c’è la Stele di Dogali, a riprova che il colonialismo non è stato solo fascista ma anche ottocentesco. L’obelisco è egiziano ma ha un basamento ottocentesco dedicato alla battaglia avvenuta nel 1887 a Dogali, in Eritrea, dove una colonna italiana venne intercettata e massacrata. Da lì anche il nome di piazza dei 500 davanti la stazione Termini. Di questa battaglia ne ho parlato in due libri, ‘Roma negata’ e ‘La linea del colore’. E nella piazza dove c’è la Stele, s’incontra il colonialismo con le migrazioni di oggi. Questo monumento, che nessuno conosce, è tra l’altro lasciato nel degrado. C’è poi il ponte Duca d’Aosta nei pressi del Vaticano, o il Cinema Impero a Tor Pignattara, che oggi si chiama Spazio Impero. Oltre al fatto di inserire il termine ‘impero’ nel nome, la struttura è quasi uguale a un cinema che è stato realizzato ad Asmara in Eritrea. Ma la cosa che colpisce di più sono i vuoti. Negli anni ’30, venne portata da Mussolini come bottino di guerra dall’Etiopia la Stele di Axum. Questa fu posizionata a piazza di Porta Capena, dove inizia anche il libro ‘Roma negata’. Dopo la guerra, non è stata restituita subito. Nel 1960, Abebe Bikila (campione olimpionico etiope) ha vinto i Giochi di Roma correndo a piedi nudi. Ho sempre pensato che il motivo della sua vittoria non fu solo la sua capacità fisica e la sua caparbietà, ma anche il dover essere costretto a passare per ben due volte davanti la Stele sottratta al suo popolo. Sono convinta che gli abbia dato lo sprint per vincere. La Stele fu poi restituita all’Etiopia negli anni Duemila, tra mille polemiche. Il problema è che ora in quella piazza non c’è nulla, solo due colonnine che rappresentano le Torri Gemelli e di cui nessuno sa nulla. Sarebbe stato giusto ergere sì un monumento per ricordare l’11 settembre, ma soprattutto uno per ricordare le vittime del colonialismo italiano e chi ha resistito ai colonizzatori. Un monumento riparatore per avvicinare i popoli vista la storia scomoda. Quella piazza rappresenta il vuoto di memoria, è come se qualcuno avesse fotografato il rimosso coloniale".

      Quali potrebbero essere i passi da compiere per far emergere il rimosso coloniale?

      Inserirlo nei programmi scolastici e nei libri di testo. Negli ultimi anni è emersa una certa sensibilità e tanti libri sono entrati a scuola grazie agli insegnanti. Sarebbe bello però avere anche nei programmi non solo la storia del colonialismo, ma anche il punto di vista del sud globale. Mi piacerebbe che la storia italiana fosse studiata globalmente, e far emergere le connessioni dell’Italia con l’Europa, l’Africa, l’America Latina e l’Asia. Non penso solo al colonialismo, ma anche alla storia delle migrazioni italiane. Alle superiori andrebbe studiata soprattutto la storia del ‘900. L’altro giorno è scoppiata quella bomba terribile a Beirut: quanti studenti e studentesse sanno della guerra civile in Libano? Sempre nella direzione di far emergere il rimosso coloniale, sarà istituito un museo che si chiamerà ‘Museo italo – africano Ilaria Alpi’. Ma la cosa che servirebbe tantissimo è un film o una serie tv. Presto sarà tratto un film da ‘The Shadow King’, libro di Maaza Mengiste, una scrittrice etiope – americana, che parla delle donne etiopi che resistono all’invasione fascista degli anni ’30. Un libro bellissimo e importante, come è importante che la storia del colonialismo italiano sia raccontata da un prodotto culturale potenzialmente globale. Ma perché un film sul colonialismo italiano lo deve fare Hollywood e non Cinecittà? Perché c’è ancora questa cappa? Non penso a un film nostalgico, ma a una storia che racconti la verità, la violenza. Serve sia lo studio alto sia il livello popolare. Altrimenti il rischio è che diventi solo un argomento per studiosi. È bello che escano libri all’estero, ma dobbiamo fare un lavoro anche qui.

      Quali sono le figure, magari anche femminili, che dovrebbero essere valorizzate e raccontate?

      Metterei in scena la collettività. Un’idea è fare un murales. Nel Medioevo le cattedrali erano piene di affreschi, e attraverso le immagini è stata insegnata la storia della chiesa. Userei la stessa tecnica, mostrando le immagini della resistenza anche delle donne etiope e somali. Servirebbe poi creare qualcosa che racconti anche le violenze subite nel quotidiano, perché non ci sono solo le bombe e i gas, ma anche i rapporti di potere. Mio padre ha vissuto il colonialismo e mi raccontava che prima dell’apartheid in Sudafrica c’era l’apartheid nelle città colonizzate, dove c’erano posti che non potevano essere frequentati dagli autoctoni. Racconterei queste storie sui muri delle nostre città e nelle periferie. È importante ricordare ciò che è stato fatto anche lì.

      https://www.fanpage.it/roma/igiaba-scego-scopriamo-i-simboli-della-storia-coloniale-a-roma-per-riempire-
      #histoire_coloniale #mémoire #symboles

      –---

      –-> sur la nouvelle toponymie de la station de métro:
      https://seenthis.net/messages/871345

    • Citations tirées du livre « #La_frontiera » de #Alessandro_Leogrande :

      «Dopo aver letto Roma negata, il libro di Igiaba Scego sui monumenti, le targhe, le lapidi e i palazzi della capitale che ricordano il colonialismo, sono andato a vedere l’#oblisco_di_Dogali. (...) Il libro è un viaggio nelle pieghe di Roma alla ricerca delle tracce del passato coloniale.
      (...)
      Il paradosso è che la rimozione del passato coloniale riguarda esattamente quelle aree che a un certo punto hanno cominciato a rovesciare i propri figli verso l’Occidente. Sono le nostre ex colonie uno dei principali ventri aperti dell’Africa contemporanea. I luoghi di partenza di molti viaggi della speranza sono stati un tempo cantati ed esaltati come suolo italiano, sulle cui zolle far sorgere l’alba di un nuovo impero»

      (pp.80-81)

      «In realtà il mausoleo [l’obelisco di Dogali], realizzato già nel giugno 1887 dall’architetto #Francesco_Azzurri, fu inizialmente collocato nella vicina piazza dei Cinquecento, l’enorme capolinea degli autobus che sorge davanti alla stazione Termini e si chiama così in onore dei caduti di #Dogali. Ma poi, nei primi anni del regime fascista, fu spostato qualche centinaio di metri in direzione nord-ovest, verso piazza della Repubblica. Ed è lì che è rimasto»

      (pp.82-82)

      https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/la-frontiera

    • Pour celles et ceux qui ne savent pas de quoi on parle : La Mimo, une militante de 36 ans qui participait à toutes les manifs à Santiago, au Chili (sous une forme particulièrement violente puisqu’elle était mime et déguisée en clown), a été arrêtée pendant l’État d’Urgence par la police chilienne, puis violée, torturée, assassinée, et finalement son cadavre pendu à une grille, dans la rue...

      Non, on n’est pas en 1973, mais bien en 2019, et c’est pour ça qu’ils ne lui ont pas coupé les doigts...

      Un article en espagnol :

      « La Mimo » : la artista que apareció colgada en medio de la represión en Chile
      El Patagonico, le 21 novembre 2019
      https://www.elpatagonico.com/la-mimo-la-artista-que-aparecio-colgada-medio-la-represion-chile-n5066721/amp

    • Je n’arrive pas à trouver d’informations précises. Les seules informations disant qu’elle a été torturée et violée venant du collectif « Ni una menos ». Quand quel jour son corps a-t-il été retrouvé ? (le dimanche 20 apparemment) De quand est la date de son décès d’après les médecins ? Par qui a-t-elle été auscultée (les médecins de l’état/police ? des médecins indépendants ?)

      À la fois on n’a pas envie d’y croire car c’est super horrible, à la fois on a envie d’y croire car ça prouve que le gouvernement et la police sont de nouveau comme la dictature, et que c’est des gros méchants et que nous on est du bon côté, mais dans tous ça, c’est bien d’avoir des précisions sur les infos quand même, autre que des circulations de réseaux sociaux (et comme j’ai plus beaucoup de vocabulaire espagnol, c’est compliqué de trouver pour l’instant).

    • La plupart des articles utilisent le conditionnel ; celui ci, daté du 21/11, ne l’utilise pas sur les faits : La Mimo a été retrouvée pendue, accrochée à une grille, le dimanche 20 octobre.

      Conmoción en Chile por artista violada, asesinada y colgada de una reja
      https://www.periodicoelprogreso.com/conmocion-en-chile-por-el-asesinato-de-daniela-carrasco/57019/2019

      Se trata de Daniela Carrasco. Culpan a las fuerzas policiales.

      La muerte de Daniela Carrasco, la artista callejera conocida como ‘La Mimo’, causa conmoción en Chile. El cuerpo de la mujer fue hallado colgando de una reja y acusan a las fuerzas policiales del país andino haberla secuestrado, violado y asesinado.

      El domingo 20 de octubre, ‘La Mimo’, de 36 años de edad, fue encontrada ahorcada, colgada de una reja en un paraje cercano al Parque André Jarlan. La zona queda en la comuna de Pedro Aguirre Cerda, en el sector sur de Santiago de Chile.

      En redes sociales circularon versiones que refieren que la última vez que Carrasco fue vista con vida había sido detenida por carabineros. Las dudas se acrecentaron con la difusión de un video, en el que un hombre encuentra colgado el cuerpo de una persona —presuntamente ‘La Mimo’— en la comuna de Pedro Aguirre Cerda.

      El Sindicato Nacional Interempresa de Actores y Actrices de Chile (Sidarte) exigió el esclarecimiento de las circunstancias de la muerte de la artista. “El Estado de Chile debe responder y transparentar la participación de fuerza policial en su muerte. Estamos consternados y exigimos justicia”, publicó el Sidarte en su cuenta de Twitter.

      Por su parte, el colectivo feminista #NiUnaMenos-Chile denunció en la misma red social que a Daniela Carrasco “la ultrajaron, torturaron y asesinaron”.

      El colectivo feminista reiteró la exigencia de investigar y esclarecer el “feminicidio” de ‘La Mimo’, que supuestamente ocurrió en medio del estado de emergencia y toque de queda decretados por el presidente Sebastián Piñera, tras las fuertes protestas en varias ciudades chilenas para exigir su renuncia.

    • Cet article, en date du 26/10/19, de La República péruvienne contient les mêmes informations factuelles sur la découverte du corps et du conditionnel pour les circonstances (viol par du «  personnel en uniforme  »…).

      Chile : hallan muerta a artista callejera y exigen investigar a policías
      https://larepublica.pe/mundo/2019/10/26/protestas-santiago-de-chile-crisis-en-chile-daniela-carrasco-la-mimo-que

      Algunas fuentes aseguran que Daniel Carrasco, conocida como ‘La Mimo’, fue abusada sexualmente por uniformados antes de ser ahorcada. Diversas agrupaciones exigen investigar su caso.
      […]
      A la fecha, 19 personas murieron por los enfrentamientos contra las autoridades. Dentro de esta lamentable cifra se encuentra Daniela Carrasco, una artista callejera de 36 años a quien conocían como ‘La Mimo’.

      El cadáver de la mujer fue encontrado colgado de una reja de la comunidad Pedro Aguirre Cerca, al sur de Santiago de Chile.

    • En italien

      "È stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre"denuncia il sindacato nazionale di attori e attrici del Cile, che in questi giorni ha chiesto il chiarimento delle circostanze della morte di Daniela Carrasco. "Lo Stato del Cile deve rispondere e rendere trasparente la partecipazione delle forze di polizia alla sua morte. Siamo sgomenti e chiediamo giustizia". Il corpo è stato scoperto lo scorso 20 ottobre appeso a una recinzione in un luogo vicino al parco André Jarlan, nel comune di Pedro Aguirre Cerda, nel settore meridionale di Santiago del Cile. Il corpo della ragazza appeso all’inferriata, filmato con un cellulare è ora finito in un video diventato virale. Dall’ufficio della Polizia hanno fatto sapere che si trattava di suicidio. Il rapporto ufficiale, infatti, ha negato tracce di violenza sessuale, di sevizie e ha attribuito la morte all’impiccagione, che sarebbe avvenuta per mano della stessa Daniela.

      continua su: https://www.fanpage.it/esteri/la-morte-di-daniela-carrasco-violata-torturata-ed-esposta-impiccata-come-un-
      http://www.fanpage.it

    • Émission du 27/10/19, la position officielle du procureur est que le décès est qualifié de suicide : elle serait morte asphyxiée, par elle-même, sans trace d’aucune autre agression (1:10-1:26)

      Investigan muerte de mujer encontrada ahorcada en sitio eriazo de Pedro Aguirre Cerda - La Red : La Red
      https://www.lared.cl/2019/programas/asi-somos/investigan-muerte-de-mujer-encontrada-ahorcada-en-sitio-eriazo-de-pedro-aguirr

      El domingo pasado Daniela Carrasco fue encontrada muerta.

      –---------------

      Version reprise aujourd’hui même 22/11/19 par El Dínamo, journal chilien :
      Le procureur a qualifié le décès de suicide, le rapport de la médecine légale indiquant la cause de décès asphyxie par pendaison, l’intervention de tiers étant exclue

      Crisis social : las 23 muertes que son investigadas por la fiscalía
      https://www.eldinamo.cl/nacional/2019/11/22/muertes-fiscalia-crisis-social-fallecidos-investigaciones

      Daniela Carrasco
      Otra de las investigaciones abiertas de la Fiscalía Metropolitana Sur tiene relación con la muerte de la artista callejera de 36 años, Daniela Carrasco, quien fue hallada sin vida colgando de una reja en un sitio eriazo en la comuna de Pedro Aguirre Cerda, cerca del Parque André Jarlan.

      El caso fue descubierto luego de que un hombre que pasaba por el lugar grabó un video de la situación, quien sospechaba que la joven había sido víctima de violencia policial, incluso se especuló que la artista había sufrido abuso sexual.

      Sin embargo, desde la fiscalía señalaron que el deceso de Carrasco está siendo indagado como suicidio, ya que el informe del SML determinó que la causa de muerte fue asfixia por ahorcamiento, descartando la participación de terceros en la muerte.

      On notera que la quasi totalité des cas de «  décès du fait de la crise sociale  » abordés dans l’article d’ El Dínamo résultent de causes extérieures à l’action des forces de maintien de l’ordre, genre : suicide dans le commissariat

    • #JusticiaparaElMimo: il mondo intero chiede la verità sulla manifestante torturata e uccisa in Cile

      Daniela Carrasco uccisa in Cile: i social si mobilitano per Mimo

      “Daniela è stata violentata, torturata e impiccata perché simbolo delle proteste in Cile”, denuncia il coordinatore di “Ni Una menos” e i social network si mobilitano per chiedere chiarezza sulla morte di Daniela Carrasco, la 36enne artista di strada e simbolo delle proteste in Cile, ritrovata impiccata domenica 20 ottobre.

      Un evento tragico risalente ormai ad un mese fa, di cui i media non hanno dato notizia fino alle scorse ore perché il 20 novembre è arrivata la perizia sul corpo della giovane donna ma la sua morte resta ancora avvolta nel mistero.

      L’hashtag #JusticiaparaElMimo fa il giro del mondo e il naso rosso di Mimo inonda le bacheche di centinaia di migliaia di persone che vogliono la verità sull’omicidio che scuote il Cile.

      “Quando l’odio diventa codardo se ne va mascherato in società e si fa chiamare ‘giustizia’”, recita una vignetta condivisa su Twitter e dedicata alla giovane uccisa durante gli scontri antigovernativi che da quattro settimane stanno martoriando il Cile.

      L’artista di strada 36enne è stata ritrovata morta impiccata. In un primo momento era stato ipotizzato il suicidio, ma altri dettagli stanno emergendo anche grazie alla mobilitazione dei cittadini e del web. Una reazione che non conosce confini e valica le frontiere del Cile: a chiedere chiarezza c’è anche l’associazione italiana Non una di meno.

      “La vergogna delle barbarie umane si ripeterà sempre tra l’indifferenza e la connivenza”, scrive qualche altro utente. E c’è chi parla perfino di “femminicidio di Stato”.

      A lanciare sospetti sulla sorte di Daniela Carrasco e sulle altre vittime di violenza in Cile sarebbero anche le parole del presidente Sebastian Piñera il quale ha confermato gli abusi sui manifestanti da parte delle forze dell’ordine. “C’è stato un eccessivo uso della forza, ci sono stati abusi e i diritti di tutti non sono stati rispettati”, ha detto in conferenza stampa Piñera.

      https://www.tpi.it/esteri/daniela-carrasco-mimo-cile-campagna-social-20191122502504

    • *Cile, è ancora avvolta nel mistero la morte di Mimo:

      “Torturata per aver preso parte alle proteste”*

      Daniela Carrasco è stata trovata impiccata ad un albero: la prima ipotesi era di suicidio. La donna, conosciuta come «El mimo», aveva preso parte alle proteste che stanno infiammando il Cile. Non si esclude che la sua morte sia dovuta a torture e violenze sessuali.

      Cile, Mimo è morta in strane circostanze dopo le proteste

      In Cile va avanti da quattro settimane una violenta guerriglia urbana in seguito alle proteste iniziate il 14 ottobre contro i costi del servizio pubblico. I cortei, iniziati nella capitale Santiago, hanno poi assunto la dimensione nazionale contro le politiche del Governo e il bilancio è di 22 morti e oltre 2000 feriti.

      Tra le morti verificatesi, spicca quella di Daniela Carrasco, donna di 36 anni, artista di strada conosciuta come “La Mimo”. Nella giornata di mercoledì 20 novembre è stato consegnato ai suoi genitori la perizia effettuata. Dopo la prima ipotesi del suicidio, si fa strada anche l’opzione di una morte “simbolica”, a seguito di torture e violenze sessuali, che servisse da monito alle donne cilene.

      Daniela Carrasco è stata ritrovata domenica 20 ottobre senza vita impiccata ad un albero nelle vicinanze del arco “André Jarlan”, nel comune di Pedro Aguirre Cerda.

      Inizialmente, i medici avevano ipotizzato un suicidio, e dalla perizia, che ha accertato la morte per soffocamento. Non risulterebbero dal rapporto della polizia scientifica violenze né torture, almeno secondo le fonti ufficiali e le dichiarazioni del procuratore.

      Tra chi chiede giustizia per la donna che aveva preso parte alle manifestazioni cilene infatti sta prendendo piede un’altra ricostruzione.

      Daniela Carrasco sarebbe stata infatti vittima di terribili torture e ripetute violenze sessuali, per erigerla a esempio per tutte le donne che stanno scendendo in piazza nell’ultimo mese per protestare contro il governo cileno. Sarebbero infatti molte le donne scomparse a seguito delle proteste.

      A sostenere questa ipotesi è il coordinatore di “Ni Una menos“, il corrispettivo cileno dell’organizzazione Non una di meno, che sui social network ha denunciato come Daniela sia stata “è stata violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita”. Accuse sostenute anche dalla rete di attrici cilene, secondo cui la 36enne “è stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre”.
      Il presidente Pinera ammette gli abusi

      Intanto, il presidente cileno Sebastian Pinera ammette i recenti abusi della polizia sui manifestanti: “C’è stato un eccessivo uso della forza, ci sono stati abusi e i diritti di tutti non sono stati rispettati”, ha detto nel corso di una conferenza stampa al palazzo presidenziale de La Moneda ha riconosciuto un eccesso di violenza da parte delle forze dell’ordine nella repressione delle proteste e dei disordini.

      Il presidente ha aggiunto, nel corso del suo discorso di domenica, che “né gli atti di inusitata violenza né gli abusi resteranno impuniti”, garantendo adeguata assistenza affinché “le procure e i tribunali possano indagare e fare giustizia”.

      Quella giustizia che ancora non è stata fatta per la morte di Mimo.

      https://www.tpi.it/esteri/cile-proteste-morte-mimo-daniela-carrasco-20191121501561

    • Comme ce serait formidable d’avoir la traduction Deepl (500€/an) qui respecte beaucoup mieux le féminin, les textes originaux, les noms d’associations … et les sauts de lignes, utilise un français correct ou un procuratore ne devient pas avocat par un tour de passe passe de traduction !

      par exemple Deepl traduit

      Pour étayer cette hypothèse, le coordinateur de « Ni Una menos », l’homologue chilien de l’organisation Non una di meno, a dénoncé sur les réseaux sociaux comment Daniela a été "violée, torturée, violée à nouveau au point de prendre sa vie. Accusations également soutenues par le réseau d’actrices chiliennes, selon lesquelles la jeune femme de 36 ans « a été enlevée par les forces militaires pendant les jours de la manifestation du 19 octobre ».

      tandis que GooG accumule les erreurs

      Pour soutenir cette hypothèse, le coordinateur de « Ni Una menos », correspondant chilien de l’organisation Pas de moins, qui sur les réseaux sociaux a dénoncé comment Daniela était « a été violée, torturée, encore violée au point de la renvoyer la vie ». Accusations également soutenues par le réseau d’actrices chiliennes, selon lequel le jeune homme âgé de 36 ans « a été kidnappé par les forces militaires à l’époque de la manifestation du 19 octobre ».

    • C’est un peu ce que je demandais dès le départ : qui a fait faire l’autopsie, la police, la famille ? Et du coup en fait ça fait une semaine ou plus que sur tous les réseaux sociaux, les gens partagent en chaine le fait qu’elle a été torturée et tuée et que c’est une martyre, et en fait sa famille elle-même dit qu’elle s’est suicidée ? (mais elle a très bien pu se suicider après s’être fait torturer et violer, ça non plus c’est pas impossible et pas clair ! sauf que qui a dit qu’elle s’est faite violée, est-ce que c’est l’autopsie demandée par la famille aussi ou d’autres gens sans preuves ? j’ai pas réussi à comprendre d’où venait cette première info !)

      Bref, faut continuer de chercher et recouper vraiment les infos…

    • Ce que l’on entrevoit dans la vidéo de la découverte de son corps, suspendu à une grille, ne milite pas vraiment pour un suicide.

      Pour le reste, la confiance qu’on peut accorder à la police et à la médecine légale dans ce contexte est toute relative.

      Et dans un contexte de répression violente, avec certainement des éléments durs dans les forces de répression, chercher une source fiable semble difficile, voire dangereux.

    • Je sais bien pour le contexte, mais ya quand même pas que les infos de la police qui arrivent non ? D’où ma question de savoir d’où venaient les infos concrètement, évidemment que si les seules infos viennent des médecins de la police il ne faut pas faire confiance ! Mais ça n’empêche que pour affirmer des choses il faut forcément se baser sur des faits, il faut que Ni una menos ait pu voir le corps, voir des marques, etc, pour affirmer ensuite des choses. Dans toutes les déclarations je ne vois aucune mention indiquant d’où sortent les informations alors qu’il pourrait y avoir des phrases du genre « Nous avons pu voir son corps et nous avons vu… » ou même « Des conaissances ont pu voir son corps… » mais non, ya aucune indication du tout.

      La déclaration officielle de l’association « Avocates féministes du Chili », qui bosse directement et bénévolement pour la famille de Daniela, c’est pas une information aussi fiable que le reste ? Elles indiquent que ça pourrait décrédibiliser le mouvement social de propager des infos sans sources. Mais après je ne connais pas les forces en présence, peut-être que c’est une association de bourgeoises hors du mouvement social et qu’il ne faut pas leur faire confiance. Je n’ai pas encore trouvé de réaction de Ni una menos à cette déclaration.

      https://twitter.com/Abofemcl/status/1197997836299833344

      DECLARACIÓN PÚBLICA SOBRE MUERTE DE DANIELA CARRASCO
      El 20 de octubre, en pleno estallido de la crisis que hasta hoy atraviesa nuestro país, el cuerpo sin vida de Daniela Carrasco (36 años), más conocida como “La Mimo” apareció en la comuna de Pedro Aguirre Cerda.

      En medio de la crispación de esos días, distintas declaraciones fueron emitidas por organizaciones y colectivos, indicando que había pruebas de ensañamiento, tortura y que el crimen había sido realizado por agentes del Estado.

      Apenas la noticia llegó a oídos de Abofem, nuestras socias se pusieron en contacto con la familia y hoy llevan el caso de manera pro bono.

      Es por eso que, a pesar de que nunca nos referimos a los casos que llevamos, nos vemos en la necesidad de exigirle a la ciudadanía y también a los medios de comunicación que no sigan compartiendo información sin fuentes verificadas.

      Desde Abofem instamos a respetar tanto la memoria de Daniela como a su familia, quienes en incontables ocasiones han pedido cautela y trato digno en su duelo.

      Lamentablemente, día tras día seguimos viendo noticias falsas en medios de comunicación nacionales e internacionales, lo que nos parece del todo condenable, sobre todo teniendo en cuenta nuestro actual contexto.

      Además, nos hemos visto en la necesidad de salir a apoyar a la familia, quienes han sufrido el constante asedio por parte de periodistas y curiosos, lo que se suma a nuestra labor de solicitar y verificar que por parte del Ministerio Público...

      se realicen todas las diligencias investigativas pertinentes y conducentes para descartar cualquier participación de un tercero en este lamentable hecho, con la mayor diligencia.

      Queremos recordarles que la investigación para esclarecer las circunstancias de la muerte de Daniela sigue en curso y que los antecedentes que hasta ahora se manejan indican que habría dejado una carta explicando las razones de un eventual suicidio y que no se hallaron signos evidentes o patentes de tortura o agresión sexual. Indicamos lo anterior, sin perjuicio de que los informes médicos forenses puedan indicar algo distinto más adelante.

      También queremos aclarar, a pedido de la familia de Daniela, que no han solicitado dinero por redes sociales ni están vendiendo objetos con su imagen. Cualquiera de esas situaciones, no va en beneficio de la familia y constituye un aprovechamiento que solo profundiza su dolor

      Instamos a la ciudadanía, a las organizaciones y a los medios de comunicación a elevar los estándares éticos y profesionales para no vulnerar la memoria de Daniela ni a su familia, ni tampoco deslegitimar el movimiento social con noticias falsas sin fuentes verificables.

      De todos y cada uno de nosotr@s depende darle un trato digno a cada caso que aparezca durante estos tiempos.
      Fin.

  • #Decreto_salvini, liste de villes dans lesquelles les #associations et les #citoyens descendent en masse pour dire NON au decrét. Mais aussi résistance des institutions ecclésiastiques et judiciaires, etc. :

    #Lecce
    #Oulx
    – Lucca (les paroisses)

    #résistance #associations #citoyens #asile #migrations #réfugiés #Italie

    Et une #carte, que je vais essayer de mettre à jour régulièrement :


    http://u.osmfr.org/m/279671
    En rouge : les maires qui disent NON
    En orange : des oppositions citoyennes et de la société civile
    #cartographie #visualisation

    A voir aussi, la métaliste :
    https://seenthis.net/messages/739545

  • La sindaca di #Lodi non torna indietro: «Il regolamento resta in vigore». Nuovo caso in Veneto

    Per ottenere il contributo regionale sull’acquisto di testi scolastici in Veneto, i cittadini non comunitari devono presentare, oltre alla certificazione Isee, un certificato sul possesso di immobili o percezione di redditi all’estero rilasciato dalle autorità del Paese di provenienza.

    È quanto si legge nelle «istruzioni per il richiedente» rilasciate a settembre sul sito internet della Regione. Nei giorni scorsi, era scoppiata la polemica su un caso simile a Lodi, dove il Comune ha chiesto un documento aggiuntivo a chi non è italiano per ottenere le agevolazioni sulla mensa scolastica.

    La norma non è però presente né nella delibera di Giunta né nel bando per la concessione di contributi, ma soltanto nelle «istruzioni per il richiedente» rilasciate a settembre sul sito internet per la compilazione della richiesta. A renderlo noto, in un’interrogazione alla Giunta regionale, è il Gruppo del Partito democratico, che chiede una proroga per il termine di presentazione delle domande, che è stata fissata a mezzogiorno di oggi. «La Giunta - afferma l’interrogazione che ha come primi firmatari i consiglieri Francesca Zottis e Claudio Sinigaglia - faccia chiarezza sui contributi per il buono libri: la documentazione richiesta ai cittadini non comunitari sta provocando ritardi e disagi».

    La certificazione richiesta ai cittadini extra Ue è «un passaggio obbligatorio - spiegano Zottis e Sinigaglia - che compare solo nelle istruzioni delle procedure web per la validazione delle domande alla Regione. Tuttavia la documentazione non serve in presenza di un’apposita convenzione tra l’Italia e lo stato di provenienza: bastano delle semplici dichiarazioni sostitutive. Ma le amministrazioni locali neanche sanno quali sono i Paesi con cui sono stati firmati questi accordi, oltre ad aver scoperto in ritardo la necessità di un ulteriore passaggio in quanto non c’era alcuna traccia nel bando. Non si può scaricare ulteriori incombenze e responsabilità sui Comuni. Senza considerare che si rischia di tagliar fuori dai contributi una buona fetta di cittadini non comunitari che invece avrebbe bisogno di un sostegno».

    La replica della Regione Veneto rispetto alla vicenda, sottolinea che la necessità di un certificato ai cittadini non comunitari per usufruire dei buoni per l’acquisto di libri ricalca quanto stabilito dalla normativa statale. Si sarebbe trattato, quindi, dell’applicazione in ambito regionale del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 tutt’ora vigente.

    La norma regola l’utilizzo degli istituti della autocertificazione di fatti, stati e qualità personali relativamente ai soli cittadini non comunitari, appartenenti a Paesi che non hanno sottoscritto con lo Stato Italiano convenzioni internazionali. In ambito regionale la materia è regolata dalla legge 7 febbraio 2018 n. 2 «Disposizioni in materia di documentazione amministrativa» ai sensi dell’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa» e dell’articolo 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 «Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero».

    Intanto, sul «caso Lodi», è intervenuto Matteo Salvini, attraverso una dichiarazione postata sul suo profilo Facebook: «Basta coi furbetti, se c’è gente che al suo Paese ha case, terreni e soldi, perché dovremmo dare loro dei servizi gratis, mentre gli Italiani pagano tutto?».

    E, dopo le polemiche, arriva la replica della sindaca di Lodi, che non arretra. «Certamente il Regolamento rimane in vigore, la Legge deve sempre valere per tutti - si legge in una nota - dispiace che non tutti condividano il principio di equità che sta alla base di questa delibera, che vuole mettere italiani e stranieri nella stessa condizione di partenza per dimostrare redditi e beni posseduti, né il successivo impegno preso dall’Amministrazione nei confronti dei cittadini che sono nell’oggettiva impossibilità di presentare la documentazione richiesta».

    https://www.huffingtonpost.it/2018/10/15/bimbi-stranieri-esclusi-da-buoni-libro-senza-certificato-ad-hoc-nuovo

    #enfants #enfance #école #discriminations #migrations #Italie #mensa #manuels_scolaires #xénophobie #racisme #cantine_scolaire

    • Lodi, l’affondo di Fico: «Chiedere scusa ai bimbi e riammetterli a #mensa»

      Dopo la rivolta contro l’esclusione dei bimbi stranieri l’inversione di rotta del governo. Salvini: «Se i genitori non possono portare i documenti, varrà la buona fede». E Di Maio: «I bambini non si toccano, Bussetti troverà soluzione». Ma la sindaca resiste: «Il regolamento resta in vigore»

      https://www.repubblica.it/cronaca/2018/10/15/news/lodi_dietrofront_del_governo_ai_bimbi_stranieri_bastera_l_autocertificazi

    • Lodi: sospendere la delibera comunale sulle modalità di accesso alle prestazioni sociali agevolate

      Lodi: Amnesty International Lombardia chiede la sospensione della delibera comunale sulle modalità di accesso alle prestazioni sociali agevolate

      Amnesty International Lombardia ha espresso preoccupazione per la delibera approvata dal comune di Lodi, che prevede che ai fini dell’accoglimento della domanda per ottenere le agevolazioni vengano considerati – per i cittadini stranieri – anche i redditi e i beni posseduti all’estero e non dichiarati in Italia.

      Ai fini di tale certificazione, anche in assenza di beni o redditi, è necessario produrre una certificazione rilasciata dalla competente autorità dello stato estero (ambasciata o consolato), corredata da traduzione legalizzata dall’autorità consolare italiana che ne attesti la conformità.

      In una lettera inviata alla sindaca di Lodi, Sara Casanova, il responsabile di Amnesty International Lombardia, Simone Rizza, ha dichiarato che “in conseguenza di tale disposizione, in molti casi si ha l’impossibilità di attestare una situazione patrimoniale di difficoltà, a carico di una considerevole fascia di popolazione debole e sulla base di un criterio inequivocabilmente discriminatorio (…). Gli effetti sono di particolare rilevanza se visti in relazione al servizio di mensa e di trasporto pubblico per i bambini delle famiglie colpite dal provvedimento, il cui diritto allo studio e ad una positiva integrazione con i compagni pari-età rischiano di essere seriamente compromessi“.

      Amnesty International Lombardia ha dunque chiesto alla sindaca di sospendere questa misura al più presto, individuando in via alternativa criteri diversi e comunque non discriminatori.

      https://www.amnesty.it/lodi-amnesty-international-lombardia-chiede-la-sospensione-della-delibera-co

    • Veneto, bimbi stranieri non hanno sconti sui libri senza certificati dei Paesi d’origine

      Nuovo ‘caso Lodi’: i bimbi stranieri vengono discriminati in Veneto: senza certificazioni dei Paesi d’origine che attestino la condizione economica della famiglia non possono ottenere agevolazioni sui libri scolastici. Assessore del comune di Padova: “Lo faccia la Regione la verifica visto che si tratta di una disposizione regionale anche perché ad oggi non c’è un elenco dei Paesi che aderiscono alle convenzioni quindi tecnicamente è una norma inapplicabile e per questo discriminatoria”

      https://www.fanpage.it/veneto-bimbi-stranieri-non-hanno-sconti-sui-libri-senza-certificati-dei-paes

    • Mensa ai bimbi migranti, il dem Guerini: «Non cancellate l’umanità della mia Lodi»

      Sindaco per otto anni, ora a capo del Copasir. Il deputato dem parla del caso-mense scolastiche: «L’immagine che si sta dando non ha nulla a che fare con la nostra comunità che si è sempre caratterizzata per l’impegno verso gli altri»


      https://www.repubblica.it/politica/2018/10/17/news/lodi_l_ex_sindaco_guerini_ora_capo_del_copasir_nostra_citta_sempre_stata_accogliente_-209132976/?ref=twhs&timestamp=1539771237000&refresh_ce

    • Italy’s Salvini forced into U-turn over school lunches for immigrant children

      Far-right minister forced to drop support for edict that effectively excluded children from school canteens

      Italy’s far-right interior minister, Matteo Salvini, has been forced to drop his support for a controversial policy in a northern city that led to the children of immigrants paying more for school lunches than their Italian counterparts.

      The minister came under pressure after a crowdfunding appeal raised €60,000 (£46,000) within a few days to fund school lunches for the children of mainly African migrants in protest against a resolution passed by Sara Casanova, the mayor from Salvini’s League party in the Lombardy city of Lodi, that in effect forced them to eat separately.
      The edict had obliged parents to declare their assets, in Italy and their countries of origin – a difficult if not impossible request for those coming from African countries – in order to qualify for the standard cost of meals.

      Failing to provide the asset details meant they had to pay the highest rate of €5 per child, and with migrants constituting the poorest people in the city, many could not afford to do so. Families were also required to pay €210 per child each quarter for the school bus.

      The resolution, first reported by the Piazza Pulita television programme, meant that for two weeks, more than 300 children were in effect excluded from school canteens across the city and forced to dine at home.

      Activists and leftwing politicians attacked the resolution, with a senator from the centre-left Democratic party, Simona Malpezzi, describing it as “apartheid”.

      Italy’s children’s commissioner, Filomena Albano, urged the city’s council to rethink the policy, telling La Repubblica: “It’s unthinkable to force young children to eat alone, cut off from their classmates, because their parents cannot pay.”

      The aid group Coordination of Equal Duties launched a crowdfunding campaign across Italy that raised €60,000 to ensure school lunches and bus rides for children affected by the resolution.

      Amid the outcry, Salvini relinquished his support for the move, writing on Facebook that “a self-certification of assets” would be enough to guarantee school meals for the children of foreigners.

      He also came under pressure from his government coalition partner, Luigi Di Maio, the leader of the populist Five Star Movement, who praised Italians’ generosity and said “no child should be harmed”.

      In spite of the pressures from the government and the protesters, Casanova has insisted she will not go back on her decision. Although she is likely to accept the self-certification, the resolution will not be dismissed, she told reporters.

      The former prime minister Matteo Renzi described the resolution as a “national disgrace”.

      ‘‘Seeing children discriminated against in the school canteen for economic reasons hurts the heart,” he wrote on Twitter. “Politics based on hate and fear generates monsters.”


      https://amp.theguardian.com/world/2018/oct/15/italys-salvini-forced-into-u-turn-over-school-lunches-for-immigrant

    • Italy’s Tough Line on Immigrants Reaches a School Cafeteria

      At the beginning of the school year, as most of the elementary students chatted over warm plates of pasta in the cafeteria, about a dozen immigrant children unwrapped sandwiches around three tables in a spare classroom with slanted purple blinds, drab office furniture and a form reading, “Students who bring lunch from home.”

      “I wanted to go back to the cafeteria,” said Khadiga Gomaa, a 10-year-old Egyptian girl.

      Khadiga and the others did not belong to an Italian breakfast club of poorly behaved students. They were segregated from the rest of the pupils at Lodi’s Archinti school because they had lost their daily lunch subsidy.

      And that was because they failed to meet a new, and critics say punitive, requirement introduced by the town’s mayor, a member of the governing and anti-immigrant League party.

      In addition to the usual documentation needed for lunch and bus subsidies, the mayor now requires foreigners to prove that they do not possess property, bank accounts or other revenue streams in their countries of origin.

      Without that proof, children cannot get subsidized lunch and instead have to pay five euros a day, which many parents say they cannot afford. But in Lodi’s schools, as in much of Italy, children cannot bring outside food into the cafeteria.

      That meant students who hadn’t paid or received subsidies had to go home for lunch. To avoid burdening parents, the school’s principal allowed the children to bring sandwiches from home and eat them in a separate room.

      Reports of segregation in Lodi — and the violation of the sacred Italian ritual of lunching together — struck an Italian heartstring.

      After a national outcry, Italians raised 80,000 euros to pay for the lunches and school buses of about 200 immigrant children, many of them born and raised in Italy, through December. And many hailed the haul as a first sign of resistance to the League, and to Matteo Salvini, its national leader and Italy’s powerful vice premier, who has cracked down on immigration, hardened opposition to birthright citizenship and spoken harshly about migrants.

      But here in Lodi, a town in the fertile Po River Valley, with a handsome piazza paved with cobbled gray river stones and adorned with a medieval cathedral and neoclassical facades, many locals took another view.

      On Tuesday morning, as the committee that had raised money for the children held a rally in a small piazza directly under the mayor’s offices, Adriana Bonvicini, 60, bought gladioli in the piazza’s flower shop.

      “They are exploiting their children and people’s feelings to get what they want,” she said, gesturing at the square, filled with women in hijabs and flowing African dresses.

      “They are trying to cast us as heartless,” she continued. “They are the cruel ones. It’s a question of justice. They all have five kids each and want a free ride. Remember what Erdogan said.”

      This was a reference to President Recep Tayyip Erdogan of Turkey, who has urged Turkish people living in Europe to “have not just three but five children.” She quoted him, loosely: “We will take over Europe through our women’s bellies.”

      The women around Ms. Bonvicini agreed.

      They argued that it wasn’t so hard for foreigners to get proof from their embassies and that foreigners took advantage of the town’s largess and then complained about it.

      They sounded, in short, like the people who voted for the League in the town and all over the country.

      “Let them govern,” Ms. Bonvicini said, referring to the government.

      But Lodi mothers from Tunisia and Egypt said that they returned home to get the documents and that none existed. A mother from Nigeria said her husband went to the embassy in Rome and submitted the requisite documentation to the city, but had yet to hear back and was struggling to pay the full freight for her child.

      The mayor, Sara Casanova, had the backing of Mr. Salvini (“SHE’S RIGHT!!!” he wrote on Twitter). On Tuesday she was nowhere to be seen.

      She declined an interview request, but told La Verità, a newspaper preferred by the government, that she didn’t require the documentation from people from war-torn nations, and that “we’re not racist and there’s no apartheid here.”

      On Tuesday, the committee’s organizers hung signs showing children with their noses pressed up against a cafeteria window.

      Another sign showed a boy with his hands in the air saying: “Fascism is back. History didn’t teach you anything!!”

      That sign was directed to Lodi’s mayor, whose door they knocked on every two hours with chants of “Open up.” But it could have been a message to the national government.

      Tuesday was also the 75th anniversary of the deportation of Roman Jews to Nazi death camps, but the prime minister’s office wrote that it was the 80th anniversary, and the president of the country’s national broadcaster, who was chosen by Mr. Salvini, wrote of “the celebration of the 65th anniversary.”

      Northern regions controlled by the League have also required immigrants to prove their financial status through the same bureaucratic requirement used in Lodi when trying to get low-cost public housing and subsidies to buy school textbooks. For the demonstrators in Lodi, the town, a famous battlefield for Napoleon, was now a front against the government’s creeping racism and resurgent fascism.

      “I’m sorry for Italy if they think this is equality,” said Imen Mbarek, 30, who said she returned to Tunisia to get the right papers but that they simply didn’t exist. She is now paying full price for school lunch; last year, she said, she paid 1.65 euros a day.

      Hayat Laoulaoi, 35, a Moroccan housewife with a blue headdress and pink cellphone cover, had four children, all but one born in Italy. She said she was unable to secure the required documentation or afford the full freight.

      o she made her son Soufiane, 9, tuna sandwiches that he ate in the separate room.

      She said that after losing the bus subsidy, she walked with him six kilometers to school and that when they saw a bus drive by on the street he asked, “‘There’s a school bus, why can’t we go on it?’”

      As she spoke, her son played quietly with a Transformer toy and said he missed his friend Rayen, a Tunisian boy who still eats in the cafeteria.

      The majority of the students in his school, as high as 80 percent according to school officials, are considered foreigners, even though many of them were born and raised in Italy.

      Eugenio Merli, the principal of the Archinti school — which is named for Ettore Archinti, a former Lodi mayor sent by fascists to die in a Nazi concentration camp — defended his decision to put the children in a separate classroom to eat.

      “Eating in the classroom created a type of separation, but it was a way to help the parents,” he said, adding that he worried that if the children were forced home for lunch, they might not come back.

      This month, he strong-armed the cafeteria’s caterers into letting the students back into the cafeteria, where they ate their sandwiches at separate tables.

      “The kids have a right to be with their friends, not to be segregated,” he said. “They aren’t just going to school to learn. They are also learning how to live together.”

      Outside the school, he greeted Khadiga Gomaa, who was in high spirits. She said she had eaten her first hot lunch with her friends since school started.

      “I had penne pasta, cod and salad,” she said. “It was good.”


      https://www.nytimes.com/2018/10/22/world/europe/italy-schools-league.html

    • Il giudice blocca un sindaco della Lega: delibera discriminatoria contro gli immigrati

      Come a Lodi anche a #Vigevano il comune chiedeva agli stranieri documentazione introvabile per poter avere agevolazioni.

      La delibera del 2017 emessa dal sindaco #Andrea_Sala Comune di Vigevano (Pavia) in cui si disponeva che l’accesso agli stranieri a «prestazioni sociali agevolate» non era subordinato al solo modello Isee (come accade per i cittadini italiani), ma anche all’esibizione di «certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, legalizzati dalle autorità consolari italiane e corredati di traduzione in lingua italiana» è stata giudicata discriminatoria dal Tribunale di Milano, che ha accolto le richieste delle associazioni Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), Naga e Anolf-Cisl, assistite dagli avvocati Alberto Guariso, Giulia Vicini e Silvia Balestro. Le associazioni, dopo aver ricordato che la decisione del giudice Francesca Capelli è in linea con quella sul noto caso delle mense di Lodi, spiegano che il Tribunale col provvedimento «conferma che le amministrazioni comunali non possono richiedere agli stranieri documenti aggiuntivi rispetto all’Isee».
      Lo scorso dicembre, infatti, il Tribunale di Milano aveva accertato la «condotta discriminatoria del Comune di Lodi» sul caso del servizio mensa dal quale sono stati esclusi di fatto i bambini stranieri e aveva ordinato di «modificare il ’Regolamento per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate’ in modo da consentire ai cittadini non appartenenti all’Unione Europea di presentare la domanda di accesso» alle stesse condizioni degli italiani.
      Anche nel caso di Vigevano, ora, il giudice della Sezione lavoro del Tribunale milanese ha ordinato al Comune «di cessare il comportamento discriminatorio e pertanto di revocare o modificare la delibera di Giunta comunale» in modo «da consentire ai cittadini di paesi extra Ue di accedere a prestazioni sociali agevolate, mediante presentazione dell’Isee alle medesime condizioni previste per i cittadini italiani».
      Per il giudice, infatti, «non esistano principi ricavabili da norme di rango primario che consentano al Comune di introdurre, diverse modalità di accesso alle prestazioni sociali agevolate, con particolare riferimento alla previsione di specifiche e più gravose procedure poste a carico dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea».
      Purtroppo, spiegano i legali delle associazioni, «nei ben tre anni di vigenza della delibera di Vigevano, molti cittadini stranieri che non potevano procurarsi i documenti illegittimamente richiesti dal Comune, sono stati obbligati a pagare importi molto superiori a quello che avrebbero dovuto versare sulla base dell’Isee presentato per accedere a servizi comunali come mensa o trasporto scolastico».
      Molti di loro, chiariscono gli avvocati, «si sono visti negare addirittura le prestazioni statali che passano attraverso il vaglio del Comune. Tra le altre l’assegno di maternità di base»

      https://www.globalist.it/news/2019/04/01/il-giudice-blocca-un-sindaco-della-lega-delibera-discriminatoria-contro-gl
      #justice #assistance_sociale

  • Il decreto immigrazione cancellerà lo Sprar, «sistema modello» di accoglienza

    Le scelte del governo: stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Permessi umanitari cancellati. Hotspot chiusi per 30 giorni anche i richiedenti asilo.

    Permessi umanitari cancellati. Stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Possibilità di chiudere negli hotspot per 30 giorni anche i richiedenti asilo. Trattenimento massimo nei centri prolungato da 90 a 180 giorni. E poi addio alla rete Sprar. I 17 articoli e 4 capi dell’ultima bozza del decreto migranti, che il governo si prepara a varare, promettono di ridisegnare il volto del «pianeta immigrazione». Soprattutto sul fronte accoglienza, abrogando di fatto un modello, quello dello Sprar, che coinvolge oggi oltre 400 comuni ed è considerato un modello in Europa.

    A denunciarlo è l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni, destinato in caso di attuazione a produrre enormi conseguenze negative in tutta Italia, tanto nelle grandi città che nei piccoli centri, al Nord come al Sud».

    Ventitremila migranti accolti. «Lo Sprar - spiega a Repubblica Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi - è un sistema di accoglienza e protezione sia dei richiedenti asilo che dei titolari di protezione internazionale e umanitaria nato nel lontano 2002 con le modifiche al testo unico immigrazione della cosiddetta Bossi-Fini. Nei sedici anni della sua esistenza lo Sprar si è enormemente rafforzato passando da alcune decine di comuni coinvolti e meno di duemila posti di accoglienza nel 2002, ai circa ventitremila posti attuali con coinvolgimento di oltre 400 comuni».

    Un modello in Europa. «In ragione dei suoi successi nel gestire l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in modo ordinato con capacità di coinvolgimento dei territori, lo Sprar è sempre stato considerato da tutti i governi di qualunque colore politico il fiore all’occhiello del sistema italiano, da presentare in Europa in tutti gli incontri istituzionali, anche per attenuare agli occhi degli interlocutori, le gravi carenze generali dell’Italia nella gestione dei migranti».

    Il ruolo centrale dei comuni. «Il presupposto giuridico su cui si fonda lo Sprar è tanto chiaro quanto aderente al nostro impianto costituzionale: nella gestione degli arrivi e dell’accoglienza dei migranti allo Stato spettano gli aspetti che richiedono una gestione unitaria (salvataggio, arrivi e prima accoglienza, piano di distribuzione, definizione di standard uniformi), ma una volta che il migrante ha formalizzato la sua domanda di asilo la gestione effettiva dei servizi di accoglienza, protezione sociale, orientamento legale e integrazione non spetta più allo Stato, che non ha le competenze e l’articolazione amministrativa per farlo in modo adeguato, ma va assicurata (con finanziamenti statali) dalle amministrazioni locali, alle quali spettano in generale tutte le funzioni amministrative in materia di servizi socio-assistenziali nei confronti tanto della popolazione italiana che di quella straniera».
    Il business dei grandi centri. «Lo Sprar (gestito oggi da Comuni di centrosinistra come di centrodestra) ha assicurato ovunque una gestione dell’accoglienza concertata con i territori, con numeri contenuti e assenza di grandi concentrazioni, secondo il principio dell’accoglienza diffusa, di buona qualità e orientata ad inserire quanto prima il richiedente asilo nel tessuto sociale. Inoltre lo Sprar ha assicurato un ferreo controllo della spesa pubblica grazie a una struttura amministrativa centrale di coordinamento e all’applicazione del principio della rendicontazione in base alla quale non sono ammessi margini di guadagno per gli enti (associazioni e cooperative) che gestiscono i servizi loro affidati. Invece, da oltre un decennio, il parallelo sistema di accoglienza a diretta gestione statale-prefettizia, salvo isolati casi virtuosi, sprofonda nel caos producendo un’accoglienza di bassa o persino bassissima qualità con costi elevati, scarsi controlli e profonde infiltrazioni della malavita organizzata che ha ben fiutato il potenziale business rappresentato dalla gestione delle grandi strutture (come caserme dismesse, ex aeroporti militari) al riparo dai fastidiosi controlli sulla spesa e sulla qualità presenti nello Sprar».

    La fine dello Sprar. «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni. Che ne sarà di quelle piccole e funzionanti strutture di accoglienza già esistenti e delle migliaia di operatori sociali, quasi tutti giovani, che con professionalità, lavorano nello Sprar? Qualcuno potrebbe furbescamente sostenere che in fondo lo Sprar non verrebbe interamente abrogato ma trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei richiedenti asilo i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi. È una spiegazione falsa, che omette di dire che proprio la sua caratteristica di sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro un’unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo Sprar un sistema efficiente e razionale. Senza questa unità non rimane più nulla».

    https://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2018/09/21/news/migrazioni-206997314/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S2.4-T1
    #sprar (fin de -) #réfugiés #accueil #migrations #asile #Italie #hébergement #hotspot #décret #détention_administrative #rétention #protection_humanitaire #politique_d'asile #hotspots #it_has_begun #decreto_Salvini

    via @isskein

    • Publié sur la page FB de Filippo Furri :

      « Mi permetto di riprendere il commento della splendida Rosanna Marcato che è stata uno degli attori fondamentali di un percorso di sviluppo e crescita di un modello di accoglienza innovativo, che è alle fondamenta del mio lungo lavoro di ricerca sulla nozione di CITTà RIFUGIO : le città, le comunità locali, dove può realizzarsi la solidarietà concreta e reciproca, sono e devono rimanere luoghi di resistenza ai poteri fascisti che si diffondono dovunque, alla paranoia identitaria costruita a tavolino e iniettata nei cervelli e negli spiriti di spettatori impauriti e paranoici. lo SPRAR nasceva da forme di azione sperimentale «dal basso» e solidale (antifascista, antirazzista), che i governi autoritari e fascisti detestano e combattono.

      «L 11 settembre 2001 Venezia tra le prime città italiane ha dato il via ad un sistema di accoglienza (pna) che si è poi trasformato nello SPRAR. Era il frutto di esperienze di accoglienza, di saperi professionali e della volontà di costruire un sistema di accoglienza territoriale stabile e moderno. Un servizio sociale a tutti gli effetti con regole certe e rendicontazioni esatte e controllabili. Molte delle regole, degli strumenti e delle metodologie di lavoro che ancora funzionano furono elaborati da questa città e dal servizio che dirigevo. 27 anni di lavoro buttati nel cesso. Siate maledetti voi e anche quelli di prima che ci hanno ficcato in questa situazione di merda»

    • Immigrazione, Andrea Maestri: “Nel decreto Salvini tradisce il contratto di governo”

      Andrea Maestri critica il decreto Immigrazione: “Fino a oggi lo Sprar rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse. Chi adesso non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio. E quindi finirà nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono tutti privati”.

      Dopo aver licenziato l’atteso Dl Immigrazione, il ministro degli Interni Matteo Salvini, a proposito del futuro degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e del ridimensionamento di questi centri in favore dei Cas, ha dichiarato: «Il rischio è inesistente, anche qui viene messo ordine in un sistema. Da quando sono ministro abbiamo ridotto di circa 20 mila unità le presenze in tutti questi tipi di strutture. Coloro che sono nel giusto come amministratori locali e come profughi non hanno nulla a che temere da questo provvedimento». In conferenza stampa il ministro degli Interni ha spiegato che il sistema Sprar continua a sopravvivere «limitatamente ai casi di protezione internazionale e dei minori non accompagnati». Ma stanno davvero così le cose? Ne abbiamo parlato con Andrea Maestri, della segreteria nazionale di Possibile.

      Nel contratto di governo si parlava di una diminuzione della capacità d’azione dei privati nella gestione dell’accoglienza. Con questo decreto la promessa non è stata mantenuta.

      Assolutamente no. Credo che qualunque osservatore attento non possa che gridare allo scandalo per questo gravissimo inadempimento, nei confronti soprattutto dei cittadini che hanno creduto nella buona fede di chi ha firmato il contratto di governo. Secondo quel contratto sembrava si volesse puntare sul modello pubblico e diffuso. E’ in corso al contrario una privatizzazione hard del sistema dell’accoglienza. Fino a oggi lo Sprar, anche se in modo minoritario, coinvolgendo gli enti locali, rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse, che venivano rendicontate. Nel momento in cui diventa uno strumento ulteriormente residuale, perché si rivolge solo a coloro che hanno già ottenuto la protezione internazionale – si parla appunto solo dei ‘titolari’, non più di richiedenti asilo che hanno fatto domanda – comincia a riguardare solo un numero ridotto di persone. Ma chi non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio, e quindi bisognerà trovargli un’altra collocazione: cioè nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono appunto tutti privati, gestiti dalle prefetture, ognuna con modalità diverse di scelta del contraente, con modalità di rendicontazione a macchia di leopardo.

      Ma Salvini sostiene l’opposto, cioè che questo rischio è inesistente.

      Se avesse ragione Salvini aumenterebbe il numero di persone che vivono per strada in una condizione di fragilità sociale umana ed esistenziale: se questi migranti non vengono accolti dai Comuni all’interno degli Sprar, se non se ne occupano le prefetture attarverso gli appaltatori privati all’interno dei Cas, vorrà dire che saranno in giro. Sono persone prive di documenti, che non possono fare contratti regolari di locazione, e nemmeno condividere contratti di locazione con altri. E questo sì che farà aumentare l’irregolarità e la criminalità organizzata e disorganizzata. Con un’unica conseguenza: aumenterà la percezione di insicurezza diffusa.

      Nel testo definitivo, all’articolo 2 è confermata la norma sugli appalti per i lavori nei centri, che possono essere affidati senza previa pubblicazione del bando di gara. E’ in linea con la Costituzione?

      C’è questa norma, ma con alcuni ritocchi. In pratica la procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando pubblico, può essere fatta per gli appalti sotto soglia comunitaria. Ma se si considera che la soglia comunitaria per lavori, dal primo gennaio 2018 è di circa 5 milioni e mezzo di euro, è evidente che con quella somma più che un Cas si può fare un vero e proprio carcere. Sono importi molto elevati che consentono al governo di fare procedure negoziate, limitando il confronto concorrenziale solo a 5 ditte scelte discrezionalmente dall’amministrazione. Qui c’è una lesione del principio di trasparenza e di concorrenza. Poi hanno scritto che verranno rispettati alcuni criteri, come quello di rotazione, però la sostanza rimane. L’articolo 63 del codice degli Appalti dovrebbe essere limitato a casi del tutto eccezionali: ad esempio una data amministrazione può avere l’interesse a trattare con un determinato soggetto se vuole commissionargli un’opera d’arte per una piazza pubblica; oppure sono previsti casi straordinari d’urgenza, in cui è ammissibile una deroga del genere. Ma non siamo in nessuno di questi due campi. Il governo per i prossimi tre anni sta stabilendo una procedura in deroga alle norme dell’evidenza pubblica. E’ piuttosto grave che si apra una parentesi del genere per un lasso così lungo di tempo. La prima bozza che era circolata negli ambienti dell’Anci, era spudorata, un colpo allo stomaco. Poi ci sarà stato un intervento da parte forse degli uffici ministeriali di Palazzo Chigi, o da parte dello stesso Presidente della Repubblica, che probabilmente hanno limitato un po’ il danno. Ma rimane uno degli aspetti più discutibili e negativi dell’intero provvedimento, perché è proprio uno di quegli ambiti su cui Salvini ha fatto sempre propaganda, contestando il modello del Cara di Mineo. Qui si sta dicendo che il ministero sta prospettando appalti senza evidenza publica. E la Corte Costituzionale se sarà chiamata a intervenire non mancherà di censurare quest’aspetto.

      Dal momento che il testo prevede il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Cpr, da 90 a 180 giorni, vuol dire che ne serviranno di più? Qual è la ratio?

      E’ tutto collegato, c’è una coerenza, negativa ovviamente. Nel momento in cui tu trasformi lo Sprar, e lo snaturi, visto che non si tratta più di un sistema di accoglienza per i richiedenti asilo, ma solo per i rifugiati, avremo sempre più persone disperse nel territorio, o nei Cas. E quindi viene privilegiata una gestione emergenziale. Questo farà aumentare il numero delle persone espulse dal sistema, ma non dal territorio. Ci saranno sempre più persone irregolari, e quindi una maggiore necessità di Cpr. Quelli attuali sicuramente non basteranno, quindi se ne dovranno fare degli altri. Per alimentare la narrazione emergenziale si dirà che bisogna fare in fretta, e da qui proviene il vincolo dei tre anni per la deroga per i bandi di gara per le imprese. Quando costruiranno un nuovo centro sarà a quel punto interessante vedere quali aziende verranno chiamate a concorrere, e con quali criteri. Questa è l’economia dell’emergenza, che si deve autoalimentare non solo nella propaganda, ma anche nella sostanza.

      Cosa ne pensa del permesso di soggiorno per atti di valore civile?

      Siamo alla banalità del male. Togliendo la protezione umanitaria come istituto generale, tantissime persone che ricadevano in zone grigie, non facilmente ascrivibili ad una categoria giuridica, ma che rientravano comunque in quell’ambito di tutela ampia dei diritti umani fondamentali, si trovano adesso in difficoltà. E mi riferisco soprattutto a quelle persone vulnerabili, che arrivano in Italia deprivati, fisicamente e moralmente, dopo aver attraversato per esempio l’inferno libico. Adesso per loro non ci sarà più nessuna tutela. Ci sono al loro posto queste sei categorie molto rigide che lasciano poco spazio all’attenzione di cui necessitano invece alcuni casi particolari. Un po’ per caso, come in una lotteria, se uno è in una condizione di irregolarità, ma gli capita di salvare una persona durante un incidente stradale da una macchina in fiamme, o ipotizziamo, con un po’ di fantasia, se quest’immigrato salvasse il ministro Salvini che annaspa in mare, potrebbe ottenere il permesso di soggiorno in virtù della sua azione di valore civile. Mi sembrano delle restrizioni cieche e ottuse che non migliorano minimamente lo stato delle cose. Perché la via maestra sarebbe una riforma organica del testo unico sull’immigrazione, che rendesse trasparenti e legali i canali di ingresso in Italia. Sarebbe fortemente depotenziato il canale della protezione internazionale, che ovviamente è sotto pressione perché non esiste altro modo per entrare in Italia legalmente. Ma ovviamente questo decreto crea un consenso molto più immediato.

      https://www.fanpage.it/immigrazione-maestri-nel-decreto-salvini-tradisce-il-contratto-di-governo

    • Cosa prevede il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza

      Il 24 settembre il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. Il decreto si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

      Nei giorni precedenti all’approvazione si erano diffuse delle voci su possibili dissidi tra i due partiti di maggioranza, Lega e Movimento 5 stelle, ma il ministro dell’interno Matteo Salvini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto sottolineare che i cinquestelle hanno approvato senza riserve il suo progetto di riforma.

      All’inizio i decreti avrebbero dovuto essere due: il primo sull’immigrazione e il secondo sulla sicurezza e sui beni confiscati alle mafie, poi nel corso dell’ultima settimana sono state fatte delle “limature” e i due decreti sono stati accorpati in un unico provvedimento. Il decreto dovrà ora essere inviato al presidente della repubblica Sergio Mattarella che a sua volta deve autorizzare che la norma sia presentata alle camere. Ecco in sintesi cosa prevede.

      Abolizione della protezione umanitaria. Il primo articolo contiene nuove disposizioni in materia della concessione dell’asilo e prevede di fatto l’abrogazione della protezione per motivi umanitari che era prevista dal Testo unico sull’immigrazione. Oggi la legge prevede che la questura conceda un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che presentano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, oppure alle persone che fuggono da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione europea.

      La protezione umanitaria può essere riconosciuta anche a cittadini stranieri che non è possibile espellere perché potrebbero essere oggetto di persecuzione nel loro paese (articolo 19 della legge sull’immigrazione) o in caso siano vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta. In questi casi il permesso ha caratteristiche differenti. La durata è variabile da sei mesi a due anni ed è rinnovabile. Questa tutela è stata introdotta in Italia nel 1998.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/09/24/decreto-salvini-immigrazione-e-sicurezza

    • Italy: The security decree that makes everyone more insecure

      JRS Italy (Centro Astalli) is concerned about the effects that the new measures introduced by the ’Salvini decree’ on migration and security – unanimously approved on the 24th of September by the Italian Council of Ministers – will have on the lives of migrants and on the social cohesion of the whole country.

      The combination of the Security Decree and the Immigration Decree in a single piece of legislation is misleading as it associates security issues, such as organised crime and terrorism, with the issue of managing migration, in particular forced migration. This is particularly wrong knowing that a completely different legislative approach is needed to deal with migration challenges, particularly in terms of programmes, general management and migrants’ integration.

      For JRS Italy, the reform of the Protection System for Asylum Seekers and Refugees (SPRAR) foreseen by the decree represent a fundamental step back for the Italian reception system. By excluding applicants for international protection from this type of reception the reform is in clear contradiction with the principle that a successful integration process starts from the first reception, as the current Integration Plan for refugees of the Italian Ministry of the Interior also states.

      The SPRAR, recognized as a qualitative system also by international observers, is therefore cut down, despite being the only reception system that guarantees maximum transparency in the management of resources. At the same time, the large collective centres for asylum seekers are strengthened even though the experience on the ground largely shows that, also due to the lack of involvement of local administrations, establishing such centres often encounters resistance and generates social tensions.

      According to Camillo Ripamonti SJ, JRS Italy’s president, “It is a step backwards that does not take into account on the one hand the lives and stories of the people, and on the other hand the work that for decades many humanitarian organizations and civil society have done in close collaboration with the institutions - in particular with local authorities”.

      “Criminalising migrants” – Ripamonti concludes – “is not the right way to deal with the presence of foreign citizens in Italy. Enlarging grey zones that are not regulated by law and making legal procedures less accessible and more complicated, contributes to make our country less secure and more fragile."

      http://jrseurope.org/news_detail?TN=NEWS-20180925084854

    • Decreto Salvini, Mattarella firma ma ricorda a Conte gli obblighi fissati dalla Costituzione

      Il provvedimento è quello che riguarda sicurezza e immigrazione. Il presidente della Repubblica invia al premier una lettera in cui richiama l’articolo 10 della Carta. La replica di Salvini: «ciapa lì e porta a cà». Polemica dei medici sulla norma per i presidi sanitari

      https://www.repubblica.it/politica/2018/10/04/news/dl_sicurezza_mattarella_firma_lettera_a_conte_obblighi_costituzione-20814

    • “I grandi centri di accoglienza vanno superati”. Anzi no. Se Salvini contraddice se stesso

      Ad agosto il ministero dell’Interno ha trasmesso al Parlamento una relazione molto dura sul modello straordinario dei Cas, presentati come “luoghi difficili da gestire e da vivere che attirano gli interessi criminali”. Proponendo l’alternativa dello SPRAR. Ma nonostante le evidenze e gli elogi per il sistema di protezione diffuso, il “decreto immigrazione” va nella direzione opposta.

      grandi centri di accoglienza in Italia sono “luoghi difficili da gestire e da vivere”, producono “effetti negativi oltre che nell’impatto con le collettività locali anche sull’efficienza dei servizi forniti ai migranti”, e per il loro “rilevante onere finanziario” rappresentano una “fonte di attrazione per gli interessi criminali”. Per questo è necessario un loro “alleggerimento progressivo” puntando sulle “progettualità SPRAR” (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), autentico “ponte necessario all’inclusione e punto di riferimento per le reti territoriali di sostegno”. Garanzia di “processi più solidi e più facili di integrazione”.

      Recita così la “Relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri nel territorio nazionale”, relativa al 2017, trasmessa alla Camera dei deputati il 14 agosto di quest’anno e presentata da un ministro che sostiene pubblicamente il contrario: Matteo Salvini.

      Ad agosto, in quella relazione, il titolare dell’Interno ha infatti riconosciuto come nel circuito SPRAR, “oltre al vitto e alloggio”, venga “garantito ai richiedenti asilo un percorso qualificato, finalizzato alla conquista dell’autonomia individuale” grazie alla “realizzazione di progetti territoriali di accoglienza”. Un modello da promuovere per merito delle “qualità dei servizi resi ai beneficiari che non si limitano ad interventi materiali di base (vitto e alloggio) ma assicurano una serie di attività funzionali alla riconquista dell’autonomia individuale, come l’insegnamento della lingua italiana, la formazione e la qualificazione professionale, l’orientamento legale, l’accesso ai servizi del territorio, l’orientamento e l’inserimento lavorativo, abitativo e sociale, oltre che la tutela psico socio-sanitaria”. Ma ancora nel 2017, su 183.681 migranti ospitati nelle strutture temporanee, hotspot, centri di prima accoglienza e SPRAR, appena 24.471 occupavano l’accoglienza virtuosa del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Da lì la corretta intenzione di alleggerire i grandi centri a favore dell’approccio diffuso e integrato.

      Poi però il governo ha smentito se stesso: nonostante le riconosciute qualità dello SPRAR, l’esecutivo ha messo mano alla materia attraverso il recente decreto legge su immigrazione e sicurezza (Dl 113), licenziato dal governo ed emanato dal Capo dello Stato a inizio ottobre, puntando in direzione opposta. In quella che Gianfranco Schiavone, vice presidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, ha definito la “destrutturazione del sistema di accoglienza”.

      L’articolo 12 del “decreto Salvini”, infatti, trasforma l’attuale SPRAR in un sistema per soli titolari di protezione internazionale, un terzo degli attuali accolti, tagliando fuori così i richiedenti asilo, i beneficiari di protezione umanitaria (sostanzialmente abrogata) e coloro che avessero fatto ricorso contro la decisione di diniego delle Commissioni territoriali sulla loro domanda. Per gli esclusi si apriranno le porte degli attuali centri governativi di prima accoglienza o dei centri di accoglienza straordinaria (CAS), proprio quelli di cui la relazione presentata dal ministro Salvini, poche settimane prima, auspicava il superamento.
      “La riforma pare fotografare la realtà della prassi precedente al decreto legge -ha evidenziato l’ASGI in un documento che mette in fila i profili di manifesta illegittimità costituzionale del decreto-. I CAS sono il ‘non’ sistema di accoglienza per la generalità dei richiedenti asilo, in violazione della Direttiva Ue sull’accoglienza che consente simili riduzioni di standard soltanto per periodi temporanei e per eventi imprevedibili, mentre le strutture dello SPRAR sono sempre più riservate a minori (non sempre), a titolari di protezione internazionale e spesso a chi si trova in condizioni (spesso familiari) disperate”.

      Non solo. Come ha ricordato l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), il 43% degli accolti nello SPRAR “ha concluso positivamente il proprio percorso di accoglienza ed ha raggiunto uno stato di autonomia, e un ulteriore 31% ha acquisito gli strumenti indispensabili per ‘camminare sulle proprie gambe’”. “Lo SPRAR riesce a rendere autonome le persone in un lasso di tempo indubbiamente inferiore rispetto a ciò che accade nei CAS. Nello SPRAR il tempo medio di permanenza è infatti di 6 mesi, questo significa che in un posto SPRAR vengono mediamente accolte all’anno 2 persone. Nei Comuni dove esiste un progetto SPRAR, i costi economici e sociali subiscono una notevole flessione”. Motivo per cui a metà ottobre l’ANCI ha presentato alcuni emendamenti in vista dell’iter parlamentare che porterà alla conversione del decreto. Uno di questi chiede proprio di consentire l’accesso dei “richiedenti asilo vulnerabili (compresi nuclei familiari con figli minori) all’interno dei progetti SPRAR, per evitare che ricadano, inevitabilmente, sui bilanci dei Comuni e delle Regioni i costi dei servizi socio-sanitari che sarà in ogni caso necessario erogare senza poter accedere ad alcun rimborso da parte dello Stato (stimati circa 286 milioni di euro annui”.

      Posto di fronte alla contraddizione tra la relazione di agosto e il decreto di ottobre, il ministero dell’Interno ha fatto sapere ad Altreconomia che la Relazione non è altro che un “adempimento richiesto dalla normativa” e che questa “si riferisce, nel merito, al periodo cui la stessa fa riferimento”. Come se nell’arco di otto mesi lo SPRAR fosse cambiato.

      Ed ecco quindi che il “ponte necessario all’inclusione” è diventato la “pacchia” da interrompere: la graduatoria dei progetti avanzati dagli enti locali ed esaminati dal Viminale, per ulteriori 3.500 posti da aggiungersi ai 32mila attualmente finanziati, di cui era prevista la pubblicazione a luglio 2018, non ha mai visto la luce. E le nuove richieste di adesione al Sistema da parte dei territori -altri 2.500 nuovi posti- non sono state nemmeno prese in considerazione. Il risultato è che 6mila potenziali nuovi posti SPRAR sono stati “sacrificati” sull’altare della linea Salvini. Quella di ottobre, però, non quella di agosto.

      https://altreconomia.it/decreto-salvini-cas

    • Beyond closed ports: the new Italian Decree-Law on Immigration and Security

      In the past months, Italian migration policies have been in the spotlight with regard to the deterrence measures adopted to prevent sea arrivals of migrants. After the closure of ports to vessels transporting migrants and the reduction of search and rescue operations at sea, the government adopted a restrictive approach to the internal norms, reforming the architecture of the Italian system of protection.

      On 24 September 2018, the Italian Council of Ministers unanimously adopted a new Decree-Law on Immigration and Security. Strongly endorsed by the Minister of the Interior Matteo Salvini, the final text of the Decree contains ‘urgent measures’ on international protection and immigration, as well as on public security, prevention of terrorism and organised crime. Following the approval of the President of Republic, the bill has come into force on October 5. The future of the Decree now lays in the hands of the Parliament, which will have to transpose it into law within sixty days of its publication or it will retrospectively lose its effect.

      The securitarian approach adopted sparked strong criticism within civil society and the President of the Republic himself accompanied his signature with an accompanying letter addressed to the President of the Council, reminding that all ‘constitutional and international obligations’ assumed by Italy remain binding, even if there is no explicit reference to them in the Decree. This blog post provides an overview of the first two Chapters of the Decree-Law, dedicated to immigration and asylum. It will further analyze their impact on the rights of protection seekers and their compatibility with European law, International law as well as the Italian Constitution.

      1. Provisions on humanitarian residence permits and fight against irregular migration

      1.1 The abrogation of ‘humanitarian protection’

      The main change introduced by the first Chapter of the Decree-Law concerns what is commonly referred to as ‘humanitarian protection’, namely a residence permit issued to persons who are not eligible to refugee status or subsidiary protection but cannot be expelled from the country because of ‘serious reasons of humanitarian nature, or resulting from constitutional or international obligations of the State’ (art. 5(6) of the Consolidated Act on Immigration).

      The humanitarian residence permit was introduced as a safeguard clause in the Italian legislation, complementing international protection within the meaning of article 10 paragraph 3 of the Constitution, which stipulates that: ‘[a] foreigner who, in his home country, is denied the actual exercise of the democratic freedoms guaranteed by the Italian Constitution shall be entitled to the right of asylum under the conditions established by law.’ The important role of ‘humanitarian protection’ has been further clarified by the Italian highest court (Court of Cassation), which stated that the right to be issued a humanitarian permit, together with refugee status and subsidiary protection, constitutes a fundamental part of the right of asylum enshrined in the Constitution (see for example judgement 22111/2014).

      In practice, humanitarian residence permits were a ‘flexible instrument’ which could cover several circumstances emerging from forced displacement where there was no sufficient evidence of an individual risk of persecution or serious harm. As explained by the Court of Cassation, prior to the entry into force of the Decree, humanitarian protection was granted to persons suffering from an ‘effective deprivation of human rights’ upon the fulfilment of two interrelated conditions: the ‘objective situation in the country of origin of the applicant’ and ‘the applicant’s personal condition that determined the reason for departure’ (see judgement 4455/2018). The Court further presented as possible example of human rights deprivation the situation of a person coming from a country where the political or environmental situation exposes her to extreme destitution and does not allow her to attain a minimum standard of dignified existence. As noted by the Court, the definition of environmental issues does not only contain natural disasters but it may also include non-contingent events, such as droughts or famines, which deprive the person from having a basic livelihood.

      However, as already mentioned, the grounds for obtaining humanitarian protection were relatively open and could be adjusted to other situations entailing a deprivation of basic human rights, such as the inability of the country of origin to protect the right to health of applicants affected by serious conditions, or the family situation of the applicant interpreted in light of article 8 of the European Convention on Human Rights. Also, the level of social integration reached by an applicant during her stay in Italy, together with the situation of poverty or instability in the country of origin, were also to be considered as a ground to grant humanitarian protection.

      By radically transforming article 5(6) and severely restricting the possibility for rejected asylum applicants to be granted residence permits in light of constitutional and international obligations or for humanitarian reasons, article 1 of the Decree-Law substantially abrogates ‘humanitarian protection’. Instead, the Decree provides for the creation of a ‘special protection’ residence permit, which can be issued only to those persons who cannot be expelled due to the non-refoulement obligations defined in article 19 of the Consolidated Act on Immigration unless the applicant can be returned to a country where she could receive ‘equivalent protection’.

      The first article of the Decree-Law further creates new residence permits that can be granted in restricted ‘special cases’, as for example: persons affected by ‘exceptionally serious’ medical conditions; persons who cannot return to their home countries due to ‘exceptional natural disasters’; and persons who have carried out ‘exceptional civil acts’. The Decree, however, does not modify the grounds for granting special residence permits to victims of trafficking, violence or labour exploitation, as already provided for in arts. 18 and 18-bis of the Consolidated Act on Immigration.

      The new Decree reduces not only the scope of protection and the number of potential beneficiaries but also the duration of the stay for third-country nationals falling into the above-mentioned ‘special’ categories. Whilst persons granted the ‘humanitarian’ status were provided with a two-year renewable residence permit, the permits issued in the new ‘special cases’ allow residence in Italy for shorter periods: six months for exceptional natural disasters or violence and one year in the other for ‘special protection’, ‘medical reasons’ and other ‘special cases’. Such permits are renewable and allow the holder to work but – differently from the humanitarian residence permit – they cannot be converted into a work permit when the circumstances for which they were issued cease to exist. Only in the event that the foreigner has accomplished exceptional civil acts, whose nature is not further specified, the person – at the discretion the Minister of the Interior – can be issued a residence permit lasting two years.

      A final important amendment contained in article 1 of the Decree is related to those persons who are already beneficiaries of humanitarian residence permits at the time in which the Decree enters into force: their permits will not be renewable anymore on humanitarian grounds, even if the circumstances for which the permit was granted in the first place still exist. Therefore, unless the beneficiary is granted a conversion of her humanitarian permit into a work or study permit, or she falls under the new special cases listed in the decree law, she will find herself in an irregular situation and will risk being returned.

      The abrogation of the ‘humanitarian’ residence permit is of particular concern as, since its creation in 1998, it has been an important legal instrument allowing to protect and regularise all third-country nationals who could not be returned to a third country. Suffice it to say that, in 2017 only, Italy has granted 20,166 residence permits on ‘humanitarian’ grounds, whereas only 6,827 persons were granted asylum and 6,880 subsidiary protection. To counter this trend, last July, the Minister of the Interior had already sent a letter to all administrative authorities involved in the asylum procedure, requesting them to adopt a stricter approach when granting protection on humanitarian grounds. Such decision has been justified with the rationale of conforming Italy to European standards, which do not provide for this third form of protection. Arguably, even if humanitarian protection is not harmonised at the EU level under the Qualification Directive, there are obligations imposed on all Member States by international refugee law and human rights law that prevent them from returning third-country nationals under certain circumstances. Looking at the practice of EU-28 Member States, in the course of 2017, 63 thousand asylum seekers were given authorisation to stay for humanitarian reasons under national law. This number could be even higher as it only encompasses first instance decisions for those persons who have been previously reported as asylum applicants, and does not take into account those who have been granted a permission to stay for humanitarian reasons without having lodged an asylum application.

      Moreover, the abrogation of humanitarian protection is likely to open a protection gap under article 10 paragraph 3 of the Italian Constitution. As noted by the Italian Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI), the substitution of humanitarian protection with a restricted list of ‘special’ residence permits, means that the right to asylum set out by the Constitution is ‘no longer fully implemented by the legislator’. This could open the possibility to bring legal actions to ascertain the right of asylum guaranteed by article 10 – which can be invoked directly in front of an ordinary court even in the absence of implementing legislation – or raise questions of constitutionality.

      1.2 Making returns more effective

      The second part of the first Chapter of the Decree-Law focuses on improving returns and facilitating the return of third-country nationals in an irregular situation. In order to achieve these objectives, article 2 of the Decree extends the maximum duration of the foreigner’s detention in return centres from 90 to 180 days. Article 4 further foresees that, in case the reception capacity of pre-removal centres is exhausted and prior to authorization of a judicial authority, foreigners may also be held in other ‘appropriate facilities’ and in border offices. In addition, article 3 of the new Decree-Law modifies the Decree Implementing the Reception Conditions Directive and the Procedures Directive (Decree-Law 18 August 2015, n. 142), by expanding grounds for detention in hotspots. Thus, foreigners who have been found in an irregular situation on the national territory or rescued during search and rescue operations at sea may be subject to detention in order to determine their identity and nationality. The maximum duration of detention is set to 30 days. In case it is impossible to verify such information, the person concerned can be transferred in a return center for a maximum of 180 days. Finally, article 6 increments the funding for returns, providing for the re-allocation of 3,5 million euros between 2018 and 2020. These funds – originally provided for assisted voluntary return and reintegration – will now be allocated to facilitate not further described ‘return measures’.

      Even if the possibility to detain applicants for international protection in order to ascertain their identity and nationality is provided for in the Reception Conditions Directive, deprivation of liberty in such cases could be inconsistent with international refugee law read in conjunction with the Italian Constitution. According to ASGI, provisions connected to the deprivation of liberty in order to verify the identity and nationality are in violation of article 31 of the 1951 Geneva Convention and of article 13 of the Italian Constitution. In fact, since it is common to almost all asylum seekers not to possess valid documents proving their identity, such circumstances would not be proportionate to the ‘conditions of necessity and urgency’ required by article 13 of the Constitution to deprive someone of their liberty without judicial authorization. That been said, the debate on the lack of documentation to prove asylum seekers’ identity is likely to be of interest in the near future, as it is also fuelled by the European Commission recent proposal for a recast of the Return Directive, where the lack of documentation is included among the criteria establishing the existence of a risk of absconding to avoid return procedures.

      2. Provisions on international protection

      2.1 Provisions on asylum seekers who committed serious crimes

      The second chapter of the new Decree reforms, with a restrictive turn, the rules on the revocation of and exclusion from international protection. Article 7 extends the list of crimes that, in case of final conviction amount to the exclusion from or to the revocation of international protection. These include: production, trafficking and possession of drugs; injuries or threats made to officers in performance of their duties; serious personal injury offence; female genital mutilation; robbery, extortion, burglary and theft, if compounded by the possession of weapons or drugs; slavery; exploitation of child prostitution.

      Furthermore, article 10 of the new Decree introduces an accelerated procedure in the event that an asylum seeker is convicted – even prior to a final sentence – for one of the above-mentioned criminal offences and for the other serious crimes amounting to the exclusion from international protection already provided for in articles 12 and 16 Decree 251/2017. Thus, when the applicant is convicted in first instance, the Territorial Commissions for the Recognition of International Protection has to immediately examine the asylum claim and take a decision. In case the decision of the Commission rejects the request for international protection, the applicant is required to leave the country, even if the person concerned lodges an appeal against the asylum decision.

      The Decree Law, by abrogating the suspensive effect of the appeal for a person who has been convicted in first instance arguably goes against article 27 of the Italian Constitution, which considers the defendant not guilty ‘until a final sentence has been passed.’ Moreover, pursuant Article 45 Asylum Procedure Directive, as a general rule Member States shall allow applicants to remain in the territory pending the outcome of the remedy. An exception might be allowed under article 46(6)(a) of the Asylum Procedures Directive, if the application is determined to be unfounded on grounds that the applicant is ‘for serious reasons’ considered to be a danger to the national security or public order of the Member State. However, article 46(6) also stipulates that even in such case there is no automatism and the decision whether or not the applicant may remain on the territory of the Member State should be taken by a court or tribunal. Therefore, insofar as the Decree provides for the automatic return of rejected asylum seekers pending an appeal, without a judicial decision authorising their removal, it is incompatible with the right to an effective remedy provided for by the Procedures Directive and enshrined in article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights.

      In any instance, the return of a person – regardless of the fact that she may have committed a crime – cannot be performed when the individual concerned is at risk of refoulement as defined by article 3 of the European Convention on Human Rights and Article 19 of the Charter of Fundamental Rights. As follows from the jurisprudence of the European Court of Human Rights (ECtHR), the prohibition of non-refoulement has an absolute character. The conduct of the person is irrelevant and even the involvement in serious crimes, such as terrorism, does not affect the prohibition to return individuals to states in which they faced a risk of torture, inhuman or degrading treatment (see ECtHR judgements in Saadi, Chahal, and Soering).

      2.2 Provisions on subsequent applications and border procedures

      Article 9 of the Decree implements into Italian legislation some restrictive provisions on subsequent applications that are allowed under the Asylum Procedures Directive (APD) but that had so far been regulated in a more favourable manner.

      First of all, the Decree provides for new grounds of exclusion from the right to remain in the Italian territory, following almost verbatim the exception from the right to remain contained in article 41 of the APD. This includes all persons who have lodged a first subsequent application merely in order to delay or frustrate the enforcement of a decision which would result in their imminent removal, or make another subsequent application after their first subsequent application has been considered inadmissible or unfounded.

      Secondly, article 9 establishes new rules on accelerated procedures for applicants who have introduced a subsequent application for international protection without new elements or findings supporting their claim. In case that the applicant was stopped following an attempt to elude border controls, this procedure also applies in border or transit zones. This is a novelty in Italian law, that until now did not provide for the possibility of carrying out the evaluation of an asylum claim at the border. According to the explanatory note to the Decree, this amendment follows the rationale of article 31(8)(g) APD. This article, however, provides for the possibility to apply accelerated and border procedure in case an application is lodged to avoid an earlier removal decision – which appears to be a stricter ground than the one provided for by the Italian decree.

      Also, the Decree sets out a new ground for the inadmissibility of an asylum application: a subsequent application is inadmissible if it is lodged to prevent the enforcement of a decision which would result in her imminent removal and it shall be dismissed without being further examined. This is not consistent with article 40 APD, which provides at least for a preliminary examination on the presence of new elements substantiating the asylum claim.

      Lastly, following the definitions of article 41 APD APD, the Decree limits the suspensive effect of appeals lodged in two circumstances. First, by all persons who have lodged a first subsequent application to delay the enforcement of a decision which would result in his or her imminent removal. Second, by asylum seekers whose application has been considered inadmissible as a subsequent application where no new elements or findings have arisen or have been presented by the applicant, whilst prior to the entry into force of the Decree-Law this only happened when an application was assessed as inadmissible for the second time.

      2.3 Reception conditions for asylum seekers

      One of the most discussed provisions of the Decree on immigration concerns the reception of asylum seekers, which undergoes substantive changes. The decree de facto abrogates the possibility for asylum seekers to access reception provided under the System for the Protection of Asylum Seekers and Refugees (SPRAR). The system, operated by local institutions, in cooperation with non-governmental and voluntary organizations, had not only the aim to provide basic reception but also to favour the social integration of asylum seekers and beneficiaries of protection. With the amendments introduced by article 12 of the new decree, only already recognized refugees and beneficiaries of subsidiary protection, as well as unaccompanied minors, will be granted accommodation within the SPRAR. Asylum seekers will, therefore, be only hosted in collective reception centres (CARA, CDA). In case of unavailability of places, applicants can also be hosted in temporary reception centres (CAS) where, according to the law, only basic levels of reception conditions have to be met.

      These amendments fail to take into account the pre-existent structure of the Italian reception system. As a matter of law, the SPRAR was the only durable solution provided for asylum seekers, while the other types of reception centres have been designed only for initial or temporary reception (see articles 9 and 11 of the Decree implementing the Reception Conditions Directive). Considering the length of asylum procedures in the country, asylum seekers will be left with no alternative than remaining for months (or in some cases even years) in facilities which are often inadequate in terms of both capacity and structural and safety conditions.

      This decision is of great concern as it is likely to put further strain on the Italian reception system, which already has a record of not providing an adequate standard of reception conditions to asylum applicants – as recognised in 2014 by the European Court of Human Rights. More recently, a Dutch court annulled a transfer to Italy pointing out that the new Decree raises questions about the structural deficiencies in the Italian reception system, in particular as it restricts access to adequate reception conditions to vulnerable asylum seekers.

      Final remarks

      Whilst the number of arrivals to Italy is at the lowest level registered in the past few years, the phenomenon of migration has reached the dimension of an emergency in the internal public debate, with the Decree-Law on Immigration and Security representing a major downturn in the architecture of the Italian system of protection.

      The implementation of further grounds for exclusion and withdrawal of protection, the reduction of procedural guarantees, and the general restrictive approach on the rights of migrants and asylum seekers adopted in the Decree generate serious concerns. Above all, some of the provisions contained in the Decree may entail a risk of violation of the principle of non–refoulement, which is not only a cornerstone of the international refugee regime but also a fundamental guarantee that protects all human beings from being subject to torture, inhuman or degrading treatment. What is more, some of the changes introduced with the Decree might have far-reaching practical consequences on the rights of the migrants who are already present or will arrive in the country. In particular, the repeal of ‘humanitarian’ residence permits, which have been widely used in the past years, is likely to have the unintended side-effect of increasing the number of migrants who will find themselves in an irregular situation. The new bill has been presented by the Interior Minister Matteo Salvini as ‘a step forward to make Italy safer’ – however it will arguably increase the number of cases of destitution, vulnerability, and exploitation.

      It remains to be seen whether the Parliament will confirm the text of the Decree when ultimately converting it into law. However, considering that the time for discussion is limited (60 days only) it is doubtful that the bill will undergo substantial improvement. Also, as the Decree has become one of the flagship measures of the current Government, it is unlikely that it will be repealed in toto. The choice itself of the Government to use a decree having force of law – rather than of the ordinary legislative procedure – does not seem to stem from a situation of ‘obvious necessity and urgency’ as provided for by the Constitution. Rather, it appears to be a shortcut to obtain immediate results on matters where it is difficult to achieve political consensus through democratic debate. Against this backdrop, the new bill on Immigration and Security – with questionable democratic legitimacy – restricts the rights of asylum seekers and people displaced, making protection increasingly inaccessible.

      http://eumigrationlawblog.eu/beyond-closed-ports-the-new-italian-decree-law-on-immigration-and

    • Decreto immigrazione, le brutte novità nascoste sotto la fiducia

      Il governo ha presentato in aula un “emendamento interamente sostitutivo” del testo finora discusso. La “sorpresa” sono elementi di gran lunga più restrittivi in tema di diritto d’asilo. Tra questi, la nozione di “Paesi di origine sicuri”, un “cavallo di Troia” per smontare il sistema della protezione internazionale, come denunciano studiosi dell’Asgi

      Con 163 voti a favore e 59 contrari, il 7 novembre il Senato della Repubblica ha approvato la fiducia al cosiddetto “decreto sicurezza e immigrazione” promosso in particolare dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il testo votato da Palazzo Madama e inviato alla Camera, però, è stato modificato rispetto all’originario attraverso un “emendamento interamente sostitutivo” del Ddl (il numero 1.900), sulla cui approvazione il Governo aveva appunto posto la questione di fiducia 24 ore prima. Non si è trattato di interventi meramente formali quanto invece profondamente sostanziali. Tanto da non lasciare praticamente più nulla del precedente sistema di asilo, incardinato al principio costituzionale che all’articolo 10 della Carta riconosce quella tutela allo “straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”.

      Le 28 pagine di modifiche e integrazioni avanzate dall’esecutivo, secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi, www.asgi.it), assumono infatti la forma di un “cavallo di Troia” -blindato dalla fiducia- utile a “introdurre novità di taglio iper restrittivo che nella prima versione del decreto non c’erano”. Creando così un provvedimento che è un “vero e proprio mostro”, senza peraltro dare troppo nell’occhio.
      Alla già nota abrogazione della protezione umanitaria, allo stravolgimento dell’ex Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), alle illegittimità costituzionali già evidenziate nelle scorse settimane dall’Asgi, si aggiungono nuovi elementi preoccupanti.

      Schiavone ha il testo del maxi emendamento del governo sotto mano e scorre alle introdotte “Disposizioni in materia di Paesi di origine sicuri e manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale”.
      Il primo punto riguarda i “Paesi di origine sicuri”, il caso cioè di uno “Stato non appartenente all’Unione europea” che stando al nuovo articolato potrà “essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”.

      Per “accertare” che uno Stato sia o meno “di origine sicuro” ed eventualmente iscriverlo nell’elenco adottato per decreto dal ministro degli Esteri (“Di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia) ci si dovrà basare “sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo”. La domanda di protezione del richiedente proveniente da quel Paese verrà sì esaminata ma, se rigettata sarà “considerata manifestamente infondata”.

      “Dove è stata introdotta, la nozione di Paese di origine sicuro, che le direttive europee prevedono quale misura normativa solo facoltativa per gli Stati -riflette Schiavone- ha sempre prodotto gravissimi problemi poiché le domande di protezione sono per definizione individuali ovvero legate alla condizione specifica di un richiedente. Esaminare invece una domanda ritenendo già che un Paese di origine sia ‘sicuro’ crea una situazione di pregiudizio sostanziale nell’esame della domanda stessa e dà ampi margini per l’esercizio di un’influenza politica molto forte del potere esecutivo sull’organo di valutazione”. Ciò vale soprattutto per l’Italia oggi. Perché? “Perché chi stabilisce che il Paese di origine sia ‘sicuro’ sarà di fatto la Commissione nazionale per il diritto d’asilo, che non è organo amministrativo indipendente ed è fortemente connesso per composizione e struttura organizzativa al potere politico”. Tradotto: il Governo di turno potrà decidere che un Paese venga considerato di “origine sicuro” con obiettivi di carattere politico che nulla hanno a che fare con le domande di protezione. Schiavone pensa a casi come il Bangladesh, la Tunisia, il Senegal e così via.
      Il rigetto della domanda per manifesta infondatezza comporta un forte indebolimento della tutela giurisdizionale -continua Schiavone- poiché il ricorso ha tempi di impugnazione più brevi e non c’è un’automatica sospensiva durante il contenzioso. Molte ragioni mi inducono a pensare, anche se ancora a caldo e riservandomi approfondimenti -conclude lo studioso- che la nozione di ‘Paese di origine sicuro’ sia del tutto estranea alla nozione di asilo delineata dalla nostra Costituzione”.

      Tra le altre “novità” rispetto all’originario “decreto Salvini” c’è poi quella della cosiddetta “protezione interna” nel Paese terzo di provenienza del richiedente. “Se in una parte del territorio del Paese di origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi e può legalmente e senza pericolo recarvisi ed essere ammesso e si può ragionevolmente supporre che vi si ristabilisca”, la sua domanda di protezione è “rigettata”. “Anche su questa norma, del tutto facoltativa nel diritto dell’Unione e che l’Italia, fin dal 2008, con saggezza, aveva evitato sono molti i dubbi di conformità rispetto all’articolo 10 della nostra Costituzione -riflette Schiavone-. È possibile segmentare un Paese in aree, evidenziando peraltro una situazione che è già di grande instabilità, visto che un Paese è diviso in due o più parti?. Cosa vuol dire in concreto che è ragionevole supporre che la persona si trasferisca nell’area del Paese considerata sicura? Quali i parametri di valutazione? È sufficiente solo la mancanza di rischio o è necessario che alla persona venga fornita una protezione effettiva e una assistenza materiale? La norma, genericissima, non fornisce alcuna risposta”. Ciò che è chiaro è che è scontata la tendenza, come ribadisce il vicepresidente Asgi, di considerare l’asilo come fosse una sorta di “extrema ratio” cui ricorrere quando nessuna altra soluzione, anche precaria e parziale all’interno di quel Paese sia possibile. “Che cosa ha a che fare tutto ciò con il diritto all’asilo garantito dalla Costituzione a coloro cui sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche? La distanza è abissale”.
      Utilizzare la nozione di area interna sicura nel Paese di origine è solo un altro modo per respingere domande di asilo che tradizionalmente vengono accolte. “Pensiamo al caso dei cittadini afghani o iracheni e riteniamo per l’appunto che le persone possano spostarsi in una presunta ‘area sicura’ del Paese. Quanto è sicura? Come si valuta? Per quanto tempo? Che tipo di stabilità e assistenza deve provvedere ad assicurare lo Stato allo sfollato interno? Domande che rimangono senza risposta”.

      Accanto al tema dei “Paesi di origine sicuri” e delle zone di “protezione interna”, il maxi emendamento interviene -come già il decreto 113- a proposito di cittadinanza. L’avvocato Livio Neri, socio di Asgi, elenca brevemente alcune delle misure del decreto legge governativo. “C’è l’aumento del contributo da versare per presentare ‘istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza’, che passa da 200 a 250 euro. C’è l’incredibile allungamento del ‘termine di definizione dei procedimenti’, da 24 a 48 mesi dalla data di presentazione della domanda. E c’è il brutto precedente della ‘revoca’ della cittadinanza prevista in caso di condanna definitiva per gravi reati”. Precedente che creerà peraltro nuova apolidia, dal momento che -come fa notare Neri- la norma così come è scritta (ed è rimasta) non prevede la circostanza che dopo la revoca sorga appunto una condizione di apolidia per l’interessato ed è perciò in contrasto con la Convenzione di New York sulla materia.

      L’emendamento del governo aggiunge a questi (e altri) elementi un termine di sei mesi per il rilascio di estratti e certificati di stato civile “occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana”, che significa secondo Neri “che lo stesso documento (ad esempio il certificato di nascita di un congiunto, ndr) ha termini diversi a seconda di chi lo richiede”. E pone poi come condizione necessaria alla “concessione della cittadinanza” il “possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER)”, salvo per chi abbia sottoscritto l’accordo di integrazione o sia titolare di permesso di soggiorno Ue per “soggiornanti di lungo periodo”. “Questa previsione -commenta amaramente Neri- avrà un durissimo impatto sulle persone con minori strumenti culturali a disposizione e che per questo non saranno riusciti a imparare l’italiano”.

      https://altreconomia.it/decreto-immigrazione-novita

    • What will change for migrants under Italy’s new immigration and security decree?

      As the decree passed the Senate, Italy’s upper house, Matteo Salvini tweeted it was an “historic day.” The decree still needs to pass the lower house by the end of November before it is enshrined in law. At the moment, that looks likely, so what will change for migrants if it is passed?

      Like all decrees, Italy’s new security and immigration decree is composed of many complicated clauses and paragraphs. In short, it is intended to regulate immigration and public security. It has been pushed by Italy’s deputy prime minister and Minister of the Interior, Matteo Salvini, who is also leader of the anti-immigration party, La Lega (The Northern League).

      Essentially, it will change the laws under which foreign migrants have been staying in the country since 1998. It is set to repeal the right to stay for humanitarian reasons. “Humanitarian protection” is a lower level of asylum status that is based on Italian rather than international law. Up until now, this right has been conceded for up to two years on serious humanitarian grounds and allowed migrants and refugees to access the job market, health services and social welfare.

      The new decree will take this catch-all definition ’on humanitarian grounds’ away in favor of six new specific categories which applicants will need to fulfill. Has the applicant been smuggled or exploited? Are they subject to domestic violence? Do they need specific medical attention? Was there some kind of calamity in their country of origin or have they contributed in a special way to Italian civil society which would merit a right to stay?

      Article two of the law doubles the length of time that migrants can be kept in repatriation centers whilst their cases are looked at. It will allow the authorities to build more centers too. Repatriations are expected to increase with more money being assigned to making sure they happen; three and a half million euros in total up to 2020.

      Revoking refugee status

      There will be a longer list of crimes that, if committed will lead to a refugee being refused asylum or having their refugee status revoked. The crimes include murder, armed robbery, extortion, violence towards public officials, people found to be practicing genital mutilation, armed theft and burglary, possession of drugs, slavery, sexual violence or kidnapping. Anyone found guilty of terrorist acts or trying to overturn the constitution provides another reason for expulsion under the new law.

      The new decree is expected to weaken the SPRAR networks which were set up to protect refugees and asylum seekers in 2002. Only unaccompanied migrants and those who qualify for international protection will come under the future auspices of SPRAR. Everyone else will be sent to ’welcome centers’ or CARA (Welcome center for those requesting asylum). Social cooperatives assigned asylum seekers and migrants will be required to report to the authorities every three months with a list of people that they support. The decree is also expected to slash the budget assigned for food and lodging for migrants in CARA centers from 30 euros per person per day to 15 euros.

      Anyone who marries an Italian will now have to wait four years instead of the current two before applying for citizenship. In addition, like in Germany, migrants hoping to remain in Italy will be required to pass a B1 language test.

      Jubilation and condemnation

      Matteo Salvini was pictured looking jubilant as the decree was passed by the Senate with 163 votes to 59. Not everyone was happy though. Roberto Saviano, an anti-Mafia writer who opposes the current Italian government called the decree “criminal” saying it was “self harming, [and] suicidal.” He pointed out that it would be impossible to repatriate more than 500,000 migrants without papers who are currently present in the country. “Much better,” he said “give them papers and allow them to work and pay taxes to the state.” He said the law would only serve to increase the number of “irregular migrants” in the country feeding organized crime networks.

      The Democratic Party (PD) leader in the Senate, Andrea Marcucci contests the decree too. He was quoted in the left-leaning daily newspaper, La Repubblica, saying it “creates insecurity, not security and would make 100s of thousands more migrants clandestine in Italy.” He concluded: “This is a decree against Italy, against Italians and against security.”

      Salvini disagrees. In interviews prior to the Senate vote, he said that the decree was not just about immigration but increasing security for everyone in Italy. “It’s about strengthening the anti-mafia organizations and anti-racket laws. It will make everything more serious and rigorous. […] It is a decree which will bring more money and power to the police, to mayors; will introduce more surveillance cameras.” He added that once the law has passed, he will be looking to reform the justice system too. That way, cases dragging on for years, until they enter proscription, will be a thing of the past.

      The decree is scheduled to be put before the lower house on the November 22. With the Five Star Movement and the League holding a majority there too, (along with other right-leaning parties like Forza Italia and Fratelli D’Italia,) it is expected to pass without too many problems and enter law before the end of the year.


      http://www.infomigrants.net/en/post/13210/what-will-change-for-migrants-under-italy-s-new-immigration-and-securi

    • Message de Sara Prestianni, via la mailing-list Migreurop, 28.11.2018:

      Hier la Chambre des Deputé- avec un vote blindé de confiance - a approuvé le DL sécurité migration.
      Le #vote_de_confiance a permis au Gouvernement de le faire passer en toute vitesse et de balayer tout tentatif de l’opposition de faire des amendements qui pouvaient limiter les déjà tragiques dégâts.
      Nombreuses les déclaration préoccupé et les mobilisation des associations italiennes pour cette loi de la honte

      Ici le CP publié par ARCI -> Le secret loi immigration et sécurité est loi : Injustice est fait : https://www.arci.it/il-ddl-sicurezza-e-immigrazione-e-legge-ingiustizia-e-fatta

      où nous expliquons nos inquiétudes face aux dégâts sociaux d’une loi qui ne fera que créer encore plus de personnes sans documents qui seront exclu du système d’accueil en les rendant encore plus exploitables. Un énième, tragique, étape vers la violation systématique des droits de migrants et réfugiés.

      Ici les principaux changement dans le système italien (sorry only in FR) dont beaucoup intéressent les thématiques de travail du réseau :

      1- Abolition de la “#protection_humanitaire
      La protection humanitaire avait été introduit en 1998 et était attribué pour “serieux motivation de caractère humanitaire ou dérivant de obligation constitutionnels ou internationales de l’Etat Italien ; à ceux qui fuyaient des conflits, désastres naturels ou situations de particulières gravité dans les pays d’origine ou encore ceux qui ne pouvaient pas être expulsés ou encore à victime de traite ou autre type d’exploitation. En 2017 ont été présenté 130 000 demandes de protection en Italie : le 52% a été rejeté. Dans le 25% des cas a été attribué une protection humanitaire ; le 8% ont obtenu un statut de réfugié et un autre 8% la protection subsidiaire. Le 7% a obtenu un autre type de protection.
      Cela veut dire que ce permis ne sera plus donné mais aussi que ceux qui l’ont obtenu ne le pourront plus renouveler
      A sa place cette nouvelle loi a intégré un titre de séjour pour “#cas_spéciaux” : victimes de #violences_domestiques ou grave #exploitation du #travail ou pour des #raisons_médicales ou qui s’est distingué pour “actes de particulier valeur civile”. Ce permis aura une durée de deux ans et ne pourra pas être renouveler

      – Prolongation de la durée de détention dans les #CPR (centre pour le retour -> les cra italiens) -> Aujourd’hui les migrants peuvent être enfermé pour un max de 90 jours. La nouvelle loi prolonge la durée maximale de détention à 180 jours.

      – Permanence dans les #hotspot et points de frontière -> Selon l’article 3 de la nouvelle loi les demandeurs d’asile peuvent être enfermés pour une période de max 30 jours dans les hotspot et structure de “premier accueil” (#Cas et #Cara) pour l’identification. Si dans les 30 jours n’a pas été possible proceder à l’identification aussi les demandeurs d’asile pourront être enfermés dans un CPR pour 180 jours. De cette façon un demandeur d’asile pour être enfermé pour 210 jours pour vérifier et déterminer son identité. Cela sera aussi appliqué aux mineurs en famille.
      De plus est prévu que le juge de paix puisse valider la détention en “#locaux_adaptes” auprès les bureau de frontière jusqu’à’ l’expulsion pour max 48 heures.

      – Plus de fonds pour les expulsions -> A l’article 6 a été prévu un augmentation du budget pour les #expulsions : 500 000 euro en 2018 ; 1,5 million euro en 2019 et autre 1.5 millions en 2020.

      – Retrait ou refus de la protection international en cas de condamnation pour menaces ou violences à officiers public ; lésions personales graves ou vol

      – Ceux qui sont en procedure penale (meme si pas condamné en voi definitive verront leur demande d’asile analysé en procedure accelleré

      – Listes des pays sures -> La loi prévoit l’institution d’une liste de pays d’origine sure et la procedure de demande de protection internationale manifestement infondé. La liste sera stilé par le Ministere des Affaires Etrangers avec le Ministere de l’Interieur et de la Justice sur la base des info fournies par la Commissione Nationales du Droit d’Asile et les agences européennes et internationales. Les demandeurs d’asile en provenance d’un pays present dans la liste des pays sures devrait démontrer de avoir graves motivation qui justifient sa demande et elle sera analyse en procedure accellerée.

      – Restriction du système d’accueil -> Le système d’accueil pour demandeurs d’asile et réfugié (#SPRAR) - le système ordinaire géré par les mairies - sera limité à ceux qui sont déjà titulaire de protection internationales et aux mineurs isolés. Les autres demandeurs seront accueilli dans les CAS et CARA (en parallele le Gouvernement a annoncé une diminution des fonds pour demandeurs d’asile par jour de 35 à 19 euro rendent ainsi impossible donner aucun type de service - juridiques, sociale, intégration et psychologique - dans le parcours d’accueil)

      #pays_sûr #rétention #détention_administrative

    • L’Italie adopte la loi anti-migrants de Matteo Salvini

      Ce texte durcit la politique italienne en matière d’immigration, remplaçant les permis de séjour humanitaires par d’autres permis plus courts.

      L’Italie a adopté mercredi un décret-loi controversé durcissant sa politique d’immigration, voulu par Matteo Salvini, ministre de l’Intérieur et chef de la Ligue (extrême droite). La Chambre des députés a adopté le texte - après le Sénat début novembre et dans les mêmes termes - par 396 oui contre 99 non.

      Le gouvernement populiste formé par la Ligue et le Mouvement 5 Etoiles (M5S, antisystème) avait posé la question de confiance dans les deux chambres sur ce décret-loi. Quatorze députés du M5S n’ont pas pris part au vote mercredi.

      Le texte durcit la politique italienne en matière d’immigration. Il remplace en particulier les permis de séjour humanitaires, actuellement octroyés à 25% des demandeurs d’asile et d’une durée de deux ans, par divers autres permis, comme « protection spéciale », d’une durée d’un an, ou « catastrophe naturelle dans le pays d’origine », d’une durée de six mois, entre autres.
      Refus de signer le pacte de l’ONU sur les migrations

      Il prévoit une procédure d’urgence afin de pouvoir expulser tout demandeur se montrant « dangereux ». Il réorganise aussi le système d’accueil des demandeurs d’asile, qui étaient encore 146 000 fin octobre et seront regroupés dans de grands centres par mesures d’économies. Dans le volet sécurité, il généralise l’utilisation des pistolets électriques et facilite l’évacuation des bâtiments occupés.

      Le gouvernement italien a annoncé mercredi qu’il ne signerait pas le pacte de l’ONU sur les migrations (Global Compact for Migration) comme s’y était engagé en 2016 le précédent exécutif de centre-gauche dirigé à l’époque par Matteo Renzi.

      Le gouvernement ne participera pas au sommet prévu les 10 et 11 décembre à Marrakech où doit être définitivement adopté ce pacte « se réservant d’adhérer ou non au document seulement une fois que le parlement se sera prononcé », a déclaré le président du Conseil Giuseppe Conte. Non contraignant, ce texte de 25 pages, premier du genre sur ce sujet, vise à réguler les flux migratoires au plan mondial.

      https://www.letemps.ch/monde/litalie-adopte-loi-antimigrants-matteo-salvini

    • Il decreto immigrazione è legge: cambierà in peggio la vita di migliaia di persone.

      Con il voto di fiducia di ieri alla Camera, il decreto immigrazione è stato convertito in legge. Refugees Welcome Italia esprime nuovamente la propria contrarietà ad un provvedimento che cambia, in negativo, la vita di migliaia di persone, rendendole ancora più vulnerabili ed esponendole al rischio di vivere ai margini della società. Come già ribadito, lontano dal garantire “l’ordine e la sicurezza pubblica”, questo decreto va nella direzione opposta, acuendo il disagio sociale e aumentando l’insicurezza per tutta la popolazione, migrante e italiana, con pesanti ricadute anche sulla coesione sociale. Secondo alcune stime, la sola abolizione della protezione umanitaria – un permesso di soggiorno che lo Stato italiano riconosce a coloro che, pur non avendo i requisiti per ottenere la protezione internazionale, presentano comunque delle vulnerabilità tali da richiedere una forma di tutela – produrrà 60 mila nuovi irregolari nei prossimi due anni. Migliaia di nuovi senza tetto, persone senza diritti, che rischiano di diventare facile preda di sfruttamento e criminalità.
      “Un decreto di tale portata avrebbe meritato una discussione approfondita, in fase di approvazione, per tentare almeno di introdurre qualche miglioria, invece il testo è passato con la fiducia”, sottolinea Fabiana Musicco, presidente dell’associazione. “A pagare il prezzo di questo nuovo assetto normativo saranno, ad esempio, migliaia di ragazzi arrivati in Italia da minori soli che sono prossimi a compiere 18 anni. Molti di loro hanno fatto richiesta di asilo e qualora ricevessero un diniego di protezione internazionale, una volta diventati maggiorenni, non avrebbero alcun titolo per rimanere in modo regolare in Italia. Per non parlare dei tanti neo-maggiorenni che hanno già ottenuto la protezione umanitaria e che, non potendo accedere al sistema Sprar a causa del decreto, non hanno un posto dove andare. In questo ultimo mese ci sono arrivate diverse segnalazioni di ragazzi in questa situazione: diciottenni che si sono iscritti sul nostro sito per chiedere di essere ospitati in famiglia e proseguire il loro percorso di inclusione. Il rischio, per loro, è che finiscano per strada”.
      Oltre all’abolizione della protezione umanitaria, sono tante altre le misure discutibili che incideranno negativamente sull’architettura del sistema di accoglienza in Italia. Invece di potenziare l’accoglienza diffusa gestita dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si è scelto, con questo decreto, di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni. “Molte disposizioni del decreto, oltre a ridurre lo spazio di esercizio di alcuni diritti fondamentali, come quello all’asilo, sono contrarie al buon senso e renderanno il nostro Paese un posto meno sicuro per tutti, migranti e italiani”.

      https://refugees-welcome.it/decreto-immigrazione-legge-cambiera-peggio-la-vita-migliaia-persone

    • Azzariti: «Il Decreto sicurezza sarà bocciato dalla Consulta»

      Il costituzionalista critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato

      «Innanzitutto il provvedimento impressiona per il segno culturalmente regressivo perché appiattisce l’immigrazione ad un problema di esclusiva sicurezza pubblica: dalla legge Bossi Fini in poi c’è una progressione in questo senso di criminalizzazione del problema migratorio». Il costituzionalista Gaetano Azzariti critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato: «Così com’è è una summa di incostituzionalità, auspico si intervenga per cambiarlo in Parlamento».

      Professore, perché il decreto sicurezza sarebbe incostituzionale? Ci vuole spiegare le ragioni?
      Penso di peggio: nel testo ci sono una summa di incostituzionalità. Dallo strumento utilizzato, il decreto legge, al contenuto del provvedimento che va in conflitto coi principi della nostra Carta.

      Lei critica la formula del decreto perché dice che in questo momento non esiste un’emergenza tale da giustificare un provvedimento simile? Però posso ribattere, facendo l’avvocato del diavolo, che da anni è prassi che i nostri governi adottino la formula del decreto esautorando il Parlamento…
      C’è una sentenza della Corte Costituzionale del 2007 che ci spiega come non sia sufficiente che il governo dichiari la necessità di urgenza per emanare un decreto. Illegittimo è quindi l’uso del decreto legge per regolare fenomeni – quali le migrazioni – di natura strutturale che non rivestono alcun carattere di straordinarietà ed urgenza. In questo caso la palese mancanza dei requisiti costituzionali è dimostrata dal fatto di cui il governo si vanta di aver ridotto dell’80 per cento il problema dell’immigrazione. E allora non le sembra una contraddizione logica dichiarare l’emergenza quando lo stesso governo festeggia per i risultati ottenuti? Il governo ha pieno diritto di legiferare in materia, anche secondo il principio di contenimento dei flussi, ma tramite un disegno di legge.

      Al di là, quindi, della formula del decreto che lei reputa inopportuna, entrando nel merito, quali sono gli articoli della Costituzione che vengono violati?
      In primis, l’articolo 10 terzo comma stabilisce un diritto fondamentale che riguarda non i cittadini ma gli stranieri. A questi viene assegnato la possibilità di chiedere asilo politico allo Stato italiano. La stessa Cassazione, con diverse sentenze emesse dal 2012 al 2018, e le disposizioni internazionali ci parlano di permessi per “protezione umanitaria” come mezzi di attuazione della disposizione costituzionale. Bene, col decreto si passa all’eliminazione totale di questo status: la protezione umanitaria viene abrogata e sostituita da ipotesi specifiche. Cos’è questa se non una violazione dell’articolo 10 della nostra Carta?

      E che ne pensa della sospensione della concessione della domanda se si è sottoposti a procedimento penale?
      La presunzione di non colpevolezza è un principio di civiltà che è sancito dall’articolo 27 della nostra Costituzione. E non si fa certo differenza tra cittadini e stranieri (si riferisce in generale all’«imputato»). C’è poco altro da aggiungere: una sospensione della concessione della domanda mi sembra chiaramente violativa di questo principio.

      Si parla anche di revoca della cittadinanza in caso di condanna, anche questo aspetto secondo lei è incostituzionale?
      Si afferma per legge che qualora l’immigrato riuscisse, dopo il lungo iter burocratico, ad ottenere la cittadinanza italiana, non sarà comunque mai considerato alla pari degli altri. Come se dovesse pagare per l’eternità una pecca originaria. Questo aspetto è in contrasto con due principi: quello d’eguaglianza, introducendo nel nostro ordinamento una irragionevole discriminazione tra cittadini, e contravvenendo all’espressa indicazione di divieto della perdita della cittadinanza per motivi politici (articoli 3 e 22).

      In pratica, persone che commettono lo stesso reato avrebbero sanzioni diverse?
      Esatto, chi ha acquisito la cittadinanza è penalizzato rispetto a chi la tiene per ius sanguinis. Inoltre l’articolo 22 della Carta stabilisce che non si può perdere la cittadinanza per motivi politici. Ma se vuole continuo, gli elementi di incostituzionalità sono ancora altri.

      Ce li dica…
      Il decreto sicurezza estende la cosiddetta detenzione amministrativa cioè l’obbligo di stare in questi centri di permanenza e di rimpatrio da 90 a 180 giorni. Qui abbiamo una giurisprudenza con zone d’ombra ma che su un punto è chiarissima: la sentenza 105 del 2001 della Corte Costituzionale stabilisce che “il trattamento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea è misura incidente sulla libertà personale”. Il governo dovrebbe dimostrare che in questi luoghi non ci sia limitazione di libertà personale, la vedo difficile.

      E sul taglio degli Sprar che ne pensa?
      È una delle parti più odiose del decreto. Si cancella quella normativa che definiva le politiche di integrazione cercando di realizzare anche un altro principio fondamentale: quello di solidarietà (articolo 2 della Costituzione).

      A questo punto, crede veramente che il testo verrà migliorato alla Camera oppure teme che Lega e M5S abbiano blindato il provvedimento con il voto di fiducia?
      La speranza è l’ultima a morire. Non posso auspicare che questa maggioranza cambi idea sull’ordine pubblico o sul nesso immigrazione-sicurezza o che faccia un provvedimento che regoli i flussi. Qui il tema di discussione non è l’indirizzo politico del governo ma il rispetto della Carta e dei limiti costituzionali. Ricordo, inoltre, che il presidente della Repubblica quando ha firmato il decreto, ha anche scritto una lettera a Conte rilevando nell’auspicio del rispetto dei principi internazionali. Il Parlamento ha l’onore di prendere in considerazione almeno questi moniti.

      E nel caso, invece, rimanga così com’è ci sarebbe l’altolà della Consulta? È un’ipotesi realistica?
      Sono certo che se dovesse essere approvato in questi termini, magari con l’aggravante della mancanza della discussione in Parlamento, tutta l’attenzione non politica ma costituzionale si riverserà sui due guardiani della Costituzione. In primo luogo sul Capo dello Stato in sede di promulgazione – che dovrà in qualche modo verificare se il Parlamento ha tenuto conto dei rilievi da lui stesso formulati – e in secondo luogo sulla Corte Costituzionale.

      La sento abbastanza convinto sulla possibilità che la Consulta bocci alcune parti del provvedimento…
      Gli elementi di incostituzionalità di questo decreto mi sembrano abbastanza evidenti.

      http://www.vita.it/it/article/2018/11/22/azzariti-il-decreto-sicurezza-sara-bocciato-dalla-consulta/149839

    • Italien verschärft seine Einwanderungsgesetze drastisch

      In Italien hat Innenminister Salvini sein Einwanderungsdekret durchgesetzt. Die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen wird eingeschränkt, die Ausweisung von Migranten erleichtert.

      Drei Wochen nach dem italienischen Senat hat auch die Abgeordnetenkammer das umstrittene Einwanderungsdekret von Innenminister Matteo Salvini angenommen.

      Durch das Gesetz wird

      – die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen massiv eingeschränkt und
      – die Ausweisung von Migranten erleichtert.
      – Auch die Verteilung und Unterbringung von Asylbewerbern wird neu geregelt: Die meisten sollen künftig in großen Auffangzentren untergebracht werden.
      – Als „gefährlich“ eingeschätzte Asylbewerber sollen in Eilverfahren abgeschoben werden können.
      – Migranten, die bereits die italienische Staatsbürgerschaft haben, sollen diese wieder verlieren, wenn sie in Terrorverfahren verurteilt werden.
      – Als sicherheitspolitische Neuerung ist in dem Gesetz unter anderem vorgesehen, den Einsatz von Elektroschockpistolen auszuweiten und die Räumung besetzter Gebäude zu erleichtern.

      Die Regierung hatte in beiden Parlamentskammern die Vertrauensfrage gestellt, um die Gesetzesänderung zügig durchzubringen. Einige Parlamentarier der populistischen Fünf-Sterne-Bewegung, die zusammen mit Salvinis fremdfeindlicher Lega-Partei regiert, hatten aus Protest gegen die geplanten Verschärfungen Dutzende Änderungsanträge eingereicht.

      396 Abgeordnete stimmten schließlich für die drastische Verschärfung des Einwanderungsrechts, 99 votierten dagegen. 14 Abgeordnete der Fünf-Sterne-Bewegung, die sich gegen die Pläne ausgesprochen hatten, nahmen nicht an der Abstimmung teil.

      „Ein denkwürdiger Tag“

      Salvini äußerte sich angesichts des Ergebnisses zufrieden. „Heute ist ein denkwürdiger Tag“, sagte der Innenminister, der zugleich Vizeregierungschef ist. Kritik an den Gesetzesverschärfungen wies er als Bedenken von Linken zurück, „die finden, dass illegale Einwanderung kein Problem ist“.

      Das Uno-Flüchtlingshilfswerks (UNHCR) hatte sich Anfang November besorgt zu den Gesetzesverschärfungen geäußert. Diese böten keine „angemessenen Garantien“, insbesondere für Menschen, die besonderer Fürsorge bedürften, etwa Opfer von Vergewaltigung oder Folter.

      Die italienische Regierung vertritt seit ihrem Amtsantritt im Sommer eine harte Haltung in der Flüchtlings- und Einwanderungspolitik. Schiffen mit geretteten Flüchtlingen an Bord verweigerte Salvini das Einlaufen in italienische Häfen. Der Schwerpunkt der Flüchtlingskrise im Mittelmeer hat sich seitdem stärker nach Spanien verlagert: Spanien ist in diesem Jahr zum Hauptankunftsland von Flüchtlingen in Europa geworden, weit vor Italien und Griechenland.

      http://www.spiegel.de/politik/ausland/fluechtlinge-italien-verschaerft-seine-einwanderungsgesetze-drastisch-a-1241

    • Decreto immigrazione e sicurezza, la circolare ai Prefetti del 18 dicembre 2018

      Il Gabinetto del ministero dell’Interno ha diramato in queste settimane ai Prefetti la CM del 18 dicembre 2018 per «illustrare… le principali disposizioni d’insieme» del DL 4 ottobre 2018, il cosiddetto decreto immigrazione e sicurezza. Il testo è disponibile a questo link: http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/Circolare_m_18_12_2018.pdf. Il Viminale ha predisposto anche un documento divulgativo dal titolo Immigrazione e sicurezza pubblica. Le risposte per conoscere il nuovo decreto: qui (http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/FAQ_Decreto_immigrazione_e_sicurezza_definitivo_3_1_2018.pdf) la versione aggiornata al 3 gennaio 2019.

      Qui invece (www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/612656/Dl-Salvini-la-circolare-del-Viminale-che-tenta-di-rassicurare-i-sindaci), da Redattore sociale, il giudizio dell’ASGI sulla circolare ministeriale e le pericolose ricadute del DL (convertito in legge con la 132/2018: viedifuga.org/approvato-alla-camera-il-decreto-sicurezza-e-immigrazione-e-una-pessima-legge/) secondo Oxfam Italia e secondo l’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale).

      http://viedifuga.org/decreto-immigrazione-e-sicurezza-la-circolare-ai-prefetti-del-18-dicembre

    • La stretta sulla residenza è uno dei problemi del decreto sicurezza

      Il decreto immigrazione e sicurezza, diventato legge il 27 novembre del 2018 con l’approvazione in parlamento, suscita divisioni e critiche sia all’interno della maggioranza sia tra le file dell’opposizione. Dopo l’attacco del sindaco di Palermo Leoluca Orlando e del sindaco di Napoli Luigi De Magistris – che hanno annunciato di non voler applicare la legge, perché “è un testo inumano che viola i diritti umani” – molti altri sindaci hanno detto che boicotteranno la norma. Una mappa compilata dalla ricercatrice Cristina Del Biaggio raccoglie tutte le adesioni degli amministratori locali contro il decreto, in totale un centinaio.

      Uno dei punti più contestati della legge è l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica. Leoluca Orlando, con una nota inviata al capoarea dei servizi al cittadino, ha chiesto d’indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione del decreto sicurezza e di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”. Ma perché è così importante essere iscritti all’anagrafe e cosa comporta esserne esclusi? E infine, ha senso sospendere l’applicazione del decreto o basta applicare correttamente le norme esistenti?

      Cosa prevede il decreto
      La legge 113/2018 (anche detta decreto sicurezza e immigrazione o decreto Salvini) prevede delle modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 142/2015 attraverso un comma secondo cui “il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”. Secondo Enrico Gargiulo, docente di fondamenti di politica sociale all’università Ca’ Foscari di Venezia, il decreto introduce una “rivoluzione nel campo del diritto all’anagrafe”, perché “per la prima volta si nega in maniera chiara a una categoria di persone un diritto soggettivo perfetto”, contravvenendo alla costituzione e ad altre norme generali sull’immigrazione come il Testo unico del 1998.

      Dello stesso orientamento l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che in un comunicato ha ribadito l’incostituzionalità di questo punto e ha annunciato di aver già presentato diversi ricorsi, impugnando in sede giudiziaria alcuni dinieghi all’iscrizione anagrafica. “Riteniamo infatti che non sussista alcuna ragione che giustifichi sotto il profilo costituzionale una diversità di trattamento nell’iscrizione anagrafica che colpisce una sola categoria di stranieri legalmente soggiornanti (i titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo), violando il principio di parità di trattamento coi cittadini italiani prevista dall’articolo 6 del Testo unico sull’immigrazione( legge 286/1998)”, si legge nel comunicato. I ricorsi che saranno portati davanti a un giudice chiameranno in causa la corte costituzionale per violazione dell’articolo 3 della costituzione. La consulta a sua volta dovrà stabilire se questa parte del decreto è in linea con la carta fondamentale.

      Di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe

      Tuttavia alcuni giuristi invitano a un’interpretazione diversa del decreto. Le avvocate dell’Asgi Nazzarena Zorzella e Daniela Consolo ritengono che il decreto “non pone nessun esplicito divieto, ma si limita a escludere che la particolare tipologia di permesso di soggiorno possa essere documento utile per formalizzare la domanda di residenza”. Intervistata al telefono da Internazionale Zorzella ribadisce che “anche se il decreto ha come obiettivo l’esclusione dei richiedenti asilo dalla residenza, tuttavia di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe, ma si sostiene che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisca un titolo valido per l’iscrizione all’anagrafe”.

      Per l’avvocata, quindi, i sindaci potrebbero con una circolare informare gli uffici anagrafici di accettare come documento valido per l’iscrizione all’anagrafe il modulo C3 e cioè la domanda di asilo presentata in questura dal richiedente asilo al momento dell’arrivo in Italia, assumendo quel titolo come prova del soggiorno regolare del cittadino straniero in Italia. “Il decreto sicurezza coesiste con il Testo unico sull’immigrazione, in particolare con l’articolo 6 comma 7 che non è stato modificato dal decreto e prevede che allo straniero regolarmente soggiornante sia consentita l’iscrizione anagrafica”. Secondo l’avvocata i sindaci potrebbero provare a interpretare la norma in senso meno restrittivo, continuando a consentire l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe usando un altro documento come prova del loro soggiorno nel paese.

      Cosa implica l’iscrizione all’anagrafe
      L’iscrizione anagrafica è necessaria per il rilascio del certificato di residenza e del documento d’identità. Questi due documenti di prassi sono il presupposto per il godimento di alcuni servizi pubblici, in particolare dei servizi sociali, per esempio la presa in carico da parte degli assistenti sociali, l’accesso all’edilizia pubblica, la concessione di eventuali sussidi, per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale (per la fruizione dei servizi ordinari come il medico di base, mentre l’assistenza sanitaria d’urgenza è per principio garantita anche agli irregolari), per l’iscrizione a un centro per l’impiego. Inoltre un documento d’identità valido è richiesto per sottoscrivere un contratto di lavoro, per prendere in affitto una casa o per aprire un conto corrente bancario. La situazione in realtà è molto disomogenea sul territorio italiano, da anni molti comuni hanno stabilito che sia necessaria la residenza per accedere a questi servizi, mentre in altri municipi è consentito accedere ai servizi con il domicilio o la residenza fittizia, ma il decreto introdurrà ancora più ambiguità in questa materia e c’è da aspettarsi un aumento dei contenziosi. “Chi non ha accesso ai diritti anagrafici diventa invisibile, è una specie di fantasma dal punto di vista amministrativo”, afferma il ricercatore Enrico Gargiulo. “Anche se una persona rimane titolare di certi diritti, senza l’iscrizione anagrafica di fatto ne è esclusa”, conclude il ricercatore.

      Anche su questo punto le avvocate dell’Asgi, Zorzella e Consolo, ritengono che l’iscrizione all’anagrafe non sia necessaria per garantire l’accesso ai servizi dei richiedenti asilo. Zorzella e Consolo ricordano che lo stesso decreto sicurezza prevede che sia assicurato agli stranieri “l’accesso ai servizi comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti”. In questo senso, secondo loro, i sindaci e gli amministratori locali dovrebbero chiarire in una circolare che è sufficiente il domicilio per accedere ai servizi pubblici territoriali senza dover esibire l’iscrizione all’anagrafe, e lo stesso varrebbe per i servizi privati (banche, poste, assicurazioni, agenzie immobiliari).

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2019/01/09/residenza-anagrafe-decreto-sicurezza

    • La delibera per iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo. Dalle parole ai fatti, smontiamo il decreto Salvini

      Il 2019 è iniziato con numerosi Sindaci che hanno manifestato la loro volontà di disobbedire al decreto legge “immigrazione e sicurezza” di Salvini.
      Tra tutti, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo con una nota inviata al Capo Area dei Servizi al Cittadino, ha conferito mandato per indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione della legge n.132/2018 e, nelle more, ha impartito di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”.

      Si tratta del primo vero atto che tenta di opporsi alle previsioni contenute nel d.l. n. 113/2018 dopo la sua conversione in legge. Precedentemente, infatti, alcuni Comuni avevano dichiarato di sospendere gli effetti del decreto ma solo fino alla sua approvazione definitiva.
      In ogni caso, il fronte che, speriamo, si stia aprendo a livello territoriale contro questo provvedimento è di fondamentale importanza.

      Le leggi razziste, securitarie e repressive come, prima, i decreti di Minniti ed , ora, il decreto di Salvini agiscono anche e soprattutto sullo spazio delle nostre città, creano sacche di esclusione e di diritti negati.

      Dalle nostre città, dunque, deve partire una nuova resistenza.

      Per questo abbiamo pensato di elaborare un primo modello di delibera che smonti un pezzetto della legge n.113/2018 proprio nella parte in cui prevedendo l’impossibilità per il richiedente, titolare di un permesso di soggiorno per richiesta asilo, di iscriversi all’anagrafe si pone in piena violazione dell’articolo 26 della Convenzione di Ginevra e comporta una grave limitazione al godimento di quei diritti che la nostra Carta Costituzionale individua come diritti fondamentali.
      L’iscrizione all’anagrafe, infatti, rimane lo strumento tramite il quale si consente ai poteri pubblici di pianificare i servizi da erogare alla popolazione; inoltre essa è da sempre presupposto per l’accesso ad altri diritti sociali e civili, come l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale; l’accesso all’assistenza sociale e concessione di eventuali sussidi previsti dagli enti locali.

      Nel modello di delibera si richiama la competenza comunale in materia di istituzione di un albo anagrafico (art. 14 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267), i casi in cui i Comuni hanno già esercitato tale potere istitutivo (si vedano i registri per le unioni civili); la Convezione di Ginevra; gli articoli della nostra Costituzione che tutelano l’iscrizione anagrafica e la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto un diritto alla residenza qualificato come “diritto soggettivo”.
      Il tutto per dire una sola cosa alle istituzioni locali: se volete, avete tutto il potere di istituire quest’albo e garantire ai richiedenti asilo l’iscrizione anagrafica. Avete dalla vostra, la forza della ragione e la forza del Diritto.

      Si tratta, dunque, di un modello di delibera che mettiamo nelle mani dei Comuni solidali che realmente vogliono contrastare gli effetti di questo decreto.
      Un modello di delibera che mettiamo nelle mani degli attivisti e degli abitanti delle nostre città, piccole o grandi che siano, per fare pressione sui loro governanti e sfidarli ad istituire l’albo per l’iscrizione dei richiedenti asilo.

      Un modello di delibera che è solo uno dei tanti strumenti che intendiamo mettere a disposizione di questa battaglia per la giustizia e la dignità.
      La partita per la gestione dei centri Sprar e per i regolamenti di polizia locale dei nostri Comuni è ,infatti, ancora aperta.
      Anche in quel caso gli amministratori potranno decidere da che parte stare: se dalla parte della cieca obbedienza a delle leggi disumane, che condannano migliaia di persone alla marginalità rendendole carne da cannone per le Mafie, oppure dalla parte della “sicurezza dei diritti” di tutti e tutte noi.

      https://www.meltingpot.org/La-delibera-per-iscrivere-all-anagrafe-i-richiedenti-asilo.html

    • Une nouvelle loi anti-immigration controversée adoptée en Italie

      Le parlement italien a adopté une loi introduisant des restrictions pour les demandeurs d’asile, mais aussi des mesures pour la sécurité publique et contre les mafias. Un article d’Euroefe.

      La Chambre des représentants a approuvé le projet de loi par 336 voix pour et 249 abstentions, concluant ainsi sa trajectoire après son approbation au Sénat le 7 novembre par 163 voix pour, 59 contre et 19 abstentions.

      Cette mesure a été amenée par le chef de file de la Ligue de l’extrême droite et ministre de l’Intérieur, Matteo Salvini, et présentée dans les deux chambres parlementaires comme une motion de confiance au gouvernement, une technique utilisée pour éviter les amendements et écourter leur approbation.

      Quelque 200 personnes ont manifesté devant le parlement pour manifester leur rejet de cette loi controversée, et ont organisé des funérailles pour les droits, dénonçant le racisme.

      Salvini célèbre sa loi controversée

      Matteo Salvini a exprimé lors d’une conférence de presse sa « grande satisfaction, non pas en tant que ministre, mais en tant que citoyen italien », car, a-t-il assuré, la loi « donnera plus de tranquillité, d’ordre, de règles et de sérénité aux villes ».

      La nouvelle loi repose sur trois piliers : l’immigration, la sécurité publique et la lutte contre la criminalité organisée.

      Dans le domaine de l’immigration, les permis de séjour pour des raisons humanitaires seront suspendus. Ceux-ci ont été accordés pour deux ans et ont permis aux réfugiés d’accéder au monde du travail et à la sécurité sociale. Au lieu de cela, des permis de « protection spéciale » d’un an seront octroyés.

      En outre, la protection internationale sera refusée ou rejetée en cas de condamnation définitive de l’immigré, notamment pour viol, vente de drogue, vol ou extorsion. La mutilation génitale est mentionnée dans le texte et considérée comme « crime particulièrement alarmant ».

      La nouvelle loi allongera de 90 à 180 jours la période pendant laquelle les immigrants pourront rester dans les centres d’identification, période que le gouvernement du Mouvement 5 étoiles et la Ligue considère appropriée pour identifier le demandeur.

      Par ailleurs, davantage de fonds sont prévus pour le rapatriement volontaire des immigrants et la protection sera retirée à ceux qui retournent dans leur pays d’origine, sinon pour des « raisons graves et avérées ».

      Utilisation expérimentale du Taser

      En matière de sécurité publique, la nouvelle loi stipule que les sociétés de location de voitures communiquent à la police les données de leurs clients pour vérifier leurs antécédents et éviter ainsi d’éventuels attentats à la voiture bélier comme ce fut le cas à Nice, Berlin ou Londres.

      Elle permettra aussi aux agents des villes de plus de 100 000 habitants d’expérimenter le pistolet électrique Taser, et les clubs de football devront accroître leur contribution, en allouant entre 5 et 10 % des ventes de billets à la sécurité des stades.

      La loi étend par ailleurs le « Daspo », l’interdiction d’accès aux manifestations sportives aux foires, marchés et hôpitaux pour les personnes qui ont manifesté un comportement agressif ou dangereux.

      Enfin, en ce qui concerne la mafia, les nouvelles mesures augmentent les ressources destinées à l’entité qui gère les biens saisis aux criminels et libéralise ces biens, qui peuvent désormais être achetés par des particuliers « avec des contrôles rigoureux » afin qu’ils ne reviennent pas entre les mains des clans.

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/une-nouvelle-loi-anti-immigration-controversee-adoptee-en-italie

    • Decreto immigrazione e sicurezza: tutti i dubbi sulla costituzionalità

      Le Regioni contro il decreto Salvini. Piemonte, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Basilicata. Di ora in ora si allarga la squadra dei governatori contro il decreto sicurezza e immigrazione di Matteo Salvini.

      La strada passa per il ricorso alla Corte costituzionale e a guidare il tutto sarà la Regione Piemonte, che ha dato mandato al docente di Diritto internazionale, Ugo Mattei, e all’avvocatura della Regione di preparare il ricorso che “

      seguirà l’esempio di quanto fatto da Apple, Facebook, Google, e altri colossi della Silicon Valley quando presero posizione e presentarono ricorso contro il decreto attuativo anti-immigrazione e il blocco dei visti voluto dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump” ha spiegato l’assessora all’immigrazione della regione Piemonte Monica Cerutti

      “Ugo Mattei, insieme all’avvocatura della Regione Piemonte, si occuperà del ricorso in Corte Costituzionale contro il decreto sicurezza che rischia di creare un danno all’economia piemontese” ha spiegato Monica Cerutti. “Il decreto farà finire nell’irregolarità migliaia di migranti che quindi non potranno più contribuire alla vita economica del territorio”.

      “La nostra avvocatura sta anche lavorando con le avvocature delle altre ‘regioni rosse’” ha aggiunto l’assessora della Regione Piemonte “perché ci sia coordinamento nella presentazione dei ricorsi. Stiamo infatti pensando di aggiungere un nuovo profilo di incostituzionalità, che va sommarsi a quelli che riguardano le competenze regionali in materia di sanità e politiche sociali. Questo decreto manda del resto a gambe all’aria tutto il lavoro fatto sull’immigrazione in questi anni, rendendo inutili gli investimenti messi in campo dalla nostra Regione”.

      Il professor Mattei, si precisa dalla Regione, “si è reso disponibile a portare avanti questa battaglia a titolo gratuito. Quindi il suo intervento non costituirà una spesa per il Piemonte”.

      In precedenza anche il Quirinale aveva valutato eventuali profili di incostituzionalità del decreto, ponendo l’accento – nonostante la firma arrivata dopo la fiducia ottenuta alla Camera mercoledì 28 novembre 2018 – su alcune questioni.

      Vediamo quali sono:

      Necessità e urgenza – Il primo nodo è sulla natura dello strumento scelto dal governo. Secondo la Costituzione, il decreto deve rispettare i criteri di necessità e urgenza, oltre a non essere palesemente incostituzionale. La presidenza della Repubblica aveva già manifestato le proprie perplessità sull’urgenza di un intervento del governo su questa materia.

      Revoca del diritto d’asilo – Si allunga l’elenco di reati che comportano la sospensione della domanda di asilo e causano l’espulsione immediata dello straniero. Tra questi sono stati inclusi la violenza sessuale, la detenzione e il traffico di stupefacenti, il furto, la minaccia o la violenza a pubblico ufficiale. Nel decreto è prevista la revoca dello status dopo la sola condanna di primo grado: nella nostra Costituzione è però prevista la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Questa disposizione potrebbe essere in contrasto con i principi costituzionali.

      Revoca della cittadinanza – È prevista la revoca della cittadinanza italiana acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo. La revoca sarà possibile entro tre anni dalla condanna definitiva, per decreto del presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Interno. Anche questa norma è in contrasto con principi della Corte Costituzionale, che considera la cittadinanza un diritto inviolabile.

      Inizialmente i decreti dovevano essere due, uno sull’immigrazione e uno sulla sicurezza e i beni confiscati alle mafie. Poi sono stati accorpati in un unico provvedimento. Ecco gli altri punti del documento:

      Abolizione della protezione umanitaria – Il decreto prevede l’abolizione della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari previsto dal Testo unico sull’immigrazione (legge 286/98).

      Trattenimento nei Cpr – Gli immigrati con i documenti non in regola potranno essere trattenuti nei Centri per il rimpatrio fino a 180 giorni. Ad oggi il limite era 90 giorni.

      Sicurezza urbana – Viene prevista la sperimentazione dei taser di parte della municipale nei comuni con più di 100 mila abitanti e inasprite le pene contro chi promuove o organizza occupazioni.

      Lotta alle mafie – Per contrastare le infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione, il decreto prevede la nomina di un Commissario straordinario in caso di segnalazioni di situazioni anomale o di condotte illecite da parte di un Prefetto.

      https://www.tpi.it/2019/01/08/decreto-sicurezza-incostituzionalita-regioni/amp
      #constitutionnalité

    • Protezione umanitaria, la pronuncia della Cassazione n. 4890/2019

      Pubblichiamo la decisione n. 4890/2019 della Corte di cassazione, che risolve i dubbi in tema di regime intertemporale della nuova disciplina sulla protezione umanitaria.

      In argomento, questa Rubrica ha già ospitato la requisitoria del procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’articolo di Carlo Padula (Quale sorte per il permesso di soggiorno umanitario dopo il dl 113/2018?) contenente l’orientamento dei Tribunali di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino, Trento e della dottrina in punto di regime intertemporale della nuova disciplina della protezione umanitaria.

      http://questionegiustizia.it/articolo/protezione-umanitaria-la-pronuncia-della-cassazione-n-48902019_19
      #protection_humanitaire

  • "A Natale vietato dare latte caldo ai senza dimora": la rabbia dei volontari

    Da sette anni ogni mattina il «Gruppo della colazione» offre bevande calde alle persone che vivono sotto i portici dell’ex Chiesa di San Francesco a Como. Ma da ieri non possono più farlo. Lo vieta un’ordinanza del sindaco, per la «tutela della vivibilità e del decoro del centro urbano»

    http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/560206/A-Natale-vietato-dare-latte-caldo-ai-senza-dimora-la-rabbia-dei-vol

    #it_has_begun #Côme #SDF #solidarité #sans-abri #urban_matter #villes #espace_public #anti-pauvres #honte