• Come parlare d’immigrazione con i bambini

    “È vero che sono così tante le persone che arrivano in Italia? Perché hanno tutti lo smartphone?”: sono le domande che i bambini pongono più spesso durante i laboratori sull’immigrazione che Daniele Biella, un giornalista e operatore sociale originario della Brianza, tiene nelle scuole dal 2016 per il progetto Con altri occhi insieme alla cooperativa sociale Aeris e ad alcuni richiedenti asilo che vanno con lui nelle scuole.

    Dopo aver incontrato in due anni circa ottomila ragazzi tra i 9 e i 14 anni, Biella ha deciso di scrivere un libro Con altri occhi. Incontri nelle scuole dialogando di migrazioni (Aeris, 2018), una specie di guida per insegnanti, genitori e ragazzi, fatta di interrogativi e risposte collettive, utile per affrontare un tema delicato e attuale.

    “Cerchiamo di parlare con la massima chiarezza, senza giri di parole. Ogni capitolo del libro riporta una delle domande degli studenti”, spiega Biella a Internazionale. La domanda sulle motivazioni che spingono le persone a partire è una delle più frequenti, insieme alla curiosità dei rapporti che si riescono a tenere con le famiglie e con il paese di origine, ma spesso nelle conversazioni emergono anche le notizie false che in questi anni sono state diffuse sull’immigrazione: “È vero che guadagnano 35 euro al mese? Vivono in hotel? Rubano il lavoro dei genitori?”.

    Per Biella raramente i bambini hanno mostrato paura parlando d’immigrazione, spesso però hanno sollevato delle questioni, hanno espresso dei dubbi e hanno citato luoghi comuni e stereotipi.

    “Il terrorismo per loro è ovviamente un tema. Facciamo chiarezza sul fatto che molto spesso i migranti scappano proprio da persecuzioni da parte di gruppi terroristici”, dice Biella. Un’altra parola che desta preoccupazione è “clandestino”, così come quando si parla del rapporto tra immigrazione e criminalità. “L’aspetto interessante è che nella discussione che si genera c’è sempre qualcuno nella stessa classe che, ancora prima che lo faccia io, porta l’attenzione sull’evitare generalizzazioni”, spiega l’educatore.

    Si è un po’ tutti migranti nel concreto, per necessità lavorative, di studio o familiari

    Infine, spesso i bambini si dimostrano preoccupati quando si tocca il tema del razzismo: “Mi sorprende in positivo la reazione di rifiuto che molti di loro hanno di fronte a racconti di discriminazione di qualsiasi tipo”.

    La questione che li turba di più però è la scelta di lasciare il proprio paese di origine. “Non lascerei casa mia a meno di essere obbligato”, è una considerazione che spesso fanno i bambini dopo aver ascoltato le molte ragioni che spingono le persone a partire. Domandano molto anche dei rapporti che riescono a tenere con le famiglie, una volta arrivati in Europa. “Chiedono spesso se sentono nostalgia di casa e dei loro familiari”. Ai laboratori partecipano sempre dei richiedenti asilo – Bourama S., Harris I. e Mamadou D. – che raccontano la loro storia e rispondono alle domande dei ragazzi.

    “C’è molto entusiasmo di solito durante questi incontri, perché per molti bambini è la prima volta che parlano con una persona venuta da lontano. Chiedono di tutto, sia sul motivo della fuga dal loro paese, sul viaggio per arrivare in Italia, sulla scuola e il cibo nel paese d’origine”, spiega Biella. “Ma chiedono anche cosa pensano dell’Italia e degli italiani, se hanno subìto episodi di razzismo, se hanno amici, se sono fidanzati, per quale squadra di calcio tifano. Vogliono entrare davvero in relazione con queste persone e devo dire che questa interazione è l’aspetto più riuscito del progetto”.

    Per discutere con i ragazzi dei motivi del viaggio, Biella parte spesso dall’esperienza personale: da dove vengono i nostri genitori? Perché sono partiti? “Si scopre così che si è un po’ tutti migranti nel concreto, per necessità lavorative, di studio o familiari. Sapere che anche i propri nonni o genitori si sono spostati per migliaia di chilometri per avere un futuro migliore, aiuta a capire”.


    https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/10/22/immigrazione-bambini-con-altri-occhi
    #livre_pour_enfants #livre #migrations

  • Il decreto immigrazione cancellerà lo Sprar, «sistema modello» di accoglienza

    Le scelte del governo: stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Permessi umanitari cancellati. Hotspot chiusi per 30 giorni anche i richiedenti asilo.

    Permessi umanitari cancellati. Stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate per costruire nuovi centri per i rimpatri. Possibilità di chiudere negli hotspot per 30 giorni anche i richiedenti asilo. Trattenimento massimo nei centri prolungato da 90 a 180 giorni. E poi addio alla rete Sprar. I 17 articoli e 4 capi dell’ultima bozza del decreto migranti, che il governo si prepara a varare, promettono di ridisegnare il volto del «pianeta immigrazione». Soprattutto sul fronte accoglienza, abrogando di fatto un modello, quello dello Sprar, che coinvolge oggi oltre 400 comuni ed è considerato un modello in Europa.

    A denunciarlo è l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni, destinato in caso di attuazione a produrre enormi conseguenze negative in tutta Italia, tanto nelle grandi città che nei piccoli centri, al Nord come al Sud».

    Ventitremila migranti accolti. «Lo Sprar - spiega a Repubblica Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi - è un sistema di accoglienza e protezione sia dei richiedenti asilo che dei titolari di protezione internazionale e umanitaria nato nel lontano 2002 con le modifiche al testo unico immigrazione della cosiddetta Bossi-Fini. Nei sedici anni della sua esistenza lo Sprar si è enormemente rafforzato passando da alcune decine di comuni coinvolti e meno di duemila posti di accoglienza nel 2002, ai circa ventitremila posti attuali con coinvolgimento di oltre 400 comuni».

    Un modello in Europa. «In ragione dei suoi successi nel gestire l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in modo ordinato con capacità di coinvolgimento dei territori, lo Sprar è sempre stato considerato da tutti i governi di qualunque colore politico il fiore all’occhiello del sistema italiano, da presentare in Europa in tutti gli incontri istituzionali, anche per attenuare agli occhi degli interlocutori, le gravi carenze generali dell’Italia nella gestione dei migranti».

    Il ruolo centrale dei comuni. «Il presupposto giuridico su cui si fonda lo Sprar è tanto chiaro quanto aderente al nostro impianto costituzionale: nella gestione degli arrivi e dell’accoglienza dei migranti allo Stato spettano gli aspetti che richiedono una gestione unitaria (salvataggio, arrivi e prima accoglienza, piano di distribuzione, definizione di standard uniformi), ma una volta che il migrante ha formalizzato la sua domanda di asilo la gestione effettiva dei servizi di accoglienza, protezione sociale, orientamento legale e integrazione non spetta più allo Stato, che non ha le competenze e l’articolazione amministrativa per farlo in modo adeguato, ma va assicurata (con finanziamenti statali) dalle amministrazioni locali, alle quali spettano in generale tutte le funzioni amministrative in materia di servizi socio-assistenziali nei confronti tanto della popolazione italiana che di quella straniera».
    Il business dei grandi centri. «Lo Sprar (gestito oggi da Comuni di centrosinistra come di centrodestra) ha assicurato ovunque una gestione dell’accoglienza concertata con i territori, con numeri contenuti e assenza di grandi concentrazioni, secondo il principio dell’accoglienza diffusa, di buona qualità e orientata ad inserire quanto prima il richiedente asilo nel tessuto sociale. Inoltre lo Sprar ha assicurato un ferreo controllo della spesa pubblica grazie a una struttura amministrativa centrale di coordinamento e all’applicazione del principio della rendicontazione in base alla quale non sono ammessi margini di guadagno per gli enti (associazioni e cooperative) che gestiscono i servizi loro affidati. Invece, da oltre un decennio, il parallelo sistema di accoglienza a diretta gestione statale-prefettizia, salvo isolati casi virtuosi, sprofonda nel caos producendo un’accoglienza di bassa o persino bassissima qualità con costi elevati, scarsi controlli e profonde infiltrazioni della malavita organizzata che ha ben fiutato il potenziale business rappresentato dalla gestione delle grandi strutture (come caserme dismesse, ex aeroporti militari) al riparo dai fastidiosi controlli sulla spesa e sulla qualità presenti nello Sprar».

    La fine dello Sprar. «Cancellare l’unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni. Che ne sarà di quelle piccole e funzionanti strutture di accoglienza già esistenti e delle migliaia di operatori sociali, quasi tutti giovani, che con professionalità, lavorano nello Sprar? Qualcuno potrebbe furbescamente sostenere che in fondo lo Sprar non verrebbe interamente abrogato ma trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei richiedenti asilo i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi. È una spiegazione falsa, che omette di dire che proprio la sua caratteristica di sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro un’unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo Sprar un sistema efficiente e razionale. Senza questa unità non rimane più nulla».

    https://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2018/09/21/news/migrazioni-206997314/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S2.4-T1
    #sprar (fin de -) #réfugiés #accueil #migrations #asile #Italie #hébergement #hotspot #décret #détention_administrative #rétention #protection_humanitaire #politique_d'asile #hotspots #it_has_begun #decreto_Salvini

    via @isskein

    • Publié sur la page FB de Filippo Furri :

      « Mi permetto di riprendere il commento della splendida Rosanna Marcato che è stata uno degli attori fondamentali di un percorso di sviluppo e crescita di un modello di accoglienza innovativo, che è alle fondamenta del mio lungo lavoro di ricerca sulla nozione di CITTà RIFUGIO : le città, le comunità locali, dove può realizzarsi la solidarietà concreta e reciproca, sono e devono rimanere luoghi di resistenza ai poteri fascisti che si diffondono dovunque, alla paranoia identitaria costruita a tavolino e iniettata nei cervelli e negli spiriti di spettatori impauriti e paranoici. lo SPRAR nasceva da forme di azione sperimentale «dal basso» e solidale (antifascista, antirazzista), che i governi autoritari e fascisti detestano e combattono.

      «L 11 settembre 2001 Venezia tra le prime città italiane ha dato il via ad un sistema di accoglienza (pna) che si è poi trasformato nello SPRAR. Era il frutto di esperienze di accoglienza, di saperi professionali e della volontà di costruire un sistema di accoglienza territoriale stabile e moderno. Un servizio sociale a tutti gli effetti con regole certe e rendicontazioni esatte e controllabili. Molte delle regole, degli strumenti e delle metodologie di lavoro che ancora funzionano furono elaborati da questa città e dal servizio che dirigevo. 27 anni di lavoro buttati nel cesso. Siate maledetti voi e anche quelli di prima che ci hanno ficcato in questa situazione di merda»

    • Immigrazione, Andrea Maestri: “Nel decreto Salvini tradisce il contratto di governo”

      Andrea Maestri critica il decreto Immigrazione: “Fino a oggi lo Sprar rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse. Chi adesso non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio. E quindi finirà nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono tutti privati”.

      Dopo aver licenziato l’atteso Dl Immigrazione, il ministro degli Interni Matteo Salvini, a proposito del futuro degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e del ridimensionamento di questi centri in favore dei Cas, ha dichiarato: «Il rischio è inesistente, anche qui viene messo ordine in un sistema. Da quando sono ministro abbiamo ridotto di circa 20 mila unità le presenze in tutti questi tipi di strutture. Coloro che sono nel giusto come amministratori locali e come profughi non hanno nulla a che temere da questo provvedimento». In conferenza stampa il ministro degli Interni ha spiegato che il sistema Sprar continua a sopravvivere «limitatamente ai casi di protezione internazionale e dei minori non accompagnati». Ma stanno davvero così le cose? Ne abbiamo parlato con Andrea Maestri, della segreteria nazionale di Possibile.

      Nel contratto di governo si parlava di una diminuzione della capacità d’azione dei privati nella gestione dell’accoglienza. Con questo decreto la promessa non è stata mantenuta.

      Assolutamente no. Credo che qualunque osservatore attento non possa che gridare allo scandalo per questo gravissimo inadempimento, nei confronti soprattutto dei cittadini che hanno creduto nella buona fede di chi ha firmato il contratto di governo. Secondo quel contratto sembrava si volesse puntare sul modello pubblico e diffuso. E’ in corso al contrario una privatizzazione hard del sistema dell’accoglienza. Fino a oggi lo Sprar, anche se in modo minoritario, coinvolgendo gli enti locali, rappresentava un modello pubblico e trasparente nella gestione delle risorse, che venivano rendicontate. Nel momento in cui diventa uno strumento ulteriormente residuale, perché si rivolge solo a coloro che hanno già ottenuto la protezione internazionale – si parla appunto solo dei ‘titolari’, non più di richiedenti asilo che hanno fatto domanda – comincia a riguardare solo un numero ridotto di persone. Ma chi non rientra nel sistema Sprar non sparisce magicamente dal territorio, e quindi bisognerà trovargli un’altra collocazione: cioè nei Centri d’accoglienza straordinari, i Cas, che sono appunto tutti privati, gestiti dalle prefetture, ognuna con modalità diverse di scelta del contraente, con modalità di rendicontazione a macchia di leopardo.

      Ma Salvini sostiene l’opposto, cioè che questo rischio è inesistente.

      Se avesse ragione Salvini aumenterebbe il numero di persone che vivono per strada in una condizione di fragilità sociale umana ed esistenziale: se questi migranti non vengono accolti dai Comuni all’interno degli Sprar, se non se ne occupano le prefetture attarverso gli appaltatori privati all’interno dei Cas, vorrà dire che saranno in giro. Sono persone prive di documenti, che non possono fare contratti regolari di locazione, e nemmeno condividere contratti di locazione con altri. E questo sì che farà aumentare l’irregolarità e la criminalità organizzata e disorganizzata. Con un’unica conseguenza: aumenterà la percezione di insicurezza diffusa.

      Nel testo definitivo, all’articolo 2 è confermata la norma sugli appalti per i lavori nei centri, che possono essere affidati senza previa pubblicazione del bando di gara. E’ in linea con la Costituzione?

      C’è questa norma, ma con alcuni ritocchi. In pratica la procedura negoziata, senza previa pubblicazione di un bando pubblico, può essere fatta per gli appalti sotto soglia comunitaria. Ma se si considera che la soglia comunitaria per lavori, dal primo gennaio 2018 è di circa 5 milioni e mezzo di euro, è evidente che con quella somma più che un Cas si può fare un vero e proprio carcere. Sono importi molto elevati che consentono al governo di fare procedure negoziate, limitando il confronto concorrenziale solo a 5 ditte scelte discrezionalmente dall’amministrazione. Qui c’è una lesione del principio di trasparenza e di concorrenza. Poi hanno scritto che verranno rispettati alcuni criteri, come quello di rotazione, però la sostanza rimane. L’articolo 63 del codice degli Appalti dovrebbe essere limitato a casi del tutto eccezionali: ad esempio una data amministrazione può avere l’interesse a trattare con un determinato soggetto se vuole commissionargli un’opera d’arte per una piazza pubblica; oppure sono previsti casi straordinari d’urgenza, in cui è ammissibile una deroga del genere. Ma non siamo in nessuno di questi due campi. Il governo per i prossimi tre anni sta stabilendo una procedura in deroga alle norme dell’evidenza pubblica. E’ piuttosto grave che si apra una parentesi del genere per un lasso così lungo di tempo. La prima bozza che era circolata negli ambienti dell’Anci, era spudorata, un colpo allo stomaco. Poi ci sarà stato un intervento da parte forse degli uffici ministeriali di Palazzo Chigi, o da parte dello stesso Presidente della Repubblica, che probabilmente hanno limitato un po’ il danno. Ma rimane uno degli aspetti più discutibili e negativi dell’intero provvedimento, perché è proprio uno di quegli ambiti su cui Salvini ha fatto sempre propaganda, contestando il modello del Cara di Mineo. Qui si sta dicendo che il ministero sta prospettando appalti senza evidenza publica. E la Corte Costituzionale se sarà chiamata a intervenire non mancherà di censurare quest’aspetto.

      Dal momento che il testo prevede il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Cpr, da 90 a 180 giorni, vuol dire che ne serviranno di più? Qual è la ratio?

      E’ tutto collegato, c’è una coerenza, negativa ovviamente. Nel momento in cui tu trasformi lo Sprar, e lo snaturi, visto che non si tratta più di un sistema di accoglienza per i richiedenti asilo, ma solo per i rifugiati, avremo sempre più persone disperse nel territorio, o nei Cas. E quindi viene privilegiata una gestione emergenziale. Questo farà aumentare il numero delle persone espulse dal sistema, ma non dal territorio. Ci saranno sempre più persone irregolari, e quindi una maggiore necessità di Cpr. Quelli attuali sicuramente non basteranno, quindi se ne dovranno fare degli altri. Per alimentare la narrazione emergenziale si dirà che bisogna fare in fretta, e da qui proviene il vincolo dei tre anni per la deroga per i bandi di gara per le imprese. Quando costruiranno un nuovo centro sarà a quel punto interessante vedere quali aziende verranno chiamate a concorrere, e con quali criteri. Questa è l’economia dell’emergenza, che si deve autoalimentare non solo nella propaganda, ma anche nella sostanza.

      Cosa ne pensa del permesso di soggiorno per atti di valore civile?

      Siamo alla banalità del male. Togliendo la protezione umanitaria come istituto generale, tantissime persone che ricadevano in zone grigie, non facilmente ascrivibili ad una categoria giuridica, ma che rientravano comunque in quell’ambito di tutela ampia dei diritti umani fondamentali, si trovano adesso in difficoltà. E mi riferisco soprattutto a quelle persone vulnerabili, che arrivano in Italia deprivati, fisicamente e moralmente, dopo aver attraversato per esempio l’inferno libico. Adesso per loro non ci sarà più nessuna tutela. Ci sono al loro posto queste sei categorie molto rigide che lasciano poco spazio all’attenzione di cui necessitano invece alcuni casi particolari. Un po’ per caso, come in una lotteria, se uno è in una condizione di irregolarità, ma gli capita di salvare una persona durante un incidente stradale da una macchina in fiamme, o ipotizziamo, con un po’ di fantasia, se quest’immigrato salvasse il ministro Salvini che annaspa in mare, potrebbe ottenere il permesso di soggiorno in virtù della sua azione di valore civile. Mi sembrano delle restrizioni cieche e ottuse che non migliorano minimamente lo stato delle cose. Perché la via maestra sarebbe una riforma organica del testo unico sull’immigrazione, che rendesse trasparenti e legali i canali di ingresso in Italia. Sarebbe fortemente depotenziato il canale della protezione internazionale, che ovviamente è sotto pressione perché non esiste altro modo per entrare in Italia legalmente. Ma ovviamente questo decreto crea un consenso molto più immediato.

      https://www.fanpage.it/immigrazione-maestri-nel-decreto-salvini-tradisce-il-contratto-di-governo

    • Cosa prevede il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza

      Il 24 settembre il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. Il decreto si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

      Nei giorni precedenti all’approvazione si erano diffuse delle voci su possibili dissidi tra i due partiti di maggioranza, Lega e Movimento 5 stelle, ma il ministro dell’interno Matteo Salvini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto sottolineare che i cinquestelle hanno approvato senza riserve il suo progetto di riforma.

      All’inizio i decreti avrebbero dovuto essere due: il primo sull’immigrazione e il secondo sulla sicurezza e sui beni confiscati alle mafie, poi nel corso dell’ultima settimana sono state fatte delle “limature” e i due decreti sono stati accorpati in un unico provvedimento. Il decreto dovrà ora essere inviato al presidente della repubblica Sergio Mattarella che a sua volta deve autorizzare che la norma sia presentata alle camere. Ecco in sintesi cosa prevede.

      Abolizione della protezione umanitaria. Il primo articolo contiene nuove disposizioni in materia della concessione dell’asilo e prevede di fatto l’abrogazione della protezione per motivi umanitari che era prevista dal Testo unico sull’immigrazione. Oggi la legge prevede che la questura conceda un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che presentano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, oppure alle persone che fuggono da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione europea.

      La protezione umanitaria può essere riconosciuta anche a cittadini stranieri che non è possibile espellere perché potrebbero essere oggetto di persecuzione nel loro paese (articolo 19 della legge sull’immigrazione) o in caso siano vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta. In questi casi il permesso ha caratteristiche differenti. La durata è variabile da sei mesi a due anni ed è rinnovabile. Questa tutela è stata introdotta in Italia nel 1998.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/09/24/decreto-salvini-immigrazione-e-sicurezza

    • Italy: The security decree that makes everyone more insecure

      JRS Italy (Centro Astalli) is concerned about the effects that the new measures introduced by the ’Salvini decree’ on migration and security – unanimously approved on the 24th of September by the Italian Council of Ministers – will have on the lives of migrants and on the social cohesion of the whole country.

      The combination of the Security Decree and the Immigration Decree in a single piece of legislation is misleading as it associates security issues, such as organised crime and terrorism, with the issue of managing migration, in particular forced migration. This is particularly wrong knowing that a completely different legislative approach is needed to deal with migration challenges, particularly in terms of programmes, general management and migrants’ integration.

      For JRS Italy, the reform of the Protection System for Asylum Seekers and Refugees (SPRAR) foreseen by the decree represent a fundamental step back for the Italian reception system. By excluding applicants for international protection from this type of reception the reform is in clear contradiction with the principle that a successful integration process starts from the first reception, as the current Integration Plan for refugees of the Italian Ministry of the Interior also states.

      The SPRAR, recognized as a qualitative system also by international observers, is therefore cut down, despite being the only reception system that guarantees maximum transparency in the management of resources. At the same time, the large collective centres for asylum seekers are strengthened even though the experience on the ground largely shows that, also due to the lack of involvement of local administrations, establishing such centres often encounters resistance and generates social tensions.

      According to Camillo Ripamonti SJ, JRS Italy’s president, “It is a step backwards that does not take into account on the one hand the lives and stories of the people, and on the other hand the work that for decades many humanitarian organizations and civil society have done in close collaboration with the institutions - in particular with local authorities”.

      “Criminalising migrants” – Ripamonti concludes – “is not the right way to deal with the presence of foreign citizens in Italy. Enlarging grey zones that are not regulated by law and making legal procedures less accessible and more complicated, contributes to make our country less secure and more fragile."

      http://jrseurope.org/news_detail?TN=NEWS-20180925084854

    • Decreto Salvini, Mattarella firma ma ricorda a Conte gli obblighi fissati dalla Costituzione

      Il provvedimento è quello che riguarda sicurezza e immigrazione. Il presidente della Repubblica invia al premier una lettera in cui richiama l’articolo 10 della Carta. La replica di Salvini: «ciapa lì e porta a cà». Polemica dei medici sulla norma per i presidi sanitari

      https://www.repubblica.it/politica/2018/10/04/news/dl_sicurezza_mattarella_firma_lettera_a_conte_obblighi_costituzione-20814

    • “I grandi centri di accoglienza vanno superati”. Anzi no. Se Salvini contraddice se stesso

      Ad agosto il ministero dell’Interno ha trasmesso al Parlamento una relazione molto dura sul modello straordinario dei Cas, presentati come “luoghi difficili da gestire e da vivere che attirano gli interessi criminali”. Proponendo l’alternativa dello SPRAR. Ma nonostante le evidenze e gli elogi per il sistema di protezione diffuso, il “decreto immigrazione” va nella direzione opposta.

      grandi centri di accoglienza in Italia sono “luoghi difficili da gestire e da vivere”, producono “effetti negativi oltre che nell’impatto con le collettività locali anche sull’efficienza dei servizi forniti ai migranti”, e per il loro “rilevante onere finanziario” rappresentano una “fonte di attrazione per gli interessi criminali”. Per questo è necessario un loro “alleggerimento progressivo” puntando sulle “progettualità SPRAR” (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), autentico “ponte necessario all’inclusione e punto di riferimento per le reti territoriali di sostegno”. Garanzia di “processi più solidi e più facili di integrazione”.

      Recita così la “Relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri nel territorio nazionale”, relativa al 2017, trasmessa alla Camera dei deputati il 14 agosto di quest’anno e presentata da un ministro che sostiene pubblicamente il contrario: Matteo Salvini.

      Ad agosto, in quella relazione, il titolare dell’Interno ha infatti riconosciuto come nel circuito SPRAR, “oltre al vitto e alloggio”, venga “garantito ai richiedenti asilo un percorso qualificato, finalizzato alla conquista dell’autonomia individuale” grazie alla “realizzazione di progetti territoriali di accoglienza”. Un modello da promuovere per merito delle “qualità dei servizi resi ai beneficiari che non si limitano ad interventi materiali di base (vitto e alloggio) ma assicurano una serie di attività funzionali alla riconquista dell’autonomia individuale, come l’insegnamento della lingua italiana, la formazione e la qualificazione professionale, l’orientamento legale, l’accesso ai servizi del territorio, l’orientamento e l’inserimento lavorativo, abitativo e sociale, oltre che la tutela psico socio-sanitaria”. Ma ancora nel 2017, su 183.681 migranti ospitati nelle strutture temporanee, hotspot, centri di prima accoglienza e SPRAR, appena 24.471 occupavano l’accoglienza virtuosa del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Da lì la corretta intenzione di alleggerire i grandi centri a favore dell’approccio diffuso e integrato.

      Poi però il governo ha smentito se stesso: nonostante le riconosciute qualità dello SPRAR, l’esecutivo ha messo mano alla materia attraverso il recente decreto legge su immigrazione e sicurezza (Dl 113), licenziato dal governo ed emanato dal Capo dello Stato a inizio ottobre, puntando in direzione opposta. In quella che Gianfranco Schiavone, vice presidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, ha definito la “destrutturazione del sistema di accoglienza”.

      L’articolo 12 del “decreto Salvini”, infatti, trasforma l’attuale SPRAR in un sistema per soli titolari di protezione internazionale, un terzo degli attuali accolti, tagliando fuori così i richiedenti asilo, i beneficiari di protezione umanitaria (sostanzialmente abrogata) e coloro che avessero fatto ricorso contro la decisione di diniego delle Commissioni territoriali sulla loro domanda. Per gli esclusi si apriranno le porte degli attuali centri governativi di prima accoglienza o dei centri di accoglienza straordinaria (CAS), proprio quelli di cui la relazione presentata dal ministro Salvini, poche settimane prima, auspicava il superamento.
      “La riforma pare fotografare la realtà della prassi precedente al decreto legge -ha evidenziato l’ASGI in un documento che mette in fila i profili di manifesta illegittimità costituzionale del decreto-. I CAS sono il ‘non’ sistema di accoglienza per la generalità dei richiedenti asilo, in violazione della Direttiva Ue sull’accoglienza che consente simili riduzioni di standard soltanto per periodi temporanei e per eventi imprevedibili, mentre le strutture dello SPRAR sono sempre più riservate a minori (non sempre), a titolari di protezione internazionale e spesso a chi si trova in condizioni (spesso familiari) disperate”.

      Non solo. Come ha ricordato l’Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), il 43% degli accolti nello SPRAR “ha concluso positivamente il proprio percorso di accoglienza ed ha raggiunto uno stato di autonomia, e un ulteriore 31% ha acquisito gli strumenti indispensabili per ‘camminare sulle proprie gambe’”. “Lo SPRAR riesce a rendere autonome le persone in un lasso di tempo indubbiamente inferiore rispetto a ciò che accade nei CAS. Nello SPRAR il tempo medio di permanenza è infatti di 6 mesi, questo significa che in un posto SPRAR vengono mediamente accolte all’anno 2 persone. Nei Comuni dove esiste un progetto SPRAR, i costi economici e sociali subiscono una notevole flessione”. Motivo per cui a metà ottobre l’ANCI ha presentato alcuni emendamenti in vista dell’iter parlamentare che porterà alla conversione del decreto. Uno di questi chiede proprio di consentire l’accesso dei “richiedenti asilo vulnerabili (compresi nuclei familiari con figli minori) all’interno dei progetti SPRAR, per evitare che ricadano, inevitabilmente, sui bilanci dei Comuni e delle Regioni i costi dei servizi socio-sanitari che sarà in ogni caso necessario erogare senza poter accedere ad alcun rimborso da parte dello Stato (stimati circa 286 milioni di euro annui”.

      Posto di fronte alla contraddizione tra la relazione di agosto e il decreto di ottobre, il ministero dell’Interno ha fatto sapere ad Altreconomia che la Relazione non è altro che un “adempimento richiesto dalla normativa” e che questa “si riferisce, nel merito, al periodo cui la stessa fa riferimento”. Come se nell’arco di otto mesi lo SPRAR fosse cambiato.

      Ed ecco quindi che il “ponte necessario all’inclusione” è diventato la “pacchia” da interrompere: la graduatoria dei progetti avanzati dagli enti locali ed esaminati dal Viminale, per ulteriori 3.500 posti da aggiungersi ai 32mila attualmente finanziati, di cui era prevista la pubblicazione a luglio 2018, non ha mai visto la luce. E le nuove richieste di adesione al Sistema da parte dei territori -altri 2.500 nuovi posti- non sono state nemmeno prese in considerazione. Il risultato è che 6mila potenziali nuovi posti SPRAR sono stati “sacrificati” sull’altare della linea Salvini. Quella di ottobre, però, non quella di agosto.

      https://altreconomia.it/decreto-salvini-cas

    • Beyond closed ports: the new Italian Decree-Law on Immigration and Security

      In the past months, Italian migration policies have been in the spotlight with regard to the deterrence measures adopted to prevent sea arrivals of migrants. After the closure of ports to vessels transporting migrants and the reduction of search and rescue operations at sea, the government adopted a restrictive approach to the internal norms, reforming the architecture of the Italian system of protection.

      On 24 September 2018, the Italian Council of Ministers unanimously adopted a new Decree-Law on Immigration and Security. Strongly endorsed by the Minister of the Interior Matteo Salvini, the final text of the Decree contains ‘urgent measures’ on international protection and immigration, as well as on public security, prevention of terrorism and organised crime. Following the approval of the President of Republic, the bill has come into force on October 5. The future of the Decree now lays in the hands of the Parliament, which will have to transpose it into law within sixty days of its publication or it will retrospectively lose its effect.

      The securitarian approach adopted sparked strong criticism within civil society and the President of the Republic himself accompanied his signature with an accompanying letter addressed to the President of the Council, reminding that all ‘constitutional and international obligations’ assumed by Italy remain binding, even if there is no explicit reference to them in the Decree. This blog post provides an overview of the first two Chapters of the Decree-Law, dedicated to immigration and asylum. It will further analyze their impact on the rights of protection seekers and their compatibility with European law, International law as well as the Italian Constitution.

      1. Provisions on humanitarian residence permits and fight against irregular migration

      1.1 The abrogation of ‘humanitarian protection’

      The main change introduced by the first Chapter of the Decree-Law concerns what is commonly referred to as ‘humanitarian protection’, namely a residence permit issued to persons who are not eligible to refugee status or subsidiary protection but cannot be expelled from the country because of ‘serious reasons of humanitarian nature, or resulting from constitutional or international obligations of the State’ (art. 5(6) of the Consolidated Act on Immigration).

      The humanitarian residence permit was introduced as a safeguard clause in the Italian legislation, complementing international protection within the meaning of article 10 paragraph 3 of the Constitution, which stipulates that: ‘[a] foreigner who, in his home country, is denied the actual exercise of the democratic freedoms guaranteed by the Italian Constitution shall be entitled to the right of asylum under the conditions established by law.’ The important role of ‘humanitarian protection’ has been further clarified by the Italian highest court (Court of Cassation), which stated that the right to be issued a humanitarian permit, together with refugee status and subsidiary protection, constitutes a fundamental part of the right of asylum enshrined in the Constitution (see for example judgement 22111/2014).

      In practice, humanitarian residence permits were a ‘flexible instrument’ which could cover several circumstances emerging from forced displacement where there was no sufficient evidence of an individual risk of persecution or serious harm. As explained by the Court of Cassation, prior to the entry into force of the Decree, humanitarian protection was granted to persons suffering from an ‘effective deprivation of human rights’ upon the fulfilment of two interrelated conditions: the ‘objective situation in the country of origin of the applicant’ and ‘the applicant’s personal condition that determined the reason for departure’ (see judgement 4455/2018). The Court further presented as possible example of human rights deprivation the situation of a person coming from a country where the political or environmental situation exposes her to extreme destitution and does not allow her to attain a minimum standard of dignified existence. As noted by the Court, the definition of environmental issues does not only contain natural disasters but it may also include non-contingent events, such as droughts or famines, which deprive the person from having a basic livelihood.

      However, as already mentioned, the grounds for obtaining humanitarian protection were relatively open and could be adjusted to other situations entailing a deprivation of basic human rights, such as the inability of the country of origin to protect the right to health of applicants affected by serious conditions, or the family situation of the applicant interpreted in light of article 8 of the European Convention on Human Rights. Also, the level of social integration reached by an applicant during her stay in Italy, together with the situation of poverty or instability in the country of origin, were also to be considered as a ground to grant humanitarian protection.

      By radically transforming article 5(6) and severely restricting the possibility for rejected asylum applicants to be granted residence permits in light of constitutional and international obligations or for humanitarian reasons, article 1 of the Decree-Law substantially abrogates ‘humanitarian protection’. Instead, the Decree provides for the creation of a ‘special protection’ residence permit, which can be issued only to those persons who cannot be expelled due to the non-refoulement obligations defined in article 19 of the Consolidated Act on Immigration unless the applicant can be returned to a country where she could receive ‘equivalent protection’.

      The first article of the Decree-Law further creates new residence permits that can be granted in restricted ‘special cases’, as for example: persons affected by ‘exceptionally serious’ medical conditions; persons who cannot return to their home countries due to ‘exceptional natural disasters’; and persons who have carried out ‘exceptional civil acts’. The Decree, however, does not modify the grounds for granting special residence permits to victims of trafficking, violence or labour exploitation, as already provided for in arts. 18 and 18-bis of the Consolidated Act on Immigration.

      The new Decree reduces not only the scope of protection and the number of potential beneficiaries but also the duration of the stay for third-country nationals falling into the above-mentioned ‘special’ categories. Whilst persons granted the ‘humanitarian’ status were provided with a two-year renewable residence permit, the permits issued in the new ‘special cases’ allow residence in Italy for shorter periods: six months for exceptional natural disasters or violence and one year in the other for ‘special protection’, ‘medical reasons’ and other ‘special cases’. Such permits are renewable and allow the holder to work but – differently from the humanitarian residence permit – they cannot be converted into a work permit when the circumstances for which they were issued cease to exist. Only in the event that the foreigner has accomplished exceptional civil acts, whose nature is not further specified, the person – at the discretion the Minister of the Interior – can be issued a residence permit lasting two years.

      A final important amendment contained in article 1 of the Decree is related to those persons who are already beneficiaries of humanitarian residence permits at the time in which the Decree enters into force: their permits will not be renewable anymore on humanitarian grounds, even if the circumstances for which the permit was granted in the first place still exist. Therefore, unless the beneficiary is granted a conversion of her humanitarian permit into a work or study permit, or she falls under the new special cases listed in the decree law, she will find herself in an irregular situation and will risk being returned.

      The abrogation of the ‘humanitarian’ residence permit is of particular concern as, since its creation in 1998, it has been an important legal instrument allowing to protect and regularise all third-country nationals who could not be returned to a third country. Suffice it to say that, in 2017 only, Italy has granted 20,166 residence permits on ‘humanitarian’ grounds, whereas only 6,827 persons were granted asylum and 6,880 subsidiary protection. To counter this trend, last July, the Minister of the Interior had already sent a letter to all administrative authorities involved in the asylum procedure, requesting them to adopt a stricter approach when granting protection on humanitarian grounds. Such decision has been justified with the rationale of conforming Italy to European standards, which do not provide for this third form of protection. Arguably, even if humanitarian protection is not harmonised at the EU level under the Qualification Directive, there are obligations imposed on all Member States by international refugee law and human rights law that prevent them from returning third-country nationals under certain circumstances. Looking at the practice of EU-28 Member States, in the course of 2017, 63 thousand asylum seekers were given authorisation to stay for humanitarian reasons under national law. This number could be even higher as it only encompasses first instance decisions for those persons who have been previously reported as asylum applicants, and does not take into account those who have been granted a permission to stay for humanitarian reasons without having lodged an asylum application.

      Moreover, the abrogation of humanitarian protection is likely to open a protection gap under article 10 paragraph 3 of the Italian Constitution. As noted by the Italian Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI), the substitution of humanitarian protection with a restricted list of ‘special’ residence permits, means that the right to asylum set out by the Constitution is ‘no longer fully implemented by the legislator’. This could open the possibility to bring legal actions to ascertain the right of asylum guaranteed by article 10 – which can be invoked directly in front of an ordinary court even in the absence of implementing legislation – or raise questions of constitutionality.

      1.2 Making returns more effective

      The second part of the first Chapter of the Decree-Law focuses on improving returns and facilitating the return of third-country nationals in an irregular situation. In order to achieve these objectives, article 2 of the Decree extends the maximum duration of the foreigner’s detention in return centres from 90 to 180 days. Article 4 further foresees that, in case the reception capacity of pre-removal centres is exhausted and prior to authorization of a judicial authority, foreigners may also be held in other ‘appropriate facilities’ and in border offices. In addition, article 3 of the new Decree-Law modifies the Decree Implementing the Reception Conditions Directive and the Procedures Directive (Decree-Law 18 August 2015, n. 142), by expanding grounds for detention in hotspots. Thus, foreigners who have been found in an irregular situation on the national territory or rescued during search and rescue operations at sea may be subject to detention in order to determine their identity and nationality. The maximum duration of detention is set to 30 days. In case it is impossible to verify such information, the person concerned can be transferred in a return center for a maximum of 180 days. Finally, article 6 increments the funding for returns, providing for the re-allocation of 3,5 million euros between 2018 and 2020. These funds – originally provided for assisted voluntary return and reintegration – will now be allocated to facilitate not further described ‘return measures’.

      Even if the possibility to detain applicants for international protection in order to ascertain their identity and nationality is provided for in the Reception Conditions Directive, deprivation of liberty in such cases could be inconsistent with international refugee law read in conjunction with the Italian Constitution. According to ASGI, provisions connected to the deprivation of liberty in order to verify the identity and nationality are in violation of article 31 of the 1951 Geneva Convention and of article 13 of the Italian Constitution. In fact, since it is common to almost all asylum seekers not to possess valid documents proving their identity, such circumstances would not be proportionate to the ‘conditions of necessity and urgency’ required by article 13 of the Constitution to deprive someone of their liberty without judicial authorization. That been said, the debate on the lack of documentation to prove asylum seekers’ identity is likely to be of interest in the near future, as it is also fuelled by the European Commission recent proposal for a recast of the Return Directive, where the lack of documentation is included among the criteria establishing the existence of a risk of absconding to avoid return procedures.

      2. Provisions on international protection

      2.1 Provisions on asylum seekers who committed serious crimes

      The second chapter of the new Decree reforms, with a restrictive turn, the rules on the revocation of and exclusion from international protection. Article 7 extends the list of crimes that, in case of final conviction amount to the exclusion from or to the revocation of international protection. These include: production, trafficking and possession of drugs; injuries or threats made to officers in performance of their duties; serious personal injury offence; female genital mutilation; robbery, extortion, burglary and theft, if compounded by the possession of weapons or drugs; slavery; exploitation of child prostitution.

      Furthermore, article 10 of the new Decree introduces an accelerated procedure in the event that an asylum seeker is convicted – even prior to a final sentence – for one of the above-mentioned criminal offences and for the other serious crimes amounting to the exclusion from international protection already provided for in articles 12 and 16 Decree 251/2017. Thus, when the applicant is convicted in first instance, the Territorial Commissions for the Recognition of International Protection has to immediately examine the asylum claim and take a decision. In case the decision of the Commission rejects the request for international protection, the applicant is required to leave the country, even if the person concerned lodges an appeal against the asylum decision.

      The Decree Law, by abrogating the suspensive effect of the appeal for a person who has been convicted in first instance arguably goes against article 27 of the Italian Constitution, which considers the defendant not guilty ‘until a final sentence has been passed.’ Moreover, pursuant Article 45 Asylum Procedure Directive, as a general rule Member States shall allow applicants to remain in the territory pending the outcome of the remedy. An exception might be allowed under article 46(6)(a) of the Asylum Procedures Directive, if the application is determined to be unfounded on grounds that the applicant is ‘for serious reasons’ considered to be a danger to the national security or public order of the Member State. However, article 46(6) also stipulates that even in such case there is no automatism and the decision whether or not the applicant may remain on the territory of the Member State should be taken by a court or tribunal. Therefore, insofar as the Decree provides for the automatic return of rejected asylum seekers pending an appeal, without a judicial decision authorising their removal, it is incompatible with the right to an effective remedy provided for by the Procedures Directive and enshrined in article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights.

      In any instance, the return of a person – regardless of the fact that she may have committed a crime – cannot be performed when the individual concerned is at risk of refoulement as defined by article 3 of the European Convention on Human Rights and Article 19 of the Charter of Fundamental Rights. As follows from the jurisprudence of the European Court of Human Rights (ECtHR), the prohibition of non-refoulement has an absolute character. The conduct of the person is irrelevant and even the involvement in serious crimes, such as terrorism, does not affect the prohibition to return individuals to states in which they faced a risk of torture, inhuman or degrading treatment (see ECtHR judgements in Saadi, Chahal, and Soering).

      2.2 Provisions on subsequent applications and border procedures

      Article 9 of the Decree implements into Italian legislation some restrictive provisions on subsequent applications that are allowed under the Asylum Procedures Directive (APD) but that had so far been regulated in a more favourable manner.

      First of all, the Decree provides for new grounds of exclusion from the right to remain in the Italian territory, following almost verbatim the exception from the right to remain contained in article 41 of the APD. This includes all persons who have lodged a first subsequent application merely in order to delay or frustrate the enforcement of a decision which would result in their imminent removal, or make another subsequent application after their first subsequent application has been considered inadmissible or unfounded.

      Secondly, article 9 establishes new rules on accelerated procedures for applicants who have introduced a subsequent application for international protection without new elements or findings supporting their claim. In case that the applicant was stopped following an attempt to elude border controls, this procedure also applies in border or transit zones. This is a novelty in Italian law, that until now did not provide for the possibility of carrying out the evaluation of an asylum claim at the border. According to the explanatory note to the Decree, this amendment follows the rationale of article 31(8)(g) APD. This article, however, provides for the possibility to apply accelerated and border procedure in case an application is lodged to avoid an earlier removal decision – which appears to be a stricter ground than the one provided for by the Italian decree.

      Also, the Decree sets out a new ground for the inadmissibility of an asylum application: a subsequent application is inadmissible if it is lodged to prevent the enforcement of a decision which would result in her imminent removal and it shall be dismissed without being further examined. This is not consistent with article 40 APD, which provides at least for a preliminary examination on the presence of new elements substantiating the asylum claim.

      Lastly, following the definitions of article 41 APD APD, the Decree limits the suspensive effect of appeals lodged in two circumstances. First, by all persons who have lodged a first subsequent application to delay the enforcement of a decision which would result in his or her imminent removal. Second, by asylum seekers whose application has been considered inadmissible as a subsequent application where no new elements or findings have arisen or have been presented by the applicant, whilst prior to the entry into force of the Decree-Law this only happened when an application was assessed as inadmissible for the second time.

      2.3 Reception conditions for asylum seekers

      One of the most discussed provisions of the Decree on immigration concerns the reception of asylum seekers, which undergoes substantive changes. The decree de facto abrogates the possibility for asylum seekers to access reception provided under the System for the Protection of Asylum Seekers and Refugees (SPRAR). The system, operated by local institutions, in cooperation with non-governmental and voluntary organizations, had not only the aim to provide basic reception but also to favour the social integration of asylum seekers and beneficiaries of protection. With the amendments introduced by article 12 of the new decree, only already recognized refugees and beneficiaries of subsidiary protection, as well as unaccompanied minors, will be granted accommodation within the SPRAR. Asylum seekers will, therefore, be only hosted in collective reception centres (CARA, CDA). In case of unavailability of places, applicants can also be hosted in temporary reception centres (CAS) where, according to the law, only basic levels of reception conditions have to be met.

      These amendments fail to take into account the pre-existent structure of the Italian reception system. As a matter of law, the SPRAR was the only durable solution provided for asylum seekers, while the other types of reception centres have been designed only for initial or temporary reception (see articles 9 and 11 of the Decree implementing the Reception Conditions Directive). Considering the length of asylum procedures in the country, asylum seekers will be left with no alternative than remaining for months (or in some cases even years) in facilities which are often inadequate in terms of both capacity and structural and safety conditions.

      This decision is of great concern as it is likely to put further strain on the Italian reception system, which already has a record of not providing an adequate standard of reception conditions to asylum applicants – as recognised in 2014 by the European Court of Human Rights. More recently, a Dutch court annulled a transfer to Italy pointing out that the new Decree raises questions about the structural deficiencies in the Italian reception system, in particular as it restricts access to adequate reception conditions to vulnerable asylum seekers.

      Final remarks

      Whilst the number of arrivals to Italy is at the lowest level registered in the past few years, the phenomenon of migration has reached the dimension of an emergency in the internal public debate, with the Decree-Law on Immigration and Security representing a major downturn in the architecture of the Italian system of protection.

      The implementation of further grounds for exclusion and withdrawal of protection, the reduction of procedural guarantees, and the general restrictive approach on the rights of migrants and asylum seekers adopted in the Decree generate serious concerns. Above all, some of the provisions contained in the Decree may entail a risk of violation of the principle of non–refoulement, which is not only a cornerstone of the international refugee regime but also a fundamental guarantee that protects all human beings from being subject to torture, inhuman or degrading treatment. What is more, some of the changes introduced with the Decree might have far-reaching practical consequences on the rights of the migrants who are already present or will arrive in the country. In particular, the repeal of ‘humanitarian’ residence permits, which have been widely used in the past years, is likely to have the unintended side-effect of increasing the number of migrants who will find themselves in an irregular situation. The new bill has been presented by the Interior Minister Matteo Salvini as ‘a step forward to make Italy safer’ – however it will arguably increase the number of cases of destitution, vulnerability, and exploitation.

      It remains to be seen whether the Parliament will confirm the text of the Decree when ultimately converting it into law. However, considering that the time for discussion is limited (60 days only) it is doubtful that the bill will undergo substantial improvement. Also, as the Decree has become one of the flagship measures of the current Government, it is unlikely that it will be repealed in toto. The choice itself of the Government to use a decree having force of law – rather than of the ordinary legislative procedure – does not seem to stem from a situation of ‘obvious necessity and urgency’ as provided for by the Constitution. Rather, it appears to be a shortcut to obtain immediate results on matters where it is difficult to achieve political consensus through democratic debate. Against this backdrop, the new bill on Immigration and Security – with questionable democratic legitimacy – restricts the rights of asylum seekers and people displaced, making protection increasingly inaccessible.

      http://eumigrationlawblog.eu/beyond-closed-ports-the-new-italian-decree-law-on-immigration-and

    • Decreto immigrazione, le brutte novità nascoste sotto la fiducia

      Il governo ha presentato in aula un “emendamento interamente sostitutivo” del testo finora discusso. La “sorpresa” sono elementi di gran lunga più restrittivi in tema di diritto d’asilo. Tra questi, la nozione di “Paesi di origine sicuri”, un “cavallo di Troia” per smontare il sistema della protezione internazionale, come denunciano studiosi dell’Asgi

      Con 163 voti a favore e 59 contrari, il 7 novembre il Senato della Repubblica ha approvato la fiducia al cosiddetto “decreto sicurezza e immigrazione” promosso in particolare dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il testo votato da Palazzo Madama e inviato alla Camera, però, è stato modificato rispetto all’originario attraverso un “emendamento interamente sostitutivo” del Ddl (il numero 1.900), sulla cui approvazione il Governo aveva appunto posto la questione di fiducia 24 ore prima. Non si è trattato di interventi meramente formali quanto invece profondamente sostanziali. Tanto da non lasciare praticamente più nulla del precedente sistema di asilo, incardinato al principio costituzionale che all’articolo 10 della Carta riconosce quella tutela allo “straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”.

      Le 28 pagine di modifiche e integrazioni avanzate dall’esecutivo, secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi, www.asgi.it), assumono infatti la forma di un “cavallo di Troia” -blindato dalla fiducia- utile a “introdurre novità di taglio iper restrittivo che nella prima versione del decreto non c’erano”. Creando così un provvedimento che è un “vero e proprio mostro”, senza peraltro dare troppo nell’occhio.
      Alla già nota abrogazione della protezione umanitaria, allo stravolgimento dell’ex Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), alle illegittimità costituzionali già evidenziate nelle scorse settimane dall’Asgi, si aggiungono nuovi elementi preoccupanti.

      Schiavone ha il testo del maxi emendamento del governo sotto mano e scorre alle introdotte “Disposizioni in materia di Paesi di origine sicuri e manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale”.
      Il primo punto riguarda i “Paesi di origine sicuri”, il caso cioè di uno “Stato non appartenente all’Unione europea” che stando al nuovo articolato potrà “essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone”.

      Per “accertare” che uno Stato sia o meno “di origine sicuro” ed eventualmente iscriverlo nell’elenco adottato per decreto dal ministro degli Esteri (“Di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia) ci si dovrà basare “sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo”. La domanda di protezione del richiedente proveniente da quel Paese verrà sì esaminata ma, se rigettata sarà “considerata manifestamente infondata”.

      “Dove è stata introdotta, la nozione di Paese di origine sicuro, che le direttive europee prevedono quale misura normativa solo facoltativa per gli Stati -riflette Schiavone- ha sempre prodotto gravissimi problemi poiché le domande di protezione sono per definizione individuali ovvero legate alla condizione specifica di un richiedente. Esaminare invece una domanda ritenendo già che un Paese di origine sia ‘sicuro’ crea una situazione di pregiudizio sostanziale nell’esame della domanda stessa e dà ampi margini per l’esercizio di un’influenza politica molto forte del potere esecutivo sull’organo di valutazione”. Ciò vale soprattutto per l’Italia oggi. Perché? “Perché chi stabilisce che il Paese di origine sia ‘sicuro’ sarà di fatto la Commissione nazionale per il diritto d’asilo, che non è organo amministrativo indipendente ed è fortemente connesso per composizione e struttura organizzativa al potere politico”. Tradotto: il Governo di turno potrà decidere che un Paese venga considerato di “origine sicuro” con obiettivi di carattere politico che nulla hanno a che fare con le domande di protezione. Schiavone pensa a casi come il Bangladesh, la Tunisia, il Senegal e così via.
      Il rigetto della domanda per manifesta infondatezza comporta un forte indebolimento della tutela giurisdizionale -continua Schiavone- poiché il ricorso ha tempi di impugnazione più brevi e non c’è un’automatica sospensiva durante il contenzioso. Molte ragioni mi inducono a pensare, anche se ancora a caldo e riservandomi approfondimenti -conclude lo studioso- che la nozione di ‘Paese di origine sicuro’ sia del tutto estranea alla nozione di asilo delineata dalla nostra Costituzione”.

      Tra le altre “novità” rispetto all’originario “decreto Salvini” c’è poi quella della cosiddetta “protezione interna” nel Paese terzo di provenienza del richiedente. “Se in una parte del territorio del Paese di origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi e può legalmente e senza pericolo recarvisi ed essere ammesso e si può ragionevolmente supporre che vi si ristabilisca”, la sua domanda di protezione è “rigettata”. “Anche su questa norma, del tutto facoltativa nel diritto dell’Unione e che l’Italia, fin dal 2008, con saggezza, aveva evitato sono molti i dubbi di conformità rispetto all’articolo 10 della nostra Costituzione -riflette Schiavone-. È possibile segmentare un Paese in aree, evidenziando peraltro una situazione che è già di grande instabilità, visto che un Paese è diviso in due o più parti?. Cosa vuol dire in concreto che è ragionevole supporre che la persona si trasferisca nell’area del Paese considerata sicura? Quali i parametri di valutazione? È sufficiente solo la mancanza di rischio o è necessario che alla persona venga fornita una protezione effettiva e una assistenza materiale? La norma, genericissima, non fornisce alcuna risposta”. Ciò che è chiaro è che è scontata la tendenza, come ribadisce il vicepresidente Asgi, di considerare l’asilo come fosse una sorta di “extrema ratio” cui ricorrere quando nessuna altra soluzione, anche precaria e parziale all’interno di quel Paese sia possibile. “Che cosa ha a che fare tutto ciò con il diritto all’asilo garantito dalla Costituzione a coloro cui sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche? La distanza è abissale”.
      Utilizzare la nozione di area interna sicura nel Paese di origine è solo un altro modo per respingere domande di asilo che tradizionalmente vengono accolte. “Pensiamo al caso dei cittadini afghani o iracheni e riteniamo per l’appunto che le persone possano spostarsi in una presunta ‘area sicura’ del Paese. Quanto è sicura? Come si valuta? Per quanto tempo? Che tipo di stabilità e assistenza deve provvedere ad assicurare lo Stato allo sfollato interno? Domande che rimangono senza risposta”.

      Accanto al tema dei “Paesi di origine sicuri” e delle zone di “protezione interna”, il maxi emendamento interviene -come già il decreto 113- a proposito di cittadinanza. L’avvocato Livio Neri, socio di Asgi, elenca brevemente alcune delle misure del decreto legge governativo. “C’è l’aumento del contributo da versare per presentare ‘istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza’, che passa da 200 a 250 euro. C’è l’incredibile allungamento del ‘termine di definizione dei procedimenti’, da 24 a 48 mesi dalla data di presentazione della domanda. E c’è il brutto precedente della ‘revoca’ della cittadinanza prevista in caso di condanna definitiva per gravi reati”. Precedente che creerà peraltro nuova apolidia, dal momento che -come fa notare Neri- la norma così come è scritta (ed è rimasta) non prevede la circostanza che dopo la revoca sorga appunto una condizione di apolidia per l’interessato ed è perciò in contrasto con la Convenzione di New York sulla materia.

      L’emendamento del governo aggiunge a questi (e altri) elementi un termine di sei mesi per il rilascio di estratti e certificati di stato civile “occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana”, che significa secondo Neri “che lo stesso documento (ad esempio il certificato di nascita di un congiunto, ndr) ha termini diversi a seconda di chi lo richiede”. E pone poi come condizione necessaria alla “concessione della cittadinanza” il “possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER)”, salvo per chi abbia sottoscritto l’accordo di integrazione o sia titolare di permesso di soggiorno Ue per “soggiornanti di lungo periodo”. “Questa previsione -commenta amaramente Neri- avrà un durissimo impatto sulle persone con minori strumenti culturali a disposizione e che per questo non saranno riusciti a imparare l’italiano”.

      https://altreconomia.it/decreto-immigrazione-novita

    • What will change for migrants under Italy’s new immigration and security decree?

      As the decree passed the Senate, Italy’s upper house, Matteo Salvini tweeted it was an “historic day.” The decree still needs to pass the lower house by the end of November before it is enshrined in law. At the moment, that looks likely, so what will change for migrants if it is passed?

      Like all decrees, Italy’s new security and immigration decree is composed of many complicated clauses and paragraphs. In short, it is intended to regulate immigration and public security. It has been pushed by Italy’s deputy prime minister and Minister of the Interior, Matteo Salvini, who is also leader of the anti-immigration party, La Lega (The Northern League).

      Essentially, it will change the laws under which foreign migrants have been staying in the country since 1998. It is set to repeal the right to stay for humanitarian reasons. “Humanitarian protection” is a lower level of asylum status that is based on Italian rather than international law. Up until now, this right has been conceded for up to two years on serious humanitarian grounds and allowed migrants and refugees to access the job market, health services and social welfare.

      The new decree will take this catch-all definition ’on humanitarian grounds’ away in favor of six new specific categories which applicants will need to fulfill. Has the applicant been smuggled or exploited? Are they subject to domestic violence? Do they need specific medical attention? Was there some kind of calamity in their country of origin or have they contributed in a special way to Italian civil society which would merit a right to stay?

      Article two of the law doubles the length of time that migrants can be kept in repatriation centers whilst their cases are looked at. It will allow the authorities to build more centers too. Repatriations are expected to increase with more money being assigned to making sure they happen; three and a half million euros in total up to 2020.

      Revoking refugee status

      There will be a longer list of crimes that, if committed will lead to a refugee being refused asylum or having their refugee status revoked. The crimes include murder, armed robbery, extortion, violence towards public officials, people found to be practicing genital mutilation, armed theft and burglary, possession of drugs, slavery, sexual violence or kidnapping. Anyone found guilty of terrorist acts or trying to overturn the constitution provides another reason for expulsion under the new law.

      The new decree is expected to weaken the SPRAR networks which were set up to protect refugees and asylum seekers in 2002. Only unaccompanied migrants and those who qualify for international protection will come under the future auspices of SPRAR. Everyone else will be sent to ’welcome centers’ or CARA (Welcome center for those requesting asylum). Social cooperatives assigned asylum seekers and migrants will be required to report to the authorities every three months with a list of people that they support. The decree is also expected to slash the budget assigned for food and lodging for migrants in CARA centers from 30 euros per person per day to 15 euros.

      Anyone who marries an Italian will now have to wait four years instead of the current two before applying for citizenship. In addition, like in Germany, migrants hoping to remain in Italy will be required to pass a B1 language test.

      Jubilation and condemnation

      Matteo Salvini was pictured looking jubilant as the decree was passed by the Senate with 163 votes to 59. Not everyone was happy though. Roberto Saviano, an anti-Mafia writer who opposes the current Italian government called the decree “criminal” saying it was “self harming, [and] suicidal.” He pointed out that it would be impossible to repatriate more than 500,000 migrants without papers who are currently present in the country. “Much better,” he said “give them papers and allow them to work and pay taxes to the state.” He said the law would only serve to increase the number of “irregular migrants” in the country feeding organized crime networks.

      The Democratic Party (PD) leader in the Senate, Andrea Marcucci contests the decree too. He was quoted in the left-leaning daily newspaper, La Repubblica, saying it “creates insecurity, not security and would make 100s of thousands more migrants clandestine in Italy.” He concluded: “This is a decree against Italy, against Italians and against security.”

      Salvini disagrees. In interviews prior to the Senate vote, he said that the decree was not just about immigration but increasing security for everyone in Italy. “It’s about strengthening the anti-mafia organizations and anti-racket laws. It will make everything more serious and rigorous. […] It is a decree which will bring more money and power to the police, to mayors; will introduce more surveillance cameras.” He added that once the law has passed, he will be looking to reform the justice system too. That way, cases dragging on for years, until they enter proscription, will be a thing of the past.

      The decree is scheduled to be put before the lower house on the November 22. With the Five Star Movement and the League holding a majority there too, (along with other right-leaning parties like Forza Italia and Fratelli D’Italia,) it is expected to pass without too many problems and enter law before the end of the year.


      http://www.infomigrants.net/en/post/13210/what-will-change-for-migrants-under-italy-s-new-immigration-and-securi

    • Message de Sara Prestianni, via la mailing-list Migreurop, 28.11.2018:

      Hier la Chambre des Deputé- avec un vote blindé de confiance - a approuvé le DL sécurité migration.
      Le #vote_de_confiance a permis au Gouvernement de le faire passer en toute vitesse et de balayer tout tentatif de l’opposition de faire des amendements qui pouvaient limiter les déjà tragiques dégâts.
      Nombreuses les déclaration préoccupé et les mobilisation des associations italiennes pour cette loi de la honte

      Ici le CP publié par ARCI -> Le secret loi immigration et sécurité est loi : Injustice est fait : https://www.arci.it/il-ddl-sicurezza-e-immigrazione-e-legge-ingiustizia-e-fatta

      où nous expliquons nos inquiétudes face aux dégâts sociaux d’une loi qui ne fera que créer encore plus de personnes sans documents qui seront exclu du système d’accueil en les rendant encore plus exploitables. Un énième, tragique, étape vers la violation systématique des droits de migrants et réfugiés.

      Ici les principaux changement dans le système italien (sorry only in FR) dont beaucoup intéressent les thématiques de travail du réseau :

      1- Abolition de la “#protection_humanitaire
      La protection humanitaire avait été introduit en 1998 et était attribué pour “serieux motivation de caractère humanitaire ou dérivant de obligation constitutionnels ou internationales de l’Etat Italien ; à ceux qui fuyaient des conflits, désastres naturels ou situations de particulières gravité dans les pays d’origine ou encore ceux qui ne pouvaient pas être expulsés ou encore à victime de traite ou autre type d’exploitation. En 2017 ont été présenté 130 000 demandes de protection en Italie : le 52% a été rejeté. Dans le 25% des cas a été attribué une protection humanitaire ; le 8% ont obtenu un statut de réfugié et un autre 8% la protection subsidiaire. Le 7% a obtenu un autre type de protection.
      Cela veut dire que ce permis ne sera plus donné mais aussi que ceux qui l’ont obtenu ne le pourront plus renouveler
      A sa place cette nouvelle loi a intégré un titre de séjour pour “#cas_spéciaux” : victimes de #violences_domestiques ou grave #exploitation du #travail ou pour des #raisons_médicales ou qui s’est distingué pour “actes de particulier valeur civile”. Ce permis aura une durée de deux ans et ne pourra pas être renouveler

      – Prolongation de la durée de détention dans les #CPR (centre pour le retour -> les cra italiens) -> Aujourd’hui les migrants peuvent être enfermé pour un max de 90 jours. La nouvelle loi prolonge la durée maximale de détention à 180 jours.

      – Permanence dans les #hotspot et points de frontière -> Selon l’article 3 de la nouvelle loi les demandeurs d’asile peuvent être enfermés pour une période de max 30 jours dans les hotspot et structure de “premier accueil” (#Cas et #Cara) pour l’identification. Si dans les 30 jours n’a pas été possible proceder à l’identification aussi les demandeurs d’asile pourront être enfermés dans un CPR pour 180 jours. De cette façon un demandeur d’asile pour être enfermé pour 210 jours pour vérifier et déterminer son identité. Cela sera aussi appliqué aux mineurs en famille.
      De plus est prévu que le juge de paix puisse valider la détention en “#locaux_adaptes” auprès les bureau de frontière jusqu’à’ l’expulsion pour max 48 heures.

      – Plus de fonds pour les expulsions -> A l’article 6 a été prévu un augmentation du budget pour les #expulsions : 500 000 euro en 2018 ; 1,5 million euro en 2019 et autre 1.5 millions en 2020.

      – Retrait ou refus de la protection international en cas de condamnation pour menaces ou violences à officiers public ; lésions personales graves ou vol

      – Ceux qui sont en procedure penale (meme si pas condamné en voi definitive verront leur demande d’asile analysé en procedure accelleré

      – Listes des pays sures -> La loi prévoit l’institution d’une liste de pays d’origine sure et la procedure de demande de protection internationale manifestement infondé. La liste sera stilé par le Ministere des Affaires Etrangers avec le Ministere de l’Interieur et de la Justice sur la base des info fournies par la Commissione Nationales du Droit d’Asile et les agences européennes et internationales. Les demandeurs d’asile en provenance d’un pays present dans la liste des pays sures devrait démontrer de avoir graves motivation qui justifient sa demande et elle sera analyse en procedure accellerée.

      – Restriction du système d’accueil -> Le système d’accueil pour demandeurs d’asile et réfugié (#SPRAR) - le système ordinaire géré par les mairies - sera limité à ceux qui sont déjà titulaire de protection internationales et aux mineurs isolés. Les autres demandeurs seront accueilli dans les CAS et CARA (en parallele le Gouvernement a annoncé une diminution des fonds pour demandeurs d’asile par jour de 35 à 19 euro rendent ainsi impossible donner aucun type de service - juridiques, sociale, intégration et psychologique - dans le parcours d’accueil)

      #pays_sûr #rétention #détention_administrative

    • L’Italie adopte la loi anti-migrants de Matteo Salvini

      Ce texte durcit la politique italienne en matière d’immigration, remplaçant les permis de séjour humanitaires par d’autres permis plus courts.

      L’Italie a adopté mercredi un décret-loi controversé durcissant sa politique d’immigration, voulu par Matteo Salvini, ministre de l’Intérieur et chef de la Ligue (extrême droite). La Chambre des députés a adopté le texte - après le Sénat début novembre et dans les mêmes termes - par 396 oui contre 99 non.

      Le gouvernement populiste formé par la Ligue et le Mouvement 5 Etoiles (M5S, antisystème) avait posé la question de confiance dans les deux chambres sur ce décret-loi. Quatorze députés du M5S n’ont pas pris part au vote mercredi.

      Le texte durcit la politique italienne en matière d’immigration. Il remplace en particulier les permis de séjour humanitaires, actuellement octroyés à 25% des demandeurs d’asile et d’une durée de deux ans, par divers autres permis, comme « protection spéciale », d’une durée d’un an, ou « catastrophe naturelle dans le pays d’origine », d’une durée de six mois, entre autres.
      Refus de signer le pacte de l’ONU sur les migrations

      Il prévoit une procédure d’urgence afin de pouvoir expulser tout demandeur se montrant « dangereux ». Il réorganise aussi le système d’accueil des demandeurs d’asile, qui étaient encore 146 000 fin octobre et seront regroupés dans de grands centres par mesures d’économies. Dans le volet sécurité, il généralise l’utilisation des pistolets électriques et facilite l’évacuation des bâtiments occupés.

      Le gouvernement italien a annoncé mercredi qu’il ne signerait pas le pacte de l’ONU sur les migrations (Global Compact for Migration) comme s’y était engagé en 2016 le précédent exécutif de centre-gauche dirigé à l’époque par Matteo Renzi.

      Le gouvernement ne participera pas au sommet prévu les 10 et 11 décembre à Marrakech où doit être définitivement adopté ce pacte « se réservant d’adhérer ou non au document seulement une fois que le parlement se sera prononcé », a déclaré le président du Conseil Giuseppe Conte. Non contraignant, ce texte de 25 pages, premier du genre sur ce sujet, vise à réguler les flux migratoires au plan mondial.

      https://www.letemps.ch/monde/litalie-adopte-loi-antimigrants-matteo-salvini

    • Il decreto immigrazione è legge: cambierà in peggio la vita di migliaia di persone.

      Con il voto di fiducia di ieri alla Camera, il decreto immigrazione è stato convertito in legge. Refugees Welcome Italia esprime nuovamente la propria contrarietà ad un provvedimento che cambia, in negativo, la vita di migliaia di persone, rendendole ancora più vulnerabili ed esponendole al rischio di vivere ai margini della società. Come già ribadito, lontano dal garantire “l’ordine e la sicurezza pubblica”, questo decreto va nella direzione opposta, acuendo il disagio sociale e aumentando l’insicurezza per tutta la popolazione, migrante e italiana, con pesanti ricadute anche sulla coesione sociale. Secondo alcune stime, la sola abolizione della protezione umanitaria – un permesso di soggiorno che lo Stato italiano riconosce a coloro che, pur non avendo i requisiti per ottenere la protezione internazionale, presentano comunque delle vulnerabilità tali da richiedere una forma di tutela – produrrà 60 mila nuovi irregolari nei prossimi due anni. Migliaia di nuovi senza tetto, persone senza diritti, che rischiano di diventare facile preda di sfruttamento e criminalità.
      “Un decreto di tale portata avrebbe meritato una discussione approfondita, in fase di approvazione, per tentare almeno di introdurre qualche miglioria, invece il testo è passato con la fiducia”, sottolinea Fabiana Musicco, presidente dell’associazione. “A pagare il prezzo di questo nuovo assetto normativo saranno, ad esempio, migliaia di ragazzi arrivati in Italia da minori soli che sono prossimi a compiere 18 anni. Molti di loro hanno fatto richiesta di asilo e qualora ricevessero un diniego di protezione internazionale, una volta diventati maggiorenni, non avrebbero alcun titolo per rimanere in modo regolare in Italia. Per non parlare dei tanti neo-maggiorenni che hanno già ottenuto la protezione umanitaria e che, non potendo accedere al sistema Sprar a causa del decreto, non hanno un posto dove andare. In questo ultimo mese ci sono arrivate diverse segnalazioni di ragazzi in questa situazione: diciottenni che si sono iscritti sul nostro sito per chiedere di essere ospitati in famiglia e proseguire il loro percorso di inclusione. Il rischio, per loro, è che finiscano per strada”.
      Oltre all’abolizione della protezione umanitaria, sono tante altre le misure discutibili che incideranno negativamente sull’architettura del sistema di accoglienza in Italia. Invece di potenziare l’accoglienza diffusa gestita dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si è scelto, con questo decreto, di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni. “Molte disposizioni del decreto, oltre a ridurre lo spazio di esercizio di alcuni diritti fondamentali, come quello all’asilo, sono contrarie al buon senso e renderanno il nostro Paese un posto meno sicuro per tutti, migranti e italiani”.

      https://refugees-welcome.it/decreto-immigrazione-legge-cambiera-peggio-la-vita-migliaia-persone

    • Azzariti: «Il Decreto sicurezza sarà bocciato dalla Consulta»

      Il costituzionalista critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato

      «Innanzitutto il provvedimento impressiona per il segno culturalmente regressivo perché appiattisce l’immigrazione ad un problema di esclusiva sicurezza pubblica: dalla legge Bossi Fini in poi c’è una progressione in questo senso di criminalizzazione del problema migratorio». Il costituzionalista Gaetano Azzariti critica il decreto Salvini votato al Senato, non celando la speranza che alla Camera venga modificato: «Così com’è è una summa di incostituzionalità, auspico si intervenga per cambiarlo in Parlamento».

      Professore, perché il decreto sicurezza sarebbe incostituzionale? Ci vuole spiegare le ragioni?
      Penso di peggio: nel testo ci sono una summa di incostituzionalità. Dallo strumento utilizzato, il decreto legge, al contenuto del provvedimento che va in conflitto coi principi della nostra Carta.

      Lei critica la formula del decreto perché dice che in questo momento non esiste un’emergenza tale da giustificare un provvedimento simile? Però posso ribattere, facendo l’avvocato del diavolo, che da anni è prassi che i nostri governi adottino la formula del decreto esautorando il Parlamento…
      C’è una sentenza della Corte Costituzionale del 2007 che ci spiega come non sia sufficiente che il governo dichiari la necessità di urgenza per emanare un decreto. Illegittimo è quindi l’uso del decreto legge per regolare fenomeni – quali le migrazioni – di natura strutturale che non rivestono alcun carattere di straordinarietà ed urgenza. In questo caso la palese mancanza dei requisiti costituzionali è dimostrata dal fatto di cui il governo si vanta di aver ridotto dell’80 per cento il problema dell’immigrazione. E allora non le sembra una contraddizione logica dichiarare l’emergenza quando lo stesso governo festeggia per i risultati ottenuti? Il governo ha pieno diritto di legiferare in materia, anche secondo il principio di contenimento dei flussi, ma tramite un disegno di legge.

      Al di là, quindi, della formula del decreto che lei reputa inopportuna, entrando nel merito, quali sono gli articoli della Costituzione che vengono violati?
      In primis, l’articolo 10 terzo comma stabilisce un diritto fondamentale che riguarda non i cittadini ma gli stranieri. A questi viene assegnato la possibilità di chiedere asilo politico allo Stato italiano. La stessa Cassazione, con diverse sentenze emesse dal 2012 al 2018, e le disposizioni internazionali ci parlano di permessi per “protezione umanitaria” come mezzi di attuazione della disposizione costituzionale. Bene, col decreto si passa all’eliminazione totale di questo status: la protezione umanitaria viene abrogata e sostituita da ipotesi specifiche. Cos’è questa se non una violazione dell’articolo 10 della nostra Carta?

      E che ne pensa della sospensione della concessione della domanda se si è sottoposti a procedimento penale?
      La presunzione di non colpevolezza è un principio di civiltà che è sancito dall’articolo 27 della nostra Costituzione. E non si fa certo differenza tra cittadini e stranieri (si riferisce in generale all’«imputato»). C’è poco altro da aggiungere: una sospensione della concessione della domanda mi sembra chiaramente violativa di questo principio.

      Si parla anche di revoca della cittadinanza in caso di condanna, anche questo aspetto secondo lei è incostituzionale?
      Si afferma per legge che qualora l’immigrato riuscisse, dopo il lungo iter burocratico, ad ottenere la cittadinanza italiana, non sarà comunque mai considerato alla pari degli altri. Come se dovesse pagare per l’eternità una pecca originaria. Questo aspetto è in contrasto con due principi: quello d’eguaglianza, introducendo nel nostro ordinamento una irragionevole discriminazione tra cittadini, e contravvenendo all’espressa indicazione di divieto della perdita della cittadinanza per motivi politici (articoli 3 e 22).

      In pratica, persone che commettono lo stesso reato avrebbero sanzioni diverse?
      Esatto, chi ha acquisito la cittadinanza è penalizzato rispetto a chi la tiene per ius sanguinis. Inoltre l’articolo 22 della Carta stabilisce che non si può perdere la cittadinanza per motivi politici. Ma se vuole continuo, gli elementi di incostituzionalità sono ancora altri.

      Ce li dica…
      Il decreto sicurezza estende la cosiddetta detenzione amministrativa cioè l’obbligo di stare in questi centri di permanenza e di rimpatrio da 90 a 180 giorni. Qui abbiamo una giurisprudenza con zone d’ombra ma che su un punto è chiarissima: la sentenza 105 del 2001 della Corte Costituzionale stabilisce che “il trattamento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea è misura incidente sulla libertà personale”. Il governo dovrebbe dimostrare che in questi luoghi non ci sia limitazione di libertà personale, la vedo difficile.

      E sul taglio degli Sprar che ne pensa?
      È una delle parti più odiose del decreto. Si cancella quella normativa che definiva le politiche di integrazione cercando di realizzare anche un altro principio fondamentale: quello di solidarietà (articolo 2 della Costituzione).

      A questo punto, crede veramente che il testo verrà migliorato alla Camera oppure teme che Lega e M5S abbiano blindato il provvedimento con il voto di fiducia?
      La speranza è l’ultima a morire. Non posso auspicare che questa maggioranza cambi idea sull’ordine pubblico o sul nesso immigrazione-sicurezza o che faccia un provvedimento che regoli i flussi. Qui il tema di discussione non è l’indirizzo politico del governo ma il rispetto della Carta e dei limiti costituzionali. Ricordo, inoltre, che il presidente della Repubblica quando ha firmato il decreto, ha anche scritto una lettera a Conte rilevando nell’auspicio del rispetto dei principi internazionali. Il Parlamento ha l’onore di prendere in considerazione almeno questi moniti.

      E nel caso, invece, rimanga così com’è ci sarebbe l’altolà della Consulta? È un’ipotesi realistica?
      Sono certo che se dovesse essere approvato in questi termini, magari con l’aggravante della mancanza della discussione in Parlamento, tutta l’attenzione non politica ma costituzionale si riverserà sui due guardiani della Costituzione. In primo luogo sul Capo dello Stato in sede di promulgazione – che dovrà in qualche modo verificare se il Parlamento ha tenuto conto dei rilievi da lui stesso formulati – e in secondo luogo sulla Corte Costituzionale.

      La sento abbastanza convinto sulla possibilità che la Consulta bocci alcune parti del provvedimento…
      Gli elementi di incostituzionalità di questo decreto mi sembrano abbastanza evidenti.

      http://www.vita.it/it/article/2018/11/22/azzariti-il-decreto-sicurezza-sara-bocciato-dalla-consulta/149839

    • Italien verschärft seine Einwanderungsgesetze drastisch

      In Italien hat Innenminister Salvini sein Einwanderungsdekret durchgesetzt. Die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen wird eingeschränkt, die Ausweisung von Migranten erleichtert.

      Drei Wochen nach dem italienischen Senat hat auch die Abgeordnetenkammer das umstrittene Einwanderungsdekret von Innenminister Matteo Salvini angenommen.

      Durch das Gesetz wird

      – die Vergabe von humanitären Aufenthaltsgenehmigungen massiv eingeschränkt und
      – die Ausweisung von Migranten erleichtert.
      – Auch die Verteilung und Unterbringung von Asylbewerbern wird neu geregelt: Die meisten sollen künftig in großen Auffangzentren untergebracht werden.
      – Als „gefährlich“ eingeschätzte Asylbewerber sollen in Eilverfahren abgeschoben werden können.
      – Migranten, die bereits die italienische Staatsbürgerschaft haben, sollen diese wieder verlieren, wenn sie in Terrorverfahren verurteilt werden.
      – Als sicherheitspolitische Neuerung ist in dem Gesetz unter anderem vorgesehen, den Einsatz von Elektroschockpistolen auszuweiten und die Räumung besetzter Gebäude zu erleichtern.

      Die Regierung hatte in beiden Parlamentskammern die Vertrauensfrage gestellt, um die Gesetzesänderung zügig durchzubringen. Einige Parlamentarier der populistischen Fünf-Sterne-Bewegung, die zusammen mit Salvinis fremdfeindlicher Lega-Partei regiert, hatten aus Protest gegen die geplanten Verschärfungen Dutzende Änderungsanträge eingereicht.

      396 Abgeordnete stimmten schließlich für die drastische Verschärfung des Einwanderungsrechts, 99 votierten dagegen. 14 Abgeordnete der Fünf-Sterne-Bewegung, die sich gegen die Pläne ausgesprochen hatten, nahmen nicht an der Abstimmung teil.

      „Ein denkwürdiger Tag“

      Salvini äußerte sich angesichts des Ergebnisses zufrieden. „Heute ist ein denkwürdiger Tag“, sagte der Innenminister, der zugleich Vizeregierungschef ist. Kritik an den Gesetzesverschärfungen wies er als Bedenken von Linken zurück, „die finden, dass illegale Einwanderung kein Problem ist“.

      Das Uno-Flüchtlingshilfswerks (UNHCR) hatte sich Anfang November besorgt zu den Gesetzesverschärfungen geäußert. Diese böten keine „angemessenen Garantien“, insbesondere für Menschen, die besonderer Fürsorge bedürften, etwa Opfer von Vergewaltigung oder Folter.

      Die italienische Regierung vertritt seit ihrem Amtsantritt im Sommer eine harte Haltung in der Flüchtlings- und Einwanderungspolitik. Schiffen mit geretteten Flüchtlingen an Bord verweigerte Salvini das Einlaufen in italienische Häfen. Der Schwerpunkt der Flüchtlingskrise im Mittelmeer hat sich seitdem stärker nach Spanien verlagert: Spanien ist in diesem Jahr zum Hauptankunftsland von Flüchtlingen in Europa geworden, weit vor Italien und Griechenland.

      http://www.spiegel.de/politik/ausland/fluechtlinge-italien-verschaerft-seine-einwanderungsgesetze-drastisch-a-1241

    • Decreto immigrazione e sicurezza, la circolare ai Prefetti del 18 dicembre 2018

      Il Gabinetto del ministero dell’Interno ha diramato in queste settimane ai Prefetti la CM del 18 dicembre 2018 per «illustrare… le principali disposizioni d’insieme» del DL 4 ottobre 2018, il cosiddetto decreto immigrazione e sicurezza. Il testo è disponibile a questo link: http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/Circolare_m_18_12_2018.pdf. Il Viminale ha predisposto anche un documento divulgativo dal titolo Immigrazione e sicurezza pubblica. Le risposte per conoscere il nuovo decreto: qui (http://viedifuga.org/wp-content/uploads/2019/01/FAQ_Decreto_immigrazione_e_sicurezza_definitivo_3_1_2018.pdf) la versione aggiornata al 3 gennaio 2019.

      Qui invece (www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/612656/Dl-Salvini-la-circolare-del-Viminale-che-tenta-di-rassicurare-i-sindaci), da Redattore sociale, il giudizio dell’ASGI sulla circolare ministeriale e le pericolose ricadute del DL (convertito in legge con la 132/2018: viedifuga.org/approvato-alla-camera-il-decreto-sicurezza-e-immigrazione-e-una-pessima-legge/) secondo Oxfam Italia e secondo l’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale).

      http://viedifuga.org/decreto-immigrazione-e-sicurezza-la-circolare-ai-prefetti-del-18-dicembre

    • La stretta sulla residenza è uno dei problemi del decreto sicurezza

      Il decreto immigrazione e sicurezza, diventato legge il 27 novembre del 2018 con l’approvazione in parlamento, suscita divisioni e critiche sia all’interno della maggioranza sia tra le file dell’opposizione. Dopo l’attacco del sindaco di Palermo Leoluca Orlando e del sindaco di Napoli Luigi De Magistris – che hanno annunciato di non voler applicare la legge, perché “è un testo inumano che viola i diritti umani” – molti altri sindaci hanno detto che boicotteranno la norma. Una mappa compilata dalla ricercatrice Cristina Del Biaggio raccoglie tutte le adesioni degli amministratori locali contro il decreto, in totale un centinaio.

      Uno dei punti più contestati della legge è l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica. Leoluca Orlando, con una nota inviata al capoarea dei servizi al cittadino, ha chiesto d’indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione del decreto sicurezza e di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”. Ma perché è così importante essere iscritti all’anagrafe e cosa comporta esserne esclusi? E infine, ha senso sospendere l’applicazione del decreto o basta applicare correttamente le norme esistenti?

      Cosa prevede il decreto
      La legge 113/2018 (anche detta decreto sicurezza e immigrazione o decreto Salvini) prevede delle modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 142/2015 attraverso un comma secondo cui “il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”. Secondo Enrico Gargiulo, docente di fondamenti di politica sociale all’università Ca’ Foscari di Venezia, il decreto introduce una “rivoluzione nel campo del diritto all’anagrafe”, perché “per la prima volta si nega in maniera chiara a una categoria di persone un diritto soggettivo perfetto”, contravvenendo alla costituzione e ad altre norme generali sull’immigrazione come il Testo unico del 1998.

      Dello stesso orientamento l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che in un comunicato ha ribadito l’incostituzionalità di questo punto e ha annunciato di aver già presentato diversi ricorsi, impugnando in sede giudiziaria alcuni dinieghi all’iscrizione anagrafica. “Riteniamo infatti che non sussista alcuna ragione che giustifichi sotto il profilo costituzionale una diversità di trattamento nell’iscrizione anagrafica che colpisce una sola categoria di stranieri legalmente soggiornanti (i titolari di permesso di soggiorno per richiesta di asilo), violando il principio di parità di trattamento coi cittadini italiani prevista dall’articolo 6 del Testo unico sull’immigrazione( legge 286/1998)”, si legge nel comunicato. I ricorsi che saranno portati davanti a un giudice chiameranno in causa la corte costituzionale per violazione dell’articolo 3 della costituzione. La consulta a sua volta dovrà stabilire se questa parte del decreto è in linea con la carta fondamentale.

      Di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe

      Tuttavia alcuni giuristi invitano a un’interpretazione diversa del decreto. Le avvocate dell’Asgi Nazzarena Zorzella e Daniela Consolo ritengono che il decreto “non pone nessun esplicito divieto, ma si limita a escludere che la particolare tipologia di permesso di soggiorno possa essere documento utile per formalizzare la domanda di residenza”. Intervistata al telefono da Internazionale Zorzella ribadisce che “anche se il decreto ha come obiettivo l’esclusione dei richiedenti asilo dalla residenza, tuttavia di fatto nella norma non si vieta espressamente l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe, ma si sostiene che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisca un titolo valido per l’iscrizione all’anagrafe”.

      Per l’avvocata, quindi, i sindaci potrebbero con una circolare informare gli uffici anagrafici di accettare come documento valido per l’iscrizione all’anagrafe il modulo C3 e cioè la domanda di asilo presentata in questura dal richiedente asilo al momento dell’arrivo in Italia, assumendo quel titolo come prova del soggiorno regolare del cittadino straniero in Italia. “Il decreto sicurezza coesiste con il Testo unico sull’immigrazione, in particolare con l’articolo 6 comma 7 che non è stato modificato dal decreto e prevede che allo straniero regolarmente soggiornante sia consentita l’iscrizione anagrafica”. Secondo l’avvocata i sindaci potrebbero provare a interpretare la norma in senso meno restrittivo, continuando a consentire l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe usando un altro documento come prova del loro soggiorno nel paese.

      Cosa implica l’iscrizione all’anagrafe
      L’iscrizione anagrafica è necessaria per il rilascio del certificato di residenza e del documento d’identità. Questi due documenti di prassi sono il presupposto per il godimento di alcuni servizi pubblici, in particolare dei servizi sociali, per esempio la presa in carico da parte degli assistenti sociali, l’accesso all’edilizia pubblica, la concessione di eventuali sussidi, per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale (per la fruizione dei servizi ordinari come il medico di base, mentre l’assistenza sanitaria d’urgenza è per principio garantita anche agli irregolari), per l’iscrizione a un centro per l’impiego. Inoltre un documento d’identità valido è richiesto per sottoscrivere un contratto di lavoro, per prendere in affitto una casa o per aprire un conto corrente bancario. La situazione in realtà è molto disomogenea sul territorio italiano, da anni molti comuni hanno stabilito che sia necessaria la residenza per accedere a questi servizi, mentre in altri municipi è consentito accedere ai servizi con il domicilio o la residenza fittizia, ma il decreto introdurrà ancora più ambiguità in questa materia e c’è da aspettarsi un aumento dei contenziosi. “Chi non ha accesso ai diritti anagrafici diventa invisibile, è una specie di fantasma dal punto di vista amministrativo”, afferma il ricercatore Enrico Gargiulo. “Anche se una persona rimane titolare di certi diritti, senza l’iscrizione anagrafica di fatto ne è esclusa”, conclude il ricercatore.

      Anche su questo punto le avvocate dell’Asgi, Zorzella e Consolo, ritengono che l’iscrizione all’anagrafe non sia necessaria per garantire l’accesso ai servizi dei richiedenti asilo. Zorzella e Consolo ricordano che lo stesso decreto sicurezza prevede che sia assicurato agli stranieri “l’accesso ai servizi comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti”. In questo senso, secondo loro, i sindaci e gli amministratori locali dovrebbero chiarire in una circolare che è sufficiente il domicilio per accedere ai servizi pubblici territoriali senza dover esibire l’iscrizione all’anagrafe, e lo stesso varrebbe per i servizi privati (banche, poste, assicurazioni, agenzie immobiliari).

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2019/01/09/residenza-anagrafe-decreto-sicurezza

    • La delibera per iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo. Dalle parole ai fatti, smontiamo il decreto Salvini

      Il 2019 è iniziato con numerosi Sindaci che hanno manifestato la loro volontà di disobbedire al decreto legge “immigrazione e sicurezza” di Salvini.
      Tra tutti, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo con una nota inviata al Capo Area dei Servizi al Cittadino, ha conferito mandato per indagare i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione della legge n.132/2018 e, nelle more, ha impartito di sospendere qualsiasi procedura “che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alla procedura di iscrizione della residenza anagrafica”.

      Si tratta del primo vero atto che tenta di opporsi alle previsioni contenute nel d.l. n. 113/2018 dopo la sua conversione in legge. Precedentemente, infatti, alcuni Comuni avevano dichiarato di sospendere gli effetti del decreto ma solo fino alla sua approvazione definitiva.
      In ogni caso, il fronte che, speriamo, si stia aprendo a livello territoriale contro questo provvedimento è di fondamentale importanza.

      Le leggi razziste, securitarie e repressive come, prima, i decreti di Minniti ed , ora, il decreto di Salvini agiscono anche e soprattutto sullo spazio delle nostre città, creano sacche di esclusione e di diritti negati.

      Dalle nostre città, dunque, deve partire una nuova resistenza.

      Per questo abbiamo pensato di elaborare un primo modello di delibera che smonti un pezzetto della legge n.113/2018 proprio nella parte in cui prevedendo l’impossibilità per il richiedente, titolare di un permesso di soggiorno per richiesta asilo, di iscriversi all’anagrafe si pone in piena violazione dell’articolo 26 della Convenzione di Ginevra e comporta una grave limitazione al godimento di quei diritti che la nostra Carta Costituzionale individua come diritti fondamentali.
      L’iscrizione all’anagrafe, infatti, rimane lo strumento tramite il quale si consente ai poteri pubblici di pianificare i servizi da erogare alla popolazione; inoltre essa è da sempre presupposto per l’accesso ad altri diritti sociali e civili, come l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale; l’accesso all’assistenza sociale e concessione di eventuali sussidi previsti dagli enti locali.

      Nel modello di delibera si richiama la competenza comunale in materia di istituzione di un albo anagrafico (art. 14 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267), i casi in cui i Comuni hanno già esercitato tale potere istitutivo (si vedano i registri per le unioni civili); la Convezione di Ginevra; gli articoli della nostra Costituzione che tutelano l’iscrizione anagrafica e la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto un diritto alla residenza qualificato come “diritto soggettivo”.
      Il tutto per dire una sola cosa alle istituzioni locali: se volete, avete tutto il potere di istituire quest’albo e garantire ai richiedenti asilo l’iscrizione anagrafica. Avete dalla vostra, la forza della ragione e la forza del Diritto.

      Si tratta, dunque, di un modello di delibera che mettiamo nelle mani dei Comuni solidali che realmente vogliono contrastare gli effetti di questo decreto.
      Un modello di delibera che mettiamo nelle mani degli attivisti e degli abitanti delle nostre città, piccole o grandi che siano, per fare pressione sui loro governanti e sfidarli ad istituire l’albo per l’iscrizione dei richiedenti asilo.

      Un modello di delibera che è solo uno dei tanti strumenti che intendiamo mettere a disposizione di questa battaglia per la giustizia e la dignità.
      La partita per la gestione dei centri Sprar e per i regolamenti di polizia locale dei nostri Comuni è ,infatti, ancora aperta.
      Anche in quel caso gli amministratori potranno decidere da che parte stare: se dalla parte della cieca obbedienza a delle leggi disumane, che condannano migliaia di persone alla marginalità rendendole carne da cannone per le Mafie, oppure dalla parte della “sicurezza dei diritti” di tutti e tutte noi.

      https://www.meltingpot.org/La-delibera-per-iscrivere-all-anagrafe-i-richiedenti-asilo.html

    • Une nouvelle loi anti-immigration controversée adoptée en Italie

      Le parlement italien a adopté une loi introduisant des restrictions pour les demandeurs d’asile, mais aussi des mesures pour la sécurité publique et contre les mafias. Un article d’Euroefe.

      La Chambre des représentants a approuvé le projet de loi par 336 voix pour et 249 abstentions, concluant ainsi sa trajectoire après son approbation au Sénat le 7 novembre par 163 voix pour, 59 contre et 19 abstentions.

      Cette mesure a été amenée par le chef de file de la Ligue de l’extrême droite et ministre de l’Intérieur, Matteo Salvini, et présentée dans les deux chambres parlementaires comme une motion de confiance au gouvernement, une technique utilisée pour éviter les amendements et écourter leur approbation.

      Quelque 200 personnes ont manifesté devant le parlement pour manifester leur rejet de cette loi controversée, et ont organisé des funérailles pour les droits, dénonçant le racisme.

      Salvini célèbre sa loi controversée

      Matteo Salvini a exprimé lors d’une conférence de presse sa « grande satisfaction, non pas en tant que ministre, mais en tant que citoyen italien », car, a-t-il assuré, la loi « donnera plus de tranquillité, d’ordre, de règles et de sérénité aux villes ».

      La nouvelle loi repose sur trois piliers : l’immigration, la sécurité publique et la lutte contre la criminalité organisée.

      Dans le domaine de l’immigration, les permis de séjour pour des raisons humanitaires seront suspendus. Ceux-ci ont été accordés pour deux ans et ont permis aux réfugiés d’accéder au monde du travail et à la sécurité sociale. Au lieu de cela, des permis de « protection spéciale » d’un an seront octroyés.

      En outre, la protection internationale sera refusée ou rejetée en cas de condamnation définitive de l’immigré, notamment pour viol, vente de drogue, vol ou extorsion. La mutilation génitale est mentionnée dans le texte et considérée comme « crime particulièrement alarmant ».

      La nouvelle loi allongera de 90 à 180 jours la période pendant laquelle les immigrants pourront rester dans les centres d’identification, période que le gouvernement du Mouvement 5 étoiles et la Ligue considère appropriée pour identifier le demandeur.

      Par ailleurs, davantage de fonds sont prévus pour le rapatriement volontaire des immigrants et la protection sera retirée à ceux qui retournent dans leur pays d’origine, sinon pour des « raisons graves et avérées ».

      Utilisation expérimentale du Taser

      En matière de sécurité publique, la nouvelle loi stipule que les sociétés de location de voitures communiquent à la police les données de leurs clients pour vérifier leurs antécédents et éviter ainsi d’éventuels attentats à la voiture bélier comme ce fut le cas à Nice, Berlin ou Londres.

      Elle permettra aussi aux agents des villes de plus de 100 000 habitants d’expérimenter le pistolet électrique Taser, et les clubs de football devront accroître leur contribution, en allouant entre 5 et 10 % des ventes de billets à la sécurité des stades.

      La loi étend par ailleurs le « Daspo », l’interdiction d’accès aux manifestations sportives aux foires, marchés et hôpitaux pour les personnes qui ont manifesté un comportement agressif ou dangereux.

      Enfin, en ce qui concerne la mafia, les nouvelles mesures augmentent les ressources destinées à l’entité qui gère les biens saisis aux criminels et libéralise ces biens, qui peuvent désormais être achetés par des particuliers « avec des contrôles rigoureux » afin qu’ils ne reviennent pas entre les mains des clans.

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/une-nouvelle-loi-anti-immigration-controversee-adoptee-en-italie

    • Decreto immigrazione e sicurezza: tutti i dubbi sulla costituzionalità

      Le Regioni contro il decreto Salvini. Piemonte, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Basilicata. Di ora in ora si allarga la squadra dei governatori contro il decreto sicurezza e immigrazione di Matteo Salvini.

      La strada passa per il ricorso alla Corte costituzionale e a guidare il tutto sarà la Regione Piemonte, che ha dato mandato al docente di Diritto internazionale, Ugo Mattei, e all’avvocatura della Regione di preparare il ricorso che “

      seguirà l’esempio di quanto fatto da Apple, Facebook, Google, e altri colossi della Silicon Valley quando presero posizione e presentarono ricorso contro il decreto attuativo anti-immigrazione e il blocco dei visti voluto dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump” ha spiegato l’assessora all’immigrazione della regione Piemonte Monica Cerutti

      “Ugo Mattei, insieme all’avvocatura della Regione Piemonte, si occuperà del ricorso in Corte Costituzionale contro il decreto sicurezza che rischia di creare un danno all’economia piemontese” ha spiegato Monica Cerutti. “Il decreto farà finire nell’irregolarità migliaia di migranti che quindi non potranno più contribuire alla vita economica del territorio”.

      “La nostra avvocatura sta anche lavorando con le avvocature delle altre ‘regioni rosse’” ha aggiunto l’assessora della Regione Piemonte “perché ci sia coordinamento nella presentazione dei ricorsi. Stiamo infatti pensando di aggiungere un nuovo profilo di incostituzionalità, che va sommarsi a quelli che riguardano le competenze regionali in materia di sanità e politiche sociali. Questo decreto manda del resto a gambe all’aria tutto il lavoro fatto sull’immigrazione in questi anni, rendendo inutili gli investimenti messi in campo dalla nostra Regione”.

      Il professor Mattei, si precisa dalla Regione, “si è reso disponibile a portare avanti questa battaglia a titolo gratuito. Quindi il suo intervento non costituirà una spesa per il Piemonte”.

      In precedenza anche il Quirinale aveva valutato eventuali profili di incostituzionalità del decreto, ponendo l’accento – nonostante la firma arrivata dopo la fiducia ottenuta alla Camera mercoledì 28 novembre 2018 – su alcune questioni.

      Vediamo quali sono:

      Necessità e urgenza – Il primo nodo è sulla natura dello strumento scelto dal governo. Secondo la Costituzione, il decreto deve rispettare i criteri di necessità e urgenza, oltre a non essere palesemente incostituzionale. La presidenza della Repubblica aveva già manifestato le proprie perplessità sull’urgenza di un intervento del governo su questa materia.

      Revoca del diritto d’asilo – Si allunga l’elenco di reati che comportano la sospensione della domanda di asilo e causano l’espulsione immediata dello straniero. Tra questi sono stati inclusi la violenza sessuale, la detenzione e il traffico di stupefacenti, il furto, la minaccia o la violenza a pubblico ufficiale. Nel decreto è prevista la revoca dello status dopo la sola condanna di primo grado: nella nostra Costituzione è però prevista la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Questa disposizione potrebbe essere in contrasto con i principi costituzionali.

      Revoca della cittadinanza – È prevista la revoca della cittadinanza italiana acquisita dagli stranieri condannati in via definitiva per reati di terrorismo. La revoca sarà possibile entro tre anni dalla condanna definitiva, per decreto del presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Interno. Anche questa norma è in contrasto con principi della Corte Costituzionale, che considera la cittadinanza un diritto inviolabile.

      Inizialmente i decreti dovevano essere due, uno sull’immigrazione e uno sulla sicurezza e i beni confiscati alle mafie. Poi sono stati accorpati in un unico provvedimento. Ecco gli altri punti del documento:

      Abolizione della protezione umanitaria – Il decreto prevede l’abolizione della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari previsto dal Testo unico sull’immigrazione (legge 286/98).

      Trattenimento nei Cpr – Gli immigrati con i documenti non in regola potranno essere trattenuti nei Centri per il rimpatrio fino a 180 giorni. Ad oggi il limite era 90 giorni.

      Sicurezza urbana – Viene prevista la sperimentazione dei taser di parte della municipale nei comuni con più di 100 mila abitanti e inasprite le pene contro chi promuove o organizza occupazioni.

      Lotta alle mafie – Per contrastare le infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione, il decreto prevede la nomina di un Commissario straordinario in caso di segnalazioni di situazioni anomale o di condotte illecite da parte di un Prefetto.

      https://www.tpi.it/2019/01/08/decreto-sicurezza-incostituzionalita-regioni/amp
      #constitutionnalité

    • Protezione umanitaria, la pronuncia della Cassazione n. 4890/2019

      Pubblichiamo la decisione n. 4890/2019 della Corte di cassazione, che risolve i dubbi in tema di regime intertemporale della nuova disciplina sulla protezione umanitaria.

      In argomento, questa Rubrica ha già ospitato la requisitoria del procuratore generale presso la Corte di cassazione, l’articolo di Carlo Padula (Quale sorte per il permesso di soggiorno umanitario dopo il dl 113/2018?) contenente l’orientamento dei Tribunali di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino, Trento e della dottrina in punto di regime intertemporale della nuova disciplina della protezione umanitaria.

      http://questionegiustizia.it/articolo/protezione-umanitaria-la-pronuncia-della-cassazione-n-48902019_19
      #protection_humanitaire

  • Over 200 Migrants Drown in Three Days in Mediterranean — Death Toll for 2018 Passes 1,000

    This weekend, some 204 migrants have died at sea off Libya, pushing the total number of migrant drownings in the entire Mediterranean so far this year to over 1,000 people.

    Today (1/07), a small rubber boat packed with migrants capsized off AlKhums, east of Tripoli, with an estimated 41 people surviving after rescue. On Friday (28/06), three babies were among the 103, who died in a shipwreck similar to Sunday’s incident, also caused by smugglers taking migrants to sea in completely unsafe vessels.

    So far this year, the Libyan Coast Guard has returned some 10,000 people to shore from small vessels.

    “I am traveling to Tripoli once again this week and will see firsthand the conditions of migrants who have been rescued as well as those returned to shore by the Libya Coast Guard,” said William Lacy Swing, IOM Director General. “IOM is determined to ensure that the human rights of all migrants are respected as together we all make efforts to stop the people smuggling trade, which is so exploitative of migrants,” said Swing.

    IOM staff were deployed to provide support and first aid to the the 41 migrants who survived the capsize of their small rubber vessel that capsized off AlKhums. This is the second major shipwreck in as many few days. On Friday, a rubber dinghy capsized north of Tripoli and the 16 survivors (young men from Gambia, Sudan, Yemen, Niger and Guinea) were rescued by the Libyan Cost Guard. However, an estimated 103 people lost their lives.

    Adding to grim and tragic scene, the bodies of three babies were taken from the sea by the Libyan Coast Guard. IOM provided assistance at the disembarkation point, including provision of food and water and health assistance. IOM is also in the process of providing psychosocial aid at Tajoura detention centre where the survivors have been transferred. The need for physcosocial support is high as the survivors spent traumatizing time in the water as their engine broke only 30 minutes after departing Garaboli. The survivors have received psychosocial first aid at the detention centre and IOM continues to monitor their condition.
    From Friday to Sunday, close to 1,000 migrants were returned to Libyan shore by the Libyan Coast Guard, who intercepted small crafts as they made their way towards the open sea. Upon disembarkation to shore, migrants have received emergency direct assistance, including food and water, health assistance and IOM protection staff has provided vulnerability interviews. Those rescued and returned by the Libyan Coast Guard are transferred by the Libyan authorities to the detention centres where IOM continues humanitarian assistance.
    “There is an alarming increase in deaths at sea off Libya Coast,” said IOM Libya Chief of Mission Othman Belbeisi, adding: “Smugglers are exploiting the desperation of migrants to leave before there are further crackdowns on Mediterranean crossings by Europe.”

    “Migrants returned by the coast guard should not automatically be transferred to detention and we are deeply concerned that the detention centres will yet again be overcrowded and that living conditions will deteriorate with the recent influx of migrants,” added Belbeisi.

    https://www.iom.int/news/over-200-migrants-drown-three-days-mediterranean-death-toll-2018-passes-1000
    #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #morts #décès #statistiques #chiffres #2018 #mer_Méditerranée

    en français:
    https://news.un.org/fr/story/2018/07/1018032

    • Dopo l’allontanamento delle ONG è strage quotidiana sulla rotta del Mediterraneo centrale

      Nel giorno in cui il ministro dell’interno e vice-presidente del Consiglio rilancia da Pontida l’ennesimo attacco contro le ONG, che vedranno “solo in cartolina” i porti italiani, e mentre tre navi umanitarie sono bloccate nel porto de La Valletta, per decisione del governo maltese, nelle acque del Mediterraneo Centrale si continua a morire. Si continua a morire nell’indifferenza della maggior parte della popolazione italiana, schierata con chi ha promesso che, chiudendo i porti, e le vie di fuga, ai migranti da soccorrere in mare, le condizioni di vita degli italiani colpiti dalla crisi potranno migliorare. Una tragica illusione. Il vero pericolo per tutti oggi non viene dal mare, ma dalla costituzione di un fronte sovranista ed identitario europeo, che potrebbe cancellare lo stato di diritto e la democrazia rappresentativa. E allora non ci sarà più spazio nè per i diritti umani nè per i diritti sociali. i più forti imporranno le loro leggi ai più deboli.

      Questa volta nessuno potrà accusare le navi umanitarie, come hanno fatto fino a oggi direttori di giornali in Italia ed esponenti della sedicente Guardia costiera libica. Adesso i libici, in assenza delle navi umanitarie, sono costretti ad avvalersi delle navi commerciali in navigazione nelle loro acque, per operazioni di soccorso che da soli non sono in grado di garantire, salvo poi attaccare le ONG. Per le persone “soccorse” in mare da questi mezzi il destino è segnato, lo sbarco avviene a Tripoli, porto più vicino ma non “place of safety“, e dopo poche ore, per coloro che sono trasferiti dal centro di prima accoglienza al porto, ai vari centri di detenzione gestiti dalle milizie, il destino è segnato.

      Si ripetono intanto attacchi scomposti contro gli operatori umanitari, che rilanciano la macchina del fango che da oltre un anno si rivolge contro le ONG, accusate di tutti i possibili reati, per il solo fatto di salvare vite umane in mare. Si vogliono eliminare tutti i testimoni dell’Olocausto nel Mediterraneo. Senza un voto del Parlamento si è cercato di introdurre in via surrettizia il reato di solidarietà, in spregio al principio di legalità, affermato dalla Costituzione italiana.

      Questa striscia di morte, che si allunga giorno dopo giorno, con una cadenza mai vista prima, deriva direttamente dalla eliminazione delle navi umanitarie e dall’arretramento degli assetti militari italiani ed europei che in passato, anche se si verificavano gravi stragi, riuscivano tuttavia a garantire più solleciti interventi di soccorso. Il blocco di tre navi umanitarie a Malta, come il sequestro della Juventa lo scorso anno, potrebbero essere stati causa di una forte riduzione della capacità di soccorso in acque internazionali, tra la Libia e ‘Europa, una capacità di soccorso che gli stati non hanno voluto mantenere negli standards imposti dalle Convenzioni internazionali a ciascun paese responsabile di una zona SAR ( ricerca e soccorso). La presenza delle navi umanitarie è stata bollata come un fattore di attrazione delle partenze, se non come vera e propria complicità con i trafficanti, come ha ripetuto in più occasioni Salvini. Ne vediamo oggi le conseguenze mortali.

      Anche l’UNHCR ha espresso la sua preoccupazione per la diminuzione degli assetti navali in grado di operare interventi di soccorso nelle acque del Mediterraneo centrale. Secondo l’OIM negli ultimi tre giorni sono annegate oltre 200 persone, una serie di stragi ignorate dall’oipinione pubblica italiana e nascoste dai politici concentrati nel rinnovato attacco contro le ONG. La “banalità” della strage quotidiana in mare costituisce la cifra morale del governo Salvini-Di Maio. Con il sommarsi delle vittime, e l’allontanamento dei testimoni, si vuole produrre una totale assuefazione nella popolazione italiana. Per alimentare altro odio ed altra insicurezza, utili per le prossime scadenze elettorali.

      Nelle prime settimane di insediamento del nuovo governo, ed in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 28-29 giugno scorso, il ministero dell’interno ha disposto in modo informale la chiusura dei porti ed il divieto di ingresso nelle acque territoriali, per alcune imbarcazioni delle Organizzazioni non governative che avevano effettuato soccorsi nelle acque internazionali antistanti le coste libiche. Sono state anche ritardate le operazioni di sbarco di centinaia di persone, soccorse da unità militari ( come la nave americana Trenton), o commerciali ( come il cargo Alexander Maersk), che, solo dopo lunghi giorni di attesa, hanno potuto trasbordare i naufraghi che avevamo a bordo e proseguire per la loro rotta. In molti casi si sono trasferite le responsabilità di coordinamento dei soccorsi alle autorità libiche, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

      Le ultime vicende delle navi umanitarie Acquarius , Lifeline e Open Arms, dopo il sequestro, lo scorso anno, della nave Juventa, ancora bloccata a Trapani, hanno aperto una nuova fase di tensioni anche a livello internazionale, in particolare con il governo maltese e con le autorità spagnole. Il governo italiano ha chiuso i porti alle poche navi umanitarie ancora impegnate nelle attività di ricerca e salvataggio (SAR) sulla rotta del Mediterraneo centrale, mentre si è rilanciata la criminalizzazione delle Ong, e più in generale di chiunque rispetti il dovere di salvare vite umane in mare, malgrado importanti decisioni della magistratura (di Ragusa e di Palermo) riconoscessero come lecite, anzi doverose, le attività di soccorso umanitario delle stesse Ong sotto inchiesta.

      Da ultimo si è appreso che ci sarebbero motivi “di ordine pubblico” alla base della decisione del ministro dell’Interno Matteo Salvini di vietare l’accesso ai porti italiani alla Open Arms.
Questi motivi, stando a informazioni che non sono state formalizzate in un provvedimento notificato agli interessati, sarebbero costituiti dalle “vicende giudiziarie” in cui è stata coinvolta la nave delle Ong spagnola, dissequestrata con una sentenza del Gip poi confermata dal tribunale di Ragusa, e dalle “manifestazioni”(rischio proteste) che si sono verificate in occasione del sequestro preventivo alla quale era stata sottoposta nel porto di Pozzallo.

      Si configura così come problema di “ordine pubblico” il doveroso espletamento di una operazione SAR che si è svolta nel pieno rispetto della legge e del diritto internazionale, per legittimare un provvedimento, ancora segretato, forse una circolare probabilmente da redigere, del ministro Toninelli, che vieta l’ingresso alle navi delle Ong nelle acque territoriali e nei porti italiani .

      L’allontanamento delle ONG per effetto delle “chiusure” informali dei porti, e la istituzione unilaterale di una zona SAR libica, oltre al blocco imposto alle navi umanitarie dalle autorità maltesi, riducono la presenza dei mezzi di soccorso nel Mediterraneo centrale e hanno già comportato un aumento esponenziale delle vittime.

      La realizzazione del progetto italiano di istituire una zona SAR , completata con una forte pressione sull’IMO a Londra, sta producendo tutti i suoi effetti mortali, considerando che la Guardia costiera “libica” non può coprire tutte le azioni di soccorso che è chiamata ad operare (spesso da assetti italiani), avendo a disposizione soltanto sei motovedette. Si tratta di mezzi ceduti dai precedenti governi italiani, oggi abbastanza logorati malgrado siano stati curati nella manutenzione dai marinai delle unità italiane, di stanza nel porto di Tripoli, nell’ambito della missione NAURAS. Non si sa come e quando arriveranno in Libia le 12 motovedette promesse alla Guardia costiera di Tripoli da Salvini, che doveva fare approvare la sua proposta in Consiglio dei ministri, approvazione che ancora non c’e’ stata. Una iniziativa che potrebbe infuocare ancora di più lo scontro tra le milizie libiche per il controllo dei porti, e del traffico di gas e petrolio.
      La creazione fittizia di una zona SAR libica, che sembra sia stata notificata anche all’IMO, sta legittimando gli interventi più frequenti della Guardia costiera di Tripoli, che arrivano a minacciare anche gli operatori umanitari mentre sono impegnati negli interventi di soccorso in acque internazionali. Interventi di soccorso che sono sempre monitorati dalle autorità militari italiane ed europee, che però non intervengono con la stessa tempestività che permetteva in passato il salvataggio di migliaia di vite.

      Il cerchio si chiude. Adesso arriva anche il supporto europeo alla chiusura contro le ONG, anche se non si traduce in alcun atto dotato di forza normativa vinclante. Tutte le politiche europee sull’immigrazione, anche i respingimenti, avverranno “su base volontaria”. Ma le navi di Frontex ( e di Eunavfor Med) rimangono vincolate agli obblighi di soccorso previsti dai Regolamenti europei n.656 del 2014 e 1624 del 2016. Atti normativi, vincolanti anche per i ministri,che subordinano le azioni contro i trafficanti alla salvaguardia della vita delle vittime, non esternazioni di leader sull’orlo di una crisi di nervi alla fine di un Consiglio europeo estenuante ed inconcludente.

      L’illegalità di scelte politiche e militari che vanno contro il diritto internazionale viene giustificata con lo spauracchio di manifestazioni democratiche di protesta. Non e’ a rischio soltanto la libertà di manifestazione o il diritto a svolgere attività di assistenza e di soccorso umanitario. Il messaggio lanciato dal governo italiano, e ripreso dal governo maltese, è chiaro, riguarda tutti, non solo i migranti. E’ la strategia mortale della dissuasione, rivolta ai migranti ed agli operatori umanitari. Altro che “pacchia”. Per chi si trova costretto a fuggire dalla Libia, senza alternative sicure per salvare la vita, il rischio del naufragio si fa sempre più concreto. Anche se gli “sbarchi” sono drasticamente calati, rispetto allo scorso anno, è in forte aumento il numero delle vittime, morti e dispersi, abbandonati nelle acque del Mediterraneo.

      In questa situazione la magistratura italiana è chiamata a fare rispettare le regole dello stato di diritto e gli impegni assunti dall’Italia con la firma e la ratifica delle Convenzioni internazionali di diritto del mare. Ma è anche importante il contributo della società civile organizzata, delle associazioni, di tutto quel mondo del volontariato che in questi ultimi mesi è stato messo sotto accusa con lo slogan della “lotta al business dell’immigrazione”. Quando erano state proprio le Organizzazioni non governative a denunciare chi faceva affari sulla pelle dei migranti e chi ometteva i controlli, denunce fatte in Parlamento e nel lavoro quotidiano di tanti cittadini solidali. L’attacco contro il sistema di accoglienza è stato utilizzato per delegittimare e bloccare chi portava soccorso in mare, mentre gli stati venivano meno ai loro obblighi di salvataggio. Verranno dalla società civile europea e dagli operatori umanitari le denunce che inchioderanno i responsabili delle stragi per omissione.

      Rispetto alle richieste di soccorso, e persino rispetto alle istanze che si stanno proponendo per avere chiarite le basi normative e i contenuti dei provvedimenti amministrativi, sulla base dei quali si sta interdicendo l’ingresso nelle acque territoriali e nei porti italiani alle navi delle ONG, impegnate in attività SAR nelle acque internazionali a nord delle coste libiche, silenzi e ritardi. Si può riscontrare silenzio e ritardo nell’attività delle pubbliche amministrazioni riconducibili al Ministero delle infrastrutture ( quanto al divieto di ingresso) e dell’interno (quanto alle note di rilevazione ed alla dichiarazione di una situazione di pericolo per l’ordine pubblico). Le decisioni dei ministri, su materie così importanti che incidono sulla vita ( e sulla morte) delle persone, non possono essere comunicate sui social, con messaggi Twitter o attraverso Facebook.

      Se gli avvistamenti iniziali ed il coordinamento “di fatto” (come rilevato dalla magistratura) della Guardia costiera “libica” sono effettuati da parte di autorità militari italiane, in sinergia con gli assetti aero-navali europei delle missioni Themis di Frontex ed Eunavfor MED, le autorità italiane non possono dismettere la loro responsabilità di soccorso.

      In questi casi il ministero dell’interno italiano ha l’obbligo di indicare un porto sicuro (place of safety) di sbarco in Italia, dal momento che la Libia non offre porti sicuri, e che Malta ha negato in diverse occasioni l’attracco a navi commerciali o umanitarie, che avevano operato soccorsi nelle acque del Mediterraneo centrale.

      Contro la scelta di chiudere i porti e di interdire l’ingresso delle navi delle ONG nelle acque territoriali, tanto per sbarcare naufraghi soccorsi in alto mare, quanto per effettuare rifornimenti e cambi di equipaggio, occorre rilanciare una forte iniziativa sul piano sociale, politico e legale. Per affermare il diritto alla vita, un diritto incondizionato, che non può essere piegato a finalità politiche o giudiziarie. Per battere quell’ondata di disinformazione e di rancore sociale che sta disintegrando il tessuto umano della nostra Repubblica, e la stessa Unione Europea, indicando nei migranti e in chi li assiste la ragione di tutti i mali che affliggono i cittadini italiani. Come se si trattasse di nemici interni da eliminare. Di fronte a tutto questo, la resistenza è un dovere.

      https://www.a-dif.org/2018/07/01/dopo-lallontanamento-delle-ong-e-strage-quotidiana-sulla-rotta-del-mediterran

    • La rotta più pericolosa del mondo

      Nel primo weekend in cui Tripoli ha coordinato i soccorsi in mare ci sono stati tre naufragi che hanno portato il numero complessivo dei morti e dei dispersi nel solo mese di giugno a 679. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), il dato in meno di un mese è più che raddoppiato. Matteo Villa, un ricercatore dell’Ispi, ha elaborato i dati dell’Unhcr e dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) sulle morti registrate in relazione alle partenze dalla Libia e ha stabilito che dal 1 giugno la rotta del Mediterraneo è diventata la più pericolosa al mondo: “Muore una persona ogni dieci”.
      Un dato allarmante che riporta il tasso di mortalità e il numero assoluto dei morti ai livelli di quelli registrati prima della riduzione delle partenze nel luglio del 2017. “Dopo la repentina diminuzione delle partenze dal 16 luglio 2017, il numero assoluto dei morti e dei dispersi si è ridotto, ma ora siamo tornati incredibilmente ai livelli di prima”, afferma Villa (il tasso di mortalità invece era comunque aumentato nell’ultimo anno). Per il ricercatore questo fattore è legato a tre elementi: “Le ong sono coinvolte sempre di meno nei salvataggi, i mercantili non intervengono perché temono di essere bloccati per giorni in attesa di avere indicazioni sul porto di sbarco (come è successo al cargo danese Maersk) e la guardia costiera libica non ha né i mezzi né la competenza per occuparsi dei salvataggi”.


      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/07/03/morti-migranti-mediterraneo-libia
      #mortalité

    • Les tweet de Matteo Villa sur les morts en 2018 :

      Since June 1st, #migrant attempted crossings from #Libya have become THE RISKIEST since accurate public recordings started in 2016. ALMOST 1 IN 10 died or went missing upon departure from the Libyan coast bettween June 1st and July 2nd.

      After the sudden drop in #migrant departures from #Libya since 16 July 2017, the absolute number of dead and missing had abated. Astoundingly, we are now BACK to pre-drop levels. 679 persons have died or gone missing upon leaving Libya since June 1st.

      n 2018 so far, only about HALF of those departing from #Libya has made it to Italy (vs 86% last year). 44% have been brought back by the Libyan Coast Guard (vs 12% last year). 4.5% have died or gone missing (vs 2.3% last year).

      The increase in absolute dead and missings and in the risk of journey has occurred WHILE the Libyan Coast Guard rescued the highest number of persons in a single month since May 2016.

      Why is this happening: - NGOs carry out less and less SARs, may stop altogether; - commercial ships fear high losses if they do SARs and are held for days waiting for port; - Libyan Coast Guard understaffed and underequipped.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1014068492872704000

      data set
      https://docs.google.com/spreadsheets/d/1ncHxOHIx4ptt4YFXgGi9TIbwd53HaR3oFbrfBm67ak4/edit#gid=0
      (si @simplicissimus n’a rien à faire dans les prochains jours...)

      MAJOR CORRECTION: dead and missing from Libya since 1 June amount to 565, not 679 as previously stated. Risk of journey skyrocketed from 2.3% in Jan-May 2018 to 7.6% (NOT 9.0%). Absolute levels are still maximum since drop in sea arrivals in July 2017.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1014266248094474240

    • Record deaths at sea: will ‘regional disembarkation’ help save lives?

      Never has it been more dangerous for people in search of protection to make the crossing to Europe. The estimated death rate on boat migration journeys across the Mediterranean has risen from 4 per 1000 in 2015 to 24 per 1000 in the first four months of 2018, according to available data.

      While the death rate is higher than ever, the size of migration flows across the Mediterranean has shrunk dramatically. The number of refugees and other migrants who crossed the Mediterranean in June was down 94% compared to the peak of the migration and refugee crisis in 2015. This means that migration policy-makers now have an opportunity to move on from crisis response to a search for long-term solutions.

      Yet, Mediterranean boat migration is an increasingly thorny issue for intra-European relations, and a new surge in arrivals remains imaginable. It still dominates the political discourses of all major European countries. In Germany, Angela Merkel’s coalition remains wobbly due to disagreements over migration policy. Anxiety about migration is therefore much higher than the current number of border-crossings would suggest, and continues to shape policy-making. This was evident in the fraught discussions in the lead-up to the agreement reached by the European Council on 29 June. In fact, the pressure to reach agreement and deliver action seems to have overshadowed concerns about the feasibility of the proposed schemes.


      https://blogs.prio.org/2018/07/record-deaths-at-sea-will-regional-disembarkation-help-save-lives
      #mortalité
      signalé par @isskein

    • Responsibility for surging death toll in Central Med laid squarely at Europe’s door

      The number of people drowning in the Central Mediterranean or being taken back to squalid detention centres in Libya has surged as a result of European policies aimed at closing the central Mediterranean route, Amnesty International said in a new briefing published today.


      https://www.amnesty.org/en/latest/news/2018/08/surging-death-toll-in-central-med
      #responsabilité

      Lien vers le briefing:
      https://www.amnesty.org/en/documents/eur30/8906/2018/en

      #rapport #Amnesty_international

    • Combien de migrants sont morts en Méditerranée ? Où sont-ils enterrés ?
      L’Organisation internationale pour les migrations (OIM) recense près de 17000 morts et disparus en Méditerranée depuis 2014

      Bonjour,

      Votre question renvoie vers un tweet de Pierre Sautarel (administrateur de Fdesouche, revue de presse consacrée aux thèmes favoris de l’extrême droite - immigration, sécurité, identité, etc.) qui s’appuie sur une erreur de chiffre dans une dépêche Reuters pour remettre en cause le décompte du nombre de migrants décédés en Méditerranée.

      « Plus de 100 000 migrants sont morts noyés [entre la Libye et l’Italie] depuis 2014, selon l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) », lit-on dans l’extrait du texte de l’agence que poste Sautarel. Et celui-ci de commenter : « Mais pas trace d’un cadavre sur une plage ou dans un filet de pêche… Plus c’est gros plus ça passe… »

      De fait, il y a un « 0 » de trop dans la dépêche Reuters dont Sautarel reproduit un extrait. Il s’agit probablement d’une erreur de traduction, puisque sur le site de Reuters, le texte en français fait état de « plus 100 000 morts », mais la version originale en anglais, en compte « more than [plus de] 10 000 ». Cette erreur a donné l’occasion à Pierre Sautarel (et à d’autres) de remettre en cause le décompte des migrants morts, s’appuyant par ailleurs sur le fait que (selon lui) il n’y a aucune trace des cadavres.

      Comment, et par qui, sont comptés les morts ? Où sont-ils enterrés ?
      16862 morts et disparus en Méditerranée depuis 2014, selon l’OIM

      La source de Reuters (et de quasiment tous les médias) sur ce sujet est l’Organisation internationale pour les migrations (OIM). Entre le 1er janvier 2014 et le 30 juillet 2018, l’OIM, rattachée à l’ONU, a recensé 5773 « morts », dont on a retrouvé les corps, et 11089 « disparus », dont les dépouilles n’ont pas été récupérées immédiatement après les naufrages mais qui ont généralement été signalés par des survivants.

      Au total, l’OIM comptabilise donc 16 862 victimes en Méditerranée en quatre ans et demi.

      Selon l’organisation, dans leur immense majorité, ces décès et ces disparitions surviennent en Méditerranée centrale, entre la Libye, la Tunisie, Malte et l’Italie : 14587 morts et disparus dans cette zone selon l’OIM (on retrouve les « plus de 10 000 » dont parle Reuters).

      Cela représente plus de 86% du total méditerranéen. Il s’agit de la route migratoire la plus meurtrière au monde, selon l’OIM.
      Des sources essentiellement secondaires

      L’Organisation internationale pour les migrants collecte ces chiffres via le Missing Migrants Project (Programme des migrants disparus). Dans une publication de 2017, des chercheurs en charge du MMP précisent (en anglais) la méthodologie de cette comptabilité : « La base de données du MMP fournit une vue d’ensemble des données sur les morts des migrants, mais il dépend premièrement de sources secondaires d’information. » Ces sources secondaires sont évaluées en fonction de leurs avantages et de leurs inconvénients.

      Dans chaque cas (CheckNews a isolé ceux survenus en Méditerranée) l’OIM recense la date, le « nombre de morts », le « nombre minimum estimé de disparus », « le nombre de survivants ». Et renvoie vers des sources en ligne. A chaque type de source un chiffre (voir la méthodologie de collecte des données) : 1 quand un seul média a rapporté l’événement, 2 pour des témoignages de migrants à l’OIM, 3 quand plusieurs médias en font état, 4 si une organisation non-gouvernementale ou internationale en atteste, et 5 s’il y a au moins une source officielle (étatique ou gardes-côtes notamment) ou plusieurs sources humanitaires.

      Par exemple, le 30 juillet une personne meurt et deux survivent dans un naufrage près de Tanger selon un média local arabophone (indice : 1). Autre exemple : le 18 juillet, l’OIM enregistre 19 morts et (au moins) 25 disparus dans un naufrage au nord de Chypre, dont 103 personnes réchappent. Elle s’appuie sur Reuters, CNN en turc et un média turc, qui tiennent leurs infos des gardes-côtes turcs (indice : 5).

      L’OIM estime que le décompte n’est pas exhaustif, des cas de décès pouvant ne pas être portés à la connaissance des médias, ONG ou autorités locales. « Dans la plupart des régions, les chiffres sont probablement largement sous-estimés par rapport au nombre de vies perdues », selon un de ses rapports (en anglais).
      « Mortes sans laisser de traces »

      Autre source pour prendre la mesure des morts sur les routes migratoires : le réseau United for intercultural action. Se fondant également sur les articles de presse et les rapports d’ONG, une équipe basée à Amsterdam a compté, entre 1993 et 2018, 34 361 migrants morts lors de leur voyage vers l’Europe ou après leur arrivée. La liste a été publiée dans le quotidien britannique The Guardian, le 20 juin 2018, journée mondiale des réfugiés. Près de 80% de ces personnes sont mortes en mer.

      Le Guardian précise que cette liste non plus n’a pas de prétention exhaustive : « le vrai nombre pourrait être beaucoup plus élevé, puisqu’au fil des ans plusieurs milliers de personnes sont mortes sans laisser de traces lors de leur voyage par la terre ou la mer. »
      « Les Etats ne semblent pas faire d’efforts »

      Vous nous demandez aussi où sont les dépouilles des noyés de la Méditerranée. Comme nous l’écrivions plus haut, une majorité des corps ne sont pas retrouvés. Interrogée par CheckNews, Julia Black, qui coordonne le Missing Migrants Project à l’OIM fait le point : « 5773 corps et 11 089 disparus ont été enregistrés par le MMP depuis 2014, ce qui veut dire qu’à peu près 34% des migrants morts sont effectivement retrouvés. » Mais, l’Organisation internationale pour les migrations « n’a malheureusement pas de données sur où sont enterrées ces personnes », regrette Julia Black.

      « En général, les corps sont récupérés quand cela peut être fait sans compromettre les efforts de sauvetage », résume pour CheckNews Simon Robins, chercheur à l’université de York et responsable du projet Mediterranean Missing (auquel prend part l’OIM), qui vise à retrouver et identifier les morts en mer. Et de déplorer : « Les Etats ne semblent pas faire du tout d’effort pour recenser et publier des données concernant les corps qu’ils récupèrent. Cela est fait par la société civile et l’OIM. »
      « Cadavres traités comme des déchets »

      D’abord, donc, une majorité des victimes n’est pas retrouvée après les naufrages. Mais quand des corps arrivent sur des plages, la gestion s’avère compliquée. D’autant que « renvoyer une dépouille coûte cher et nécessite de la documentation. Cela n’est fait que si la famille est prête à investir la somme nécessaire et à remplir les papiers administratifs. Surtout, il faut que le corps soit identifié », souligne Simon Robins.

      Il incombe donc aux locaux de s’occuper des dépouilles non réclamées. Mediterranean Missing a consacré des rapports à la gestion des corps en Sicile (Italie) et à Lesbos (Grèce). Dans de nombreux cas, impossible d’identifier les migrants. Début 2016, la BBC publiait une enquête rapportant l’existence (d’au moins) 1278 tombes anonymes réparties dans 70 sites entre la Turquie, la Grèce et l’Italie (à l’époque, l’OIM recensait 8412 morts et disparus depuis 2014). Et le média britannique d’écrire : « En Turquie et en Grèce, les autorités locales, qui ont du mal à faire face à l’afflux de migrants et à la quantité inédite de corps qui s’échouent sur leurs plages, ont reconnu ne pas pouvoir tenir un compte précis des enterrements. » Des cimetières anonymes existent aussi en Tunisie, a constaté La Croix, et en Espagne, remarque RFI.

      En Libye, l’existence de fosses communes a même été rapportée (ici ou là). Les fondateurs de l’association Last Rights, qui veut donner un nom et une sépulture à tous les morts des migrations, Syd Bolton et Catriona Jarvis, confirment à CheckNews avoir recueilli « plusieurs témoignages » allant dans ce sens : « En Afrique, les autorités sont débordées et on entend parfois parler de cadavres traités comme des déchets. Ce n’est pas le cas, à notre connaissance, en Europe. »
      « Catastrophe »

      Cependant, « l’Union européenne n’a pas de politique vis-à-vis des migrants morts. C’est un problème qui incombe à chaque Etat, en fonction de sa loi et de ses pratiques nationales et régionales. Ces lois ne sont pas coordonnées ou harmonisées », détaille auprès de CheckNews la juriste Stefanie Grant, qui a rédigé un mémo juridique sur la question (en anglais) pour Mediterranean Missing. En revanche, au mois de juillet 2018, tous les Etats membres à l’exception de la Hongrie ont signé un engagement auprès de l’ONU sur les migrations. Le chapitre « Sauver des vies et faire des efforts coordonnés pour les migrants disparus » impose aux signataires de :

      Collecter, centraliser et systématiser les données concernant les corps, et assurer la traçabilité après l’enterrement […] établir des chaînes de coordination au niveau transnational pour faciliter l’identification et l’information des familles […] faire tous les efforts, y compris au travers de la coopération internationale pour retrouver, identifier et rapatrier les restes des migrants décédées à leurs pays d’origine […] et dans le cas d’invididus non identifiés, faciliter l’identification et la récupération des restes mortuaires.

      « Il ne manque plus qu’aux dirigeants de faire preuve de bonne volonté, c’est un processus très long », estiment les fondateurs de Last Rights, Syd Bolton et Catriona Jarvis. Ils expliquent à CheckNews que pour l’heure « les municipalités européennes doivent enterrer les morts qui arrivent sur leur territoire », mais qu’en termes de statistiques et de décompte, les pratiques varient d’une ville à l’autre.

      Pour les militants de Last Rights, cette situation explique pour partie le scepticisme de certains citoyens devant le drame des migrants : « Si l’Europe avait pris le parti de recenser exactement les disparus en mer et de s’occuper des dépouilles, personne ne pourrait douter de la catastrophe qui se déroule en Méditerranée. »

      http://www.liberation.fr/checknews/2018/08/09/combien-de-migrants-sont-morts-en-mediterranee-ou-sont-ils-enterres_16713

    • « La traversée de la Méditerranée se révèle plus mortelle que jamais »

      Plus de 1600 personnes ont trouvé la mort durant les premiers mois de 2018 lors de leur traversée de la Méditerranée. Selon un nouveau rapport publié lundi par le Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR), la route maritime « est plus mortelle que jamais pour les migrants ».

      Le rapport, intitulé Voyages désespérés, constate que, même si le nombre de migrants tentant de rejoindre l’Europe a diminué, le taux des décès a augmenté vertigineusement. Entre janvier et juillet 2018, une personne sur 18 tentant la traversée est morte ou a disparu en mer. Au cours de la même période en 2017, on enregistrait un décès pour 42 personnes s’entassant dans les embarcations de fortune.

      « Le rapport confirme une fois de plus que la route méditerranéenne est l’un des passages maritimes les plus meurtriers du monde », affirme Pascale Moreau, directrice du bureau du HCR pour l’Europe, dans un communiqué.
      Mesures sécuritaires en ligne de mire

      Les mesures européennes de contrôle qui visent l’immigration irrégulière, les restrictions infligées aux ONG qui limitent les opérations de secours, ainsi que l’accès restreint aux ports italiens, en particulier depuis le changement de gouvernement dans la Péninsule, ont certes conduit à une diminution du flux migratoire. Mais le HCR tient à souligner que ces mesures entraînent une hausse du taux de mortalité.

      Comme solution, le HCR appelle les pays européens à s’engager en faveur de la mise en place de voies d’accès alternatives, légales et sécurisées pour les personnes fuyant la guerre et les persécutions. L’organisation onusienne suggère aussi aux Européens de s’entendre sur des ports de débarquement dans plusieurs pays, afin que l’accueil des migrants ne repose pas uniquement sur l’Espagne, la Grèce et l’Italie.

      https://www.letemps.ch/monde/traversee-mediterranee-se-revele-plus-mortelle-jamais

    • La traversée de la Méditerranée est plus meurtrière que jamais, selon un nouveau rapport du HCR

      Trois ans après la diffusion des images choquantes d’Alan Kurdi, cet enfant syrien dont le corps sans vie avait été retrouvé échoué sur une plage turque, la traversée de la mer Méditerranée est un itinéraire encore plus meurtrier qu’auparavant, indique un nouveau rapport du HCR, l’Agence des Nations Unies pour les réfugiés.

      Selon le nouveau rapport « Voyage du désespoir », plus de 1600 personnes ont déjà perdu la vie ou ont disparu cette année en tentant de rejoindre l’Europe.

      Si le nombre de personnes arrivées en Europe est en diminution, le taux de décès, surtout parmi ceux qui rejoignent le continent par la Méditerranée, a considérablement augmenté, souligne le rapport. En Méditerranée centrale, pour chaque groupe de 18 personnes ayant entrepris la traversée entre janvier et juillet 2018, une personne est décédée ou a disparu, contre une sur 42 au cours de la même période en 2017.

      « Ce rapport confirme une fois de plus que la traversée de la Méditerranée est l’une des voies les plus meurtrières au monde », a déclaré Pascale Moreau, la Directrice du bureau du HCR pour l’Europe. « Alors même que le nombre d’arrivants sur les côtes européennes diminue, il ne s’agit plus de tester la capacité de l’Europe à gérer les chiffres mais à faire preuve de l’humanité nécessaire pour sauver des vies. »

      Ces derniers mois, le HCR et l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) ont appelé à une approche prévisible et régionale afin de garantir le sauvetage et le débarquement des personnes en détresse en mer Méditerranée.

      Le HCR exhorte également l’Europe à accroître les possibilités de voies d’accès légales et sûres pour les réfugiés, notamment en augmentant le nombre de places de réinstallation et en éliminant les obstacles au regroupement familial – ce qui permettrait de fournir d’autres options à des périples dont l’issue risque d’être fatale.

      Le rapport souligne également les dangers auxquels sont confrontés les réfugiés lorsqu’ils voyagent le long des routes terrestres vers l’Europe ou lorsqu’ils traversent celle-ci. Notant les mesures prises par certains pour empêcher les réfugiés et les migrants d’accéder à leur territoire, le rapport exhorte les États à faire en sorte que les personnes cherchant la protection internationale puissent facilement accéder aux procédures d’asile. Il lance également un appel aux États afin que ceux-ci renforcent les mécanismes de protection des enfants qui voyagent seuls et demandent l’asile.

      L’auteur à succès et Ambassadeur de bonne volonté du HCR, Khaled Hosseini, lui-même réfugié afghan, a publié un livre illustré dont la parution coïncide avec le tragique troisième anniversaire de la mort d’Alan Kurdi. Intitulé « Sea Prayer », l’ouvrage rend hommage aux milliers de réfugiés qui ont perdu la vie en fuyant la guerre, la violence et les persécutions à travers le monde.

      « Quand j’ai vu ces images épouvantables du corps d’Alan Kurdi, j’ai eu le cœur brisé », a déclaré Khaled Hosseini. « Pourtant, trois ans plus tard et malgré le fait que des milliers d’autres personnes perdent la vie en mer, notre mémoire collective et l’urgence que nous avions à vouloir faire mieux semblent s’être estompées. »

      En juin et juillet 2018, Khaled Hosseini s’est rendu au Liban et en Italie, où il a pu constater les conséquences désastreuses pour les familles qui ont perdu des proches alors que ceux-ci tentaient de rejoindre l’Europe.

      « En Sicile, j’ai vu un cimetière isolé et mal entretenu qui était rempli de tombes d’anonymes, dont de nombreux enfants, qui se sont noyés durant leur périple ces dernières années, comme Alan Kurdi », a-t-il expliqué. « Chacune de ces personnes n’est plus qu’un chiffre, un code sur une tombe, mais il s’agissait d’hommes, de femmes et d’enfants qui ont osé rêver d’un avenir plus prometteur. Trois ans après le décès d’Alan, il est temps d’unir nos forces pour éviter d’autres tragédies et rappeler à nos amis, nos familles, nos communautés et nos gouvernements que nous sommes solidaires avec les réfugiés. »

      L’intégralité du rapport (en anglais) est disponible à l’adresse : http://www.unhcr.org/desperatejourneys

      Faits marquants

      Le long de l’itinéraire de la Méditerranée centrale, dix incidents ont eu lieu depuis le début de l’année, au cours desquels 50 personnes, voire davantage, sont décédées. La plupart d’entre elles étaient parties de Libye. Parmi ces incidents, sept se sont déroulés depuis juin.
      Depuis l’Afrique du Nord vers l’Espagne, plus de 300 personnes ont perdu la vie jusqu’à présent, soit déjà une nette augmentation par rapport au total de l’année 2017, durant laquelle 200 décès avaient été enregistrés.
      En avril dernier, lorsque 1200 personnes ont rejoint l’Espagne par la mer, le taux de décès est passé à une personne qui trouve la mort pour chaque groupe de 14 personnes qui arrive en Espagne par la mer.
      Plus de 78 décès de réfugiés et de migrants ont été enregistrés jusqu’à présent le long des routes terrestres en Europe ou aux frontières de celle-ci, contre 45 au cours de la même période l’an dernier.

      http://www.unhcr.org/fr/news/press/2018/9/5b8ccee9a/traversee-mediterranee-meurtriere-jamais-nouveau-rapport-hcr.html

      Lien vers le #rapport :
      http://www.unhcr.org/desperatejourneys

    • En septembre, près d’un migrant sur 5 partant de Libye aurait disparu en Méditerranée

      Sur les six premiers mois de 2018, une personne sur 18 qui tentait de traverser la Méditerranée y a disparu. D’après un chercheur italien, en septembre ce chiffre a radicalement augmenté, passant à un mort ou disparu sur cinq.

      Ils sont plus de 30 000. Trente mille hommes, femmes et enfants, qui ont trouvé la mort en Méditerranée en essayant d’atteindre l’Europe sur des embarcations de fortune. Depuis le début de l’année, et encore plus au cours des quatre derniers mois, la mortalité du trajet a explosé. Et ce, même si le nombre de personnes qui tentent la traversée a chuté.

      En septembre, le Haut commissariat aux réfugiés de l’ONU (HCR) révélait qu’en 2017, une personne qui essayait d’atteindre l’Europe sur 42 trouvait la mort en Méditerranée et qu’en 2018, ce chiffre était passé à une personne sur 18. En septembre, ce chiffre a encore grimpé : ils étaient un sur cinq à perdre la vie ou à « disparaître » entre la Libye et l’Europe, selon le chercheur Matteo Villa, de l’Institut italien pour les études de politique internationale. Il a compilé, sur la base des chiffres officiels du HCR, de l’Organisation internationale des migrations (OIM), des récits publiés dans la presse et de témoignages récoltés lui-même, les données concernant les départs de Libye, les arrivées en Europe et les interceptions réalisées par les garde-côtes libyens (1). Il en ressort, pour le mois de septembre, qu’une personne sur dix a réussi à atteindre l’Europe, sept sur dix ont été interceptées par les Libyens et ramenées sur la rive sud de la Méditerranée, et deux sur dix ont disparu.
      « Politiques de dissuasion »

      « La chose la plus importante est qu’autant le risque de mourir que les décès avérés ont considérablement augmenté si vous comparez deux périodes : celle allant de juillet 2017 à mai 2018, soit avant l’arrivée du gouvernement actuel et le durcissement des politiques de dissuasion contre les ONG, et celle allant de juin à septembre 2018, soit après le changement de gouvernement italien et le début des politiques de dissuasion », explique Matteo Villa à Libération.

      Selon le chercheur, l’effet du durcissement de la politique migratoire du gouvernement italien, en particulier, est tangible : « Avant les politiques menées par Minniti [l’ancien ministre de l’Intérieur italien, en poste entre décembre 2016 et juin 2018, ndlr] ne fassent effet, à peu près 12 migrants mouraient chaque jour. Pendant les politiques de Minniti, il y en avait 3 par jour. Depuis Salvini [le nouveau ministre de l’Intérieur italien d’extrême droite, ndlr], le chiffre est monté à 8 morts par jour », détaille encore le chercheur.
      « Navires sous-équipés »

      Peut-on pour autant faire le lien direct entre la fermeture des ports italiens, depuis cet été, aux ONG qui portent secours aux migrants en mer, ou les difficultés rencontrées notamment par l’Aquarius, que le Panama ne veut plus immatriculer, et la hausse de la mortalité ? « C’est difficile à dire, mais à mon avis, oui. Les données racontent une histoire spécifique : sans les ONG en mer, les seuls navires qui restent sont ceux des garde-côtes libyens, qui sont sous-équipés et sous-staffés, donc ils ne pourront pas éviter un grand nombre de décès en mer », explique Matteo Villa.

      Dans le même temps, les départs de Libye n’ont jamais été aussi peu nombreux, depuis 2012, signale-t-il : « C’est plus difficile de trouver une place dans un bateau aujourd’hui. » Pour autant, la politique de dissuasion menée envers les migrants ne peut être considérée comme satisfaisante, selon lui : « L’hypothèse était que, étant donné le risque de mourir, les gens ne tenteraient plus de traverser la mer depuis la Libye. Mais les gens essaient toujours, et cela débouche sur un nombre très haut de morts avérées. »


      https://www.liberation.fr/planete/2018/10/01/en-septembre-pres-d-un-migrant-sur-5-partant-de-libye-aurait-disparu-en-m
      #mortalité

    • Migrant Deaths in Western Mediterranean This Year Double Those Recorded in 2017: UN Migration Agency

      IOM’s Missing Migrants Project (MMP) team, based at IOM’s Global Migration Data Analysis Centre (GMDAC) in Berlin, has confirmed that two migrant boats were lost in the Alboran Sea in late August and early September and at least 113 people lost their lives. Since the beginning of the year, 547 people are estimated to have died in these waters, more than double the 224 deaths documented in all of 2017.

      On 30 August, a boat carrying 52 migrants, including six women (one of whom was pregnant) disappeared, according to the NGO Alarm Phone. The boat left on 29 August from Nador, Morocco, and both Spanish and Algerian authorities were involved in the unsuccessful search for the lost boat.

      Days later, on 3 September, another boat, with 61 migrants on board, went missing in the Alboran Sea after it departed for mainland Spain. The bodies of 13 people were found on the shores of Morocco and Algeria in the following days.

      “What’s concerning is that we’ve seen a consistent increase in the number of migrant deaths recorded in the Western Mediterranean each year since IOM began keeping track,” said Frank Laczko, Director of IOM’s Data Analysis Centre. “These numbers, however, tell only a partial story of the tragedy unfolding in the Western Mediterranean. For each person lost at sea, families are left wondering if their loved one is dead or alive.”

      The families of the 113 people who disappeared in these two shipwrecks are forced to live in limbo, not knowing the fate of their loved ones. They will have no place to mourn and lay their loved ones to rest.

      Unfortunately, deaths in the waters between North Africa and the Spain are not a new phenomenon. The Andalusian Association for Human Rights has documented the deaths of over 6,000 people on this route since 1997.

      Laczko noted, “The increase in recorded deaths in 2018 is linked to the increase in attempted sea crossings from North Africa to Spain compared with the past five years, as well as the number of fatalities in each shipwreck.” Of the 547 deaths and disappearances recorded so far in 2018, more than half (289) occurred in seven shipwrecks in which more than 20 people died or were lost at sea. Between 2014 and 2017, two or fewer such incidents were recorded each year.

      There are also strong indications that many migrants have been lost without a trace in the Western Mediterranean this year. The remains of more than 60 people have been found on beaches in Spain, Morocco and Algeria in 2018 that are not associated with any known shipwreck.

      Furthermore, non-governmental organizations operating in Spain and Morocco have received numerous requests from family members reporting loved ones lost in the Alboran Sea in shipwrecks which cannot be confirmed.

      IOM’s Missing Migrants Project collects data on migrant deaths from various sources, including coast guards, non-governmental and civil society organizations, and media reports. However, reports on migrant deaths are scattered and incomplete, and there are no complete data on border deaths released by Spanish or Moroccan authorities.

      In general, Missing Migrants Project data on migrant deaths and disappearances are best understood as minimum estimates: the true number of fatalities during migration is likely much higher. This lack of data reinforces the marginality and invisibility of migrant deaths and leads to an environment in which deaths seem to be tolerated as an assumed risk of irregular migration.


      https://reliefweb.int/report/spain/migrant-deaths-western-mediterranean-year-double-those-recorded-2017-un-m
      #mortalité #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #statistiques #chiffres #mourir_en_mer #2017 #morts #décès #2014 #2015 #2016 (et estimations #2018)

      Pour télécharger le pdf:
      https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/Migrant%20Deaths%20in%20Western%20Mediterranean%20This%20Year%20Double%20

      ping @isskein @reka

    • #Méditerranée_occidentale : les décès de migrants ont doublé cette année par rapport à 2017 (OIM)

      Selon l’Agence des Nations Unies pour les migrations (OIM), la mer Méditerranée reste l’une des voies les plus meurtrières pour les migrants, malgré la baisse du trafic sur la partie centrale. D’après le Projet de l’OIM sur les migrants disparus (MMP), en date du 24 octobre, 1.969 migrants « irréguliers » sont morts en Méditerranée, dont plus des deux tiers dans les eaux entre l’Afrique du Nord et la Sicile.

      Mais la voie de la Méditerranée occidentale reste la plus meurtrière parmi les routes méditerranéennes menant en Europe.

      « Depuis le début de l’année, 547 personnes ont péri dans la Méditerranée occidentale. Ce chiffre s’élevait à 224 pour toute l’année 2017 », a déclaré le porte-parole de l’OIM, Joel Millman, lors d’un point de presse vendredi à Genève.

      Selon Joel Millman, l’illustration de cette tragédie est le naufrage de deux bateaux sur la mer d’Alboran qui ont fait au moins 113 morts entre fin août et début septembre.

      Le 30 août, un bateau transportant 52 migrants, dont six femmes (une enceinte), a disparu, selon l’ONG Alarm Phone. Le bateau est parti le 29 août de Nador (Maroc) et les autorités espagnoles et algériennes ont participé à la recherche infructueuse de l’embarcation portée disparue.

      Le 3 septembre, un autre bateau, avec 61 migrants à bord, a disparu à une centaine de kilomètres au sud de l’île espagnole d’Alboran. Les corps de 13 personnes ont été retrouvés par la suite sur les côtes marocaines et algériennes.

      L’OIM rappelle que les décès dans les eaux entre l’Afrique du Nord et l’Espagne ne sont pas « malheureusement un phénomène nouveau ». « L’Association andalouse des droits de l’homme a documenté le décès de plus de 6.000 personnes sur cette route depuis 1997 », a ajouté M. Millman.
      L’Espagne reste la porte d’entrée en Europe des migrants arrivées par la Méditerranée en 2018

      « L’augmentation des décès enregistrés en 2018 est liée à l’augmentation du nombre de tentatives de traversées par la mer entre l’Afrique du Nord et l’Espagne par rapport aux cinq dernières années, ainsi que par le nombre de morts dans chaque naufrage », a déclaré de son côté Franck Laczko, le Directeur du Centre mondial d’analyse des données sur la migration (CMADM) de l’OIM. Sur les 547 décès et disparitions enregistrés à ce jour en 2018, plus de la moitié (289) ont eu lieu lors de sept naufrages au cours desquels plus de 20 personnes sont mortes ou portées disparuesen mer. Entre 2014 et 2017, deux incidents de ce type ou moins ont été enregistrés chaque année.

      Il existe également de fortes indications selon lesquelles de nombreux migrants sont portés disparus cette année, sans laisser de traces dans la Méditerranée occidentale. Les restes de plus de 60 personnes ont été retrouvés sur des plages en Espagne, au Maroc et en Algérie en 2018, qui ne sont pas pourtant associés à des naufrages connus.

      Malgré une traversée périlleuse en Méditerranée, les migrants continuent d’emprunter cette voie pour tenter de rejoindre l’Espagne, l’Italie ou la Grèce. D’après l’OIM, 95.909 migrants et réfugiés sont arrivés en Europe cette année par la mer en date du 24 octobre, dont 45.976 rien qu’Espagne, la principale destination de débarquement cette année.

      En réalité, depuis les arrivées de fin septembre, l’Espagne a accueilli, en 2018, plus de migrants irréguliers qu’elle ne l’a fait pour toutes les années 2015, 2016 et 2017 combinées. En comparaison, ils étaient 147.170 à la même période dans la région l’an dernier et 324 267 au même moment en 2016.

      Recensant 46% de toutes les arrivées irrégulières cette année, l’Espagne (45.976 arrivées par la mer en plus de 5.202 par voie terrestre) continue de recevoir près de trois fois plus de migrants que la Grèce (26.340) et huit fois et demi de plus que l’Italie (21.935).

      https://news.un.org/fr/story/2018/10/1027622

    • Plus de 2.260 migrants sont morts en tentant de traverser la Méditerranée en 2018

      Des arrivées en baisse, mais plus de 2.260 morts : la Méditerranée est restée l’an dernier la voie maritime la plus meurtrière pour les migrants, selon le HCR qui a appelé les pays européens à « sortir de l’impasse ».

      Un total de 2.262 migrants sont « morts ou portés disparus » en tentant de traverser la Méditerranée en 2018, contre 3.139 l’année précédente, selon les chiffres publiés par le Haut commissariat de l’ONU aux réfugiés (HCR) sur son site internet.

      https://www.courrierinternational.com/depeche/plus-de-2260-migrants-sont-morts-en-tentant-de-traverser-la-m

      Sur le site de l’HCR (04.01.2019) :


      https://data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean

    • Méditerranée : forte baisse des traversées en 2018 et l’Espagne en tête des arrivées (HCR)

      C’est toujours la voie maritime la plus meurtrière au monde pour les migrants : plus de 2 260 personnes sont mortes en tentant de traverser la Méditerranée en 2018, selon les chiffres publiés par le Haut-Commissariat de l’ONU aux réfugiés (HCR), jeudi 3 janvier.

      https://news.un.org/fr/story/2019/01/1032962

    • Irregular migration death, disappearance toll exceeds 30,000 during 2014-2018: IOM

      At least 30,510 deaths occurred between 2014 and 2018 during irregular migration around the world, the UN International Organization for Migration (IOM) said in a report Friday.

      More than 19,000 deaths and disappearances were recorded due to drowning, not only in the Mediterranean Sea but also in the Rio Grande, the Bay of Bengal and many other overseas routes, said the IOM citing data gathered by its Missing Migrants Project.

      Nearly half of the five-year total fatalities of at least 14,795 men, women and children were recorded on the central Mediterranean route between North Africa and Italy.

      The Missing Migrants Project estimates that at least 17,644 lives were lost at sea on all three trans-Mediterranean routes in the last five years, equivalent to roughly 10 times the number of people who drowned when the luxury liner Titanic sank in 1912.

      “Irregular migration poses significant risks to those who undertake such journeys, and safe, legal pathways are urgently needed so that fewer people resort to this option,” said Dr. Frank Laczko, director of IOM’s Global Migration Data Analysis Centre.

      “Even though many focus on the Mediterranean, the truth of the matter is that people die on migratory routes worldwide,” he said.

      Due to the lack of official information on deaths during migration, and a lack of detail on most of those who die during migration, the IOM said the figures are best understood as a minimum estimate.

      Deaths recorded during migration throughout Africa comprise the second-largest regional total of the 30,000 deaths logged since 2014, with 6,629 fatalities recorded since 2014.

      Nearly 4,000 of those deaths occurred in northern Africa, where a lack of reliable data and extensive anecdotal reports indicate that many more migrants have died than are recorded.

      In Asia, where data are similarly scarce, the deaths of more than 2,900 people were recorded during migration, including 2,191 in Southeast Asia and 531 in the Middle East.

      At least 2,959 people died migrating in the Americas in the last five years, more than 60 percent of whom (at least 1,871) lost their lives on the border between Mexico and the United States.

      There were more than 1,000 deaths in the rest of Latin America and the Caribbean between 2014 and 2018, although the difficulty in obtaining reliable reports — particularly at sea or through remote jungle areas — means that migrant deaths were likely far higher, said the IOM.

      http://www.xinhuanet.com/english/2019-01/12/c_137737134.htm

  • Il y a déjà beaucoup de matériel sur seenthis concernant les #ONG en #Méditerranée (v. https://seenthis.net/messages/678296)

    Je me suis dite que cela valait la peine de commencer un nouveau fil, car il y aura encore beaucoup de choses à archiver depuis que le nouveau gouvernement en Italie a été formé...

    Ce fil complète plus particulièrement celui-ci : https://seenthis.net/messages/514535

    #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #sauvetage

    cc @isskein

    • Ong, Saviano replica a #Salvini: «Il diritto del mare ha una regola sacra: non si lasciano annegare le persone»

      Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano risponde attraverso un video alle parole pronunciate dal leader della Lega e neo ministro Matteo Salvini ("Le Ong? No ai vice scafisti che attraccano nei porti"): «La poca conoscenza che ha il ministro Salvini del diritto del mare lo porta a ignorare un elemento fondamentale: le Ong agiscono sempre coordinate dalla Guardia Costiera italiana, quindi sempre nel rispetto delle regole. Dando dei ’vice scafisti’ a persone che salvano vite in mare, sta dando anche colpa alla Guardia costiera italiana e di questo deve prendersene responsabilità». Infine dice: «Il diritto del mare ha una regola eterna: Non si lasciano persone a mare, non si lasciano annegare. E non sarà Salvini a interrompere questo diritto sacro»

      https://video.repubblica.it/politica/ong-saviano-replica-a-salvini-il-diritto-del-mare-ha-una-regola-sacra-non-si-lasciano-annegare-le-persone/306649/307279?refresh_ce

    • Migranti, Salvini a Malta: «La nave Aquarius non può attraccare in Italia». La replica: «Non spetta a noi»

      La decisione del ministro dell’Interno che ha intimato a Malta di accettare la nave con a bordo 629 migranti che sta entrando nelle acque di competenza de La Valletta. Gino Strada: «Sconcertato nel vedere ministri razzisti o sbirri alla guida del mio Paese»


      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_giugno_11/migranti-salvini-la-aquarius-non-potra-approdare-un-porto-italiano-28e
      #Malte

    • #Aquarius, da Napoli a Palermo i sindaci contro Salvini: “I nostri porti sono aperti. È senza cuore e viola le norme”

      #Luigi_De_Magistris e #Leoluca_Orlando danno la loro disponibilità ad accogliere la nave Aquarius con a bordo gli oltre 600 migranti. Il sindaco di #Messina: «La nave è diretta qui, no a diktat: il porto è aperto». #Falcomatà (#Reggio_Calabria): «Disponibili come sempre». Pd: «Rischi umanitari, parli Conte». Boldrini: «Il ministro dell’Interno riporta il Paese ai tempi di sua nonna». Ma Forza Italia sta con il governo

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/10/aquarius-da-napoli-palermo-sindaci-contro-salvini-nostri-porti-sono-aperti-e-senza-cuore-e-viola-le-norme/4417316
      #Naples #Palerme #port

    • Migranti, Salvini a Malta: «Accolga la nave Aquarius, porti italiani chiusi». La replica: «Non è nostra competenza»

      Messaggio alle autorità maltesi: «Il porto più sicuro è il vostro». La risposta è negativa: «Il soccorso è stato coordinato da Roma». Il premier Conte: «Inviamo motovedette con medici». Alle 22.50 arrivano nuove istruzioni: fermarsi in mezzo al mare a 35 miglia dalla Sicilia


      http://www.repubblica.it/politica/2018/06/10/news/porti_salvini-198644488

    • De Magistris: «Il porto di Napoli pronto ad accogliere i migranti»

      Il sindaco del capoluogo campano risponde così alla decisione del ministro dell’Interno: «Metodo brutale, noi siamo per le vite umane». Con lui, i primi cittadini di Messina, Palermo, Reggio Calabria. Molte le critiche da sinistra. Grasso (Leu) commenta la foto di Salvini: «Olio di ricino su tela»

      http://www.repubblica.it/politica/2018/06/10/news/de_magistris_il_porto_di_napoli_pronto_ad_accogliere_i_migranti_-19866240

    • L’#Espagne va accueillir le navire avec 629 migrants en Méditerranée, le ministre italien Salvini crie victoire et prévient les autres navires

      L’Espagne a accepté d’accueillir le navire transportant les 629 migrants secourus au large de la Libye, dont le sort était l’enjeu d’un bras de fer entre Malte et l’Italie, a annoncé lundi le gouvernement de Pedro Sanchez. « Le président du gouvernement Pedro Sanchez a donné des instructions pour que l’Espagne honore les engagements internationaux en matière de crise humanitaire et a annoncé qu’elle accueillerait dans un port espagnol le navire Aquarius dans lequel se trouvent plus de 600 personnes abandonnées à leur sort en Méditerranée », indique un communiqué de la présidence du gouvernement.

      http://www.lalibre.be/actu/international/l-espagne-va-accueillir-le-navire-avec-629-migrants-en-mediterranee-le-minis

    • Migrants rejetés par l’Italie : l’Espagne propose d’accueillir l’« Aquarius » dans le port de Valence

      Six cent vingt-neuf passagers, dont de nombreux enfants, sont depuis samedi à bord du navire de sauvetage qui ne trouve pas de port pour l’accueillir.

      Un espoir pour les 629 migrants de l’Aquarius ? Le chef du gouvernement espagnol, Pedro Sanchez, a annoncé lundi 11 juin que son pays accueillerait le navire de sauvetage affrété par l’ONG française SOS-Méditerranée qui s’est vu refuser depuis samedi l’accès aux ports italiens et maltais.

      « Il est de notre obligation d’aider à éviter une catastrophe humanitaire et d’offrir un “port sûr” à ces personnes », dit un communiqué de la présidence du gouvernement, précisant que le port de Valence a été choisi comme destination du navire.

      Le premier ministre maltais, qui a lui-même refusé d’accueillir le navire, a remercié sur Twitter son homologue espagnol et proposé de faire parvenir des provisions à l’Aquarius. « Nous devrons nous réunir pour éviter qu’une telle situation se reproduise », écrit-il, ajoutant : « Il s’agit d’un problème européen. »

      Rien n’est pourtant acté du côté de l’association SOS-Méditerranée : « Cette déclaration politique doit encore trouver une traduction opérationnelle, notamment auprès des autorités maritimes », a indiqué au Monde Fabienne Lassalle, directrice adjointe de l’ONG.

      Depuis dimanche, la situation n’a pas évolué au large de Malte, où se trouve l’Aquarius, à quelque 30 milles de la petite île méditerranéenne, malgré les appels en ce sens de l’ONU et de Bruxelles. Sept femmes enceintes, 11 enfants en bas âge et 123 mineurs isolés notamment se trouvent à bord.

      « Impératif humanitaire »

      « Nous demandons à toutes les parties concernées de contribuer à un règlement rapide afin que les personnes à bord du navire Aquarius puissent être débarquées en toute sécurité dès que possible », a déclaré devant la presse le porte-parole de la Commission européenne, Margaritis Schinas, évoquant un « impératif humanitaire ».

      Le même terme a été repris par le Haut-Commissariat pour les réfugiés (HCR) de l’Organisation des Nations unies, qui a décrit la situation comme « un impératif humanitaire urgent ». « Les gens sont en détresse, ils sont à court de provisions et ont besoin d’aide rapidement », affirment les Nations unies. « Les questions plus larges de savoir qui a la responsabilité et comment ces responsabilités doivent être partagées entre Etats devraient être traitées plus tard », ajoute leur communiqué.

      En Europe, Berlin a fait part de sa préoccupation. « Le gouvernement allemand appelle toutes les parties impliquées à assumer leur responsabilité humanitaire », a déclaré le porte-parole du gouvernement allemand, Steffen Seibert.

      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/06/11/la-commission-europeenne-exhorte-malte-et-l-italie-a-trouver-une-solution-po
      #Valence

    • El Gobierno ofrece el puerto de Valencia para acoger a los 629 refugiados a la deriva en el Mediterráneo

      El Gobierno central acepta el ofrecimiento de Valencia como ciudad de acogida de los más de 600 inmigrantes que llevan días deambulando en un barco en el Mediterráneo. El alcalde de València, Joan Ribó, ha ofrecido este lunes la ciudad de para acoger a los refugiados del Aquarius, el barco de rescate de la ONG SOS Mediterráneo con 629 inmigrantes a bordo, entre ellos 123 menores, al que Italia ha cerrado sus puertos.

      https://www.eldiario.es/cv/Ribo-Valencia-refugiados-rescatados-Mediterraneo_0_781122098.html

    • Pedro Sánchez ofrece València como puerto para el ‘Aquarius’

      El Gobierno de España ha ofrecido a la ONU la ciudad de València como “puerto seguro” para el barco ‘Aquarius’, que navega con 629 inmigrantes y refugiados rescatados por MSF y Sos Mediterranée, cuya entrada a Italia ha sido impedida por el nuevo ministro del Interior, Matteo Salvini. La alcaldesa de Barcelona, Ada Colau, también había ofrecido su puerto.

      Pedro Sánchez ha dado instrucciones para que España “cumpla con los compromisos internacionales en materia de crisis humanitarias”, ha destacado el Ejecutivo en un comunicado. “Es nuestra obligación ayudar a evitar una catástrofe humanitaria y ofrecer ‘un puerto seguro’ a estas personas, cumpliendo de esta manera con las obligaciones del Derecho Internacional”, añade. El destino será València previa coordinación con la Generalitat valenciana.


      http://www.lavanguardia.com/local/valencia/20180611/4519741327/valencia-se-ofrece-puerto-aquarius.html

    • Aquarius: Spagna troppo lontana, fa rotta verso l’Italia

      Sos e Msf decidono di non fare rotta verso la Spagna, troppo rischioso. Raggiungere Valencia significa sottoporre i migranti a ore estenuati di viaggio. A bordo c’è ancora cibo e acqua ma non sufficienti per i giorni necessari a raggiungere la Spagna: l’equipaggio ritiene che sia comunque rischioso.

      La nostra corrispondente, Anelise Borges, direttamente dalla nave, ha intervistato in esclusiva per Euronews il coordinatore della ong Sos Mediterranée Italia, Nicola Stalla:

      «Abbiamo informato Spagna e Italia e tutte le autorità marittime in comunicazione con l’Aquarius in queste ore, che le circostanze in cui ci troviamo e con la quantittà ingente di persone a bordo, non ci sarebbero le condizioni di sicurezza per la nave e per l’equipaggio e per tutte le persone che sono a bordo per affrontare quest’altro viaggio e arrivare in spagna»

      Avremmo potuto affrontare questo tipo di viaggio se avessimo avuto meno persone sulla nave in modo tale che potessero essere accomodati e protetti all’interno di uno spazio coperto e non esposti all’aperto sui pontili. Le condizioni atmosferiche peggioreranno nei prossimi giorni infatti"
      La Sos Mediterrannée che opera in parternariato con Medici senza frontiere, reputa insomma troppo lontana la Spagna e non puo accettare la proposta del neo premier Pedro Sànchez.

      http://it.euronews.com/2018/06/11/aquarius-spagna-troppo-lontana-fa-rotta-verso-l-italia

    • L’Aquarius non approderà in Spagna

      La ong SOS Mediterranée ha rifiutato l’offerta del governo spagnolo: il viaggio fino al porto di Valencia sarebbe stato insostenibile per i seicento migranti a bordo della nave

      Lunedì sera la ong SOS Mediterranée ha fatto sapere che la nave Aquarius in arrivo dalla Libia e con circa seicento migranti a bordo non approderà al porto di Valencia, nonostante l’offerta del nuovo governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez. SOS Mediterranée – che si trova ancora tra Malta e Italia dopo che le era stato rifiutato l’approdo dal governo italiano – ha detto che il viaggio per Valencia sarebbe stato troppo lungo, dai tre ai cinque giorni, e avrebbe messo in pericolo la vita delle persone a bordo. La nave, infatti, ha già raggiunto la sua massima capienza e nei prossimi giorni è previsto un peggioramento del tempo. SOS Mediterranée ha ringraziato il governo spagnolo dell’offerta e ha sollecitato quello italiano a trovare una soluzione per le oltre seicento persone che si trovano sulla nave, molte delle quali minori e alcune in condizioni di salute precarie.

      Il governo spagnolo – che da pochi giorni è guidato dal leader socialista Pedro Sánchez – aveva fatto sapere di aver messo a disposizione il porto di Valencia «per evitare una crisi umanitaria». Valencia dista però più di 1.500 chilometri e fin da subito erano emersi dubbi sul fatto che l’equipaggio e le persone soccorse sarebbero state in grado di compiere un viaggio così lungo.

      https://www.ilpost.it/2018/06/11/aquarius-migranti-salvini

    • Commentaire de Sara Prestianni sur FB :

      Valencia è a 700 miglia da dove si trova ora L’Aquarius, a 3-4 giorni di traversata .... non certo il porto più sicuro.

      Inoltre con il far approdare la nave della Marina al porto di Catania, Salvini ribadisce che il suo obbiettivo sono, oltre ai migranti, le ong che praticano salvataggio in mare.

      https://www.facebook.com/prestianni.sara/posts/10216315178380129

      Et réponse d’Alessandro Fioroni :

      infatti mi pare che questo aspetto sia quasi espunto dal dibattito, tra l’altro 4 giorni per andare e 4 per tornare fanno 8, 8 giorni di assenza dalla zona calda. Spero proprio che non si verifichino tragedie

    • Pourquoi le navire humanitaire « Aquarius » n’accosterait pas en France ?

      A la différence de l’Espagne, la France n’a pour l’heure pas fait de proposition à l’ONG SOS Méditerranée pour accueillir son bateau, et rien ne l’y oblige.

      Bonjour,

      Le navire Aquarius, qui secoure les migrants en difficulté en Méditerranée au cours de la traversée vers l’Europe, s’est vu proposer, lundi 11 juin, un port espagnol pour accoster. Habitué des rades italiennes, le bateau affrété par SOS Méditerranée paye cher l’arrivée au pouvoir, de l’autre côté des Alpes, de la coalition Ligue du Nord (extrême droite) - mouvement Cinq Étoiles (anti système).

      Le ministre de l’Intérieur Matteo Salvini (Ligue du Nord) a en effet refusé, pendant le week-end, d’accueillir l’Aquarius, et les plus de 600 migrants rescapés à son bord. Dimanche, Salvini reprochait à Malte de ne pas prendre ses responsabilités, menaçant de ne plus laisser accoster aucun bateau humanitaire dans les ports italiens, si La Valette n’ouvrait pas ses rades à l’Aquarius. Mais les Maltais ont refusé.

      Le Premier ministre socialiste espagnol Pedro Sanchez est alors entré en jeu, proposant le port de Valence au navire. Salvini s’est alors félicité, lors d’une conférence de presse à Milan, ce lundi après-midi, que le bateau débarque « dans un autre port qu’un port italien ». « Victoire », a aussi écrit le droitiste ministre de l’Intérieur italien sur Twitter. Dans la foulée, le Premier ministre maltais annonçait que l’île allait envoyer des ravitaillements à l’Aquarius, pour lui permettre de rallier l’Espagne.
      Querelle de droits

      L’Aquarius est intervenu dans les eaux territoriales libyennes, et a réalisé, selon l’Agence France-Presse, six opérations dans la nuit de samedi à dimanche. Il compte aujourd’hui 629 migrants à son bord. Sur marinetraffic.com, on peut situer le navire, au sud de la Sicile, à l’est de Malte et observer le trajet du bateau jusqu’aux côtes de Libye et en sens inverse.

      « Selon la Convention internationale sur le sauvetage (Search and Rescue, SAR) de 1979, les Etats définissent une zone où ils sont habilités à effectuer des sauvetages », explique à CheckNews Kiara Neri, maître de conférences à Lyon III. Puisque la Libye n’a pas les moyens d’assurer cette mission, la « zone SAR » italienne s’étend jusqu’aux côtes de l’Etat africain. « C’est donc le commandement de Rome qui gère les bateaux humanitaires qui interviennent là-bas », résume la spécialiste du droit international et maritime.

      L’Organisation internationale pour les migrations (OIM), dans une résolution de 2004, rappelle qu’il faut, en vertu des conventions internationales, que « dans un temps raisonnable, un endroit sûr [place of safety] » soit assuré aux personnes assistées en mer. Et ensuite : « La responsabilité de mettre à disposition un endroit sûr, ou de s’assurer qu’un endroit sûr soit mis à disposition, incombe au gouvernement responsable de la zone SAR dans laquelle les survivants ont été sauvés. » En l’occurrence, l’Italie.

      Or, à 19 heures ce lundi, Rome n’a toujours pas donné de consignes à l’Aquarius. « Nous sommes toujours en stand by », se désole Antoine Laurent, responsable des opérations maritimes de SOS Méditerranée, auprès de CheckNews. « On attend d’avoir des nouvelles des Italiens, soit pour nous dire d’accoster quelque part, soit pour nous confirmer qu’on doit aller en Espagne. »

      Sur le papier, toutefois, plusieurs villes, comme Reggio de Calabre, ou Naples, ont offert l’hospitalité, via les réseaux sociaux, à l’Aquarius. « Mais ces propositions ne servent pas si le ministère de l’Intérieur s’y oppose », rappelle Kiara Neri.
      Et la France dans tout ça ?

      Théoriquement, le bateau a le droit de sortir de la zone SAR italienne. Le problème, c’est qu’il n’en a pas les moyens. L’Espagne est à près de trois jours de mer, et le bateau ne dispose de vivres que pour une journée, selon Sophie Beau. La directrice générale de SOS Méditerranée, interrogée par l’AFP, juge la proposition espagnole « encourageante » mais « concrètement, il faut qu’on puisse débarquer au plus vite. »

      Ce manque de nourriture constitue, selon l’ONG, un « impératif humanitaire urgent », qui pourrait contraindre Malte ou l’Italie à laisser accoster l’Aquarius.

      Le bâtiment appartenant à une ONG française, que peut et doit faire Paris ? « Légalement, rien n’oblige la France à proposer quoi que ce soit », observe Kiara Neri. Par ailleurs, « la France n’est pas beaucoup plus près que l’Espagne », remarque Antoine Laurent qui préférerait voir le bateau jeter l’ancre à Malte ou en Sicile.

      Toutefois, selon le responsable de SOS Méditerranée, l’ONG n’a reçu aucune proposition de la part des autorités françaises. Sollicités par CheckNews, les ministères de l’Intérieur et des Affaires étrangères, et la présidence de la République n’ont pas répondu.

      Interrogé à ce sujet par une journaliste de BFM, lors d’une conférence de presse en marge d’une rencontre bilatérale avec la Belgique sur la sécurité et la lutte contre le terrorisme, le Premier ministre Edouard Philippe a botté en touche, évoquant plus largement la politique migratoire française, estimant notamment qu’il faut « traiter avec les pays d’origine de ces migrations […] pour éviter les départs ».

      Cordialement

      http://www.liberation.fr/checknews/2018/06/11/pourquoi-le-navire-humanitaire-aquarius-n-accosterait-pas-en-france_16582

    • UN High Commissioner for Refugees welcomes Spain’s decision to allow Aquarius to dock
      Today’s decision of Prime Minister Pedro Sanchez of Spain to exceptionally allow a rescue ship, Aquarius, to dock in his country is courageous and welcome. It ends what was becoming an increasingly difficult and untenable situation for the crew of the Aquarius and the more than 600 rescued people who were aboard.

      Irrespective of how European countries choose to manage their sea borders, the principle of rescue at sea is one that should never be in doubt. I would welcome opportunity to discuss with concerned governments arrangements for search and rescue operations in the Mediterranean and to avoid any repetition of the situation in which the Aquarius found itself.

      My office stands ready, as always to work with countries of Europe and the Mediterranean to ensure that saving lives and maintaining asylum remains our shared priority.

      http://www.unhcr.org/news/press/2018/6/5b1ea1824/un-high-commissioner-refugees-welcomes-spains-decision-allow-aquarius-dock.ht

    • Refugees in Orbit – again !

      Matteo Salvini, Italy’s new far-right home secretary, tweeted “Vittoria!” after news broke that the 629 persons stranded aboard the M.S. Aquarius would be forced to proceed to the Spanish city of Valencia rather than being allowed to disembark at much closer ports in Sicily. But for whom was it a “victory”?

      Surely not for those seeking asylum who had been stranded at sea for days on an overcrowded search and rescue ship. The ability of ship’s crew of 12 had been strained to the breaking point attempting to meet the medical and survival needs of those rescued on Saturday, including persons with serious chemical burns and others requiring urgent orthopaedic surgery, as Italy and Malta bickered like petulant children about which should step in to save lives.

      And surely not for international law. The longstanding principle that a shipmaster has a duty to rescue persons in distress without regard for their nationality, status, or circumstances is pragmatically viable only when states honour their duty to enable the speedy disembarkation of those rescued – a duty that Italy (and perhaps also Malta) breached in this case.

      But is it a victory for Italy, as the home secretary presumably meant to suggest? There is no doubt that Italy (and to a much greater extent, Greece) has shouldered more than its fair share of refugees arriving to seek protection in Europe. Nor can it be doubted that Europe and the rest of the world have acted too slowly and undependably to share-out what is in principle a common responsibility to protect refugees, thus fueling frustration and even anger. The EU’s absurd “Dublin Regulation” rule that allocates nearly all protection duties to the first country in which a refugee arrives is both unprincipled and cruel. So while nothing can justify Italy’s flagrant breach of the duty to facilitate speedy disembarkation of those rescued, its determination to force a redistribution of responsibility is perhaps more comprehensible.

      In truth, the real villain here is an outmoded system of implementing protection obligations under the UN’s Refugee Convention. Under the status quo, whatever country a refugee reaches is the one and only country that has protection obligations to that refugee. Accidents of geography, rather than any principled metric, determine which states are obliged to carry the burdens for implementing what is in theory a universal duty to protect refugees. That approach has led to some 60% of the world’s refugees being left in the hands of just 10, mostly very poor, countries – with the rest of us giving them only bits of charity and offering resettlement to only about 1% of the refugees they admit. There is therefore a perverse incentive built into the system to turn refugees away – as this week’s horrific events in the Mediterranean make clear.

      The UN’s “global compact” process was supposed to end this prisoner’s dilemma. Yet under the proposal now offered by UNHCR (the UN’s global refugee agency), little will change. The agency suggests only that states agree to attempt to hash out possible voluntary relief to frontline states on a case-by-case basis – leaving those states confronted with the arrival of refugees in the truly horrible bind of choosing between waiting and hoping for solidarity (that may or may not come) and turning refugees away. For the UN to have failed to put forward a plan for binding and immediate sharing of financial burdens and human responsibilities is ethically inexcusable.

      So if Italy is angry, it should turn its anger toward those responsible for its dilemma – the EU for failing to move beyond the manifestly wrong-headed “first country of arrival rule,” and the UN for failing to offer leadership on a serious system to share refugee burdens and responsibilities. But taking out its anger on sick and exhausted refugees as it did this week was not a victory for anyone.

      https://verfassungsblog.de/refugees-in-orbit-again

    • En 1939, l’Amérique ferma sa frontière à un paquebot de 908 réfugiés #juifs

      À l’heure où l’Europe ferme ses frontières aux réfugiés, il est bon de se rappeler cet épisode de 1939 où un bateau de plus de 900 réfugiés juifs fut prié de retourner en Europe, sous le régime nazi.

      Le 13 mai 1939, le #Saint-Louis, paquebot transatlantique allemand, quitte le port de Hambourg. À son bord, 937 passagers. La grande majorité d’entre eux sont des juifs allemands fuyant le Troisième Reich.

      Persécutés–quelques mois auparavant avait lieu la Nuit de Cristal, pogrom où une centaine de juifs furents assassinés–, ils ont réuni l’argent nécessaire pour un visa et un aller simple sur le Saint-Louis dans l’espoir de trouver refuge en Amérique.

      Mais, alors que leur paquebot appareille dans le port de la Havane, les autorités cubaines ne les autorisent pas à débarquer. Hostile envers les juifs, « le pays souffrait en plus d’une dépression économique et beaucoup de Cubains n’appréciaient pas du tout le nombre relativement grand de réfugiés [...], qui étaient perçus comme des concurrents pour les rares emplois », rapporte l’Encyclopédie multimédia de la Shoah. Seuls vingt-neuf d’entre eux sont autorisés à rester sur le sol cubain.

      Quotas de réfugiés

      Après Cuba, le Saint-Louis tente sa chance aux États-Unis. Le bateau navigue si près des côtes de la Floride que les passagers aperçoivent les lumières de Miami. Un câble est envoyé au président Franklin D. Roosevelt, lui demandant de leur accorder l’asile. Il ne reçut jamais de réponse.
      À l’époque, la presse américaine s’est largement fait l’écho de la situation critique des passagers du Saint-Louis. Mais l’Acte d’immigration de 1924, mis en place aux États-Unis, limitait le nombre de réfugiés pouvant être admis chaque année. À l’été 1939, le quota était déjà atteint.

      Les Américains, quoique compatissants vis-à-vis des réfugiés et indignés par la politique du régime nazi, soutiennent ces restrictions à l’immigration. La crise économique de 1929 venait de passer par là, laissant des millions d’Américains au chômage, et l’arrivée d’immigrés était vue comme une menace sur les derniers emplois disponibles.

      Souvenir honteux

      Le Saint-Louis a dû faire demi-tour pour l’Europe, alors sous la botte nazie. Beaucoup de ses passagers furent victimes des camps, comme les membres de cette famille, tous tués à Auschwitz, rapporte le site News :

      Le Saint-Louis a dû faire demi-tour pour l’Europe, alors sous la botte nazie. Beaucoup de ses passagers furent victimes des camps

      Le souvenir honteux du paquebot Saint-Louis, désormais immortalisé dans les musées de l’holocauste à travers le monde, n’est pas sans rappeler la situation critique de l’Europe.

      La Méditerranée est devenue un cimetière marin, avec plus de 30.000 migrants morts depuis 2000 lors du naufrage de leur embarcation, tandis qu’à Calais les réfugiés tentent de forcer l’entrée du tunnel sous la Manche au péril de leur vie. Pendant ce temps, les pays européens hésitent sur la marche à suivre pour gérer cet afflux de migrants et de réfugiés fuyant la guerre dans leur pays.

      Faut-il leur ouvrir toutes grandes les portes de l’Europe ? Faut-il se protéger avec encore plus de barbelés ? L’opinion oscille entre bonne volonté utopique et xénophobie voilée. Il n’existe aucune solution simple, mais conclut le site Project Syndicate, « se rappeler du sort des juifs d’Europe dans les années 1930 devrait au moins nous obliger à ne pas faire preuve d’indifférence envers le sort de ceux qui n’ont nulle part où aller ».


      http://www.slate.fr/story/106249/1939-amerique-refoulait-refugies-juifs
      #histoire #WWII #deuxième_guerre_mondiale #seconde_guerre_mondiale

    • Cronaca di una giornata sull’Aquarius

      Dalla sera del 10 giugno la nave Aquarius di Sos Méditerranée e Medici senza frontiere è ferma a 35 miglia dalle coste italiane, in attesa che le autorità decidano quale è il porto di destinazione, ma la situazione a bordo è sempre più critica. La nave trasporta 629 persone, salvate in diverse operazioni al largo della Libia nel corso del weekend: i viveri basteranno ancora soltanto per poche ore. Nel frattempo il nuovo governo spagnolo, guidato dal socialista Pedro Sánchez, ha dato la sua disponibilità allo sbarco dei migranti nel porto di Valencia, in Spagna, che dista però qualche giorno di navigazione dal punto in cui la nave umanitaria si trova in questo momento.

      L’annuncio è stato accolto con sorpresa da Medici senza frontiere che in un comunicato ha detto di non aver ricevuto ancora comunicazioni ufficiali. “Medici senza frontiere ha appreso dai mezzi d’informazione che il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha offerto Valencia come porto di sbarco per la nave Aquarius. Non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in merito da parte dei centri di coordinamento dalla centrale operativa della guardia costiera di Italia o Spagna. La situazione a bordo per le 629 persone soccorse, con diverse di loro che hanno bisogno di assistenza medica, richiede una soluzione urgente”.

      “Le persone a bordo hanno cominciato a chiedere cosa sta succedendo”, racconta Alessandro Porro, uno dei volontari italiani di Sos Méditerranée. “Li abbiamo informati che stiamo aspettando istruzioni per l’indicazione di un porto di sbarco, ma li abbiamo rassicurati sul fatto che non li porteremo in Libia, questa è la loro maggiore preoccupazione”, racconta Porro. A bordo non ci sono casi medici che hanno bisogno di un immediato trasferimento: ci sono sette donne incinte che probabilmente saranno trasportate in Italia con delle motovedette italiane perché non possono sostenere il viaggio verso la Spagna. “Le persone a bordo hanno problemi di disidratazione, di ustioni da carburante e infine c’è un ragazzo che ha bisogno di un intervento chirurgico”, continua Porro. Le motovedette con i presidi medici, che erano state annunciate dal governo italiano, non sono mai arrivate.

      “Avere più di seicento persone a bordo implica che lo spazio a loro disposizione non sia molto, la nave è lunga settanta metri, non è un traghetto. Per ora non ci sono ancora state tensioni, ma la situazione non è facile, ci stiamo facendo aiutare dagli stessi migranti per le pulizie. Solo le donne possono stare sotto coperta, gli uomini e i ragazzi sono sul ponte, all’aperto”, continua Porro che spiega che di solito il tempo di permanenza in queste condizioni è di uno o due giorni. “Non c’è problema né per il carburante né per l’acqua, perché l’Aquarius ha al momento parecchia autonomia e ha un impianto di desalinizzazione dell’acqua marina, ma i viveri finiranno entro poche ore”, conclude Porro.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/06/11/cronaca-giornata-aquarius

    • Yesterday, Monday 11th June, at 9pm, more than a thousand of people gathered in front of the port of Palermo to protest against the decision of Salvini, Italian Minister of Internal Affairs, to close Italian ports to boats carrying migrants.

      Hier, lundi 11 juin, à 21h, plus de mille personnes se sont rassemblées devant le port de Palerme pour protester contre la décision de Salvini, Ministre de l’Intérieur italien, de fermer les ports aux bateaux transportant des migrant.e.s.

      Des associations, des civils, des officiels dont le maire, se sont rejoints devant le port, un peu avant 21h. Le cortège s’est ensuite rendu jusqu’à Piazza Massimo, coeur de la ville, en passant devant la Préfecture de Palerme.

      Quelques articles/ photos sur la situation en Italie / et la manifestation (en italien)
      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/06/12/foto/palermo_in_migliaia_al_porto_per_solidarieta_all_aquarius-198792435/1/#4

      http://siciliainformazioni.com/cettina-vivirito/834435/palermo-reato-di-altruismo-siamo-tutti-colpevoli-al-presidio-ap

      http://www.radiondadurto.org/2018/06/11/nave-aquarius-lega-e-5-stelle-chiudono-i-porti-scoppia-il-caso-diplom

    • Les dirigeants nationalistes corses proposent d’accueillir l’«Aquarius», chassé d’Italie

      Le président du conseil exécutif de Corse Gilles Simeoni a proposé ce mardi d’accueillir sur l’île le navire affrété par l’ONG qui a secouru 629 migrants en Méditerranée, enjeu d’un bras de fer entre l’Italie et Malte, qui refusent de le laisser accoster. « Manque de vivres, mauvaises conditions météo, et port espagnol trop éloigné : face à l’urgence, le conseil exécutif de Corse propose à @SOSMedFrance d’accueillir l’#Aquarius dans un port #corse », a tweeté Gilles Simeoni. L’Espagne avait proposé lundi d’accueillir le navire mais les dirigeants de l’ONG SOS Méditerranée jugent que les conditions de sécurité ne sont pas réunies pour mener le bateau jusqu’à l’Espagne.

      http://www.liberation.fr/direct/element/les-dirigeants-nationalistes-corses-proposent-daccueillir-laquarius-chass

      #Corse

    • Marie-Christine Vergiat : « C’est l’Union européenne qui a créé cette situation »

      L’eurodéputée Marie-Christine Vergiat dénonce la responsabilité de l’Union européenne qui, depuis une demi-douzaine d’années, laisse l’Italie gérer seule l’accueil des migrants pour l’Europe. Avec les dégâts politiques que l’on sait.
      Qui porte la responsabilité du blocage de l’Aquarius depuis dimanche, aux portes de l’Europe ? Si Matteo Salvini, le ministre de l’intérieur italien d’extrême droite, fait du refus de l’accueil des migrants sa marque de fabrique électoraliste, c’est l’Union européenne qui est la principale coupable du drame qui se joue actuellement, estime Marie-Christine Vergiat, députée européenne Front de gauche, membre de la GUE au Parlement de Strasbourg.

      L’Aquarius bloqué pendant deux jours en pleine mer : à qui la faute ?

      Marie-Christine Vergiat : C’est l’Union européenne qui, par absence de solidarité vis-à-vis de l’Italie, a créé cette situation. Avant 2011, et pendant des années, Malte [sollicitée après le refus de l’Italie – ndlr] a dû gérer toute seule l’arrivée des migrants, c’est pourquoi cette fois elle a refusé de prendre en charge l’Aquarius.

      Depuis 2011, date à laquelle les mouvements de population ont commencé à devenir plus importants, on a ensuite laissé l’Italie en première ligne se débrouiller. Aujourd’hui, elle accueille chaque année entre 100 000 et 150 000 personnes sur son territoire. Avec la mise en avant de « Dublin 3 », l’Italie a pris en charge le poids du sauvetage en mer pour toute l’Europe, et elle l’a plutôt bien fait.

      Il faut voir que quand le gouvernement italien a lancé l’opération « Mare Nostrum » pour aller secourir les personnes, elle s’est retrouvée seule. Matteo Renzi a dû trouver 95 millions d’euros d’octobre 2013 à octobre 2014 pour financer l’opération et, quand il a demandé de l’aide, le Conseil européen lui a donné 5 millions d’euros. Quant à la Grèce, elle a été en première ligne en 2015 et 2016, et a accueilli un million de personnes, là encore, seule.

      Comment expliquez-vous qu’il n’y ait jamais eu de répartition concertée des migrants entre les États membres ?

      En 2015, Jean-Claude Juncker, le président de la Commission européenne, a fait ce qu’il a pu : il a demandé à ce que 160 000 personnes soient « délocalisées » depuis l’Italie et la Grèce vers les autres pays européens sur deux ans. Même si cela était très insuffisant puisqu’il y avait 1,4 million de personnes arrivées en Italie et en Grèce sur la même période. Mais le premier réflexe des pays a été de refuser et de fermer leurs frontières. Heureusement qu’en 2015 et 2016, l’Allemagne d’Angela Merkel a accueilli 60 % des réfugiés (parmi eux, deux tiers de Syriens). Mais il faut rappeler que le nombre de réfugiés accueillis en Europe est une goutte d’eau par rapport à ce que vit le Moyen-Orient.

      Et pourtant, si l’on en croit les récentes élections en Italie notamment, le discours de l’extrême droite contre les migrants semble payant politiquement…

      Récemment, la Commission européenne a présenté une étude qui montre que les Européens restent solidaires des réfugiés dans tous les pays d’Europe, excepté en Italie. On peut pousser des cris d’orfraie, ce sentiment anti-immigré ne tombe pas du ciel. C’est facile de commenter alors qu’en France, on n’a jamais ouvert nos ports pour soulager l’Italie ou la Grèce. En réalité, la France a été très peu impactée par la crise migratoire. Le nombre de demandeurs d’asile n’a presque pas augmenté. Entre 2015 et 2016, il est passé de 85 000 à 95 000. Et encore, nous sommes un des pays où le taux d’acceptation des demandes d’asile est le plus bas – entre 35 et 40 % –, ce qui est en dessous de bien des pays européens. Quand on voit ce qui se passe à la frontière franco-italienne, c’est hallucinant : on fait du contrôle au faciès des migrants, au mépris des lois nationales, européennes et internationales… Il y a de quoi avoir honte de nos gouvernements ! En plus, ils se cachent derrière les accords de Dublin pour renvoyer les migrants dans le pays où ils ont accosté, donc très souvent en Italie, alors qu’il n’y a aucune obligation de « dublinage » : si le pays d’arrivée est obligé d’accepter le retour de la personne qui lui a été renvoyée, en revanche, l’autre pays européen n’est absolument pas obligé de la renvoyer là d’où elle vient.

      Où en êtes-vous de la réforme des accords de Dublin ?

      Il y a actuellement un bras de fer entre le Parlement européen et le Conseil européen. Au Parlement, six groupes sur huit, de la droite à la gauche européenne, sont d’accord pour proposer une clé de répartition. Le problème, c’est que le Conseil européen ne veut pas de cette solution et veut durcir Dublin en obligeant au renvoi dans le pays. Et contrairement à ce qu’on peut croire, il n’y a pas que les pays de l’Est qui bloquent. Les gouvernants, à l’exception des pays du Sud, affirment que mettre en place une répartition est trop compliqué pour les migrants et que c’est pour cela qu’ils refusent. Mais le problème, c’est qu’ils ne se donnent pas les moyens de l’accueil…

      Comment faire avancer les choses, puisqu’un blocage politique semble favoriser la flambée des extrêmes droites ?

      Le seul moyen de résister c’est, au lieu de courir derrière l’extrême droite, de faire tout le contraire : de montrer, d’une part, qu’il n’y a pas de « submersion » migratoire et, d’autre part, que si l’accueil est pensé et organisé, tout peut très bien se passer. Ce n’est de toute façon pas en construisant des murs qu’on va empêcher les migrants de venir.

      Cet épisode très médiatique de l’Aquarius bloqué en mer peut-il pousser le Conseil européen à revoir ses positions ?

      Il faut espérer que cette histoire permette de montrer ce qui se passe au Conseil européen. En tout cas, Pedro Sánchez, le nouveau président espagnol, a été courageux d’accepter que les 629 personnes bloquées sur le bateau débarquent en Espagne – même si cela s’explique par le fait que la question migratoire apparaît moins comme un enjeu du débat en Espagne… Aujourd’hui, il faut travailler dans deux directions pour l’opinion publique européenne : d’abord, expliquer que les migrations principales viennent non pas des pays du Sud, mais du Nord et d’Asie (Inde et Chine), et que les premiers migrants en Europe sont ukrainiens – ils arrivent en Pologne pour le travail. Ensuite, rappeler que la grande majorité des migrants arrivent de façon régulière (immigration de travail, pour faire des études, regroupement familial…) et que l’une des manières d’éviter les morts en Méditerranée et de ne pas faire le jeu des passeurs et des trafiquants, c’est d’ouvrir des voies de passage légales.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/110618/marie-christine-vergiat-c-est-l-union-europeenne-qui-cree-cette-situation?

    • Un plan de acogida vetado por Rajoy en 2015, clave para la llegada a Valencia de los refugiados del Aquarius

      La Conselleria de Igualdad y Políticas Inclusivas de la Generalitat Valenciana, dirigida por Mónica Oltra, ha desempolvado un plan elaborado hace tres años para acoger a refugiados sirios llegados a las islas griegas que el Gobierno Central nunca autorizó. El martes por la tarde habrá una reunión entre Generalitat, Ayuntamiento de Valencia y ONG para organizar la llegada de los 629 migrantes y refugiados a los que Italia ha negado sus puertos.

      http://www.publico.es/sociedad/plan-acogida-vetado-rajoy-2015-clave-llegada-valencia-refugiados-del-aquariu

    • Message de Sara Prestianni, via la mailing-list Migeurop (12.06.2018):

      Le Gouvernement Italien confirme sa volonté (folle) de ramener les migrants à Valencia bien que à plusieurs reprises Sos Med et autres ont signalé le risque que cela représentait pour les 629 migrants à bord de l’Aquarius de faire autres 3/4 jours de navigation avec la meteo qui semble empirer.
      Les migrants seront obligés à l’énième “trasbordo” - transfert - vers des bateaux de la Marine Militaire Italienne qui devraient les ramener à Valencia.

      La volonté du Gouvernement est clairement celle de criminaliser l’accès aux ports pour les ong qui sauvent vies humaines en mer.
      Hier, sans aucune déclaration officielle du Gouvernement, les 900 migrants interceptés en mer après les 629 qui se trouvent à bord de l’Aquarius,qui se trouvaient à bord de la Marine Militaire Italienne ont été autorisé à entrer dans le port de Catane. Le message de Salvini est claire : plus aucun bateau qui a un pavillon étranger pourra rentrer dans les ports italiennes avec à bord des migrants.
      Par ailleurs Salvini a annoncé une visite rapide en Libye et dans la réunion d’urgence sur le cas “Aquarius” il semblerait que la question de l’externalisation était à l’ordre du jour.

    • Lettera aperta di Gabriele Del Grande al Ministro dell’Interno Matteo Salvini

      Confesso che su una cosa sono d’accordo con Salvini: la rotta libica va chiusa. Basta tragedie in mare, basta dare soldi alle mafie libiche del contrabbando. Sogno anch’io un Mediterraneo a sbarchi zero. Il problema però è capire come ci si arriva. E su questo, avendo alle spalle dieci anni di inchieste sul tema, mi permetto di dare un consiglio al ministro perché mi pare che stia ripetendo gli stessi errori dei suoi predecessori.

      Blocco navale, respingimenti in mare, centri di detenzione in Libia. La ricetta è la stessa da almeno quindici anni. Pisanu, Amato, Maroni, Cancellieri, Alfano, Minniti. Ci hanno provato tutti. E ogni volta è stato un fallimento: miliardi di euro persi e migliaia di morti in mare.
      https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2105161009497488&id=100000108285082

      Voici, hélas, ce qui est en train de se décider au niveau européen: un nouveau fonds pour la protection des frontières....
      https://seenthis.net/messages/701648

      Questa volta non sarà diverso. Per il semplice fatto che alla base di tutto ci sono due leggi di mercato che invece continuano ad essere ignorate. La prima è che la domanda genera l’offerta. La seconda è che il proibizionismo sostiene le mafie.

      In altre parole, finché qualcuno sarà disposto a pagare per viaggiare dall’Africa all’Europa, qualcuno gli offrirà la possibilità di farlo. E se non saranno le compagnie aeree a farlo, lo farà il contrabbando.

      Viviamo in un mondo globalizzato, dove i lavoratori si spostano da un paese all’altro in cerca di un salario migliore. L’Europa, che da decenni importa manodopera a basso costo in grande quantità, in questi anni ha firmato accordi di libera circolazione con decine di paesi extraeuropei. Che poi sono i paesi da dove provengono la maggior parte dei nostri lavoratori emigrati: Romania, Albania, Ucraina, Polonia, i Balcani, tutto il Sud America. La stessa Europa però, continua a proibire ai lavoratori africani la possibilità di emigrare legalmente sul suo territorio. In altre parole, le ambasciate europee in Africa hanno smesso di rilasciare visti o hanno reso quasi impossibile ottenerne uno.

      Siamo arrivati al punto che l’ultima e unica via praticabile per l’emigrazione dall’Africa all’Europa è quella del contrabbando libico. Le mafie libiche hanno ormai il monopolio della mobilità sud-nord del Mediterraneo centrale. Riescono a spostare fino a centomila passeggeri ogni anno con un fatturato di centinaia di milioni di dollari ma anche con migliaia di morti.

      Eppure non è sempre stato così. Davvero ci siamo dimenticati che gli sbarchi non esistevano prima degli anni Novanta? Vi siete mai chiesti perché? E vi siete mai chiesti perché nel 2018 anziché comprarsi un biglietto aereo una famiglia debba pagare il prezzo della propria morte su una barca sfasciata in mezzo al mare? Il motivo è molto semplice: fino agli anni Novanta era relativamente semplice ottenere un visto nelle ambasciate europee in Africa. In seguito, man mano che l’Europa ha smesso di rilasciare visti, le mafie del contrabbando hanno preso il sopravvento.

      Allora, se davvero Salvini vuole porre fine, come dice, al business delle mafie libiche del contrabbando, riformi i regolamenti dei visti anziché percorrere la strada del suo predecessore. Non invii i nostri servizi segreti in Libia con le valigette di contante per pagare le mafie del contrabbando affinché cambino mestiere e ci facciano da cane da guardia. Non costruisca altre prigioni oltremare con i soldi dei contribuenti italiani. Perché sono i nostri soldi e non vogliamo darli né alle mafie né alle polizie di paesi come la Libia o la Turchia.

      Noi quelle tasse le abbiamo pagate per veder finanziato il welfare! Per aprire gli asili nido che non ci sono. Per costruire le case popolari che non ci sono. Per finanziare la scuola e la sanità che stanno smantellando. Per creare lavoro. E allora sì smetteremo di farci la guerra fra poveri. E allora sì avremo un obiettivo comune per il quale lottare. Perché anche quella è una balla. Che non ci sono soldi per i servizi. I soldi ci sono, ma come vengono spesi? Quanti miliardi abbiamo pagato sottobanco alle milizie libiche colluse con le mafie del contrabbando negli anni passati? Quanti asili nido ci potevamo aprire con quegli stessi denari?

      Salvini non perda tempo. Faccia sbarcare i seicento naufraghi della Acquarius e anziché prendersela con le ONG, chiami la Farnesina e riscrivano insieme i regolamenti per il rilascio dei visti nei paesi africani. Introduca il visto per ricerca di lavoro, il meccanismo dello sponsor, il ricongiungimento familiare. E con l’occasione vada a negoziare in Europa affinché siano visti validi per circolare in tutta la zona UE e cercarsi un lavoro in tutta la UE anziché pesare su un sistema d’accoglienza che fa acqua da tutte le parti.

      Perché io continuo a non capire come mai un ventenne di Lagos o Bamako, debba spendere cinquemila euro per passare il deserto e il mare, essere arrestato in Libia, torturato, venduto, vedere morire i compagni di viaggio e arrivare in Italia magari dopo un anno, traumatizzato e senza più un soldo, quando con un visto sul passaporto avrebbe potuto comprarsi un biglietto aereo da cinquecento euro e spendere il resto dei propri soldi per affittarsi una stanza e cercarsi un lavoro. Esattamente come hanno fatto cinque milioni di lavoratori immigrati in Italia, che guardate bene non sono passati per gli sbarchi e tantomeno per l’accoglienza. Sono arrivati dalla Romania, dall’Albania, dalla Cina, dal Marocco e si sono rimboccati le maniche. Esattamente come hanno fatto cinque milioni di italiani, me compreso, emigrati all’estero in questi decenni. Esattamente come vorrebbero fare i centomila parcheggiati nel limbo dell’accoglienza.

      Centomila persone costrette ad anni di attesa per avere un permesso di soggiorno che già sappiamo non arriverà in almeno un caso su due. Perché almeno in un caso su due abbiamo davanti dei lavoratori e non dei profughi di guerra. Per loro non è previsto l’asilo politico. Ma non è previsto nemmeno il rimpatrio, perché sono troppo numerosi e perché non c’è la collaborazione dei loro paesi di origine. Significa che di qui a un anno almeno cinquantamila persone andranno ad allungare le file dei senza documenti e del mercato nero del lavoro.

      Salvini dia a tutti loro un permesso di soggiorno per motivi umanitari e un titolo di viaggio con cui possano uscire dal limbo dell’accoglienza e andare a firmare un contratto di lavoro, che sia in Italia o in Germania. E dare così un senso ai progetti che hanno seguito finora. Perché l’integrazione la fa il lavoro. E se il lavoro è in Germania, in Danimarca o in Norvegia, non ha senso costringere le persone dentro una mappa per motivi burocratici. Altro che riforma Dublino, noi dobbiamo chiedere la libera circolazione dentro l’Europa dei lavoratori immigrati. Perché non possiamo permetterci di avere cittadini di serie a e di serie b. E guardate che lo dobbiamo soprattutto a noi stessi.

      Perché chiunque di noi abbia dei bambini, sa che cresceranno in una società cosmopolita. Già adesso i loro migliori amici all’asilo sono arabi, cinesi, africani. Sdoganare un discorso razzista è una bomba a orologeria per la società del domani. Perché forse non ce ne siamo accorti, ma siamo già un noi. Il noi e loro è un discorso antiquato. Un discorso che forse suona ancora logico alle orecchie di qualche vecchio nazionalista. Ma che i miei figli non capirebbero mai. Perché io non riuscirei mai a spiegare ai miei bambini che ci sono dei bimbi come loro ripescati in mare dalla nave di una ONG e da due giorni sono bloccati al largo perché nessuno li vuole sbarcare a terra.

      Chissà, forse dovremmo ripartire da lì. Da quel noi e da quelle battaglie comuni. Dopotutto, siamo o non siamo una generazione a cui il mercato ha rubato il futuro e la dignità? Siamo o non siamo una generazione che ha ripreso a emigrare? E allora basta con le guerre tra poveri. Basta con le politiche forti coi deboli e deboli coi forti.

      Legalizzate l’emigrazione Africa –Europa, rilasciate visti validi per la ricerca di lavoro in tutta l’Europa, togliete alle mafie libiche il monopolio della mobilità sud-nord e facciamo tornare il Mediterraneo ad essere un mare di pace anziché una fossa comune. O forse trentamila morti non sono abbastanza?

    • By rejecting a migrant ship, Italian populists are simply following the EU’s lead

      The standoff over a boatload of men, women and children rescued in the Mediterranean encapsulates the morass of Europe’s migration policy so neatly that it is almost redundant to call it a metaphor.

      Some 629 migrants were left adrift in international waters while European Union member states competed to sound more resolute in their refusal of a safe port. It was left to Spain to intervene as supplies began to run out aboard the rescue ship, the Aquarius, one of the handful of charity boats still operating despite their routine harassment by the EU-backed Libyan coastguard. Meanwhile, Italy and Malta sniped at each other on social media, as policy was made in the form of hashtags such as “we’re shutting our ports”. Germany was too busy to comment as its leaders sound off over tougher asylum laws in response to the grisly murder of a teenage girl.

      Watching from the sidelines, the UN refugee agency asked meekly if Europe’s politicians could disembark the people in need aboard the Aquarius first and sort out their differences later.
      The starting point in understanding this mess should be to ask why Italy’s new interior minister, Matteo Salvini, has picked a fight over the Aquarius now.

      Migration policy watchers will be tempted to think that this is a public play to strengthen Italy’s position ahead of an end-of-June deadline to reform parts of the EU’s maddeningly complex asylum system. In this reading, Salvini is seeking an overhaul of the so-called Dublin regulations to ease the burden on frontline states such as Italy and Greece and remove the obligation for new arrivals to seek asylum in their country of first arrival.

      This interpretation would be both reassuring and completely wrong. This is not about the incremental advance of national interests.

      Where European observers had expected Italy to pick a fight with the EU over the single currency, its interior minister has gone straight for migration. Salvini understands, just as Viktor Orbán in Hungary and Sebastian Kurz in Austria do, that the EU has no response. Italy has been left alone to deal with sea arrivals from north Africa and talks over new Dublin regulations will not change this. There is no solidarity on asylum and migration.

      Salvini has blocked the Aquarius because this is the terrain on which he wins regardless of the outcome. As the leader of the far-right Northern League, he has built a campaign around promises of mass deportations of migrants. The fact that his proposals were and are impracticable and illegal did not prevent the League from gaining a 17% share of the vote.

      Salvini’s bombastic claims that African migrants are turning Italy into a giant refugee camp ignore the fact that sea arrivals so far this year have dropped to one-fifth of the level during the same period last year.

      No matter – rhetorical battles over migration allow him to pose as the senior coalition partner and defender of Italy.

      EU migration policy, particularly since the record inflows of 2015, has been built on the idea that controlling sea arrivals would shore up Europe’s political centre. Human rights and international law could be subordinated to the need for control even if this meant co-opting Libyan militias, paying smugglers to act as coastguards or redirecting development aid to corrupt African regimes in return for trapping Africans on the move.

      European voters, the reasoning went, would forgive rights abuses in faraway places in return for harder borders. In its simplest formulation, EU policy-makers framed the choice as one between allowing moderates to talk like Salvini or getting Salvini himself.

      Critics of this policy consensus were dismissed as naive.

      Its arch practitioner was Italy’s previous interior minister Marco Minniti, who delivered a huge reduction in sea arrivals through a series of shady deals in Libya that turned smugglers and traffickers into Europe’s paid gatekeepers.

      Before the votes were counted in Italy the “Minniti plan” had many admirers in Europe’s capitals and on the European commission, the bloc’s executive body. Since the man himself and his party were swept out of power it has become painfully apparent that there is no electoral dividend for centrists who endorse anti-migration populism.

      Over the weekend Minniti and his former government colleagues hit out at Salvini’s refusal of a safe port to the Aquarius and boasted of the balance they had struck between “security” and “reception” – in other words between the deterrence of migration and the humane treatment of those who somehow slipped through. They are still missing the point.

      By treating migration policy as an arena of crisis where human rights and international law could be discarded in the rush to respond to a perceived panic, Minniti and his supporters in Brussels and Berlin were the midwives of Salvinism.

      It has been left to the mayors of southern Italy to defy their own government and publicly offer the Aquarius a safe port. Often the strongest rebuttal to the populists comes not from the tainted centre but from Europeans in the areas most affected by the actual movement of people.

      https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/jun/11/italy-migrant-rescue-ship-standoff-aquarius

    • ASGI : Gravi responsabilità dell’Italia nella vicenda Aquarius

      Il comportamento del governo italiano nella vicenda Aquarius è gravissimo e l’intervento della Spagna non solleva l’Italia dalle sue responsabilità. ASGI lancia l’allarme sul possibile imminente ripetersi di episodi analoghi.

      Mentre scriviamo ancora non è definitivamente conclusa la vicenda della nave Aquarius, che ci auguriamo possa trovare felice esito anche grazie all’intervento delle autorità spagnole e, comunque, oltre la gestione che ha avuto da parte del Governo italiano.

      La scelta di solidarietà fatta dal Governo spagnolo di fornire assistenza materiale e giuridica ai naufraghi salvati dalla nave Aquarius, infatti, non deve oscurare la gravi responsabilità del governo italiano nella conduzione complessiva di tutte le operazioni.

      Va infatti ricordato che le operazioni di soccorso sono partite su impulso di un SOS diramato dall’MRCC (Comando generale del Corpo della Capitanerie di Porto) di Roma e che pertanto, in base al diritto internazionale – l’Italia è sempre stato il Paese giuridicamente responsabile del coordinamento dei soccorsi.

      Solo in questo senso possono essere lette le principali Convenzioni internazionali pertinenti in materia e, tra esse:

      – la Convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare (Convenzione SOLAS, firmata a Londra nel 1974 e ratificata dall’Italia con L. 313/1980);
      – la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il soccorso in mare (Convenzione SAR, firmata ad Amburgo nel 1979 e ratificata dall’Italia con L. 147/1989, da cui il Regolamento di attuazione D.P.R. 662/1994;
      – la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Convenzione CNUDM o UNCLOS, adottata a Montegobay nel 1982 e ratificata dall’Italia con L. 689/1994)

      Fino al momento nel quale la Spagna non ha annunciato il suo intervento per ragioni umanitarie il centro di coordinamento dei soccorso italiano, competente e responsabile degli stessi, ha continuato a non indicare alcuna destinazione alla barca Aquarius, rendendosi completamente inadempiente verso precisi obblighi indicati dal diritto internazionale ed interno e ponendo a rischio la vita di centinaia di persone.

      La situazione di pericolo e di estrema difficoltà, in cui si trovavano e si trovano tutt’ora i migranti, oltre ai membri dell’equipaggio, integra senza dubbio una situazione di pericolo che non fa ritenere legittima alcuna limitazione all’approdo in un porto italiano. Nel caso di specie doveva, infatti, immediatamente trovare applicazione l’art. 18, par. 2 della Convenzione UNCLOS, la quale prevede che lo Stato costiero non può invocare una violazione del diritto di passaggio inoffensivo né obbligare la nave straniera a riprendere il largo. Conseguentemente, lo Stato costiero, nel cui mare territoriale, o nelle vicinanze del quale, si trovi una nave in una situazione di pericolo è, infatti, il titolare primario dell’obbligo di portare soccorso ed è responsabile della conclusione del salvataggio. La nave che si trova quindi in una situazione di pericolo implicante una minaccia per la vita delle persone a bordo, qualsiasi sia lo status di questi passeggeri, gode di un “diritto” di accesso al porto.

      Il diniego di accesso ai porti italiani a imbarcazioni che abbiano effettuato il soccorso in mare comporta la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, applicabile poiché l’Italia, nel coordinare l’azione SAR, esercita funzioni esecutive al di fuori del proprio territorio «conformemente al diritto internazionale» (v. mutatis mutandis, Al-Skeini c. Regno Unito e Jaloud c. Paesi Bassi). Le persone soccorse vertevano infatti in evidente necessità di cure mediche urgenti, nonché di generi di prima necessità (acqua, cibo, medicinali), e tali bisogni non potevano esser soddisfatti in alto mare. Le condizioni alle quali gli stessi sono stati sottoposti determinano l’esposizione di uomini, donne e bambini ad un reale trattamento disumano e degradante ( in violazione dell’art. 3 cedu) e ad un serio rischio per la loro vita (in violazione dell’ art. 2 cedu).

      Sulla nave Aquarius vi erano richiedenti asilo e rifugiati, pertanto la scelta del governo italiano di negare un porto sicuro a queste persone, anche poiché le operazioni di soccorso erano state gestite dalle autorità italiane, avrebbe potuto comportare per lo Stato Italiano la violazione del principio di non refoulment ai sensi dell’art 33 della Convenzione di Ginevra sullo Status dei Rifugiati del 1951 se non si fosse trovato un porto sicuro. Il principio di non refoulment è un principio di diritto internazionale generale, vincolante per tutti gli Stati anche indipendentemente dalla ratifica della Convenzione del 1951; esso stabilisce il divieto di respingimento verso qualsiasi luogo in cui una persona potrebbe trovarsi esposta al rischio di persecuzione e/o di condizione ascrivibile a trattamento disumano e degradante, trattamento nel quale si sono trovati a vivere coloro che erano da giorni in alto mare in assenza di approdo in porto sicuro.
      Sotto il profilo del diritto penale, l’obbligo di prestare soccorso configura una precisa prescrizione giuridica, la quale non può essere disattesa. Si ritiene che la condotta tenuta dall’MRCC di Roma sia stata suscettibile da integrare almeno la fattispecie dell’omissione di soccorso ai sensi dell’art. 593 c.p. A ciò si aggiunga che se dal ritardo dell’ingresso fossero derivate (o dovessero derivare) morte o lesioni in capo alle persone a bordo, ciò integrerebbe fattispecie penali autonome, quali omicidio o lesioni, che sarebbero imputabili a tutta la catena di comando italiana in ragione dell’evidente dovere giuridico di salvaguardia della vita che incombe sul paese che coordina i soccorsi

      Il “braccio di ferro” diplomatico attuato parte del Governo italiano con le Autorità di Malta e con la UE ha messo a rischio la vita di centinaia di persone ed il rispetto di basilari diritti della persona e ciò costituisce un precedente gravissimo nella storia europea.

      Il governo italiano aveva tutti gli strumenti legali e politici per far valere nella fase di discussione e votazione del Regolamento Dublino IV le argomentazioni che ha portato invece sul piano mediatico e dell’uso della forza contro persone in stato di necessità dimostrando l’esplicita volontà di non proporre politiche costruttive rinunciando ad un ruolo centrale nel dibattito europeo. Il governo italiano, invece, ha voluto imporre il solo uso della forza. Sarebbe stato possibile per il Ministro degli Interni in carica recarsi a Bruxelles e discutere della necessità di ripartizione equa dei rifugiati fra gli stati europei facendo valere in modo democratico e legale presso tale sede le priorità individuate dall’esecutivo italiano, senza incorrere nelle violazioni dei diritti umani fondamentali e delle norme cogenti.

      ASGI, nell’auspicare che la specifica vicenda abbia esito rapido e positivo, ha tuttavia il fondato timore che situazioni analoghe possano ripetersi già dalle prossime ore fa appello a tutte le istituzioni e al Parlamento, nonché a tutte le forze democratiche del Paese, affinché l’Italia non si renda più responsabile degli indecorosi eventi che si sono consumati negli ultimi giorni e che il diritto internazionale e quello interno in materia di soccorsi in mare venga scrupolosamente rispettato.

      https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/aquarius-violazione-diritto-internazionale

    • Migranti, Toninelli: «Non è detto che il posto in cui debbano sbarcare sia un porto. Può essere una nave»

      "Non c’è scritto da nessuna parte che il «place of safety», cioè il luogo in cui devono essere sbarcati e messi in sicurezza i migranti, debba essere un porto. Può essere anche una nave, battente bandiera straniera. Di conseguenza noi chiederemo un’assunzione di responsabilità a quei paesi di cui le navi della Ong battono bandiera". Così il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, al termine del vertice sull’immigrazione a Palazzo Chigi. Di fronte a chi gli fa notare che però questo significherebbe, nel caso della nave Aquarius che batte bandiera britannica, circumnavigare l’Oceano per arrivare in Inghilterra (contravvenendo dunque al principio del porto sicuro più vicino), Toninelli fa dietrofront: «Noi chiediamo un’assunzione di responsabilità e condivisione delle spese».

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/migranti-toninelli-non-e-detto-che-il-posto-in-cui-debbano-sbarcare-sia-un-porto-puo-essere-una-nave/307625/308254

    • Aquarius : l’Union européenne et les Etats membres doivent cesser de traiter les migrants comme « des patates chaudes »

      Bruxelles, 13 juin 2018 – Stupéfaits et inquiets de ce moderne Exodus, on voit se profiler à l’horizon le cabotage infini de ce bateau qui passe du statut de sauveteur à celui de fardeau. Le nouveau gouvernement italien, en large partie acquis aux idées xénophobes et racistes de Matéo Salvini, montre ses muscles et refuse de laisser mouiller l’Aquarius dans ses ports. Dont acte, l’AEDH savait ne rien devoir attendre d’un gouvernement dont les partenaires avaient annoncé pendant la campagne électorale qu’il ne respecterait pas les droits de l’Homme.

      Aujourd’hui, le nouveau gouvernement espagnol a annoncé que son pays est prêt à accueillir les « naufragés des droits » dans le port de Valence. L’AEDH salue cet acte et souhaite qu’il fasse exemple pour tous les États membres. Elle recommande que cet accueil se révèle inconditionnel et qu’ayant fait le principal, sauver des vies, le gouvernement de Pedro Sanchez s’illustre en offrant de dignes conditions de séjour. On souhaiterait également que ce nouveau gouvernement mette fin aux opérations de push-back des migrants se présentant aux enceintes de Ceuta et Melilla.

      Et les autres pays concernés par « les affaires de Méditerranée », que font-ils ? Malte refuse d’accueillir mais se donne bonne conscience en envoyant des vivres, la France de Macron se réfugie derrière une interprétation hasardeuse du droit de la mer contre le droit humanitaire pour ne rien faire et attend piteusement 48 h qu’un autre pays se dévoue…

      L’AEDH est au regret de constater que l’Union européenne est à la remorque des Etats membres. Notre association souhaite que le Conseil européen joue enfin son rôle d’orientation de la politique européenne et condamne l’attitude indigne des États membres qui, dominés par la peur, alignent leurs politiques migratoires sur celles prônées par les forces d’extrême droite.

      L’AEDH condamne avec force le refus d’accueillir du gouvernement italien. Mais depuis longtemps elle s’oppose aussi aux refus de la Pologne, de la Hongrie, de la Slovaquie, de la République tchèque d’accueillir des réfugiés. Elle ne peut non plus accepter les faux semblants de bien d’autres gouvernements, qui tout en proclamant qu’ils vont accueillir, imposent des règles tellement restrictives qu’ils organisent de fait la chasse aux migrants et les expulsent. C’est en particulier le cas de la France où l’on retrouve des migrants morts à la fonte des neiges, de la Belgique où la police peut tirer sur des migrants.

      L’AEDH affirme que le refus des Etats membres et de la Commission de procéder à l’abrogation du règlement Dublin est non seulement un manquement grave aux droits des personnes mais une stupidité qui enferme les États-membres situés aux frontières extérieures de l’U.E. dans un dilemme impossible : accueillir des milliers de migrants ou les repousser. C’est à cause du règlement Dublin, que le système d’accueil est devenu purement et simplement un moyen d’externaliser les migrants vers les pays de leur première entrée, en particulier l’Italie et la Grèce. Et si la Méditerranée a tant d’importance, c’est que la route par la Turquie a été bloquée par l’ignoble accord conclu avec ce pays, en fermant pudiquement les yeux sur la politique d’Erdogan qui piétine les droits fondamentaux de tant de citoyens en Turquie.

      L’AEDH considère que l’ensemble des Etats membres sont collectivement responsables du désastre italien. Elle demande à toutes ses associations membres, à tous les citoyens et à toutes les citoyennes de l’UE d’agir pour que l’on change de politique.

      C’est le but de l’ICE lancée depuis quelques semaines : « Nous sommes une Europe accueillante : laissez-nous agir ! ». Signez, faites signer, transmettez, montrez votre appui envers ces enfants, ces femmes, ces hommes qui croyaient avoir enfin pu prendre le bateau de l’espoir, cet Aquarius qui symbolise notre solidarité.

      http://www.aedh.eu/aquarius-lunion-europeenne-et-les-etats-membres-doivent-cesser-de-traiter-les-m

    • Migranti nel Mediterraneo, ong non può fare trasbordo: “Nessun porto assegnato, si rischia nuovo caso Aquarius”

      Una nave della Marina Usa ha salvato 41 persone e recuperato 12 corpi senza vita nel Mediterraneo. Ma l’imbarcazione di Sea Watch, che l’ha raggiunta e a bordo ha cibo e coperte, non può assistere i sopravvissuti. Perché da Roma non sono arrivate istruzioni

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/13/migranti-salvati-su-nave-militare-usa-ma-la-ong-sea-watch-non-puo-fare-trasbordo-nessun-porto-assegnato-si-rischia-nuovo-caso-aquarius/4426052

    • Aquarius procede a fatica contro il mare in burrasca, ancora a ridosso della Sicilia, a sud di Marsala. La velocita con la quale avanza verso nord-ovest d’ di appena 5 nodi e mezzo. A questa velocità impiegherà almeno 6 giorni per arrivare a Valencia. Salvini sta imponendo un trattamento disumano ai migranti dopo quello che si può definire un respingimento illecito. I migranti erano stati soccorsi da mezzi della Guardia costiera ed erano già entrati in territorio italiano.

      LA AQUARIUS DEVE ENTRARE NEL PORTO DI TRAPANI CHE SI TROVA SULLA SUA ROTTA. ASSIEME ALLA DATTILO CHE LA SCORTA CON ALTRI MIGRANTI A BORDO.
      VALENCIA NON E’ RAGGIUNGIBILE . IL PIANO DI SALVINI E’ DISUMANO.

      VI PREGO DI FARE GIRARE AL MASSIMO QUESTA NOTIZIA. LE AGENZIE DI INFORMAZIONI DANNO SOLO NOTIZIE RASSICURANTI CHE NON CORRISPONDONO ALLA SITUAZIONE REALE DEL MARE.


      https://www.facebook.com/isabelle.saintsaens/posts/10215493114986035?comment_id=10215493417153589&notif_id=1528933312392754&n

    • Autre ONG bloquée dans ses opérations de sauvetage en mer, cette fois-ci c’est #Sea-Watch. Voici leur communiqué du 13 juin 2018 :
      Shipwreck survivors and bodies stuck on US warship due to italian port closure – Sea-Watch 3 last rescue vessel left in Mediterranean.

      41 survivors and 12 deceased in a shipwreck off the Libyan Coast yesterday morning are still stuck on a US warship as Italy closed its ports to rescue vessels. Sea-Watch strongly denounces the fact that once again people in distress at sea are being held in diplomatic limbo. The dispute on migration must not be carried out at the expense of people in need. A surveillance aircraft of the civil rescue fleet is currently operating in the SAR zone to search for further distress cases and bodies of yesterday’s shipwreck. The Sea-Watch 3 is also patrolling the SAR zone in close proximity to the US warship. Meanwhile, we still await instructions as no state has taken responsibility so far. The Sea-Watch 3 is currently the only dedicated rescue asset in the Mediterranean Sea.

      At 12.36 local time, the Sea-Watch office received a request by a US Navy warship to take over 41 survivors and 12 deceased in a shipwreck 20 nautical miles off the Libyan coast. Our vessel Sea-Watch 3 proceeded towards the given position as the only civil rescue asset left in the mediterranean sea at that moment. “It is unacceptable that people who have literally been picked out of the water, who have seen their friends drowning, still do not get a place of safety, this is a damning indictment of the European Union’s policy on immigration. A dispute about the distribution of asylum seekers must not be carried out at the expense of people in maritime distress” says Johannes Bayer, Sea-Watch chairman and head of the current mission of the Sea-Watch 3. “We urge the European governments to find a quick solution for this humiliating tragedy”.

      Meanwhile, Italian Coast Guard asset CP941 is disembarking 932 people and 2 dead bodies in the Sicilian port of Catania today, which shows a double standard upheld by the Italian government.
      NGO vessels have consistently taken responsibility for search and rescue activities in the world’s most dangerous migration route, yet they have become the scapegoat of the Italian government, as it attempts to pressure the rest of the EU to share in the responsibility towards people in distress and in wider migration policy reforms, including that of the Dublin III regulation. Sea-Watch therefore urges the European states to make way for a political solution for this charade; after safe arrival to Italy, there are also many roads that lead from Rome.

      Furthermore, yesterday’s shipwreck shows a deadly lack of rescue capacity at sea, and it is evident that in the absence of safe and legal passage to Europe, such shipwrecks will only continue to occur. “If the Aquarius wasn’t stuck on the way to Valencia, maybe those people could have been rescued” Bayer says. Still there is no knowledge about the real number of drownings as it is likely not all bodies could be retrieved. “We urge the European states to take responsibility and to stop gambling with lives at sea,” Bayer says.

      https://sea-watch.org/en/shipwreck-survivors-and-bodies-stuck-on-us-warship-due-to-italian-port-cl

    • « Aquarius » 2018, « Saint-Louis » 1939 : l’histoire bégaie

      Alors que l’Aquarius a été refoulé par l’Italie, il y a quatre-vingts ans des réfugiés fuyaient le nazisme en embarquant sur un paquebot transatlantique, le « Saint-Louis ».

      Le refus de l’Italie de laisser accoster l’Aquarius n’est que l’expression paroxystique de la politique des Etats européens qui, depuis des années, mettent toute leur énergie à tenir à distance migrants et exilés. Mais cette image d’un vaisseau fantôme nous renvoie aussi quatre-vingts ans en arrière, quand les réfugiés fuyant le nazisme se voyaient systématiquement refuser l’accès à une terre d’asile.

      Entre hier et aujourd’hui, les analogies sont frappantes : la fermeture de plus en plus hermétique des frontières à mesure que la persécution s’aggrave et que les flux d’exilés augmentent ; des réfugiés contraints d’embarquer clandestinement sur des bateaux de fortune avec l’espoir, souvent déçu, qu’on les laissera débarquer quelque part ; en guise de justification, la situation économique et le chômage, d’un côté, l’état de l’opinion dont il ne faut pas attiser les tendances xénophobes et antisémites, de l’autre ; le fantasme, hier, de la troisième colonne – agitateurs communistes, espions nazis –, aujourd’hui de la menace terroriste ; et finalement une diplomatie qui n’hésite pas à pactiser avec les pires dictatures, hier pour tenter de sauver la paix (on sait ce qu’il en est advenu), aujourd’hui pour tenter d’endiguer les flux de réfugiés.
      Réfugiés interdits de débarquer à Cuba

      Visas refusés, frontières closes : les réfugiés sont acculés, en désespoir de cause, à prendre la mer, le plus souvent clandestinement. A la veille de la guerre, des dizaines, des centaines de bateaux, parfois des paquebots de ligne, souvent des bâtiments de fortune ou de contrebande qui ont pris leurs passagers en charge frauduleusement, naviguent sur les océans à la recherche d’un port où ils seront autorisés à débarquer : le Cairo part le 22 avril 1939 de Hambourg pour Alexandrie ; l’Usaramo pour Shanghai ; l’Orbita pour le Panama en juin 1939 ; l’Orinoco, vers Cuba… (1). D’autres restent bloqués pendant des semaines ou des mois dans les ports roumains de la mer Noire ou sur le Danube.

      Même ceux qui ont des papiers d’immigration en règle ne sont pas assurés d’être admis, comme le montre l’histoire cruelle du Saint-Louis. Ce paquebot transatlantique quitte Hambourg le 13 mai 1939 en direction de La Havane. Ses 937 passagers, presque tous des juifs fuyant le Troisième Reich, sont en possession de certificats de débarquement émis par le directeur général de l’Immigration de Cuba. Mais, dans l’intervalle, le président cubain a invalidé ces certificats. On interdit donc aux passagers de débarquer. Le bateau repart, et lorsqu’il passe le long des côtes de Floride une demande est adressée au président des Etats-Unis afin qu’il leur accorde l’asile – elle ne reçoit pas de réponse. Le 6 juin 1939, le Saint-Louis reprend sa route vers l’Europe. In extremis, avant que le bateau ne soit contraint de revenir en Allemagne, le Jewish Joint Commitee réussit à négocier avec les gouvernements européens une répartition des passagers entre la Grande-Bretagne, la France, la Belgique et les Pays-Bas qui n’acceptèrent de les accueillir qu’à condition qu’il ne s’agisse que d’un transit dans l’attente d’une émigration définitive vers une autre destination. Temporairement sauvés, une majorité d’entre eux connaîtra le sort réservé aux juifs dans les pays occupés par l’Allemagne.
      Un gigantesque marché noir

      Les embarquements clandestins se poursuivent une fois la guerre déclenchée, les réfugiés prenant des risques croissants pour tenter de rejoindre clandestinement la Palestine depuis les ports de la mer Noire, à travers le Bosphore, les Dardanelles et la mer Egée. Un gigantesque marché noir s’organise, avec la bénédiction des nazis qui, avant la programmation de la « solution finale », y voient une façon de débarrasser l’Europe de ses juifs. Beaucoup de ces « bateaux cercueils », comme on les a appelés, font naufrage, d’autres sont victimes des mines ou des sous-marins allemands, et les épidémies déciment ceux qui ont réussi à survivre. Décidément, on a l’impression que l’histoire bégaie.

      http://www.liberation.fr/debats/2018/06/13/aquarius-2018-saint-louis-1939-l-histoire-begaie_1658569

    • #Marie-Christine_Vergiat : « C’est l’Union européenne qui a créé cette situation »

      L’eurodéputée Marie-Christine Vergiat dénonce la responsabilité de l’Union européenne qui, depuis une demi-douzaine d’années, laisse l’Italie gérer seule l’accueil des migrants pour l’Europe. Avec les dégâts politiques que l’on sait.

      Qui porte la responsabilité du blocage de l’Aquarius depuis dimanche, aux portes de l’Europe ? Si Matteo Salvini, le ministre de l’intérieur italien d’extrême droite, fait du refus de l’accueil des migrants sa marque de fabrique électoraliste, c’est l’Union européenne qui est la principale coupable du drame qui se joue actuellement, estime Marie-Christine Vergiat, députée européenne Front de gauche, membre de la GUE au Parlement de Strasbourg.

      L’Aquarius bloqué pendant deux jours en pleine mer : à qui la faute ?

      Marie-Christine Vergiat : C’est l’Union européenne qui, par absence de solidarité vis-à-vis de l’Italie, a créé cette situation. Avant 2011, et pendant des années, Malte [sollicitée après le refus de l’Italie – ndlr] a dû gérer toute seule l’arrivée des migrants, c’est pourquoi cette fois elle a refusé de prendre en charge l’Aquarius.

      Depuis 2011, date à laquelle les mouvements de population ont commencé à devenir plus importants, on a ensuite laissé l’Italie en première ligne se débrouiller. Aujourd’hui, elle accueille chaque année entre 100 000 et 150 000 personnes sur son territoire. Avec la mise en avant de « Dublin 3 », l’Italie a pris en charge le poids du sauvetage en mer pour toute l’Europe, et elle l’a plutôt bien fait.

      Il faut voir que quand le gouvernement italien a lancé l’opération « Mare Nostrum » pour aller secourir les personnes, elle s’est retrouvée seule. Matteo Renzi a dû trouver 95 millions d’euros d’octobre 2013 à octobre 2014 pour financer l’opération et, quand il a demandé de l’aide, le Conseil européen lui a donné 5 millions d’euros. Quant à la Grèce, elle a été en première ligne en 2015 et 2016, et a accueilli un million de personnes, là encore, seule.

      Comment expliquez-vous qu’il n’y ait jamais eu de répartition concertée des migrants entre les États membres ?

      En 2015, Jean-Claude Juncker, le président de la Commission européenne, a fait ce qu’il a pu : il a demandé à ce que 160 000 personnes soient « délocalisées » depuis l’Italie et la Grèce vers les autres pays européens sur deux ans. Même si cela était très insuffisant puisqu’il y avait 1,4 million de personnes arrivées en Italie et en Grèce sur la même période. Mais le premier réflexe des pays a été de refuser et de fermer leurs frontières. Heureusement qu’en 2015 et 2016, l’Allemagne d’Angela Merkel a accueilli 60 % des réfugiés (parmi eux, deux tiers de Syriens). Mais il faut rappeler que le nombre de réfugiés accueillis en Europe est une goutte d’eau par rapport à ce que vit le Moyen-Orient.

      Et pourtant, si l’on en croit les récentes élections en Italie notamment, le discours de l’extrême droite contre les migrants semble payant politiquement…

      Récemment, la Commission européenne a présenté une étude qui montre que les Européens restent solidaires des réfugiés dans tous les pays d’Europe, excepté en Italie. On peut pousser des cris d’orfraie, ce sentiment anti-immigré ne tombe pas du ciel. C’est facile de commenter alors qu’en France, on n’a jamais ouvert nos ports pour soulager l’Italie ou la Grèce. En réalité, la France a été très peu impactée par la crise migratoire. Le nombre de demandeurs d’asile n’a presque pas augmenté. Entre 2015 et 2016, il est passé de 85 000 à 95 000. Et encore, nous sommes un des pays où le taux d’acceptation des demandes d’asile est le plus bas – entre 35 et 40 % –, ce qui est en dessous de bien des pays européens. Quand on voit ce qui se passe à la frontière franco-italienne, c’est hallucinant : on fait du contrôle au faciès des migrants, au mépris des lois nationales, européennes et internationales… Il y a de quoi avoir honte de nos gouvernements ! En plus, ils se cachent derrière les accords de Dublin pour renvoyer les migrants dans le pays où ils ont accosté, donc très souvent en Italie, alors qu’il n’y a aucune obligation de « dublinage » : si le pays d’arrivée est obligé d’accepter le retour de la personne qui lui a été renvoyée, en revanche, l’autre pays européen n’est absolument pas obligé de la renvoyer là d’où elle vient.

      Où en êtes-vous de la réforme des accords de Dublin ?

      Il y a actuellement un bras de fer entre le Parlement européen et le Conseil européen. Au Parlement, six groupes sur huit, de la droite à la gauche européenne, sont d’accord pour proposer une clé de répartition. Le problème, c’est que le Conseil européen ne veut pas de cette solution et veut durcir Dublin en obligeant au renvoi dans le pays. Et contrairement à ce qu’on peut croire, il n’y a pas que les pays de l’Est qui bloquent. Les gouvernants, à l’exception des pays du Sud, affirment que mettre en place une répartition est trop compliqué pour les migrants et que c’est pour cela qu’ils refusent. Mais le problème, c’est qu’ils ne se donnent pas les moyens de l’accueil…

      Comment faire avancer les choses, puisqu’un blocage politique semble favoriser la flambée des extrêmes droites ?

      Le seul moyen de résister c’est, au lieu de courir derrière l’extrême droite, de faire tout le contraire : de montrer, d’une part, qu’il n’y a pas de « submersion » migratoire et, d’autre part, que si l’accueil est pensé et organisé, tout peut très bien se passer. Ce n’est de toute façon pas en construisant des murs qu’on va empêcher les migrants de venir.

      Cet épisode très médiatique de l’Aquarius bloqué en mer peut-il pousser le Conseil européen à revoir ses positions ?

      Il faut espérer que cette histoire permette de montrer ce qui se passe au Conseil européen. En tout cas, Pedro Sánchez, le nouveau président espagnol, a été courageux d’accepter que les 629 personnes bloquées sur le bateau débarquent en Espagne – même si cela s’explique par le fait que la question migratoire apparaît moins comme un enjeu du débat en Espagne… Aujourd’hui, il faut travailler dans deux directions pour l’opinion publique européenne : d’abord, expliquer que les migrations principales viennent non pas des pays du Sud, mais du Nord et d’Asie (Inde et Chine), et que les premiers migrants en Europe sont ukrainiens – ils arrivent en Pologne pour le travail. Ensuite, rappeler que la grande majorité des migrants arrivent de façon régulière (immigration de travail, pour faire des études, regroupement familial…) et que l’une des manières d’éviter les morts en Méditerranée et de ne pas faire le jeu des passeurs et des trafiquants, c’est d’ouvrir des voies de passage légales.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/110618/marie-christine-vergiat-c-est-l-union-europeenne-qui-cree-cette-situation

    • La nave Usa che ha lasciato i corpi in mare vicina al porto di Augusta

      La Trenton della Us Navy, con a bordo i 40 superstiti del naufragio di martedì, ha abbandonato i cadaveri alla deriva perché non ha celle frigorifere. Ora incrocia al largo del porto siciliano, ma all’Italia non è arrivata nessuna richiesta formale.

      La nave Trenton della sesta flotta della Us Navy, con a bordo i 40 superstiti del naufragio di un gommone avvenuto martedì mattina, è ricomparsa al largo del porto di Augusta. Appare evidente l’intenzione di sbarcare nel porto siciliano i superstiti che ha a bordo ormai da tre giorni, nell’attesa che qualcuno dia indicazioni sul porto più vicino disposto a farli scendere. Tuttavia non risulta alcuna richiesta formale da parte degli Stati Uniti all’Italia che, peraltro, non ha mai assunto alcun coordinamento del soccorso, avvenuto a sole venti miglia dalle coste libiche.

      Perché dunque la nave americana, che ha lasciato andare alla deriva i corpi delle 12 vittime del naufragio, ha fatto rotta verso l’Italia invece di chiedere l’approdo in un altro Paese? Un altro caso spinoso per il governo italiano, che si trova adesso a dover decidere se autorizzare l’ingresso della nave della Us Navy nel porto di Augusta.

      Da tre giorni, ormai, dopo aver invano chiesto di poter trasbordare il suo carico sulla nave della Ong tedesca Sea Watch, la nave vagava in attesa di sapere dove poter sbarcare i vivi. I morti, quelli, vista la complessità della situazione, hanno deciso di abbandonarli in acqua. "Non ci sono salme a bordo della Trenton - ha confermato a «Repubblica» l’ufficio pubbliche relazioni della Us Navy - l’equipaggio continua a prendersi cura delle 40 persone soccorse. Ci stiamo coordinando con i nostri partner internazionali per decidere la destinazione delle persone a bordo".

      Dalla Us Navy spiegano così l’abbandono dei 12 cadaveri le cui operazioni di recupero erano state comunicate via radio dalla Trenton martedi mattina contestualmente alla richiesta di aiuto avanzata alla vicina nave della ong tedesca Sea Watch prima e all’IMRCC di Roma poi. < Abbiamo visto in un primo momento 12 corpi apparentemente senza vita. I soccorritori hanno dato priorità al recupero di coloro che avevano bisogno di aiuto immediato. La barca di salvataggio è poi tornata sul posto per cercare quei corpi, ma non li ha trovati". «Se necessario - si legge in una nota - le navi della US Navy sono in grado di conservare i corpi in depositi refrigerati».
      Un orrore destinato a scatenare un nuovo caso visto che, a impedire un rapido trasferimento dei superstiti e delle salme a terra, è l’impasse provocato dall’ostracismo annunciato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini alle navi delle Ong. Martedi, subito dopo il soccorso, dopo aver chiamato le guardie costiere libica e italiana, la nave americana si è rivolta alla Sea watch, comunicando di avere in corso il recupero dei 12 corpi, e ha chiesto la disponibilità al trasbordo. «Corpi non possiamo prenderne, non abbiamo le celle. E i superstiti li prendiamo solo se ci assegnano contestualmente un porto sicuro che non sia più lontano di 36 ore di navigazione».

      Dopo il caso Aquarius, il rischio è che poi, con i migranti a bordo, non venga concesso un porto in Italia e la nave, che non è grande, non potrebbe affrontare una lunga navigazione come quella cui è stata costretta la Aquarius. La richiesta viene reiterata dagli americani alla sala operativa di Roma, ma la risposta è che il soccorso non è stato coordinato da Roma e dunque non spetta a loro indicare il porto. In realtà il soccorso non è stato coordinato da nessuno.

      http://www.repubblica.it/cronaca/2018/06/14/news/la_nave_usa_senza_celle_frigoriferi_alla_deriva_12_corpi-198956762/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

    • Aquarius, la nave di migranti cambia rotta e si dirige verso la Sardegna

      La decisione dovuta al maltempo. Sos Mediterranee spiega: «Le persone a bordo sono esauste, scioccate e con il mal di mare». Il ministro Salvini ribatte: «Problemi loro. A giorni ci saranno novità sul ruolo delle ong»

      «Dattilo, la nave della Guardia Costiera italiana che guida il nostro convoglio, ha deciso di cambiare rotta», twitta Sos Mediterranee, sottolineando che si tratta di una scelta dovuta al maltempo. «Aquarius proseguirà lungo la costa orientale della Sardegna — aggiunge la ong francese — per ripararsi dal maltempo altrimenti insopportabile per le persone a bordo, esauste, scioccate e con il mal di mare». Il ministro degli Interni Matteo Salvini, però, non cede: non ci sarà nessun attracco sulle coste sarde, Aquarius «arriverà in Spagna». Se le persone a bordo hanno problemi, «sono solo loro — afferma —. La nave prende a bordo sistematicamente 500 persone a tratta: ora ne hanno 100, un quinto di quelle che imbarcano di solito. Non è che adesso possano anche decidere dove cominciare e dove finire la crociera». «A giorni ci saranno novità sul ruolo delle ong», aggiunge. «Verranno messi i puntini sulle i, su chi fa cosa e su chi rispetta la legge e chi non la rispetta», ha aggiunto.

      La situazione sull’Aquarius

      Sull’Aquarius ci sono al momento 52 donne, 10 bambini e 45 uomini, tra cui alcuni trattati per sindrome da annegamento o con gravi ustioni da carburante e acqua salata; gli altri 523 profughi sono stati trasbordati sulle due unità navali italiane che la stanno scortando. Tutti i 629 migranti sono stati trasferiti per sicurezza all’interno delle tre imbarcazioni del convoglio: diversi di loro hanno accusato malori durante la notte per il «vento a 35 nodi e le onde alte 4 metri — comunicano i soccorritori —, abbiamo messo dei corrimano perché è difficile stare in piedi».

      Lo «schermo» alle onde

      Il percorso iniziale per il porto di Valencia prevedeva un passaggio a sud della Sardegna ma, considerato che l’apice della perturbazione è previsto sul lato occidentale, si vogliono utilizzare l’isola come «barriera» al maltempo; e tagliare le Bocche di Bonifacio, sotto la Corsica, per raggiungere quindi la Spagna. L’operazione è destinata ad allungare ulteriormente il viaggio verso la terra ferma della «nave della discordia», che ha innescato una crisi diplomatica tra Italia e Francia e un durissimo scambio di accuse con Malta, oltre all’accorato appello di Papa Francesco. L’approdo, meteo permettendo, potrebbe avvenire a questo punto domenica sera. «Abbiamo distribuito arance, barrette di cereali, cornetti e thè freddo forniti ieri dalla Guardia Costiera Italiana» rende noto il personale di Medici senza frontiere, che gestisce l’emergenza con Sos Mediterranee. Nel frattempo la zona di ricerca e soccorso resta sempre più scoperta e 12 cadaveri sono rimasti in mare». «L’identificazione del porto di sbarco è una decisione nazionale su cui l’Ue non ha competenza - afferma intanto la ministra degli Esteri europea, Federica Mogherini -, però viste le notizie sulle condizioni del mare» nella legge «c’è una chiara indicazione» affinché venga fatto «ogni sforzo per limitare al minimo il tempo di permanenza sulla nave» degli immigrati; da ormai 5 giorni consecutivi in balìa del mare e delle polemiche politiche.

      Madrid prepara l’accoglienza

      Le autorità spagnole, dal canto loro, fanno sapere che esamineranno «caso per caso» la situazione dei 629 richiedenti asilo per decidere, con «colloqui individuali», quali trasferire nei centri di aiuto umanitario e quali nelle strutture di detenzione per stranieri; esattamente come avviene per gli extracomunitari che arrivano attraverso i barconi o le enclavi marocchine di Ceuta e Melilla. Il governo iberico sostiene di essersi comportato semplicemente «come obbliga la Costituzione rispetto ai trattati internazionali e europei». Lo sbarco dei migranti avverrà comunque in maniera scaglionata e lontano dagli occhi dei media.

      https://www.corriere.it/cronache/18_giugno_14/odissea-aquarius-nave-cambia-rotta-la-sardegna-24e4bd94-6fb4-11e8-b9b6-434f

    • Francia prenderà parte migranti Aquarius

      La vicepremier spagnola Carmen Calvo ha annunciato che la Francia collaborerà all’accoglienza dei migranti dell’Aquarius. Lo riporta La Vanguardia. Calvo, responsabile del coordinamento per l’accoglienza, ha accettato la proposta presentata dal governo francese, dopo una conversazione con l’ambasciatore francese in Spagna. Il presidente Pedro Sanchez, riferisce il quotidiano, ha ringraziato il presidente francese Emmanuel Macron, sottolineando che questa è la cooperazione «con cui l’Europa deve rispondere».

      http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2018/06/16/francia-prendera-parte-migranti-aquarius_53ace0c1-88b9-4511-b1ab-6ab072e084aa.h
      #France

    • Migranti, dirottare le Ong nei porti di bandiera farebbe solo danni

      L’esperto di diritto del mare e di asilo Paleologo a L43: «La proposta di Salvini? Così si rallenta l’obbligo di salvataggio». Il ministro può ridiscutere Dublino, ma «non sulla pelle dei naufraghi».

      Il rallentamento, in alcuni casi fino al blocco, della catena di salvataggio in acque maltesi e libiche, di norma attraverso il coordinamento del comando della guardia costiera italiana, per effetto della chiusura dei nostri porti alle navi delle Ong straniere nel Mediterrano ha contribuito a provocare 12 morti e altre decine di feriti al largo della Libia, in seguito all’’altolà del neo ministro dell’Interno Matteo Salvini alla See Watch 3, «pronta dopo la Aquarius a raccogliere il suo carico umano davanti a Tripoli». Altre decine, centinaia di morti si temono nelle settimane a venire.

      CAMBIARE DUBLINO. Con i respingimenti delle navi straniere, il leader della Lega si aspetta un cambio della prassi e in prospettiva del regolamento di Dublino sui richiedenti asilo: far attraccare le imbarcazioni di Ong battenti bandiera straniera nei luoghi d’origine e non più in Italia, come i mezzi delle Marine di altri Paesi. Peccato che la legge internazionale non possa dargli ragione, né ora né mai: «Guardando alle bandiere», spiega a L43 l’avvocato in prima linea nei soccorsi in mare, componente della Clinica legale per i diritti umani dell’Università di Palermo e consulente del team legale di Open Arms, Fulvio Vassallo Paleologo, «verrebbe meno il salvataggio internazionale, ossia la stessa legge del mare».

      DOMANDA. Salvini ha chiuso i porti alle navi delle Ong straniere che caricano a bordo migranti naufraghi e sottolinea che debbano attraccare nei porti dei loro Paesi e non in Italia. Giuridicamente ha un fondamento la sua rivendicazione?
      RISPOSTA. No, intanto un ministro non può stabilire regole che valgono esclusivamente per le navi delle Ong. Quando richiamano i luoghi di sbarco – da indicare dalle competenti autorità nazionali e nel nostro caso dal comando della guardia costiera di Roma – le convenzioni di diritto del mare non distinguono tra navi umanitarie, navi commerciali o militari.

      D. La See Watch 3, additata da Salvini e bloccata nelle operazione come la Aquarius, è una Ong tedesca ma batte bandiera olandese: dopo i salvataggi potrebbe per esempio rientrare nei porti anche in Olanda, in Germania, o per legge deve attraccare per forza in Italia?
      R. Il criterio dello Stato di bandiera è arbitrario e non garantisce una sollecita conclusione delle operazioni di soccorso in un porto sicuro, che non è necessariamente quello più vicino ma deve trovarsi nello Stato della centrale operativa della guardia costiera che coordina i soccorsi.

      D. Nel caso del trasbordo dei 629 migranti nelle acque tra Malta e l’Italia dell’Aquarius, il coordinamento era della guardia costiera italiana. E inoltre la Aquarius è una nave umanitaria di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere: Ong transeuropee o addirittura internazionali.
      R. Non a caso il criterio dello Stato di bandiera non è mai stato applicato in anni di soccorsi nel Mediterraneo perché è sussidiario. Non garantisce lo svolgimento rapido delle procedure di soccorso imposto dalle convenzioni internazionali. Seguirlo, come dice Salvini, segnerebbe la fine dell’obbligo di soccorso internazionale.

      D. La fine della legge universale del mare. Sempre legalmente, con i regolamenti europei e le norme internazionali attuali, si può chiedere alle navi per esempio della Marina francesi, inglesi e tedesche che salvano migranti nel Mediterraneo di dirigersi poi nei propri porti nazionali?
      R. Tutte le navi straniere delle operazioni Ue Frontex ed Eunavfor Med, ossia l’operazione militare Sofia, sono coordinate dalla centrale operativa della guardia costiera italiana, anche quando soccorrono nella zona di ricerca e salvataggio libica Sar, che in realtà esiste solo sulla carta. Di conseguenza devono sbarcare, come sbarcano, solo in porti italiani.

      D. Sulle responsabilità da redistribuire nelle acque territoriali dei Paesi membri dell’Ue, «e non solo all’Italia» ricorda sempre Salvini, la Francia se ne può lavare completamente le mani? La Spagna può fare di più? E Malta può essere pressata almeno dall’Ue a sottoscrivere le normative internazionali vigenti, per sgravare l’Italia anche dagli impegni nelle sue acque?
      R. A meno di una modifica sostanziale del regolamento Dublino, nessun Paese europeo può essere costretto a prendere a suo carico naufraghi soccorsi nelle zone di ricerca e salvataggio libiche o italiane. E il nuovo ministro dell’Interno non può imporre le modifiche con un ricatto sulla pelle di uomini, donne e bambini già duramente provati dalla sofferenza e dagli abusi subiti in Libia.

      D. La visione di Salvini può essere portata avanti politicamente al tavolo per cambiare il regolamento Dublino? È concepibile cioè un’Unione europea dove ogni mezzo di forze militari o Ong di Paesi membri impegnati nel Mediterraneo faccia riferimento, anziché all’Italia, al proprio Stato Ue specifico? Prendendosi a questo punto in carico anche la prima registrazione dei richiedenti asilo?
      R. L’odissea dell’Aquarius sta dimostrando che una redistribuzione dei naufraghi soccorsi in acque internazionali è possibile e lecita solo dopo il loro sbarco in un porto italiano, indicato dal comando centrale della guardia costiera. La scelta di sbarrare dei porti non aiuterà a cambiare il regolamento Dublino, specie se l’Italia farà fronte comune con l’Ungheria di Viktor Orban e l’Austria di Sebastian Kurz. Si avranno soltanto centinaia di morti in più, come conseguenza della cacciata delle Ong.

      https://www.lettera43.it/it/articoli/interviste/2018/06/17/migranti-soccorso-ong-straniere-salvini/221051

    • The Italian interior minister Matteo Salvini (Lega) has announced after negotiations with minister of infrastructure Danilo Toninelli (5 Stars), and the minister of defence Elisabetta Trenta (5 Stars) the retreat of the Italian rescue forces from the international waters of the central Mediterranean Sea. Instead, France, Spain, Greece, Malta, Libya, Tunisia, the EU with the Frontex-Themis operation and the NATO should take on the job. It is important to stress the following: this concerns the ‘death zone’ near the Libyan-Italian off-shore oil station in the central Mediterranean, where in the past three decades the most boat-people have drowned. Salvini’s plans are directed against the “radical crowd that wants to turn Italy into a refugee camp”. All the more important will it be to connect the activities of non-governmental rescuers in the Central Mediterranean with strategies of admit boat-people in Germany, France, and other EU member states.

      Salvini kündigt Abzug der Küstenwache aus internationalen Gewässern an
      Der italienische Innenminister Matteo Salvini (Lega) kündigt

      nach Beratung mit dem Infrastruktur-Minister Danilo Toninelli (5Stelle), und der Verteidigungsministerin Elisabetta Trenta (5Stelle) den Rückzug der italienischen Seenotrettung aus den internationalen Gewässern des zentralen Mittelmeers an. Stattdessen sollten Frankreich, Spanien, Griechenland, Malta, Libyen, Tunesien, die EU mit Frontex-Themis und die Nato diese Arbeit übernehmen.

      Hinzuweisen ist auf folgenden Hintergrund: Es geht um die Todeszone in der Nähe der libysch-italienischen Off-Shore-Petro-Förderanlagen im zentralen Mittelmeer, wo in den vergangenen drei Jahrzehnten die meisten Boat-people ertrunken sind. Salvini richtet dieses Abzugs-Vorhaben gegen die „radikale linke Schickeria, die Italien in ein Flüchtlingslager verwandeln will“.

      Um so dringlicher wird es, die Aktivität der NGO-Seenotrettung im zentralen Mittelmeer mit Strategien der Aufnahme von Bootsflüchtlingen in Deutschland, Frankreich und anderen EU-Ländern zu verbinden.

      http://ffm-online.org/2018/06/18/salvini-kuendigt-abzug-der-kuestenwache-aus-internationalen-gewaessern-a

    • Du « Saint-Louis » à l’« Aquarius » : 80 ans d’abomination envers les réfugiés

      Retour sur la pérégrination tragique du paquebot Saint-Louis, chargé de réfugiés juifs fuyant l’Allemagne nazie au printemps 1939, qui fut partout refoulé. Or voici que récidivent, sous nos yeux, la méprise et le mépris envers ceux qui migrent.

      Si cette histoire vous amuse,
      Nous allons la, la, la recommencer,
      Ohé ! Ohé !

      Ainsi s’achève – sans donc jamais se terminer – une comptine atroce (il y est question d’un mousse tiré à la courte paille échappant de peu à l’anthropophagie), qui semble saturer l’univers politique des adultes après avoir bercé leur enfance : Il était un petit navire. Le da capo suit son cours inexorable ; jusqu’à mimer le bégaiement de l’Histoire, maintenant et toujours.

      Navigation rime avec immigration et les Suisses opposèrent au flot des réfugiés de la Seconde Guerre mondiale une image impitoyable, dont le cinéaste helvète Markus Imhoof a fait un film : La barque est pleine (Das Boot ist voll). Le mot d’ordre apparaît plus que jamais d’actualité en cette fin de printemps 2018.

      Sous nos yeux se déroule l’errance d’un paquebot, dont le nom signifie en latin « qui se rapporte à l’eau » : Aquarius. Le sort réservé à ces migrants par une Europe absorbée dans sa graisse et dans ses ténèbres, rappelle la condition faite aux réfugiés du Saint-Louis par un monde sans lumières, opiniâtre et petit en tout à l’excès. C’était en 1939 : c’était hier et pourtant aujourd’hui.

      Nazifier les personnes et les événements relève certes du lieu commun, dénote une paresse de la pensée, tient du réflexe rhétorique pavlovien. Mais la concordance des temps s’avère parfois indéniable. À preuve, cet épisode du transatlantique allemand qui, le 13 mai 1939 – six mois après la Nuit de cristal –, laisse derrière lui le port de Hambourg dans un mugissement libérateur et des fumées de bon augure, avec à son bord quelque 900 juifs persuadés d’avoir échappé à la souricière hitlérienne.

      Le Saint-Louis fait route vers Cuba. Les voyageurs ont acheté à prix d’or des permis de débarquement : 500 dollars par passager (ce qui ferait aujourd’hui près de 9 000 dollars). Mais le président Federico Laredo Brú a signé entretemps son décret 937, qui invalide tous les engagements précédents de son pays. Ainsi prétend-il mettre fin à un trafic de visas ayant pris des proportions scandaleuses dans une île en crise.

      Le 27 mai, lorsque le paquebot entre dans le port de La Havane, interdiction lui est signifiée de s’approcher du quai, puis ordre lui est donné de regagner les eaux internationales. Surchauffée par l’extrême droite et ses journaux ayant soutenu la croisade de Francisco Franco en Espagne contre les rouges, la population cubaine manifeste (40 000 personnes dans les rues). Ne surtout pas laisser débarquer ces vecteurs du communisme – le messianisme juif étant lié à la révolution et donc à la dissolution de la société occidentale, selon un poncif politico-religieux de l’époque…

      Le navire se dirige alors vers la Floride, jette l’ancre au large de Miami. Attente angoissante. Rien n’y fait : l’Amérique isolationniste et le Département d’État antisémite auquel se fie encore le président Roosevelt, au pouvoir depuis plus de sept ans à Washington, se montrent inflexibles. Le souvenir et les effets de la Grande Dépression sont patents : 83 % des Américains s’opposent à l’allègement des quotas et restrictions de la loi sur l’immigration, selon un sondage du magazine Fortune.

      Les républicains ont réussi une percée lors des élections de mi-mandat, en novembre 1938. Pas question de céder à l’émotion, de créer un appel d’air en passant pour faible : l’Amérique renvoie l’encombrant vaisseau vers l’Europe. Les câbles adressés au président démocrate par certains passagers du Saint-Louis restent sans réponse.

      Gustav Schröder, capitaine au grand cœur du transatlantique, pour ne pas réexpédier ses passagers vers une mort certaine en Allemagne, a bien l’intention de mettre le feu à son navire au large des côtes britanniques, histoire de forcer le gouvernement de Londres à recueillir les passagers. Mais il apprend en mer que Morris Troper, directeur pour l’Europe du « Joint » (American Jewish Joint Distribution Committee), a obtenu – moyennant une caution de 500 000 dollars (près de 9 millions de dollars actuels) – que certaines nations démocratiques européennes, Pays-Bas, France, Grande-Bretagne et Belgique, accueillent la plupart des passagers.

      Après 40 jours et 40 nuits océaniques, le Saint-Louis débarque à Anvers sa cargaison humaine. Les rescapés rejoignent leur pays d’accueil. La guerre puis l’occupation nazie rattraperont certains d’entre eux. Des 288 personnes arrivées en Grande-Bretagne, toutes survécurent, sauf une qui fut tuée lors d’une attaque aérienne en 1940. Des 620 passagers sur le continent, 87 (14 %) purent émigrer avant l’invasion allemande de mai-juin 1940. 532 subirent la conquête nazie. 278 survécurent. 254 périrent, victimes de la Shoah (84 raflés en Belgique, 84 aux Pays-Bas et 86 en France).

      Les survivants se liguèrent après la guerre, pour venir en aide à l’ancien capitaine du Saint-Louis, Gustav Schröder, qui vivait dans la précarité en RFA. Le 11 mars 1993, Yad Vashem devait honorer la mémoire de ce marin allemand antinazi en lui accordant le titre de Juste parmi les nations.
      Scélérats d’État

      Quand montent les périls, des individus clairvoyants et volontaires se posent en vigies des libertés. Les Sentinelles, tel est le titre d’un beau roman tragique de Bruno Tessarech (Grasset, 2009), qui relate comment, à la fin des années 1930, les pseudo démocraties pactisent avec les dictateurs. Elles se vautrent, humainement, moralement et politiquement, face aux tyrans de rencontre : « Nous [les] supplions de résoudre le problème qu’ils ont eux-mêmes créé, manière de leur répéter, au cas où ils ne l’auraient pas encore compris, que nous leur laissons les mains libres », se désole un jeune diplomate français, héros imaginaire et pourtant si incarné de ce récit d’une marche à la guerre durant laquelle les supposés décideurs agissent en somnambules.

      Le livre s’ouvre sur la conférence internationale d’Évian en 1938, qui explique les tribulations tragiques du Saint-Louis l’année suivante. Les trente-deux pays réunis (le Reich nazi n’est pas invité, l’Urss de Staline ne s’y fait pas représenter) s’entendent pour fermer leurs portes et leurs ports aux juifs d’Allemagne. La Suisse estime en avoir assez fait depuis l’Anschluss et ses afflux de juifs autrichiens : Berne va jusqu’à réclamer à Berlin d’apposer la lettre « J », en rouge sur les passeports de ses ressortissants israélites, afin de les mieux repérer !

      Comble de cette époque désespérante : la République dominicaine du dictateur Trujillo s’avère le seul pays à souhaiter recevoir des réfugiés juifs allemands, afin de « blanchir » sa population ! Les victimes du racisme nazi refuseront la proposition raciste du despote des Antilles. Et la presse hitlérienne exulte à la suite de ce lâche fiasco d’Évian, au mois de juillet 1938 : « Juifs à vendre : même à bas prix, personne n’en veut ! » Le Führer se paie le luxe de faire la leçon à ses donneurs de leçon : « Une honte de voir les démocraties dégouliner de pitié pour le peuple juif et rester de marbre quand il s’agit de vraiment venir en aide aux Juifs ! »

      Tous les clignotants de la mémoire et de l’histoire sont au rouge, en 2018, quatre-vingts ans après la conférence d’Évian. Refuser les réfugiés tient lieu de politique commune aux États froids et veules, qui se satisfont des pertes humaines en temps de paix comme dans la guerre. Et tant de citoyens en âge de voter, perdus pour la raison, se fichent aujourd’hui du destin des musulmans comme ils se fichaient jadis du sort des juifs. Fortifiés par de telles masses électorales, les soi-disant responsables des prétendues démocraties se font scélérats d’État. Emmanuel Macron invite à ne « jamais céder à l’émotion ». Angela Merkel, qui passait pour l’ultime digue contre « l’orbanisation » de l’Europe, rend les armes face au premier ministre hongrois Viktor Orbán : « La Hongrie fait le travail pour nous », a-t-elle glissé dimanche 10 juin sur la chaîne de télévision publique allemande ARD.

      Comme à contre-courant, Justin Trudeau, le premier ministre du Canada, s’est repenti, le mois dernier, au sujet du refus de son pays d’accepter de recevoir les passagers errants du Saint-Louis en 1939 : « Ces excuses ne pourront pas ramener ceux dont la vie a été volée ni réparer les vies brisées par cette tragédie. Cependant, nous avons la responsabilité commune de reconnaître cette réalité difficile, d’en tirer des leçons, et de continuer à nous dresser contre l’antisémitisme tous les jours. C’est ainsi que nous donnerons un sens au vœu solennel : “Plus jamais.” »

      Faudra-t-il attendre 2098 pour que des regrets officiels se manifestent à Paris, Rome, Budapest, Londres ou Berlin, au sujet de la disgrâce européenne imposée en 2018 aux réfugiés de l’Aquarius ? Faudra-t-il qu’entretemps une calamité géopolitique – dont cet épisode aura été annonciateur – ait à nouveau ravagé les peuples et les consciences, pour que l’aveuglement laisse place à la solidarité ?

      Une chanson pour finir. Et pour comprendre à quel point nous avons régressé depuis une cinquantaine d’années. En 1967-1968, alors que l’Occident prônait l’ouverture, l’accueil, le brassage, la rencontre et l’hybridation dans le sillage de l’après-guerre et de la décolonisation, triomphait une comédie musicale : Hair. C’est désormais notre Atlantide. Aquarius était son titre phare. Aquarius, en anglais, signifie « verseau », la constellation du porteur d’eau, dont l’ère tant attendue devait advenir : « La paix guidera les planètes/ Et l’amour conduira les étoiles (Then peace will guide the planets/ And love will steer the stars). »

      Regardez, ci-dessous, dans le film de Miloš Forman (Hair, 1979), comment la diversité engendrait alors la richesse, au lieu de provoquer la suspicion. Écoutez ces paroles, aujourd’hui incroyables, annonçant « Harmonie et compréhension (Harmony and understanding), illumination séraphique (Angelic illumination) », avec cet hymne propre à un monde englouti : « Guidé par les forces cosmiques, prends soin de nous, ô verseau (Guided by the cosmic forces/ O care for us/ Aquarius). » C’était hier ; c’était il y a mille ans, hélas !…


      https://www.mediapart.fr/journal/international/150618/du-saint-louis-l-aquarius-80-ans-d-abomination-envers-les-refugies?onglet=

    • EU inaction over Mediterranean migrants is criminal

      Frederic Penard of SOS Mediterranee urges EU member states to adopt immediately an adequate and common response plan to the ongoing crisis in the Med

      The extraordinary support we have received from European civil society since we were first refused a port of safety for the 630 people who were stranded on the Aquarius shows that citizens are wiser than their leaders (Report, 13 June). By showing their attachment to human life and dignity first, they contrast with the European heads of state and governments for whom this intolerable journey should be a wake-up call. To those EU leaders who would like us gone, we repeat that, as a maritime and humanitarian organisation, our only aim is to save and preserve life according to the law of the sea; and to bear witness on behalf of civil society to the ongoing tragedy in the Mediterranean.

      To those who’ve been supportive, we are sincerely thankful. Nevertheless, we have to remind them that as EU member states, they are co-responsible for the situation in the Mediterranean. By contributing to the training and financing of the Libyan coastguard, they are consciously participating in interceptions of boats in distress, which not only result in people being sent back to the Libyan hell, but also gravely jeopardises safe, efficient and professional search and rescue activities in international waters. To those of them who have been indifferent to our repeated calls for more coordinated search and rescue capacity in the central Mediterranean and for a European response to the drama on our common shores, we say that time has come to wake up. We urge all EU states to adopt immediately an adequate and common response plan to this tragedy: a European rescue fleet must be deployed and a EU-shared policy must be found for the safe disembarkation of the rescued people in the nearest port of safety.

      Indifference has resulted in too many deaths; inaction is criminal. As long as there will be people risking their lives at sea, SOS Méditerranée will pursue its mission in the international waters at the doorstep of Europe to search, rescue and testify.
      Frédéric Penard
      Director of operations, SOS Méditerranée


      https://www.theguardian.com/world/2018/jun/17/eu-inaction-over-mediterranean-migrants-is-criminal?CMP=share_btn_tw

    • L’Italie ferme ses port(e)s

      Cette semaine, en effet, ça se passe beaucoup à Rome ! Nous avons tous entendu parler de l’interdiction faite au navire Aquarius de débarquer en Italie les près de 700 migrants secourus par son affréteur l’ONG SOS Méditerranée. Cette décision du gouvernement italien a été inspirée et incarnée par son ministre de l’Intérieur, le très télégénique chef du parti d’extrême-droite : la Ligue. Pas plus tard qu’hier, ce même Matteo Salvini en a rajouté une couche : aucun navire d’ONG n’accostera plus en Italie. Mais c’est fou ça !

      Pourquoi ? Car, qu’il y ait des ONG humanitaires ou qu’il n’y en ait pas, les personnes qui sont déterminées à traverser la Méditerranée pour rejoindre l’Europe le font. De plus, les navires des ONG sont équipés pour faire de l’humanitaire : sur l’Aquarius, il y a des vivres, des équipements médicaux, du personnel médical. Les cargos, les tankers, les chalutiers, lorsqu’ils se déroutent pour sauver les passagers d’une embarcation en détresse, eux, ne sont pas tout armés pour recueillir des personnes migrantes en train de couler.

      Mardi dernier, quelque-part au milieu de la mer Méditerranée. Un navire de la sixième flotte de la marine américaine, l’USS Trenton, se porte au secours de 40 naufragés. Malheureusement, précise le communiqué du 14 juin, concentré sur ce sauvetage, l’équipage n’a pu repêcher les douze cadavres qui flottaient au milieu des vivants. Ben oui : les navires militaires, jusqu’à preuve du contraire, ne sont équipés ni d’hôpital ambulant, ni de cellule de soutien, et encore moins de chambre froide. C’est important, pourtant, de donner au corps une sépulture, et d’identifier les morts.

      Salvini et le gouvernement populiste italien s’en prennent aux ONG. Vont-ils aussi interdire l’accostage dans leurs ports des navires militaires de l’Otan ? De leur propres gardes-côtes ? Vont-ils tomber sur la tête au point de se soustraire aux obligations du droit de la mer qui les oblige, en tant qu’Etat, à porter secours ?

      Avec Salvini, tout est possible... Ce gouvernement, au pouvoir depuis moins d’un mois, a mis dans son programme qu’il expulserait d’Italie les centaines de milliers de ressortissants étrangers déboutés du droit d’asile ou sans permis de séjour. En attendant, ce gouvernement, dont le président, Giuseppe Conte, était reçu par Emmanuel Macron à Paris vendredi, s’en prend aux ONG. Et, contrairement à une autre partie très importante de la société italienne qui se mobilise pour accueillir les personnes migrantes, les électeurs qui ont voté pour les deux partis au pouvoir, la Ligue et le Mouvement Cinq Etoiles, applaudissent des deux mains. S’ils apprécient la dureté et le peu d’humanité de leur gouvernement, c’est non seulement car ils sont souvent en phase avec le caractère xénophobe du programme de ces deux partis, mais c’est aussi car ils en ont marre que, depuis plusieurs années, les autres pays de l’Union européenne, notamment la France qui cadenasse sa frontière avec l’Italie, les laissent seuls face à ces arrivées de personnes migrantes, qui plus est dans ces conditions tragiques.
      Un « axe » qui fait tourner les têtes

      Car il n’y a pas que les Romains, en fait : ils sont nombreux, les dirigeants Européens à être tombés sur la tête cette semaine ! Les ministres de l’intérieur de trois pays, Salvini pour l’Italie, Kickl pour l’Autriche, Seehofer pour l’Allemagne, ont ainsi appelé à la constitution d’un « axe de la volonté ». De la volonté de quoi ? De renvoyer manu militari à la frontière toute personne entrée sans papier sur leur territoire. Les renvoyer où alors ? Dans le pays frontalier qu’elles auraient traversé précédemment ? A la mer ? Le gouvernement autrichien, que dirige Sebastian Kurz chef de l’ÖVP de droite, en coalition avec le FPÖ d’extrême droite, a déjà proposé, la semaine précédente, avec Lars Lokke Rasmussen, son homologue danois, d’ouvrir des centres d’examens des demandes d’asile à l’extérieur de l’UE, pourquoi pas dans les Balkans occidentaux, et d’y amener les demandeurs d’asile. De cette façon, ceux qui seraient déboutés ne seraient déjà plus dans l’UE.

      Il y a donc une ligne de front le long de laquelle s’affrontent deux conceptions du territoire européen : l’hospitalité et la xénophobie. La seconde est maintenant au gouvernement en Italie, en Autriche, au Danemark, en Hongrie, en République tchèque, en Slovaquie, et en Pologne. En France et en Belgique, les politiques publiques mises en œuvre glissent petit à petit de l’hospitalité vers le rejet et la fermeture. Cette semaine, le gouvernement français n’a pas voulu accueillir l’Aquarius, soit disant pour ne pas céder au chantage de Matteo Salvini. Résultat, c’est l’Espagne du tout nouveau gouvernement socialiste de Pedro Sanchez, pourtant bien plus éloignée de la Sicile, qui a proposé un de ses havres à l’Aquarius. En Allemagne, le ministre de l’intérieur, issu du parti qui dirige la Bavière, s’oppose, comme on vient de le voir, à la politique d’hospitalité et d’intégration voulue par sa cheffe de gouvernement.

      Les Européens sont donc divisés entre eux, et cette division passe au sein de chaque état-membre de l’UE. Les chefs d’État et de gouvernement vont se réunir les 28 et 29 juin prochains : ils sont censés se mettre d’accord sur une politique de migration et d’asile européenne. Une de ces deux lignes l’emportera-t-elle ? Un compromis ou une synthèse est-elle possible ? L’UE va-t-elle se briser sur la politique migratoire ? Jusqu’à quel point marchons-nous, nous les Européens, sur la tête ?

      Défié par son propre ministre de l’Intérieur qui prône cet axe des pays européens volontaires pour refouler les migrants, la chancelière d’Allemagne, Angela Merkel et la Commission européenne se battent pour un « dispatching » équilibré des migrants dans tous les pays de l’UE au delà du pays par lequel ces personnes arrivent en Europe. Elles proposent de mettre en place une procédure européenne d’instruction des demandes d’asile, de façon à éviter que l’étude des dossiers incombent uniquement aux pays d’entrée. Au passage, gardons bien en tête le nombre de personnes concernées. Selon Eurostat, citée par Euractiv.fr, le nombre de demandes d’asile est passé en UE de 563 000 en 2014 à environ 1,2 million en 2015 et 2016, au plus fort de la crise. En 2017, 650 000 demandes enregistrées. Si l’Allemagne, qui a suspendu l’application du règlement de Dublin au plus fort de la crise, récupère toujours la majorité des demandes (31% de l’ensemble des demandes en UE), l’Italie (20%) et la Grèce (9%) sont respectivement à la deuxième et quatrième place en raison de leurs situations aux portes de la Méditerranée.
      Ce qui est en cause, c’est donc ce qu’on appelle la convention de Dublin sur l’asile dans l’UE. Les 26 états-membres de l’espace Schengen de libre circulation (dans cet espace, les individus passent d’un pays à l’autre avec une simple carte d’identité et sans obligation de la montrer à la frontière) ont décidé que toute demande d’asile devait forcément être instruite par le pays d’entrée. Deux façons de réformer cette procédure qui n’est plus adaptée se font face : soit, au mépris de l’État de droit et des conventions internationales, on refoule les entrants et on examine leur demande dans des camps extra-territoriaux. C’est ce qui correspond aux propositions des gouvernements où l’extrême-droite est maintenant au pouvoir.

      Cela prolongerait et amplifierait ce que l’UE appelle ses hotspots : des centres installés dans plusieurs pays voisins qui sont sur les routes qui mènent des pays en guerre ou en crise que fuient les migrants vers l’UE, centres vers lesquels ils sont dirigés et retenus par les gouvernement locaux, pour que les fonctionnaires européens y examinent les demandes d’asile. Cette politique consiste, de plus en plus, en une diplomatie du carnet de chèque de moins en moins soucieuse du droit d’asile et des conventions de Genève réputées protéger les personnes en danger. Depuis 2015, la Turquie a ainsi coupé la route à des centaines de milliers de syriens fuyant la guerre civile ; elle les héberge dans des camps humanitaires financés par l’UE. L’Italie et l’UE ont passé des accords de même type avec la Libye pour les personnes fuyant la guerre au Soudan ou en Somalie, notamment. Mais, en Libye, ces personnes vivent un véritable enfer... pour partie financé par les accords avec l’UE.
      Vers un « axe de l’hospitalité » ?

      Les institutions de l’UE prévoient ce qui s’appelle des coopérations renforcées : un groupe de pays membre de l’UE peut mettre en œuvre une politique publique européenne si les autres ne s’y opposent pas. On pourrait imaginer que les pays hospitaliers refusent les propositions des pays actuellement gouvernés par l’extrême-droite de renvoi et d’externalisation ; et qu’ils obtiennent que les gouvernements xénophobes de ces pays ne s’opposent pas aux propositions de mutualisation de l’asile par les gouvernements des pays hospitaliers.

      Ceci ne serait pourtant que du court terme. À long terme, il s’agit de changer de discours et de regard sur la réalité migratoire. Il s’agit d’arrêter de marcher sur la tête, et de retomber sur nos pieds. Et là, cette semaine, ça se passe à Bilbao. Dans la capitale du pays basque espagnol qui est aussi une des plus belles villes d’Espagne, un allemand, Rainer Haas, s’est levé et a dit : « L’Union européenne doit adopter une législation unique sur les migrations ». Mais qui est Rainer Haas ? Il n’est que co-président du Conseil des communes et régions d’Europe (CCRE) et président du Comté de Ludwigsbourg (Allemagne). C’était mercredi dernier, en clôture de la conférence « Égalité, Diversité et Inclusion » organisée par le CCRE.

      Ce conseil regroupe toutes les collectivités locales d’Europe. Il n’a certes pas de pouvoir ni de souveraineté. Mais enfin, sur le terrain, c’est dans les collectivités territoriales que ça se passe. Rainer Haas a souligné l’impact positif de l’intégration des réfugiés et des demandeurs d’asile sur l’économie locale et régionale. « Actuellement, rapporte Euractiv.fr, notre taux de chômage dans la région oscille autour de 3 %, ce qui signifie le plein emploi. C’est le taux de chômage le plus bas depuis de très nombreuses années. ». Sa ville de Ludwigsbourg a intégré 11 000 réfugiés, soit l’équivalent de 2 % de la population locale.

      C’est la fermeture des voies d’accès légales à la migration vers l’Europe qui est à l’origine des trafics de passeurs et des morts en Méditerranée, ce n’est pas le projet migratoire lui même ! Au contraire, ces tragédies et ces crispations prouvent par l’absurde et de façon inhumaine et bien peu urbaine, que rien, même le risque de mourir, n’entame la détermination du petit nombre de personnes qui sont résolues à venir en Europe. Alors que les économistes, les démographes et les employeurs expliquent que l’Europe a rationnellement besoin de la venue de personnes migrantes, on pourrait peut-être mobiliser nos intelligences collectives et les formidables ressources de nos administrations si développées et si ingénieuses pour valoriser ces énergies, cette motivation, ces qualifications... avec lesquels ces candidats à des papiers européens font corps : le leur ! On pourrait peut-être trouver d’autre mode de sélection que la traversée de la Méditerranée au péril de sa vie, non ? Seuls les survivants auraient droit, et encore, à un permis de séjour ?

      Si donner des permis de séjour fait si peur à certains, on pourrait inventer des permis de circuler entre plusieurs pays. La France empêche les demandeurs d’asile de travailler, dans l’espoir de paraître une terre inhospitalière. L’Allemagne au contraire autorise les demandeurs d’asile à travailler peu de temps après le dépôt de la demande, de façon à ce que les gens se sentent bien et utiles le plus vite possible, et mènent une vie normale.... Il n’est pas surprenant qu’elle soit devenue une destination souhaitée par beaucoup.

      A Bilbao, Bart Sommers, maire de Malines en Belgique, a souligné l’impact positif de l’intégration des migrants. « Nous avons 138 nationalités différentes et nous avons plus de musulmans dans notre ville que la Hongrie et la Slovaquie réunies. » "Peut-être que Monsieur Orbán, [premier ministre hongrois depuis 2010 dont l’idéologie illibérale est très anti migrants], pourrait nous rendre visite", a-t-il ajouté.

      Mais ils sont fous ces Européens !


      https://www.explicite.info/articles/1003-leuroscope-de-la-semaine

      #aquarelle #dessins

    • La Spagna accoglie l’Aquarius, ma l’azione delle ong si restringe

      Il sole è già alto nel cielo e l’aria è ferma, il rumore dell’elicottero della polizia spagnola a bassa quota non dà tregua. Dopo otto giorni in mare e 1.300 chilometri percorsi in condizioni non sempre favorevoli per la navigazione, alle 10.25 del 17 giugno la nave umanitaria Aquarius appare all’orizzonte ed entra nel porto di Valencia, scortata da un’imbarcazione della guardia civil, da una della guardia costiera e dalle lance dell’ong Proactiva Open Arms.

      Aquarius sfila con il suo scafo arancione davanti alle televisioni di tutto il mondo schierate sul molo, mentre dal ponte i naufraghi intonano un canto. Sulla banchina gli operatori che aspettavano l’attracco dalle prime luci dell’alba si lasciano andare a un applauso. I medici e gli operatori sanitari spagnoli sono i primi a salire a bordo della nave diventata il simbolo della chiusura verso i migranti del nuovo governo italiano e della crisi politica che rischia di mandare in pezzi l’intera Unione europea.

      Circa un’ora dopo, le 106 persone soccorse al largo della Libia scendono dalla scaletta, tra loro undici bambini e sette donne incinte. L’ultimo a lasciare la nave è Reward, un ragazzo nigeriano, che scherza con i soccorritori. Per salutarlo uno degli operatori prende un’armonica e si mette a suonare. Dopo lunghi giorni di tensione, esplode la gioia. Un agente della guardia civil spagnola schierata allo sbarco non riesce a trattenere il sorriso. “Il momento più difficile è stato quando abbiamo dovuto spiegare ai migranti quello che stava succedendo”, ricorda Alessandro Porro, soccorritore di Sos Méditerranée e operatore della Croce rossa, originario di Asti, in Piemonte. “I migranti temevano di essere rimandati in Libia”.

      La rotta spagnola
      Alle 13.30 attracca la nave Orione della marina militare italiana, nave Dattilo della guardia costiera era sbarcata all’alba. Tutti i 630 migranti respinti il 10 giugno dall’Italia sono finalmente arrivati in un porto sicuro. Più di cento sono portati in ospedale, ma solo sei sono ricoverati. Le operazioni di sbarco vanno avanti per tutto il giorno e si concludono verso le 19.30, quando le autorità spagnole definiscono Valencia “capitale europea della solidarietà” e si dichiarano soddisfatte della buona riuscita del piano di emergenza che hanno chiamato “speranza nel Mediterraneo”.

      “Siamo contenti che questa inutile Odissea sia finita”, commenta la portavoce di Sos Méditerranée Mathilde Auvillain subito dopo lo sbarco dell’Aquarius. “L’accoglienza da parte degli spagnoli è stata molto umana, sono stati condotti prima i controlli medici e poi le identificazioni da parte della polizia”, continua. Il comune di Valencia ha preparato un’accoglienza imponente con la partecipazione di più di 2.300 operatori e funzionari, tra cui 800 volontari della Croce rossa. “Un aspetto che mi sembra molto positivo è il fatto che siano stati coinvolti circa 400 mediatori culturali e questo permetterà ai profughi di essere seguiti con attenzione durante le procedure di registrazione e di identificazione, fondamentali per la richiesta di asilo”, conclude. I migranti riceveranno un permesso umanitario valido per 45 giorni poi dovranno accedere alla procedure di richiesta di asilo ordinaria.

      Ma non tutti condividono la speranza che le sofferenze e gli ostacoli per queste persone siano terminati. Una parte dei migranti appena arrivati sarà trasferita in Francia, perché il governo di Emmanuel Macron ha comunicato la sua disponibilità, ma non vengono diffusi troppi dettagli su questa opzione. Mentre in particolare i migranti di origine algerina e marocchina rischiano di essere rimpatriati. Durante lo sbarco nel porto di Valencia, un gruppo di attivisti protesta davanti alla sala stampa.

      “Nessuno è illegale”, gridano. Denunciano le politiche di respingimento della Spagna nei confronti dei migranti nelle enclave di Ceuta e Melilla in Nordafrica e chiedono la chiusura dei centri di detenzione per il rimpatrio nella penisola iberica. “Molti dei migranti appena arrivati sono algerini e marocchini e dopo questo lungo calvario durato giorni in mare, ora rischiano di finire in un centro di detenzione per 60 giorni”, afferma Iñigo, un attivista della Campagna per la chiusura dei Centri di detenzione (Cie) mentre arrotola lo striscione con la scritta “No Cie” per tornarsene a casa dopo il sit in.

      La Spagna è il paese europeo con più immigrati in relazione alla popolazione (il 10 per cento) e il secondo paese dopo la Germania in termini assoluti con 6 milioni di immigrati. Ma è anche uno dei primi stati europei ad aver investito sulla militarizzazione della frontiera, tanto che le recinzioni di Ceuta e Melilla, costruite negli anni novanta, sono diventate il simbolo della cosiddetta Fortezza Europa.

      Negli ultimi due anni però la Spagna ha registrato a un nuovo aumento degli arrivi via mare in particolare dall’Algeria e dal Marocco. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) nei primi sei mesi del 2018, in Spagna sono arrivati più di 14mila migranti, il 50 per cento in più di quelli arrivati nello stesso periodo del 2017, ma più o meno in linea con il numero di persone arrivate in Italia nei primi sei mesi del 2018 attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. Solo nel finesettimana appena trascorso, la guardia costiera spagnola ha soccorso 1.290 persone nello stretto di Gibilterra e al largo delle isole Canarie. Nelle operazioni sono stati recuperati quattro cadaveri e 43 persone risultano disperse. I numeri della rotta spagnola sono destinati ad aumentare, secondo Frontex, ma nonostante questo, anche la Spagna è stata accusata dal governo italiano di non “fare la sua parte” sull’immigrazione.

      Un punto di non ritorno?
      Qualche ora dopo l’arrivo a Valencia, il coordinatore delle operazioni della nave Aquarius di Sos Méditerranée Nicola Stalla confessa tutto il suo sconcerto per l’esperienza appena vissuta. Originario di Alassio, in Liguria, e con una lunga esperienza alle spalle da coordinatore della missione, Stalla non avrebbe mai pensato che la Centrale operativa della guardia costiera di Roma avrebbe potuto ordinare alla nave Aquarius di attraccare a Malta, dopo aver coordinato i drammatici soccorsi di sabato notte.

      “Domenica sera ci siamo resi conto che quella decisione da parte di Roma ci avrebbe messo in una condizione di stallo pericolosa”, afferma. “Il nostro timore era quello di esaurire i viveri nel giro di poche ore, mentre Italia e Malta si rimpallavano le responsabilità”, racconta. Per Stalla la lunga traversata dell’Aquarius è la dimostrazione che i porti spagnoli e francesi non possano essere considerati un’alternativa valida a quelli italiani per i migranti soccorsi al largo della Libia.

      Il coordinatore della missione definisce “inumano e irrealistico” pensare che i migranti debbano essere sbarcati in Spagna o in Francia. “I giornalisti che erano a bordo hanno documentato cosa significhi sottoporre queste persone così vulnerabili a un viaggio lungo attraverso il Mediterraneo, un mare tutt’altro che facile per una nave sovraccarica in certe condizioni del meteo”.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/06/17/aquarius-valencia-ong

    • @stesummi fait, dans cet article, un lien entre ce qui se passe en Méditerranée, la fermeture des ports, et les discussions sur la réforme du #règlement_Dublin...

      Riformare Dublino ? Campa cavallo

      Nonostante la portata simbolica, giuridica e umana della chiusura dei porti a diverse navi di ONG, Matteo Salvini riuscirà difficilmente ad imporre ai paesi europei una maggior solidarietà nei confronti dell’Italia, ritengono diversi esperti. Il caso Aquarius ha reso ancor più evidente la frattura in seno all’Unione e l’incapacità dei paesi membri di trovare una risposta comune alla sfida del secolo.

      https://www.tvsvizzera.it/tvs/vicenda-aquarius_riformare-dublino--campa-cavallo/44198368
      #Dublin_IV #Dublin

    • Aquarius, una nave ostaggio della politica

      Concesso: l’Italia non può essere lasciata sola dall’Unione Europea a gestire il flusso di immigranti che attraversano il Mediterraneo partendo dall’Africa. Così come non può essere lasciata sola la Grecia, che ospita centinaia di migliaia di persone che la raggiunsero dalla Turchia due anni fa. Su questa sfida si misura la statura morale e politica dell’idea di comunità europea. Che per ora appare bassa. Ma la decisione del ministro degli interni italiano Matteo Salvini di chiudere i porti italiani alla nave Aquarius della ong italo-franco-tedesca Sos Mediterranée con 629 persone a bordo (dando così prova di essere il vero capo del governo, visto che la competenza spettava in realtà ad un altro ministero) è una brutta notizia per chi ha a cuore il diritto e l’impegno umanitario.

      La decisione del governo italiano è un atto illegale, contravviene alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (ratificata dall’Italia nel 1989), la quale impone non solo il salvataggio in mare ma anche il trasferimento in luogo sicuro. Ed essendo stata la Aquarius incaricata dalla guardia costiera di Roma di portare in salvo le 629 persone, raccolte in diverse operazioni al largo della Libia, la chiusura dei porti ordinata da Salvini risulta ancora più assurda, tanto più che i porti restano aperti alle navi militari italiane, una delle quali ha portato oltre 900 migranti a Catania.

      Evidentemente il ministro degli interni e capo della Lega voleva mandare un segnale «forte» anche alle ong che in questi anni si sono prodigate per salvare più vite possibile sul Mediterraneo (essendo le forze messe in piedi dall’Unione europea insufficienti), da lui accusate di favorire l’immigrazione clandestina e di fare affari con i passatori. Ma il messaggio più forte è rivolto all’Unione Europea, che non riesce a riformare l’accordo di Dublino sul primo asilo e mettere d’accordo i suoi Stati membri sulla redistribuzione dei profughi, di cui si fa attualmente carico soprattutto l’Europa meridionale. Una redistribuzione cui si oppongono in particolare gli Stati del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Cechia e Slovacchia), con l’appoggio dell’Austria, con cui Salvini si sente maggiormente in sintonia.

      Ma è questa la strada per far crescere la solidarietà all’interno dell’Ue? O non è piuttosto un tentativo di minarla dall’interno, scatenando una litigiosità su un tema altamente delicato? Se il presidente francese Macron non è la persona più indicata per dare del «cinico» a Salvini (visto che il suo paese ha più volte chiuso le frontiere ai migranti che volevano raggiungerla dall’Italia), quale altro titolo può essere assegnato ad un ministro che gioca sulla pelle di centinaia di persone per raggiungere i suoi scopi politici ed elettorali?

      http://www.azione.ch/editoriale/dettaglio/articolo/aquarius-una-nave-ostaggio-della-politica.html

    • [L’intervista] #De_Falco, il comandante dei Cinque Stelle: “Salvini si rassegni: i naufraghi in mare vanno salvati”

      Parla l’ufficiale di Marina #Gregorio_De_Falco che la notte del 13 gennaio 2012 ordinò al capitano Schettino della Cosa Concordia di “tornare subito a bordo”. Il senatore 5 Stelle ricorda al ministro dell’Interno che il governo è “un organo collegiale”. Ma riconosce al segretario della Lega di aver ragione su Malta: “Non può continuare a sottrarsi”. Da sue ricerche la nave della Ong Lifeline è olandese. Insensato parlare di “blocco navale”. E assurdo ipotizzare di arretrare le navi rispetto alla zona dei salvataggi. “Le Capitanerie non lo faranno…

      http://notizie.tiscali.it/politica/articoli/intervista-de-falco-fusani

      v. anche:
      L’ex M5s De Falco: «Salverò i migranti. La legge del mare è superiore a quella di Salvini» - L’intervista
      https://www.open.online/primo-piano/2019/04/06/news/de_falco_intervista-187159

    • Corsica offers to take migrant boat

      The speaker of Corsica’s regional parliament, Jean-Guy Talamoni, said Monday that the French island was ready to open its port to the Lifeline, the boat of German NGO Mission Lifeline with some 230 migrants on board. Italy and Malta have refused to let the boat dock on their territory, as has Spain, which accepted the Aquarius, another boat, earlier this month.

      https://euobserver.com/tickers/142192
      #Corse

    • Publié par Fulvio Vassallo sur FB, le 27.06.2018:

      La Lifeline sta attraccando a Malta. Tra poco Muscat -su ordine di Salvini- la sequestrera’.

      I servizi giornalistici confermano che si contesta al comandante, che verrà arrestato, il grave fatto di non avere obbedito agli ordini provenienti dalla Centrale Operativa della Guardia costiera italiana di consegnare i naufraghi alle motovedette libiche, se non portarli direttamente in un porto libico.

      Sotto processo chi ha rispettato le regole delle Convenzioni internazionali, legittimati gli ordini illegittimi di riconsegna ai libici. Ai libici dai quali fuggono persone vittime di abusi e violenze che Salvini definisce soltanto come «retorica». Ma per la Direzione Distrettuale antimafia e per il Tribunale di Ragusa la Libia non offre «porti sicuri di sbarco».

      Questa e’ la fine del diritto internazionale. Ma anche dello stato di diritto in Italia.

      https://www.facebook.com/fulvio.vassallo.3/posts/10156549963911926

    • Pubblicato da Fulvio Vassallo, il 27.06.2018, su FB:

      Provata la prassi adottata dalla Centrale operativa della Guardia Costiera italiana (IMrcc) di Roma che ha ordinato al comandante della Lifeline, prima di riconsegnare i migranti alle motovedette libiche e poi di dirigere direttamente su Tripoli, per una «rendition» dei naufraghi agli agenti delle unità antimmigrazione del governo Serraj. Si tratta di ordini illegittimi, mai impartiti prima, frutto delle direttive informali impartite da Salvini e Toninelli. Più mettono sotto accusa le Ong, piu’ aprono processi contro gli operatori umanitari, piu vengono fuori le magagne della Guardia costiera ( e della Marina) italiana. Siamo solo all’inizio. Verranno fuori tracciati, notam, mappe, registrazioni e testimonianze . Vedremo alla fine chi ha rispettato la legge e le convenzioni internazionali e chi le ha violate. Se da qualche parte esistono ancora giudici indipendenti, come i giudici di Palermo e di Ragusa che hanno scritto nelle loro sentenze che in Libia non esistono «porti sicuri di sbarco».

      https://www.facebook.com/fulvio.vassallo.3/videos/10156550134361926

    • Una zona SAR per la “Libia” che non esiste. Si perfeziona la politica dell’annientamento.

      Sull’onda dei successi delle manovre di criminalizzazione delle ONG avviate lo scorso anno durante il governo Gentiloni-Minniti, dopo le operazioni di “soccorso” in acque internazionali delegate ai guardiacoste di Tripoli, giunge la notizia che l’IMO (Organizzazione delle Nazioni Unite per la navigazione matrittima internazionale) avrebbe inserito nei suoi data base una zona SAR “libica” con la indicazione di una Centrale operativa di coordinamento.

      https://www.a-dif.org/2018/06/28/una-zona-sar-per-la-libia-che-non-esiste-si-perfeziona-la-politica-dellannien

    • La Libia ha dichiarato la sua zona SAR: lo conferma l’IMO

      Tripoli definisce una propria area di ricerca e soccorso riconosciuta dall’Organizzazione Marittima Internazionale. Una svolta che complica ulteriormente la situazione, rendendo ancora più incerto il futuro di chi è intrappolato in Libia e il ruolo delle navi umanitarie. Diverse le domande, prima tra tutte: come si può affidare la responsabilità del soccorso a un Paese che non può essere considerato “Place of Safety”?

      http://www.vita.it/it/article/2018/06/28/la-libia-ha-dichiarato-la-sua-zona-sar-lo-conferma-limo/147392
      #SAR #Libye #it_has_begun #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #zone_SAR

    • Colau ofrece Barcelona como “puerto seguro” para acoger migrantes a la deriva

      La alcaldesa de la capital catalana apela directamente al presidente Pedro Sánchez y la vicepresidenta Carmen Calvo para ayudar a la oenegé Open Arms “a salvar vidas”

      http://www.lavanguardia.com/politica/20180624/45375909848/ada-colau-barcelona-puerto-seguro-migrantes-deriva.html
      #Barcelone

      #Berlin aussi a déclaré vouloir accueillir des demandeurs d’asile de la #Lifeline...
      Berlin will Flüchtlinge aufnehmen
      http://www.taz.de/!5516521

      –-> je vais mettre les infos concernant les villes qui se sont déclarées prêtes à accueil des migrants sur ce fil autour des #villes-refuge : https://seenthis.net/messages/656848

    • Les ONG ne sont pas les complices des passeurs

      Non seulement les opérations de secours en mer sauvent des personnes de la noyade, mais elles œuvrent à leur évacuation en situation de danger immédiat dans leur pays, rappelle MSF.

      La Méditerranée est devenue depuis trois semaines l’arène au sein de laquelle les Etats européens s’adonnent à des jeux politiques sordides aux dépens de la vie de milliers de personnes et mettent en scène la fermeture de leur territoire. Dernier épisode en date, le 26 juin, commentant l’opération de sauvetage du Lifeline, un navire d’une organisation non gouvernementale et son débarquement accordé in extremis par Malte, le président Emmanuel Macron l’accuse d’être « intervenue en contravention de toutes les règles et des garde-côtes libyens » et ainsi d’avoir « fait le jeu des passeurs ». Poursuivant, il regrette qu’« au nom de l’humanitaire », il puisse n’y avoir « plus aucun contrôle ».

      Ainsi, c’est l’ensemble des organisations humanitaires de secours en mer qui se retrouvent qualifiées de complice des trafiquants. Une accusation aussi absurde qu’inacceptable. Les ONG n’agissent en mer que sur instruction du centre de coordination des secours maritimes italien. Emmanuel Macron oublie également, à l’instar de ses homologues européens, que les opérations non-gouvernementales ne secourent qu’une minorité de celles et ceux qui sont sauvés en mer, la plupart l’étant par les garde-côtes italiens et des navires marchands. Plutôt qu’encourager les migrants à prendre la mer dans des conditions périlleuses, nous disent les responsables européens, il s’agit de confier la responsabilité du sauvetage aux garde-côtes libyens, ainsi que celui de la surveillance des côtes pour empêcher les départs. Comme s’en félicite le porte-parole du gouvernement Benjamin Griveaux, « grâce à un investissement que la France et l’Union européenne auprès des autorités libyennes », le rythme des traversées a considérablement ralenti.

      Ce résultat a été obtenu au prix de mesures révoltantes. Car les Européens dans leur ensemble, et la France et l’Italie au premier chef, encouragent l’interception en mer, le refoulement et le maintien en Libye de milliers de personnes qui y ont enduré des mois, et même pour certains des années, de privations, d’extorsion, de torture et d’esclavage. Personne n’ignore plus en effet ces sévices depuis la publication de nombreux rapports, dont ceux issus de notre travail dans le pays, en Libye ainsi que la diffusion CNN de la vidéo d’un marché aux esclaves en octobre dernier. Le président Macron n’hésitait pas lui-même à qualifier de « crimes contre l’Humanité » les faits d’esclavage en Libye en novembre dernier.

      Depuis le début de l’année 2018, ils sont déjà plus de 10 000 à avoir été interceptés et refoulés par les « garde-côtes libyens », bannière regroupant des groupes disparates de militaires et milices en armes. Des garde-côtes que l’Union européenne finance et forme, malgré la porosité de certains de ces groupes avec les trafiquants d’êtres humains comme cela a été largement démontré. Pour rappel, le Conseil de sécurité de l’ONU a sanctionné le 7 juin dernier six personnes, dont quatre Libyens, à la tête de réseaux de trafiquants : parmi eux, un des chefs des garde-côtes de la ville de Zawiya. Pourtant, par un tour de passe-passe tragique, la France se satisfait aujourd’hui, à l’instar de l’Italie, de sa coopération – de sa complicité ? – avec ces autorités aux contours flous et dont on sait qu’elles maltraitent les migrants et organisent elles-mêmes parfois leur passage.

      Une fois reconduites dans les centres de détention, les personnes interceptées seront pour la plupart soumises à un chantage de fait : rester enfermées dans ces cages fétides des mois encore ou bien se résoudre à intégrer le programme de « retours volontaires » dans leur pays d’origine organisé par l’Organisation internationale des migrations. Bien que certains d’entre eux accueillent ces propositions avec soulagement, d’autres ne s’y soumettent que pour échapper au pire. Quelques-uns finiront par bénéficier de la protection du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés, seront envoyés au Niger en attente d’une hypothétique relocalisation dans un pays européen. Mais leur nombre est terriblement faible – un peu moins de deux cents depuis la fin de l’année 2017 – au regard des dizaines de milliers de personnes reconnues demandeuses d’asile en Libye.

      A ce regard, rien ne fonctionne : il n’existe aucun système d’enregistrement digne de ce nom et les activités du HCR dans le pays sont extrêmement contraintes. Enfin, une partie des personnes interceptées se retrouve à nouveau plongée dans des réseaux de criminalité et enfermée dans des prisons sauvages, où elles sont torturées pour obtenir une rançon de leurs proches. Les migrants détenus en Libye aujourd’hui se trouvent d’ailleurs majoritairement dans ces lieux de captivité clandestins, soumis aux pratiques les plus barbares et parfois tués. MSF sait, pour jouer les fournisseurs de sacs à cadavre à une association locale au nord de la Libye, que ce sont des centaines de personnes qui disparaissent ainsi chaque mois.

      Dès lors, la fuite est pour ses personnes une nécessité bien plus qu’un choix. En ce sens, les opérations de secours en mer des ONG répondent autant à sauver les gens d’une noyade certaine que d’œuvrer à l’évacuation de personnes en situation de danger immédiat.

      L’alternative au secours en mer n’est pas, comme feignent de le croire Emmanuel Macron et Matteo Salvini, sa disparition, mais bien plutôt une capacité accrue pour faire sortir les migrants qui le souhaitent de cette situation où ils connaissent l’enfer, et cela sans que le recours aux passeurs soit leur unique possibilité : sortir d’une logique de détention, accorder toute sa place à la demande d’asile en prenant conscience que certains d’entre eux ne pourront être rapatriés, accélérer les processus de relocalisation dans les pays tiers, y compris en Europe. Que penserait Paul Ricoeur, dont se réclame notre président, d’un de ses disciples faisant de l’ambulancier le complice de l’agresseur ?

      http://www.liberation.fr/debats/2018/06/29/les-ong-ne-sont-pas-les-complices-des-passeurs_1662820

    • Migranti: Toninelli, divieto di attracco per la nave ong #Astral

      «In ragione della nota formale che mi giunge dal Ministero dell’Interno e che adduce motivi di ordine pubblico, dispongo il divieto di attracco nei porti italiani per la nave Ong Astral, in piena ottemperanza dell’articolo 83 del Codice della Navigazione». Lo dice in una nota il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/06/29/migranti-toninelli-divieto-di-attracco-per-la-nave-ong-astral-_d1b9ba19-7f42-44

      Commentaire de Marta Esperti sur FB:

      Decisione puramente politica, l’Astral non ha nessun migrante a bordo tra l’altro. Inoltre Astral è il nome della nave e non della ONG (#Proactiva_Open_Arms). Un’altra decisione meschina ed irregolare.

    • Updated (3): Another battle between Malta, Italy brewing on yet another ship with migrants

      Another battle of words is brewing between Malta and Italy on yet another group of migrants that has been rescued by a ship belonging to a non-governmental organisation.

      Italian Home Minister Matteo Salvini, on Twitter, wrote that Italy will not be accepting the ship with the migrants which, according to him, is closer to Malta.

      But, in a reply, Home Affairs Minister Michael Farrugia said that Lampedusa, which is Italian territory, is closer to the area where the SAR operation took place. The map shows that Lampedusa is 124.99 nautical miles away from the site, while Malta is 141.02 nautical miles away.


      http://www.independent.com.mt/articles/2018-06-30/local-news/Another-battle-between-Malta-Italy-brewing-on-yet-another-migrant-sh

    • "Avete fatto annegare 100 migranti". Open Arms accusa l’Italia

      La ong #Open_Arms accusa la Guardia costiera italiana e quella libica della morte dei migranti annegati in un naufragio al largo della Libia. «Ieri 100 persone sono morte nel naufragio di una barca di fronte alle coste della Libia», afferma la ong, che ha in queste ore nel Mediterraneo la nave Astral, a bordo della quale si trovano 59 migranti soccorsi oggi.

      Open Arms - prosegue il tweet dell’europarlamentare socialista spagnolo Javi Lopez, che si trova a bordo e che in un filmato si sofferma in un colloquio con Oscar Camps, fondatore della ong spagnola - «avrebbe potuto salvarle ma il suo appello è stato ignorato dalla Guardia costiera italiana e da quella libica».Il gommone naufragato tra ieri e giovedì scorso aveva a bordo almeno 120 migranti. Al naufragio sono sopravvissuti in 16. Tra i morti ci sono almeno tre bambini. «L’evento Sar avvenuto nella giornata di ieri e per il quale risultano dispersi circa 100 migranti è accaduto in acque territoriali libiche e non ha visto in alcun modo il coinvolgimento della Centrale operativa della Guardia costiera di Roma». E’ quanto precisa la stessa Guardia costiera in riferimento alla ricostruzione di Open Arms che ha accusato l’Italia.

      https://www.huffingtonpost.it/2018/06/30/avete-fatto-annegare-100-migranti-open-arms-accusa-litalia_a_23471711

    • Migrants rescue boat allowed to dock in Barcelona

      A Spanish rescue boat which plucked 60 migrants from a patched-up rubber dinghy in the Mediterranean Sea near Libya has been given permission to sail to Barcelona, following another political row between Italy and Malta over where the vessel should dock.

      The boat, Open Arms, run by Spanish aid group Proactiva Open Arms, said it rescued the migrants – including five women, a nine-year-old child and three teenagers – after it spotted a rubber boat patched with duct tape floating in the sea. All the migrants appeared in good health.

      Italy’s right-wing interior minister Matteo Salvini quickly declared that the rescue boat “can forget about arriving in an Italian port”, and claimed it should instead go to Malta, the nearest port.

      Malta swiftly pushed back, with its interior minister contending that the tiny Italian island of Lampedusa, south of Sicily, was closer to the boat.

      http://www.itv.com/news/2018-06-30/migrants-rescue-boat-allowed-to-dock-in-barcelona

    • Dopo l’allontanamento delle ONG è strage quotidiana sulla rotta del Mediterraneo centrale

      Nel giorno in cui il ministro dell’interno e vice-presidente del Consiglio rilancia da Pontida l’ennesimo attacco contro le ONG, che vedranno “solo in cartolina” i porti italiani, e mentre tre navi umanitarie sono bloccate nel porto de La Valletta, per decisione del governo maltese, nelle acque del Mediterraneo Centrale si continua a morire. Si continua a morire nell’indifferenza della maggior parte della popolazione italiana, schierata con chi ha promesso che, chiudendo i porti, e le vie di fuga, ai migranti da soccorrere in mare, le condizioni di vita degli italiani colpiti dalla crisi potranno migliorare. Una tragica illusione. Il vero pericolo per tutti oggi non viene dal mare, ma dalla costituzione di un fronte sovranista ed identitario europeo, che potrebbe cancellare lo stato di diritto e la democrazia rappresentativa. E allora non ci sarà più spazio nè per i diritti umani nè per i diritti sociali. i più forti imporranno le loro leggi ai più deboli.

      Questa volta nessuno potrà accusare le navi umanitarie, come hanno fatto fino a oggi direttori di giornali in Italia ed esponenti della sedicente Guardia costiera libica. Adesso i libici, in assenza delle navi umanitarie, sono costretti ad avvalersi delle navi commerciali in navigazione nelle loro acque, per operazioni di soccorso che da soli non sono in grado di garantire, salvo poi attaccare le ONG. Per le persone “soccorse” in mare da questi mezzi il destino è segnato, lo sbarco avviene a Tripoli, porto più vicino ma non “place of safety“, e dopo poche ore, per coloro che sono trasferiti dal centro di prima accoglienza al porto, ai vari centri di detenzione gestiti dalle milizie, il destino è segnato.

      Si ripetono intanto attacchi scomposti contro gli operatori umanitari, che rilanciano la macchina del fango che da oltre un anno si rivolge contro le ONG, accusate di tutti i possibili reati, per il solo fatto di salvare vite umane in mare. Si vogliono eliminare tutti i testimoni dell’Olocausto nel Mediterraneo. Senza un voto del Parlamento si è cercato di introdurre in via surrettizia il reato di solidarietà, in spregio al principio di legalità, affermato dalla Costituzione italiana.

      Questa striscia di morte, che si allunga giorno dopo giorno, con una cadenza mai vista prima, deriva direttamente dalla eliminazione delle navi umanitarie e dall’arretramento degli assetti militari italiani ed europei che in passato, anche se si verificavano gravi stragi, riuscivano tuttavia a garantire più solleciti interventi di soccorso. Il blocco di tre navi umanitarie a Malta, come il sequestro della Juventa lo scorso anno, potrebbero essere stati causa di una forte riduzione della capacità di soccorso in acque internazionali, tra la Libia e ‘Europa, una capacità di soccorso che gli stati non hanno voluto mantenere negli standards imposti dalle Convenzioni internazionali a ciascun paese responsabile di una zona SAR ( ricerca e soccorso). La presenza delle navi umanitarie è stata bollata come un fattore di attrazione delle partenze, se non come vera e propria complicità con i trafficanti, come ha ripetuto in più occasioni Salvini. Ne vediamo oggi le conseguenze mortali.

      Anche l’UNHCR ha espresso la sua preoccupazione per la diminuzione degli assetti navali in grado di operare interventi di soccorso nelle acque del Mediterraneo centrale. Secondo l’OIM negli ultimi tre giorni sono annegate oltre 200 persone, una serie di stragi ignorate dall’oipinione pubblica italiana e nascoste dai politici concentrati nel rinnovato attacco contro le ONG. La “banalità” della strage quotidiana in mare costituisce la cifra morale del governo Salvini-Di Maio. Con il sommarsi delle vittime, e l’allontanamento dei testimoni, si vuole produrre una totale assuefazione nella popolazione italiana. Per alimentare altro odio ed altra insicurezza, utili per le prossime scadenze elettorali.

      Nelle prime settimane di insediamento del nuovo governo, ed in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 28-29 giugno scorso, il ministero dell’interno ha disposto in modo informale la chiusura dei porti ed il divieto di ingresso nelle acque territoriali, per alcune imbarcazioni delle Organizzazioni non governative che avevano effettuato soccorsi nelle acque internazionali antistanti le coste libiche. Sono state anche ritardate le operazioni di sbarco di centinaia di persone, soccorse da unità militari ( come la nave americana Trenton), o commerciali ( come il cargo Alexander Maersk), che, solo dopo lunghi giorni di attesa, hanno potuto trasbordare i naufraghi che avevamo a bordo e proseguire per la loro rotta. In molti casi si sono trasferite le responsabilità di coordinamento dei soccorsi alle autorità libiche, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

      Le ultime vicende delle navi umanitarie Acquarius , Lifeline e Open Arms, dopo il sequestro, lo scorso anno, della nave Juventa, ancora bloccata a Trapani, hanno aperto una nuova fase di tensioni anche a livello internazionale, in particolare con il governo maltese e con le autorità spagnole. Il governo italiano ha chiuso i porti alle poche navi umanitarie ancora impegnate nelle attività di ricerca e salvataggio (SAR) sulla rotta del Mediterraneo centrale, mentre si è rilanciata la criminalizzazione delle Ong, e più in generale di chiunque rispetti il dovere di salvare vite umane in mare, malgrado importanti decisioni della magistratura (di Ragusa e di Palermo) riconoscessero come lecite, anzi doverose, le attività di soccorso umanitario delle stesse Ong sotto inchiesta.

      Da ultimo si è appreso che ci sarebbero motivi “di ordine pubblico” alla base della decisione del ministro dell’Interno Matteo Salvini di vietare l’accesso ai porti italiani alla Open Arms.
Questi motivi, stando a informazioni che non sono state formalizzate in un provvedimento notificato agli interessati, sarebbero costituiti dalle “vicende giudiziarie” in cui è stata coinvolta la nave delle Ong spagnola, dissequestrata con una sentenza del Gip poi confermata dal tribunale di Ragusa, e dalle “manifestazioni”(rischio proteste) che si sono verificate in occasione del sequestro preventivo alla quale era stata sottoposta nel porto di Pozzallo.

      Si configura così come problema di “ordine pubblico” il doveroso espletamento di una operazione SAR che si è svolta nel pieno rispetto della legge e del diritto internazionale, per legittimare un provvedimento, ancora segretato, forse una circolare probabilmente da redigere, del ministro Toninelli, che vieta l’ingresso alle navi delle Ong nelle acque territoriali e nei porti italiani .

      L’allontanamento delle ONG per effetto delle “chiusure” informali dei porti, e la istituzione unilaterale di una zona SAR libica, oltre al blocco imposto alle navi umanitarie dalle autorità maltesi, riducono la presenza dei mezzi di soccorso nel Mediterraneo centrale e hanno già comportato un aumento esponenziale delle vittime.

      La realizzazione del progetto italiano di istituire una zona SAR , completata con una forte pressione sull’IMO a Londra, sta producendo tutti i suoi effetti mortali, considerando che la Guardia costiera “libica” non può coprire tutte le azioni di soccorso che è chiamata ad operare (spesso da assetti italiani), avendo a disposizione soltanto sei motovedette. Si tratta di mezzi ceduti dai precedenti governi italiani, oggi abbastanza logorati malgrado siano stati curati nella manutenzione dai marinai delle unità italiane, di stanza nel porto di Tripoli, nell’ambito della missione NAURAS. Non si sa come e quando arriveranno in Libia le 12 motovedette promesse alla Guardia costiera di Tripoli da Salvini, che doveva fare approvare la sua proposta in Consiglio dei ministri, approvazione che ancora non c’e’ stata. Una iniziativa che potrebbe infuocare ancora di più lo scontro tra le milizie libiche per il controllo dei porti, e del traffico di gas e petrolio.
      La creazione fittizia di una zona SAR libica, che sembra sia stata notificata anche all’IMO, sta legittimando gli interventi più frequenti della Guardia costiera di Tripoli, che arrivano a minacciare anche gli operatori umanitari mentre sono impegnati negli interventi di soccorso in acque internazionali. Interventi di soccorso che sono sempre monitorati dalle autorità militari italiane ed europee, che però non intervengono con la stessa tempestività che permetteva in passato il salvataggio di migliaia di vite.

      Il cerchio si chiude. Adesso arriva anche il supporto europeo alla chiusura contro le ONG, anche se non si traduce in alcun atto dotato di forza normativa vinclante. Tutte le politiche europee sull’immigrazione, anche i respingimenti, avverranno “su base volontaria”. Ma le navi di Frontex ( e di Eunavfor Med) rimangono vincolate agli obblighi di soccorso previsti dai Regolamenti europei n.656 del 2014 e 1624 del 2016. Atti normativi, vincolanti anche per i ministri,che subordinano le azioni contro i trafficanti alla salvaguardia della vita delle vittime, non esternazioni di leader sull’orlo di una crisi di nervi alla fine di un Consiglio europeo estenuante ed inconcludente.

      L’illegalità di scelte politiche e militari che vanno contro il diritto internazionale viene giustificata con lo spauracchio di manifestazioni democratiche di protesta. Non e’ a rischio soltanto la libertà di manifestazione o il diritto a svolgere attività di assistenza e di soccorso umanitario. Il messaggio lanciato dal governo italiano, e ripreso dal governo maltese, è chiaro, riguarda tutti, non solo i migranti. E’ la strategia mortale della dissuasione, rivolta ai migranti ed agli operatori umanitari. Altro che “pacchia”. Per chi si trova costretto a fuggire dalla Libia, senza alternative sicure per salvare la vita, il rischio del naufragio si fa sempre più concreto. Anche se gli “sbarchi” sono drasticamente calati, rispetto allo scorso anno, è in forte aumento il numero delle vittime, morti e dispersi, abbandonati nelle acque del Mediterraneo.

      In questa situazione la magistratura italiana è chiamata a fare rispettare le regole dello stato di diritto e gli impegni assunti dall’Italia con la firma e la ratifica delle Convenzioni internazionali di diritto del mare. Ma è anche importante il contributo della società civile organizzata, delle associazioni, di tutto quel mondo del volontariato che in questi ultimi mesi è stato messo sotto accusa con lo slogan della “lotta al business dell’immigrazione”. Quando erano state proprio le Organizzazioni non governative a denunciare chi faceva affari sulla pelle dei migranti e chi ometteva i controlli, denunce fatte in Parlamento e nel lavoro quotidiano di tanti cittadini solidali. L’attacco contro il sistema di accoglienza è stato utilizzato per delegittimare e bloccare chi portava soccorso in mare, mentre gli stati venivano meno ai loro obblighi di salvataggio. Verranno dalla società civile europea e dagli operatori umanitari le denunce che inchioderanno i responsabili delle stragi per omissione.

      Rispetto alle richieste di soccorso, e persino rispetto alle istanze che si stanno proponendo per avere chiarite le basi normative e i contenuti dei provvedimenti amministrativi, sulla base dei quali si sta interdicendo l’ingresso nelle acque territoriali e nei porti italiani alle navi delle ONG, impegnate in attività SAR nelle acque internazionali a nord delle coste libiche, silenzi e ritardi. Si può riscontrare silenzio e ritardo nell’attività delle pubbliche amministrazioni riconducibili al Ministero delle infrastrutture ( quanto al divieto di ingresso) e dell’interno (quanto alle note di rilevazione ed alla dichiarazione di una situazione di pericolo per l’ordine pubblico). Le decisioni dei ministri, su materie così importanti che incidono sulla vita ( e sulla morte) delle persone, non possono essere comunicate sui social, con messaggi Twitter o attraverso Facebook.

      Se gli avvistamenti iniziali ed il coordinamento “di fatto” (come rilevato dalla magistratura) della Guardia costiera “libica” sono effettuati da parte di autorità militari italiane, in sinergia con gli assetti aero-navali europei delle missioni Themis di Frontex ed Eunavfor MED, le autorità italiane non possono dismettere la loro responsabilità di soccorso.

      In questi casi il ministero dell’interno italiano ha l’obbligo di indicare un porto sicuro (place of safety) di sbarco in Italia, dal momento che la Libia non offre porti sicuri, e che Malta ha negato in diverse occasioni l’attracco a navi commerciali o umanitarie, che avevano operato soccorsi nelle acque del Mediterraneo centrale.

      Contro la scelta di chiudere i porti e di interdire l’ingresso delle navi delle ONG nelle acque territoriali, tanto per sbarcare naufraghi soccorsi in alto mare, quanto per effettuare rifornimenti e cambi di equipaggio, occorre rilanciare una forte iniziativa sul piano sociale, politico e legale. Per affermare il diritto alla vita, un diritto incondizionato, che non può essere piegato a finalità politiche o giudiziarie. Per battere quell’ondata di disinformazione e di rancore sociale che sta disintegrando il tessuto umano della nostra Repubblica, e la stessa Unione Europea, indicando nei migranti e in chi li assiste la ragione di tutti i mali che affliggono i cittadini italiani. Come se si trattasse di nemici interni da eliminare. Di fronte a tutto questo, la resistenza è un dovere.

      https://www.a-dif.org/2018/07/01/dopo-lallontanamento-delle-ong-e-strage-quotidiana-sulla-rotta-del-mediterran

    • Migrants : pour les armateurs, secourir les naufragés est « un devoir absolu »

      Le devoir des navires est de porter assistance aux personnes en situation de détresse en mer, quelles que soient les circonstances, souligne le délégué général d’Armateurs de France Hervé Thomas, alors que l’Italie a bloqué pendant trois jours un cargo danois qui avait secouru des migrants.

      http://www.levif.be/actualite/international/migrants-pour-les-armateurs-secourir-les-naufrages-est-un-devoir-absolu/article-normal-860223.html
      #droit_de_la_mer

    • #Sea-Watch hindered from leaving port while people drown at sea

      +++ Current surge in death toll linked to crack down on sea rescue +++ Sea-Watch fully entitled with Dutch flag, investigations are political campaign against civil rescue fleet +++

      Sea-Watch learned today that its vessel is detained in Malta, without any legal grounds provided by authorities. Since the Sea-Watch 3 is not registered in the sportboat register, as is the case for LIFELINE and SEEFUCHS, but is listed in the royal shipping register as a Dutch seagoing vessel, fully entitled to fly the Dutch flag, the lack of permission to sail from Malta turns out not to be a registration issue, but a political campaign to stop civil rescue at sea.

      While rescue assets are blocked in port, recent days have become the deadliest this year. Yesterday, the UNHCR reported another 63 people missing, while on Friday more than 100 people had drowned, among them babies and children. At the moment there is no suitable rescue asset left in the area of operation, despite the fact that the Sea-Watch 3 is well equipped and ready to sail. Sea-Watch strongly urges the Maltese government to stop hindering rescue workers, as human lives are at acute risk.

      https://sea-watch.org/en/321

    • Terzo naufragio in quattro giorni. I governi uccidono ed i giudici processano la solidarietà.

      Oggi vogliamo soltanto fissare la sequenza dei fatti, le vicende di questa ultima strage, che rischia di essere cancellata dall’indifferenza generale, per restituire una lacrima ed un ricordo a quelli che potrebero essere nostri padri, madri, fratelli, sorelle, figli, nipoti. Che oggi, dopo questo ennesimo naufragio, saranno dispersi in qualche parte del Mediterraneo, senza che le loro famiglie possano avere almeno restituiti i cadaveri. Altre 114 vite cancellate dalle politiche di “lotta ai trafficanti” e di “difesa dei confini” che in Europa ed alle sue frontiere esterne stanno prevalendo persino sul diritto alla vita.

      https://www.a-dif.org/2018/07/02/terzo-naufragio-in-quattro-giorni-i-governi-uccidono-ed-i-giudici-processano-

      v. aussi:
      http://www.repubblica.it/esteri/2018/07/02/news/migranti_unhcr_nuovo_naufragio_in_libia_114_dispersi_in_mare-200669661
      https://www.corriere.it/cronache/18_luglio_02/migranti-altro-naufragio-l-agenzia-onu-ci-sono-114-dispersi-850cef22-7e26-1
      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/07/02/nuovo-naufragio-in-libia-114-dispersi_79f8cc8a-ea4b-42a9-8be5-19b6c31b0545.html

    • 16/06: Alarm Phone alerted to two boats in the Western Mediterranean – one person died during rescue operation

      Watch The Med Alarm Phone Investigations – 16th of June 2018
      Case name: 2018_06_16-WM264
      Situation: Alarm Phone alerted to two distress cases between Morocco and Spain, one traveller died during the rescue operation.
      Status of WTM Investigation: Concluded
      Place of Incident: Western Mediterranean Sea

      Summary of the Case: On Saturday the 16th of June, the Alarm Phone shift team was alerted to two boats in distress in the Western Mediterranean. Both boats were rescued by the Moroccan navy. However, one traveller drowned during the rescue operation of the second boat.

      At 12.48pm, the Alarm Phone shift team was alerted by a contact person to a boat in distress carrying 51 travellers, amongst them seven women. The boat had left the day before in the early evening from Nador. The contact person had not been able to reach the travellers since the previous evening, and we did also not manage to establish direct contact. At 1.13pm the contact person informed us that the travellers had been intercepted by the Moroccan navy.

      At 09.10pm, the Alarm Phone shift team was alerted by a contact person to a group of 11 travellers, who had left from a beach just south of Tangier two hours earlier. Via the contact person we received the position of the travellers, but from 10.25pm it was not possible for neither us nor the contact person to reach the travellers. At 10.45pm we called the Spanish search and rescue organisation Salvamento Maritimo (SM) and passed on our information. At 11.41 we managed to reach the travellers. They had been rescued by the Moroccan navy and were back in Morocco, but they informed us that one person had drowned. We learned via the contact person that the person had drowned during the rescue operation, and that the Moroccan navy had been unwilling to resuscitate him.
      Four days later we received a testimony from the group of travellers, explaining the events on the night that their friend lost his life. They explained that the Moroccan navy had come towards them, just as a Spanish helicopter had spotted them from above. The navy had approached them quickly, creating big waves which caused the boat to capsize. Most of the travellers managed to cling on to their rubber boat, which had flipped over. They explained how their friend was not able to grab hold of the boat, and how the navy made no effort to help him, but simply watched him drown. Afterwards they allowed the remaining distressed people onto their vessel, and brought them back to Morocco. We send all our condolences to the family and friends of the traveller who passed away, and want to once again point out that the Moroccan navy is not a rescue organisation, but first and foremost a military unit with border management as their main aim.

      http://www.watchthemed.net/index.php/reports/view/923

    • Malta blocks migrant search plane from operating in Mediterranean as EU toughens stance on refugee rescues

      Malta has blocked an aircraft used to search for migrant boats in the Mediterranean from operating out of the country, according to a migrant rescue group.

      Sea Watch, which runs the #Moonbird aircraft, condemned the move, accusing authorities of grounding the plane during the “deadliest days” in the Mediterranean since records began.

      The German NGO said the plane had been involved in the rescue of some 20,000 people since it began operating.


      https://www.independent.co.uk/news/world/europe/malta-blocks-moonbird-plane-mediterranean-refugee-crisis-ngo-sea-watc

    • Libya’s Authorities Rescue 41 Migrants after Shipwreck

      The Libyan Coast Guard rescued 41 migrants after the shipwreck of a pneumatic boat in which 63 other people, declared missing, were also traveling, today reported the government.

      The boat, which sank off the coast of Garabolli, 50 kilometers east of this capital, was carrying 104 people, a figure that can be deduced from the possible victims still to be found, according to the Navy spokesman, Colonel Major Ayoub Gassem.

      The 41 migrants who traveled as passengers survived because of their life vests, which allowed them to resist until they were rescued.

      Gassem lamented the limited resources of the Coast Guard, including only three operational vessels, often immobilized in the port due to lack of fuel, breakdowns and life jackets, in a country through which thousands of Africans try to reach Europe.

      That body of operations rescued only last June more than 4,000 migrants, a thousand of them in a single day.

      http://www.plenglish.com/index.php?o=rn&id=30585&SEO=libyas-authorities-rescue-41-migrants-after-s

    • Aquarius : les étudiantes rousseauistes de l’ULB livrent leur analyse

      En mai dernier, nous avons eu la chance de participer au Concours de procès simulé en droit international Charles-Rousseau, lequel abordait cette année la problématique des migrants interceptés en mer. Le cas pratique mettait en scène deux États mettant en cause la responsabilité d’un troisième État, le Takaramé, devant le Tribunal international du droit de la mer. Il lui était reproché d’avoir manqué à ses obligations en matière de droit de la mer, de droits de l’Homme et de droit des réfugiés. En effet, cet État, dont le port était le plus proche du navire, avait refusé l’accès à ce même port à un navire en situation de détresse à la suite du secours qu’il avait apporté à une centaine de migrants fuyant les persécutions subies dans leur pays d’origine. Ce cas fictif n’est évidemment pas sans rappeler les récents évènements en méditerranée. Pendant plusieurs jours, l’Italie et Malte se sont en effet renvoyées la responsabilité d’accueillir l’Aquarius, un navire ayant recueilli à son bord plusieurs centaines de migrants. Le 10 juin 2018, ce navire de l’ONG SOS Méditerranée avait secouru 629 migrants, parmi lesquels se trouvaient 123 mineurs isolés, 11 enfants en bas âge, et 7 femmes enceintes. L’Italie ayant refusé de les accueillir, le navire s’était retrouvé bloqué à 35 milles marins de l’Italie, et à 27 milles marins de Malte. L’ONG avait pourtant comme pratique, en raison d’un accord passé avec les autorités italiennes, d’accoster et de débarquer les personnes secourues dans les ports italiens. Il semblait donc logique que le navire débarque, comme à son habitude, ces personnes en Italie. Mais logique ne fait pas forcément droit. Il convient donc de s’interroger sur ce que dit le droit international quant au débarquement des migrants secourus en mer. Les conclusions qui suivent s’appuient sur les recherches que nous avons pu effectuer dans le cadre du Concours Charles-Rousseau.

      Dans la suite de la présente analyse, nous démontrerons d’abord que les Etats ne manquent pas de profiter des zones grises du droit de la mer pour oublier leurs obligations envers l’Aquarius. Ensuite, nous insisterons sur l’importance de l’obligation de respecter les droits de l’Homme en mer, qui apparaissait s’imposer tout particulièrement à l’Italie, mais également aux autre États, dans le cas présent.

      1. Les États côtiers de la méditerranée ont vite fait d’oublier les obligations que leur impose la Convention des Nations Unies sur le droit de la mer

      L’obligation pour les Etats de secourir les personnes en détresse en mer est une des plus anciennes règles coutumières en droit de la mer, et est désormais codifiée à l’article 98 de la Convention des Nations Unies sur le droit de la mer. Si ce dernier requiert des Etats qu’ils exigent des navires battant leur pavillon de se porter aussi vite que possible au secours des personnes en détresse en mer, il exige tout autant des États côtiers qu’ils facilitent la création et le fonctionnement d’un service permanent de recherche et de sauvetage adéquat et efficace pour assurer la sécurité maritime. Il nous semble dès lors important d’insister sur un premier point. Si les Conventions SAR et SOLAS précisent et mettent en œuvre cette obligation de coopération par la création de Régions de recherches et de sauvetage, elles ne font pas disparaitre l’obligation principale de coopération qui pèse sur tous les États côtiers. Nous nous étonnons dès lors d’entendre le président français, dont les côtes s’étendent sur plus de 1500km en méditerranée, dénoncer « l’irresponsabilité de l’Italie ». Les États ont beau jeu de se cacher derrière les obligations de l’Italie pour faire oublier les leurs.

      Quoi qu’il en soit, qu’en est-il plus précisément des obligations spécifiques de l’Italie et de Malte, États responsables de la Région de recherche et de sauvetage dans laquelle se trouvait l’Aquarius ? Si la Convention SAR a principalement pour objet de régler le déroulement des opérations de sauvetage et la coopération entre Etats, sa version initiale ne donne aucune indication sur l’endroit dans lequel les navires secourus devraient pouvoir débarquer. Les amendements de 2004 ont tenté, suite à l’affaire du Tampa en Australie, de combler cette lacune en imposant aux Etats de remettre les personnes en « lieu sûr ». Néanmoins, l’on se heurte à un premier problème en ce qui concerne Malte : elle n’a pas ratifié ces amendements, et ce, afin précisément de ne pas être soumise à l’obligation d’accueillir des navires en détresse tels que l’Aquarius. La République maltaise n’est dès lors tenue qu’à l’obligation de coopération en vue du sauvetage du navire et des personnes à son bord.

      Ensuite, en ce qui concerne l’obligation de remettre les personnes secourues en lieu sûr, inscrite à la Règle 33 (1-1) de la Convention SOLAS, ainsi qu’au paragraphe 3.1.9. de la Convention SAR dans sa version amendée, elle n’implique aucune obligation de débarquement sur le territoire de l’État responsable de la Région de recherche et de sauvetage. L’Organisation Maritime Internationale (ci-après l’OMI) définit un lieu sûr comme étant « un endroit où la vie des personnes secourues n’est plus menacée et où leurs besoins fondamentaux (tels que la nourriture, le logement et les besoins médicaux) peuvent être satisfaits ». Le navire ayant prêté assistance peut ainsi être considéré comme un lieu sûr. Néanmoins, un tel navire ne peut être qu’un lieu sûr temporaire, les besoins fondamentaux des quelques 600 personnes secourues ne pouvant être indéfiniment contentés à son bord.

      S’il n’est pas requis de l’Etat côtier qu’il accueille les personnes secourues sur son territoire, les Principes relatifs aux procédures administratives pour le débarquement des personnes secourues en mer de l’OMI précisent que l’État responsable de la Région de recherche et de sauvetage a l’obligation résiduelle d’autoriser le débarquement sur son propre territoire, lorsqu’il n’est pas possible ailleurs. Toutefois, ces principes sont dénués de force juridique, et n’engagent donc les États à aucune obligation véritablement contraignante.

      En l’espèce, l’Italie et Malte n’ont pas coopéré pour trouver un lieu sûr pour ces personnes, mais se sont contentés de refuser qu’elles débarquent sur leurs territoires. Si l’Espagne n’avait pas proposé d’accueillir ce navire, l’Aquarius serait toujours en haute mer sans solution. L’Italie n’était certes pas dans l’obligation d’accepter les personnes sur son territoire, mais elle ne pouvait se contenter de refuser ce navire sans tenter de coopérer avec les autres Etats côtiers. En espèce, c’est l’Espagne qui s’est proposée, palliant de fait les violations de l’Italie.

      On constate donc ici une volonté de l’Italie et de Malte de profiter des zones grises du droit de la mer, en jouant de l’ambiguïté de la notion de « lieu sûr » dans le cas de l’Italie, ou en limitant autant que faire se peut l’étendue de son obligation de secours et sauvetage dans le cas de Malte. Si l’Italie est à blâmer pour avoir totalement nié sa responsabilité envers l’Aquarius, il nous semble qu’elle n’est pas la seule à devoir l’être, l’Europe entière étant concernée par la situation en méditerranée. En faisant la sourde oreille à celle-ci, les États européens oublient toutefois leur obligation de coopération en matière de secours et sauvetage. Ils oublient également les obligations qui leurs incombent en vertu des instruments de protection des droits de la personne, comme nous allons maintenant l’évoquer.

      2. Les considérations élémentaires d’humanité imposaient aux États côtier de se proposer afin d’accueillir les migrants

      Les obligations relatives au droit de la mer ne sont pas les seules à entrer en jeu. Les Etats doivent en effet également respecter les considérations élémentaires d’humanité. Par cette expression, on entend l’ensemble des principes juridiques visant à la protection du respect de la dignité des personnes. La Cour internationale de justice s’est prononcé à plusieurs reprises quant à celles-ci, insistant sur l’importance de leur respect (Détroit de Corfou, Activités militaires et paramilitaires au Nicaragua et contre celui-ci, Licéité de la menace ou de l’emploi d’armes nucléaires, Immunités juridictionnelles de l’État). Le Tribunal international du droit de la mer a également rappelé que ces principes s’appliquent dans le droit de la mer (Affaires du Navire Saïga No. 2, Incident de l’Enrica Lexie, Navire Louisa, Juno Trader). Plus spécifiquement, ces considérations élémentaires d’humanité sont reflétées dans les instruments conventionnels de protection des droits fondamentaux, qu’il s’agisse de la Convention européenne des droits de l’Homme (ci-après la CEDH) ou du Pacte international relatif aux droits civils et politiques (ci-après le PIDCP).

      Afin de déterminer si ces instruments sont applicables au cas d’espèce, il convient toutefois d’abord de déterminer si les États en cause exerçaient bien leur juridiction. En principe, une personne se trouvant sur le territoire d’un État est présumée se trouver sous sa juridiction. Toutefois, l’Aquarius ne se trouvant pas dans la mer territoriale de l’Italie ou de Malte, mais bien en Haute Mer, cette présomption ne joue pas en l’espèce. Toutefois, dans certaines circonstances exceptionnelles, un État peut exercer sa juridiction de manière extraterritoriale. Tel est le cas notamment, comme l’a rappelé la Cour européenne des droits de l’homme dans l’affaire Al-Skeini contre Royaume-Uni, quand des agents étatiques exercent un contrôle effectif sur les personnes victimes de violations de droits de l’Homme. Bien qu’aucun agent de l’État italien ne soit monté à bord de l’Aquarius, le simple fait d’empêcher un navire de se diriger vers son territoire permet d’indiquer que l’Italie exerçait bien juridiction sur le navire et les personnes à son bord. Par ailleurs, l’article 92 de la Convention de Montego Bay précise bien que « les navires naviguent sous le pavillon d’un seul État et sont soumis (…) à sa juridiction exclusive en haute mer ». Ainsi, l’Aquarius battant pavillon anglais, le Royaume-Uni pourrait potentiellement être tenu responsable des violations des droits de l’Homme commises à bord du navire. Le silence et la passivité de cet État dans cette affaire est dès lors interpellant…

      En l’espèce, il existait plusieurs risques de violations des droits fondamentaux. Tout d’abord, les migrants et les membres de l’équipage de l’Aquarius ont été contraint à vivre durant quatre jours à bord du navire dans des conditions déplorables, et à retraverser la mer méditerranéenne en direction de l’Espagne (dont le port le plus proche se situait à 1500 km du navire au moment des faits). Se pose alors la question de savoir si l’Italie, Malte et les autres États européens n’ont pas soumis ces personnes à des traitements inhumains et dégradants. De tels traitements sont prohibés par l’article 3 de la Convention européenne des droits de l’Homme, ainsi que par l’article 7 §1 du Pacte international relatif aux droits civils et politiques. Selon le Comité des droits de l’Homme, le fait qu’un acte relève ou non du champ d’application de l’article 7 du Pacte précité « dépend de toutes les circonstances, par exemple la durée et les modalités du traitement considéré, ses conséquences physiques et mentales ainsi que le sexe, l’âge et l’état de santé de la victime » (affaire Vuolanne contre Finlande). Au vu de la vulnérabilité accrue et de la situation personnelle des personnes se trouvant à bord du navire, et compte tenu de l’état de détresse du navire, le fait de les forcer à vivre ainsi à bord de l’Aquarius durant plusieurs jours, est constitutif de traitements inhumains et dégradants.

      Ensuite, bien qu’au regard du droit de la mer, aucun État n’ait formellement l’obligation de permettre le débarquement de migrants secourus en mer sur son territoire, il se peut qu’au final permettre un tel débarquement soit la seule façon pour un État d’agir conformément à ses obligations prévues en matière de droits de l’Homme. En effet, l’article 33 §1 de la Convention de Genève relative au statut des réfugiés interdit à tout État de refouler des personnes vers un territoire où leur vie ou leur liberté serait menacée. Dans le même sens, l’article 3 de la CEDH interdit aux États membres du Conseil de l’Europe de renvoyer une personne vers un territoire où elle risque d’être soumise à de la torture ou à d’autres mauvais traitements. A contrario, le renvoi de migrants vers un « pays sûr » est autorisé. A ce sujet, nous avons été assez surprises d’apprendre que l’Italie avait indiqué à l’Aquarius de se rendre en Libye, sachant que l’État italien a été condamné en 2012 par la Cour européenne des droits de l’Homme pour avoir violé l’article 3 de la CEDH en ayant refoulé des ressortissants somaliens et érythréens en Libye, lors de l’affaire Hirsi Jamaa.

      Conclusion

      En conclusion, l’actualité européenne concernant le navire Aquarius met en exergue l’intention des États d’exploiter les vides juridiques existants en matière de prise en charge des personnes secourues en mer et témoigne également de l’urgente nécessité que les États membres de l’Union européenne s’accordent afin d’apporter une réponse globale à la migration. Reste que, comme on l’a vu, les États sont liés par leurs obligations découlant des droits de la personne. Ici aussi cependant, les États en procédant à des refoulements en mer, cherchent à contourner celles-ci. Il est en effet plus que difficile pour un migrant refoulé vers la Lybie de pouvoir attraire l’Italie devant la Cour européenne des droits de l’homme.

      Justine Braun
      Marianne Chagnon
      Caroline Delava
      France Laurent

      http://cdi.ulb.ac.be/aquarius-etudiantes-rousseauistes-de-lulb-livrent-analyse/#more-4589

    • "Porti chiusi anche alle navi militari europee", ma Salvini irrita la Difesa: “Non ha nessuna competenza”

      L’affondo del vicepremier dopo lo sbarco a Messina di 106 migranti da una nave irlandese: «Stortura da modificare, porterò la questione al vertice dei ministri dell’Interno Ue». Ma arriva lo stop: «Questa missione europea è gestita da Esteri e Difesa»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2018/07/08/news/nave_militare_irlandese_sbarca_a_messina_con_106_migranti-201198516

    • Les #gardes-côtes_libyens interceptent de plus en plus de migrants en Méditerranée

      Est-ce la conséquence d’une raréfaction des secours en Méditerranée ? Pendant le week-end du 14 juillet, un bateau de pêche en bois, avec à son bord 450 personnes, a été secouru dans les eaux internationales, non loin de l’île italienne de Lampedusa. Un mois après la crise de l’Aquarius, le navire que l’Italie – sous la pression de son ministre de l’intérieur d’extrême droite Matteo Salvini – a refusé d’accueillir avec 630 migrants à son bord, les ONG ne peuvent presque plus opérer au large des côtes libyennes, poussant les migrants à tenter des voies toujours plus dangereuses.
      « Ce n’est pas la première fois que ce type d’embarcations tente la traversée depuis la Libye, même si l’on voit plus souvent des petits bateaux pneumatiques, réagit Nicola Stalla, coordinateur des opérations de recherche et sauvetage à bord du navire humanitaire “Aquarius”. En revanche, le fait qu’ils soient parvenus aussi loin est clairement une conséquence du manque de moyens de sauvetage en mer. »

      L’Aquarius est à quai à Marseille, tandis que le Lifeline et le Sea-Watch sont empêchés de repartir de Malte. Seul l’Open-Arms, le bateau affrété par l’ONG catalane Proactiva, navigue actuellement en Méditerranée centrale, de retour de Barcelone où il avait accosté le 4 juillet, avec à son bord soixante migrants que l’Italie avait refusé d’accueillir.

      Le navire secouru ce week-end rappelle le naufrage d’un chalutier aux abords de Lampedusa en 2013, au cours duquel près de 400 personnes s’étaient noyées. La catastrophe avait déclenché l’opération militaire et humanitaire européenne « Mare Nostrum ». « Ces bateaux sont particulièrement dangereux, car le risque de chavirage est très important, ajoute M. Stalla. En fonction de la quantité de carburant et d’eau à bord, le centre de gravité est modifié. Il y a aussi un risque d’asphyxie dans la cale, souvent surchargée. »

      Ping-pong diplomatique

      Transbordées à bord de bateaux italien et britannique, les personnes secourues ce week-end ont accosté lundi en Sicile après un nouveau ping-pong diplomatique entre Rome et La Valette, les deux capitales se renvoyant la responsabilité de leur accueil. La situation s’est débloquée après que cinq pays européens, dont la France, ont accepté de recevoir plus de la moitié de ces migrants, à la demande du gouvernement italien. « On voit se mettre en place un mécanisme de solidarité entre certains pays européens, c’est un début mais c’est très fragile », commente Vincent Cochetel, envoyé spécial du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR) pour la situation en Méditerranée centrale.

      Conséquence directe du retrait des ONG, la proportion de morts en mer parmi les personnes tentant la traversée entre la Libye et l’Italie a doublé, passant de 1 % à 2,1 % entre les premiers semestres de 2017 et 2018, d’après des chiffres du HCR. Sur l’ensemble de la zone de Méditerranée centrale, 564 personnes ont disparu en juin. Un chiffre légèrement supérieur à celui de juin 2017, alors même que les flux d’arrivées sont sept fois moins importants. « Les noyades se multiplient pendant que les gouvernements européens bloquent les secours humanitaires », ont alerté la semaine dernière SOS-Méditerranée et Médecins sans frontières, les deux ONG qui affrètent l’Aquarius.

      « Ceux qui criminalisent les ONG sont responsables des morts, parce qu’ils omettent délibérément de porter assistance aux personnes », a réagi Axel Steier, cofondateur de Lifeline, dont le bateau a débarqué 234 migrants à Malte, le 27 juin, après que l’Italie lui a également refusé l’accès à ses ports. Depuis, le navire a été saisi, et son capitaine est convoqué devant la justice maltaise le 30 juillet, accusé de ne pas avoir enregistré correctement l’immatriculation de son bateau. Egalement empêché de repartir, le navire de l’ONG allemande Sea Watch est amarré à La Valette. La capitaine, Pia Klemp, explique : « Quand on a décidé de partir le 2 juillet après une opération de maintenance, on a requis une autorisation aux autorités portuaires. Elle nous a été refusée. C’est la première fois ».

      « Le droit maritime est complètement foulé au pied »

      Enfin, le Moonbird, l’avion de reconnaissance géré par Sea Watch et l’ONG suisse Humanitarian Pilots Initiative, est bloqué au sol. « Malte nous interdit d’entrer ou de quitter la région d’information de vol libyenne, donc ça nous empêche de faire nos opérations », constate Tamino Böhm, chef de mission. « Depuis deux mois, il y a moins de capacités de recherche et de sauvetage, résume Vincent Cochetel, du HCR. Or, toutes les bonnes volontés sont nécessaires pour sauver des vies. Les ONG représentaient 40 % des efforts en mer. »

      Dans le même temps, les interceptions d’embarcations par les gardes-côtes libyens ont augmenté de plus de 28 %. Depuis le début de l’année, ce sont 10 466 personnes tentant la traversée qui ont été ramenées en Libye. Dans cet objectif, Rome apporte une aide importante à Tripoli, notamment en fournissant des vedettes aux gardes-côtes. « Si les Libyens réalisent des interceptions dans leurs eaux territoriales, ce n’est pas problématique en soi. Mais dans les eaux internationales, à notre avis, les Libyens peuvent coordonner les sauvetages dans leur zone de secours, mais pas débarquer les personnes chez eux tant qu’ils n’ont pas de lieu sûr. En tout cas, les centres de détention ne correspondent pas à un port sûr », prévient Vincent Cochetel, en référence au droit maritime international, qui considère que les migrants secourus doivent être débarqués dans le port sûr le plus proche. Plusieurs ONG font toutefois état d’opérations menées par les Libyens dans les eaux internationales. En outre, elles témoignent d’un transfert de responsabilité entre Rome et Tripoli en matière de coordination des sauvetages dans les eaux internationales. « Le droit maritime est complètement foulé au pied, s’alarme Sophie Beau. On ne peut pas construire un modèle autour de la Libye, c’est le chaos le plus total. »

      https://abonnes.lemonde.fr/europe/article/2018/07/17/les-gardes-cotes-libyens-interceptent-de-plus-en-plus-de-migrants-en

    • Libyan coastguard left refugees to die in Mediterranean : NGO

      A woman and a child were found dead hours after they were left in their damaged boat by the Libyan coastguard.

      Proactiva Open Arms, which has been rescuing refugees crossing the Mediterranean Sea from North Africa to Europe, says the Libyan coastguard has left at least two refugees to die after abandoning them at sea.

      The Spanish NGO, which carries out search and rescue operations in Mediterranean, posted a video and pictures on Twitter showing how their boat took aboard three people; two women and a child.

      By the time the three were found by Proactiva, one woman and the child had already died.

      According to tweets by Oscar Camps, founder and director of Proactiva, the boat was damaged and abandoned by the Libyan coastguard.

      “Today we’ve found the bodies of a woman and a small child, as well as a woman who was still alive among the wreck of a ship,” Camps said in a video.

      “I want to condemn the lack of assistance in international waters and the merchant ship Triades which abandoned a boat in danger in the middle of the night,” he added.

      “They don’t know how to manage an emergency situation they arrived two days late and abandoned two women and a child in the wreckage of a ship that they themselves destroyed,” Camps said.

      The boat carrying the two bodies and one survivor were found about 120km off the Libyan coast.


      https://www.aljazeera.com/news/2018/07/libyan-coastguard-left-refugees-die-mediterranean-ngo-180717195213059.htm

      #gardes-côtes_libyens

    • Press Release: Migrants rescued in Distress in Maltese Search and Rescue Zone illegally transferred to Tunisian territorial waters

      Over the past four days, the WatchTheMed Alarm Phone has collected information that strongly suggest that a boat carrying 40 migrants from several African countries seeking protection in Europe was illegally transferred into Tunisian territorial waters after having already reached international waters and the Maltese Search and Rescue (SAR) zone. Among the group are eight women, two of whom are pregnant. The wooden boat had left from Libya and was rescued on Friday the 13th of July north of the oil platform Astrat in international waters and in the Maltese SAR zone by the supply vessel Sarost 5. MRCC Tunis as well as the crew of the supply vessel confirmed the position of the migrant boat in the Maltese SAR zone. Both Malta and Italy denied the supply vessel their permission to disembark the migrants in Maltese and Italian harbours.

      The migrants are still in limbo. After rescue, they were provided with some food and brought to the oil platform. Later, the supply vessel took course on Sfax/Tunisia to disembark the people there. The authorities of Sfax, however, refused to allow them to disembark. They were then told to disembark in Zarzis/Tunisia. But since Monday the 16th of July, at 1am, they are also blocked from entering the port there.

      We demand that the people are safely and immediately brought to a safe harbour in Europe. We demand that European coastguards take responsibility for coordinating Search and Rescue operations of boats in situations of distress in their Search and Rescue zones, as legally mandated. We demand a long-term solution that allows those in distress at sea to be swiftly disembarked in European harbours, rather than the case-by-case evaluations that we see currently, which unnecessarily prolong the suffering of those rescued. We also declare our solidarity with the crews of non-governmental and commercial vessels that carry out vital search and rescue operations despite the obstacles that European governments create.


      https://alarmphone.org/en/2018/07/18/press-release-migrants-rescued-in-distress-in-maltese-search-and-rescue-zone-illegally-transferred-to-tunisian-territorial-waters/?post_type_release_type=post

    • #Marc_Gasol, il campione Nba da 20 milioni di dollari all’anno che salva i migranti come volontario

      Il giocatore dei Memphis Grizzlies - fratello dell’ex Laker, Pau, e nazionale spagnolo come lui - era a bordo della nave della Ong catalana che martedì ha denunciato l’inefficienza della Guardia Costiera libica accusandola di aver abbandonato Josephine e una mamma con il figlio piccolo, poi morti, al largo delle coste di Tripoli. Il cestista al El Pais: «Scioccato dalla foto del piccolo Aylan circolata nel 2015. Da allora ho deciso di fare la mia parte»


      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/18/marc-gasol-il-campione-nba-da-20-milioni-di-dollari-allanno-che-salva-i-migranti-come-volontario/4500446

    • #Josephine, l’unica sopravvissuta al naufragio libico: è rimasta 48 ore in acqua attaccata a un pezzo di legno

      Lo sguardo traumatizzato, quasi vitreo, di chi ancora non distingue la vita dalla morte. Così appare l’unica donna sopravvissuta all’ultimo naufragio libico, in cui sono morti una madre e un bambino. Questa donna miracolata si chiama Josephine, viene dal Camerun ed è rimasta due giorni in mare, attaccata ad un pezzo di legno, prima che i volontari della Ong spagnola Open Arms la recuperassero al largo della Libia. A raccontare la sua storia è Annalisa Camilli, una giornalista di ’Internazionale’ che si trova a bordo della nave e ha assistito al salvataggio. A soccorrere la donna è stato Javier Figuera, uno volontario spagnolo di 25 anni: «Quando le ho preso le spalle per girarla - dice - ho sperato con tutto il mio cuore che fosse ancora viva. Dopo avermi preso il braccio non smetteva di toccarmi, di aggrapparsi a me». A quel punto, prosegue Camilli, sono arrivati altri soccorritori e l’hanno trasportata sulla nave, dove ora si trova con sintomi di ipotermia. Accanto a lei gli uomini di Open Arms hanno trovato anche un’altra donna e un bambino di circa 5 anni, che però erano già morti. I loro corpi sono a bordo della nave della Ong. Secondo il medico di bordo - scrive ancora Camilli - «la donna era morta da diverse ore mentre il bimbo era deceduto da poco». Per la Ong quanto avvenuto è «un’omissione di soccorso» da parte della guardia costiera libica - dice il fondatore di Open Arms Oscar Camps - che non è in grado di gestire una situazione d’emergenza e ha abbandonato due donne e un bambino"


      http://www.repubblica.it/esteri/2018/07/17/foto/naufragio_libia_open_arms_mamma_bimbo-202013383/1/?ref=fbpr#1

    • “Abbiamo lasciato in mare solo due morti”. I libici raccontano l’ultimo naufragio – La Stampa

      Parla l’equipaggio della Guardia costiera di Tripoli intervenuto lunedì per soccorrere il barcone alla deriva e fotografato da Open Arms. Resta il mistero sul dramma di Josefa, l’unica sopravvissuta: “Non c’era, non avremmo abbandonato nessuno vivo in acqua”

      Lunedì 16 luglio all’ora di pranzo abbiamo ricevuto una chiamata dal mercantile spagnolo Triades che ci segnalava un’imbarcazione di migranti in difficoltà tra Khoms e Tripoli e ci siamo mossi per intervenire, ne abbiamo tirati a bordo 165, maschi e femmine, tutti. Abbiamo lasciato in mare solo i due corpi senza vita di una donna e un bambino dopo aver provato invano a rianimarli: erano morti e portarli a terra non aveva alcun senso, ma oltre loro non c’era nessun altro in acqua». A raccontare la versione libica dell’ultimo scontro tra Roma, Tripoli e l’Ong Open Arms, quello che da due giorni si consuma intorno alle tragiche immagini del salvataggio della superstite Josefa, è Tofag Scare, colonnello della Guardia Costiera di Misurata che lavora in coordinamento con i colleghi della capitale.

      “L’Italia fa fare a noi il lavoro sporco solo perché non vuole accogliere gli africani”

      Mentre parla con «La Stampa» il suo comando operativo riceve un Sos dalla zona SaR al largo di Khoms, l’ennesimo, ci dice: «Nonostante il nostro equipaggiamento obsoleto, dal 2011 a oggi abbiamo salvato oltre 80 mila persone alla deriva nel Mediterraneo».

      Le ricostruzioni di quanto avvenuto nella notte tra lunedì e martedì coincidono fino a un certo punto, poi divergono lasciando aperte molte domande. Secondo la Open Arms le motovedette di Tripoli avrebbero distrutto il barcone dei migranti e abbandonato in mare quelli riluttanti a salire a bordo, di loro sarebbe sopravvissuta solo Josefa che, ancora sotto choc, dice alla giornalista di «Internazionale» di non ricordare il momento del naufragio ma di essere stata picchiata dai libici al pari dei suoi compagni di cui non sa più nulla. Tripoli, al contrario, afferma di non aver fatto altro che recuperare 165 disperati: la novità è che parla anche di due corpi in mare, cadaveri che, si apprende, «secondo la legge libica vanno identificati prima di essere sepolti o rimandati a casa e dunque in questi casi vengono lasciati al mare».

      “Contro di noi solo accuse infamanti: abbiamo salvato più di 80 mila persone”

      Il colonnello Scare telefona a più riprese ai colleghi in servizio il 16 luglio e raccoglie i tasselli del suo puzzle: «La motovedetta Ras al Jade è andata a soccorrere 165 persone in condizioni penose, affamate, bruciate dal sole, c’era un cattivo odore spaventoso. Dopo averci chiamato, il mercantile Triades è rimasto lì ad attenderci, ma nel frattempo non ha neppure dato da mangiare e da bere a quella gente, ha detto che non era il suo lavoro e che non poteva fare nulla».

      Scare fornisce il verbale della conversazione tra la Guardia Costiera e la Triades con la posizione dell’intervento fatto (37.74147°/ 13.84367°) che, grossomodo, coincide con quella indicata dalla Open Arms. Anche la motovedetta Ras al Jade pare essere la stessa (quella che già in passato aveva incrociato le spade con la Open Arms): possibile che quella notte ci sia stato più di un salvataggio? Che i cadaveri di cui si parla siano diversi? Le fotografie diffuse dalla Open Arms – che domani arriverà a Maiorca – mostrano chiaramente che i due corpi senza vita si trovano sullo stesso relitto su cui è rimasta a galla Josefa. E dai centri dove i migranti soccorsi vengono condotti non escono numeri sugli arrivi di martedì.

      La risposta dal banco degli imputati è decisa e va oltre la testimonianza della giornalista tedesca Nadja Kriewwald, che quella notte era a bordo con i libici e ha raccontato di non aver visto altro che i superstiti accolti sul ponte: «Non avremmo avuto alcuna ragione di abbandonare in acqua delle persone vive: anche se si fossero rifiutate di salire a bordo le avremmo tirare su a forza, lo abbiamo fatto con gli uomini e lo avremmo fatto facilmente con le donne. È una bugia, è propaganda contro di noi. Non c’era nessuno oltre i due morti che, per altro, al nostro arrivo erano già morti. Quello di cui ci accusano è privo di senso».

      Il fastidio che si respira a Misurata e a Tripoli è forte, ma non tanto per l’attacco della Open Arms quanto per la stanchezza di «gestire una grana altrui» e prendere colpi. Lo esprime un membro della Guardia Costiera che però chiede di non pubblicare il suo nome: «L’Italia ci fa fare il lavoro sporco perché non vuole gli africani, ma anche noi non siamo contenti di prenderli qui, le nostre città sono piene fino a scoppiare, i centri per loro non bastano più e sono diventati bombe a orologeria. Certe volte con le motovedette ci spingiamo fin dentro le acque internazionali, dove sarebbe illegale, e io dico che sbagliamo. Lo facciamo perché abbiamo un accordo e l’Italia ci ha promesso delle cose, ma se non arriva nulla ci stiamo solo caricando di problemi e di cattiva reputazione. Quando bruciamo i barconi degli scafisti lo facciamo per metterli fuori uso, non per sadismo. E comunque siete voi a chiederci di bloccare gli africani che vogliono venire in Europa, loro di certo non sognano la Libia».

      La notte di lunedì resta un capitolo aperto che ne ha aperti altri. Un terzo marinaio di Misurata racconta che il numero dei migranti è cresciuto talmente tanto negli ultimi mesi, in concomitanza con il rinnovato impegno di pattugliamento della Guardia Costiera, da aver modificato la situazione sul terreno: «Non c’è neppure più lavoro per loro. Noi li prendiamo in mare ma dopo nessuno li vuole. I siriani adesso hanno cominciato ad andare in aereo in Sudan, dove non hanno bisogno del visto, e poi con 1500 dollari si fanno portare a Tripoli e da qui ad Algeri per avere maggiori chance».

      https://www.nuovaresistenza.org/2018/07/abbiamo-lasciato-in-mare-solo-due-morti-i-libici-raccontano-lultimo

    • L’ammiraglio. Pettorino: prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la vita in mare

      Il comandante della Guardia Costiera: c’è un principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare.

      C’è un «principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare». A dirlo non è un esponente delle “magliette rosse”, ma l’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante della Guardia Costiera italiana. Davanti al ministro Danilo Toninelli e al presidente della Camera Roberto Fico l’ufficiale ha scandito il caposaldo di chi va per mare. Parole espresse per ribadire quale sia la spinta interiore che sentono i suoi uomini ogni volta che arriva un Sos.

      Nel tono e nel lessico di Pettorino non ci sono accenti polemici. Ma quelle affermazioni pesano. E quando il comandante le pronuncia, viene calorosamente interrotto dagli applausi prolungati delle centinaia di divise bianche che lo ascoltano in occasione della cerimonia con cui mercoledì è stata ricordata la fondazione, 153 anni fa, della Guardia costiera. Un atto di fierezza che avrebbe dovuto chiudersi lì. Ma un servitore dello Stato lo riconosci anche quando sa celebrare i signornò. E succede quando l’ammiraglio si sfila le lenti da lettura e con piglio da comandante ricorda un episodio lontano.

      Un fuori programma con cui l’ammiraglio decide di chiudere il saluto alle autorità civili. Che il numero uno della Guardia Costiera stia per dire qualcosa che lascerà il segno lo intuisce chiunque lo conosca. Una citazione inizialmente non contenuta nel testo originario.

      È la rievocazione del leggendario comandante siciliano Salvatore Todaro, che durante la Seconda guerra mondiale affondò una nave militare belga per poi salvarne l’equipaggio. Todaro, come ha ricordato Pettorino, venne «violentemente apostrofato» dall’ammiraglio alleato tedesco Karl Donitz, che irrise l’ufficiale italiano definendolo «don Chisciotte del mare» e minacciando gravi conseguenze per avere tratto in salvo i nemici, mettendo a rischio il suo stesso equipaggio. Il perché di quella disobbedienza lo spiega Pettorino, guardando negli occhi gli esponenti politici sulla tribuna e facendo propria la risposta di Todaro: «Noi siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà, e noi queste cose le facciamo».

      Poi l’eroe di guerra «si avviò al congedo restando per sempre nella leggenda e nei cuori di tutti i marinai». A tanti uomini della Guardia Costiera queste parole sono suonate come un incoraggiamento. «In questi ultimi anni, ad invarianza di risorse umane disponibili, il corpo delle capitanerie di porto aveva ricordato prima Pettorino – è stato chiamato a far fronte ad uno sforzo inedito, quello del soccorso prestato, in mare, a migliaia di persone in pericolo di perdersi, operando su un’area ampia oltre la metà della superficie del mar Mediterraneo».

      Un impegno gravoso, «che abbiamo assolto nella piena consapevolezza di ben onorare il giuramento prestato, da ciascuno di noi, di osservare la Costituzione e le leggi». Dimostrando, una volta di più, quali siano quella vocazione e quell’abnegazione che non si può barattare: «Uomini e donne che ogni giorno si impegnano per far sì che altri possano continuare a vivere».


      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/pettorino-prestare-aiuto-a-chiunque-rischi-di-perdere-la-vita-in-mare

    • EU-Rettungsmission im Mittelmeer vorerst gestoppt

      Italien weigert sich, aus dem Mittelmeer gerettete Flüchtlinge aufzunehmen - auch nicht im Zuge der EU-Mission „Sophia“.
      Die EU ist ratlos, der Kommandeur hat nach SPIEGEL-Informationen alle Schiffe in den Hafen beordert.

      Die EU-Mission „Sophia“ zur Rettung von Flüchtlingen auf dem Mittelmeer wird vorerst eingestellt. Nach SPIEGEL-Informationen beorderte der Kommandeur der Mission, der italienische Admiral Enrico Credendino, jetzt alle beteiligten Kriegsschiffe zurück in die Häfen.

      Mit der Order ist die Mission faktisch gestoppt, vorerst jedenfalls. Betroffen ist auch ein deutsches Versorgungsschiff. Nach SPIEGEL-Informationen befand sich der Tender „Mosel“ bereits vor dem Befehl von Credendino routinehalber in einem Mittelmeerhafen. Dort sollen das Schiff und die deutschen Soldaten nun erstmal bleiben, heißt es in Berlin.

      Hintergrund für den spontanen Stopp der Mission ist die Weigerung Italiens, von den EU-Militärschiffen gerettete Menschen weiter aufzunehmen. Italien hatte seine Blockadehaltung diese Woche in einem Brief an die EU angekündigt. Kurzfristig anberaumte Beratungen der EU-Partner brachten zunächst keine Lösung.

      Die Operation „Sophia“ ist nach dem Baby einer geretteten Somalierin benannt, das auf einer deutschen Fregatte geboren wurde. Seit 2015 ist die Mission mit einer kleinen Flotte von Kriegsschiffen auf dem Mittelmeer aktiv. So sollen die dort agierenden Schleusernetzwerke aufgeklärt und an ihrem lukrativen Geschäft gehindert werden.

      Seit dem Beginn der Mission konnten die EU-Soldaten, derzeit auf sechs Kriegsschiffen aus Spanien, Italien, Frankreich, Irland, Kroatien und Deutschland unterwegs, 148 mutmaßliche Schleuser festnehmen und mehr als 200 der benutzten Schiffe und Boote zerstören. Die EU sieht die Mission deswegen als Erfolg an.

      Rom verbietet privaten Rettern gerettete Flüchtlinge nach Italien zu bringen

      Regelmäßig werden die EU-Soldaten auf den Schiffen auch zu Seenotrettern. Fast 50.000 Flüchtlinge hat die Mission gerettet, fast die Hälfte davon wurde von deutschen Soldaten aus meist seeuntüchtigen Schiffen und Barkassen auf dem Mittelmeer gezogen. Anschließend wurden die Menschen nach Italien gebracht.

      Genau gegen diesen Automatismus geht Italien jetzt vor, die neue Regierung in Rom fährt einen radikalen Kurs gegen Flüchtlinge und will nicht länger akzeptieren, dass Italien die Hauptlast der ankommenden Menschen trägt. Folglich verbietet Rom privaten Rettern schon länger, gerettete Flüchtlinge nach Italien zu bringen.

      Als Reaktion auf den Brief aus Rom trafen sich die mit der Sicherheitspolitik betrauten EU-Botschafter umgehend zu einer Krisensitzung - eine Einigung konnte nicht erzielt werden. Folglich beorderte der Kommandeur der Mission die Schiffe in die Häfen.

      Auch am Freitag setzten sich die Botschafter erneut zusammen. Dem Vernehmen nach wollte man Italien anbieten, einen Schlüssel zu erstellen, wie die von der EU-Mission geretteten Menschen in ganz Europa verteilt werden können. Bis zum späten Nachmittag war nicht bekannt, ob sich Rom auf den Kompromiss einlässt.

      Ähnliche Angebote der anderen EU-Nationen hatten zumindest die quälenden Odysseen privater Rettungsschiffe in den jüngsten Tagen beendet, die von Italien an der Einfahrt in seine Häfen gehindert worden waren. Auch Deutschland hatte sich zur Aufnahme von kleineren Kontingenten der Geretteten bereit erklärt.

      Kommissionschef Jean-Claude Juncker ließ am Freitag mitteilen, dass er kommende Woche Vorschläge machen will, um die Flüchtlingskrise in Italien zu lindern. Details wurden zunächst nicht bekannt.

      Denkbar ist, dass es um Vorschläge geht, Flüchtlinge, die in Italien an Land gehen, rasch auf Länder zu verteilen, die sich dazu bereit erklären. Zudem soll die Kooperation mit Drittstaaten außerhalb der EU Thema sein.

      In der Debatte der EU-Sicherheitsbotschafter am Mittwoch versuchten die anderen Mitgliedsländer Italien davon zu überzeugen, sich weiter an das gemeinsam beschlossene Mandat zu halten. Italien trüge damit die Hauptlast der Operation „Sophia“, das Mandat läuft noch bis Ende des Jahres.

      Über die künftige Ausgestaltung des Mandats sollte im September ohnehin diskutiert werden. Denkbar ist, dass dies nun vorgezogen wird.

      In einem Schreiben an Italiens Premier Conte betonte Juncker, dass die Mission „Sophia“ eine wesentliche Rolle im Rahmen der europäischen Sicherheits- und Verteidigungspolitik spiele. Conte hatte sich am Donnerstag für eine EU-Kriseneinheit zur Verteilung von aus Seenot geretteten Flüchtlingen ausgesprochen.

      Am Freitagabend endete in Brüssel das Krisentreffen der Botschafter zunächst ohne konkrete Lösung. Einigen konnte man sich nur, den sogenannten Operationsplan für die Mission „Sophia“ in wenigen Wochen neu zu fassen. Darin soll dann auf italienischen Wunsch auch festgelegt werden, wie bei der Mission gerettete Flüchtlinge künftig verteilt werden, nachdem sie an Land gebracht wurden. Diplomaten sagten, Italien habe dies durch seine Blockade-Ankündigung erzwungen. Um den Verteilungsschlüssel dürfte bald heftig gestritten werden.

      http://www.spiegel.de/politik/ausland/mittelmeer-kommandeur-stoppt-eu-rettungsoperation-sophia-a-1219476.html

    • Ora le ong schierano i droni per salvare sempre più migranti

      La mossa dell’Aquarius: «Non ci arrivano più informazioni sui naufragi in atto, dobbiamo aggiustare la nostra strategia». Ed essere sempre più autonome
      Le navi delle ong tornano in mare e questa volta schierano anche i droni, per continuare nella propria ricerca delle imbarcazioni di migranti e salvare sempre più persone.

      Ad annunciare la novità un volontario imbarcato sulla nave Aquarius, che già nelle scorse settimane era stata protagonista della prima grande offensiva politica di Matteo Salvini dopo l’insediamento come ministro dell’Interno. Al momento a Marsiglia, la nave di Sos Mediterranée si attrezza per fronteggiare le mutate condizioni del quadro politico internazionale: «Ci stiamo preparando a diversi scenari, sicuramente avremo più cibo e autonomia di navigazione, perché dovremo stare più a lungo in mare. E avremo anche un drone per la ricerca dei migranti da soccorrere», spiega all’Ansa uno dei volontari.

      Dalla nave denunciano che nel mar Mediterraneo «alle navi di soccorso non arrivano più informazioni sui soccorsi in atto e non sappiamo perché». Per questo la variegata flottiglia delle molte associazioni non governative impiegate in queste missioni umanitarie si sta attrezzando per estendere il raggio d’azione e adeguarsi alla nuova situazione che impone loro di essere sempre più autonome. Il volontario Alessandro Porro ha svelato anche che ci sarebbero stati alcuni incontri fra le diverse organizzazioni proprio per coordinare al meglio gli sforzi.

      «Nell’attuale situazione ci sono naufragi di cui non si sa niente - spiega- Attualmente la mortalità è aumentata al 10%, quindi su 100 migranti che partono, 10 muoiono nel viaggio nel tratto di mare che oggi è il più pericoloso al mondo. Siamo arrabbiati ma ci sosteniamo a vicenda e ognuno di noi fa proposte per migliorare le operazioni di soccorso».

      http://m.ilgiornale.it/news/2018/07/20/ora-le-ong-schierano-i-droni-per-salvare-sempre-piu-migranti/1555943
      #drones

    • Omissione di soccorso come prassi di deterrenza ?

      Dopo l’arrivo delle due imbarcazioni di Open Arms a Palma di Maiorca è stata depositata presso la locale procura una denuncia sui fatti verificati in occasione del ritrovamento in acque internazionali, avvenuto il 17 luglio a circa 80 miglia dalle coste di Homs, di una donna e di due cadaveri sopra il relitto di un gommone alla deriva. Nella conferenza stampa che si è svolta oggi a Palma di Maiorca,sono stati esposti i fatti, secondo la documentazione in possesso dellla Organizzazione consegnata all’autorità giudiziaria spagnola. Le imbarcazioni di Open Arms hanno dovuto fare rotta verso la Spagna per le dichiarazioni del ministro dell’interno che esponevano la superstite al rischio di pressioni dopo lo sbarco a Catania, porto indicato dallo stesso Salvini.

      Il ministro, che su questo naufragio, e sulle conseguenti responsabilità, aveva annunciato prove inconfutabili attraverso “una teste indipendente”, una giornalista della televisione tedesca RTL, piuttosto che rispondere sulla vicenda, esibendo la documentazione in suo possesso, rilancia adesso pesanti accuse sulle fonti di finanziamento della Open Arms e minaccia a sua volta altre denunce su chi ha soltanto rappresentato quanto accaduto. Per il ministro Toninelli l’Italia non sarebbe neppure in grado di documentare i movimenti delle motovedette libiche.

      Alla fine, ancora una volta, tutte le colpe vengono riversate sulla ONG Open Arms che per la Meloni sarebbe addirittura responsabile di tratta e di causata strage. Un rovesciamento completo della narrazione dei fatti che si vuole imporre agli italiani in preda alla paura per la insicurezza che subiscono, una insicurezza che ha cause e responsabili molto diversi da quelli indicati dai politici di governo. Che attaccando le ONG devono solo nascondere i propri fallimenti, sia sul piano interno, che in Europa e nei rapporti con i paesi terzi, a partire dalla clamorosa bocciatura da parte dei libici di tutti i piani proposti da Salvini e Moavero.

      Le versioni inzialmente fornite dalla sedicente Guardia costiera di Tripoli, e quindi dalla giornalista che si trovava a bordo della motovedetta libica, venivano rapidamente modificate, fino all’ammissione che davvero i libici avevano avvistato il gommone poi soccorso da Open Arms, e dopo avere presumibilmente recuperato i vivi, avevano lasciato a bordo del relitto due cadaveri, come sarebbe prassi, per loro stessa ammissione. Saranno le indagini ad accertare se le persone, poi rinvenute cadavere sulle tavole del relitto, siano state abbandonate ancora in vita a seguito di un rifiuto a salire sulla motovedetta. Episodi nei quali la Guardia costiera libica aveva allontanato o minacciato imbarcazioni delle ONG intervenute in soccorso in acque internazionali, spesso sotto il coordinamento iniziale della guardia costiera italiana, si sono ripetute da tempo.

      Viene confermata anche dai libici la presenza, a 80 miglia a nord di Homs, dunque nell’area nella quale poi gli spagnoli hanno trovato il relitto semiaffondato del gommone, con Josepha e due cadaveri, di una nave commerciale, la TRIADES, che dopo lo scambio di vari messaggi radio, si sarebbe allontanata, o sarebbe stata allontanata, dal luogo dell’evento SAR, proseguendo la sua rotta verso il porto di Misurata. Open Arms ha presentato la sua denuncia alla magistratura spagnola contro il comandante della Triades, contro il comandante della motovedetta libica che sarebbe intervenuta sul gommone poi ritrovato distrutto ed alla deriva, e contro eventuali ignoti che dovessero emergere dalle indagini come responsabili del coordinamento dei soccorsi.

      Quanto poi affermato da un esponente daila Guardia costiera di Misurata, negli ultimi comunicati, conferma buona parte della ricostruzione iniziale fornita da Open Arms, e subito smentita da Salvini. Sarà la magistratura spagnola ad accertare le responsabilità relative all’abbandono in mare di due cadaveri, ammesso che il bambino fosse già morto al momento dell’intervento della Guardia costiera libica, e dell’unica sopravvissuta, che quando potrà raccontare la sua versione dei fatti, sarà sentita dalla Procura di Palma di Maiorca. L’obbligio di accertare fatti tanto gravi, se l’abbandono in mare si collega anche ad un rifiuto di salire sulla motovedetta, incombe ai magistrati, chi ha sollevato il velo della censura su queste stragi non ha paura. Anche se altri avrebbero preferito il silenzio.

      Come riferisce la stampa,“Dal Viminale fanno trapelare che l’intenzione non è quella di stare a guardare. Secondo l’agenzia AGI – Roma, 21 lug. – “Non meritano risposta le Ong che insinuano, scappano, minacciano denunce ma non svelano con trasparenza finanziatori e attivita””. E” quanto fanno trapelare fonti del Viminale dopo le denunce di Open Arms a Libia e Italia per omicidio colposo. “La denuncia di Josefa? Qualcuno strumentalizza una vittima per fini politici – proseguono le stesse fonti -. Noi denunceremo chi, con bugie e falsita”, mette in dubbio l”immensa opera di salvataggio e accoglienza svolta dall”Italia”. (AGI)

      Rimane la certezza di una grave anomalia democratica in Italia. Da una parte si ritiene di potere diffamare e calunniare le ONG, ed anche chi li difende, senza dovere mai pagare il conto di accuse che non trovano ancora conferme certe da parte della magistratura, che ha pure archiviato indagini sulle quali si è giocata una ignobile speculazione mediatica. Sembrerebbe ormai scontata la violazione delle regole internazionali di soccorso, anche quando questo inizialmente è gestito dalla Guardia costiera italiana, come è avvenuto a giugno nel caso della nave Aquarius. Un caso che ha occupato per giorni le prime pagine di giornali. Ma tutto questo oggi non sembra interessare più nessuno. Si deve rimanere in silenzio anche su queste vicende ?

      A causa di questa campagna mediatica, già scatenata lo scorso anno, ed adesso rilanciata con toni ancora più minacciosi, si sono ritirate, o sono state bloccate, la maggior parte delle navi umanitarie. A Malta sono ancora sotto sequestro, per “effetto domino” rispetto alle scelte italiane,due navi delle ONG, la Sea Watch e la Lifeline Le accuse di costituire un fattore di attrazione (pull factor) si sono poi estese alle attività di ricerca e salvataggio (SAR) della Guardia costiera italiana, ed addirittura alle attività di contrasto dei trafficanti e dei terroristi della missione Eunavfor Med. Dal 28 giugno si è inventata una zona SAR libica nella quale le autorità italiane declinano la loro competenza ad intervenire, ritendola trasferita sulle autorità di Tripoli che dispongono di sole 4 motovedette d’altura, e di una dozzina di mezzi veloci inadatti a caricare naufraghi a bordo.

      Le sentenze dei tribunali siciliani hanno confermato che la Libia non offre porti sicuri di sbarco e il ruolo di coordinamento nella cosiddetta “SAR libica” affidato nei mesi scorsi alla Marina italiana. Cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa, dopo il 28 giugno, quando si è affidata soltanto ai libici una immensa zona SAR che evdentemente non sono in grado di gestire garantendo la salvaguardia della vita umana in mare ?

      Risultato di queste politiche di progressivo ritiro e delle prassi aggressive nei confronti di chiunque soccorre migranti in alto mare, sulla rotta del Mediterraneo centrale, un aumento delle vittime,oltre quattrocento nelle ultime settimane, e probabilmente di tante altre non se ne sa nulla. Come non si sarebbe saputo nulla di Josepha e delle due vittime con le quali era rimasta aggrappata ad una tavola in alto mare, se Open Arms non avesso continuato le sue missioni, pur restando in acque internazionali, ad una distanza assai elevata dalla costa libica, oltre 140 chilometri ( 80 miglia marine). Adesso si profila una guerra totale alle ONG, dopo avere portato a compimento la criminalizzazione della solidarietà. Sembra che la parola ONG sia tra quelle più “odiate” dagli italiani. Le campagne di stampa, agite in maniera scientifica sui social, hanno prodotto più effetti delle sentenze della magistratura. Adesso fa notizia che una ONG abbia denunciato una omissione di soccorso, senza essere invece inquisita per agevolazione di ingresso clandestino.

      Una cappa di silenzio è invece calata sulla vicenda dei 40 migranti bloccati da sei giorni a bordo di un rimorchiatore, il SAROST, fermo davanti alla città tunisina di Zarzis perchè nessuno vuole offrire un porto sicuro di sbarco. Nè la Tunisia, che pure risulta stato di bandiera, nè l’Italia o Malta, che in passato soccorrevano e indicavano un luogo di sbarco sicuro, generalmente in Italia, per le persone soccorse nella zona SAR maltese, la stessa nella quale sono stati soccorsi gli sfortunati naufraghi presi a bordo dal SAROST, rimorchiatore di servizio di una piattaforma petrolifera offshore.

      Il comandante della SAROST ha chiesto lo sbarco in Tunisia, ma nessuno gli ha risposto. Nessuno ha raccolto gli appelli delle ONG perchè si procedesse allo sbarco. Adesso in peroicolo ci sono vite di esseri umani, dopo che l’equipaggio della nave ha ceduto tutto quello che poteva per garantire la sopravvivevanza. Chiediamo che a questo punto almeno la Tunisia garantisca un porto di sbarco e soccorsi per i feriti. Chiediamo che la Croce Rossa, che ha comnciato a fornire qualche aiuto alla SAROST, si impegni attivamente per risolvere questo ennesimo caso, frutto delle politiche di abbandono attuate da parte di Malta e dell’Italia. E tanti altri simili ne verranno nei prossimi mesi, fino alla prossima strage, e poi ancora un’altra. No. Non è possibile alcuna assuefazione, che vorrebbero imporci. Sul rimorchiatore fermo davanti Zarzis, di fatto trasformato in prigione galleggiante, 40 persone rischiano ormai la vita per effetto dell’abbandono imposto da Italia e Malta, e per la mancata disponibilità da parte della Tunisia, ad accettare almeno uno sbarco provvisorio.

      A bordo della SAROST sono ancora in attesa di sbarco in un porto sicuro, che nessuno ha indicato, due donne incinta e un ferito, che sono in acqua da 10 giorni. Persone che lo scorso anno, in una occasione simile, sarebbero state già soccorse da una nave umanitaria, in assenza di mezzi statali, e sbarcati in Italia in un porto sicuro. Ma ormai è l’Italia che non offre più porti sicuri, a fronte delle dichiarazioni del ministro dell’interno e delle prassi imposte alla Guardia costiera, alla Marina, alle autorità di frontiera e richieste persino alla magistratura, come nel caso della richiesta di arresti per i “facinorosi” soccorsi dal rimorchiatore Vos Thalassa e poi sbarcati a Trapani da una nave militare.

      A chi governa è concesso ogni giorno spacciare notizie false, come l’esistenza a Tripoli, di un centro di accoglienza sicuro, o, dopo la visita di Salvini in Libia, come la possibilità di creare campi di raccolta in quel paese, o addirittura in Niger, che sarebbero considerati come ubicati in un “paese terzo sicuro”, dunque nel quale si potrebbero creare vere e proprie “piattaforme di sbarco”, per impedire ai migranti qualsiasi possibilità di fuga verso l’Europa. Ma l’Unione Europea ha già fatto conoscere la sua ferma opposizione a questo progetto dietro il quale si camuffano i respinginenti collettivi vietati dalle Connvezioni internazionali, come dovrebbe sapere il leghista Salvini dopo che la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia sul caso Hirsi nel 2012 per i respingimenti collettivi ordinati tre anni prima dal suo predecessore al Viminale, il leghista Roberto Maroni. Le torture e le estorsioni nei centri di detenzione libici sono ormai provate ed ancora attuali, secondo le testimonianze raccolte allo sbarco.

      Si spaccia per contrasto dell’immigrazione, che si definisce “illegale” la pratica degli accordi con le milizie libiche, o con i sindaci delle città che ne sono espressione, apparentemente per rilanciare iniziative civili, di fatto per incentivare l’arresto e la detenzione del maggior numero di persone al fine di impedire la prosecuzione della loro fuga verso il Mediterraneo. Il numero degli immigrati presenti in questi mesi nei centri di detenzione libici è raddoppiato, lo conferma l’ONU. Si richiamano protocolli operativi e Trattati di amicizia stipulati con una Libia che oggi non esiste più’. Sullo sfondo altri accordi con le milizie. Tutto questo senza la minima base legale di un voto parlamentare.Sembra proprio la fine del diritto internazionale, piegato dalla politica della forza muscolare esibita sui social e del fatto compiuto.

      Quando invece giornalisti indipendenti o rappresentanti delle ONG raccontano fatti documentati e facilmente verifiicabili, quando gli avvocati esercitano in pieno il loro ruolo di difensori dei diritti umani, si scatenano le minacce e le ritorsioni, che collegano pezzi di istituzioni, servizi e gruppi delle destre identitarie europee, ben oltre quanto consentirebbero i ruoli istituzionali dei soggetti da cui provengono. Insinuazioni calunniose si rivolgono anche a chi difende gli operatori umanitari ed i migranti.

      Nessuno però riferisce della corruzione diffusa in Libia e della stretta commistione tra il traffico di esseri umani ed il contrabbando di petrolio che dalla Libia raggiunge Malta ed altri paesi europei. Quando i processi contro le ONG si arrestano, o le indagini vengono archiviate, solo uno spazio a fondo pagina, la sentenza di condanna gli italiani la hanno già emessa nei giorni della tempesta mediatica. La fine della presunzione di innocenza e del diritto ad un giusto processo.

      Sono tempi in cui una menzogna ripetuta cento volte sembra valere più della verità, lo sappiamo, e vediamo la marea nera di consenso che si sta aggregando attorno alle posizioni più estreme sul tema immigrazione, che giocano sulla vita delle persone per raccattare consensi elettorali o per aumentare il potere contrattuale con gli altri paesi europei. Si spaccia una emergenza che non esiste, la vera emergenza è l’attacco alla democrazia ed alle garanzie dello stato di diritto, che si gioca proprio sulle questioni del soccorso in mare e della protezione internazionale ( con il ricatto sul Regolamento Dublino). Evidente la saldatura nei fatti tra le estreme destre identitarie e nazionaliste europee e la poltica di Salvini, che aspira ad un asse con Orban in Ungheria e Kurtz in Austria. Due “alleati” sul piano ideologico, ma che in nome del loro nazionalismo hanno già respinto tutte le richieste avanzate dal governo italiano, a partire dai trasferimenti Dublino. Alla fine in Europa i diversi nazionalismi si scontreranno tra loro, ma dalle macerie ne usciremo tutti impoveriti e con una grave lesione dei principi democratici.

      Tutto questo preoccupa ma non spaventa, restiamo al nostro posto, testimoni di un tempo terribile in cui la vita delle persone vale meno della difesa di un confine sull’acqua, un confine che nell’ordine naturale non può esistere. Nell’immaginario collettivo però i confini si stanno moltiplicando proprio per effetto della politica, e non conta se chi si presenta come difensore dell’identità nazionale e del territorio italiano, ricorre poi alla menzogna ed all’odio per costruire altri muri, questa volta all’interno della nostra società. per alimentare un livello di conflittualità sempre più elevato, dal quale ricava evidenti vantaggi in vista delle prossime scadenze elettorali. Ma le ferite inferte oggi ai rapporti internazionali, alla coesione sociale, alla possibilità di convivenza pacifica con gli immigrati tutti, resteranno aperte per anni. E per costruire una finta sicurezza costruiranno sempre più muri, fino a quando saremo tutti reclusi.

      Non arretriamo.Saremo ancora attivi nella difesa degli operatori umanitari e di tutti coloro che saranno accusati di crimine per avere soccorso o prestato assistenza alle persone migranti. Perchè prima che di migranti si tratta di persone, che devono avere riconosciuti gli stessi diritti fondamentali che spettano a qualunque persona, a partire dal diritto alla vita. Perchè i loro diritti sono i nostri diritti.

      https://www.a-dif.org/2018/07/21/omissione-di-soccorso-come-prassi-di-deterrenza

    • Italian coastguards express unease as government closes ports to migrants

      The decision by Italy’s new populist government to close the country’s ports to migrants saved at sea is causing unease within the heart of the Italian coastguard, some staff say, who until recently played a key role in rescue missions.

      Over the last decade the coastguard has coordinated the rescue of hundreds of thousands of migrants off the coast of Libya, in many cases pulling them from the water themselves in treacherous conditions.

      But as of June, they have been ordered to transfer calls for help and reports of boats in distress to the Libyan capital Tripoli.

      Now — despite a culture of traditionally not criticising government policy — a handful of coastguard staff have spoken out.

      In an interview with Italian daily Il Sole 24 Ore last week, a coastguard admiral criticised the government and in particular far-right interior minister Matteo Salvini’s new hardline stance.

      Speaking on condition of anonymity, the admiral recalled that the Italian justice system had deemed Libya was not a “safe place” for rescued people to returned to.

      Many migrants trying to reach Europe are desperate not to go back to Libya as they potentially face abuse and rape in detention centres.

      The admiral also denounced the absence of an official decree or act regarding the decision to close the country’s ports to vessels carrying migrants.

      In recent weeks the policy has left the coastguard powerless as several ships with rescued migrants aboard spent days stranded in the Mediterranean unable to dock in Italy.

      On Wednesday, at an event marking the 153rd anniversary of the Italian Coastguard, admiral Giovanni Pettorino, coastguard commander, evoked the memory of Salvatore Todaro, a submariner who during WW2 took serious risks to rescue the survivors of a ship he had just sunk.

      “In times of war, these things are not done,” a German admiral is said to have told Todaro at the time.

      The coastguard commander concluded his speech given before Italy’s new political authorities, by recalling Todaro’s response: “We are Italian sailors. We have 2000 years of civility behind us and we do these things.”

      – ’Feeling of helplessness’ -

      Speaking anonymously to Catholic daily Avvenire and Radio Radicale, some coastguard officers said the priority to rescue those in danger was demonstrated earlier this month.

      On 13 July the coastguard was sent to keep watch on 450 migrants crammed into a fishing boat, but took part in a later rescue mission even though Rome had told them to let Malta take charge, the officers said.

      Recalling the decision to intervene, the officers spoke of their “feeling of helplessness” which had built up in the weeks prior, as migrants attempted the perilous sea crossing.

      The vast majority of Italy’s around 13,000 coastguard officers work along the country’s 8,000 km of coastline, but the institution says that more than 2,000 of them have had first-hand experience on vessels operating off Libya — where a large number of the migrant tragedies occur.

      “At the moment, the atmosphere among the coastguard corps is not the best,” says Sergio Scandura, a journalist with Radio Radicale.

      The month of June was the deadliest in the Mediterranean in recent years with the International Organisation for Migration (IOM) reporting some 564 deaths or disappearances, despite the fact that overall departures have dropped sharply since the summer of 2017.

      Salvini’s hardline immigration stance appears to, however, be very popular among Italians: according to about half a dozen separate polls, some two-thirds of citizens approve his decision to close ports to rescued migrants.

      His far-right League party — which governs the country as part of a coalition — has also experienced a boom in the polls: the League garnered 17 percent of the vote at the March general election, but opinion polls now suggest support of around 30 percent.

      The new policy has come under fire from the country’s opposition politicians, however, and some of Italy’s prominent Catholic figures have also spoken out.

      After two bodies were discovered in a deflated dinghy off Libya, along with one survivor suffering from shock and hypothermia on Tuesday, the Episcopal Conference of Italy released a statement denouncing a “tragedy which we cannot manage to get used to”.

      “We warn unequivocally that to save our humanity from vulgarity and barbarism, we must protect life. Every life. From the most exposed, humiliated and trampled,” the bishops wrote.

      http://www.digitaljournal.com/news/world/italian-coastguards-express-unease-as-government-closes-ports-to-migrants/article/527517

    • Quale futuro per le operazioni di soccorso in mare svolte dalle ONG ?

      1.Quanto successo nell’ultimo mese, a partire dal blocco dell’attracco della Aquarius in un porto italiano, e poi, a ridosso del Consiglio Europeo del 28 giugno con la istituzione, sulla carta, di una zona SAR libica, e quindi con il seguito di naufragi in acque internazionali, deve indurre ad una riflessione sulle operazioni di ricerca e salvataggio (SAR) svolte dalle Organizzazioni non governative. Operazioni sempre di più spesso oggetto attacchi calunniosi e nel mirino di iniziative giudiziarie, in Italia ed a Malta. Anche se le prime inchieste contro alcune ONG sono state già archiviate.

      Giorno dopo giorno, abbiamo assistito ad una continua escalation del governo italiano contro le ONG, alle quali si è negata ogni possibilità di attracco e di sbarco, con Salvini che si è reso anche protagonista dei tentativi di inasprimento delle prassi adottate dalle missioni europee Frontex ed Eunavfor Med, giungendo a negare, anche dopo stragi gravissime, l’indicazione di un porto sicuro di sbarco a navi militari, persino americane, ed a mezzi della missione europea EUNAVFOR MED ( Sophia). Un tentativo che l’Unione Europea ha respinto, ribadendo gli impegni operativi ed i doveri di soccorso sanciti dalle Convenzioni internazionali e dai Regolamenti europei, che nessun paese membro può violare unilateralmente.

      Analoga risposta negativa è giunta alla proposta di Salvini che intendeva lanciare un piano Marshall per la Libia, allo scopo evidente di rinforzare la cd. Guardia costiera “libica” e di finanziare grandi centri di trattenimento dei migranti in modo da impedire che questi potessero imbarcarsi verso l’Europa. Un progetto già avviato da anni da precedenti governi, al quale si voleva dare adesso maggiore concretezza con un ulteriore fornitura di motovedette al governo Serraj. Ma le promesse italiane si sono rivelate farlocche, le motovedette da regalare ai libici sono pochissime, e sembra che il loro arrivo a Tripoli sia previsto per il mese di ottobre. Sempre che ad ottobre a Tripoli ci sia ancora il governo Serraj. Tutta la politica italiana in questi ultimi due mesi ha nascosto come non si possa parlare più di un processo di riconciliazione in Libia, e dunque di una unica Libia, la vera fake-news che continua ad essere distribuita agli italiani per tranqullizzari sui “successi” conseguiti dai loro governanti.

      Adesso anche la sedicente “Guardia costiera libica” ammette di non avere i mezzi per garantire le attività di ricerca e soccorso in “alto mare”, fino a 85 miglia dalla costa, che sarebbero imposte dalle Convenzioni internazionali, e che si sarebbero dovute verificare prima di concedere l’inserimento della SAR Zone libica nei registri ufficiali dell’Organizzazione marittima della Nazioni Unite (IMO). Chi ha spinto per quella zona SAR libica che ancora oggi non esiste, porta sulla coscienza le centinaia di vittime che i ritardi degli interventi dei libici, e le modalità di ingaggio violento adottate dalle motovedette di Tripoli, hanno prodotto in questo ultimo mese. Una responsabilità che non sarà facile accertare nei tribunali, ma che peserà come una pietra sul destino politico dei protagonisti di queste scelte.

      Di fronte ad un fallimento di così vaste dimensioni, ed alle prime denunce che stanno arrivando, non solo in cartolina, i governanti italiani hanno scelto la linea del totale capovolgimento dei fatti e delle responsabilità, inasprendo i blocchi e lo sbarramento dei porti, ed imposto a Malta un analogo inasprimento, che si sta traducendo anche nel sequestro arbitrario a La Valletta di due navi delle ONG ( Lifeline e Seawatch). Salvini lo aveva promesso, e i maltesi hanno eseguito.

      Le ONG ritornano dunque nel mirino, in nome di un emergenza che non esiste e di una lotta contro ai trafficanti che nessuno però garantisce perchè in Libia non si riesce ad affermare una giurisdizione indipendente dalle milizie che controllano i diversi territori, e gestiscono direttamente rapporti con i trafficanti di persone ( e di petrolio). Dal momento che queste scelte politiche, alle quali corrispondono prassi operative prive di fondamento legale, come la “chiusura dei porti” imposta da Salvini e Toninelli, o gli ordini di “stand by“,già impartiti lo scorso anno, producono e produrranno ancora in futuro centinaia di morti. Perchè cambieranno soltanto le rotte, ma sempre i migranti saranno messi in mare dalla Libia verso l’Europa, occorre chiedersi che ruolo possono giocare ancora le ONG. Per tentare almeno di ridurre il numero delle vittime, e per continuare a denunciare i casi sempre più frequenti di omissione di soccorso in acque internazionali. In attesa che i tribunali internazionali o l’Unione Europea impongano agli stati il pieno rispetto delle Convenzioni internazionali e dei Regolamenti europei che privilegiano la salvaguardia della vita umana in mare ed il diritto di chiedere protezione, rispetto alla difesa dei confini marittimi.

      2.Occorre innanzitutto prendere atto che, come si è evidenziato in queste ultime settimane, sempre più spesso le decisioni amministrative o le direttive emanate dal governo potranno creare i presupposti per l’avvio di azioni penali da parte della magistratura nei confronti di quegli operatori umanitari e di quelle ONG che si atterranno al rispetto delle Convenzioni internazionali e dei Regolamenti europei, nello svolgimento di attività di ricerca e soccorso nelle acque del Mediterraneo Centrale.

      Si verificherà poi, in occasioni sempre più frequenti, che la manipolazione dei dati e la successiva diffusione di fake-news capovolga il senso della narrazione degli eventi di soccorso in mare, fino a fare assumere ai veri responsabili la veste di accusatori ed ai soccorritori la posizione di inquisiti, in modo da eliderne del tutto le possiblità di intervento, sia in mare che nel dibattito pubblico, minandone la credibilità.

      Per contrastare tutto questo e permettere la prosecuzione delle attività di ricerca e salvataggio delle ONG in acque internazionali occorre rafforzare i team legali di esperti che verifichino il rispetto delle regole di Diritto internazionale, e del diritto dei rifugiati, da parte di tutti gli attori chiamati ad intervenire, o che si trovano nelle posizioni più vicine alle aree nelle quali si verificano gli eventi SAR.

      Appare fondamentale in questa prospettiva denunciare la istituzione di una zona SAR libica da parte dell’IMO,su impulso ed avallo delle autorità italiane. Va denuinciata altresì la inefficacia delle attività di ricerca e salvataggio svolta da Malta nella vastissima zona SAR che per ragioni economiche il governo di La Valletta continua ad attribuirsi. Occorre dunque una forte iniziativa a livello di Nazioni Unite e quindi dell’IMO per stabilire con certezza vere zone SAR, individuando le autorità che effettivamente sono in grado di intervenire con effettive capacità di coordinamento e di raccordo con altre autorità SAR. La vita umana in mare non può essere data in appalto per ragioni elettorali o di convenienza politica. Gli accordi bilaterali tra stati in questo campo possono assumere rilievo solo nell’ambito di un riconoscimento internazionale effettivo della capacità di coordinamento dei soccorsi attraverso una Centrale operativa nazionale (MRCC).

      Al fine di garantire la massima trasparenza, contro il rischio di altre e più gravi ricostruzioni farlocche degli interventi SAR da parte dei ministri, e di altre autorità, occorre realizzare sistemi di trasmissione video in tempo reale, accessibili in rete, di tutte le attività di ricerca e soccorso che saranno svolte dalle navi delle ONG, utilizzando anche le rilevazioni radar, quelle satellitari, e la via del monitoraggio aereo con l’uso di droni, per documentare i casi di intervento della Guardia costiera “libica”, che libica non è più, ed eventuali casi di abbandono in mare. Si corre altrimenti il rischio concreto che alla prossima strage, se soltanto una nave delle ONG si trovi nelle vicinanze dell’evento di soccorso, tutte le responsabilità posano essere adossate sugli operatori umanitari. Una certa parte dell’opinione pubblica, ormai incline all’odio senza verificare i fatti, non aspetta altro.

      In un momento in cui le spinte nazionaliste dei governi sovranisti e populisti europei hanno messo tutti contro tutti, occorre negoziare accordi con i singoli stati, anche della sponda sud, come la Tunisia, per garantire possibilità di rifornimento alle singole navi delle ONG che saranno ancora impegnate in attività di ricerca e salvataggio sulla rotta del Mediterraneo Centrale. Vanno inoltre utilizzate le navi più grandi che le ONG saranno in grado di inviare in questa zona come stazione galleggiante di rifornimento e assistenza anche sanitaria, per i casi più urgenti. Ornai è evidente che l’Italia e Malta non garantiscono più “porti sicuri di sbarco” (POS), e le offerte più recenti di attracco altro non sono che un passaggio strumentale al sequestro delle imbarcazioni ed all’incriminazione degli equipaggi.

      Si è visto lo scorso anno come i provvedimenti amministrativi di controllo o di fermo tecnico siano finalizzati alla successiva adozione di inziative penali, con il caso della Juventa, attratta con un ordine della Guardia costiera per il trasbordo di tre migranti a Lampedusa, e poi sequestrata. Un processo ancora in corso, nel quale si dovrà chiarire anche il ruolo degli agenti di sicurezza infiltrati a bordo della nave Vos Hestia di Save The Children, poi finita pure nell’inchiesta. Si è ripetuto ancora quest’anno, in Italia, a Pozzallo, con il sequestro della Open Arms, ed a Malta con il sequestro illegale ( perchè in assenza di provvedimenti giudiziari che lo legittimassero) della nave Sea Watch e della Lifeline, bloccate da settimane per problemi burocratici. Tutti casi nei quali le scelte degli esecutivi e gli ordini di natura amministrativa delle autorità marittime hanno contribuito alla costruzione di una fattispecie penale. E quindi ad una gigantesca operazione mediatica che ha condannato le ONG e tutti i cittadini solidali prima ancora che i processi offrissero almeno qualche effettiva possibilità di difesa e di ribaltamento della narrazione tossica diffusa a reti unificate. Ma la Libia non offre “porti sicuri di sbarco”, dopo i giudici siciliani adesso lo dice anche l’Unione Europea.

      Quanto alla individuazione di porti sicuri di sbarco (POS), che sono garantiti dalle Convenzoni internazionali, prima di ciascuna missione le imbarcazioni delle ONG va garantita la possibilità di rientro in un paese ed in un porto nel quale le persone soccorse possano essere sbarcate in sicurezza, e nel quale gli operatori umanitari non rischino l’apertura di procedimenti penali o il sequestro della nave. Queste attività repressive che si riconducono generalmente al contrasto dell’immigrazione irregolare, come pure il ritardo immotivato nella indicazione di un porto sicuro di sbarco, si ripercuotono direttamente sulla salute psico-fisica dei naufraghi, e possono ridurre notevolmente la capacità operativa delle imbarcazioni delle ONG, mettemndo a rischio anche il diritto alla vita.

      3. Le attività di ricerca e salvataggio ancora svolte da Organizzazioni non governative non si possono collocare al di fuori di una cornice di coordinamento che va comunque garantita con le Autorità SAR nazionali competenti, come previsto dal diritto internazionale del mare. Non si può però continuare a ricorrere ad una negoziazione caso per caso, dopo o addirittura durante l’espletamento delle operazioni di soccorso.

      Retweeted Paolo Biondi (@PaoloBiondi82):

      Oggi Malta ha coordinato il salvataggio di 19 migranti in difficoltà all’interno della Regione di ricerca e soccorso maltese (DDR) circa 50 miglia a sud dell’isola. Rcc Malta è stata informata di questa barca da parte di Mrcc Roma e della guardia costiera libica quando era ancora nella SAR Libica.

      Malta coordinated the rescue of 19 migrants in distress within the Maltese Search and Rescue Region (SRR) some 50NM south of the island. RCC Malta was informed of this boat by MRCC Rome and the Libyan Coast Guard when it was still in Libya SRR

      Bisogna dunque attivare canali di comunicazioni costanti con quelle autorità SAR che possono garantire lo sbarco in un porto sicuro, che come prevedono le Convenzioni internazionali di diritto del mare, non è necessariamente il “porto più vicino”, come qualcuno ha ritenuto in Italia, ma è quel porto nel quale la persona sbarcata ( e potremmo aggiungere adesso, anche i soccorritori) abbiano la piena garanzia che i diritti fondamentali della persona siano rispettati. Occorre che le ONG si raccordino tra loro e stilino loro una “Carta dei soccorsi nel mare Mediterraneo”, sulla quale aggregare consenso in modo da garantire modalità di intervento generalmente condivise. Un documento con prasse operative concordate da verificare con la Guardia costiera italiana che ha una tradizione di soccorso in mare che non può essere smentita da atti di indirizzo politico.

      Ricordiamo bene come l’attacco alle ONG sia patrtito dalle destre identitarie europee e, subito dopo, da Frontex, all’inizio dello scorso anno. Ma il confronto ed il coordinamento sulle operazioni SAR nel Mediterraneo centrale non potrà prescindere dal tentativo di coinvolgimento dell’Agenzia per il controllo delle frontiere esterne (FRONTEX), oggi ridefinita come “Guardia costiera e di frontiera europea” ( in base al Regolamento UE 1624 del 2016) . Sarò anche importante verificare la disponibilità a partecipare ad attività SAR della missione EUNAVFOR MED ( Operazione Sophia), un obbligo ineludibile da garantire nel rigoroso rispetto del proprio mandato operativo, deciso nell’ambito della politica estera comune dell’Unione Europea (PESC). Non sarà un confronto facile, ma nessuno può pensare che ritirando le navi militari, limitandone le attività in operazioni SAR, o costringendo le ONG al ritiro totale, si possa garantire un miglior risultato delle politiche migratorie europee e nazionali, anche a costo di passare sopra le migliaia di morti e dispersi che queste politiche hanno fin qui prodotto.

      Il soccorso in mare è condizionato anche da quello che succede nei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Senza una soluzione politica del conflitto in Libia e senza la garanzia di un qualsiasi stato di diritto che sia almeno in parte esente dalla corruzione diffusa che caratterizza quel paese, qualsiasi accordo con le milizie e con le forze che controllano le diverse Guardie costiere, rischia di tradursi ancora una volta con un ulteriore rafforzamento delle organizzazioni criminali. Le minacce, reiterate anche di recente, rivolte dalla Guardia costiera di Tripoli alle Organizzazioni non governative comprendono ormai il rischio di attacchi armati e di sequesto di persona.

      Le navi delle ONG ben dificilmente potranno avventurarsi a meno di 70 miglia (120 chilometri) dalla costa libica. La minaccia di sequestro da parte della Guardia costiera di Tripoli diventa ogni giorno più grave. Un motivo in più che dovrebbe spingere la comunità internazionale, o singoli paesi, questa volta davvero “volenterosi”, ad organizzare missioni internazionali di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. In acque internazionali che ormai, dopo la creazione di una zona SAR “libica”, sono rimaste nella esclusiva disponibilità di un gruppo di milizie che non garantisce il rispetto dei diritti e dei corpi delle persone, nè durante le azioni di soccorso, nè durante le successive fasi dello sbarco a terra e dell’internamento nei centri di detenzione. Adesso sono ache alcuni esponenti della Guardia costiera di Tripoli, di cui Salvini si fida tanto, che ammettono di non avere i mezzi necessari per salvaguardare la vita umana in mare.

      In questa direzione la società civile organizzata deve andare oltre l’impegno qui profuso, occorre davvero che “si imbarchi” con tutte le proprie capacità organizzative sulle navi delle ONG, che significa garantire un impegno continuo a livello più ampio. Non certo con la presenza fisica, ma con una attività ben documentata di diffusione delle notizie, di accertamento delle fake news, di iniziativa politica e di sostegno economico e legale, che permetta di difendere i valori del soccorso e della solidarietà contro tutti i tentativi di depistaggio e di diffusione di messaggi di odio, di negazione della dignità umana e di subordinazione del diritto alla vita alle esigenze della difesa delle frontiere, se non alla mera propaganda elettorale.

      https://www.a-dif.org/2018/07/22/quale-futuro-per-le-operazioni-di-soccorso-in-mare-svolte-dalle-ong

    • JOSEFA : «SONO ARRIVATI I LIBICI E CI HANNO PICCHIATO»

      Sicuri da morire. L’accusa dell’unica superstite al naufragio. Da Open Arms denuncia per omicidio colposo

      «Denunceremo chi, con bugie e falsità, mette in dubbio l’opera di salvataggio e accoglienza svolta dall’Italia»: il Viminale ieri ha attaccato ancora l’Ong catalana Proactiva open arms, arrivata ieri mattina a Palma di Maiorca con il cadavere della donna e del bambino ritrovati martedì con l’unica superstite, Josefa, aggrappata alle assi del fondo del gommone distrutto a 80 miglia dalla cosa libica, 90 da Lampedusa. La donna camerunese, ricoverata in forte stato di choc e con i postumi dell’ipotermia, dopo essere rimasta due giorni a galleggiare in acqua, ha raccontato: «Sono arrivati i libici, ci hanno picchiato e ci hanno lasciato in mare». Il Viminale insiste: «Qualcuno strumentalizza una vittima per fini politici. Se la Ong ha preferito rifiutare l’approdo per scappare altrove è un problema suo. I porti siciliani erano aperti». Alla Proactiva era stato offerto lo scalo di Catania ma il coordinatore della missione, Riccardo Gatti, aveva chiarito: «Rifiutiamo il porto di sbarco italiano dopo le dichiarazioni del governo (che aveva definito la denuncia dei volontari catalani una fake news ndr) e perché non crediamo che in Italia ci sia un porto sicuro». La scelta di Catania, poi, era risultata sospetta visto che la procura locale sta processando l’Ong tedesca Jugend Rettet per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      I membri della Proactiva open arms, insieme al campione dell’Nba Marc Gasol, si sono recati ieri al tribunale di Palma per presentare una denuncia per omissione di soccorso e omicidio colposo contro il capitano della Triades, il mercantile che per primo ha individuato i migranti e avvertito Tripoli senza però soccorrerli. «Lo faremo anche contro il capitano del pattugliatore della Guardia costiera libica» che avrebbe volontariamente affondato il gommone mentre a bordo c’erano ancora due donne e un bambino ha spiegato Oscar Camps, fondatore dell’Ong catalana, confermando anche l’intenzione di presentare una denuncia contro la Guardie costiera italiana e Malta perché potrebbero aver commesso il reato di omissione del dovere di assistenza.

      Alla stampa Camps ha poi spiegato che l’Europa lascia alla Libia («un paese senza stato») le operazioni in mare nonostante i sospetti di connivenza della sua Guardia costiera con i trafficanti: «Siamo etichettati come criminali, l’Italia ci accusa di mentire, diffamare e insultare, vuole rimandare in Libia le persone che salviamo. Siamo gli unici testimoni e adesso nessun’altra Ong è attiva nell’area. Siamo stati testimoni della barbarie disumana che vive il Mediterraneo». L’ultima stoccata è per il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che da mesi ripete «le Ong vedranno i nostri porti in cartolina». Camps ne ha mandata una virtuale via twitter al leader leghista con la dedica «Un abbraccio da Maiorca. Oscar e Josefa». A Palma c’era anche il deputato di Leu, Erasmo Palazzotto, che ha partecipato alla missione: «Chiederò al governo italiano che renda pubblici i dati su ciò che è accaduto nel luogo in cui è stata trovata morta la madre con il bambino per vedere se c’è responsabilità del governo e della guardia costiera nell’omicidio».

      La Marina italiana ieri ha respinto ogni addebito: «Non siamo mai stati coinvolti nel soccorso. Dopo il ritrovamento, all’Ong è stata data piena disponibilità a trasferire la donna, ancora in vita, in Italia, per ricevere assistenza sanitaria, è stata data anche la possibilità di raggiungere direttamente il porto di Catania». Anche il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, difende l’operato del governo: «Open Arms sbaglia obiettivo. L’Italia è un esempio per umanità ed efficienza nei soccorsi».

      Nessuno però sa spiegare la presenza di una donna viva e due cadaveri tra i relitti del gommone distrutto. Non sa spiegarlo soprattutto la Libia, che martedì aveva negato di averli lasciati in mare, chiamando in causa una troupe di giornalisti tedeschi presenti durante le operazioni. Poi è stata costretta a precisare che i salvataggi lunedì sera erano stati due e quindi venerdì ha parzialmente ammesso di aver provato a rianimare i corpi senza vita ma di non saper spiegare la presenza di Josefa. Una spiegazione arriva però dall’Italia. Il fatto quotidiano, riportando notizie apprese dai nostri militari, spiega: «I migranti non vogliono essere riportati in Libia, per convincerli ad accettare il soccorso è ormai prassi che i libici inizino le operazioni per affondare la barca». È la spiegazione che aveva dato Camps martedì, bollata da Salvini come «fake news».

      https://ilmanifesto.it/josefa-sono-arrivati-i-libici-e-ci-hanno-picchiato

    • Open Arms, a una settimana dalla tragedia Salvini incalzato non dà spiegazioni e loda i libici

      Era il 17 luglio quando la ong spagnola Proactiva Open Arms annunciava di aver recuperato nel Mediterraneo tre corpi - un bambino e una donna morta e un’altra invece ancora in vita - accanto a un relitto abbandonato dalla Guardia Costiera libica dopo un’operazione di recupero di migranti. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva negato che i libici avessero abbandonato delle persone in mare, tantomeno affondando il barcone nel quale viaggiavano, e aveva promesso le prove a sostegno della sua tesi. Poco dopo, dal Viminale si segnalava la presenza di una giornalista tedesca a bordo delle motovedette dei libici che avrebbero compiuto il salvataggio oggetto della questione e che avrebbe documentato la correttezza del loro operato.

      Con il passare delle ore, però, è emerso da diverse testimonianze, compresa quella della stessa giornalista, come in realtà l’operazione che avrebbe portato all’abbandono dei corpi sarebbe stata differente da quella documentata dalla troupe televisiva. Come e perché Josefa (la donna superstite) e la madre e il bambino annegati siano finiti in mare rimane dunque una domanda senza risposta.

      A una settimana di distanza dai fatti, siamo tornati a chiedere a Salvini una spiegazione sulla vicenda, senza ottenere una risposta.

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/open-arms-a-una-settimana-dalla-tragedia-salvini-incalzato-non-da-spiegazioni-e-loda-i-libici/311052/311687

    • Watch: 10 days at sea, the real story of the Aquarius

      For us, journalists, bearing witness is both an instinct and a responsibility.

      The Aquarius deployment came about because I wanted to see for myself how NGOs conducted search and rescue missions in the so-called “world’s deadliest migration route”.

      I had reported on the refugee crisis for years - from the Turkish-Syrian border, but also from Greece, Macedonia, Hungary, Germany, France... I had seen fear and desperation. But also solidarity and hope.

      I wanted to understand what this part of the story was all about. And what impact it had on the whole of the European Union.

      Little did I know I would be reporting on a story that would threaten to split Europe apart.

      10 days at sea: the real story of the Aquarius is about what happened aboard the humanitarian vessel while it found itself at the heart of one of the most serious storms Europe has ever faced.

      http://www.euronews.com/2018/07/16/10-days-at-sea-the-real-story-of-the-aquarius-exclusive

    • Stampa spagnola, Josepha vuole denunciare Libia e Italia

      La donna sopravvissuta e soccorsa da Open Arms, secondo Diario de Mallorca, pensa alle vie legali per l’omissione di soccorso.

      Josepha, la donna del Camerun salvata dalla Ong spagnola Proactiva Open Arms dopo aver trascorso due giorni in mare aggrappata a un pezzo di legno, denuncerà l’Italia per aver rifiutato di sbarcare i cadaveri dei migranti morti nel Mediterraneo nel porto di Catania. Lo scrive il quotidiano Diario de Mallorca. La donna per 48 ore è stata in balia delle onde a largo della Libia, aggrappata a un pezzo di legno. Insieme a lei c’erano i cadaveri di una donna e un bambino.

      Secondo il quotidiano il quotidiano spagnolo, dopo essere sbarcata a Palma - dove è arrivata, insieme ai volontari, da poche ore - denuncerà alle autorità spagnole la guardia costiera della Libia per aver speronato la barca a bordo della quale si trovava. Si rivolgerà alla giustizia spagnola per segnalare anche una presunta omissione dell’Italia. Josefa, che ha raccontato di essere scappata dal Camerun per fuggire dal marito che la picchiava perché non poteva avere figli, riceverà lo status di rifugiata.

      Anche i volontari di Open Arms hanno deciso di denunciare la guardia Costiera libica per omissione di soccorso e di avere intenzione di fare lo stesso con «qualsiasi altra persona che ha preso parte ai fatti con azioni o omissione». A tal proposito, hanno detto, anche la Guardia costiera italiana «avrà qualcosa da dichiarare riguardo ciò che è avvenuto a 80-90 miglia dalle sue coste».

      Dal Viminale rispondono: «Se la Ong spagnola ha preferitorifiutare l’approdo in Italia per scappare altrove, è un problema suo. I porti siciliani erano aperti anche per accogliere i cadaveri a bordo, e per questo alla Ong era stata esclusa l’opzione Lampedusa: l’isola è infatti sprovvista di celle frigorifere per i corpi».

      https://www.huffingtonpost.it/2018/07/21/stampa-spagnola-josepha-vuole-denunciare-libia-e-italia_a_23486787

    • « #Sarost_5 » : une situation dramatique selon les migrants relayés par une ONG

      L’épuisement, la fatigue, le découragement ne font que croître à bord du Sarost 5. Le navire commercial est toujours bloqué devant le port de #Zarzis en #Tunisie, après avoir été refusé par les autorités maltaises et tunisiennes. Cela fait maintenant une semaine que les 14 membres d’équipages et les 40 migrants attendent le débarquement, avec peu de vivres, dans une situation sanitaire de plus en plus compliquée. Aucun des pays proches n’a pour l’instant accepté que le bateau accoste et permette à ces ressortissants africains de débarquer. Pour alerter l’opinion sur leur situation, l’ONG Watch the Med a recueilli des témoignages à bord du Sarost 5.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180723-migrants-sarost-5-situation-dramatique-temoignages-relayes-ong-watch-th

    • Secondo il Viminale la versione di Open Arms è una “fake news”, ma ad oggi non ha fornito le prove

      Pochi giorni fa, a circa 80 miglia dalle coste libiche l’associazione non governativa Proactiva Open Arms ha trovato i resti di un’imbarcazione con due cadaveri e una donna ancora viva. L’ipotesi e poi l’accusa della ONG è che la «Guardia costiera libica», nel corso di un’operazione di salvataggio, abbia lasciato volutamente alcune persone in mare perché non volevano ritornare in Libia. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha definito questa ricostruzione una «fake news» e ha promesso che avrebbe fornito le prove della sua falsità. Al momento, però, queste prove non sono state ancora esibite.

      https://www.valigiablu.it/ong-salvini-fake-news

    • Rejetés par les pays européens, 40 migrants sont bloqués au large de la Tunisie

      Quarante migrants et l’équipage du Sarost 5 sont bloqués devant le port de Zarzis, en Tunisie. Le navire battant pavillon tunisien est arrivé sur place après avoir été refusé par l’Italie, la France et surtout Malte. C’est pourtant ce dernier pays qui est censé secourir ces rescapés, car leur embarcation était située en zone maltaise quand elle a été signalée. Deux femmes enceintes se trouvent à bord.

      www.rfi.fr/europe/20180721-sarost-5-zarzis-malte-italie-france-migrants-bloques-tunisie

    • La Tunisie s’apprête à accueillir les 40 migrants bloqués sur le Sarost 5

      Après deux semaines bloqué en mer, au large de Zarzis, le navire Sarost 5 devrait finalement avoir l’autorisation d’accoster en Tunisie. Le Premier ministre tunisien, Youssef Chahed, a expliqué samedi devant le Parlement que le pays allait lui ouvrir ses ports pour des raisons humanitaires. Quarante migrants dont deux femmes enceintes se trouvent en effet sur le Sarost 5 que ni la France, ni l’Italie, ni Malte n’ont jusqu’ici accepté d’accueillir.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180730-tunisie-accueille-quarante-migrants-sarost-5-zarzis-youssef-chahed

    • WatchTheMed Alarm Phone : Press Release on the Sarost 5 Disembarkation Announcement

      July 29, 2018
      Watch the Med Alarm Phone has been in regular contact with crew members as well as rescued people of the Sarost 5 since the first distress call that took place in the Maltese SAR zone on Friday 13.07.18. The 40 rescued people have been at sea for more than two weeks. The rescued people and the crew of the supply vessel Sarost 5 have been stationed off the port of Zarzis since Monday 16.07.18 and have endured unbearable living conditions on board. We are relieved that the Tunisian government will let the people disembark for ‘humanitarian reasons’. However, we remain extremely concerned about the following points:

      The ordeal endured by the crew and passengers of the Sarost 5 is the direct result of EU migration policies, which externalize border controls and condone the closure of ports in Italy and Malta to NGO and private rescue vessels. The case of the Sarost 5 adds to other worrying developments in the Central Mediterranean, such as the increased collaboration between Italy and the Libyan Coast Guard and the failure to give authorizations to rescue vessels to disembark people, leaving them stranded at sea for days.
      The EU has announced its plans to establish regional disembarkation mechanisms in North Africa. The arrival of the Sarost 5 on Tunisian soil does not constitute a precedent for such disembarkation points. The Sarost 5 sails under Tunisian flag and no North African country has agreed to disembarkation points on their territory. We strongly oppose any steps towards such regional disembarkation points.
      The case of the Sarost 5 illustrates the erosion of SAR responsibilities in the central Med. Malta has not abided by its responsibilities to provide a port of safety to the 40 people who were first given supplies at sea by the Caroline III, under Maltese orders and in the Maltese SAR zone. This denial of responsibility not only breaks international maritime law, but also violates the principle of non-refoulment. The People on board the Sarost 5 have declared in video testimonies that they are in need of international protection. Furthermore, the lack of a legal framework to apply for international protection in Tunisia will deprive the people on board the Sarost 5 from their right to an effective remedy. The violation of basic rights of asylum seekers in Tunisia has been documented through the ongoing ordeal faced by the ex-Choucha camp refugees, who are still fighting for legal status and a dignified life in Tunisia. In fact, their struggle continues four years after the closure of the camp. In addition, the rights of LGBTQ people are severely restricted in Tunisia. For the reasons mentioned above, we strongly believe that ports in Tunisia should not be considered as ports of safety.

      Watch the Med Alarm Phone denounces the EU states’ failure to take responsibility and their stark negligence of international human rights, as well as the lack of a public statement from the UNHCR in favour of the people on board the Sarost 5. Watch The Med Alarm Phone will monitor the disembarkation closely and remain in contact with the people from the Sarost 5.

      In light of the Sarost 5 case, we immediately call for:

      – Full and unconditional respect for human rights and the international Maritime law;
      – Immediate disembarkations in ports of safety, which cannot be in Tunisia or Libya, given their non-compliance with international refugee and human rights law;
      – The abolition of the Dublin regulation so that the arrival of migrants can be shared among member states of the EU and that the pressure on southern EU states can be alleviated;
      – The re-opening of Italian and Maltese ports to NGOs and private vessels transporting people rescued at sea, as they are the closest safe ports to the rescue zone

      communiqué de presse reçu via la mailing-list de Migreurop

    • Le Sarost 5 toujours bloqué au large de la Tunisie : situation confuse dans les eaux tunisiennes

      Le week end dernier, de nombreuses informations contradictoires, concernant le sort des 40 migrants bloqués au large de la Tunisie depuis 15 jours, ont circulé. Alors que le navire humanitaire espagnol Open Arms n’était qu’à quelques km du Sarost 5, les autorités tunisiennes ont annoncé leur intention d’accueillir sur leur sol les 40 migrants. Cependant pour l’heure, la situation à bord n’a pas changé.

      Samedi 28 juillet, le Premier ministre tunisien Youssef Chahed a déclaré lors d’une séance plénière au Parlement que « pour des raisons humanitaires », la Tunisie allait finalement « accueillir les 40 migrants » bloqués au large du port tunisien de Zarzis depuis le 16 juillet.

      Lundi 30 juillet en milieu d’après-midi, le Sarost 5 était cependant toujours immobilisé en pleine mer. « Les autorités portuaires tunisiennes n’ont pas encore reçu l’autorisation de Tunis de laisser entrer le bateau », déclare à InfoMigrants Mongi Slim du Croissant rouge tunisien. « On sait que le gouvernement a accepté que notre navire accoste en Tunisie mais depuis cette annonce on est toujours bloqués ! On attend quoi », se plaignait déjà samedi soir à InfoMigrants un des membres d’équipage.

      Pour que le bateau puisse amarrer à Zarzis, il faut que le MRCC tunisien - le centre de contrôle maritime tunisien - donne son autorisation. On ignore encore pourquoi il n’a rien reçu malgré l’annonce du Premier ministre samedi.

      Open Arms au large des côtes tunisiennes

      Tout le week-end, la confusion a régné à bord du Sarost 5. À leur réveil samedi matin, les migrants aperçoivent au loin le navire humanitaire Open Arms qui est immobilisé à quelques milles nautiques de là. L’espoir renaît à bord du bateau. L’ONG espagnole a l’autorisation d’entrer dans les eaux tunisiennes pour offrir une assistance humanitaire et médicale aux membres du Sarost 5. Mais en milieu d’après-midi, Open Arms rebrousse chemin vers Malte pour évacuer d’urgence un de ses sauveteurs.

      Le lendemain, dimanche 29 juillet, le navire humanitaire reprend la route en direction des côtes tunisiennes et se positionne de nouveau à proximité du Sarost 5 – il repart finalement dans les eaux internationales lundi en début d’après-midi, les autorités tunisiennes ne l’autorisant pas à stationner dans leur zone maritime.

      Entre-temps, le gouvernement tunisien a fait part de son intention d’accueillir les 40 migrants. L’ONG espagnole assure que sa présence dans les eaux tunisiennes a permis de débloquer la situation. « Quand la Tunisie a vu qu’une organisation aussi médiatique que la nôtre était devant sa porte - et que nous voulions rencontrer les migrants à bord - ils ont eu peur qu’on montre publiquement que les migrants n’étaient pas bien traités », a déclaré à l’agence de presse espagnole EFE Oscar Camps, le président de l’ONG.

      À bord du Sarost 5, l’incertitude pèse sur les migrants déjà éprouvés moralement et physiquement par plus de deux semaines en mer. « Mon Dieu, quand est-ce que tout cela va s’arrêter. Le gouvernement donne officiellement son accord mais il ne se passe rien. Que nous veut la Tunisie encore ? », s’interroge lundi Samuel*, un migrant qui est en contact régulier avec InfoMigrants.

      La Tunisie, pas un « port sûr » selon les ONG

      Par ailleurs, les ONG s’inquiètent de l’arrivée éventuelle de ces migrants en Tunisie. « Ce pays ne remplit pas les critères pour être qualifiée de ‘port sûr’. Il n’y a pas de cadre légal pour y déposer une demande d’asile », dénonce à InfoMigrants Olivia Santer, porte-parole d’Alarm Phone. « La violation des droits fondamentaux des demandeurs d’asile en Tunisie a été documentée par ce que subissent les anciens migrants du camp de Choucha qui luttent toujours pour un statut légal (..). Quatre ans après la fermeture du camp, leur combat se poursuit toujours », déclare l’ONG dans un communiqué.

      Le Croissant rouge tunisien assure lui que tout est prêt pour gérer au mieux l’arrivée des 40 migrants du Sarost 5. Ces derniers doivent être accueillis par l’ONG au port de Zarzis et seront ensuite envoyés au foyer de Médenine (à l’ouest de Zarzis) où « ils pourront bénéficier de soins médicaux, de distribution de nourriture et de vêtements », selon Mongi Slim du Croissant rouge tunisien.

      Les demandeurs d’asile pourront, toujours selon le croissant rouge tunisien, déposer une demande auprès du Haut-commissariat des Nations-Unies pour les réfugiés (HCR). Sur ce sujet aussi, les informations demeurent floues. L’agence onusienne assure avoir déjà rencontré plusieurs migrants du Sarost 5 lors d’une mission sur le navire, mais les naufragés et l’équipage nient la visite du HCR à bord. « Nous avons demandé plusieurs fois que l’agence onusienne vienne nous voir mais ils ne sont jamais venus », assure Samuel.

      L’ONG Alarm Phone se dit outrée par le HCR qui « n’a pas su se positionner clairement en faveur des droits des rescapés ». « Cela renforce notre inquiétude pour l’avenir de ces 40 migrants », signale Olivia Santer. « Ils devraient être en Europe car ils ont été repérés dans les eaux maltaises. Mais une nouvelle fois, les autorités européennes n’ont pas pris leurs responsabilités et ont renvoyé le problème », souffle-t-elle.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/10974/le-sarost-5-toujours-bloque-au-large-de-la-tunisie-situation-confuse-d

    • Rejetés par les pays européens, 40 migrants sont bloqués au large de la Tunisie

      Quarante migrants et l’équipage du Sarost 5 sont bloqués devant le port de Zarzis, en Tunisie. Le navire battant pavillon tunisien est arrivé sur place après avoir été refusé par l’Italie, la France et surtout Malte. C’est pourtant ce dernier pays qui est censé secourir ces rescapés, car leur embarcation était située en zone maltaise quand elle a été signalée. Deux femmes enceintes se trouvent à bord.

      C’est le capitaine du Sarost 5, un navire d’approvisionnement battant pavillon tunisien, qui a appelé les autorités tunisiennes à « intervenir d’urgence » pour lui permettre d’accoster au large de Zarzis, dans le sud du pays.

      Ce navire commercial a secouru 40 migrants, dont huit femmes et notamment deux enceintes. Or, il patiente au large de ce port. Une attente qui « commence à être très longue, au détriment de notre travail », déplore le capitaine, Ali Hajji, interrogé par l’Agence France-Presse.

      « L’équipage du bateau est épuisé moralement et physiquement », explique-t-il à l’AFP. « Nous faisons notre maximum pour apporter notre aide aux migrants, dont certains sont malades, et nous risquons d’être contaminés. »

      Selon une source de l’AFP - un responsable de la garde maritime tunisienne s’exprimant sous couvert d’anonymat -, l’autorisation d’accoster à Zarzis « dépasse » ses équipes. « Nous attendons une décision politique », fait-il remarquer. Mais cette dernière tarde à venir de Tunis pour le moment.

      Les 40 migrants à bord du Sarost 5 n’en sont pas au début de leur calvaire. Ils seraient originaires d’Afrique subsaharienne et d’Egypte, et seraient partis de Libye à bord d’une embarcation pneumatique avant d’être perdus en mer cinq jours.

      Un problème symptomatique de la crise européenne

      Ces personnes ont finalement été repérées, à une date non précisée, par le navire Caroline III, envoyé par un centre de secours maltais. Problème : selon des ONG tunisiennes, quand ce bateau a appelé à l’aide les gardes-côtes d’Italie, de France et de Malte, ces derniers « ont refusé d’accueillir les rescapés ».

      Selon ces ONG, le prétexte des Européens, c’était que « les ports les plus proches étaient situés en Tunisie ». Les migrants ont donc finalement été pris en charge par le Sarost 5. Le Croissant-Rouge a pu les examiner à deux reprises.

      « Huit migrants ont la gale et les deux femmes enceintes risquent de perdre leur bébé », relate Mongi Slim, responsable du Croissant-Rouge à Médenine, une ONG qui continue d’envoyer médicaments et nourriture. « Nous avons demandé aux autorités tunisiennes d’hospitaliser au moins trois personnes », ajoute-t-il.

      La Tunisie fait partie des pays cités pour l’émergence de possibles centres d’accueil de migrants hors Europe souhaités par l’UE. Mais selon M. Slim, les passagers du Sarost 5 « refusent d’être accueillis par la Tunisie et veulent rejoindre l’Europe ».

      Watch The Med-Alarm Phone s’est fait une spécialité de repérer les bateaux à la dérive en Méditerranée, pour les guider vers d’éventuels sauveteurs. Et pour Olivia Santer, militante au sein de ce réseau, la situation du Sarost 5 est symptomatique de la crise de l’accueil européen. Ci-dessous, ses explications sur RFI.

      http://www.rfi.fr/europe/20180721-sarost-5-zarzis-malte-italie-france-migrants-bloques-tunisie

    • Sur la Sarost 5, voici le commentaire de @_kg_, qui m’a été envoyé par email, et qui répond à la question : si la Tunisie acceptait de prendre les migrants sur son territoire...

      - les personnes vont être logés au centre de logement du Croissant Rouge Tunisien (CRT) à Médenine
      – le Conseil Italien des Réfugiés va venir sur place pour categoriser entre « migrant.e.s » et « réfugiés » ; les réfugiés peuvent faire une demande d’asile en Tunisie et sont logés au centre d’UNHCR...t’imagines la situation d’un demandeur d’asile en Tunisie...réinstallation dans un pays tiers = environ 12 personnes/année...un très grand taux des demandeurs d’asile disparait, on ne les retrouve plus...
      – les « migrant.e.s » restent au centre CRT dont ils sont pris en charge au maximum deux mois (cf. Monghi Slim http://www.rfi.fr/afrique/20180730-tunisie-accueille-quarante-migrants-sarost-5-zarzis-youssef-chahed) ; l’OIM vient sur place pour leur proposer le « retour volontaire » dans leur pays d’origine comme seule solution... donc ces « migrant.e.s » sont maintenant bloqués en Tunisie, le nombre monte.
      – Il reste quel projet futur ? Dans la plupart des cas ils/elles quittent le centre de logement pour les grandes villes tunisiennes : travailler pour financer le prochain voyage vers l’Europe ou vers un autre pays...

    • 2018 sind schon mehr als 1500 Flüchtlinge im Mittelmeer ertrunken | NZZ.ch 2018-08-04

      https://www.nzz.ch/international/2018-schon-mehr-als-1500-fluechtlinge-auf-dem-mittelmeer-ertrunken-ld.1408860

      https://nzz-img.s3.amazonaws.com/2018/8/4/4e09c75c-b1d0-4211-bd3f-a77d296b1d19.jpeg

      Nach einer Mitteilung des Uno-Flüchtlingshilfswerks ist die Zahl der Todesfälle gestiegen, obwohl die Gesamtzahl der über das Mittelmeer nach Europa gekommenen Personen zuletzt deutlich zurückgegangen war.

      Mehr als 1500 Flüchtlinge sind nach Angaben der Uno in den ersten sieben Monaten dieses Jahres im Mittelmeer ertrunken. Mehr als die Hälfte von ihnen sei dabei im Juni und Juli ums Leben gekommen, teilte das Uno-Flüchtlingshilfswerk UNHCR am Freitag in Genf mit. Demnach stieg die Zahl der Todesfälle, obwohl die Gesamtzahl der über das Mittelmeer nach Europa gekommenen Personen zuletzt deutlich zurückgegangen war.

      Laut UNHCR gelangten seit Januar ungefähr 60 000 Flüchtlinge nach Europa. In den ersten sieben Monaten des Vorjahres waren es noch etwa doppelt so viele Personen. Spanien löste Italien mittlerweile als wichtigstes Ankunftsland ab. Dort kamen von Januar bis Juli rund 23 500 Menschen an – so viele wie im gesamten Jahr 2017. Italien verzeichnete im Betrachtungszeitraum dagegen rund 18 500 Ankünfte; in Griechenland waren es zirka 16 000 Personen.

      [...]

    • Ong, Open Arms in attesa di un porto in cui sbarcare 87 migranti: “Caldo rovente sul ponte”

      Dopo tre giorni l’ong spagnola attende ancora indicazioni: a bordo di Open Arms ci sono 87 migranti, tra cui 8 minori.

      Terzo giorno a bordo di Open Arms, la temperatura è rovente sul ponte. La paura di essere riportati in Libia si placa. Ci affidano le loro storie terribili, molte provenienti dall’inferno Darfur e dagli abusi ripetuti della Libia. Ancora nessun porto di destinazione". Lo fanno sapere i volontari con un tweet lanciato dalla nave della ong che il 2 agosto ha soccorso 87 migranti, fra cui 8 minori, che erano alla deriva su un gommone al largo della Libia.

      I profughi erano stati salvati dopo che il loro gommone si trovava da due giorni alla deriva in acque internazionali. Secondo il racconto del segeratario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni – che si trova a bordo della nave dell’ong per continuare la staffetta di solidarietà iniziata da Riccardo Magi, deputato di +Europa, e proseguita poi dal parlamentare di LeU Erasmo Palazzotto – i migranti sono in condizioni di salute precarie: alcuni di loro hanno sul corpo ustioni provocate dalla miscela di acqua di mare e gasolio.

      La prima segnalazione della presenza in mare del gommone era arrivata lunedì scorso dalla Guardia Costiera libica. Open Arms, una volta completato le operazioni, aveva informato l’Italia la Spagna e la Libia. In quello stesso giorno il ministro degli Interni Matteo Salvini aveva sottolineato l’assoluta chiusura dei porti italiani all’imbarcazione carica di migranti: «La nave spagnola Open Arms ha raccolto a bordo 90 immigrati nelle acque libiche. Visto che venti giorni fa aveva dichiarato che i porti italiani non sono sicuri perché c’è Salvini, sono certo che porteranno questi immigrati ovunque, tranne che in Italia. Buon viaggio», aveva scritto in un tweet il vicepremier leghista.

      https://www.fanpage.it/ong-open-arms-in-attesa-di-un-porto-in-cui-sbarcare-87-migranti-caldo-rovent

    • Aquarius, diario di bordo – giorno 2: “In caso di avvistamento non chiederemo autorizzazione, come prevede la legge”

      Prosegue il nostro viaggio a bordo della nave Aquarius. Il terzo giorno di navigazione è quello della preparazione al soccorso in mare. L’arrivo in zona Sar è previsto per stanotte. “A quel punto cominceranno le guardie notturne. A turno si resterà di vedetta per un’ora e mezzo a testa”. E, in caso di avvistamento di un’imbarcazione in difficoltà, di un naufragio, di persone in mare, “non chiederemo autorizzazione a nessuno per intervenire. Semplicemente lo farà, come richiede la legge”

      Sono le quattro del pomeriggio quando il wi-fi di bordo finalmente si risveglia – almeno per un po’ – e il Gps certifica: da un lato Tripoli, dall’altro Marsala. Il mare sembra avere un altro volto. Il blu è diverso. La stessa consistenza dell’acqua sembra essere cambiata. “Sul colore hai ragione”, dice serio Eduard, logista di Medici senza frontiere. “Il resto è una tua percezione”. Lui è un marinaio. Ha vissuto e lavorato per qualche anno sui pescherecci nella Manica, racconta. “Se hai lavorato in mare in quella zona, vieni considerato affidabile in questo lavoro”, mi spiega. Il suo sguardo a volte molto serio è ora, di fronte a una neofita del mare, comprensivo. “Il tempo, in quest’area, può cambiare da un momento all’altro. Ma non c’è il problema delle correnti. Nella Manica sì”. E giù a spiegare il funzionamento dei nodi, delle navi, del vento, delle correnti, della pesca. I gradi di classificazione di maltempo e tempeste, come reagiscono le imbarcazioni a seconda della loro grandezza. Cosa cambia a seconda del verso in cui dondolano. “Questa è una nave molto stabile”, mi assicura. “Certo che ho avuto paura, e spesso, quando lavoravo nella Manica e il mare era brutto. La paura è sana. Insieme alla rabbia, in quelle occasioni ti fa reagire e ti dà energia”.

      Nella notte la nave Open Arms dell’ong spagnola Proactiva ha soccorso 87 persone, di cui otto minori. Erano alla deriva da due giorni. Se ne parla nel corso della riunione mattutina su nave Aquarius. “In un’ideale staffetta umanitaria, Open Arms vorrebbe forse guadagnare un po’ di tempo ora e attendere il più possibile il nostro arrivo. Altrimenti non resterebbe nessuno a salvare vite”. L’arrivo di Aquarius in zona Sar è previsto per stanotte, al più tardi domani mattina. “A quel punto cominceranno le guardie notturne”, spiega Tanguy, bretone dall’espressione paciosa: uno sguardo che diventa incredibilmente serio quando vuole assicurarsi che tutti abbiano ascoltato e compreso chiaramente. È il “deputy Sar co”, ovvero chi coordina il momento del soccorso in mare e le lance che si avvicineranno a un’eventuale imbarcazione in difficoltà. Nick, invece, è il Search and rescue coordinator: coordina l’operazione dal ponte.

      Il terzo giorno di navigazione è quello della preparazione al momento che dà il senso alla missione: quello del soccorso in mare. Protagonista la squadra Sar di SOS Mediterranée: Nick, Tanguy, Basile, Baptiste, Dragos, Alessandro, Viviana, Hassad, Marc, Jeremie e Theo. Anche il fotografo dell’organizzazione, Guglielmo – 28enne palermitano – è parte attiva: in caso di necessità dovrà lasciare la macchina fotografica e dare una mano mentre è a bordo di uno dei gommoni dell’operazione. Da poppa a prua, il team passa la mattinata a spostare, montare, gonfiare, disporre, verificare. Per poi, dopo pranzo, animare un incontro di “teoria SAR” in cui Tanguy spiega, lavagna, pennarello e modellini di barchetta alla mano, la posizione delle lance in mare: come si muoveranno, chi sarà dove e chi farà cosa.

      Da stanotte “a turno si resterà di vedetta per un’ora e mezzo a testa”. E, in caso di avvistamento di un’imbarcazione in difficoltà, di un naufragio, di persone in mare, “Aquarius non chiederà autorizzazione a nessuno per intervenire. Semplicemente lo farà, come richiede la legge”. Quella dell’autorizzazione al IMRCC (Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo) di Roma “era una consuetudine non scritta, non un obbligo”, spiegano. Assicurava coordinamento e regolare svolgimento delle operazioni finché tutti gli attori coinvolti parlavano la stessa lingua. Una consuetudine valsa fino a prima della vicenda che a giugno ha portato la nave Aquarius a Valencia. Ora che “il contesto del Mediterraneo Centrale” è cambiato così tanto, “faremo direttamente quello che richiede la legge: fornire immediata assistenza a chi è in pericolo di vita in mare”.

      Il “drill”, il segnale, scatta nel primo pomeriggio: tutti – le equipe di SOS e di MSF e i giornalisti a bordo – indossano casco, giacchetto di salvataggio, pantaloni lunghi, magliette possibilmente con le maniche lunghe: “Durante un soccorso potrebbe capitare di restare in mare, sotto al sole, per ore”, spiega Tanguy. La simulazione vera e propria, con tanto di lance a mare e di persone a bordo nelle rispettive postazioni per assicurare efficienza e sicurezza (“Quella del giornalista sul gommone è una posizione fissa. Non ti devi muovere”, spiega serio il bretone guardandoti dritto negli occhi) è prevista per oggi. Ragioni di sicurezza: ieri Aquarius si trovava su una traiettoria molto trafficata. Mentre il primo giorno di navigazione aveva incrociato solo giovani delfini che giocavano in mare, e qualcuno aveva anche avvistato una balena, ieri, attraversando il Canale di Sicilia, erano tante le navi intorno.

      È poi la volta del team di Medici Senza Frontiere, con un meeting obbligatorio per tutte le persone a bordo: quello sul primo soccorso. David, il medico, spiega insieme alle due infermiere Catherine e Aoife e a una delle ostetriche, Nina, le principali tecniche di rianimazione su adulti e bambini. “Sai come capisci qual è il ritmo giusto per le pressioni del massaggio cardiaco? Cantando ‘Stayin’ Alive’”, dice David, mentre ne dà dimostrazione pratica con apposito manichino. Il trucco per ricordare sembra efficace: provano tutti, vogliono tutti sapere. Perché non si sa mai nella vita, e perché hanno scelto di essere su questa nave.

      Il sole tramonta questa volta quasi alle spalle di Aquarius: la traiettoria sta cambiando, si vira a est. E, guardando il mare, cominciano i racconti. Di soccorsi e naufragi, nel tentare di immaginare cosa voglia dire rimanere stipati su una barca di legno o su un gommone – o direttamente in acqua, naufragati – in solitudine e circondati da nient’altro che il mare nero della notte. “Quando ero su Vos Prudence (la nave SAR MSF che ha operato fino a un annetto fa, ndr), la notte ci capitava di vedere quelli che chiamavamo gli ‘angeli del mare’: pesciolini che saltano e seguono la luce delle barche”, racconta Ben. È uno dei due mediatori culturali e sarà a bordo di una lancia in caso di soccorso: è suo, e solo suo, il primissimo contatto con i migranti, suo il messaggio per spiegare che si tratta di un salvataggio e cosa accadrà alle persone soccorse in mare. “E i delfini spesso vengono accanto alla barca a sfregarsi il muso per pulirsi. Chissà se li vedremo”

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/04/aquarius-diario-di-bordo-giorno-2-in-caso-di-avvistamento-non-chiederemo-autorizzazione-come-prevede-la-legge/4537889

    • OpenArms: terzo giorno con 87 migranti a bordo, nessun porto aperto

      «Terzo giorno a bordo di OpenArms, la temperatura è rovente sul ponte. La paura di essere riportati in Libia si placa. Ci affidano le loro storie terribili, molte provenienti dall’inferno Darfur e dagli abusi ripetuti della Libia. Ancora nessun porto di destinazione». E’ il tweet lanciato dalla nave della Ong che il 2 agosto ha soccorso 87 migranti, fra cui 8 minori, che erano alla deriva su un gommone al largo della Libia.


      http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/openarms-terzo-giorno-con-87-migranti-a-bordo-nessun-porto-aperto_3

    • L’inchiesta “madre” Ong-scafisti verso l’archiviazione

      È trascorso circa un anno – era il 13 agosto 2017 – da quando il Fatto pubblicò la notizia che la procura di Catania indagava, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo. Un anno dopo, per quanto risulta al Fatto, quel fascicolo sembra destinato inesorabilmente all’archiviazione. E per molti motivi.

      Il più importante: non è stato trovato alcun riscontro alle accuse. O meglio: nel fascicolo non è potuto confluire nulla, di quel po’ che è stato riscontrato, che sia possibile sostenere in un processo. La vicenda – che il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare – è più complessa di quanto possa sembrare. Innanzitutto, le lancette dell’orologio, vanno portate indietro di un anno: l’inchiesta inizia infatti nel 2016.

      È la Marina Militare a sospettare per prima dei collegamenti tra Ong e scafisti nelle operazioni di sbarco e salvataggio. Nessuna informativa ufficiale. Ma notizie che giungono comunque alla procura di Catania e spingono il procuratore Carmelo Zuccaro a delegare delle indagini amplissime: verificare le possibili condotte associative per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      Contestualmente – questo è però un percorso parallelo, che nulla ha a che fare con l’inchiesta, ma paradossalmente ne influenza parecchio l’esito – le nostre agenzie di intelligence, attraverso i satelliti militari, captano conversazioni tra scafisti e volontari delle Ong, dimostrando l’esistenza di alcuni contatti che non certificano però alcun reato. Operazione benedetta dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti che ha già avviato la sua strategia per sgomberare il Mediterraneo dalle Ong. E infatti: le Ong finiscono nella bufera. Dal punto di vista giudiziario, nei fatti, oggi però resta in piedi una sola inchiesta: quella di Trapani, che non contesta l’associazione per delinquere, ma comportamenti di singoli volontari specificando che le eventuali violazioni del codice penale erano motivate esclusivamente da fini umanitari.

      Ma torniamo alla primavera del 2017. Non è un caso che, ad aprile il generale Stefano Screpanti, capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della GdF, dinanzi alla Commissione Difesa del Senato affermi: “Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sono evidenze investigative tali da far emergere collegamenti fra ong e organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti”. Non è un caso perché sia lo Sco della Polizia sia gli investigatori della Gdf, già da un anno stanno indagando, proprio su delega della procura di Catania.

      Nelle audizioni Zuccaro si mostra più ottimista, rispetto l’esito dell’inchiesta, spingendosi a dichiarare, alla trasmissione Agorà, che “alcune ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti”. I contatti, effettivamente, sono stati riscontrati. Ma è lo stesso Zuccaro a rendersi conto della difficoltà della situazione quando, circa un mese dopo, precisa: “Non siamo più in grado di svolgere indagini di ampio respiro volte a contrastare il traffico di migranti clandestini”. Sarebbe necessario, spiega il procuratore, poter “fare indagini in acque libiche” e utilizzare “intercettazioni delle comunicazioni satellitari”.

      Il punto, infatti, è che gli investigatori stanno utilizzando metodi di indagine “sperimentali” che non pare possibile produrre in giudizio: le intercettazioni via etere – avvenute con strumenti utilizzati in ambito militare – necessitano di essere ulteriormente “blindate” per poter certificare senza ombra di dubbio l’identità degli interlocutori. Se non bastasse, sono state realizzate in acque libiche.

      Difficile considerarle valide sotto il profilo probatorio: per quanto risulta al Fatto di questi (pochi) riscontri nel fascicolo non v’è traccia. La campagna del governo sulle Ong, il codice di condotta richiesto da Minniti, l’ulteriore indagine di Trapani e le polemiche di quei mesi, infine, ottengono l’effetto politico desiderato: gran parte delle Ong in quei mesi lascia il Mediterraneo a ridosso della Libia. Risultato: per la procura di Catania c’è poco da intercettare. Resta qualche indizio. Prove, zero.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/linchiesta-madre-ong-scafisti-verso-larchiviazione

    • Soccorsi in mare. Un anno dopo cadute le accuse di legami tra Ong e scafisti

      Erano quattro le inchieste a carico delle Ong che salvano migranti. Tutte accusate di essere in combutta con gli scafisti. Ma di indagini ne sopravvivono due: una (Catania) si avvia all’archiviazione; l’altra (Trapani) ha derubricato l’associazione per delinquere all’ipotesi di irregolarità allo scopo di ’commettere’ salvataggi.

      Le procure di Palermo e Ragusa, invece, hanno già archiviato, concludendo che non ci sono stati reati.

      CATANIA Il procuratore Carmelo Zuccaro ipotizzava a carico della Ong Open Arms il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione illegale. Secondo diverse fonti, sarebbe vicina

      RAGUSA A Ragusa il Tribunale del Riesame ha stabilito che la ’disobbedienza’ delle organizzazioni non governative che scelgono di non cooperare con le autorità libiche è motivata dallo «stato di necessità» connaturato al soccorso dei naufraghi.

      TRAPANI Nell’inchiesta sono stati adoperati infiltrati a bordo delle navi delle Ong. Lo scopo? Dimostrare un presunto patto tra scafisti e volontari per raccogliere i migranti in mare. Per proteggere gli equipaggi, sarebbe stato reclutato personale vicino a movimenti identitari.

      PALERMO Le indagini, condotte anche dagli investigatori che avevano segnalato anomalie, non hanno portato ad alcun risultato. I pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione di entrambe le inchieste.

      Quasi due anni di indagini (la cui esistenza è stata ufficializzata alla vigilia dell’estate scorsa) e un dispiegamento di forze e risorse senza precedenti – con agenti infiltrati, intercettazioni satellitari, elaborazioni di tracciati radar, informative richieste ai servizi segreti – ad oggi hanno prodotto un unico risultato: l’allontanamento dal Mediterraneo della gran parte delle organizzazioni non governative e l’aumento dei naufragi in rapporto al numero di migranti messi in acqua dai trafficanti.

      Le Ong respinte e quelle bloccate a terra (due le navi sequestrate, di cui una ancora bloccata nel porto di Trapani) non sono state rimpiazzate da dispositivi degli Stati Ue, mentre la comunità internazionale non è stata in grado di stabilizzare la Libia né di fermare i trafficanti di uomini e chiudere i loro lager.

      Due procedimenti sono già stati definitivamente mandati in archivio. A Ragusa il Tribunale del riesame ha stabilito che la ’disobbedienza’ delle organizzazioni non governative che scelgono di non cooperare con le autorità libiche è motivata dallo «stato di necessità» connaturato al soccorso dei naufraghi. Un’ordinanza contro cui la procura non ha avanzato ricorso in Cassazione, di fatto diventando giurisprudenza a cui possono appigliarsi tutti gli operatori che agiscono nel Canale di Sicilia.
      Sempre a Ragusa era stata inizialmente sequestrata (per ordine della procura di Catania, poi spogliata dalla competenza territoriale restituita ai magistrati ragusani) la nave di Proactiva Open Arms. Ma il giudice per le indagini preliminari ne aveva disposto la riconsegna all’equipaggio dell’organizzazione iberica.

      Anche Trapani si avvierebbe a chiudere definitivamente nel cassetto l’inchiesta. Nel porto rimane sotto sequestro la nave dell’organizzazione tedesca Jugend Rettet. Il pool di magistrati aveva tra l’altro inviato un avviso di garanzia al sacerdote eritreo don Mosé Zerai che con la sua agenzia umanitaria

      Habeshia

      raccoglie da anni gli Sos dei migranti e li trasmette alle forze dell’ordine. Un comportamento che a qualche poliziotto era sembrato ’sospetto’.
      Nell’inchiesta vennero anche adoperati infiltrati a bordo delle navi delle Ong. Agli atti ci sono anche le dichiarazioni di alcuni addetti alla sicurezza arruolati da una delle navi umanitarie. Secondo questi ultimi, pur in mancanza di concreti riscontri, doveva esservi una qualche losca intesa tra scafisti e volontari per raccogliere i migranti in mare. Qualche tempo dopo si scoprirà che, prima di venire assunti per proteggere gli equipaggi, i bodyguard avevano avuto a che fare con i movimenti identitari protagonisti della campagna internazionale scatenata contro le organizzazioni umanitarie anche a colpi di false notizie.

      A Palermo, dove erano aperti due fascicoli d’indagine, a lungo hanno investigato i magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Non proprio dei tirocinanti. Ma anche qui non è stata rinvenuta alcuna prova di connivenze tra l’Ong Sea Watch e i trafficanti libici.
      Le inchieste, condotte dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai pm Gery Ferrara e Claudio Camilleri, avevano ad oggetto un procedimento avviato a maggio del 2017 dopo lo sbarco, a Lampedusa, di 220 migranti; l’altro aperto dopo una segnalazione della Guardia di Finanza che ipotizzava delle «incongruenze» nel comportamento della Sea Watch in occasione di un soccorso portato ad aprile del 2017. Le indagini, condotte anche dagli investigatori che avevano segnalato anomalie, non hanno portato ad alcun risultato. I pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione di entrambe le inchieste.

      L’esercito di detrattori da tastiera, da mesi fa circolare la leggenda secondo cui i magistrati che archiviano sono, nel migliore dei casi, inquirenti dal cuore tenero oppure, secondo alcune delle bufale più in voga, eterodiretti da una qualche corrente. Il caso di Palermo, però, smentisce platealmente. I pm che hanno indagato e poi chiesto l’archiviazione, sono gli stessi che hanno fatto arrestare il presunto superboss eritreo del traffico di uomini, Mered Medhanie Yedhego. Il ragazzo in carcere si professa innocente e sia le inchieste giornalistiche, come quella che da due anni conduce il Guardian, sia le analisi difensive che l’esame del Dna confermano che si tratterebbe di un clamoroso scambio di persona. Nonostante questo i magistrati inquirenti – autori dell’archiviazione per le Ong – vanno avanti. Segno che non si tratta di giudici che rispondono a inesistenti diktat umanitari.

      Le archiviazioni contrastano e mettono allo scoperto le contraddizioni dell’indagine monstre avviata a Catania dal procuratore Carmelo Zuccaro. La procura etnea, che secondo diverse fonti potrebbe chiedere a giorni l’archiviazione dell’indagine perché gli elementi raccolti non sopravviverebbero all’esame di un tribunale, ipotizzava in particolare a carico della Ong Open Arms il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione illegale. In mancanza di prove incontrovertibili, Zuccaro non ha mai mancato di fare conoscere la sua opinione sull’operato delle organizzazioni non governative. «Fanno parte di un sistema profondamente sbagliato – ha sostenuto –, che affida la porta d’accesso all’Europa a trafficanti che sono criminali senza scrupolo. Questo è l’aspetto sbagliato delle cose che non risponde né a senso di umanità né di solidarietà». Opinione rispettabile e che nell’attuale governo certo trova consensi. Ma giudiziariamente irrilevante.


      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/un-anno-dopo-svanisce-il-patto-trafficantiong

    • 34’000 signatures pour que la Suisse donne son pavillon à l’Aquarius

      L’initiateur de la pétition pour que la Suisse accorde son pavillon à l’Aquarius, #Nicolas_Morel, revendique aujourd’hui 34’000 signatures. Il attend une réponse du Conseil fédéral pour fin novembre.

      Dans un entretien mardi à la RTS, ce Lausannois, qui avait à lui seul démarré le mouvement, indique que le résultat est atteint après 6 semaines de récolte.

      Il espère « une réponse du Conseil fédéral d’ici la fin du mois de novembre ». La pétition avait été déposée le 8 octobre, munie de 25’000 signatures.

      Elle faisait suite à une lettre ouverte signée par des personnalités suisses et une interpellation déposée par Ada Marra et deux autres parlementaires au Conseil fédéral il y a deux semaines.
      Une interpellation parlementaire pendante

      « Cette interpellation parlementaire a entraîné plein d’événements. Selon moi, les Suisses sont donc prêts à accorder ce pavillon », estimait en octobre la conseillère nationale vaudoise Ada Marra.

      Mais le combat politique n’est pas encore gagné, car du côté des parlementaires, la question divise. D’un côté il y a l’émotion que la situation d’urgence suscite, et de l’autre, une analyse plus froide. Certains demandent du temps pour une réflexion plus aboutie sur la question.

      D’autres vont jusqu’à dire qu’accorder le pavillon suisse à ce bateau reviendrait à encourager la migration.

      L’Aquarius, bateau de sauvetage des migrants en Méditerranée, est actuellement bloqué au port de Marseille, faute d’un pavillon lui permettant de naviguer.

      https://www.rts.ch/info/suisse/9992576-34-000-signatures-pour-que-la-suisse-donne-son-pavillon-a-l-aquarius.htm

    • Le Conseil fédéral refuse que le navire Aquarius batte pavillon suisse

      Le navire humanitaire Aquarius ne battra pas pavillon suisse. Le Conseil fédéral estime qu’une telle action compromettrait les efforts coordonnés de l’Union européenne dans la résolution de la crise migratoire en mer Méditerranée.

      Les opérations de secours en Méditerranée nécessitent une approche de l’admission des réfugiés coordonnée et fondée sur une répartition équitable, argumente le gouvernement dans sa réponse à plusieurs interpellations du PS, des Verts et du PLR, publiée lundi. Toute action isolée, comme l’attribution d’un pavillon suisse à un navire particulier, compromettrait l’action commune.
      Pas d’exception

      Le Conseil fédéral refuse ainsi d’appliquer la clause d’exception de la loi sur la navigation maritime au navire Aquarius, comme le demandaient les interpellations. Il estime par ailleurs impossible d’établir une stratégie générale pour que la flotte maritime suisse participer aux sauvetages en mer Méditerranée. La Confédération ne peut contraindre cette dernière qu’à approvisionner des pays en cas de grave pénurie.

      Affrété par SOS Méditerranée et Médecins sans frontières, le navire Aquarius a sauvé près de 30’000 migrants tentant de rejoindre l’Europe en deux ans. Il s’est vu retirer son pavillon panaméen fin septembre. Depuis, il mouille en attente dans les eaux du port de Marseille, en France. De nombreuses ONG dénoncent une action politique derrière sa mise aux arrêts.

      https://www.rts.ch/info/suisse/10040572-le-conseil-federal-refuse-que-le-navire-aquarius-batte-pavillon-suisse.

    • L’Aquarius ne battra pas pavillon suisse

      Le navire humanitaire Aquarius ne battra pas pavillon suisse. Le Conseil fédéral estime qu’une telle action compromettrait les efforts coordonnés de l’Union européenne dans la résolution de la crise migratoire en mer Méditerranée.

      Les opérations de secours en Méditerranée nécessitent une approche de l’admission des réfugiés coordonnée et fondée sur une répartition équitable, argumente le gouvernement dans sa réponse à plusieurs interpellations du PS, des Verts et du PLR, publiée lundi. Toute action isolée, comme l’attribution d’un pavillon suisse à un navire particulier, compromettrait l’action commune.

      Le Conseil fédéral refuse ainsi d’appliquer la clause d’exception de la loi sur la navigation maritime au navire Aquarius, comme le demandaient les interpellations. Il estime par ailleurs impossible d’établir une stratégie générale pour que la flotte maritime suisse participe aux sauvetages en mer Méditerranée. La Confédération ne peut contraindre cette dernière qu’à approvisionner des pays en cas de grave pénurie.

      Affreté par SOS Méditerranée et Médecins sans frontières, le navire Aquarius a sauvé près de 30’000 migrants tentant de rejoindre l’Europe en deux ans. Il s’est vu retirer son pavillon panaméen fin septembre. Depuis, il mouille en attente dans les eaux du port de Marseille, en France. De nombreuses ONG dénoncent une action politique derrière sa mise aux arrêts.

      https://www.swissinfo.ch/fre/toute-l-actu-en-bref/l-aquarius-ne-battra-pas-pavillon-suisse/44590636

    • Come funzionano i rimpatri e cos’è emerso in due anni di controlli

      Nel 2015 i rimpatri di cittadini stranieri espulsi perché secondo la legge erano in Italia irregolarmente sono stati 5.505. Nel 2018 – fino al 31 ottobre – sono stati 5.306, circa 530 persone al mese.

      Nonostante un investimento cospicuo del governo italiano in questo tipo di procedure e l’intenzione più volte annunciata d’incrementarle, il numero delle persone rimpatriate rimane piuttosto basso e in diminuzione rispetto agli anni precedenti.

      I motivi sono diversi e riguardano i costi delle operazioni e la mancanza di accordi bilaterali di riammissione con i paesi di origine, se si fa eccezione di alcuni come la Tunisia, il Marocco, la Nigeria.

      L’integrità della persona

      Dai primi mesi del 2016, l’ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale monitora i voli di rimpatrio perché siano rispettati i diritti di chi è coinvolto in queste operazioni. “L’integrità della persona e la sua dignità sono il perno intorno al quale gira il nostro sistema”, dice il Garante nazionale Mauro Palma, presentando al senato il rapporto su due anni di attività.

      “Nella nostra attività abbiamo cercato di avere uno sguardo critico su operazioni spesso problematiche, che mettono in gioco la sofferenza esistenziale delle persone”, continua Palma. “Quello che a noi preme è che siano rispettati i diritti fondamentali anche in una situazione in cui la persona è allontanata dal territorio nazionale”, aggiunge. Per spiegare il sistema di garanzie giuridiche che sono fondamentali in ogni democrazia, Palma evoca il caso della nave Diciotti della guardia costiera italiana che in agosto non è stata autorizzata a entrare nel porto di Catania dal ministero dell’interno per diversi giorni. Il garante all’epoca aveva definito “inaccettabile” la situazione.

      “Ci sono state molte polemiche negli ultimi tempi, ma per noi la ragione giuridica ha il primato sulla ragione politica”, conclude Palma, che con il suo ufficio ha monitorato nei due anni passati 22 voli di rimpatrio forzato organizzati tramite charter, di cui 15 per la Tunisia e sette per la Nigeria. Non sono ancora cominciati, invece, i monitoraggi sui voli di linea.

      L’Italia era stata richiamata dall’Unione europea nel 2014 per non essersi adeguata alla direttiva rimpatri 115 del 2008 e per non avere adottato un sistema di controllo e monitoraggio dei voli di rimpatrio. Nel 2016 il sistema è stato istituito ed è stato affidato al Garante nazionale, che si avvale della collaborazione dei garanti regionali, in particolare per monitorare le fasi precedenti alla partenza nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o le procedure durante gli scali aeroportuali.

      Come funzionano i rimpatri
      Appena il Garante nazionale ha notizia di un volo di rimpatrio decide senza preavviso se operare dei controlli, come è successo il 10 gennaio 2018 quando ha deciso di monitorare un charter organizzato da Frontex che sarebbe partito qualche giorno dopo da Roma diretto a Lagos, in Nigeria, con circa 50 cittadini nigeriani a bordo, tra cui cinque cittadini nigeriani espulsi dal Belgio e un altro espulso dalla Svizzera.

      Il garante regionale della Puglia, Pietro Rossi, con due collaboratori è andato al Cpr di Bari il 17 gennaio alle 17 per esaminare tutti i fascicoli delle 25 persone in lista per il rimpatrio. Poiché era emerso che due persone in procinto di essere espulse non avevano ancora una situazione definitiva, il responsabile del Cpr ha deciso di sospendere il loro rimpatrio. Alle 21 è stata annunciata la partenza per 24 persone, ma senza specificare la destinazione finale del loro viaggio.

      Dopo alcuni controlli di sicurezza, gli effetti personali che erano stati sequestrati al momento dell’ingresso nel Cpr sono stati messi all’interno di sacchetti di plastica di solito usati per l’immondizia, e su ogni sacchetto è stato affissa un’etichetta di carta con una scritta identificativa. I migranti non erano stati informati che i loro averi sarebbero stati consegnati ai poliziotti, per questo durante la fase preparatoria c’è stata molta tensione.

      Alle persone che erano in procinto di partire erano stati consegnati anche dei panini per il viaggio, ma senza informarli che sarebbe stato l’unico pasto distribuito per le successive sette ore: molti di loro l’hanno consumato subito, rimanendo a digiuno per le ore successive. I 24 cittadini nigeriani sono stati fatti salire su un pullman che li ha portati al Cpr di Ponte Galeria, a Roma, dove sono arrivati alle 9 del giorno successivo. A Ponte Galeria intanto tre donne sono state informate della loro imminente partenza: una di loro era una richiedente asilo in fase di ricorso. Quando la donna ha detto al Garante di aver fatto ricorso e ha mostrato la certificazione, il funzionario ha segnalato la situazione ai responsabili del Cpr e ha insistito perché si sospendesse il rimpatrio per non incorrere in una violazione dei diritti fondamentali.

      La donna era infatti molto giovane e proveniva dallo stato di Edo, da dove provengono molte delle donne nigeriane vittime di tratta. Anche per questo motivo il Garante ha raccomandato ai funzionari di considerare una sospensione. All’aeroporto di Fiumicino intanto era arrivato il charter affittato da Frontex con a bordo alcuni nigeriani trasferiti dal Cpr di Torino e gli altri arrivati dal Belgio e dalla Svizzera.

      Il volo è decollato da Roma Fiumicino intorno alle 13, con momenti di tensione. Sul volo sono state imbarcate 38 persone, cittadini nigeriani espulsi dall’Italia, di cui 36 uomini. Dieci provenivano dal Cpr di Torino, 24 da Bari, due da Brindisi e due donne dal Cpr di Roma, mentre altri cinque – tre uomini e due donne – erano stati espulsi dal Belgio, e uno dalla Svizzera. Sull’aereo erano presenti 115 poliziotti di scorta, due medici e due infermieri. Tutto il personale impiegato nell’operazione a bordo dell’aereo non era armato, né in divisa. E non erano presenti né interpreti né mediatori culturali.

      Tre forme di espulsione
      Quando un cittadino straniero soggiorna in maniera irregolare sul territorio italiano può essere espulso in tre modi diversi: attraverso il ritorno volontario, attraverso il rimpatrio con mezzi propri o infine attraverso l’accompagnamento coatto nel paese di origine. Secondo la direttiva europea 115/2008 sui rimpatri, dovrebbero essere favoriti i ritorni volontari, ma in realtà quasi tutti gli irregolari sono espulsi con un foglio di via che gli ordina di lasciare il paese con mezzi propri nell’arco di pochi giorni.

      Gli accompagnamenti coatti nel paese di origine sono pochi perché arrivano a costare anche ottomila euro per persona e perché per ogni rimpatriato devono essere impiegati almeno due agenti di sicurezza. I rimpatri forzati avvengono di solito usando dei voli commerciali o con dei voli charter ad hoc, in alcuni casi organizzati da Frontex. I voli charter partono da Roma, da Palermo o da Torino, si tratta di aerei noleggiati dal ministero dell’interno che sono impiegati per questo tipo di operazioni. Con i voli charter monitorati dal garante sono state rimpatriate collettivamente un minimo di undici persone e un massimo di 43 sullo stesso volo.

      I voli per la Nigeria partono da Roma e arrivano a Lagos, mentre i voli per la Tunisia partono da Roma e fanno un primo scalo a Palermo o a Lampedusa, poi sempre uno scalo a Palermo per un colloquio con il console prima di arrivare ad Hammamet. Il prefetto Massimo Bontempi, direttore della direzione centrale immigrazione e polizia di frontiera, ha detto che sul territorio nazionale, a partire dal 1 gennaio 2018 fino al 4 novembre 2018, la polizia ha individuato 28.659 immigrati irregolari: 6.820 sono stati respinti alla frontiera, mentre 5.323 sono stati rimpatriati in maniera forzata (669 casi sono stati monitorati dal garante). In tutto nel 2018 ci sono state 1.100 operazioni di rimpatrio, di cui 63 con voli charter, in cui sono stati impiegati 7.261 operatori. Dati in linea con le operazioni condotte nello stesso periodo dell’anno precedente (2017).

      Le critiche e le raccomandazioni del garante
      Il Garante ha da poco inviato alla polizia un rapporto che raccoglie le osservazioni e le raccomandazioni formulate in seguito alle operazioni di rimpatrio monitorate tra il dicembre del 2017 e il giugno del 2018. In particolare ha riscontrato una mancanza di comunicazione con le persone che subiranno il rimpatrio, e l’assenza sui voli di mediatori e traduttori in grado di informarle durante le diverse fasi del viaggio.

      Inoltre non sempre la partenza è comunicata in anticipo, come invece dovrebbe avvenire, in modo che il migrante possa avvertire i familiari e gli avvocati o comunque persone di fiducia. Queste comunicazioni dovrebbero riguardare tutte le diverse fasi del viaggio, anche gli eventuali scali. Le persone soggette a rimpatrio dovrebbero essere informate delle “diverse fasi del viaggio, dei tempi di permanenza negli scali, del luogo e l’orario di arrivo, della possibilità di utilizzo di misure coercitive in caso di necessità”.

      Secondo il Garante, il ricorso a misure coercitive nel corso delle operazioni di rimpatrio forzato dovrebbe essere solo una “misura di ultima istanza” e “solo in casi di stretta necessità per coloro che rifiutano o si oppongono all’allontanamento, o ancora in caso di serio pericolo di fuga o di danno all’integrità fisica della persona o di terze persone”. Dovrebbe quindi essere evitato l’uso sistematico della coercizione.

      Il Garante raccomanda di eseguire visite mediche su chi sarà rimpatriato, soprattutto se il viaggio deve svolgersi in ore notturne e prevede diversi spostamenti. Deve essere accertata la sua età, soprattutto quando esiste il dubbio che possa trattarsi di un minorenne, poiché questo caso si rischia di “violare i diritti fondamentali dei minori garantiti dalle convenzioni internazionali”.
      In particolare si dovrebbe applicare la legge Zampa sui minori stranieri non accompagnati e andrebbero messe in atto tutte le garanzie a questo riguardo.

      Il Garante chiede di incoraggiare il rimpatrio volontario e di fare ricorso ai rimpatri forzati solo in via eccezionale, molto costosi sul piano materiale e umano e ad alto rischio di violazione dei diritti fondamentali.

      Il Garante ha chiesto di monitorare le persone rimpatriate anche dopo l’arrivo nel paese di origine e a questo scopo ha sottolineato la necessità di creare una rete internazionale di organizzazioni che possano compiere questi controlli anche una volta “che il rimpatriato è sceso dalla scaletta dell’aereo”.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/11/13/rimpatri-forzati-garante-monitoraggio
      #statistiques #chiffres #2015 #2016 #2017 #2018

  • Paolo Gentiloni : « L’esercito italiano sarà impegnato in Sahel contro il terrorismo »

    «Partiremo con un’operazione bilaterale con il Niger che naturalmente ha un interesse specifico anche per quanto riguarda i flussi migratori dalla Libia»

    http://www.huffingtonpost.it/2017/12/13/paolo-gentiloni-lesercito-italiano-sara-impegnato-in-sahel-contro-il-
    #armée #sahel #migrations #asile #réfugiés #Niger #Italie #accords_bilatéraux #accord #terrorisme #anti-terrorisme #Sahel #Sahara #opération_militaire

    Je traduis cela, le chapeau :

    «Partiremo con un’operazione bilaterale con il Niger che naturalmente ha un interesse specifico anche per quanto riguarda i flussi migratori dalla Libia»

    –-> « on partira avec une opération bilatérale avec le Niger qui naturellement a un intérêt spécifique aussi concernant les flux migratoires de la Libye. »
    Le titre disait : « L’armée italienne sera active dans le Sahel contre le terrorisme »
    Et voilà qu’en quelques mots l’#amalgame est faite entre terrorisme, migrations et #criminalité. Un chef d’oeuvre de la propagation des #préjugés
    #criminalisation

    cc @reka

    • Il governo manderà soldati italiani in Niger

      Saranno inviati 470 uomini e 150 veicoli per addestrare le truppe nigerine e per combattere il traffico di migranti

      http://www.ilpost.it/2017/12/14/missione-italia-niger

      –-> 470 soldats italiens envoyés au Niger pour « former les troupes nigérianes et combattre le trafic de migrants »
      –-> et voilà que c’est dit : pour arrêter les flux migratoires (ici ils parlent de trafic de migrants, mais bon... l’autre article parlait bien de flux migratoires)... on envoie l’armée... comme si on était en #guerre contre les migrants.

      #it_has_begun, et c’est très très triste

    • J’ai vu ce matin que la presse française se félicitait de la création d’une Europe militaire :
      https://www.lecho.be/economie-politique/europe-general/L-Europe-lance-sa-cooperation-militaire-permanente/9963067?ckc=1&ts=1513324016

      info qu’on trouve surtout sur la presse économique, boursière, pour la press généraliste on fait dans le story telling dans le monde ils disent que c’est pour remonter le morale des européen après le brexit et pour répondre à une demande de trump...
      C’est le soir.be on raconte des belles histoires avant de nous envoyer nous coucher :
      « Ceci n’est pas une armée européeenne » affirme lesoir.be
      http://plus.lesoir.be/129354/article/2017-12-14/ceci-nest-pas-une-armee-europeenne
      c’est très très dégulasse
      #fascisme #racisme

    • Campagna italiana d’Africa nel Sahel sulle strade dei migranti

      Campagna d’Africa a fare cosa? Paolo Gentiloni: “L’esercito italiano sarà impegnato in Sahel contro il terrorismo”. Ma la frase che spiega veramente viene dopo,”Partiremo con un’operazione bilaterale con il Niger che naturalmente ha un interesse specifico anche per quanto riguarda i flussi migratori dalla Libia”.

      https://www.remocontro.it/2017/12/14/campagna-italiana-dafrica-nel-sahel-sulla-strada-dei-migranti
      #G5_Sahel

    • Niger: la missione militare italiana, un nuovo corso

      Al margine del vertice del G5 Sahel di Celle-Saint-Cloud, vicino a Parigi, Paolo Gentiloni ha annunciato l’invio di una missione militare in Niger con compiti di addestramento delle forze anti-terrorismo congiunte G5 Sahel. L’Italia sta approfittando dell’arretramento del sedicente Stato islamico, l’Isis, per alleggerire il suo impegno in Iraq e mandare circa 470 uomini nel terreno africano.

      http://www.affarinternazionali.it/2017/12/niger-missione-italiana-corso/?platform=hootsuite

    • Commentaire de Sara Prestianni sur FB :

      Qualche riflessione sull’intervento militare nostrano in Niger, fermo restando che si tratta di una operazione di contrasto all’immigrazione che cela interessi economici e geostrategici:

      1) che nozione di urgenza si applica per questa missione al punto da spingere Gentiloni a volerla far passare solo in commissione difesa senza discussione nelle Camere e alcuni rappresentanti PD a chiedere che venga rinviato lo scioglimento delle Camere a questo fine ?

      2) perché, se ancora non è chiaro se e come questa missione verrà approvata, un primo nucleo di parà è stato già inviato a Niamey

      3) Si definiscano le competenze della Folgore per una missione di controllo delle frontiere

      Queste le domande che si dovrebbero porre oggi a Gentiloni che su Ius Soli rimanda e su Niger accelera ....

    • Gentiloni in Niger come Cavour in Crimea?

      A metà dicembre, nel suo blog su HuffPost, Sara Prestianni scriveva che «la relazione tra militarizzazione, lotta ai migranti e al terrorismo - già emersa con il finanziamento della missione #EuCapSahel finalizzato alla formazione dei poliziotti di frontiera per il controllo dei migranti nella regione di Agadez – diventa strutturale. Il Niger diviene il nuovo avamposto militare dell’Occidente. Alle basi con i droni americani con licenza di uccidere si aggiungono oggi i mezzi europei. Nel mezzo migliaia di uomini, donne e bambini ostaggio della guerra ai migranti».

      http://www.huffingtonpost.it/marco-perduca/gentiloni-in-niger-come-cavour-in-crimea_a_23317882

    • Lettera aperta. L’Italia in armi sulle vie del Niger: una storia scritta sulla sabbia

      «La svolta africana. Soldati italiani in Niger non solo per addestrare (…). Con 470 uomini e 150 veicoli le nostre truppe svolgeranno anche «attività di sorveglianza e di controllo del territorio». All’inizio coi francesi, tra miliziani, contrabbandieri e migranti». Così Gianluca di Feo su «Repubblica» del 14 dicembre del 2017 ha anticipato ciò che il Ministero della Difesa ha sostanzialmente confermato il giorno seguente e che il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha ribadito nei giorni di Natale. Nel Niger, dove mi trovo da quasi sette anni, il 18 dicembre si è celebrata la proclamazione della Repubblica, avvenuta 59 anni or sono. Mi vengono in mente una Repubblica di carta e l’altra di sabbia.

      https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/italia-in-armi-sulle-vie-del-niger-armanino

    • Commentaire de Francesco Floris sur FB (29.12.2017) :

      Sulla questione Niger bisogna leggere i siti dei militari, dei veterani militari, degli amici dei militari, di quelli con le entrature militari, dei wanna be militari e derivati vari.
      Non per sposare le tesi ma per comprendere che cosa bolle in pentola.
      Dicono tutti le stesse cose.
      1. Non serve a niente a fermare i migranti perché «La missione in Niger rischia infatti di rivelarsi utile a ridurre l’impegno e i costi di Parigi nell’operazione Barkhane senza però scalfirne la leadership di Parigi nel Sahel mentre circa il contrasto ai flussi migratori illegali non va dimenticato che i trafficanti potrebbero optare per rotte alternative, aggirando il dispositivo militare italiano grazie alle le piste desertiche che attraversano il confine algerino per poi sconfinare in Libia a sud di Ghat, area in cui da alcuni mesi è stata registrata la presenza di miliziani dello Stato Islamico.» Oppure perché «Mi sembra velleitario pretendere di fermare i flussi migratori provenienti dall’Africa sub-sahariana sorvegliando solo il confine Niger-Libia perché i migranti muovono in piccoli gruppi diradati seguendo dei passatori (quindi per antonomasia profondi conoscitori del territorio in cui muovono) i quali possono contare sulla complicità di tutta una popolazione che lucra su tale fenomeno; non ci vuole nulla a by-passare quella regione». [http://www.analisidifesa.it/2017/12/luci-e-ombre-sulla-missione-italiana-in-niger/]

      2. Si domandano che senso abbia andare in zone altamente instabili senza poter premere il grilletto (loro scrivono «missione combat» ma tradotto significa «adoro l’odore del napalm al mattino»).

      3. Giungono tutti alle stesse conclusioni. E qui li lascio parlare: «In fin dei conti per bloccare i flussi migratori illegali l’arma più efficace (e la meno costosa) in mano all’Italia è rappresentata dai respingimenti sulle coste libiche dei migranti soccorsi in mare in cooperazione con la Guardia costiera di Tripoli». E ancora: «il metodo più adeguato alla bisogna, l’unico in grado di dare garanzie di riuscita é il blocco navale». [http://www.congedatifolgore.com/it/missione-in-niger-meglio-un-blocco-navale-che-svegliare-i-gruppi-jihadisti-dormienti-nel-sahel/]

      Purtroppo purtroppissimo le loro facili soluzioni (blocco navale e respingimenti collettivi) sono illegali oltre che disumane anche se avrebbero l’indubbio merito di gettare finalmente la maschera che copre i volti dei nostri governanti.
      E poi sarebbe brutto attuare un blocco navale e due mesi dopo presentare ad Oslo la candidatura di Lampedusa al Nobel per la Pace. Davvero brutto. Anche se in fin dei conti uno come Gentiloni potrebbe sempre rispondere che era pacifista negli anni ’80 ma che oggi, all’alba del 2018, «fra la vostra fede e la mia Glock, scelgo la Glock» (per citare un altro noto pacifista di Hollywood).
      Gentiloni: da pacifista militante a finanziatore di dittatori e guerre
      Speciale per Africa ExPress Antonio Mazzeo Catania, 11 dicembre 2016 Paolo Gentiloni l’ha spuntata: il ministro degli affari esteri e della cooperazione…
      africa-express.info

    • Il ministro Alfano in missione in Niger

      “Questa visita a Niamey giunge al culmine di un anno intenso di incontri ai massimi livelli fra Italia e Niger, che hanno portato i due Paesi ad avere rapporti sempre più stretti. Il Niger è oramai divenuto un alleato strategico nel quadro della nostra politica estera in Africa. L’Italia ha aperto l’Ambasciata a Niamey che ho inaugurato personalmente nel corso della missione odierna. Presto rafforzeremo i rapporti di cooperazione in materia di sicurezza con particolare attenzione alla formazione e supporto delle forze nigerine per il controllo del territorio ed il contrasto dei traffici illeciti, ad iniziare da quello di essere umani. Nel 2017, l’Italia ha destinato al Niger il 40% delle risorse a valere sul Fondo Africa, contribuendo ad affrontare le cause profonde del fenomeno migratorio. I dati dell’OIM evidenziano, infatti, una netta riduzione del numero di migranti che dal Niger entrano in Libia e un aumento dei rimpatri volontari di migranti dal Niger verso i Paesi di origine”.


      http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/approfondimenti/il-ministro-alfano-in-missione_17.html

    • Quali interessi sul Niger? Una intervista a Giacomo Zandonini

      «A mio avviso si utilizza la “questione migranti” per interessi geopolitici molto più ampi. Il Niger è diventato un paese importante, una base logistica e un paese sicuro per garantire gli interessi occidentali. L’Italia, alla fine del febbraio scorso ha aperto una propria ambasciata provvisoria a Niamey (la capitale Ndr) ma l’ambasciatore era già stato nominato nel dicembre 2016. Ora l’ambasciata è stata trasferita in altri locali e inaugurata alla presenza del ministro degli esteri Angelino Alfano ma, a quanto mi risulta il personale è ancora limitato. Non ci sono ancora funzionari addetti a occuparsi delle relazioni economiche e non c’è un ufficio consolare. Ma insieme a questo aspetto di forte visibilità si è mosso anche altro. Un percorso iniziato già nel 2010 col ministro dell’interno Roberto Maroni e con i primi interventi dell’Oim che si è accelerato negli ultimi due anni. L’Italia è il principale donatore del fondo fiduciario d’emergenza per l’Africa dell’UE, di cui il Niger è uno dei primi destinatari. Il nostro governo ha concesso 50 milioni di euro come supporto al budget dello Stato del Niger, un contributo in fase di erogazione, in più tranches, che serve anche per accreditarsi come partner. Non ci sono veri e propri obblighi rispetto all’uso che verrà fatto di questi soldi ma unicamente vincoli. In primis il fatto che questi soldi dovranno essere destinati ai ministeri della Giustizia e degli Interni. Perché si continui a versare le diverse tranche è necessario il soddisfacimento di alcuni indicatori molto ampi che vanno dalla riduzione del numero di migranti che passeranno dal Niger all’aumento di guardie di controllo alle frontiere. Di fatto però il contenuto dei contratti fra UE e Niger e fra Italia e UE non é stato reso pubblico. L’unico documento che ho potuto visionare è il decreto che stanzia il cobtributo, parte del “Fondo Africa” della Farnesina. Fra gli indicatori specifici che rientrano nell’accordo fra UE e Niger c’è l’allargamento e la ristrutturazione di una pista di atterraggio a Dirkou, un avamposto commerciale e militare nel nord del paese. Dirkou è un punto chiave della rotta verso la Libia, la pista di atterraggio attualmente è usata per voli militari e rari voli umanitari ma le ragioni del suo ampliamento vengono spacciate dai funzionari italiani come “umanitarie”. Dovrebbe servire a facilitare l’evacuazione di migranti dalla Libia e a garantire un supporto ai soccorsi nel deserto, realizzati dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni con la Protezione Civile del Niger. A Dirkou si prevede anche di realizzare un nuovo “centro di transito” per migranti. Un altro requisito, per la prosecuzione del finanziamento italiano, è che il Niger adotti una Strategia nazionale per la sicurezza e una Strategia nazionale contro le migrazioni irregolari, documenti effettivamente redatti negli ultimi mesi».

      https://www.a-dif.org/2018/01/10/quali-interessi-sul-niger-una-intervista-a-giacomo-zandonini

    • Il Niger e i veri motivi del prossimo intervento militare italiano

      Cosa succede in Niger? Perché l’Italia sta portando un proprio contingente militare? Il motivo è il controllo dei flussi migratori oppure c’è altro? Vita.it raccoglie la testimonianza del giornalista e ricercatore #Giacomo_Zandonini, che ha passato due degli ultimi sei mesi nel Paese africano oggi al centro dell’attenzione europea. Zandonini è stato soprattutto nella regione di Agadez e nei villaggi sparsi nella zona predesertica sia per reportage (a questo link un suo contributo per Openmigration) che per il rapporto sul Fondo fiduciario della Ue per l’Africa promosso dalla rete di ong Concord Europe e per un lavoro di documentazione per l’Oim, Organizzazione internazionale delle migrazioni.

      http://www.vita.it/it/article/2018/01/17/il-niger-e-i-veri-motivi-del-prossimo-intervento-militare-italiano/145643

    • La camera approva la missione militare italiana in Niger

      La camera dei deputati ha approvato il decreto missioni con una larga maggioranza. Hanno votato contro Liberi e uguali e il Movimento 5 stelle. Si è astenuta la Lega nord, mentre il Partito democratico e Forza Italia hanno votato a favore del decreto, che prevede il ridimensionamento della presenza militare italiana in Afghanistan e in Iraq e l’intervento militare in Niger, nell’ambito della missione del G5 (Mali, Ciad, Burkina Faso, Niger, Mauritania) nel Sahel, in cui l’Italia ha chiesto di essere membro osservatore. Nel complesso nel 2008 l’Italia spenderà 1,5 miliardi di euro in 31 missioni e in 21 paesi, ma solo una parte di questi fondi è stata approvata dal parlamento.

      In Iraq sarà ridotta la presenza italiana: i militari passeranno da 1.500 a 750, mentre in Afghanistan si passerà da 900 a 700 soldati. I contingenti italiani saranno spostati in Africa, in particolare in Libia e in Niger. In Libia si passerà da 370 a 400 soldati, mentre in Niger saranno mandati 470 soldati, centoventi nel primo semestre del 2018.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/01/17/camera-missione-niger

    • L’Italie veut envoyer des soldats au Niger, refus de Niamey

      L’Italie avait annoncé, fin 2017, son intention d’envoyer des militaires au Niger afin de lutter contre l’insécurité. Paolo Gentiloni, le Premier ministre italien, avait précisé que cette décision faisait suite à une demande venue du gouvernement nigérien. Un premier contingent de 120 hommes devait partir pour le Niger en ce début d’année. Mais le gouvernement nigérien nie avoir été consulté à ce sujet.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180125-italie-envoyer-soldats-niger-niamey

    • Niger: mistero sulla missione italiana?

      Il 30 gennaio scorso, però, è arrivata una doccia fredda da parte del Governo nigerino: secondo l’emittente francese ‘Radio France International‘ (RFI), le Autorità di Niamey avrebbero negato di aver richiesto l’intervento di Roma e persino di essere state informate della missione dal Governo italiano. Inoltre, il Governo della Repubblica del Niger si sarebbe detto contrario alla missione italiana sul suo territorio e avrebbe dichiarato di essere già supportato da esperti statunitensi e francesi.

      http://www.lindro.it/niger-mistero-sulla-missione-italiana

    • Ministro Interni del Niger: nessun accordo con l’Italia per una missione militare

      Il ministro degli Interni nigerino Mohamed Bazoum definisce «inconcepibile» la missione militare italiana approvata a fine gennaio dal parlamento. Ai microfoni dell’inviato di Rainews24 Ilario Piagnerelli, Bazoum spiega come non ci siano mai stati contatti in merito tra Roma e Niamey e racconta di aver appreso la notizia dai media. Resta aperto lo spiraglio per una «missione di esperti», ma non con ruoli operativi e non «nell’ordine dei quattrocento». Questo, dice il ministro, "non è concepibile, semplicemente”

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Niger-Ministro-Interni-nessun-accordo-con-Italia-per-missione-militare-b4e83

    • Juncker : « les États membres contribuent trop peu au fonds pour l’Afrique »

      Après un premier tour de négociations lors du premier jour du Conseil, le président de la Commission, Jean-Claude Juncker, a prévenu devant la presse que l’action extérieure de l’UE atteignait ses limites à cause d’un manque de financement.

      https://www.euractiv.fr/section/migrations/news/juncker-member-states-committed-too-little-for-africa-fund
      #fonds_pour_l'afrique

    • “EU-Africa migration funds were used on Libya’s coast guard patrol vessels »

      Genoa - EU international cooperation funding destined for development projects in Africa was used to refurbish patrol boats for Libya’s coast guard, and handed over to Libyan militia units who practice torture and extrajudicial killings, in violation of Libyan and international standards.

      http://www.themeditelegraph.com/en/markets/finance-and-politics/2017/11/16/africa-migration-funds-were-used-libya-coast-guard-patrol-vessels-ZxeIfzI2rMZYW6ixGchHKP/index.html

      #Libye #gardes-côtes_libyens #externalisation #développement #aide_au_développement

      –-> je ne sais pas si le fonds dans lequel il est question ici c’est aussi celui qui est mentionné dans le premier article de la liste... @isskein : tu en sais plus ?

    • Europe’s Plan to Close Its Sea Borders Relies on Libya’s Coast Guard Doing Its Dirty Work, Abusing Migrants

      When a Libyan coast guard officer raised his hands and pointed, as if holding a rifle, Thomas Schaible wasn’t too worried. It wasn’t his first violent encounter with the Libyan coast guard, but this time, with a helicopter from the Italian navy overhead and Italian and French warships nearby, Schaible knew it was an empty threat.

      https://theintercept.com/2017/11/25/libya-coast-guard-europe-refugees

    • Libya human bondage risks overshadowing Africa-EU summit

      #Mogherini was questioned about the EU’s strategy of outsourcing the migration crisis to foreign countries such as Libya and Turkey, which received billions to prevent Syrian refugees from crossing to Greece.

      She said the situation was different on two counts: first, the migrants stranded in Libya were not legitimate asylum seekers like those fleeing the war in Syria. And second, different international bodies were in charge.

      “When it comes to Turkey, it is mainly refugees from Syria; when it comes to Libya, it is mainly migrants from Sub-Saharan Africa and the relevant international laws apply in different manners and the relevant UN agencies are different – the UNHCR on one side, especially in Turkey, and the IOM especially in Libya.”

      https://www.euractiv.com/section/development-policy/news/libya-human-bondage-risks-overshadowing-africa-eu-summit
      #IOM #OIM #HCR #Libye #Turquie #migrants_économiques #réfugiés #tri #catégorisation

      En lien avec cela, lire:
      http://seen.li/dn2v
      #mixed_migrations

    • Commission européenne - Fond fiduciaire d’urgence pour l’Afrique - Nouveaux programmes

      Trois nouveaux programmes d’un montant de 29,6 millions d’euros ont été adoptés dans le cadre du Fonds fiduciaire d’urgence de l’UE pour l’Afrique. Ces programmes complètent l’action de l’UE visant à relever les défis de la migration en Méditerranée. Ces nouveaux programmes intensifieront le travail en cours de l’UE pour renforcer la protection des migrants, soutenir leur réintégration durable et permettre une augmentation du nombre de retours volontairement assistés depuis la Libye. Ils contribueront également à la lutte contre les réseaux criminels dans la région.

      Three new programmes worth €29.6 million have been adopted in the framework of the EU Trust Fund for Africa as part of EU work in addressing migration challenges in the Mediterranean. A set of priorities for 2018 have also been agreed.

      These new programmes will step up the EU’s ongoing work to strengthening protection of migrants, support sustainable reintegration and provide assisted voluntary returns. The programmes will also contribute to fight criminal networks across the region.

      High Representative/Vice-President Federica Mogherini said: “Last week we established a joint EU/AU/UN Task Force to accelerate our work to protect migrants and refugees and fight the criminal networks. With these new programmes, we will step up our commitments, save lives, guarantee the respect of human rights and of international standards, provide alternatives to those wishing to return to their homes and support to host communities. We already assisted over 14,000 people stranded in Libya to return and will support an additional 15,000 returns by February 2018. And we will support our partners to counter traffickers and smugglers, assisting them in bringing peace and security to the region.”

      Commissioner for European Neighbourhood Policy and Enlargement Negotiations Johannes Hahn said: “The current challenges in the Mediterranean Sea remain a top priority for the European Union. The EU Trust Fund for Africa continues to take action to tackle the root causes of irregular migration and to defend the rights of people who risk falling into the hands of traffickers and smugglers. With our new programmes, we will help dismantle criminal networks in North of Africa, support migrants who wish to return to their home countries and facilitate access for migrants to legal advice. We will also promote socio-economic integration in Morocco and will foster socio-economic development of the Libyan Municipalities”.

      Regional programme - Facility for Migrant Protection and Reintegration in North Africa, €10 million

      This programme will be implemented by the International Organisation for Migration (IOM), and will further contribute to the ongoing efforts under the assistance voluntary return scheme. It will strengthen protection of migrants, support sustainable reintegration systems in North Africa and provide assisted voluntary return to migrants wishing to return to their home from Northern Africa. This Facility is conceived as a regional flexible mechanism able to adapt to the specific needs of the countries. This is yet another action towards enhancing support to stranded migrants as well as reinforcing national return and reintegration systems across the North of Africa region.

      Regional programme - Dismantling the criminal networks operating in North Africa and involved in migrant smuggling and human trafficking, €15 million

      This project will focus on regional dimension of fight against smugglers and traffickers. It will target the public sector of the countries in the region (in particular the Ministries of Interior, Justice, Finance, and Health). Under this programme, implemented by the United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), capacity-building as well as light equipment, such as IT and forensic tools, will be provided to actors dealing with law enforcement and criminal justice. The final beneficiaries will be the general public, victims of trafficking, smuggled migrants, and families of the latter two categories.

      Morocco - Legal Empowerment for migrants, €4.58 million

      This programme implemented by the Belgian Technical Cooperation will reinforce the protection and resilience of migrants and refugees, displaced persons and host communities in Morocco. Whilst strengthening awareness on their rights and access to legal counselling, the project will also contribute to promote the socio-economic integration of migrants and facilitate migrants’ integration in the Moroccan society. This is a new very specific action complementing the EU support to the implementation of the Moroccan National Strategy on Migration (SNIA). The programme will support actors who help migrants and refugees access to their rights, such as lawyers, students, civil society associations and justice staff. It will develop and create legal clinics in Rabat, Casablanca, Tanger and Oujda.

      Objectives for 2018

      The Commission also outlined the priorities of the EUTF/North of Africa window for 2018. The situation in Libya will remain a top priority, with on the one hand increased efforts for the protection of migrants and refugees, including through the support for additional assisted voluntary returns and support for evacuation of the most vulnerable ones (in line with the recent decision of the EU-African Union summit); and on the other hand support to host communities. More specifically, funding will be provided to the UNHCR’s evacuation mechanism through the EUTF and discussions with the IOM on additional measures under the assisted voluntary return scheme are being finalised. The Commission is also working together with Italy on a new initiative to be presented to the Operational Committee early in 2018, which is aimed at fostering the socio-economic development of the Libyan Municipalities, on the basis of needs of local authorities and in close coordination with the PC/Government of National Accord (GNA).

      http://www.europeanmigrationlaw.eu/fr/articles/actualites/commission-europeenne-fond-fiduciaire-d-urgence-pour-l-afrique-

    • Come viene usato il Fondo Fiduciario per l’Africa?

      “Vertice UE-Africa: l’Europa non paga”. Così titolava il settimanale tedesco Der Spiegel alla vigilia del Summit di Abidjan di fine novembre, evidenziando un problema crescente nell’approccio europeo al contenimento dei flussi migratori: come reperire le risorse con cui finanziare il Fondo fiduciario per l’Africa. Perché se da un lato aumentano obiettivi e programmi da finanziare, dall’altro non cresce il coinvolgimento economico dei governi europei.

      http://openmigration.org/analisi/come-viene-usato-il-fondo-fiduciario-per-lafrica

    • 2.12.2017 – Commission européenne - Fond fiduciaire d’urgence pour l’Afrique - Nouvelles actions pour renforcer la stabilité dans la corne de l’Afrique

      Le Comité opérationnel du Fond fiduciaire d’urgence pour l’Afrique a adopté une nouvelle série de 13 programmes d’un montant de 174,4 millions d’euros pour la région de la #Corne_de_l'Afrique

      http://www.europeanmigrationlaw.eu/fr/articles/actualites/commission-europeenne-fond-fiduciaire-d-urgence-pour-l-afrique-

    • Fondo Africa, quelle risorse destinate a progetti lontani dall’aiuto allo sviluppo

      Il dossier realizzato sugli atti di delibera e ottenuto grazie alla richiesta dell’Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e sulla risposta del sottosegretario agli Esteri Della Vedova all’interrogazione del PD sull’utilizzo delle risorse stanziate. Risorse spese in Tunisia, Niger e Libia che pongono, secondo ActionAid, problemi di costituzionalità e trasparenza

      http://www.repubblica.it/solidarieta/cooperazione/2017/12/18/news/fondo_africa-184514509

    • A ‘blind spot’ in the migration debate? International responsibility of the EU and its Member States for cooperating with the Libyan coastguard and militias

      The discussion on the restrictive migration management policies of the European Union (EU) and its Member States (MS) has so far focused on the potential violation of the primary rules of international law that determine the conduct of subjects of international law. The question of applicability of the secondary rules of international responsibility that provide for the consequences of the commitment of a wrongful act has attracted less attention. The main question in the current context is whether the cooperation of the EU and its MS with the Libyan coastguard and militias with the view of stemming irregular migration flows to Europe generates international responsibility for the above actors. More specifically, it is asked whether there is an autonomous basis in the law of international responsibility for holding the EU and its the MS responsible for the violations of human rights occurring in Libya, even if they do not exercise directly jurisdiction over migrants. Three aspects of this theme will be developed here: first, the nature and scope of the cooperation of the EU and its MS, in particular Italy, with the Libyan authorities, coastguard and militias in view of restricting the access of migrants to the EU; second, the extent of human rights violations of migrants in Libya; and third, the alleged complicity and responsibility of the EU and MS for the violations of these rights.

      http://eumigrationlawblog.eu/a-blind-spot-in-the-migration-debate-international-responsibility

    • L’Europe affirme que la formation des gardes-côtes libyens avance

      La formation des gardes-côtes libyens, notamment pour le sauvetage de migrants, avance, a déclaré jeudi à Tunis le commandant de l’opération navale européenne Sophia, chargée de lutter contre les passeurs.

      « La formation se passe bien », a affirmé Enrico Credendino, commandant de la force navale européenne en Méditerranée (Sophia).

      « Les gardes-côtes libyens ont été très actifs, en particulier au cours du second semestre 2017. Ils ont secouru beaucoup de migrants, presque 18.000 alors qu’en 2015 par exemple, ils en avaient secouru seulement 800 », a-t-il précisé.

      Lancée en 2015 par l’UE, l’opération navale Sophia est chargée de lutter contre les passeurs et de former les gardes-côtes libyens.

      Sa mission a été reconduite en juillet par le Conseil européen jusqu’en décembre 2018.

      Déchirée par les rivalités entre groupes armés et les autorités qui se disputent le pouvoir, la Libye a sombré dans le chaos depuis la chute du régime de Mouammar Kadhafi en 2011.

      Des centaines de milliers de migrants, certains fuyant des conflits, d’autres la pauvreté tentent de traverser la Méditerranée depuis la Libye pour rejoindre l’Europe. Depuis le début de l’année, au moins 337 d’entre eux sont morts ou disparus au large de la Libye, selon l’Organisation internationale des migrations.

      https://www.voaafrique.com/a/migrations-formations-de-garde-cotes-libyens-avance/4300524.html
      #Opération_sophia

      A mettre en lien avec cet article :
      La guardia costiera libica minaccia l’ong Proactiva Open Arms
      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/03/16/guardia-costiera-libica-open-arms

    • Un film de #Andrea_Segre, à voir absolument. Il montre les manoeuvres italiennes en Libye :
      L’ordine delle cose (L’ordre des choses) :

      Rinaldi, policier italien de grande expérience, est envoyé par son gouvernement en Libye afin de négocier le maintien des migrants sur le sol africain. Sur place, il se heurte à la complexité des rapports tribaux libyens et à la puissance des trafiquants exploitant la détresse des réfugiés.
      Au cours de son enquête, il rencontre dans un centre de rétention, Swada, une jeune somalienne qui le supplie de l’aider. Habituellement froid et méthodique, Rinaldi va devoir faire un choix douloureux entre sa conscience et la raison d’Etat : est-il possible de renverser l’ordre des choses ?


      https://lordinedellecose.it

      https://www.youtube.com/watch?v=_b8mp4N4Blw

      Il est actuellement en salle à Grenoble...

      #film

    • Migranti, gli occhi della Libia sui radar europei nel Mediterraneo

      A dicembre 2016 un ufficiale di collegamento della guardia costiera libica è entrato nel cuore del #Sea_Horse_Mediterranean_Network, il sistema di monitoraggio dell’Unione per il controllo delle frontiere Sud del Mediterraneo e che vede in prima linea l’Italia. Ma il governo libico era ritenuto inaffidabile dalla Commissione Ue nel 2015 ed escluso dal progetto. Ora perché è coinvolto? E a quale titolo?

      Occhi elettronici. Radar potenti e sofisticati. Satelliti militari in grado di scansionare ogni centimetro quadrato del Mediterraneo centrale, quel pezzo di mare tra la Libia e l’Italia divenuto tomba per migliaia di migranti, morti mentre cercavano di fuggire alle guerre dei loro paesi e alle torture dei carcerieri libici. Mezzi straordinariamente potenti, soprattutto se messi in rete, formando un flusso di dati in grado di salvare vite – avvistando ogni piccolo gommone che tenta la traversata – e di bloccare i traffici. Non solo di esseri umani, ma anche di petrolio, droga, armi. Si chiama Sea Horse Mediterranean Network ed è l’asset più prezioso della rete di controllo della frontiera sud dell’Europa.

      Un progetto costato milioni di euro, promosso direttamente dall’Unione europea e che vede un ruolo da protagonista dell’Italia. Una rete che – stando a documenti consultati da Famiglia Cristiana – potrebbe però cadere in pessime mani. Quelle delle milizie libiche, ovvero le forze di Tripoli che compongono quella stessa Guardia costiera pronta ad usare le armi contro le Ong, accusata un anno fa dalle Nazioni Unite di essere stata complice in alcuni casi degli stessi trafficanti. Il progetto in origine riguardava l’area dell’Atlantico. La responsabilità, in quel caso, era stata affidata alla Guardia Civil spagnola e l’area interessata era sostanzialmente il tratto di mare a sud delle Canarie, una delle rotte delle migrazioni via mare attive fino a una decina di anni fa. Il sistema permette di «scambiare informazioni via satellite per combattere l’immigrazione irregolare via mare», si legge in un documento delle autorità spagnole che abbiamo consultato, creando dei punti di contatto in ogni paese coinvolto «per accedere a questa rete sicura».

      Le informazioni raccolte sono estremamente sensibili e costituiscono una base di conoscenza e di intelligence sicuramente strategica. Dopo l’avvio di una prima fase sulla zona atlantica, il progetto Sea Horse punta, dal 2015, al Mediterraneo. Tre i paesi del nord Africa coinvolti: l’Egitto, la Tunisia e la Libia. Nel novembre del 2015 il commissario europeo Dimitris Avramopoulos aveva risposto ad una interrogazione delle deputate europee Sabine Lösing e Cornelia Ernst (GUE/NGL), spiegando che il progetto era in una fase di stallo. Il problema principale riguardava proprio la Libia: «A causa della situazione d’insicurezza e alla mancanza di stabilità del governo nazionale libico – si legge nella risposta all’interrogazione pubblicata sul sito del Parlamento europeo – tutte le attività per installare il #National_Contact_Point in Libia sono sospese. Di conseguenza le autorità libiche interessate non sono collegate al #Mebocc, che sarà ospitato dal centro di coordinamento italiano per la sorveglianza delle frontiere».

      La sigla Mebocc sta per #Mediterranean_Border_Cooperation_Center, ed è il cuore della rete di controllo del mare tra Italia e Libia. La collocazione di questo centro, come ha spiegato il commissario europeo, è prevista nel nostro paese, con un backup a Malta. Tutto, però, sembrava fermo fino al novembre del 2015.

      Un ufficiale di collegamento libico era presente nel cuore della rete europea di sorveglianza delle frontiere marittime

      Alla fine del 2016, dopo il cambio ai vertici del ministero dell’Interno e l’arrivo di Marco Minniti, il progetto ha subito un’accelerazione. Nella “Relazione sulla performance per il 2016” del Viminale c’è un paragrafo dove si annuncia l’operatività del progetto: «L’infrastruttura satellitare», si legge nel documento, «è stata installata nel #Centro_Interforze_di_Gestione_e_Controllo (#CIGC) #SICRAL di Vigna di Valle, teleporto principale del Ministero della Difesa, mentre presso il Centro Nazionale di Coordinamento per l’immigrazione “Roberto Iavarone” – #EUROSUR, sede del MEBOCC, sono stati installati gli altri apparati funzionali alla rete di comunicazione. Al 31 dicembre 2016, quello dell’Italia risultava essere l’unico nodo realmente attivo e pronto per le comunicazioni».

      Tutto pronto, dunque, per operare. Pronto e operativo, a quanto sembra, era anche il governo libico, che solo un anno prima veniva definito instabile dalla Commissione europea. Si legge nel rapporto del Ministero dell’Interno, documento che Famiglia Cristiana ha consultato: «Si segnala inoltre che nel 2016, nell’ambito del progetto Sea Horse Mediterranean Network, quattro ufficiali della Guardia Costiera – Marina Militare Libica sono stati ospitati in Italia, in qualità di osservatori, uno presso l’#ICC - #International_Coordination_Center, altri due imbarcati sull’assetto spagnolo “#Rio_Segura” durante il mese di settembre e uno presso il Centro nazionale di coordinamento – EUROSUR della Direzione Centrale per l’Immigrazione dal 5 al 9 dicembre, con funzioni di collegamento con le autorità libiche e per migliorare/stimolare la cooperazione nella gestione degli eventi di immigrazione irregolare provenienti dalla Libia».

      Dunque un ufficiale di collegamento libico era presente nel cuore della rete europea di sorveglianza delle frontiere marittime del Mediterraneo poco più di un anno fa. Fatto che potrebbe avere come conseguenza la possibilità di accesso al sistema Sea Horse da parte del governo di Tripoli, impegnato, come abbiamo visto, nel respingimento in mare dei migranti che fuggono dal Nord Africa verso l’Europa. La sensibilità delle informazioni che il network raccoglie e gestisce è evidente. Un mese fa è stata presentata una seconda interrogazione al Parlamento europeo per capire se i libici già sono in grado di accedere ai dati dei satelliti che monitorano il Mediterraneo: «Dove, in Libia o in Italia, sono stati realizzati i Centri Operativi (ad esempio il Mebocc) e quali autorità o milizie sono coinvolte?», hanno chiesto i deputati Sabine Lösing e Cornelia Ernst. Al momento non hanno ottenuto nessuna risposta. La Libia è sempre più vicina.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/migranti-gli-occhi-della-libia-sui-radar-europei-nel-mediterraneo.
      #Egypte #Tunisie #Libye #images_satellitaires

    • Migranti, affidarne i soccorsi alla Libia significa respingerli

      Un verbale della riunione dell’ Organizzazione mondiale del mare del 30 ottobre scorso svela la contrarietà di creare un coordinamento libico dei salvataggi nel Mediterraneo. Ma giovedì scorso la nave della Ong spagnola Open Arms è stata affidata proprio alle motovedette di Tripoli come ha spiegato anche la Guardia Costiera italiana. Ora cominciano i respingimenti collettivi per conto terzi?

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/migranti-affidarne-i-soccorsi-in-mare-alla-libia-significa-respi

    • EU Trust Fund for Africa: five new programmes adopted for the Sahel and Lake Chad region

      The European Commission has adopted five new programmes worth over €141 million under the EU Emergency Trust Fund for Africa.

      Commissioner for International Cooperation and Development Neven Mimica said: "Our new EU programmes, worth €141 million, are particularly focusing on important opportunities for young people. They will furthermore support our #G5-Sahel partners to strengthen development and stability in border areas, as well as help us to save more lives and fight human traffickers, who take advantage of vulnerable people’s despair. We also continue our actions to support partner countries to better manage migration and to develop civil registries. Those needs do not decrease, and the resources from the EU Trust Fund are quickly depleting”

      At the regional level, two programmes totalling €75 million will seek to shore up stability and youth participation in the G5 #Sahel countries (#Burkina_Faso, Chad, #Mali, Mauritania and #Niger). A new €70 million Emergency programme will increase people’s access to social services in border areas. The programme was designed under the Sahel Alliance and responds directly to the needs voiced by the G5 Sahel countries under the #Priority_Investment_Programme. Another €5 million will ensure the implementation of the second phase of “#The_Voices_of_young_people_in_the_Sahel” programme, which was launched in 2017 and contributes to integrating youth organisations into the processes of designing and implementing development and social policies.

      A new €7.6 million programme in Niger will further boost migrant protection on migratory routes and support host communities. Also in Niger, the ongoing AJUSEN budget support programme in the justice, security and border management sectors will receive an additional €10 million to continue this work.

      In Senegal, a €9 million initiative will help tackle criminal networks that are linked to irregular migration, migrant smuggling and human trafficking, and enhance regional cooperation in this area.

      In #Côte_d'Ivoire, a new programme worth €30 million will support the country’s ongoing efforts to create a coherent and robust civil registry system that will help improve the management of public policies, enable people to exercise their fundamental rights and improve their access to public services, including the facilitation of voluntary return and the sustainable reintegration of migrants.

      Last but not least, the #Technical_Cooperation_Facility covering all Trust Fund regions and the Research and Evidence Facility covering the Sahel and Lake Chad and the North of Africa regions have been reinforced with an additional amount of €12 million. In line with the evidence-based approach under the EU Emergency Trust Fund for Africa to ensure strategic and efficient interventions, this additional funding will facilitate more studies and research, as well as technical support when necessary.

      The five programmes adopted today bring the total number of programmes adopted since December 2015 for the Sahel and Lake Chad region to 91, with a total value of €1.7 billion.

      Background

      The EU Emergency Trust Fund for Africa was established in 2015 to address the root causes of instability, irregular migration and forced displacement. Resources currently allocated to this Trust Fund are €4.1 billion from EU institutions, European Member States and other donors.

      Today’s assistance adds to the 165 programmes already approved across the three regions (North of Africa, Sahel and Lake Chad region and Horn of Africa), worth a total of €3,157 million. These funds were divided up as follows: Sahel/Lake Chad €1,549 million (86 programmes); Horn of Africa €1,141.3 million (58 programmes); North of Africa €467.1 million (17 programmes). This amount includes 4 cross-region programmes (€145.1 million).

      http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-6447_en.htm?locale=EN
      #Tchad #Mauritanie #jeunesse #Sénégal #réintégration #retours_volontaires #retour_volontaire

  • #Sicile : des #militants_identitaires tentent d’empêcher le #sauvetage de migrants

    Des activistes de l’ultra-droite ont voulu bloquer le bateau d’une ONG qui tente de sauver des migrants qui sont partis des côtes libyennes.


    http://www.leparisien.fr/faits-divers/sicile-des-militants-identitaires-tentent-d-empecher-le-sauvetage-de-migr
    #Italie #extrême_droite #ong #asile #migrations #réfugiés #Italie #Méditerranée

    cc @marty @isskein

  • On the #migration_compact : a few notes

    In the long term the focus on Africa is important for Europe. But I am not talking in terms of curbing migration, rather as an opportunity for Europe. By creating safer environments and more stable (and democratic) institutions in Africa, unauthorised migration flows will decrease as people are likely to stay closer to home especially if they can make a decent living and can move relatively freely back and forth. Libya used to be the economic powerhouse of north Africa and an immigration hub. It will also contribute to a more orderly mobility towards Europe – let’s not forget that Europe needs migrants to rejuvenate the workforce and sustain its welfare systems. And it is not only highly skilled workers that are needed.

    https://nandosigona.wordpress.com/2016/08/31/on-the-migration-compact-a-few-notes
    #asile #migrations #réfugiés

    • En italien:
      L’esternalizzazione del controllo sull’immigrazione non è la soluzione: alcune riflessioni sul Migration Compact

      Un giornalista mi ha chiamato per pormi qualche domanda sul Migration Compact. Le note qui di seguito sono state buttate giù velocemente domanda per domanda, perciò non vanno lette come un testo coerente quanto piuttosto una serie di spunti da sviluppare.

      http://www.meltingpot.org/L-esternalizzazione-del-controllo-sull-immigrazione-non-e.html

    • Migration Compact : Renzi rilancia il Processo di Khartoum e l’esternalizzazione dei controlli di frontiera da affidare ai paesi terzi e di origine. Si legittimano accordi di polizia e dittature militari. La fine del diritto di asilo europeo.

      Di fronte all’avanzata dei partiti populisti ed all’effetto domino dei controlli introdotti alle frontiere interne dello spazio Schengen, da ultimo quelli minacciati dall’Austria, mentre si da per chiusa la rotta balcanica, si ritiene erroneamente che i migranti, che non potranno risalire verso i paesi dell’Europa settentrionale, si sobbarcheranno il passaggio in Egitto ed in Libia per raggiungere l’Italia. Da questa errata considerazione si ricava il rischio che dalla Siria o dai campi del Libano e della Giordania, se non addirittura dalla Turchia, milioni di profughi potrebbero riversarsi sull’Italia, attraversando il Mediterraneo. Pochi gli arrivi dalla Turchia, a conferma che non ci potrà essere un travaso dalla rotta balcanica a quella mediterranea.

      http://dirittiefrontiere.blogspot.ch/2016/04/migration-compact-renzi-rilancia-il.html

    • Refugee compacts: Addressing the Crisis of Protracted Displacement

      Compact agreements have emerged as a new approach, bringing together donors and development and humanitarian actors under host-country leadership for multiyear agreements to achieve defined, sustainable outcomes for refugees and host communities. Under a compact framework, diverse actors make mutually reinforcing commitments to resources, policy changes, and projects designed to achieve a shared vision. Three features make the compact model uniquely suited to address today’s refugee crisis:


      https://www.rescue.org/report/refugee-compacts
      #refugee_compact

    • Here to stay? Population displacement in historical context

      This is, undoubtedly, a positive development. The idea that there is an international community — ill-defined though that term is — that shares a responsibility towards displaced persons is without a doubt a cause for celebration (as well as the occasional Nobel Peace Prize). It does strengthen one’s belief in humanity to know that there are people and institutions ready to help those in desperate need and to stand up, quite often, to the political pressures of the moment.

      There is a dark side to the (admittedly imperfect) global compact to assist refugees. To have permanent institutions with highly motivated and professional staff devoted to helping refugees is also an implicit admission that we always will have large-scale forced population displacements. Or to put it another way: the UNHCR has become a permanent institution because finding preventative solutions to the causes of refugee situations has, apparently, been deemed hopeless

      http://graduateinstitute.ch/home/relations-publiques/news-at-the-institute/news-archives.html/_/news/corporate/2017/here-to-stay-population-displace

      #global_compact #Jussi_Hanhimäki

    • U.N. Representative: Migration Compact Will Require Political Courage

      A year into the development of a global compact on migration, the U.N. official coordinating the process, Special Representative for International Migration Louise Arbour, discusses political short-termism and the challenges of international cooperation over migration.

      https://www.newsdeeply.com/refugees/community/2017/10/27/u-n-representative-migration-compact-will-require-political-courage

    • Pacto global para las migraciones - RECOMENDACIONES PARA UN PACTO CON ENFOQUE DE DERECHOS

      This joint document between Asylum Access and other civil society organizations offers guiding principles and concrete proposals to UN Member States negotiating the Global Compact for Safe, Orderly, and Regular Migration. The document addresses four main areas: migratory regularization, oversight of expulsions, the non-criminalization of migration, and access to justice. Para leer el informe en español, haz clic aquí.

      http://asylumaccess.org/wp-content/uploads/2018/02/Pacto-Global-Para-Las-Migraciones-2018.pdf

    • Global Compacts on Migration and on Refugees: how they should intersect

      Even though the New York Declaration combines the topics of refugees and migrants (with some commitments applying to both and others exclusively to refugees or to migrants), the compacts are set to be two separate documents.

      Besides deciding on the normative content, discussions on the juridical nature of the documents are also taking place. As such, it is relevant to highlight an aspect that is receiving little attention, but which affects both the structure and content of the compacts: the need for an explicit dialogue between the two documents.

      The compacts are twin initiatives and tackle different aspects of the same phenomenon: human mobility. They should acknowledge their common ground and the fact that they will generate intersections both in terms of themes and of protection needs. This will guarantee that migration governance has an enhanced basis to protect both refugees and other migrants.

      https://www.weforum.org/agenda/2017/12/compacts-for-migrants-and-refugees-can-be-separate-but-must-reflect-what-th
      #mobilité_humaine

    • For Refugee Compact to Talk Jobs, It Must Listen to Migration Compact

      Opening doors to refugees to make a good living can be positive, but the approach contains risks. Law professor Jennifer Gordon says the refugee and migration pacts must overlap for the sake of refugee workers.


      http://www.develop.newsdeeply.com/refugees/community/2018/03/05/for-refugee-compact-to-talk-jobs-it-must-listen-to-migration-com
      #travail

      Et un nouveau mot pour @sinehebdo :
      #refugee_workers —> #travailleurs_réfugiés ou #réfugiés_travailleurs

    • Three reasons for rejecting a ‘Global Compact for Most Migration’

      Despite this inclusivist tradition, the UN is at risk of creating a Global Compact for Migration that specifically excludes refugees. In other words, we may end up with a ‘Global Compact for Most Migration’. Here are three reasons why preventing such a scenario is both important and feasible.

      https://jorgencarling.org/2018/03/11/three-reasons-for-rejecting-a-global-compact-for-most-migration

    • Global compact/3: punti d’azione… e (primi) appunti di bilancio

      Anche a un primo confronto con i “20 punti di azione per i Patti globali” del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale, le due “bozze zero” dell’ONU per i Global compact sui rifugiati e sulla migrazione sembrano aprire, almeno nelle intenzioni, a prospettive di buon respiro. Soprattutto, viene da dire, se si guarda ai discutibili orizzonti su cui si sta muovendo larga parte delle politiche sull’asilo dell’UE. Per non scomodare, oltre Atlantico, la presidenza Trump, che nello scorso autunno ha ritirato gli USA proprio dai colloqui per il Compact sulla migrazione.

      http://viedifuga.org/global-compact-3-punti-dazione-e-primi-appunti-di-bilancio

    • What is the Global Compact on Refugees?

      In 2016 the UN refugee agency began developing a new framework for responding to large movements of refugees. The Global Compact on Refugees will be delivered to the UN general assembly later this year.

      The Global Compact on refugees was conceived in September 2016, when the UN General Assembly adopted the New York Declaration for Refugees and Migrants, which is “a set of commitments to enhance the protection of refugees and migrants.” The New York Declaration called upon the UNHCR to create a “global compact on refugees” which will be presented in the 2018 annual report to the UN General Assembly.

      The Compact aims to strengthen cooperation between UN member states in responding to large movements of refugees. It consists of the Comprehensive Refugee Response Framework, which are the key elements for a thorough response to any large movement of refugees. The Global Compact will also provide a blueprint to “ensure refugees have better access to health, education and livelihood opportunities.”

      When one nation is confronted with a large movement of refugees, the global compact aims to alleviate that burden so that a country does not become overwhelmed. There should be systems in place so governments can share responsibility in a crisis , which is based on the rationale that the members of the international community work better together, than alone.

      Read more here: http://www.unhcr.org/towards-a-global-compact-on-refugees.html

      Amnesty International statement

      Human Rights Organization Amnesty International, in a recent statement released on April 13, called “Amnesty International urges governments to make the global compact on refugees fit for the future,” made several suggestions for governments to keep in mind when discussing the compact. There have been three rounds of discussions between governments this year on the global compact for refugees. Amnesty also pointed out the current refugee crisis in Myanmar and the Democratic Republic of the Congo and the need for the compact to be put into action.

      Amnesty has suggested that wealthier countries should take accept more refugees, pointing out that “84 percent of refugees are hosted by middle and low-income countries.” They also said that more should be done to resettle refugees between UN member states and that, for example, governments should offer more scholarships to bring refugees to their countries.

      Amnesty has praised the scope of the Compact, noting that it includes governments as well as the private sector. It has especially called on businesses to help tackle the problems that refugees face and to identify areas where refugees may be abused by private enterprises.

      Read the statement here: https://www.amnesty.org/en/documents/ior40/8227/2018/en

      http://www.infomigrants.net/en/post/8655/what-is-the-global-compact-on-refugees

    • Why We Need International Cooperation on Migration

      “This will be called the Global compact for safe, orderly and regular migration. Therefore, the corollary, it’s that it is an international to curtail, if not eliminate all together, which I consider to be a little too ambitious, unsafe, unregular, disorderly migration. That is to acknowledge the reality that human mobility has always been with us and always will be. I often say that migration is not a good thing, it’s not a bad thing, it’s a thing. It happens. It has always happened. So, we know that human mobility is with us and will stay. And frankly, in terms on how well we’ve done, as a species, in organizing ourselves, this is not a particularly currently success story. We can do a lot better through international cooperation.”

      https://www.youtube.com/watch?time_continue=31&v=t3blxmLuqLQ


      #Louise_Arbour

    • Global Compact for Migration

      On 19 September 2016, Heads of State and Government from the 193 UN Member States came together at the UN General Assembly to discuss topics related to migration and refugees at the global level. The adoption of the New York Declaration for Refugees and Migrants recognized the need of a comprehensive approach to migration. As a result, UN Member States agreed to cooperate in the elaboration of a Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration, expected to be adopted at an intergovernmental conference on international migration on 10-11 December 2018 in Morocco. The New York Declaration for Refugees and Migrants also set in motion a separate negotiation process for the Global Compact on Refugees.

      https://migrationdataportal.org/sites/default/files/styles/embedded_845/public/2018-06/Infographic%20second%20draft%20GCM.png?itok=mg6yurya
      https://migrationdataportal.org/themes/global-compact-migration

    • Global Compact on Refugees – a rich countries’ model for keeping others out

      The UN General Assembly is set to vote on the final draft of the global compact on refugees as a basis for a more equitable sharing of the burden and responsibility for hosting and supporting the world’s refugees. The compact is, however, largely a rich countries’ model designed to protect their borders from unwanted refugees. The outcome will be less protection and more death, as refugees will continue to risk their lives to reach security in the global north.

      Privatising refugee protection

      The compact demonstrates a risky pattern of privatising refugee protection, shifting the responsibility away from the state to the private sector. Its market-driven approach results in a further privatisation of protection and the substitution of insecure private sector ventures for guaranteed public sector commitments. The increasing reliance on the private sector, foreign investment, and support from the World Bank and similar international agencies reduces the guarantees, predictability, and the regularity that are usually expected from states and the public sector.

      In this market-driven structure, the global compact has created a model of refugee protection in the spirit of the dominant neoliberal paradigm. The privatisation of service delivery in rich countries in recent years resulted in labour abuses, price increases, reduction in access, and other problems. Relying on the private sector for delivering refugee protection promises similar failures and access crises.

      Refugees and their rights, and their protection needs are left to the economic calculus of private employers and the laws of markets. For example, the compact seeks “labour mobility for refugees, including through the identification of refugees with skills that are needed in third countries.” In doing so, it practically turns the refugees into de facto economic migrants, reduces protection into access to jobs, and strips refugees of the possibility of resettlement through asylum. This market-based effort to help the refugees that might meet labour markets demands and fit the economic calculus of foreign employers leaves out any possibility of permanent residence, or citizenship for the refugees accepted as labour migrants. The fate of the chosen few refugees will squarely depend on their continuing luck to meet the requirements of the ever-evolving flexible labour markets. The compact is silent on the future of these refugees once their jobs are terminated due to markets considerations.

      International division of labour in refugee protection

      The compact institutionalises an unequal international division of labour in refugee protection by keeping refugees at bay and warehousing them in current host countries. Currently, the global south hosts 85% of the world refugees under UNHCR’s mandate. Subjected to a myriad of economic, social, and other insecurities, refugees face varying, and in many cases severe, protection deficits. Addressing this deficit through predictable burden and responsibility sharing was seemingly the driving force behind the global compact on refugee protection. Many hoped for a change in the international division of labour for refugee protection through the spatial reallocation of refugees (resettlement) and other meaningful schemes.

      However, the agreed compact reinforces the old spatial arrangement. Current host countries are asked to continue providing the space and the bulk of the resources for refugee protection. Rich countries help through development aid, preferential trade agreements, private sector investment, and similar measures. There is little room for spatial reallocation of refugees.

      The compact’s proposed development aid to current host states is designed to stop the future movement of refugees to rich countries in the West. Many have challenged the usefulness of development aid in reducing migration. The model suffers from a faulty understanding of protection, and the causes of refugee’s continuing movement.

      Jobs in current host countries are indeed important for refugee protection. As research shows, access to jobs, however, does not stop refugees’ movement if they lack a sense of overall security and still believe they can reach the desired threshold of safety elsewhere in the world.

      While promoting increased economic involvement of the private sector in securing employment for refugees in current host countries, the compact largely ignores refugees’ labour rights. The omission risks turning refugees into cheap and unprotected labour for private enterprises and large transnational corporations. It subordinates refugee rights to the rationality of market relations and impersonal economic calculus.

      Jobs matter. Regular jobs with a living wage matter more. Renewable or regular residence permit are crucial for refugees. Citizenship in a safe country that provides a secure and sustainable life for refugee families matter more. Political instability and the lack of human rights and civil liberties continue to motivate many refugees to move. Once displaced by war, conflict, or other calamities and insecurities, refugees would continue to move till they reach their desired and projected zone of security.

      The future

      The compact is a sad statement about the shrinking space of refugee protection, and declining appetite of the wealthy states and their citizens in embracing those escaping violence. The call for a global compact for refugees was an attempt by the UNHCR to find a solution to the growing refugee crises in the world. What came out of two years of intense negotiations was a non-binding agreement, with no commitment to more resettlement, and only verbal support for increased aid to current host states.

      Given the political mood on both sides of the Atlantic, persuading rich states to accept and implement a higher resettlement quota that corresponds to the protection needs of the growing refugee population in the world is indeed a daunting task. The difficulties involved in this quest should not, however, compromise the advocacy for resettlement and the centrality of refugee rights.

      Refugee rights and resettlement should be front and centre of any agreement supported by the UNHCR. Predictable burden and responsibility sharing demands a change in the current international division of labour. That is not possible without a substantial increase in resettlement. Uncompromised advocacy regarding rights and resettlement is the only guarantee for refugee protection in the long run. Even from a pragmatic point of view, insisting on what is right is the best way to go.

      https://www.euronews.com/2018/09/19/global-compact-on-refugees-a-rich-countries-model-for-keeping-others-out-v
      #privatisation

    • Bataille rangée pour un pacte migratoire à l’échelle mondiale

      Après la Hongrie et les #Etats-Unis, l’#Autriche et la #Pologne appellent à boycotter le Pacte global sur les migrations. La #Suisse a finalement décidé d’approuver le document, qui propose une liste de meilleures pratiques et une coopération internationale accrue.

      A l’heure d’une forte résurgence populiste, notamment en Europe et aux Etats-Unis, le multilatéralisme et la migration ne font pas toujours bon ménage. C’est le cas en Autriche et en Pologne, mais aussi outre-Atlantique. Mercredi, le vice-chancelier autrichien Heinz-Christian Strache, chef du parti d’extrême droite FPÖ, a exprimé les profondes réserves de son gouvernement au sujet du Pacte global sur des migrations sûres, ordonnées et régulières : « Il y a des points qui sont en contradiction avec notre programme de gouvernement. » Vienne avance même qu’il serait en train d’élaborer un document commun avec la Suisse. Une déclaration qui tombe pourtant à plat. Mercredi, le Conseil fédéral a décidé d’approuver le Pacte global.

      Un jour plus tôt, le ministre polonais de l’Intérieur, Joachim Brudzinski, appelait à sortir de l’accord adopté par 192 Etats membres, à l’exception des Etats-Unis, en juillet dernier. Motif : le Pacte ne « garantit pas la sécurité de la Pologne » et encouragerait l’immigration illégale. On ne connaît pas encore la position de Prague, mais elle pourrait aller dans le même sens. Quant à la Hongrie, elle a déjà fait savoir de façon tonitruante en juillet à New York son intention de refuser un texte « dangereux ».
      Un instrument multilatéral

      Cette rébellion de l’Europe de l’Est ne surprend pas vraiment tant elle concrétise le fort durcissement constaté en matière d’immigration. L’élaboration du Pacte global sur la migration, qui s’est mise en route à partir de l’été 2016 à l’ONU à New York, est en partie une réponse à la crise migratoire de 2015 liée au conflit en Syrie. Mais le refus de l’Europe orientale repose sur une vision erronée de ce qu’est réellement ce document de 34 pages, très détaillé, qui doit être entériné lors d’un sommet de chefs d’Etat à Marrakech les 10 et 11 décembre.

      Un expert qui souhaite garder l’anonymat le relève : « Ceux qui avancent que le Pacte, c’est ouvrir toutes grandes les portes de l’immigration font de la désinformation. Les Etats restent complètement souverains et le document vise à éviter la migration illégale. Mais ils disposent d’un instrument qui permettra de gérer de façon multilatérale ce qu’aucun Etat n’est capable de régler seul. »
      La Suisse a joué un rôle majeur dans les négociations

      Si la question des réfugiés est régie par une convention datant de 1951, la migration n’a jamais bénéficié d’un instrument multilatéral large. Le Pacte global comble un vide. Il n’est pas contraignant juridiquement, mais propose un catalogue des meilleures pratiques sous la forme de dix principes et de 23 objectifs. Pour Vincent Chetail, professeur au Graduate Institute, « le Pacte est un succès du multilatéralisme et un instrument prometteur. Il propose une approche globale et équilibrée de la migration. » Tous ne le suivent pas. Au sein de la société civile, certains estiment que le document ne va pas assez loin. Un spécialiste de la question réfute l’argument : « Les problèmes migratoires sont si différents d’une région à l’autre qu’il aurait été impossible d’avoir un traité contraignant. »

      En Suisse, on pensait que le Pacte allait passer comme une lettre à la poste. La Confédération a joué un rôle majeur dans les négociations. A partir de 2016, le président de l’Assemblée générale de l’ONU a mandaté la Suisse et le Mexique pour cofaciliter le processus. Berne accepte car le processus que codirige l’ambassadeur de Suisse auprès de l’ONU à New York, Jürg Lauber, va dans la droite ligne de la politique migratoire défendue par les conseillers fédéraux Didier Burkhalter et Simonetta Sommaruga.
      Un affront évité

      La Suisse pose même ses conditions : avec le Mexique, elle veut déterminer la structure du processus et surtout rédiger le projet zéro du Pacte. Comme le souhaite la Suisse, des consultations sont engagées d’avril à décembre 2017. Objectif : familiariser les Etats membres avec les faits afin que chacun parle le même langage. A la fin 2017, quatre experts, deux Suisses et deux Mexicains, rédigent un premier projet. Puis à partir de janvier 2018, plusieurs cycles de négociations se mettent en branle.

      Au vu du capital politique que la Suisse a engagé à l’ONU à New York, ne pas approuver le Pacte aurait été un affront. Mais aussi un problème d’image. Berne fait de l’humanitaire l’une des pierres angulaires de la Genève internationale. Or si les négociations ont eu lieu à New York, c’est maintenant Genève qui est aux manettes, en particulier l’Organisation internationale pour les migrations. L’OIM aura un rôle politique et opérationnel nouveau dans la mise en œuvre du Pacte.

      La Suisse, qui signe nombre de partenariats bilatéraux et plurilatéraux en matière migratoire, a un intérêt à une meilleure coopération internationale. Mercredi, le Conseil fédéral a finalement approuvé le Pacte avec quelques réserves. Mais ce fut laborieux. Le conseiller fédéral Ignazio Cassis a demandé une analyse interdépartementale pour éviter toute surprise quant aux incidences du Pacte sur la politique intérieure et extérieure suisse. Il craignait un nouveau « machin bureaucratique ». Sous la Coupole à Berne, on dit surtout qu’il a agi sous la pression de l’UDC qui s’oppose avec véhémence au Pacte.

      https://www.letemps.ch/monde/bataille-rangee-un-pacte-migratoire-lechelle-mondiale
      #boycott

    • Bericht : Wien überlegt Ausstieg aus UNO-Migrationspakt

      Neben Polen erwägt offenbar auch Österreich einen Ausstieg aus dem globalen Migrationspakt der Vereinten Nationen. Wie die „Presse“ (Mittwoch-Ausgabe) schreibt, sollen sich ÖVP und FPÖ einig seien, den Pakt in der jetzigen Form nicht zu unterschreiben.

      Seit Wochen machen laut „Presse“ FPÖ-Medienplattformen gegen den Pakt mobil, und auch Bundeskanzler Sebastian Kurz (ÖVP) sehe ihn skeptisch. „Beide Seiten ließen im Außenamt den Wunsch nach Neuverhandlungen deponieren.“ Alternativ könnte Österreich „als zweite Option“ mit „anderen Zweiflern“ einen „Vorbehalt“ formulieren, „in dem es die Unverbindlichkeit des UNO-Papiers unterstreicht“, heißt es.
      Ungarn und USA werden Pakt nicht zustimmen

      Bisher sind die USA und Ungarn die einzigen UNO-Mitglieder, die sich dem Pakt dezidiert verweigern. Aber es gab auch Medienberichte, wonach in Österreich der Widerstand gegen den geplanten Migrationspakt der Vereinten Nationen wachse, der im Dezember in Marokko angenommen werden soll. Eine „finale Entscheidung“ sei noch nicht gefunden worden, hieß es Ende September vonseiten der Bundesregierung.

      Auch die polnische Regierung erwägt einen Ausstieg aus dem Migrationspakt. Der Entwurf könnte zur „illegalen Migration“ ermuntern und biete keine „Sicherheitsgarantien für Polen“, kritisierte Polens Innenminister Joachim Brudzinski. Er werde seiner Regierung deshalb einen Rückzug aus dem Abkommen empfehlen.
      Maßnahmen nicht bindend

      Der von der UNO initiierte „weltweite Pakt für sichere, geordnete und regulierte Migration“ beinhaltet eine Reihe von Leitlinien sowie rund 20 konkrete Maßnahmen, deren Umsetzung allerdings nicht bindend ist. Es geht um eine bessere internationale Zusammenarbeit in der Migrationspolitik und um Standards im Umgang mit Flüchtlingen.

      Zu den Maßnahmen in dem UNO-Pakt zählt unter anderem, dass die Daten von Migrantinnen und Migranten erfasst und ihnen Ausweisdokumente ausgestellt werden sollen, sofern sie keine besitzen. Die UNO-Staaten verpflichteten sich zudem, gegen Diskriminierung von Zuwanderern zu kämpfen und sich insbesondere um die Lage von Frauen und Kindern zu kümmern. Überdies soll Zugang zu den sozialen Sicherungssystemen ermöglicht werden.

      250 Millionen Menschen sind derzeit weltweit auf der Suche nach einem neuen Ort zum Leben. Das entspricht etwa drei Prozent der Weltbevölkerung.

      https://orf.at/stories/3056461

    • The UN’s Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration: 
Analysis of the Final Draft, 13 July 2018, Objective by Objective

      The New York Declaration on Refugees and Migrants, adopted by the United Nations General Assembly on 19 September 2016, initiated a process towards two Compacts: the Global Compact for Refugees (GCR) and the Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration (GCM). The Compacts are non-binding agreements which lay out a set of principles, objectives and partnerships for the governance of refugees and migration. This commentary will focus on the Global Compact on Migration, the first intergovernmental agreement on migration, negotiated under the auspices of the United Nations.

      Every objective of the Global Compact for Migration will be examined in view of human rights obligations and state practices. The contributors will provide for each of the GCM’s objectives a critical assessment, highlight significant changes during the negotiations, and underline future aspirations. The commentaries seek to provide scholars, practitioners and policy-makers alike with accessible substantive analyses in the lead up to the adoption of the Global Compact for Migration at the end of 2018.

      The commentaries will be posted on this blog between September and December 2018, objective by objective.

      https://rli.blogs.sas.ac.uk/themed-content/global-compact-for-migration

    • Déclaration du #FSMM sur le Pacte Mondial migrations

      Le #Forum_Social_Mondial_Migrations (FSMM) réuni à Mexico du 2 au 4 novembre 2018 s’est saisi dans plusieurs de ses ateliers de l’analyse du « Pacte Mondial pour une Migration dite « Sûre, Ordonnée et Régulière » qui sera ratifié par les chefs d’Etats et des gouvernements à Marrakech (Maroc) en décembre prochain. Beaucoup d’espoir ont été mis dans les capacités des Nations Unies à mettre en place des outils de protection des droits des migrant.es et de renforcement de la liberté de circulation. Quelles que soient nos approches respectives par rapport à ce Pacte, nous sommes conscients de la nécessité qu’il doit exister un cadre qui garantit et protège les droits des migrant.es.

      En l’absence d’un droit international spécifique sur les migrations, encore moins un « droit de migrer », le Pacte est censé combler ce vide par la confirmation des principes universels, des Déclarations et autres Pactes en la matière en un moment où se développent les discours et arguments selon lesquels les politiques actuelles, axées sur le contrôle des frontières, ne sont pas seulement dommageables en termes d’atteinte aux droits des personnes, mais qu’elles sont aussi inefficaces au regard même de leurs objectifs.
      Or tel qu’il est proposé dans sa version finale le Pacte s’apparente plus à un instrument, au service des pays riches, des multinationales et du capital, de contrôle des entrées en fonction de leurs intérêts.

      Certes, il réaffirme quelques principes positifs contenus d’ailleurs dans plusieurs conventions internationales, mais son caractère non contraignant pour les Etats vide ce Pacte de tout son sens.
      Au vu des lignes directrices du Pacte, dans sa version actuelle, il ne propose aucune voie permettant de résister aux évolutions inquiétantes des discours et pratiques politiques d’hyper fermeture à la migration. Nous sommes face à un outil qui va, dans de nombreuses régions du monde, faire reculer les droits des migrants. Ce sera surtout le cas pour les précarisés tels que les personnes sans titre de séjour, les mineurs ou les femmes migrantes.

      De plus, plusieurs points sont particulièrement inquiétants, en particulier :

      • La mise à l’écart de la Convention Internationale de Protection des Travailleurs Migrants et de leur Familles ;
      • La mise en exergue d’une gestion uniformisée et commune des données sur les migrations et les personnes migrantes, ceci comprenant des données biométriques ;
      • La légitimation de la détention de migrants et des centres de rétention ;
      • La non remise en cause de politiques ou de lois criminalisant les migrants ;
      • Le principe de « deux poids deux mesures », un outil non contraignant qui favorise de fait le plus fort et ne donne aucune garantie effective aux plus vulnérables ;
      • Un cadre particulièrement adapté pour la mise en place de politiques de migration choisie ;
      • Le fait que, concernant le développement du Sud, cela se résume à un ensemble de bonnes intentions sans objectifs qualitatifs, concrets et sans évaluation des programmes d’aide au développement.

      A l’évidence, tel qu’il est proposé dans sa version finale, le Pacte s’apparente à une recherche de consensus entre des Etats sur la gestion sécuritaire des migrations et une recherche de renforcements des mesures sécuritaires pour mettre fin au principe inaliénable de la liberté de circulation et risque de devenir un outil pour légitimer des reculs au niveau des droits des migrants plutôt qu´un instrument pour une gouvernance respectueuse du droit international et des droits des migrants. Il peut servir, d’une part, pour justifier des politiques d’exclusion et de criminalisation des migrants et, d’autre part, pour concrétiser les rêves des pays du Nord, maintes fois annoncés, à savoir l’immigration choisie (qui vide les pays du Sud de leurs compétences) et l’immigration jetable.

      Face aux défis migratoires d’aujourd’hui, face à la montée des discours et actes populistes, discriminatoires et racistes, nous organisations de la société civile réunies au sein du FSMM à Mexico réaffirmons notre attachement aux droits fondamentaux des personnes migrantes et de leurs familles. La seule réponse sensée est celle de la solidarité et de l’égalité des droits pour tous. Une politique juste est celle qui se met au service de la personne, de toutes les personnes indépendamment de leur race, leur religion, leur sexe ou leur nationalité, qui prévoit des solutions adaptées pour garantir la sécurité, le respect des droits, de la justice et de la dignité pour tous, qui sait voir le bien de son propre pays en prenant en compte celui des autres pays, dans un monde toujours plus interconnecté.

      Mexico, le 4 novembre 2018

      –-> reçu via email

    • Words Matter. But Rights Matter More

      The international community has recently taken steps to agree two intergovernmental compacts, which together are intended to revitalise the global governance of migration and asylum. The Global Compact on Refugees seeks to strengthen international cooperation on the refugee regime, while the Global Compact for Safe, Regular and Orderly Migration aims to establish principles, commitments and understandings among Member States regarding international migration in all its dimensions. The compacts have been brought into existence against a backdrop of widespread and increasingly systematic human rights violations committed against migrants by state officials, traffickers and other criminals, and leading to what has been called ‘one of the greatest human tragedies of our time’. At the same time, the very bifurcation of the compacts into two ‘separate, distinct and independent’ agreements rests on a set of assumptions that could distort rather than illuminate the complex issue of contemporary human mobility.

      http://www.antitraffickingreview.org/index.php/atrjournal/article/view/356
      #catégorisation

    • Pacte mondial sur les migrations des Nations Unies : un pas vers la #justice_migratoire ?

      LA DÉCLARATION DE NEW YORK, MÈRE DES DEUX PACTES MONDIAUX

      Au niveau international, pour faire face aux drames humanitaires qui se jouaient sur les routes de l’exil, l’Assemblée générale des Nations Unies a adopté, le 19 septembre 2016, la « Déclaration de New York » pour les réfugiés et les migrants qui stipule : « Nous réaffirmons, et continuerons de protéger pleinement, les droits fondamentaux de tous les réfugiés et migrants, quel que soit leur statut ; tous ont des droits.

       » Le texte ne précisait pas la façon dont ces engagements allaient être réalisés mais spécifiait la volonté d’adopter deux nouveaux pactes mondiaux en 2018 : le Pacte mondial sur les réfugiés et le Pacte mondial pour des migrations sûres, ordonnées et régulières (en anglais, Global Compact on Migrations ou GCM).

      La Déclaration de New York chargea le Haut-commissariat des Nations Unies pour les réfugiés (HCR) de s’inspirer du Cadre d’action global pour les réfugiés et d’engager des consultations pour élaborer un « Pacte mondial sur les réfugiés ». Le draft final du Pacte a abouti à l’été 2018 en vue d’être présenté à l’Assemblée générale de septembre 2018 puis entériné fin 2018. De l’avis d’Amnesty International celui-ci n’est pas à la hauteur du défi actuel en termes de protection des personnes réfugiées et de partage équitable de l’accueil de celles-ci
      . Concernant le « Pacte mondial pour des migrations sûres, ordonnées et régulières », des consultations ont été menées par la Représentante spéciale de l’ONU pour les migrations internationales, Louise Arbour, en vue de la publication en janvier 2018 d’un « draft zéro ». Celui-ci a servi de base aux négociations qui ont abouti à un « draft final

       » à adopter, les 10 et 11 décembre 2018, à Marrakech, lors d’une cérémonie officielle des Nations Unies.
      DEUX PACTES POUR UN SUJET GLOBAL

      Le HCR rappelle qu’ « il n’existe pas de régime juridique spécial pour les migrants (au contraire des réfugiés) et [qu’] aucun cadre n’a été adopté pour la prise en charge des mouvements de migrants de grande ampleur.
       » Cependant, comme l’explique Catherine Wihtol de Wenden, directrice de recherche au CNRS, dans « Le glissement des catégories de migrants »
      , il s’avère impossible de mettre les personnes exilées dans des catégories spécifiques et fixes étant donné que les raisons de migrer sont multiples et s’entremêlent. De plus, la situation administrative des exilés et donc leur statut sont mouvants. Le HCR déclare lui-même qu’ « il existe de nombreuses problématiques touchant les réfugiés et les migrants qui nécessitent une réponse internationale commune, et de nombreux domaines où le traitement ne doit pas dépendre du statut des personnes »
      . La distinction personne réfugiée/migrante, si elle a du sens en termes juridiques, est donc dans les faits en bonne partie artificielle. C’est la raison pour laquelle des auteurs comme Alexander Betts et Paul Collier proposent de repenser la notion de réfugié à partir du concept de « force majeure », l’élargissant aux différentes causes de migrations forcées.

      Par ailleurs, les deux pactes sont des instruments de soft law. Leur contenu n’est pas juridiquement contraignant, et n’engage pas directement la responsabilité des États. Néanmoins, comme l’affirme le professeur Alain Pellet, les recommandations non contraignantes qui sont accompagnées par des mécanismes d’examen tendent à être davantage appliquées

      . Soft law et hard law ne sont donc pas incompatibles car le premier peut constituer une étape vers le second.
      CONTENU DU « PACTE MONDIAL POUR DES MIGRATIONS SÛRES, ORDONNÉES ET RÉGULIÈRES »

      Le « draft zéro » de la Représentante spéciale de l’ONU a été accueilli favorablement par la société civile qui a dès lors centré son objectif sur la préservation de la vision et du contenu des propositions présentées par les NU.

      L’architecture du document final repose sur dix lignes directrices exprimant la vision commune des signataires et vingt-trois objectifs accompagnés de leurs actions corollaires pour aboutir à des « migrations sûres, ordonnées et régulières ». Au fil des rounds de négociations, la vision initiale commune a été globalement préservée. Elle émane d’une approche globale, multi-acteurs et centrée sur les droits humains, le droit international, un équilibre entre coopération internationale et souveraineté nationale et enfin une attention importante au genre et aux droits des enfants. La vingtaine d’objectifs et leurs actions de mise en œuvre ont, eux, évolué au fil des discussions.

      Les États s’engagent dans le Pacte à soutenir la mise en œuvre de l’agenda 2030 et des Objectifs du développement durable pour lutter contre la pauvreté et les migrations non désirées. Une attention est manifeste pour les migrations environnementales. Les pays les plus touchés par le réchauffement climatique seront soutenus pour s’adapter et éviter les migrations forcées. L’option d’octroi de visas est envisagée dans les cas où une adaptation ou un retour dans le pays d’origine n’est plus possible.

      Les signataires s’engagent, vis-à-vis des exilés, à rendre possible l’accès, dans leur langue, à une information exhaustive sur les diverses possibilités individuelles et pour leurs proches, en termes de voies légales de migrations, de changements de statuts, de régularisation, de droits et services accessibles et de dépôt de plaintes. En cas d’abus, de violences ou de non-respect des droits humains, que ce soit sur les routes de l’exil, aux frontières ou sur les lieux de travail, des mécanismes de plaintes devront toujours être accessibles. Est fait mention également pour les personnes migrantes travailleuses actives dans le travail informel, de l’assurance que le fait de porter plainte ne les plonge pas dans une situation plus vulnérable.

      Concernant la mobilité, un engagement a été pris de faciliter la mise en place de voies légales : pour les migrants dits économiques, quel que soit leur niveau de qualification, pour la réunification familiale et enfin pour favoriser la recherche et la professionnalisation (académiques et étudiants).

      On note également le souhait de faciliter l’accès à des procédures de régularisation pour les personnes en situation irrégulière sur base de critères transparents et clairs en vue de réduire leur vulnérabilité.

      Cependant, dans le texte final, la mention du principe de non refoulement, pourtant issu de la Convention de Genève, a été supprimée pour ce qui concerne les interceptions en mer et sur terre ainsi que les « retours » pour laisser place au « refus des expulsions collectives dans des pays où un risque réel et prévisible de mort, torture ou autre traitement cruel, inhumain et dégradant (...) en accord avec le respect des lois internationales du respect des droits humains ». De même la tendance actuelle à l’externalisation de questions migratoires

      n’est pas remise en cause.

      Bien que présente dans le texte de départ, la demande de la fin de la détention des enfants et demandeurs d’asile n’a pas été préservée. Elle sera autorisée même si préconisée en dernier recours et pour une courte durée ; la recherche d’alternatives à la détention devant rester prioritaire.

      Plus largement, la différenciation entre personnes en séjour régulier et irrégulier persiste et le Pacte ne mentionne pas la nécessité d’assurer un accès égal aux services de base (éducation, aide médicale, aide juridique etc.), ni la garantie de la liberté d’association pour les travailleurs migrants, quel que soit leur statut ni encore la nécessité d’assurer une pare-feu entre les services de justice et d’immigration, pour garantir le respect des droits fondamentaux

      des personnes sans papiers.

      Enfin, la « non criminalisation de la solidarité » formulée telle quelle dans le premier rapport de Mme Arbour se meut finalement en « s’assurer que l’assistance exclusivement humanitaire aux migrants ne soit pas considérée comme illégale ».
      « CE N’EST PAS LA FIN MAIS LE COMMENCEMENT »

      La majorité des associations de la société civile qui ont décidé, dès le départ, de s’impliquer dans les négociations menées autour du Global Compact le considère comme une avancée malgré les limites évoquées ci-dessus. Une première étape d’un long chemin vers une gouvernance internationale des migrations. « Nous reconnaissons l’immense effort investi par les cofacilitateurs, les États, les agences des Nations Unies et la société civile dans le nouveau Pacte mondial des Nations Unies (...). Nous considérons le Pacte mondial comme une étape transitoire, mais pas encore transformatrice »

      , déclare le réseau Women in migration.

      Tous s’accordent sur le fait que c’est la volonté politique des États et leur capacité de concrétiser leurs engagements moraux qui pallieront à l’aspect non contraignant du Pacte et aux incohérences entre ce qui se fait niveau national et les intentions affichées au niveau international.

      Pour la Belgique, cela se traduit, notamment, par le décalage entre la promotion de l’Agenda 2030 et la réduction des budgets de l’APD, qui est de plus en plus instrumentalisée au service des politiques migratoires restrictives. Autre illustration : la priorité donnée à l’enfermement (dont celui des enfants), plutôt qu’à la recherche d’alternatives à la détention. Enfin, l’augmentation des mesures répressives à l’égard des personnes en séjour irrégulier, y compris en transit, qui augmente leur vulnérabilité et génère le phénomène « d’encampement »

      au lieu de privilégier des solutions durables telles que l’établissement de critères clairs et permanents de régularisation et la création de plus de voies sûres et légales de migrations.

      Afin d’assurer un mécanisme de suivi des engagements, une rencontre de haut niveau (International Migration Forum) en marge de l’Assemblée générale des NU, aura lieu tous les quatre ans, dès 2022. Le Pacte encourage les entités régionales à faire de même et les États à établir un plan national d’implémentation avec mécanisme de suivi. L’OIM se chargera de la coordination et du secrétariat de ce processus.

      Il aura fallu deux ans afin d’aboutir à un consensus multilatéral pour un accord sur les migrations à approuver en décembre 2018 au sommet de Marrakech. La plupart des parties prenantes du processus s’accorde pour dire que son utilité dépendra de la volonté politique des États de le mettre en œuvre. Alors que seuls les USA, la Hongrie ainsi que l’Autriche en Europe, ont annoncé refuser de signer le Pacte, les politiques actuelles entrent en contradiction avec son esprit et sa lettre. Partant de ce constat, que peut-on mettre en place pour que nos politiques entrent en adéquation avec ce nouvel engagement international ?

      https://www.cncd.be/cncd-11-11-11-note-polutique-pacte-mondial-migrations

    • Pacte mondial des migrations : les 10 mots-clés d’un accord de pure coopération

      La France s’apprête à signer le Pacte mondial des migrations, qui affole certains « gilets jaunes ». Mediapart s’est plongé dans ce texte non contraignant pour en tirer dix mots-clés, à commencer par « #souveraineté ». Rarement un texte de l’ONU aura engendré autant de bruit et de fureur, pour si peu de normes.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/071218/pacte-mondial-des-migrations-les-10-mots-clef-dun-accord-non-contraignant

    • Che cos’è il Global compact e perché l’Italia vuole rimanerne fuori

      Il Global compact for safe, orderly and regular migration – anche detto semplicemente Global compact sull’immigrazione – è un documento sottoscritto da diversi stati e promosso dalle Nazioni Unite che prevede la condivisione di alcune linee guida generali sulle politiche migratorie, nel tentativo di dare una risposta coordinata e globale al fenomeno. L’idea di aderire a dei princìpi comuni è nata a New York nel settembre del 2016, quando tutti e 193 gli stati membri delle Nazioni Unite hanno firmato la cosiddetta Dichiarazione di New York sui migranti e i rifugiati, dando avvio a due anni di negoziati. La versione finale del Global compact sull’immigrazione dovrebbe essere approvata durante un vertice che si terrà sotto l’egida delle Nazioni Unite il 10 e l’11 dicembre del 2018 a Marrakech, in Marocco.

      Anche se il documento non è vincolante (come è scritto al punto 7 del preambolo) e indica solo la volontà degli stati di seguire alcuni princìpi comuni ispirati a norme internazionali, diversi governi (tra cui quello italiano) hanno annunciato che non parteciperanno al vertice di Marrakech e valuteranno se aderire all’accordo in un secondo tempo. Altri invece hanno già detto che non lo approveranno. Il Global compact è stato protagonista in tutto il mondo di una campagna di comunicazione politica molto aggressiva da parte dei partiti della destra sovranista che l’hanno accusato di favorire “l’invasione” e “l’immigrazione incontrollata”. Ecco cosa prevede il Global compact sull’immigrazione e quali sono le posizioni dei diversi paesi europei alla vigilia del vertice di Marrakech.

      Cosa prevede
      Il Global compact è una “piattaforma non vincolante” che parte dal presupposto che “la migrazione fa parte dell’esperienza umana ed è sempre stato così nel corso della storia” e che il suo impatto può essere migliorato se si renderanno più efficaci “le politiche dell’immigrazione”. Nel preambolo del testo si definisce “cruciale” la cooperazione tra i diversi stati: “Le sfide e le opportunità dell’immigrazione devono unirci, invece di dividerci. Il Global compact getta le basi per una comprensione comune del fenomeno, la condivisione delle responsabilità e l’unità degli obiettivi”.

      Le linee guida individuate nel documento sono: “La centralità delle persone, la cooperazione internazionale, il rispetto della sovranità di ogni stato, il rispetto delle norme internazionali, lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani, delle differenze di genere e dei diritti dei minori e infine un approccio multilaterale e partecipativo”.

      L’accordo inoltre stabilisce 23 obiettivi che dovrebbero orientare l’operato dei governi attraverso azioni e buone pratiche. Eccoli per esteso:

      Raccogliere e usare dati accurati e disaggregati come base delle politiche.
      Ridurre le cause negative e i fattori strutturali che costringono le persone a lasciare il loro paese di origine.
      Fornire informazioni accurate e tempestive lungo tutte le fasi del percorso migratorio.
      Garantire che tutti i migranti abbiano una prova della loro identità e una documentazione idonea.
      Migliorare la flessibilità e la disponibilità delle vie legali per migrare.
      Agevolare condizioni di assunzione e tutele giuste ed etiche per assicurare un lavoro decente.
      Affrontare e ridurre le vulnerabilità nel percorso migratorio.
      Salvare vite e stabilire degli sforzi internazionali coordinati per i migranti dispersi.
      Rafforzare le risposte transnazionali al traffico di migranti.
      Prevenire, combattere ed eliminare il traffico di esseri umani nel contesto della migrazione internazionale.
      Gestire le frontiere in un modo integrato, sicuro e coordinato.
      Rafforzare la certezza e la prevedibilità delle procedure legate alla migrazione per un esame, una valutazione e una presa in carico adeguate.
      Usare la detenzione solo come misura di ultima istanza e lavorare per possibili alternative.
      Migliorare la protezione, l’assistenza e la cooperazione consolare durante il percorso migratorio.
      Fornire l’accesso ai servizi di base per i migranti.
      Consentire ai migranti e alle società di realizzare la piena inclusione e la coesione sociale.
      Eliminare tutte le forme di discriminazione e promuovere un discorso pubblico basato su dati comprovati per formare la percezione dell’opinione pubblica.
      Investire nello sviluppo delle capacità e facilitare il riconoscimento reciproco delle capacità, delle qualifiche e delle competenze.
      Creare le condizioni per i migranti e per le diaspore per contribuire pienamente allo sviluppo sostenibile in tutti i paesi.
      Promuovere il trasferimento più rapido, più sicuro e più economico delle rimesse e favorire l’inclusione finanziaria dei migranti.
      Cooperare per facilitare rimpatri e riammissioni sicuri e dignitosi e un reinserimento sostenibile.
      Stabilire meccanismi per la trasferibilità dei diritti previdenziali e delle prestazioni maturate.
      Rafforzare la cooperazione internazionale e le partnership globali per una migrazione sicura, ordinata e legale.

      Secondo il ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) Matteo Villa in ogni caso il Global compact ha soprattutto un valore simbolico, “perché non vincola a fare nulla, non comporta nessun obbligo, dà una direzione alla comunità internazionale e dice che gli stati dovrebbero cooperare per raggiungere degli obiettivi”. Quando non viene sottoscritto di fatto non si riconosce il percorso negoziale degli ultimi due anni, ma senza conseguenze concrete. “Non è un trattato, non può cambiare le leggi internazionali, chiede solo maggiore cooperazione nella gestione delle migrazioni”, spiega Villa. Il documento, prosegue il ricercatore, parla dei diritti dei migranti, ma anche delle prerogative degli stati con precisi riferimenti “ai rimpatri, alla lotta al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani”. Il paese che non lo sottoscrive, quindi, rischia di rimanere isolato rispetto alla gestione di un fenomeno globale.

      Qual è la posizione dell’Italia
      L’Italia ha partecipato a tutte le fasi del negoziato nel corso degli ultimi due anni. Rispondendo a un question time alla camera, il 21 novembre il ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi ha difeso il patto dicendo che “non sarà un atto giuridicamente vincolante” e che “nel documento ci sono princìpi di responsabilità condivisa nella gestione degli oneri dell’immigrazione”. Sulla stessa linea si è schierato anche il sottosegretario agli affari esteri Manlio Di Stefano (Movimento 5 stelle): “Siamo fiduciosi che il Global compact sarà uno strumento utile per massimizzare l’impatto delle risorse disponibili nella gestione dei flussi migratori”.

      Eppure, il 27 novembre il ministro dell’interno italiano Matteo Salvini ha dichiarato di essere contrario al Global compact, perché metterebbe sullo stesso piano “i migranti cosiddetti economici e i rifugiati politici”, mentre altri esponenti della Lega hanno sostenuto le posizioni del ministro affermando che il documento implica un rischio di “immigrazione incontrollata”. Infine Fratelli d’Italia ha promosso una raccolta firme per chiedere che il governo non sottoscriva il Global compact, perché finirà con il “sancire l’invasione dell’Italia” e accusando chi lo dovesse sottoscrivere di “schierarsi con Soros”. Secondo Giovanbattista Fazzolari di Fratelli d’Italia, il Global compact “sancisce che l’immigrazione è un diritto fondamentale e che pertanto renderà impossibile per gli stati limitare i flussi migratori”.

      Sul tema sono stati più cauti i cinquestelle che hanno espresso posizioni in alcuni casi favorevoli. Per esempio il presidente della camera Roberto Fico e il presidente della commissione affari costituzionali della camera Giuseppe Brescia hanno detto che il Global compact deve essere assolutamente sottoscritto. Per questo il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha rimandato al parlamento l’esame del piano sostenendo che Roma potrebbe accettare l’accordo in un secondo momento, dopo l’esame dell’aula: “Il Global migration compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini” e per questo il governo ritiene “opportuno parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera”. L’Italia quindi non parteciperà al vertice di Marrakech e per ora non aderirà al Global compact sull’immigrazione.

      Matteo Villa dell’Ispi sostiene che in pochi abbiano letto il testo dell’accordo e che la polemica sull’adesione si sia giocata soprattutto su un piano di propaganda politica: “Il nome in inglese non aiuta a rendere comprensibile l’obiettivo dell’accordo”. L’Italia ha ripiegato su una posizione di mezzo, suggerita dalla Svizzera, che permetterà a Roma di non partecipare al vertice, “e quindi di mandare un segnale politico”, ma anche di “scaricare sul parlamento la responsabilità della decisione”.

      In questo modo l’Italia però sta segnalando la volontà di collocarsi al fianco dei paesi del blocco di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia), con l’Austria e la Bulgaria: “Stiamo dicendo che siamo sulla stessa linea dei paesi che non condividono la frontiera mediterranea, e che negli anni scorsi non hanno avuto una grande esperienza di flussi migratori. È un segnale di chiusura, invece che di collaborazione”, commenta Villa.

      Gli altri paesi
      I primi a voltare le spalle al Global compact sono stati, prevedibilmente, gli Stati Uniti, che dal 2002 non hanno ratificato nessun trattato internazionale nel campo dei diritti umani. A dicembre del 2017, prima ancora che fosse presentata la bozza iniziale del Global compact, il presidente Donal Trump aveva annunciato che gli Stati Uniti non avrebbero preso parte ai negoziati.

      A luglio è stato il turno dell’Australia, diventata negli ultimi anni un modello di violazione dei diritti umani di migranti e richiedenti asilo. Subito dopo la fine dei negoziati, il ministro dell’interno Peter Dutton ha dichiarato che il paese non avrebbe firmato il documento, criticandone la versione finale e spiegando che “non è nell’interesse nazionale affidare alle Nazioni Unite le nostre politiche di difesa delle frontiere”.

      Sempre a luglio è cominciata quella che il ricercatore dell’Ispi Matteo Villa ha chiamato “la deriva del continente” europeo: uno dopo l’altro, una decina di paesi hanno annunciato che non avrebbero approvato il Global compact o hanno avanzato forti riserve. Il primo è stato, anche qui senza grandi sorprese, l’Ungheria, che in un comunicato del 24 luglio ha parlato di “conflitto irrisolvibile” tra le sue posizioni e l’approccio delle Nazioni Unite: “Per l’Onu la migrazione andrebbe incoraggiata, mentre secondo l’Ungheria dev’essere fermata”.

      A ottobre l’Austria, guidata dal dicembre del 2017 da una coalizione tra il Partito popolare, di centrodestra, e la formazione di estrema destra Partito della libertà, ha criticato il documento, confermando il 31 ottobre che non lo avrebbe approvato. Lo stesso giorno la presidente croata Kolinda Grabar- Kitarović ha annunciato che non intendeva firmare “l’accordo di Marrakech”, ma il governo in seguito ha difeso il Global compact in parlamento e ha dichiarato che parteciperà all’incontro in Marocco.

      A novembre gli abbandoni si sono moltiplicati: la Bulgaria il 12, la Repubblica Ceca il 14, la Polonia il 20 (ma se ne parlava da oltre un mese), la Slovacchia il 25 (e con quest’ultimo annuncio il gruppo di Visegrád era al completo). Sempre a novembre anche Israele si è tirato fuori, dando le stesse ragioni dell’Australia e dell’Ungheria, mentre la Svizzera ha annunciato che non parteciperà all’incontro di Marrakech perché prenderà una decisione solo dopo la fine dei dibattiti parlamentari sul Global compact.

      Ci sono poi dei paesi che potrebbero approvare il documento, allegandovi però una “explanation of position”, una nota che preciserà l’interpretazione del Global compact. È quanto ha annunciato il governo neerlandese, al quale potrebbero unirsi i governi di Danimarca, Estonia, Norvegia e Regno Unito (dove una petizione contro il Global compact ha superato le centomila firme). Un altro paese indeciso è la Nuova Zelanda, che tuttavia sembra propendere per l’approvazione, mentre un caso a parte è quello del Belgio, che sulla questione del Global compact rischia la crisi di governo.

      Il caso del Belgio
      Dal 2014 il Belgio è guidato da una coalizione che per la prima volta, e per ben quattro anni finora, è riuscita a tenere insieme da un lato i liberali francofoni e fiamminghi (Mr e OpenVld) e i cristianodemocratici fiamminghi (Cd&V) e, dall’altro, i nazionalisti fiamminghi della N-Va, alla loro prima esperienza in un governo federale. In questi anni non sono mancate le tensioni, ma la coalizione non è mai stata così vicina alla rottura. Il 14 novembre un portavoce di Theo Francken (N-Va), segretario di stato alle politiche di asilo e migrazione, ha dichiarato che il paese non avrebbe firmato il documento, mettendo in imbarazzo il primo ministro liberale Charles Michel, che il 27 settembre aveva detto l’esatto contrario davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

      Da allora è stato tutto un frenetico susseguirsi di accuse, smentite, rivelazioni e minacce. Il 30 novembre il quotidiano Le Soir ha pubblicato un documento dell’11 ottobre “che prova che la N-Va era favorevole al Global compact”. Ma, come riferisce il quotidiano, il ministero dell’interno ha ammesso “che la percezione del Global compact a un certo punto si è ribaltata” e che “i dubbi dell’Austria hanno provocato” quelli della N-Va. Il giornalista Bernard Demonty ricorda poi che Francken “aveva avanzato delle riserve sul documento prima del no dell’Austria, al vertice di Sofia nel gennaio del 2018 e poi in diverse altre occasioni. Ma, in seguito alle modifiche del documento, il segretario di stato aveva finito per dare il suo accordo, il che spiega il silenzio della N-Va. Fino a quando l’Austria si è ritirata”.

      Secondo il politologo Dave Sinardet, intervistato dall’agenzia Rtbf, “la crisi dev’essere analizzata alla luce delle elezioni locali del 14 ottobre: ‘La N-Va ha perso dei voti a vantaggio del Vlaams belang – formazione di estrema destra – e il partito sembra voler mettere ancora di più in primo piano la questione migratoria’”. Tanto più che mancano ormai meno di sei mesi alle prossime elezioni federali.

      Dietro le quinte dei negoziati
      Sarebbe riduttivo dire che il Global compact ha diviso l’Europa, perché sono anni che l’Unione europea è spaccata sulla questione migratoria o, meglio, che ogni stato membro – con più o meno disprezzo per i diritti fondamentali dei migranti – cerca di mantenere il controllo delle sue politiche migratorie. Prima ancora che finissero i negoziati sul testo del Global compact, la Commissione europea aveva capito che l’adozione del documento da parte di tutti gli stati membri non era affatto scontata. Il 21 marzo 2018 aveva presentato una proposta in base alla quale la Commissione avrebbe potuto approvare il Global compact per conto dell’Unione europea, proposta respinta dal Consiglio dell’Ue.

      Da quando il Global compact è finito nel mirino dei sovranisti, le Nazioni Unite hanno risposto alle critiche avanzando principalmente due argomenti. Il primo è che il testo non è vincolante. Si tratta di un argomento discutibile, perché anche i trattati non vincolanti, dal momento in cui sono adottati, entrano a far parte degli strumenti che possono orientare non solo le politiche nazionali ma anche le decisioni dei tribunali. Soprattutto, però, non si capisce perché un partito come la Lega o la N-Va dovrebbe approvare un testo di cui non condivide alcuni princìpi, a prescindere dalla sua natura. Insistendo sul carattere non vincolante del documento, i suoi difensori sembrano sminuirne l’importanza. E se non è importante, perché approvarlo?

      Su alcuni punti il documento invita i governi a fare perfino meno di quanto già previsto dal diritto europeo

      L’altro argomento è che, contrariamente a quanto sostenuto dagli avversari del Global compact, quest’ultimo non favorisce “l’immigrazione selvaggia”. Per convincersene basterebbe leggere, oltre al documento stesso, le versioni prodotte nel corso dei negoziati, partendo dalla bozza iniziale. Lo ha fatto un gruppo di studiosi coordinati da Elspeth Guild, docente di legge alla Queen Mary university di Londra, e da Tugba Basaran, ricercatrice del Centre for global human movement dell’università di Cambridge.

      Analizzando l’evoluzione del testo, obiettivo per obiettivo, gli autori osservano che il documento finale è molto meno ambizioso della bozza iniziale. Tra i punti eliminati ci sono per esempio il divieto della detenzione dei minori e il riferimento alle procedure di regolarizzazione. L’importanza del ricongiungimento familiare è stata ridimensionata nella versione finale. Vari obiettivi, sottolineano gli autori, non dicono nulla che non sia già stabilito altrove (perché, anche se alcuni politici europei sembrano ignorarlo, la legge riconosce dei diritti ai migranti, perfino a quelli in soggiorno irregolare).

      Su alcuni punti il documento invita i governi a fare perfino meno di quanto già previsto dal diritto europeo. Per esempio, riguardo all’obiettivo 5 – “migliorare la flessibilità e la disponibilità delle vie legali per migrare” – Kees Groenendijk, docente all’università di Radboud, nei Paesi Bassi, osserva: “Dopo l’eliminazione dei riferimenti al diritto al ricongiungimento familiare e alla conversione flessibile del tipo di visti, il livello di ambizione del testo è chiaramente inferiore ai diritti che le attuali direttive europee già riconoscono ai migranti originari di paesi esterni all’Ue. Il Global compact potrebbe quindi essere usato per giustificare delle politiche migratorie più restrittive”.

      Come spiega Elsepth Guild in un altro articolo, pubblicato ad aprile insieme alla ricercatrice Katharine T. Weatherhead, durante i negoziati la delegazione dell’Unione europea ha insistito perché fosse messo l’accento su alcuni punti: la distinzione tra migranti e rifugiati e tra migranti regolari e irregolari; la prevenzione della cosiddetta migrazione irregolare; la responsabilità degli stati di origine dei migranti nel quadro di rimpatri e riammissioni. Tuttavia, osserva Guild, non esiste nessuna base legale evidente nel diritto internazionale per sostenere che gli stati hanno l’obbligo di riammettere i loro cittadini espulsi da un altro paese. Durante i negoziati, l’Unione europea avrebbe quindi tentato, con successo, “di creare, senza sforzi e su scala globale, un’intesa sull’obbligo legale di riammissione”.

      Sulla pelle dei migranti
      Tutto questo però non interessa ai partiti sovranisti e xenofobi. Gli stati, in particolare quelli di destinazione, hanno a lungo rifiutato di discutere di gestione delle migrazioni in un contesto multilaterale. In un articolo del 2017 intitolato “The history of global migration governance”, Alexander Betts e Lena Kains, del Refugee studies centre dell’università di Oxford, ricordano che ci sono voluti anni di iniziative, rapporti e discussioni più o meno formali per arrivare alla dichiarazione di New York sui migranti e i rifugiati del 2016 e poi al Global compact sull’immigrazione.

      I negoziati, com’era da prevedersi, si sono conclusi con un documento ispirato più alla chiusura dell’Unione europea che alle posizioni progressiste dei paesi dell’America Latina, ma a pochi mesi dalle elezioni europee (e, per alcuni stati membri dell’Ue, delle elezioni politiche) la tentazione è troppo forte: il Global compact è un ottimo pretesto per cominciare a fare campagna elettorale. Forse le Nazioni Unite avrebbero fatto meglio a non dare troppo peso ai governi che si sono ritirati, invece di offrire loro l’occasione di strumentalizzare il dibattito, ancora una volta sulla pelle dei migranti.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/12/06/global-compact-migrazione

    • Le Pacte mondial pour les migrations : des polémiques et des avancées

      Les 10 et 11 décembre 2018 se tient à Marrakech (Maroc) une conférence sous l’égide des Nations unies afin d’adopter le Pacte mondial pour des migrations sûres, ordonnées et régulières Élaboré dans une certaine indifférence depuis 2016, ce Pacte a fait l’objet, tout au long de l’automne 2018, d’une intense politisation et de polémiques virulentes. Pourtant, il suffit de lire ce document pour se rendre compte du caractère modéré de son contenu – du moins par rapport à ses ambitions initiales.

      Comment, dès lors, expliquer le rejet qu’il suscite, et quelle sera l’influence de ce Pacte onusien sur les politiques migratoires nationales ?
      Prendre la mesure de l’enjeu migratoire global

      Selon ses propres termes, l’ONU a pour mission de « prendre des mesures pour résoudre un grand nombre de problèmes auxquels est confrontée l’humanité au XXIème siècle ». Les migrations constituent, à n’en pas douter, un de ces « problèmes ». Qu’il s’agisse des Vénézuéliens fuyant la crise économique dans leur pays, des Honduriens de la « caravane » de migrants bloqués à la frontière entre les États-Unis et le Mexique, des réfugiés Rohingyas qui se sont échappés de Birmanie pour s’installer au Bangladesh, ou encore des dizaines de milliers de migrants noyés en Méditerranée : partout dans le monde, les migrations suscitent crises humanitaires, surenchères sécuritaires et rejets politiques.

      L’intérêt de l’ONU pour les migrations n’est pas nouveau. Dès 2003, Kofi Annan, alors Secrétaire général des Nations unies et fervent partisan de la cause des migrants, met sur pied la Commission mondiale sur les migrations internationales. En 2006 et 2013 sont organisés deux Dialogues de haut niveau sur les migrations dans le cadre de l’Assemblée générale de l’ONU, tandis qu’un Forum mondial sur la migration et le développement est organisé annuellement depuis 2007.

      L’objectif de ces réunions multilatérales est d’élaborer des recommandations politiques à destination des États afin de « résoudre » les problèmes posés par les migrations. La crise des migrants dans la région euro-méditerranéenne a accéléré ce processus, avec l’organisation en 2016 d’un Sommet de l’ONU sur les migrations, à l’issue duquel fut prise la décision de préparer le « Pacte de Marrakech ».

      Ce Pacte a été finalisé en juillet 2018, en vue d’une adoption formelle en décembre 2018. C’est avant tout l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) qui a été à la manœuvre, tandis que le Haut-Commissariat aux Réfugiés (HCR) est en parallèle chargé d’un autre Pacte, le Pacte pour les réfugiés, qui semble aujourd’hui en retrait par rapport à celui sur les migrations.
      Objectif : concilier l’inconciliable

      Le caractère feutré de ces débats ne doit pas masquer le caractère périlleux de la tâche. Les migrations constituent un enjeu sensible et les États, très attachés à leur souveraineté, sont réticents à l’élaboration de normes internationales qui viendraient contraindre leurs politiques.

      De plus, les gouvernements n’ont pas les mêmes intérêts ni le même agenda. Ainsi, si le contrôle des frontières est une priorité pour les pays occidentaux, ce n’est pas le cas pour les pays du Sud, qui ont au contraire besoin de l’émigration pour soulager leur marché du travail et contribuer à leur développement. De même, les pays du Nord cherchent à attirer les migrants qualifiés (ingénieurs, professionnels de santé, etc.), alors que ce sont précisément ces derniers que les pays du Sud souhaiteraient retenir chez eux.

      A ces divergences entre États s’ajoutent les critiques d’acteurs non-étatiques, comme les employeurs désireux d’avoir accès à une main d’œuvre étrangère, ou les ONG remontées contre les politiques sécuritaires des pays occidentaux et les violations des droits des migrants.

      De manière plus générale, les pistes avancées par l’ONU se heurtent aux dilemmes presque insurmontables que pose la gouvernance des migrations dans le monde actuel. Comment concilier une économie libérale de marché, fondée sur la circulation du capital et du travail, avec les impératifs de sécurité et de contrôle des frontières ? Comment protéger les droits sociaux des migrants dans des économies dérégulées qui prospèrent sur l’exploitation des travailleurs étrangers ? Comment faire respecter les droits fondamentaux des migrants, et notamment l’article 13 de la Déclaration universelle des droits de l’Homme qui proclame le droit de quitter son pays, avec le respect de la souveraineté des États ?

      On conçoit que, face à la difficulté de la tâche, l’ONU se réfugie dans un discours aseptisé et parfois ambigu. Le titre du Pacte est éloquent. On ne parle pas de « contrôle » des migrations, mais de migrations « ordonnées » et « régulières ». L’ONU se démarque ainsi de l’obsession sécuritaire des pays riches et envisage des migrations de travail légales, lesquelles bénéficieraient tant aux pays riches – dont la population vieillit et qui manquent de main d’œuvre dans certains secteurs économiques – qu’aux pays de départ qui y trouvent un levier de développement.
      Un pacte non contraignant

      De même, la notion de migrations « sûres » implique la nécessité de protéger les migrants, dans un contexte où nombre d’entre eux perdent la vie en tentant de franchir des frontières, mais sans pour autant insister sur les droits des migrants (comme le droit d’asile), que les États occidentaux perçoivent comme un obstacle à leur souveraineté et à leur volonté d’expulser les migrants.

      Parmi les 23 objectifs affichés par le Pacte de Marrakech se trouvent d’autres enjeux consensuels, comme la lutte contre les causes profondes des migrations (sous-développement, changement climatique) ou le combat contre les « passeurs » et les « trafiquants » coupables d’exploiter les migrants et de les faire traverser les frontières dans des conditions dangereuses.

      C’est également en raison du caractère politiquement sensible que le Pacte, à l’instar des autres documents précédemment adoptés par l’ONU sur le sujet, est un instrument de soft law non-contraignant : il se contente d’énoncer des principes sans obliger juridiquement les États à les mettre en œuvre. On est donc très loin du fantasme d’un « droit de l’homme à la migration » véhiculé par les opposants au Pacte.
      Une fronde inattendue des États

      Mais rien n’y fait : malgré une recherche constante de consensus, le Pacte ploie sous les critiques et semble aujourd’hui davantage creuser les clivages que faciliter la coopération.

      Tout a commencé en décembre 2017, avec le retrait des États-Unis. Cette décision de Donald Trump n’était pas réellement une surprise, étant donné son hostilité à l’égard du multilatéralisme et la tonalité anti-migrants de sa campagne électorale. Mais loin d’être isolé, ce retrait fut suivi d’une spectaculaire cascade d’autres décisions similaires. En novembre 2018, Israël, l’Australie, la Hongrie, la Pologne, la Slovaquie et l’Autriche ont ainsi imité les États-Unis. Étonnement, d’autres Etats-clés du multilatéralisme se posent la question de leur retrait, comme la Belgique ou la Suisse.

      Partout, l’argument est le même : l’ONU empêcherait les États de contrôler leurs frontières, entraverait leur souveraineté et conduirait à un afflux incontrôlable de migrants. Le Pacte est pourtant très clair : il prévoit que les États gèrent leurs frontières « selon le principe de la souveraineté nationale », en « prévenant la migration irrégulière » et « dans le respect des obligations prévues par le droit international »..

      Il respecte donc le droit des États à déterminer leurs politiques migratoires et à contrôler leurs frontières – ce qui est naturel si on considère que l’ONU est une organisation intergouvernementale qui répond aux États, et que le Pacte a fait l’objet de consultations approfondies avec l’ensemble des gouvernements de la planète. Lorsque le Pacte énonce des principes contraignants, comme le respect du droit international, il ne fait que rappeler des obligations auxquelles les États se sont de toute manière déjà astreints.

      Cette fronde est inattendue. En général, les États européens sont parmi les « bons élèves » à l’ONU et soutiennent, tant financièrement que politiquement, les efforts de cette organisation. De plus, les arguments des États récalcitrants sont infondés et surtout, le Pacte étant en gestation depuis 2016 et sa version définitive connue depuis juillet 2018, les gouvernements auraient aisément pu faire valoir leurs arguments plus tôt.

      Certains États ont même joué un rôle clé dans la préparation du Pacte : c’est le cas de la Suisse, très active sur le sujet, mais le travail mesuré et discret des diplomates helvétiques a volé en éclats lorsqu’il a été confronté à un climat politique dominé par les populistes et la méfiance à l’égard des étrangers.

      Le Pacte fait aussi l’objet d’une politisation à des fins électorales. Ce week-end, en Belgique, la N-VA flamande a claqué la porte du gouvernement fédéral pour officiellement s’opposer à la signature du Pacte par le premier ministre Charles Michel. En réalité, elle mobilise une nouvelle fois une rhétorique anti-migratoire pour se préparer aux élections fédérales de mai prochain.

      En France, dans un contexte social agité, le gouvernement dépêchera le secrétaire d’État aux Affaires étrangères pour le signer alors que les réseaux sociaux bruissent de rumeurs fantaisistes sur le Pacte et que Marine Le Pen dénonçait samedi ce « Pacte avec le diable », aux côtés de Steve Bannon et de ses amis du Mouvement pour l’Europe des nations et des libertés (MENL) avec en ligne de mire les élections européennes.
      Un pacte sans ambition ?

      A l’image d’Amnesty International, la société civile pointe, quant à elle, les insuffisances du Pacte et regrette que les États ne se soient pas montrés plus ambitieux : le Pacte justifierait des pratiques comme l’enfermement des migrants et ne défendrait pas assez les droits des migrants. En revanche, les États du Sud restent favorables au Pacte, à l’instar du Maroc, qui organise la conférence à Marrakech.

      L’ONU était, jusqu’à présent, parvenue à contourner l’hostilité à l’égard des migrants qui caractérise un grand nombre de ses États-membres. Depuis près de vingt ans, elle s’activait à développer ses propositions en matière de politiques migratoires qui, malgré leur tiédeur, n’en avait pas moins le mérite de proposer une autre lecture des migrations, axée au moins autant sur la sécurité que sur les droits de l’homme ou le développement. La relative indifférence qui entourait ce processus la protégeait des polémiques, mais au prix d’un décalage grandissant entre ses positions et celles qui dominent le débat public, et au détriment de son influence sur les politiques migratoires des États.

      La donne est clairement en train de changer. Il faudra beaucoup de courage politique à l’ONU et aux États qui soutiennent le Pacte pour affirmer la nécessité d’un changement de politique. On peut craindre que ce courage vienne à manquer et que les critiques à l’égard du Pacte ne sonnent le glas des initiatives de l’ONU.

      Toutefois, la politisation de ce Pacte a le mérite de mettre les États face à leurs responsabilités : à Marrakech, les 10 et 11 décembre, ils auront l’opportunité d’affirmer leur volonté d’ancrer les politiques migratoires dans les valeurs cardinales de la communauté internationale… ou d’offrir aux opposants des migrations une nouvelle victoire symbolique et politique.

      https://theconversation.com/le-pacte-mondial-pour-les-migrations-des-polemiques-et-des-avancees

    • The Global Cop-Out on Refugees

      During the drafting of the 1951 Refugee Convention, a non-governmental observer – clearly frustrated by the difficulty of securing firm commitments to protect refugees – commented that:

      decisions had at times given the impression that it was a conference for the protection of helpless sovereign states against the wicked refugee. The draft Convention had at times been in danger of appearing to the refugee like the menu at an expensive restaurant, with every course crossed out except, perhaps, the soup, and a footnote to the effect that even the soup might not be served in certain circumstances.1

      Despite Mr Rees’ pessimistic assessment, two of three key elements of a binding and powerful commitment to refugees were ultimately secured in the Refugee Convention. First, States agreed to a common definition of refugee status, which has largely withstood the test of time. Secondly, and equally importantly, they committed themselves to what remains an extraordinary catalogue of refugee rights – sensibly oriented to the economic empowerment of refugees, yet flexible enough to take real account of the circumstances of the States to which they flee. The major failing of the Convention, however, was the absence of agreement on a third key element: a common operational mechanism, in particular one that would ensure that protection burdens and responsibilities are fairly shared among States.2

      Mr Rees’ unhappy restaurant menu metaphor would actually be more apt to describe the recently completed effort to respond to the missing third (operational) pillar of the Convention: the Global Compact on Refugees (Refugee Compact)3 and its companion Comprehensive Refugee Response Framework (CRRF).4 Despite the grand objective of moving beyond particularized duties to ‘provide a basis for predictable and equitable burden- and responsibility-sharing’5 among States, what we’ve been offered is very much a menu of possibly wonderful courses (we’re not sure, however, since the descriptions are vague). Indeed, this is not really a menu so much as an indication of items that might (or might not) be available on a given day. In fact, this is not really even a (quasi-) menu for a restaurant; it’s more about what might be offered in a special function dining hall that will only open if a truly large group of hungry people arrives (although we’re not sure how many have to show up before the chef and serving staff will come in to work). In short, this is not the menu for a restaurant that you’d want to count on when making plans to dine.

      https://academic.oup.com/ijrl/advance-article/doi/10.1093/ijrl/eey062/5310192
      #James_Hathaway

  • Private ships play big role in Europe’s migrant crisis

    Two years ago, a small, privately-run ship set out to lend a hand to military operations in the Mediterranean rescuing migrants on boats near capsizing off Libya.

    http://www.thelocal.it/20160806/small-aid-ships-play-big-role-in-europes-migrant-crisis
    #privatisation #asile #migrations #secours #naufrages #mer #Méditerranée #mourir_en_mer #réfugiés #sauvetages #MOAS #SOS_Méditerranée #ONG #sauvetage

    • Da yacht di lusso a nave di soccorso. Il dono del privato per salvare migranti nel Mediterraneo

      #Astral, la nave donata da un privato salperà all’alba del 3 luglio da Lampedusa e farà poi base a Malta, aggiungendosi alle sette imbarcazioni umanitarie già presenti nell’area. Il dono da parte dell’imprenditore Livio Lo Monaco sarà impiegata per salvare la vita dei migranti che sfidano il mare


      http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2016/07/01/news/da_yacht_di_lusso_a_nave_di_soccorso_il_dono_del_privato_per_salvare_migr

    • How NGOs took over migrant rescues in the Mediterranean

      The launch of Operation Triton in 2014 shifted the focus of EU efforts in the Southern Mediterranean from Search and Rescue (SAR) to border control. Several NGOs have since attempted to fill the gap left by the absence of large-scale humanitarian operations.

      https://euobserver.com/opinion/134803

    • «Besonders schlimm ist es, wenn kleine Kinder ertrinken»

      Der ehemalige italienische Marineadmiral #Franco_Potenza leitet die Missionen der Hilfsorganisation Migration Offshore Aid Station. In der Regel seien fünf bis sechs Organisationen mit Rettungsschiffen vor der nordafrikanischen Küste.


      http://www.bernerzeitung.ch/ausland/europa/besonders-schlimm-ist-es-wenn-kleine-kinder-ertrinken/story/17465438
      #témoignage

    • Migranti, Ft: Frontex accusa ong di collusione con trafficanti

      Roma, 15 dic. (askanews) - L’Agenzia europea per le frontiere esterne, Frontex, ha accusato le organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo di collusione con i trafficanti di esseri umani. E’ quanto si legge in rapporti confidenziali ottenuti dal Financial Times, pubblicati nel giorno del vertice Ue chiamato a discutere la crisi dei migranti. Le ong hanno respinto con forza l’accusa.

      http://www.prealpina.it/pages/migranti-ft-frontex-accusa-ong-di-collusione-con-trafficanti-131166.html

      #frontex #trafic_d'êtres_humains

    • EU border force accuses charities of #collusion with migrant smugglers

      Frontex charges open up long-simmering dispute with NGOs over how to solve the crisis

      https://www.ft.com/content/3e6b6450-c1f7-11e6-9bca-2b93a6856354
      #ong

      Je copie-colle le contenu de l’article, si jamais un jour il disparaît... On ne sait jamais...

      The EU’s border agency has raised concerns about the interaction of charities and people smugglers operating in the Mediterranean, according to confidential reports seen by the Financial Times.

      The points outlined by Frontex bring to the fore a long-simmering dispute between EU officials and non-governmental organisations over how to resolve a migration crisis that has caused the deaths of 4,700 people this year alone.

      Frontex put its concerns in a confidential report last month, raising the idea that migrants had been given “clear indications before departure on the precise direction to be followed in order to reach the NGOs’ boats”.

      The agency also raised concerns in another report last week, which stated: “First reported case where the criminal networks were smuggling migrants directly on an NGO vessel.”

      NGOs operating in the region emphatically denied working with people smugglers.

      Elsewhere in the reports, which were shared among EU officials and diplomats, Frontex said people rescued by NGO vessels were often “not willing to co-operate with debriefing experts at all” with some claiming “that they were warned not to co-operate with Italian law enforcement or Frontex”.

      The number of rescues triggered by a distress signal fell from roughly two-thirds of all incidents this summer to barely one in 10 in October, according to Frontex figures. This drop-off coincided with a jump in the number of rescues carried out by NGOs in the central Mediterranean. They responded to more than 40 per cent of rescues in October, compared with just 5 per cent at the start of the year.

      It is no wonder that these accusations come now. We have a worsening situation in the central Med and a lot of efforts taken by the EU to shutdown migration. They are trying to shut this down by all means necessary

      Frontex also suggested the change in activity could be down to NGOs operating closer to Libyan territorial waters, or even to the lights used by rescue boats, which — the agency said — acted “as a beam for the migrants”.

      Charities operating in the region reacted angrily to the accusations. They say a drop in distress calls from boats carrying migrants has been due to increased rescue efforts, meaning that people were picked up before their situation worsened.

      Aurelie Ponthieu, a humanitarian adviser with Médecins Sans Frontières, which operates two rescue boats, said: “We are actively searching for boats in distress. We spot them earlier. This is a response to the needs that we see at sea.”

      So far this year more than 170,000 people have attempted to cross the Mediterranean from Libya to Italy, about 15 per cent more than last year, according to UNHCR, the UN refugee agency. The number of deaths has jumped by a quarter after 3,800 last year.

      NGO workers blamed the increased numbers of deaths on smugglers changing tactics and sending people out on increasingly unseaworthy vessels — a trend that they blamed on a crackdown on people smugglers by EU authorities. Ms Ponthieu said the agency’s focus was misconceived. She said the issue was “why so many people die, which is what Frontex should be focusing on. They should be looking at their own actions.”

      MSF this year said it would refuse EU funding in protest at the bloc’s handling of the refugee crisis.

      Founded in 2004, Frontex has scooped up more staff, money and powers as the EU attempts to get to grips with a growing problem of irregular migration. The EU this year turned the agency, which has a €250m budget, into a fully fledged border guard with the power to deploy 1,500 staff to support a member state if they are overwhelmed by arrivals.

      Frontex also criticised charities for failing to help with investigations into people smuggling by refusing to collect leftover evidence from rescued boats. “We have an obligation to help save their lives, not perform the duties of security agencies,” said Save the Children, which has rescued 2,400 people in October and November.

      The European Commission is examining whether stricter control of non-governmental rescue missions is needed, although officials stressed that legislation was unlikely.

      NGOs have played a crucial role in saving thousands of lives in the central Mediterranean, according to the commission, and have “mostly acted in support [of] and close co-ordination” with governments.

      Ruben Neugebauer, of Sea Watch, a German charity that runs rescue operations, said the EU was attempting to criminalise the efforts of NGOs in the Mediterranean. “It is no wonder that these accusations come now. We have a worsening situation in the central Med and a lot of efforts taken by the EU to shut down migration. They are trying to shut this down by all means necessary.”

      This article has been revised since original publication to correct inaccuracy and because comments by Aurelie Ponthieu of MSF were initially wrongly attributed

    • Las ONG responden a Frontex: «Si rescatar a personas en el mar es un delito, que nos detengan»

      La reacción se ha producido de forma unánime. «Una aberración», «un despropósito», son algunas de las palabras con las que las ONG que apoyan los rescates en el Mar Mediterráneo califican las acusaciones de colaboración con redes de tráfico recogidas en un informe confidencial de la Agencia Europea de Guardia de Fronteras y Costas (Frontex).

      http://www.eldiario.es/desalambre/rescatar-salvamento-naufragan-ONG-Frontex_0_591441012.html

    • Frontex all’attacco degli operatori umanitari:che fine ha fatto l’operazione #Triton?

      Sono anni che i vertici di Frontex vanno all’attacco delle Organizzazioni non governative e dei comandi della Guardia Costiera che antepongono la salvaguardia della vita umana in mare alla difesa dei confini esterni dell’Unione Europea e al contrasto di quella che definiscono soltanto come “immigrazione illegale”. Questi attacchi si erano intensificati dopo le cd. Primavere arabe e si sono poi attenuati nel 2015, per qualche mese, solo dopo le stragi più terribili che sono costate migliaia di vittime nel Mediterraneo, in particolare sulla rotte che dalla Libia puntano sull’Italia.

      http://www.a-dif.org/2016/12/18/frontex-allattacco-degli-operatori-umanitariche-fine-ha-fatto-loperazione-tri

    • reçu par email via la mailing-list de Migreurop:

      « Il est particulièrement inquiétant d’entendre des accusations envers des ONGs qui encourageraient les passeurs via les médias quand Frontex refuse de nous rencontrer. Nous avons demandé la tenue d’une réunion afin de pouvoir répondre à ces critiques, mais n’avons pas reçu de réponse à ce jour. De telles critiques sont scandaleuses en ce qu’elles impliquent. M. Leggeri suggèrerait-t-il que nous nous éloignions des zones où les gens sont les plus susceptibles de se noyer afin de rendre plus difficile le trafic des passeurs ? Devrions-nous simplement les laisser mourir ? »
      « Nous ne partageons pas de mandat commun avec FRONTEX, nous ne sommes ni une police des frontières ni une brigade anti-contrebande ; nous sommes des médecins et infirmiers et nous prenons la mer pour sauver des vies. Travailler aussi près que possible des eaux territoriales de la Libye est le seul moyen possible pour réduire les hauts risques de mortalité en Mer Méditerranée – Moins les gens passeront du temps sur une embarcation surchargée, moins il y aura de chances qu’ils meurent.
      Plutôt que de réitérer ces attaques préjudiciables et infondées vis-à-vis des ONG, FRONTEX devrait réévaluer ses propres opérations actuelles et considérer son propre rôle dans les situations dramatiques que nous constatons chaque jour en Méditerranée. Les passeurs s’adapteront toujours à ce qui se dressera face à eux et tant que les gens n’auront pas d’alternatives en dehors de la Libye, ils continueront à se noyer. »

      Stefano Argenziano
      Operations Coordinator

    • Et voilà des textes qui polluent le net de conneries...

      Le ONG contrabbandano immigrati in Europa ?

      Qualcosa di molto strano accade nel Mediterraneo Gefira – South FrontPer due mesi, utilizzando marinetraffic.com, abbiamo monitorato i movimenti delle navi di proprietà di un paio di organizzazioni non governative e, utilizzando i dati di data.unhcr.org abbiamo tracciato l’arrivo quotidiano di immigrati africani in Italia. Abbiamo scoperto di essere testimoni di una grande truffa e di un’operazione di traffico illegale di esseri umani. ONG, contrabbandieri e mafia in combutta con l’Unione europea hanno spedito migliaia di clandestini verso l’Europa con il pretesto di salvarli, assistiti dalla guardia costiera italiana che ne coordina le attività. I trafficanti di esseri umani contattano la guardia costiera italiana per ricevere aiuto e raccogliere i loro dubbi carichi. Le navi delle ONG vengono dirette sul “luogo del soccorso”, anche se è ancora in Libia. Le 15 navi che abbiamo osservato sono di proprietà o affittate da ONG viste regolarmente salpare dai porti italiani in direzione sud, fermarsi a poche miglia dalle coste libiche, prendere il carico umano a bordo e naturalmente rientrare per 260 miglia in Italia, anche se il porto di Zarzis, in Tunisia, è solo a 60 miglia di distanza dal punto di salvataggio. Le organizzazioni in questione sono: MOAS (Migrant Offshore Aid Station), Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye e Life Boat. Le vere intenzioni dietro le ONG non sono chiare. Il loro movente può essere il denaro, che non sorprenderebbe se si rivelasse essere così. Possono anche essere politicamente pilotati; le attività dell’organizzazione di Malta, MOAS, che traffica persone in Italia, è la migliore garanzia che i migranti non appaiano sulla rive maltesi. MOAS è gestita da un ufficiale della marina maltese ben noto per maltrattamenti ai rifugiati (1). E’ anche possibile che tali organizzazioni siano gestite da ingenui “buonisti” che non sanno di servire da magnete per le persone provenienti dall’Africa e quindi, volenti o nolenti, causare altri morti, per non parlare delle azioni per destabilizzare l’Europa. Per quanto nobili siano le intenzioni di tali organizzazioni, sono criminali, come la maggior parte dei migranti che non può ricevere asilo, finendo per strada a Roma o Parigi, minando la stabilità in Europa aumentando le tensioni sociali a sfondo razziale. Bruxelles ha creato una legislazione particolare per proteggere i trafficanti di esseri umani dalle accuse. In una sezione dedicata a una risoluzione UE, intitolata Ricerca e salvataggio, il testo afferma che “proprietari privati di navi e organizzazioni non governative che assistono i salvataggi nel Mediterraneo non dovrebbero rischiare punizioni per tale assistenza“. (2) Nei due mesi di osservazione, abbiamo monitorato almeno 39000 africani illegalmente contrabbandati in Italia con il pieno consenso delle autorità italiane ed europee.

      http://marcodellaluna.info/sito/2016/12/09/le-ong-contrabbandano-immigrati-in-europa

    • Quel video online sui migranti: le rivelazioni che rivelazioni non sono

      Il video di un giovane youtuber che rivelerebbe la “verità sui migranti” spopola online e raggiunge la televisione. Ma di svelato” c’è ben poco, di confusione invece tanta

      http://www.cartadiroma.org/editoriale/youtube-verita-migranti-disinformazione
      #mensonge #désinformation #réseaux_sociaux

      v. aussi: http://www.butac.it/la-verita-sui-migranti-soccorsi-nel-mediterraneo

      La vidéo dont on parle...:
      https://www.youtube.com/watch?v=dP4rYgJKo_w&index=1&list=PLOhX3kYhesg8LY4ZOQG_cYekOpxqzJiOe

    • Mediterraneo: se i veri complici non sono le ong ma l’Europa

      Dopo le accuse alle ong che operano in mare lanciate da Frontex e l’indagine esplorativa della Procura di Catania sui sospetti di collusione con i trafficanti di esseri umani e di responsabilità nell’aumento dei flussi migratori, Medici Senza Frontiere e Moas, entrambe impegnate nello Stretto di Sicilia, mettono i puntini sulle i

      http://www.vita.it/it/article/2017/03/24/mediterraneo-se-i-veri-complici-non-sono-le-ong-ma-leuropa/142874

    • Recuperi o salvataggi? Criminalizzazione dei soccorsi e altre stragi in mare

      È di alcune ore fa la notizia relativa all’ultimo terribile naufragio al largo della Libia, nel quale avrebbero perso la vita circa 240 persone, secondo il racconto dell’ong Pro-activa Open Arms, che ha recuperato cinque cadaveri trovati vicino a due gommoni vuoti. Il 20 marzo scorso erano stati accertati altri 38 morti al largo delle coste libiche. I migranti viaggiavano a bordo di due gommoni alla deriva che sono stati “soccorsi” dalla Guardia Costiera Libica.

      http://siciliamigranti.blogspot.ch/2017/03/recuperi-o-salvataggi-criminalizzazione.html

    • Mediterraneo: una politica di morte

      Anziché inviare missioni internazionali di soccorso, di garantire vie d’accesso legali e sicure e di operare per la pace e il miglioramento delle condizioni di vita nei paesi di partenza, si alimentano le guerre e si indaga sui soccorritori umanitari.

      Si vogliono sgomberare le acque a nord della costa libica da testimoni scomodi che potrebbero documentare l’assenza di soccorsi in acque internazionali i respingimenti collettivi congiunti già programmati tra EunavforMed, Frontex e la sedicente Guardia costiera libica.

      http://www.a-dif.org/2017/03/26/mediterraneo-una-politica-di-morte

    • Aid groups deny rescue ships in Mediterranean are abetting migrant smugglers

      Aid groups operating rescue ships in the Mediterranean have rejected suspicions raised by an Italian prosecutor that by saving tens of thousands of migrants they are effectively aiding Libya-based people smugglers.


      http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-idUSKBN16Z2C7?feedType=RSS&feedName=worldNews

    • NGOs under attack for saving too many lives in the Mediterranean

      The criminalisation of volunteers, activists and NGOs serves to deter European civic society from getting involved, and to ultimately weaken and divide the last bastion against the EU’s tough line on refugees and migrants that now prevails. It is this tough line that is also producing the systematic closure of legal routes out of Syria, trapping Syrians in border camps and protracted legal and existential limbo, and making the crossings from Libya into Italy more dangerous and deadly.

      https://nandosigona.info/2017/03/29/ngos-under-attack-for-saving-too-many-lives-in-the-mediterranean

    • Commentaire de Fulvio Vassallo sur Facebook, le 30 mars 2017 :

      Sta per partire l’operazione #Eunavfor_MED Fase tre. Ecco perche’ le Organizzazioni non governative devono essere allontanate dalla zona contigua alle acque territoriali libiche. Un disegno politico militare che produrrà migliaia di morti, in mare e nei centri di detenzione libici. http://m.huffingtonpost.it/news/eunavfor-med Un disegno politico sul quale l’Unione Europea punta la sua scelta di sbarramento. Divisi su tutto riescono solo a decidere la morte dei migranti.

    • Letting people drown is not an EU value

      A prosecutor in Catania, Sicily, has opened an inquiry into the funding streams for these groups, indicating a suspicion that they may be profiting illicitly from the movement of people in search of safety and better lives.

      This is the latest cruel twist in the EU’s response to boat migration from Libya. It reflects concern over increasing numbers of people embarking from Libya, the strain on the reception system in Italy and beyond, and the rise of xenophobic populism in many EU countries.

      But blaming the lifesavers ignores history, reality, and basic morality.

      As MSF’s Aurelie Ponthieu explained, the NGO group rescuers are not “the cause but a response” to an ongoing human tragedy.

      https://euobserver.com/opinion/137526

    • Contro la criminalizzazione dell’aiuto umanitario

      Riprendiamo una netta presa di posizione in merito a quanto sta accadendo in questi mesi nel Mediterraneo Centrale dove le Ong che svolgono operazioni di SAR (Search and Rescue) ovvero salvataggio e soccorso vengono additate come soggetti che “favoriscono l’ingresso illegale in Europa”. Hanno salvato e salvano vite che altrimenti andrebbero perdute e porterebbero a crescere il numero dei caduti presenti in quella immensa fossa comune che è divenuto quel tratto di mare. Come ADIF apprezziamo la presa di posizione dei parlamentari e ci auguriamo che questo porti rapidamente a provvedimenti concreti e che manifestino come bene primario la salvaguardia delle vite.

      http://www.a-dif.org/2017/04/11/contro-la-criminalizzazione-dellaiuto-umanitario

    • Proactiva Open Arms “Nulla da nascondere, noi salviamo vite, quello che dovrebbe fare l’Europa”

      Due punti nodali, uno all’inizio e l’altro al termine di una lunga conferenza stampa che si è tenuta con Oscar Camps, direttore di Proactiva Open Arms, e Riccardo Gatti, coordinatore della missione nel Mediterraneo Centrale. Dopo una audizione al Senato (Commissione Difesa) che ha preso le mosse da un’indagine conoscitiva su quanto sta accadendo nel Mediterraneo, e nel poco tempo fra un volo e l’altro, i due operatori umanitari hanno voluto incontrare i giornalisti nella sede della Stampa Estera di Roma, per spiegare e rompere il muro di mistificazioni che sta avvolgendo il loro operato. Il loro e quello di tutte le altre Ong che fanno ciò che spetterebbe ad un impegno politico europeo. Salvare vite.

      http://www.a-dif.org/2017/04/13/proactiva-open-arms-nulla-da-nascondere-noi-salviamo-vite-quello-che-dovrebbe

    • Soccorsi in mare tra macchina del fango e riconoscimenti internazionali

      Continua con cadenza quotidiana la campagna diffamatoria contro le ONG indipendenti che, sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana, fanno ancora attività di ricerca e soccorso in mare al largo delle coste libiche. Le ONG vengono addirittura paragonati ai pirati, e si alimenta il sospetto che le loro missioni siano finanziate dai trafficanti. Una totale inversione di senso, tra falsità e verità, che dà la misura del livello di disinformazione che si diffonde nella società italiana. Una disinformazione sulla quale si crea consenso elettorale per i partiti di estrema destra e si condizionano le scelte dei partiti di governo, come si è visto con gli ultimi decreti legge proposti da Minniti.

      http://www.a-dif.org/2017/04/20/soccorsi-in-mare-tra-macchina-del-fango-e-riconoscimenti-internazionali

    • Come rispondono le Ong alle accuse di M5S sugli aiuti ai migranti

      L’Italia ha stabilito nel 2015 il record per la concessione della cittadinanza ai migranti provenienti da altri continenti e da altri Paesi europei. Secondo i satio Eurostat riportati dal Corriere della Sera, nel 2014 i neocittadini italiani sono stati 129.887 e nel 2015 la cittadinanza si è aperta per 178.035 persone. L’Italia è seguita da Gran Bretagna (118mila), Spagna (114.351), Francia (113.608) e Germania (110.128).

      http://www.agi.it/cronaca/2017/04/22/news/migranti_cittadinanza_italiana_grillo_m5s_accuse_on_repliche-1708323

    • Ong ‘taxi del Mediterraneo’? Di Maio fa insinuazioni senza dare soluzioni

      E’ un evento prevedibile perché ciclico. Con l’inizio della bella stagione oltre al crescere delle foglie e allo sbocciare dei fiori, si rivede l’aumento degli sbarchi sulle coste italiane e, di conseguenza, l’incremento delle operazioni di soccorso in mare; segue l’arrivo di “transitanti” nelle città italiane e la crescita della spesa per la gestione dei flussi migratori: è qualcosa diventato “naturale” nel nostro Paese, perché legato agli irreversibili cicli della natura. L’ultimo anello della catena, consequenziale all’arrivo della stagione estiva, sono gli strali lanciati sui social da rappresentanti della politica italiana che, invece analizzare il problema e proporre soluzioni, preferiscono, spesso in mala fede, puntare il dito. «Chi paga questi taxi del Mediterraneo? E perché lo fa? – ha tuonato in un post sui social il vice presidente della Camera Luigi Di Maio – Presenteremo un’interrogazione in Parlamento, andremo fino in fondo a questa storia».

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/23/ong-taxi-del-mediterraneo-di-maio-fa-insinuazioni-senza-dare-soluzioni/3538861

    • Imaginary Criminals: Sea-Watch considers legal steps against attorney Zuccaro

      In an interview with the Italian Newspaper “La Stampa”, the italian attorney Carmelo Zuccaro repeatedly made imaginary accusations concerning a supposed cooperation among civil rescue organisations and smugglers. Thereby, he takes part in a campaign that defames those who rescue lives. For a representative of a sovereign judiciary this is not just unworthy but illegitimate. Sea-Watch considers legal steps.

      https://sea-watch.org/en/imaginary-criminals-sea-watch-considers-legal-steps-against-attorney-zucc

    • Migranti, Ong contro Di Maio: «Falsità». Dura la Cei: «Visione ipocrita». M5s: Commissione Ue faccia chiarezza

      Sul blog di Grillo l’annuncio di un’interrogazione all’Unione europea sui presunti contatti tra operatori umanitari e organizzazioni criminali libiche. Medici senza Frontiere e Intersos: «Accuse vergognose». Erri De Luca con Saviano: «Di Maio parla a vanvera». Il vice presidente della Camera: «Chi minaccia ha qualcosa da nascondere». E Renzi: «Problema esiste ma lui lo usa come diversivo»

      http://www.repubblica.it/politica/2017/04/24/news/migranti_ong_rispondono_a_accuse_di_maio_falsita_reagiremo-163794015

    • Navi di soccorso Ong: quasi un clima da caccia alle streghe

      Continua a montare l’escalation di illazioni e accuse di “collusione” con i trafficanti di uomini rivolte ormai da mesi contro le Ong impegnate nelle operazioni di soccorso alle barche dei migranti nel Canale di Sicilia. Il primo passo è stato un rapporto dell’agenzia Frontex, presentato sul finire del 2016, secondo il quale gli interventi in mare favorirebbero, sia pure involontariamente, gli scafisti. Poi, rafforzate da una inchiesta della Procura di Catania, si sono via via aggiunte numerose “voci” della politica: dei partiti di destra (a cominciare dalla Lega) e poi dei 5 Stelle ma, a quanto ha scritto il 20 aprile La Stampa, anche di esponenti vicini al Governo o del Governo stesso, tanto da arrivare a una indagine conoscitiva affidata alla Commissione parlamentare Difesa che, guidata dal senatore Nicola La Torre, sta convocando tutte le Ong più impegnate nel Mediterraneo. Interrogati da questa stessa Commissione, sia il generale Stefano Screpanti, capo del terzo Reparto Operazioni della Finanza, che l’ammiraglio Enrico Credendino, comandante della missione europea Eunavformed, hanno dichiarato che, a loro sapere, non risultano collegamenti di alcun tipo fra le Ong e le organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti. Ma neanche questo è bastato: le Ong restano sotto tiro. Le loro navi – si afferma – sarebbero come minimo un fattore di attrazione per gli scafisti, tanto da porre la necessità di “fare chiarezza” su tutti i programmi di salvataggio in mare.

      www.a-dif.org/2017/04/24/navi-di-soccorso-ong-quasi-un-clima-da-caccia-alle-streghe/

    • Eritrea, accuse alle ONG che soccorrono i barconi e acquista armi dalla Nord Corea

      Il regime eritreo esulta e sul suo giornale on-line, Tesfanews, rincara le critiche dirette contro le Organizzazioni non governative, impegnate nell’attività Search and Rescue (SAR). Le ONG sono accusate dall’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera (Frontex) di collusione con i trafficanti di uomini. Il bollettino di propaganda di Asmara, punta il dito su alcuni difensori dei diritti umani, attivisti eritrei, che da tempo hanno lasciato la loro patria.

      http://www.africa-express.info/2017/04/25/eritrea-accuse-alle-ong-che-soccorrono-barconi-e-acquista-armi-dall

    • Corteo 25 aprile, slogan davanti a sede Frontex. «La nuova Resistenza è al fianco dei migranti»

      Una deviazione non autorizzata, le forze dell’ordine prese alla sprovvista e qualche momento di tensione. Poi, però, di fronte agli uffici dell’agenzia europea - nell’ex monastero di Santa Chiara - un centinaio di manifestanti ci arrivano lo stesso. Tra le bandiere, gli slogan e i numeri dei morti in mare.

      http://catania.meridionews.it/articolo/54314/corteo-25-aprile-slogan-davanti-a-sede-frontex-la-nuova-resisten

    • Migranti, il procuratore Zuccaro: «Ong forse finanziate da trafficanti». Orlando: «Parli con gli atti»

      Il capo della Procura catanese, che indaga su una presunta collusione tra operatori umanitari e organizzazioni criminali libiche: «Tra le finalità potrebbe esserci anche l’inquietante corto circuito: destabilizzare la nostra economia». Minniti: «Evitare giudizi affrettati». Frontex: mai accusato le ong. Di Maio: «Ipocriti mi attacchino, vado fino in fondo»

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/04/27/news/migranti_procuratore_catania_ong_forse_finanziate_da_trafficanti-

    • MOAS, MSF e Sea Watch: ricerca e soccorso indipendenti nel post-Mare Nostrum

      Il 24 luglio 2015, sul sito di Mediterranean Hope uscì un ottimo articolo di Paolo Cuttitta ( in italiano e nella versione in inglese) che evidenziava, quindi già 2 anni fa, il ruolo che stavano prendendo le Ong per salvare le persone nel Mediterraneo Centrale dopo la chiusura di Mare Nostrum. Una analisi attenta delle prime tre Ong che sono intervenute in quel contesto evidenziando affinità e differenze negli approcci e nelle mission che si davano, nelle stesse modalità operative. Cuttitta, da attento ricercatore, in un articolo estremamente sintetico definiva già il 2015 l’anno delle Ong e documentava tutto quello che oggi sembra scandalizzare coloro che vorrebbero impedire che proseguano tali operazioni di intervento. Nel 2016, in un successivo articolo dello stesso autore, si documentavano le ragioni dell’aumentata presenza di navi umanitarie nella rotta del Mediterraneo Centrale. Ora sono molti di più gli attori in campo e la situazione in quel tratto di mare è divenuta ancora più critica così come evolve tragicamente la spirale nei paesi di fuga e di transito. Riaffermare che dietro gli interventi di privati non c’è stata la logica del business ma quella della necessità di ridurre i danni provocati dal combinato disposto di leggi ingiuste e assenza di mezzi di soccorso dell’UE è doveroso. Ad oggi sono quasi 1000 le persone che hanno già perso la vita nella traversata, intimidire chi salva le persone significa far aumentare a dismisura tale numero. Non un rischio ma una certezza.

      http://www.a-dif.org/2017/04/22/moas-msf-e-sea-watch-ricerca-e-soccorso-indipendenti-nel-post-mare-nostrum

    • Siate sinceri. Volete solo che le navi Ong smettano di salvare vite

      «Dovremmo lasciarli morire in mare»: più monta l’operazione di stigmatizzazione e colpevolizzazione nei confronti delle Ong che salvano vite umane nel Mediterraneo, più chiaramente prende forma questo truce sottotesto. Ma si tratta di una deduzione implicita, suggerita sotto voce e non rivendicata, perché nessuno ha avuto ancora il coraggio di arrivare in fondo al ragionamento (oddio, qualcuno ci va molto, ma molto vicino). Perché, se l’impianto accusatorio (ancora non supportato da alcun elemento di prova emerso dalle indagini conoscitive in corso e da quelle giudiziarie chiassosamente annunciate) intende processare l’operato di una decina di organizzazioni impegnate a salvare vite, l’obiettivo sembra essere comunque che quelle navi smettano di operare. E, con esse, si interrompa anche l’attività dei nostri militari.

      http://www.huffingtonpost.it/luigi-manconi/siate-sinceri-volete-solo-che-le-navi-ong-smettano-di-salvare-v

    • Giorni di populismo giudiziario. Cosa si vuole nascondere dietro la criminalizzazione della solidarietà.

      La polemica sulle esternazioni del procuratore di Catania Zuccaro sulle connivenze tra ONG e trafficanti di esseri umani sta raggiungendo i più alti vertici istituzionali. Non è bastato che venisse dimostrato come la fonte stessa delle prime insinuazioni, l’agenzia Europea Frontex, fosse stata largamente fraintesa e poi le abbia sostanzialmente ritrattate. Come ha osservato l’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, se si tratta di contrastare fattori di attrazione (pull factor), che non si traduce certo nella contestazione di un reato, lo stesso attacco rivolto oggi alle ONG venne sferrato da Frontex, alla fine del 2014, contro l’operazione mare Nostrum ed i vertici della Marina e della Guardia Costiera italiana.


      http://www.a-dif.org/2017/04/29/giorni-di-populismo-giudiziario-cosa-si-vuole-nascondere-dietro-la-criminaliz

    • Inchiesta sulle ONG: «Questi sono dati piuttosto approssimativi, ma che hanno un’approssimazione abbastanza affidabile»

      Mercoledì 22 marzo 2017 il “Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione” ascolta in audizione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Carmelo Zuccaro. Proprio lui. Il resoconto stenografico è qui. Rileggere alcuni passaggi può essere utile alla discussione:

      https://left.it/2017/05/01/inchiesta-sulle-ong-questi-sono-dati-piuttosto-approssimativi-ma-che-hanno-unap

      Le procès-verbal des déclarations de Zuccaro:
      http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/30/indag/c30_confini/2017/03/22/indice_stenografico.0041.html

      Migranti, sulle Ong Zuccaro insiste: «Notizie date da Frontex, non ho nuove prove». Orlando: «Nessun illecito disciplinare»

      Il magistrato al centro delle polemiche per l’inchiesta sui legami tra organizzazioni e trafficanti di esseri umani chiede davanti alla commissione Difesa del Senato di poter usare le intercettazioni. Il ministero non interverrà nei suoi confronti: lo ha confermato il guardasigilli. La Marina: «Le organizzazioni non governative non ci intralciano»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/03/news/ong_migranti_scafisti_procura_catania_zuccaro-164500643

    • Gli sbarchi in aumento del 51% e il peso crescente dei salvataggi privati

      Le persone giunte in Italia dal 1° gennaio al 27 marzo di quest’anno sono 21.939; nel 2016, nello stesso periodo, furono 14.505. Altri 68 siriani salvati dai corridoi umanitari

      http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_aprile_27/gli-sbarchi-aumento-51percento-peso-crescente-salvataggi-privati-0d87b
      –-> commentaire de Mathilde Auvillan sur twitter:

      La domanda è : qual’era la fonte del @Corriere per questo articolo?

    • Signor Leggeri, parliamone!

      Una lettera rivolta all’ex ministro francese della Difesa e degli Interni che da inizio 2015 dirige Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera.
      Jugend Retten e Sea-Watch sono due organizzazioni impegnate nei salvataggi in mare. Dopo le affermazioni di Leggeri che gettano ombre sul loro operato, riprese poi dal procuratore di Catania Zuccaro, sono tra le ong maggiormente attaccate anche dalla politica italiana nella campagna di diffamazione che tiene banco in queste settimane. Melting Pot esprime la massima solidarietà e vicinanza alle ong. Build Bridges Not Walls! (ndr).

      http://www.meltingpot.org/Signor-Leggeri-parliamone.html

      Original en anglais:
      https://www.facebook.com/notes/jugend-rettet-ev/sehr-geehrter-herr-leggeri-lets-talk/659380767604493

    • Migranti, il procuratore di Siracusa: «Non ci risulta alcun legame tra Ong e trafficanti»

      SIRACUSA. «A noi come ufficio non risulta nulla per quanto riguarda presunti collegamenti obliqui o inquinanti tra ong o parti di esse con i trafficanti di migranti. Nessun elemento investigativo": lo ha detto il procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, in Commissione Difesa del Senato.

      http://siracusa.gds.it/2017/05/02/migranti-il-pm-di-siracusa-non-ci-risulta-alcun-legame-tra-ong-e-trafficanti_660690/#

    • MSF accusa: Sono le politiche europee, non le ONG, a favorire i trafficanti “Nel Mediterraneo deliberata operazione di non – intervento a soccorso di persone in pericolo

      «In due anni abbiamo salvato 60 mila persone e per noi questo è il punto di partenza ineludibile. Lo abbiamo dovuto fare noi e tanti altri sono stati salvati dalle altre Ong per una ragione molto semplice. Chi dovrebbe farlo non lo fa e l’Europa non ha realizzato un progetto europeo di soccorso in mare». La conferenza stampa di Loris De Filippi e Marco Bertotto, rispettivamente Presidente e Responsabile Adovacy di Medici Senza Frontiere, realizzata dopo l’audizione nella Commissione Difesa del Senato, nel quadro di un’indagine conoscitiva, ha costretto i tanti giornalisti presenti alla massima attenzione. Entrambi i relatori trapelavano passione e indignazione, ma soprattutto fatica. Fatica per un incontro durato due ore, in cui gli stessi si sono sentiti ripetere domande stantie, superficiali, parte integrante di quel “pattume” che si sta gettando, come ha ripetuto De Filippi, sulla parte migliore di questo paese. L’ascolto dell’audizione è utile e deve divenire memoria da conservare per non dimenticare chi ha detto cosa. È utile ma in alcuni passaggi fa veramente indignare, in altri lascia basiti, di fronte all’idea di essere rappresentati, in un organismo così delicato e importante, da persone palesemente inadeguate e prive delle nozioni principali o altrettanto palesemente offuscate nelle domande poste, da una visione politica e umana ristretta e limitata. Ci servirà in questi giorni che sono insieme tragici e grotteschi in cui le risposte alla catastrofe umanitaria che continua a perpetrarsi nel Mediterraneo Centrale – oltre 1000 morti in questi 4 mesi del 2017, 5000 lo scorso anno, quasi 12 al giorno – si risolvono nell’infangare chi tenta di impedire che ancora più persone periscano. Ci servirà in questi giorni e ci servirà nei prossimi mesi e anni, ci servirà anche ascoltare puntate di trasmissioni come “In mezz’Ora”, in onda domenica 30 aprile, in cui mentre De Filippi tentava di argomentare il proprio operato, il solito Salvini parlava, senza rivelare la fonte, di dossier dei servizi segreti che comprovavano complicità fra trafficanti e Ong e di navi utilizzate per far passare armi e droga. Un esponente politico, forse più di un qualsiasi cittadino che ha prova di tale reato ha il dovere di denunciarlo nella prima procura competente e non di parlarne in tv per pura propaganda personale.

      http://www.a-dif.org/2017/05/03/msf-accusa-sono-le-politiche-europee-non-le-ong-a-favorire-i-trafficanti-nel-

    • Zuccaro e le Ong, quell’insostenibile deficit di cultura della comunicazione

      La cronaca conferma che la Giustizia ha un problema di comunicazione, anche se soltanto il 13,8% dei magistrati ne ha consapevolezza. Csm e Scuola devono colmare questa lacuna culturale, che si ritorce contro la trasparenza e la credibilità dell’istituzione

      www.questionegiustizia.it/articolo/zuccaro-e-le-ong_quell-insostenibile-deficit-di-cultura-della-comunicazione_03-05-2017.php

    • Italy Prosecutor Investigating NGO Rescuers Says Has No Proof of Wrongdoing

      ROME — An Italian prosecutor who began an investigation into possible ties between humanitarian organizations that rescue migrants at sea and Libya-based people smugglers said on Wednesday he had no proof of any wrongdoing.

      https://www.nytimes.com/reuters/2017/05/03/world/europe/03reuters-europe-migrants-italy-ngo.html?smid=tw-share

      v. aussi: http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-ngo-idUSKBN17Z260

    • Grasso difende le Ong: determinanti. Accuse politicamente strumentali

      FIESOLE. «Sono certo, anche per la mia lunga esperienza personale, che la magistratura e le forze di polizia faranno piena luce su eventuali opacità e che proveranno e puniranno i reati che siano stati eventualmente commessi. Questo avvenga però nel rispetto rigoroso delle regole e della riservatezza necessaria a garantire il successo delle indagini».

      http://gds.it/2017/05/04/grasso-difende-le-ong-determinanti-accuse-politicamente-strumentali_661400/#

    • Le indagini sulle Ong proseguono senza che ancora emergano concreti fatti di reato

      Ancora oggi abbiamo assistito ad un ulteriore ridda di dichiarazioni e controdichiarazioni, sulle presunte responsabilità delle Ong impegnate nelle attività di ricerca e soccorso dei migranti nelle acque a nord della Libia. Anche il clima di confusione e i ripetuti tentativi di strumentalizzazione finiscono col produrre iniziative violente che destano un grave allarme per quello che potrà ancora accadere in futuro se gli attacchi alle Ong continueranno. Ancora una volta le dichiarazioni dell’agenzia Frontex sono apparse contrastanti per quanto affermato dal suo direttore Fabrice Leggeri, e , in senso contrario, dalla portavoce Isabelle Cooper, che ha continuato ad escludere qualsiasi responsabilità a carico delle Ong impegnate in mare. Sono continuate anche le audizioni davanti la IV Commissione Difesa del Senato che il 3 maggio aveva ascoltato il Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro.

      http://www.a-dif.org/2017/05/05/le-indagini-sulle-ong-proseguono-senza-che-ancora-emergano-concreti-fatti-di-

    • Humanitaires en Méditerranée: complices objectifs ou boucs émissaires?

      Il y a quelques jours, un procureur italien affirmait avoir des preuves sur les liens entre des passeurs libyens et des organisations humanitaires pour secourir les migrants en Méditerranée. Rebondit ainsi la polémique en cours sur le rôle des ONG, provoquée par les critiques de Frontex et relayées par Theo Francken.

      http://plus.lesoir.be/91825/article/2017-04-28/humanitaires-en-mediterranee-complices-objectifs-ou-boucs-emissaires

    • Migranti e Ong. Il pm Zuccaro. « Ipotesi, ma nessuna prova. Però dateci norme adeguate »

      Il procuratore etneo è stato ascoltato in Senato dopo le accuse alle organizzazioni di soccorritori. Ha ribadito che non ci sono riscontri. Dietro le quinte una faida tra 007 europei?

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/zuccaro-senato

      Le procureur qui fait le politicien au lieu de s’occuper de justice :

      «Il nostro Paese non è in grado di ospitare tutti i migranti, compresi quelli economici». Lo ha affermato il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in audizione davanti alla Commissione Difesa del Senato. «La differenza tra rifugiati e migranti economici non è un discrimine per le Ong ma è importante per lo Stato, e il controllo dei flussi migratori non può che competere agli Stati».

    • MARE VOSTRUM

      Le ONG (Organizzazioni non governative) intervengono troppo vicino alle coste libiche per salvare i migranti a bordo dei barconi. Così Fabrice Leggeri, Direttore di Frontex (l’Agenzia Europea di Guardia di frontiera e costiera), lanciava il primo sasso nel Mediterraneo nello scorso mese di febbraio.

      Una frase che è rimasta senza eco per diverse settimane ma che ha preso vigore nelle ultime settimane dopo che il Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ha aperto un fascicolo conoscitivo, senza indagati né capi di accusa, su sette ONG che, con tredici navi, salvano migranti nel Mediterraneo. Il sospetto è che queste organizzazioni possano avere un qualche tornaconto dalle loro attività; che la loro disponibilità in denaro appare poco trasparente e che non è da escludere una forma di collusione con gli scafisti che lucrano sulla pelle dei migranti . Le stesse organizzazioni umanitarie ribadiscono la trasparenza dei loro bilanci e che intervengono per dare una risposta umanitaria ad un problema e non sono certo la causa di quel problema. Infine anche la politica, soprattutto attraverso gli esponenti del Movimento 5 stelle si è buttata sul “caso” attraverso accuse e polemiche contro le ONG.

      Al di là delle polemiche, tuttavia, la problematica dei migranti nel Mediterraneo continua soprattutto ora alla vigilia della bella stagione che facilita la traversata del Mare Nostrum. Qual è il punto della situazione? Qual è il ruolo esatto di ONG e Frontex? Qual è il destino di coloro che sono sbarcati in Europa e che sono destinati ad essere respinti in massa?

      http://www.rsi.ch/rete-uno/programmi/informazione/modem/MARE-VOSTRUM-8982292.html

      Izabella COOPER, portavoce di Frontex, ha dichiarato durante la trasmissione :
      « Salvare le vite umane nel mare è l’obbligo legale imposto dalla legge internazionale. Su questo non c’è dubbio. I mezzi di Frontex l’anno scorso hanno salvato circa 90’000 persone in Italia e in Grecia. Su questo non si può assolutamente nemmeno discutere »

      –-> à mettre en lien avec les propos du directeur de Frontex, Fabrice Leggeri (22.04.2015) :

      “Triton ne peut pas être une opération de recherche et sauvetage. Je veux dire, dans notre plan opérationnel, nous ne pouvons pas avoir les moyens pour une action de recherche et sauvetage. Ce n’est pas le mandat de Frontex, et, selon moi, ce n’est pas le mandat de l’Union européenne non plus”.

      https://www.theguardian.com/world/2015/apr/22/eu-borders-chief-says-saving-migrants-lives-cannot-be-priority-for-patr

      v. aussi ces messages postés par Lisa Bosia sur FB, le 6 ou 7 mai 2017...

      Et un peu plus bas :

    • Ong e migranti, Zuccaro faceva meglio a stare zitto. Ora è un’arma per Salvini

      Non concordo con le valutazioni fatte da Guido Ruotolo, un collega che stimo da sempre, rispetto al ruolo avuto dal Procuratore distrettuale di Catania, Carmelo Zuccaro, nella vicenda ong. Ruotolo sostiene, in sintesi, che il Procuratore è stato protagonista di un’operazione verità e che per questo vada ringraziato.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/05/ong-e-migranti-zuccaro-faceva-meglio-a-stare-zitto-ora-e-unarma-per-salvini/3564836

    • Coast Guard expresses concern over rescue groups in the Mediterranean

      Chief of Libyan Coast Guard in the central region, Rida Essa, has accused rescue organizations in the Mediterranean of encouraging the influx of illegal immigrants from Libya to the EU.

      He said the rescue boats of these organizations have given a signal to the immigrants that their journey to the EU would be safe, causing an increase in the number of immigrants.

      He added that the Libyan Coast Guard has expressed concerns to Operation Sophia about these boats, but it did not take any actions against them.

      https://www.libyaobserver.ly/inbrief/coast-guard-expresses-concern-over-rescue-groups-mediterranean

    • Ong tedesche: “Ue abbandona migranti”. Sea Watch: “Frontex e Sophia hanno cercato incidente in mare per screditarci”

      Pauline Schmidt, portavoce di Jugend Rettet: «Mai avuto contatti con i trafficanti». Ruben Neugebauer, di Sea Watch: «La Guardia costiera italiana fa tutto il possibile per salvare le persone, le missioni dell’Ue no». E sui finanziatori: «La legge sulla protezione dei dati impedisce di pubblicare i nomi dei donatori senza il loro consenso, ma se un’autorità giudiziaria dovesse richiederli li otterrebbe facilmente»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/06/ong-tedesche-ue-abbandona-migranti-sea-watch-frontex-e-sophia-hanno-cercato-incidente-in-mare-per-screditarci/3563055

    • Accusations, Rescue Operations and Drownings: What happens in the Med? – Interview with Ruben Neugebauer, spokesperson of Sea-Watch e.V.

      Sea-Watch is a Search and Rescue organisation that is carrying out operations in the Central Mediterranean Coast, North of the Libyan coast. It is entirely founded through private donations as well as by the protestant church and some other foundations. But has no ties to politically institutions, or criminal networks, as stated in some allegations by the Italian prosecutor. Sea-Watch was funded by some private people around Harald Höppnera, civil organisations and volunteers. Volunteers from different backgrounds run more than 90 per cent of the work of Sea-Watch. Most of them are based in Germany but we are becoming increasingly European.

      http://www.ecre.org/accusations-rescue-operations-and-drownings-what-happens-in-the-med-interview-

    • Zuccaro: «Le indagini provano gli interessi delle mafie sui migranti»

      ROMA. Il ricco #business dell’accoglienza dei migranti attira gli «appetiti» delle mafie. Lo dimostrano le indagini, ha riferito il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ribadendo che quella dei rapporti tra trafficanti di uomini e ong è «un’ipotesi di lavoro, non ho elementi probatori», ma certo «la gestione dei flussi migratori spetta allo Stato e non alle organizzazioni umanitarie». Intanto sale ancora il bilancio dei naufragi dei giorni scorsi: 245 tra morti e dispersi ed il capo dello Stato, Sergio Mattarella, in visita in Argentina, ha parlato di «immani tragedie», stigmatizzando «intolleranza e discriminazioni"

      http://gds.it/2017/05/09/zuccaro-le-indagini-provano-gli-interessi-delle-mafie-sui-migranti_663392
      #mafia #Italie #accueil #asile #migrations #réfugiés

    • Libye : près de 500 migrants sur une embarcation interceptée par les gardes-côtes

      Près de 500 migrants, dont 277 Marocains, entassés sur une seule embarcation, ont été interceptés par les garde-côtes libyens mercredi au large de la ville de Sabratha (ouest), alors qu’ils prenaient le large vers les côtes italiennes.

      « Une ONG (allemande), Sea Watch, a tenté de perturber l’opération des gardes-côtes (...) dans les eaux libyennes en voulant récupérer les migrants sous prétexte que la Libye n’était pas sûre », a indiqué à l’AFP le porte-parole de la marine libyenne Ayoub Kacem.

      http://www.courrierinternational.com/depeche/libye-pres-de-500-migrants-sur-une-embarcation-interceptee-pa

    • Italie. Mais d’où viennent tous ces soupçons sur les ONG ?

      Ces derniers mois, les ONG qui sauvent des migrants en Méditerranée font l’objet d’une suspicion grandissante : les uns les pensent “complices” des passeurs, les autres leur reprochent, par leur présence, d’inciter les migrants à tenter la traversée. Retour sur la genèse de ces rumeurs.

      http://www.courrierinternational.com/article/italie-mais-dou-viennent-tous-ces-soupcons-sur-les-ong

    • Libyan coastguard turns back nearly 500 migrants after altercation with NGO ship

      Libya’s coastguard said it had intercepted nearly 500 migrants packed onto a wooden boat and returned them to Tripoli on Wednesday after warning off a ship that was preparing to pick them up for passage to Europe.
      Footage filmed by Sea-Watch, a non-governmental organization, showed a Libyan coastguard vessel coming within meters of its own ship as it sped to stop the migrants.

      http://mobile.reuters.com/article/idUSKBN1862Q2

    • Il pm di Trapani: “Indagini su alcuni membri delle Ong per immigrazione clandestina”

      «La procura di Trapani ha in corso indagini che concernono l’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e che coinvolgono anche non le ong come tali ma soggetti, persone fisiche appartenenti alle ong». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Trapani Ambrogio Cartosio in audizione davanti alla commissione Difesa del Senato.

      http://www.lastampa.it/2017/05/10/italia/cronache/il-pm-di-trapani-indagini-su-alcuni-membri-delle-ong-per-immigrazione-clandestina-m9kKXWoyZVIUV5d54lMwmI/pagina.html

    • Trapani, indagati gli equipaggi di Msf «Dissero ai migranti: non collaborate»

      Le accuse alla Ong. La Guardia Costiera libica riporta a Tripoli una nave con 300 migranti. Dal 1 gennaio i migranti sbarcati in Italia sono stati 44mila

      http://www.corriere.it/cronache/17_maggio_10/trapani-indagati-equipaggi-ms-dissero-migranti-non-collaborate-36c2f052-35b

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ecco questo e’il punto. La mancata collaborazione con la polizia. Come se gli operatori delle ong dovessero trasformarsi in testimoni di giustizia o in agenti di polizia giudiziaria. Tanto i testimoni di comodo si trovano sempre.

    • La Procura di Trapani: navi delle ong intervengono senza avvertire la guardia costiera

      ROMA. Le navi delle ong sanno in anticipo dove si troveranno i barconi partiti dalla Libia e li vanno a prendere anche senza avvertire la Guardia costiera di Roma. A ricostruire il modus operandi è stato il procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio, che ha aperto un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le indagini, ha precisato, «coinvolgono non le ong come tali ma persone fisiche appartenenti alle ong».

      http://gds.it/2017/05/10/migranti-indagini-su-membri-di-ong-laccusa-della-procura-di-trapani_663714

    • Migranti, la denuncia di Msf: «Spari da sconosciuti contro una nostra nave di soccorso»

      Uomini armati a bordo di un motoscafo hanno aperto il fuoco verso la Bourbon Argos e poi sono saliti a bordo. La marina libica: «Era un nostro battello che ha esploso solo colpi d’avvertimento, ma non abbiamo né colpito né arrembato la nave». L’ong dal 21 aprile ha recuperato in mare 10.925 persone

      http://www.repubblica.it/esteri/2016/08/28/news/migranti_marina_libica_nave_msf-146777914

    • Migranti, SOS Mediterranee scrive all’Europa. «Mettere in pratica la solidarietà»

      Lettera aperta ai capi di governo europei per chiedere, tra le altre cose, di accrescere i mezzi di soccorso in mare per salvare vite umane, porre fine alla criminalizzazione delle Ong e garantire che i migranti siano condotti in un porto sicuro conformemente al diritto internazionale

      http://www.agenzia.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/534549/Migranti-SOS-Mediterranee-scrive-all-Europa-Mettere-in-prat

    • Press release: Sea-Watch demands independent investigation of the illegal return of an overcrowded wooden boat

      On the 10th of May, Sea-Watch witnessed an illegal pull back of several hundred migrants into Libyan waters. The captain had received a mandate from the Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) in Rome to attend to the rescue of the wooden boat in distress. Upon arrival of a patrol vessel from Libya, the rescue crew retreated on the speedboat and watched the incident from a distance. “We wonder to what extent European authorities were involved in the questionable operation on Wednesday. If the European Union actually incites the Libyan Coast Guards to carry out illegal actions, that is a scandal”, says CEO Axel Grafmanns.


      https://sea-watch.org/en/pm-sea-watch-demands-independent-investigation-of-the-illegal-return-of-a

    • Les garde-côtes libyens interceptent des migrants secourus par une ONG

      L’équipage du navire de secours au migrants de l’ONG Sea Watch a vécu un moment de frayeur mercredi 10 mai au matin au large de la Libye. Alors qu’il venait d’aborder une embarcation de migrants en détresse dans les eaux internationales, les garde-côtes libyens se sont interposés et ont ramené de force les migrants à terre.

      http://www.rfi.fr/afrique/20170511-garde-cotes-libyens-interceptent-migrants-secourus-une-ong?ref=tw

    • Libyan Coast Guard Cuts Across Bow of Rescue Vessel

      On Friday, the German maritime rescue NGO Sea-Watch called for an investigation into a Libyan coast guard interdiction in international waters, which resulted in the return of hundreds of maritime migrants to Libyan shores. In addition, the group posted video showing a potentially dangerous close-quarters situation in which the Libyan vessel cut across the bow of the rescue ship.

      http://maritime-executive.com/article/libyan-coast-guard-cuts-across-bow-of-rescue-vessel

    • Gli operatori umanitari nella morsa delle manovre politiche e delle inchieste giudiziarie. Ma intanto chi risponde della sorte dei migranti riportati in Libia?

      Non passa giorno che non aumentino gli interventi di certa stampa contro le Organizzazioni umanitarie che continuano a soccorrere migranti in acque internazionali a nord di quelle territoriali libiche. Dopo gli attacchi indiscriminati alle stesse organizzazioni, finora smentiti da fatti realmente accertati, sembra che l’attenzione di qualche procura, come quella di Trapani, si stia concentrando su singole persone. Probabilmente un atto dovuto, conseguente a informative di polizia che sembrano configurare il reato di agevolazione all’ingresso irregolare, previsto dall’art.12 del Testo Unico sull’immigrazione. Un tentativo per scoprire “mele marce” all’interno degli equipaggi delle ONG, ma probabilmente anche per dividere le organizzazioni tra loro. E che comunque finisce per delegittimare l’intero operato di tutti i gruppi umanitari le ONG. Tutto questo dopo settimane di una campagna mediatica senza precedenti, basata soprattutto sulle dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Repubblica di Catania [1].

      http://www.meltingpot.org/Gli-operatori-umanitari-nella-morsa-delle-manovre-politiche.html
      v. aussi: https://seenthis.net/recherche?recherche=%23libye+%23externalisation+%23italie

    • Central Med: Mounting number of drownings amid sparking debate on civilian search and rescue operations

      This week the NGOs, Jugend Rettet, Sea-Watch and Sea-Eye, involved in SAR were invited to the Italian senate defence committee to offer further explanation on their activities. At the same time media reported that the Italian parliament is considering stricter regulations especially on financial transparency for SAR NGOs.

      In late April the public prosecutor of the tribunal of Catanis, Sicily, Carmelo Zuccaro accused civilian SAR NGOs to be in contact with human traffickers as well as being potentially financed by smugglers. He later stated that his allegations were not based on evidence. While the High Council of the Judiciary has announced a disciplinary hearing with the public prosecutor, populist opposition politicians from the Five Star Movement and the Northern League, sided with Zuccaro. The EU border control agency Frontex in leaked reports in December 2016 described NGOs as “unintentionally” acting like a pull factor. Frontex Director Fabrice Leggerie backed this criticism in an interview in February this year, while Frontex spokesperson Ewa Moncure withdrew the agencies criticism stating that in late April that it had never criticised #SAR operations.

      https://www.ecre.org/central-med-mounting-number-of-drownings-amid-sparking-debate-on-civilian-sear

    • Accordi tra Italia e Libia e respingimenti collettivi in acque internazionali. Cosa si nasconde dietro la criminalizzazione delle Organizzazioni non governative

      La situazione attuale delle attività di ricerca e soccorso operate dalle ONG nelle acque del Mediterraneo centrale è sempre più critica, tra false informazioni diffuse dai servizi segreti e da Frontex, ventate di populismo giudiziario, speculazione politica e diffamazione mediatica. A nessuno sembra importare davvero della vita e della morte di migliaia di pesone in fuga dalla Libia, ed in rete si moltiplicano i commenti diffamatori o apertamente razzisti.

      http://www.a-dif.org/2017/05/14/accordi-tra-italia-e-libia-e-respingimenti-collettivi-in-acque-internazionali

    • Migranti, Sos Mediterranee scrive all’Unione europea

      Salvare, proteggere, testimoniare. La nostra organizzazione umanitaria europea di soccorso marittimo SOS MEDITERRANEE si basa sul principio del rispetto della vita e della dignità umana. La nostra organizzazione è composta da tre associazioni sorelle in Germania, Francia e Italia, tutte impegnate per i seguenti obiettivi: salvare vite umane, proteggere e assistere le persone soccorse, così come testimoniare circa le realtà della migrazione nel Mediterraneo, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica in Europa.

      Fin dal lancio della nostra missione 14 mesi fa, abbiamo completato 101 operazioni di soccorso sotto l’autorità del Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) di Roma e accolto un totale di quasi 18.000 persone a bordo della Aquarius, 1/4 dei quali sono minori, la maggior parte di loro non accompagnati. Le persone soccorse dalle nostre squadre hanno avuto motivi diversi per lasciare i loro paesi di origine, ma ora hanno tutti lo stesso obiettivo: fuggire dalla Libia, che essi descrivono come l’inferno, e trovare un futuro sicuro.

      http://catania.livesicilia.it/2017/05/10/migranti-sos-mediterranee-scrive-allunione-europea_416620

    • Reçu avec ce commentaire par Fulvio Vassallo :

      Salvataggi che sanno di sequestro di persona conseguenza del ritiro di FRONTEX e delle navi militari italiane.

      Libyan coastguards rescue 400 migrants off #Sabratha shores

      According to the coastguard sources, the migrants were all stuffed in a rickety wooden boat and were in danger of drowning when the patrols rescued them.


      http://www.libyanexpress.com/libyan-coastguards-rescue-400-migrants-off-sabratha-shores

    • Gli operatori umanitari nella morsa delle manovre politiche e delle inchieste giudiziarie. Ma intanto chi risponde della sorte dei migranti riportati in Libia ?

      Non passa giorno che non aumentino gli interventi di certa stampa contro le Organizzazioni umanitarie che continuano a soccorrere migranti in acque internazionali a nord di quelle territoriali libiche. Dopo gli attacchi indiscriminati alle stesse organizzazioni, finora smentiti da fatti realmente accertati, sembra che l’attenzione di qualche procura, come quella di Trapani, si stia concentrando su singole persone. Probabilmente un atto dovuto, conseguente a informative di polizia che sembrano configurare il reato di agevolazione all’ingresso irregolare, previsto dall’art.12 del Testo Unico sull’immigrazione. Un tentativo per scoprire “mele marce” all’interno degli equipaggi delle ONG, ma probabilmente anche per dividere le organizzazioni tra loro.E che comunque finisce per delegittimare l’intero operato di tutti i gruppi umanitari le ONG. Tutto questo dopo settimane di una campagna mediatica senza precedenti, basata soprattutto sulle dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Repubblica di Catania.

      http://www.africa-express.info/2017/05/11/gli-operatori-umanitari-nella-morsa-delle-manovre-politiche-e-delle

    • Libyan Navy claims German NGO hindered migrant rescue

      General Ayob Amr Ghasem, Libyan Navy spokesman, said that one of the NGO’s boats had sought to stop the rescue operation underway by a Libyan motorboat by threatening to ram into it, according to a document sent to ANSA by the spokesman. The incident occurred on Wednesday morning. The migrant vessel made of wood and carrying almost 500 migrants was intercepted ’’19 nautical miles north of Sabratha’’, the spokesman said. When the ’Kifah’ motorboat came close to the migrant vessel, the Sea Watch boat allegedly ’’changed direction in such a way to collide with’’ the Libyan Coast Guard said.

      http://www.ansamed.info/ansamed/en/news/sections/generalnews/2017/05/11/libyan-navy-claims-german-ngo-hindered-migrant-rescue_e3c044e4-6eea-441a-9

    • Salvataggi in mare, e ora la guardia costiera libica riporta i migranti a Tripoli

      La denuncia della Ong tedesca Sea-Watch. Tutto nasce da un episodio, che potrebbe essere il primo di una serie sempre più lunga. E’ comunque certo che l’attività della Guardia Costiera libica è aumentata e che c’è l’ordine di riportare indietro sempre più persone. Anche in acque internazionali, dove le Ong potrebbero dare fastidio

      http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2017/05/13/news/le_navi_libiche-165320767/?platform=hootsuite

    • Migranti, stop ai corridoi umanitari gestiti dalle Ong

      Il documento con le linee guida proposte dalla commissione Difesa del Senato è stato approvato all’unanimità

      http://www.lastampa.it/2017/05/16/italia/politica/migranti-stop-ai-corridoi-umanitari-gestiti-dalle-ong-y9cRAJqQtbVp2uxJUxk8BI/pagina.html

      –-> «#corridors_humanitaires»?????????

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Un «lenzuolo di vergogna» ricopre chi ha votato questa mozione e chi la rilancia diffondendo disinformazione. Le Ong non hanno aperto corridoi umanitari ma hanno adempiuto obblighi di ricerca e salvataggio che gli stati e le afenzie come FRONTEX , hanno sistematicamente violato. E di questo ci sono le prove. Non sulla collusione tra Ong e trafficanti.

    • Ong, la Commissione Difesa del Senato archivia tutto

      Come era prevedibile e auspicabile a fronte dell’assoluta mancanza di prove dopo tutte le audizioni arriva la “sentenza”: «Nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti, il soccorso in mare dei migranti è doveroso e ineludibile». La white list auspicata dai non governativi sarà realtà

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/16/ong-la-commissione-difesa-del-senato-archivia-tutto/143385

    • Minniti a Tripoli e la Commissione Difesa del Senato aggirano i divieti di respingimento.

      Le Ong non hanno aperto corridoi umanitari ma hanno adempiuto obblighi di ricerca e salvataggio che gli stati e le agenzie come FRONTEX , hanno sistematicamente violato. E di questo ci sono le prove. Non sulla collusione tra Ong e trafficanti. La Commissione Difesa non rileva nessun elemento di reato e sposta il tiro su argomenti che sono manifesti politici in vista delle elezioni. Adesso occorre vietare i “corridoi umanitari”. Ed asservire gli operatori umanitari alle attività di polizia.

      http://www.a-dif.org/2017/05/17/minniti-a-tripoli-e-la-commissione-difesa-del-senato-aggirano-i-divieti-di-re

    • Amnesty su indagine conoscitiva del Senato sull’attività delle ONG

      Commentando le conclusioni dell’indagine conoscitiva svolta dalla commissione Difesa del Senato sul “contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori che interessano la rotta del Mediterraneo e sull’impatto delle attività delle Ong”, il direttore generale di Amnesty International Italia Gianni Rufini ha rilasciato questa dichiarazione:

      “Ben venga la sollecitazione alla massima trasparenza da parte delle Ong, ma prima di chiedere loro di astenersi dal salvare vite umane nel Mediterraneo sarebbe fondamentale pretendere che il rispetto dei diritti umani di chi fugge da guerra e persecuzione tornasse al centro delle politiche dell’Unione europea”.

      “La commissione Difesa sostiene che non può essere consentita la creazione di ‘corridoi umanitari gestiti autonomamente dalle Ong’, trattandosi di un compito spettante agli stati o agli organismi internazionali. Ma andrebbe sottolineato che se l’Unione europea avesse dato priorità alle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo anziché rinunciarvi, dopo la meritoria iniziativa italiana di Mare nostrum, in favore di politiche di respingimento e di accordo con paesi terzi, le Ong non avrebbero avvertito la necessità di intervenire, peraltro non rinunciando a coordinarsi con le autorità preposte”.

      “Da ormai un mese trovano ampia copertura sui mezzi d’informazione le ipotesi e speculazioni di varia natura da parte di esponenti della magistratura e la campagna denigratoria e delegittimante portata avanti da esponenti politici contro l’intero mondo delle Ong. Una campagna che sta producendo effetti devastanti sull’intero mondo del volontariato in Italia e che la commissione Difesa del Senato ha di fatto smentito, senza che la notizia abbia avuto adeguato risalto”.

      https://www.pressenza.com/it/2017/05/amnesty-indagine-conoscitiva-del-senato-sullattivita-delle-ong

    • Le ONG danno fastidio: questo è il vero motivo della campagna diffamatoria

      Riprendiamo un approfondimento di Judith Gleitze del mese scorso proprio il giorno successivo all’approvazione delle linee guida della commissione Difesa, un testo con il quale l’organismo del Senato chiede al Parlamento di «regolare» le operazioni di salvataggio di vite umane delle ONG nel Mediterraneo. Un documento che in realtà avrà l’effetto di limitare la loro presenza e intervento per non intralciare il lavoro sporco della guardia costiera libica che, a seconda dei casi, porterà al blocco delle partenze dei migranti, al respingimento delle imbarcazioni o il loro affondamento con esiti già ampiamente prevedibili.
      L’articolo di Gleitze ripercorre le fasi della campagna denigratoria contro le ONG ponendo una domanda - «Qual è allora lo scopo delle campagne diffamatorie nei confronti delle ONG che agiscono nel Mediterraneo?» - che con ieri ha trovato una prima risposta politica.

      http://www.meltingpot.org/Le-ONG-danno-fastidio-questo-e-il-vero-motivo-della.html

    • A cosa è servito il processo mediatico contro le Ong che salvano le vite in mare?

      Sono servite sei settimane alle istituzioni per affermare quello che a molti sembrava ovvio: le Ong non sono colluse con i trafficanti di esseri umani libici e soprattutto non spartiscono nulla con gli scafisti . Semplicemente salvano vite che altrimenti sparirebbero, inghiottite nel Mediterraneo.

      http://www.dinamopress.it/news/a-cosa-e-servito-il-processo-mediatico-contro-le-ong-che-salvano-le-vite

    • Migranti, l’attacco alle ong? "Una strategia degli imprenditori della paura”

      A Roma l’incontro su media e immigrazione. Secondo l’esperto Marco Binotto l’immagine negativa del fenomeno stava perdendo terreno: «L’attacco a chi aiuta serve a trovare un nemico. Chi era in difficoltà ha deciso di screditare così l’intero sistema». Bellu: «Giornalisti devono essere più responsabili»

      http://www.agenzia.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/535304/Migranti-l-attacco-alle-ong-Una-strategia-degli-imprenditor

    • Commentaire de Paolo Cuttitta su FB (21.05.2017)

      nessuno (intendo, ovviamente, i mezzi di informazione) ha mai parlato seriamente del respingimento dalle acque internazionali fatto il 10 maggio dalla Guardia Costiera libica sotto il coordinamento del MRCC di Roma, che ha attribuito ai libici il comando dell’operazione di soccorso, nonostante Sea-Watch fosse arrivata prima. L’episodio mostra con chiarezza il processo attualmente in corso, che è contraddistinto dalle seguenti tendenze: 1) distanziarsi gradualmente dai criteri seguiti a partire dal 2012 sul principio di porto sicuro; 2) andare verso la creazione di una regione SAR libica in acque internazionali e l’assunzione del coordinamento SAR in quella regione da parte delle autorità libiche. Non parlare di quell’episodio di respingimento, che è di enorme rilevanza, significa non volere turbare lo sviluppo di questo processo.

    • Migrazioni: per commissione Difesa senato nessuna collusione Ong-trafficanti

      ROMA, 18 MAGGIO – ”Nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti, il soccorso in mare dei migranti è doveroso e ineludibile”. E’ quanto ha dichiarato la commissione Difesa del Senato a conclusione del ciclo di audizioni dedicate alla questione sollevata prima dal rapporto di Frontex e poi dalle dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Così, dopo giorni di accuse sui possibili legami tra trafficanti e ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare, il percorso si è quindi concluso con una smentita, tanto più clamorosa se si guarda alla campagna mediatica e politica che si è sviluppata attorno al tema, e che aveva costretto le ong in questione a prendere una netta posizione di smentita.

      http://www.onuitalia.com/2017/05/18/migrazioni-per-commissione-difesa-senato-nessuna-collusione-ong-traffican

    • Commentaire de @isskein reçu via la mailing-list Migreurop :

      Le 10 mai 2017, les garde-côtes libyens interceptent dans les eaux internationales un bateau de 500 migrants auxquels l’ONG allemande Sea Watch s’apprêtait à porter secours, mettant en danger pendant cette opération les deux embarcations, celle des migrants et celle de l’ONG. Les migrants sont ramenés sur le sol libyen où ils doivent être placés dans un centre de détention. Un porte-parole libyen affirme que le navire de l’ONG a « tenté d’empêcher le travail des gardes-côtes en voulant récupérer les migrants sous prétexte que la Libye n’est pas sûre ». Sea Watch avait déjà dénoncé un semblable « pushback » des militaires libyens le 21 octobre 2016 (au moment où l’Italie formait les gardes-côtes libyens)

      lire le communiqué de Sea Watch (11/5) https://sea-watch.org/en/pm-sea-watch-demands-independent-investigation-of-the-illegal-return-of-a

      #refoulement #push-back

    • Italy: Refugees and migrants in the central Mediterranean, cutting the lifelines

      Amnesty International is deeply concerned that Italian authorities may be attempting to circumvent their obligation to protect people fleeing widespread and systematic human rights violations and abuses in Libya by facilitating the interception of refugees and migrant boats by Libyan authorities in the central Mediterranean.

      https://www.amnesty.org/en/documents/eur30/6319/2017/en
      Lien vers le rapport:
      https://www.amnesty.org/download/Documents/EUR3063192017ENGLISH.pdf

    • Reçu via FB (Fulvio Vassallo), 24.05.2017

      La Guardia costiera libica spara sui migranti sotto gli occhi degli operatori delle navi umanitarie. Ecco perche’ occorreva colpire le Ong e farle allontanare delle acque internazionali a ridosso del mare territoriale libico. Operazione che porta il suggello di Minniti, a Tripoli fino a pochi giorni fa.
      Jugend Rettet e.V. @jugendrettet

      +++Breaking+++ Several NGOs are witnessing huge human rights valuations. People’s lives are put into direct danger by boat marked as LCG!
      8:17 PM · 23 mag 2017

    • Affonda barcone diretto verso l’Italia, recuperati 34 cadaveri di migranti «Tra le vittime una decina di bambini»

      ROMA. Almeno 34 persone sono morte e altre risultano disperse nel naufragio di un barcone con a bordo circa 500 migranti, partito all’alba di oggi dal porto libico di Zuara e diretto verso l’Italia. Tra le vittime anche un numero imprecisato di bambini, «forse una decina», secondo quanto si è appreso in forma ufficiosa da fonti dei soccorritori. Le operazioni di soccorso sono state coordinate dalla Guardia Costiera italiana, in un tratto di mare non lontano da dove ieri i colleghi libici hanno intercettato due unità con 237 migranti a bordo: i due barconi sono stati fatti tornare in Libia e i migranti sono stati dichiarati in arresto.

      http://gds.it/2017/05/24/affonda-barcone-diretto-verso-litalia-recuperati-31-cadaveri-di-migranti_669576

      Commento di Fulvio Vassallo:

      Effetti collaterali degli accordi tra Minniti e la Guardia Costiera di Tripoli. Occorre una indagine internazionale. Quando intervengono i libicici sono sempre vittime, anche se non ne scrive nessuno. Negli ultimi giorni, forti delle motovedette regalate dall’Italia hanno pure sparato sui migranti. Per questo le autorita’italiane hanno rinegoziato accordi con i libici che hanno allontanato le navi umanitarie, per non avere testimoni scomodi. Ed adesso non rimane che contare morti e dispersi. Che saranno tantissimi nei prossimi mesi dopo il ritiro di Frontex e la pioggia di fango sulle Ong che hanno dovuto ridimensionare il loro impegno o sono state dirottate verso porto sempre piu’ lontano, come Salerno, sempre per decisione del ministero dell’interno.

    • Reçu cette photo via whatsapp de Fulvio Vassallo (sans source) :

      Avec ce commentaire :

      Sul lato destro del gommone si può scorgere un uomo armato. L’equipaggio della motovedetta libica ha sparato diversi colpi sui gommoni sovraccarichi colpendo i rifugiati che erano a bordo. Il capitano della #Iuventa di Jugend Rettet e.V. ha raccontato le ultime ore:

      «Una motovedetta libica ha sparato diversi colpi interrompendo le nostre operazioni di recupero. La situazione era sotto controllo almeno fino a quando non abbiamo udito i primi spari e visto le persone a bordo del gommone picchiate. Circa 100 persone in preda al panico si sono gettate in acqua e hanno cercato di raggiungere a nuoto la nostra nave e l’Aquarius. Due gommoni con i rifugiati venivano nel mentre dirottate nuovamente in direzione della Libia dalla motovedetta libica. Al momento è impossibile capire se ci siano state vittime nè quante esse possano essere. Abbiamo rischiato anche noi di essere feriti. Rimaniamo senza parole di fronte a questa violenza» Jonas, 25 cpt della iuventa

      Voilà la source :
      https://www.facebook.com/notes/jugend-rettet-ev/angriff-auf-fluchtboote/673203686222201

      Vu que j’ai pas trop de confiance en FB, je copie ici le contenu du message que Jugend Rettet a posté, pour ne pas le perdre :

      Liebe UnterstützerInnen,
      gestern kam es während unserer Rettungsoperationen zu einem bewaffneten Angriff auf zwei Flüchtlingsboote. Die Angriffe gingen von mehreren Schnellbooten mit Emblem der libyschen Küstenwache aus. Unter Schusswaffeneinsatz und Schlägen wurden die Insassen der Schlauchboote in einer illegalen “Push-Back-Aktion” nach Libyen zurückgebracht.
      Vorweg möchten wir sagen, dass unsere Crew wohlauf ist und niemand von ihnen verletzt wurde. Aktuell können wir jedoch nicht sagen, wie viele Menschen insgesamt durch die Gewalt der libyschen Küstenwache verletzt oder gar gestorben sind.

      Der Einsatztag
      Der Einsatztag begann für unsere Crew um 05:23 Uhr mit der Information über ein Schlauchboot mit 120 Personen. Gleichzeitig sahen wir ein weiteres Boot am Horizont. Zusammen mit Save the Children Italia konnten wir alle Menschen versorgen. Nur eine Stunde später informierte uns die Luxembourg Aircraft, dass sich 8 bis 10 Boote in unserer Nähe befinden. Wir informierten Save the Children und SOS MEDITERRANEE zur Unterstützung.
      Zu dieser Zeit waren wir noch guter Dinge und erwarteten einen anstrengenden, aber berechenbaren Einsatztag.
      Im Laufe der Zeit kamen deutlich mehr Schlauch- und Holzboote. Die Zahl belief sich am Abend auf 1800 Personen in 14 Booten. Gerade als wir inmitten der Rettungen waren, fuhren gegen Mittag mehrere Schnellboote mit der Kennzeichnung der libyschen Küstenwache in das Einsatzgebiet. Zu dem Zeitpunkt waren wir in internationalem Gewässer und etwa 14 Seemeilen von der libyschen Küste entfernt.
      Aus den Schnellbooten wurden plötzlich Schüsse in Richtung eines Fischerbootes abgefeuert. Anschließend wurden auch Schüsse in Richtung der Boote in Seenot abgegeben. Es ging alles sehr schnell. Wir sahen uns gezwungen, unseren Einsatz abzubrechen, da wir die Rettungen der Menschen nicht mehr leisten konnten, ohne nicht selbst in Gefahr zu kommen. Auf den Schlauchbooten brach plötzlich Panik aus. Zahlreiche Menschen sprangen ins Wasser, um zur IUVENTA und der Aquarius zu schwimmen. Wir konnten die Zahl der Schüsse durch das Chaos nicht zählen. Die Crew hielt einen sicheren Abstand ein, um sich selber nicht zu gefährden. Ob Menschen auf den Booten durch Schusswaffengebrauch zu Schaden gekommen sind, konnten wir aus der Entfernung nicht beurteilen.
      Im Anschluss verschafften sich Besatzungsmitglieder der libyschen Boote Zugang zu zwei Holzbooten, um sie schließlich zurück in libysches Hoheitsgebiet zu manövrieren.

      „Mehrere Boote der libyschen Küstenwache haben während der Rettung für Unruhe gesorgt, indem ihre Besatzungen auf die Boote der Flüchtenden stieg und nach Angaben meiner Crew auch Schüsse abfeuerten und die Flüchtenden schlugen. Über 100 Menschen sind aus Panik ins Wasser gesprungen. Zum Glück hatten die meisten Rettungswesten an, die wir schon verteilt hatten. Zwei Holzboote sind von der libyschen Küstenwache in libysche Hoheitsgewässer zurückgefahren worden. Für uns selber war die Situation äußerst kritisch: Wir sind hier, um zu helfen, waren aber gezwungen tatenlos zuzusehen, um nicht selber eine Kugel einzufangen.“ - Jonas, 25, Kapitän an Bord der IUVENTA der Mission Federica Mogherini

      Gewaltvoller Schutz der Festung Europa
      Aktuell können wir nur eines machen: Wir können von der Situation berichten und hoffen, dass das eine Veränderung bewirken wird. Dabei kann jede_r Unterstützer_in helfen.

      Ob die Besatzung der libyschen Schnellboote zu den von der Operation Sophia (EUNAVFORMED ) trainierten Küstenwächtern zählt, ist unklar. Fraglich bleibt die aktuelle Haltung der EU und Frau Federica Mogherini, die libysche Küstenwache auszubilden, um damit die Grenzen militarisiert zu schützen.
      Wir verurteilen sowohl den brutalen Waffeneinsatz als auch die menschenrechtswidrige Rückführung der Geflüchteten nach Libyen. Die Genfer Flüchtlingskonvention enthält den “Grundsatz der Nichtzurückweisung”, der verbietet, einen Flüchtling „auf irgendeine Weise über die Grenzen von Gebieten auszuweisen oder zurückzuweisen, in denen sein Leben oder seine Freiheit wegen seiner Rasse, Religion, Staatsangehörigkeit, seiner Zugehörigkeit zu einer bestimmten sozialen Gruppe oder wegen seiner politischen Überzeugung bedroht sein würde.“ (Art. 33 der 1951 Genfer Flüchtlingskonvention).
      Diese Push-back Aktionen, die durchgeführt wurden, sind ein klarer Rechtsverstoß. Menschen, die sich in internationalen Gewässern in Seenot befinden, müssen zum nächsten sicheren Hafen gebracht werden. Durch die aktuelle politische Situation in Libyen befindet sich der nächste sichere Hafen in Italien.
      Mit der Abwesenheit der Operation SOPHIA im Einsatzgebiet und dem fehlenden Mandat der Seenotrettung überlässt die Europäische Union private Seenotrettungsvereine und Menschen auf der Flucht bewusst sich selbst. Sie verhindert damit, dass schwerwiegende Menschenrechtsverstöße dieser Tragweite geahndet werden. Wir werden de facto allein gelassen.
      Eine Staatengemeinschaft, die den Friedensnobelpreis trägt, hat jetzt die moralische und rechtliche Pflicht, zu handeln. Wir fordern sofortige Unterstützung der Europäischen Union zur Sicherung so vieler Menschenleben wie möglich.
      Unterstützt uns, indem ihr den Beitrag teilt und Menschen in eurer Nähe informiert. Auch sind wir auf Spenden angewiesen, um weiterhin diese Fälle zu dokumentieren.

      Wir sind in Gedanken bei unserer Crew, die sich nun in den nächsten Tagen wieder auf dem Weg nach Malta machen wird.
      Rette mit.

      #Luventa

    • Libyan coastguard ’opens fire’ during refugee rescue as deaths in Mediterranean Sea pass record 1,500

      Members of the EU-backed Libyan coastguard have allegedly opened fire while forcing refugees back to the war-torn country in the latest clash with international rescue ships.


      http://www.independent.co.uk/news/world/europe/refugee-crisis-deaths-mediterranean-libya-coastguard-opens-fire-drown

    • 1004 personnes secourues par l’Aquarius Opérations de sauvetage interrompues par des tirs d’arme à feu Appel au G7 : une solution humaine à une crise majeure

      Un nouveau pas a été franchi dans l’urgence en Méditerranée alors que les équipes de sauveteurs de l’Aquarius, un navire affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré conjointement avec MEDECINS SANS FRONTIERES, ont secouru mardi 23 mai un record de 1004 personnes en détresse à bord de 11 embarcations - 9 bateaux pneumatiques et deux canots en bois - en une seule journée, au large des côtes libyennes.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/1004-personnes-secourues-par-laquarius-sauvetage-interrompues-par-de

    • Prima la vita delle persone, poi la difesa dei “confini marittimi”. Ancora vittime sulla rotta del Mediterraneo centrale.

      Negli ultimi giorni, forti delle motovedette regalate dall’Italia, gli agenti della sedicente “Guardia costiera” libica hanno pure sparato sui migranti. Sembra che abbiano sparato in aria, ma diversi gommoni si sono rovesciati per il panico o durante i rimorchi, e centinaia di persone risultano disperse, oltre i pochi cadaveri che sono stati recuperati. Sembra che non ci siano testimoni diretti di quanto avvenuto nelle acque territoriali libiche. Per questo le autorità italiane hanno rinegoziato accordi con il governo Serraj, che hanno allontanato le navi umanitarie, per non avere testimoni scomodi alle operazioni di “soccorso ed aresto”, come sono state definite dal capo della stessa Guardia costiera libica.

      http://www.a-dif.org/2017/05/24/prima-la-vita-delle-persone-poi-la-difesa-dei-confini-marittimi-ancora-vittim

    • Così la Libia ha trasformato un salvataggio in una deportazione

      La scorsa settimana la Guardia Costiera Libica ha interrotto un’operazione di salvataggio dell’Ong tedesca Sea Watch, prendendo il comando e riportando i migranti in Libia. Secondo l’organizzazione tedesca si tratta di una grave violazione del diritto marittimo e del diritto internazionale, e potrebbe rappresentare un precedente pericoloso, ecco perché

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/16/cosi-la-libia-ha-trasformato-un-salvataggio-in-una-deportazione/143383

    • Gendarmi anti-immigrazione nel Mediterraneo, con il mitra facile

      Il 10 maggio la nave Sea Watch è stata quasi speronata da una motovedetta libica, mentre si accingeva a soccorrere un barcone con 493 migranti, a circa 20 miglia dalla costa, in acque internazionali. Due settimane dopo, il 23 maggio, uomini armati in divisa hanno scatenato il panico, a raffiche di mitra, mentre erano in corso le operazioni per recuperare diversi battelli, sempre in acque internazionali: molti profughi si sono gettati in mare per sottrarsi alle minacce, mentre due gommoni sono stati assaltati, catturati e fatti rientrare di forza in Libia, contro la volontà delle circa 300 persone che erano a bordo e contro il più elementare rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani.

      http://nuovidesaparecidos.net/?p=1164

    • L’emergenza della nave di MSF: non possono attraccare per il #G7

      Un allarme lanciato da Medici Senza Frontiere su Twitter: la nave Prudence che nelle operazioni di giovedì ha salvato più di 1400 persone, si trova a navigare in condizioni al limite con il doppio dei passeggeri rispetto alla sua capienza massima. Tutti i porti in Sicilia però sono chiusi per il G7 e attraccare è impossibile. A bordo poca acqua e poco cibo

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/26/lemergenza-della-nave-di-msf-non-possono-attraccare-per-il-g7/143540

    • Difesa: unità navale libica spara contro motovedetta della Guardia Costiera italiana. Nessun ferito

      Roma, 26 mag - Mercoledì scorso, 13 miglia al largo delle coste libiche, la motovedetta italiana CP 288 della Guardia Costiera sarebbe stata oggetto di alcune raffiche di arma da fuoco provenienti da una analoga imbarcazione della Guardia Costiera libica. La notizia però è trapelata oggi.

      http://www.grnet.it/difesa/forze-armate/marina-militare/10490-difesa-unita-navale-libica-spara-contro-motovedetta-della-guardia-costie

    • Presentato oggi “#Navigare_a_vista”: un rapporto su salvataggi e media. Leggilo qui.

      Di operazioni di ricerca e soccorso i media parlano, e tanto: presenti nel 13% delle notizie sull’immigrazione nei principali quotidiani italiani e nel 18% dei servizi sull’immigrazione dei tg in prima serata e legate soprattutto al racconto di naufragi (39%) e azioni di salvataggio (22%). Ma come se ne parla? A fotografare la rappresentazione mediatica delle operazioni Sar (Search and Rescue) è il rapporto “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, presentato oggi presso l’Associazione Stampa Estera da Osservatorio di Pavia, Associazione Carta di Roma e COSPE.
      Organizzazioni militari e civili: quale il racconto di chi è operativo?
      L’analisi di 400 tweet sulle operazioni Sar postati dagli account ufficiali delle ong più attive, di Eunavfor Med, della Marina militare e della Guardia costiera italiana ha consentito di rilevare importanti differenze nel racconto delle Sar da parte degli stessi attori coinvolti: se quello delle ong è un racconto costante nel tempo e spesso emotivo, che si sofferma sulle persone soccorse, quello di Eunavfor Med e della Marina è un racconto più tecnico, focalizzato sulla gestione delle azioni di intervento. Nel mezzo si pone la Guardia costiera, che alterna entrambe le tipologie di comunicazione. Diverso anche il linguaggio usato: gli attori civili parlano più spesso di “persone” salvate(nel 42% dei loro tweet), quelli militari di “migranti” (nel 77% dei loro tweet); il racconto delle ong è empatico nel 53% dei casi, mentre lo è solo nel 6% dei tweet delle organizzazioni militari. Ed è solo nel racconto delle organizzazioni non governative che troviamo riferimenti anche a ciò che accade prima e dopo il soccorso. «Nel caso dei soccorsi viene data voce ai protagonisti, esperti o migranti che siano, nel 67% dei casi», così Paola Barretta, ricercatrice senior dell’Osservatorio di Pavia.

      La rappresentazione delle Sar nei mainstream media
      Con l’avvio di Mare Nostrum nell’ottobre 2013, in risposta ai tragici naufragi avvenuti il 3 e l’11 dello stesso mese, le operazioni di ricerca e soccorso acquisiscono centralità nel racconto dell’immigrazione: dagli arrivi sulle coste italiane agli incidenti, fino alla cronaca degli interventi stessi. Una narrazione che fino al 2016, se confrontata alla rappresentazione di migrazioni e migranti nel loro complesso, rappresenta una buona pratica: nonostante il tema dell’immigrazione sia divisivo, quello delle Sar è un racconto positivo, che mette al centro i protagonisti del soccorso e le loro azioni – organizzazioni e esperti hanno voce in oltre la metà dei servizi – presentandoli come “angeli del mare” e che, soprattutto, umanizza il fenomeno, soffermandosi su solidarietà e accoglienza. Se nel totale dei servizi prime time sull’immigrazione, migranti, rifugiati e immigrati stabilmente residenti in Italia hanno voce solo nel 3% dei casi, la percentuale sale al 14% quando si tratta di notizie relative alle SAR. Questo, almeno, fino ai primi mesi del 2017. Poi tutto cambia.

      Da “angeli” a “taxi”
      Con il video di un blogger divenuto virale prima e le dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro poi, la cornice da positiva diventa negativa: un’ombra è gettata sull’operato delle ong. Si apre così una nuova fase del racconto delle Sar: l’operato delle organizzazioni che conducono questi interventi è messo in discussione, fino a dubitare dello spirito umanitario che le anima. A prevalere è ora il sospetto. «La narrazione delle operazioni Sar porta con sé diversi rischi tra cui la legittimazione di politiche migratorie più restrittive e la criminalizzazione della solidarietà» evidenzia Valeria Brigida, giornalista freelance tra gli autori del rapporto.

      Non solo: i media talvolta confondono e sovrappongono i ruoli di organizzazioni militari e ong, mentre la diversità della loro natura e delle loro missioni è emersa anche, come osservato, nelle modalità di comunicazione da esse adottate. Afferma Anna Meli, COSPE: «Interrogarsi su cosa davvero succeda a livello di politiche globali, lo spostamento di attenzione è un po’ obbligato, ma come giornalisti domandarsi perché stia accadendo un certo fenomeno e dove un certo tipo d’informazione istituzionale ci vuol portare a ragionare». E ribadisce Pietro Suber, vicepresidente dell’Associazione Carta di Roma: «Bloccare i migranti diventa la risposta più facile della politica agli umori della piazza. In questo contesto la ricerca che presentiamo oggi assume un particolare interesse per comprendere come si sta trasformando uno dei temi principali del nostro dibattito mediatico, pubblico»

      Una cornice, quella del sospetto, che appare difficile da scardinare nonostante le repliche degli attori attaccati, fino a quando non sarà sostituita da un frame narrativo più accurato e aderente alla realtà. Tra gli obiettivi comunicativi portati avanti da Medici senza frontiere, sostiene François Dumont, direttore della comunicazione di Medici Senza Frontiere: «C’è la richiesta all’Europa di mettere in atto delle politiche concordate di Sar ma soprattutto di creare dei corridoi sicuri per arrivare in Europa». Tra gli strumenti comunicativi da utilizzare, Fabio Turato, politologo, docente presso l’Università di Urbino sottolinea come sia importante «autodefinirsi prima di essere definiti dalla retorica portata avanti dagli imprenditori della paura nella cornice del tema immigrazione e ong».


      http://www.cospe.org/news/presentato-oggi-navigare-a-vista-un-rapporto-su-salvataggi-e-media-leggilo-qu
      #rapport #médias #social_networks #réseaux_sociaux #héros #spectacularisation #spectacle #images #morts #corps #cadavres #twitter #terminologie #vocabulaire #mots

    • Giorgia Linardi (MSF): Così i libici aprono il fuoco in mare

      L’intervista alla Responsabile Affari Umanitari di Medici Senza Frontiere, uno dei 40 membri dello staff di Medici Senza Frontiere a bordo della nave Acquarius, dopo l’ennesima tragedia sfiorata causata dall’intervento della Guardia Costiera Libica, che ha sparato colpi di kalashnikov durante un’operazione di soccorso che ha coinvolto oltre mille persone

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/25/giorgia-linardi-msf-cosi-i-libici-aprono-il-fuoco-in-mare/143522

    • Accusations against Ngos at sea: what is false or misleading in that smear campaign

      “Too smart for their own good” (Matteo Renzi). “Taxi cabs for migrants” (Luigi Di Maio). Northern League secretary Matteo Salvini said there was a “secret service dossier” on them. Their chief accuser is Catania’s prosecutor Carmelo Zuccaro, according to whom their intervention “renders investigations into facilitators of criminal organisations useless.” After weeks of hearings, though, the defense commission in the Italian Parliament has cleared them of all suspicions. But who are they? Humanitarian Ngos, carrying out search and rescue operations in the waters between Sicily and Libya, are the target of a relentless smear campaign. The European border control agency Frontex has designated them the main “pull factor” for the rising number of migrant boats (and deaths) in the Mediterranean. How much truth, and how much untruth, is there in such accusations?

      http://openmigration.org/en/analyses/accusations-against-ngos-at-sea-what-is-false-or-misleading-in-that-smear-campaign/?platform=hootsuite

    • Accuse alle Ong: cosa c’è di falso o di sviante

      “Furbette” (Matteo Renzi). “Taxi per migranti” (Luigi Di Maio). Al segretario della Lega Nord Matteo Salvini risulta un “dossier dei servizi segreti” che le riguarda. Il loro più grande accusatore è il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, secondo cui il loro intervento “rende inutili le indagini sui facilitatori delle organizzazioni criminali”. La procura di Trapani ha aperto un fascicolo per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Chi sono? Le Ong, organizzazioni non governative che operano azioni di salvataggio nel tratto di mare tra la Sicilia e la Libia, ormai diventate bersaglio di una campagna martellante. L’agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell’Europa, Frontex, le indica come principale “pull factor” che avrebbe indotto l’aumento di partenze (e di morti) nel Mediterraneo. Quanto c’è di vero o di falso in queste accuse?

      http://openmigration.org/analisi/accuse-alle-ong-cosa-ce-di-falso-o-di-sviante/?platform=hootsuite

    • BLAMING THE RESCUERS. CRIMINALISING SOLIDARITY, RE-ENFORCING DETERRENCE

      Aiming to deter migrants from crossing the Mediterranean, the EU and its member states pulled back from rescue at sea at the end of 2014, leading to record numbers of deaths. Non-governmental organisations (NGOs) were forced to deploy their own rescue missions in a desperate attempt to fill this gap and reduce casualties. Today, NGOs are under attack, wrongly accused of ‘colluding with smugglers’, ‘constituting a pull-factor’ and ultimately endangering migrants. This report refutes these accusations through empirical analysis. It is written to avert a looming catastrophe: if NGOs are forced to stop or reduce their operations, many more lives will be lost to the sea.

      https://blamingtherescuers.org

      #Charles_Heller #rapport #Lorenzo_Pezzani #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #blaming_the_rescuers #ONG #sauvetage #dissuasion #collusion #smugglers #passeurs #pull-factor #facteur_pull #appel_d'air #mortalité #mourir_en_mer

    • Migranti: «Ong innocenti, Europa colpevole». Le accuse di uno studio inglese

      Non c’è alcuna prova di un legame tra le Ong e i trafficanti di uomini nel Mediterraneo. Nè che il lavoro delle Organizzazioni non governative alimenti l’esodo dall’Africa verso l’Europa. Lo afferma una ricerca realizzata dalla ‘Goldsmiths, University of London‘ dopo che il tema aveva monopolizzato il dibattito pubblico nei mesi scorsi. Un tema destinato a fare discutere ancora, soprattutto con il miglioramento delle condizioni meteorologiche che favorisce le traversate del Mediterraneo. Lo studio smentisce l’accusa rivolta ai soccorritori secondo la quale le Ong attraggono i migranti, ‘mettono in pericolo la loro vita’ e incoraggiano i trafficanti a usare metodi ancora più pericolosi.

      http://www.agi.it/estero/2017/06/09/news/migranti_ong_colpe_dossier_goldsmith_university_london-1862242

    • Mario Giro: «Frontex vuole ritirarsi per spendere meno. Lasciano solo a noi l’onere del soccorso in mare»

      “Frontex sta facendo di tutto per tirarsi indietro e lasciare a noi tutto il peso della ricerca e del soccorso in mare”. Così Mario Giro, viceministro degli Esteri si è espresso davanti alle telecamere di Repubblica Tv. Con il rappresentante del governo si è poi sviluppato un dibattito sulla politica europea rispetto al fenomeno planetario delle migrazioni e su alcune contraddizioni che abbiamo fatto rilevare nell’accordo firmato sul #Trust_Fund per le emergenze in Africa, scritto due anni fa durante un vertice europeo a La Valletta. In quell’occasione, infatti, furono previsti, per scopi legati allo sviluppo, oltre 600 milioni di euro, con circa il 40% dei progetti approvati. Successivamente però, lo stesso Parlamento europeo, dopo le proteste del coordinamento delle Ong, sottolineò come da quel fondo complessivo – di circa 2,6 miliardi - di fatto fossero sottratte più risorse per fermare i migranti, piuttosto che per la Cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà. In altre parole, con Mario Giro si è ragionato su come appaia ormai troppo evidente il fatto che l’obiettivo primario sia quello di contenere il fenomeno migratorio nei paesi d’origine o di transito, con strumenti capaci di rendere più facili le espulsioni

      http://video.repubblica.it/mondo-solidale/mario-giro-frontex-vuole-ritirarsi-per-spendere-meno-lasciano-solo-a-noi-l-onere-del-soccorso-in-mare/278183/278778

    • Charities ‘pay people traffickers’: Libyan coastguard’s astonishing claim… cash handed to criminal gangs so they ‘deliver’ refugees

      Refugee charities are paying smugglers to ferry migrants, Libyan official claims
      Allegation to raise concern that jihadists could be among the smuggled migrants
      But charities say they are only their to rescue migrants off north African coast

      http://www.dailymail.co.uk/news/article-4592108/Charities-pay-people-traffickers-ferry-migrants.html

    • "Con le Ong più migranti in viaggio? Ecco perché non è vero"

      Uno studio dalla Goldsmiths university di Londra boccia la tesi di Frontex secondo cui la presenza e il ruolo dei volontari finisce per aumentare i viaggi nel Mediterraneo e la loro pericolosità: «I dati sono in linea con le previsioni, dipendono dall’acuirsi delle crisi politiche ed economiche in Africa e non sono legati alle zone in cui operano le organizzazioni non governative»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/06/09/news/_con_le_ong_piu_migranti_in_viaggio_ecco_perche_non_e_vero_-167648715/?ref=fbpr

    • Il rapporto “#Blaming_the_rescuers” risponde scientificamente alle accuse sui soccorsi in mare

      La questione delle accuse alle Ong che fanno soccorsi in mare è ancora così all’ordine del giorno che solo sabato scorso, 10 giugno 2017, a fronte di più di 1800 persone tratte in salvo, sette cadaveri recuperati e 27 dispersi, la Marina libica ha sostenuto di avere intercettazioni che dimostrerebbero che le Ong ricevono informazioni in anticipo sulle partenze dei gommoni, ha intimato loro di stare fuori dalle acque territoriali libiche e ha respinto verso la Libia 570 persone. Soltanto 24 ore prima, veniva presentato a Roma un rapporto dettagliato, Blaming the rescuers, che argomenta una volta per tutte - con dati e analisi approfondite - che non solo le accuse alle Ong sono infondate, ma che servono a oscurare precise responsabilità dell’Europa.

      http://openmigration.org/analisi/il-rapporto-blaming-the-rescuers-risponde-scientificamente-alle-accus

    • Un rapporto smentisce le accuse contro le ong che aiutano i migranti

      Una delle accuse principali rivolta alle organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo centrale è quella di essere un fattore di attrazione (pull factor) per i migranti. Secondo Frontex, l’agenzia dell’Unione europea per il controllo delle frontiere, basta la presenza delle loro navi a far aumentare gli arrivi sulle nostre coste. Blaming the rescuers (Accusare i soccorritori) un rapporto firmato da Lorenzo Pezzani e Charles Heller, ricercatori del Goldsmiths college dell’università di Londra, smentisce questa accusa a partire da un’analisi empirica dei dati e dal confronto con le mappe oceanografiche prodotte dal Forensic oceanography, un progetto di ricerca dell’università di Londra.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/06/09/ong-migranti-criminalizzazione

    • Reçu via email par Fulvio Vassallo :


      Avec ce commentaire :

      Qualcuno ancora viene mandato a fare soccorso a 12 miglia dalla costa libica ma solo se ben armati. Come gli irlandesi che evidentemente ieri si trovavano a vista di Zuwara. Per fortuna. Servono navi militari capaci di fare copertura alle navi umanitarie. Altrimenti sara’ il far west. I libici di Qassem ieri si sono ripresi oltre 900 anime. E sappiamo gia’ cosa stanno subendo.

    • More than 120 migrants feared dead at sea after boat’s motor stolen: IOM
      http://mobile.reuters.com/article/idUSKBN19A2JE
      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ancora una strage. In questo modo non succedeva prima degli accordi tra Gentiloni e Minniti ed i libici di Serraj. Adesso nella zona di mare che prima era assegnata a Frontex ed alle navi umanitarie scorazzano motovedette libiche e imbarcazioni dei trafficanti che si alternano a sparare, a rapinare ed a sequestrare. Con queste conseguenze...

    • Final report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973 (2011) (S/2017/466) [EN/AR]

      http://reliefweb.int/report/libya/final-report-panel-experts-libya-established-pursuant-resolution-1973-201

      v. aussi:
      UN Report Documents Extensive and Grave Human Rights Violations by Libyan Coast Guard Against Migrants

      The Final Report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to UN Security Council resolution 1973 (2011) was transmitted to the UN Security Council on 1 June and recently released. The Final Report addresses a range of issues covered by Resolution 1973, including activities of different Libyan Coast Guard factions.

      https://migrantsatsea.org/2017/06/14/un-report-documents-extensive-and-grave-human-rights-violations-by-li

    • Au large de la Libye, la carte qui pointe l’effet des sauvetages en mer

      Avant 2014, les sauvetages des bateaux de migrants avaient lieu près des eaux italiennes. Aujourd’hui, ces secours en mer ont lieu beaucoup plus au Sud, près des côtes de la Libye, comme le montre la carte du « New York Times » qui consacre un article à ce sujet. Un effet lié à la présence des sauveteurs en mer qui a modifié les conditions de passage des migrants.


      http://geopolis.francetvinfo.fr/au-large-de-la-libye-la-carte-qui-pointe-l-effet-des-sauvetage
      #Blaming_rescuers

    • Gentiloni e Minniti sotto ricatto della Lega comunicano a Bruxelles di chiudere alle ONG i porti italiani e di violare il diritto internazionale.

      Adesso il governo vuole impedire alle navi delle ONG l’attracco nei porti italiani. La notizia era nell’aria da settimane ed era già al centro delle proposte delle destre xenofobe e degli organi di stampa contigui, dopo la campagna mediatica di attacco alle ONG che soccorrono migranti al largo della Libia. Una campagna avvelenata, lanciata da Frontex e subito ripresa dai principali giornali, dopo le dichiarazioni del procuratore di Catania, che fino ad oggi non ha fatto emergere un solo fatto rilevante come reato.


      http://www.a-dif.org/2017/06/28/gentiloni-e-minniti-sotto-ricatto-della-lega-comunicano-a-bruxelles-di-chiude

    • Migranti, l’Italia alla Ue: ipotesi blocco alle navi straniere. Mattarella: «Situazione ingestibile»

      Il governo ha incaricato il Rappresentante presso Bruxelles di porre formalmente il tema dell’emergenza che sta affrontando il nostro Paese. Il commissario Ue: Nelle ultime ore oltre 12mila arrivi. Dal 1 gennaio +13,43%. Il premier: «La Ue non volti la faccia». La Lega: «Invasione epocale»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/06/28/news/migranti_italia_ue_sbarchi-169383917/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

    • Chiusura porti, l’Asgi: «Timore che obiettivo sia costringere Ong a lasciare Mediterraneo»

      «E’ improbabile che i paesi forti d’Europa vorranno supplire al ruolo dell’Italia nell’accoglienza, più probabilmente ci sarà il tentativo di dichiarare come porti sicuri altri paesi del Mediterraneo - come l’Egitto, la Tunisia e magari in prospettiva la Libia -, che oggi le Ong non considerano tali perché lì i migranti spesso vengono detenuti e torturati». Così l’avvocato Salvatore Fachile dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione commenta l’ipotesi trapelata da fonti governative di una chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong che trasportano migranti. Secondo Fachile: «Il rischio è di creare navi fantasma che navigano per giorni nel Mediterraneo senza sapere dove approdare, portando a bordo una grande quantità di persone spesso in condizioni precarie e con malattie, mettendo a rischio la loro vita»

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/chiusura-porti-l-asgi-timore-che-obiettivo-sia-costringere-ong-a-lasciare-mediterraneo/279859/280453

    • Migranti, Medici senza Frontiere: trasferirli in porto vicino e sicuro

      «Le persone salvate in mare dovrebbero essere trasferite nel più vicino porto di sbarco in cui le loro necessità e vulnerabilità possano trovare una risposta rapida». Così Medici senza Frontiere commenta l’ipotesi di chiudere i porti alle navi straniere che salvano i migranti. e ricorda che da tempo chiede più sostegno dell’Ue alle operazioni di salvataggio, alle quali «dovrebbero partecipare tutti gli stati».

      http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/migranti-msf-trasferirli-porto-vicino-sicuro-33c204d8-b620-418f-a2b2-1676c7f

    • La “minaccia” italiana di “bloccare” gli sbarchi di migranti e il diritto internazionale

      Nessuna decisione di “bloccare” l’accesso a porti italiani da parte di imbarcazioni cariche di migranti e dirette in tali porti è stata sinora presa dal Governo italiano. Secondo quanto si apprende dalla stampa, è, però, proprio una simile prospettiva che il rappresentante italiano presso l’Unione europea avrebbe fatto balenare al Commissario europeo competente, Dimitri Avramopoulos, in considerazione del consistente numero di sbarchi susseguitisi negli ultimi giorni, il cui impatto critico sul nostro sistema di accoglienza è stato sottolineato anche dal Presidente della Repubblica Mattarella e dal Presidente del Consiglio Gentiloni.


      http://www.sidiblog.org/2017/07/01/la-minaccia-italiana-di-bloccare-gli-sbarchi-di-migranti-e-il-diritto-inte

    • ICC in The Hague to investigate Libyan Coastguard on the initiative of Sea-Watch

      The International Criminal Court in The Hague is investigating the so-called Libyan Coastguard. This investigation is the result of the numerous attacks on civil rescue organisations as well as refugees and migrants, as highlighted by Sea-Watch. In several cases, the so-called Libyan Coastguard has put rescuers, migrants and refugees in mortal danger in order to bring the latter back to Libya at gunpoint – a clear violation of the internationally-accepted principle of non-refoulement.

      https://sea-watch.org/en/icc-in-the-hague-to-investigate-libyan-coastguard-on-the-initiative-of-se

    • Migranti, il Viminale studia come far scattare il blocco delle navi

      ROMA. «Il tempo delle parole è finito, ora servono i fatti». Il ministro dell’Interno Marco Minniti conferma che l’Italia non tornerà indietro: se alle aperture arrivate da Bruxelles e Berlino, dove i leader Ue si sono incontrati in vista del G20, non seguiranno atti concreti, il nostro paese darà seguito a quanto annunciato ieri, negando l’ approdo ai porti alle navi cariche di migranti che battono bandiera non italiana, vale a dire quasi tutte quelle delle Organizzazioni non governative che operano davanti alla Libia, ad eccezione di quella di Save The Children e di una delle 4 di Medici senza frontiere.

      http://gds.it/2017/06/29/migranti-il-viminale-studia-come-far-scattare-il-blocco-delle-navi_688397

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo du 29.06.2017:

      Dirottare le navi umanitarie verso altri porti europei significa sguarnire per giorni la zona nella quale occorre portare i soccorsi. Di fatto significa un contingentamento dei salvataggi che portera’ ad altre tragedie. Vogliono i morti per dissuadere le partenze ma i migranti che arrivano dalla Libia non sono migranti ecomomici che possono scegliere quando partire. I trafficanti li costringeranno a salire sui gommoni e continueranno a farli partire. Le stragi si ripeteranno ancora piu’ frequenti di quelle nascoste nella ultime settimane.

    • Libye – Italie : sauvetages silencieux et marches lentes

      L’appel au #Rio_Segura survient lundi 26 juin dans l’après-midi. Plus de 40 bateaux. 40. On répète le chiffre, tant cela paraît énorme. Environ 5000 migrants attendent d’être sauvés des eaux internationales, au large de la Libye. Les 34 membres de l’équipage du navire de Frontex mettent le cap à 13 noeuds sur la zone où se trouvent ces embarcations. Militaires de la « Guardia Civil », ils sont « habitués », disent-ils, et ont une longue expérience des sauvetages au large des Canaries. Mais quelques silences traduisent leur surprise. « 5000 c’est beaucoup », lâche stoïquement le lieutenant Juan Carlos.

      http://frontieres.blog.lemonde.fr/2017/07/02/libye-italie-sauvetages-silencieux-et-marches-lentes

    • L’Europa muore nel Mediterraneo, uccisa dall’invasione populista e dalla cattiva politica.

      1. Il governo italiano sembra ormai allo sbando sui diversi fronti dei soccorsi in mare, dell’immigrazione e dell’accoglienza, sempre più condizionato dai ricatti della lega e dall’ondata populista e sicuritaria che individua nei migranti le cause di disastri che sono invece imputabili alla crisi determinata dall’abbattimento dello stato sociale e dal liberismo sfrenato di questi anni. Senza neppure un minimo di attenzione a quello che succede ai migranti intrappolati in Libia o ripresi in mare e riportati a terra in quel paese.

      http://www.a-dif.org/2017/07/02/leuropa-muore-nel-mediterraneo-uccisa-dallinvasione-populista-e-dalla-cattiva

    • Migration : Déclaration conjointe du Commissaire Avramopoulos et les ministres de l’intérieur de France, d’Allemagne, et d’Italie

      Les ministres de l’Intérieur de France, d’Allemagne et d’Italie ainsi que le Commissaire européen en charge des migrations et des affaires intérieures se sont rencontrés à Paris le 2 juillet 2017 pour examiner les défis posés par le flux migratoire grandissant en Méditerranée centrale.

      http://europa.eu/rapid/press-release_STATEMENT-17-1876_fr.htm

      Avec ce commentaire vu sur twitter :

    • Migranti, nave di Medici senza frontiere bloccata a Palermo per motivi burocratici

      PALERMO. La nave #Vos_Prudence di Medici Senza Frontiere è rimasta bloccata al porto di Palermo. Doveva salpare per continuare a prestare soccorso a migranti in difficoltà nel Mediterraneo, ma nel corso di controlli la Capitaneria di Porto non ha trovato in regola i documenti del direttore di macchina che doveva sostituire un collega sbarcato per motivi familiari.

      http://palermo.gds.it/2017/07/04/migranti-nave-di-medici-senza-frontiere-bloccata-a-palermo-per-motivi-bu

    • Italie / Crise migratoire : les explications de Valérie Dupont, à Rome
      https://www.rts.ch/play/tv/19h30/video/migrants-litalie-pourrait-menacer-de-fermer-ses-ports?id=8751544

      Dans ce reportage on fait clairement une distinction, on crée une #dichotomie entre #réfugiés_politiques venant d’Afrique de l’Ouest et #migrants_économiques ("exode avant tout économique") venant d’Afrique de l’Ouest
      #catégorisation #mots #vocabulaire
      Et bien sûr, ces deux routes visualisées avec des #flèches #rouge :

      A mettre en lien avec ce récent rapport du HCR notamment qui dit que même les migrants arrivés en Libye majoritairement pour des raisons économiques, ils partent de Libye de manière forcée et sont en fait des réfuigés...
      http://www.unhcr.org/595a02b44

    • Emergenza migranti, la Francia dice no alla richiesta italiana di aprire i porti

      Via libera di Berlino e Parigi per stilare un codice di condotta per le Ong. Un’altra ipotesi al vaglio: chiedere la collaborazione della Tunisia per reindirizzare i barconi

      http://www.lastampa.it/2017/07/03/esteri/emergenza-migranti-la-commissione-ue-subito-misure-concrete-XINwzbWBM6LL687CBuc9JI/pagina.html

      Avec ce commentaire de Filippo Furri sur FB (04.07.2017):

      tutto sto giro per costringere la TUNISA a fare da hotspot «esterno», dopo averci provato (italia e germania) in modo più «soft» questa primavera. e complimentoni anche a questa bella personcina di Macron, che, per chi avesse avuto dei dubbi, si rivela per il cinico narcisista che è...

      #Tunisie

    • Un “code de conduite pour les ONG”, seule réponse de l’Europe à une crise humanitaire majeure ?

      Déclaration de Sophie Beau, co-fondatrice et vice Présidente de SOS MEDITERRANEE, après la rencontre à Paris le 2 juillet des ministres de l’Intérieur de France, d’Allemagne et d’Italie ainsi que le Commissaire européen en charge des migrations et des affaires intérieures.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/code-conduite-ong-presse

      Grâce à cette déclaration je découvre que les ONG se sont déjà dotés d’un code de conduite volontaire, qui date de février 2017 :


      https://www.humanrightsatsea.org/wp-content/uploads/2017/03/20170302-NGO-Code-of-Conduct-FINAL-SECURED.pdf

    • Emergenza Mediterraneo? Primo punto in agenda, il codice di condotta per le ONG…

      La sconcertante priorità emersa dal vertice italo-franco-tedesco-UE di Parigi sull’emergenza Mediterraneo. Mentre è rimasta come in sospeso, nel clima di veti e indifferenza che aleggia su molte cancellerie europee, la minaccia italiana di chiudere i porti alle navi di soccorso che battono bandiera straniera.


      http://viedifuga.org/emergenza-mediterraneo-primo-punto-in-agenda-il-codice-di-condotta-per-le

    • Da eroi a trafficanti: le accuse ai protagonisti delle operazioni di ricerca e soccorso in mare

      Le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) dei migranti sono oggi uno dei temi principali nel dibattito politico, mediatico e pubblico. È un argomento direttamente collegato alle politiche nazionali ed europee in materia di migrazione e, più o meno indirettamente, alle politiche di sicurezza e spesso sovrapposto e intrecciato a storie umane, individuali o collettive, di speranza, gioia, sofferenza e morte

      http://questionegiustizia.it/articolo/da-eroi-a-trafficanti_le-accuse-ai-protagonisti-delle-operazioni-

    • Le cose che l’Italia può fare invece di chiudere i porti

      Il 2 luglio i ministri dell’interno di Italia, Germania e Francia si sono incontrati a Parigi insieme al commissario europeo Dimitri Avramopoulos per discutere delle nuove richieste italiane in materia d’immigrazione, che saranno presentate al vertice dei 27 ministri dell’interno dell’Unione europea a Tallin, in Estonia, il 6 e 7 luglio. Nel piano presentato, Roma ha chiesto agli altri paesi europei d’introdurre dei limiti per le organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo centrale e più finanziamenti per affidare alla guardia costiera libica il pattugliamento delle coste del paese nordafricano da cui parte la maggior parte delle imbarcazioni di migranti dirette in Europa.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/07/03/chiusura-porti-migranti

    • Si intensifica la guerra contro le ONG e si realizzano i piani di morte contro i migranti in fuga dalla Libia. E’ strage continua.

      Ancora oggi una grave strage nelle acque antistanti la costa libica, dove dovrebbe intervenire la Guardia costiera libica. Sembra che nessuno raccolga i documentati allarmi lanciati da Amnesty International. Come si negano le stragi, si emarginano opinioni e rapporti che potrebbero mettere in discussione le tesi governative. Le acque libiche non sono coperte, quanto alle attività SAR, dai mezzi delle milizie, alcune che dichiarano di avere una propria Guardia Costiera, che controllano le diverse regioni della Libia. 1900 chilometri di costa che non diventeranno certo più sicuri per effetto delle quattro motovedette restituite da Minniti al governo di Tripoli. Senza le navi umanitarie le stragi come quella di oggi si ripeteranno a catena.

      http://www.a-dif.org/2017/07/09/si-intensifica-la-guerra-contro-le-ong-e-si-realizzano-i-piani-di-morte-contr

    • EU: Draft Code for Sea Rescues Threatens Lives

      The draft pact would curtail the work of nongovernmental groups carrying out search and rescue operations on the central Mediterranean by:

      Barring them from entering Libyan territorial waters to undertake rescues;
      Banning them from using lights to signal their location to vessels at imminent risk of sinking; and
      Forcing them to return to port to disembark refugees and migrants, rather than allowing them to transfer rescued people onto other vessels at sea if necessary. This would remove nongovernmental groups’ search-and-rescue teams for long periods from the area where they are needed, leaving more people at risk of drowning in the central Mediterranean.

      https://www.hrw.org/news/2017/07/12/eu-draft-code-sea-rescues-threatens-lives
      #code_de_conduite

    • Via la mailing-list Migreurop, qui a transféré un message de StateWatch:
      News Online: Full text: Italy: Med NGOs Code of Conduct (08/17)

      The European Commission asked Italy to draw up a “Code of Conduct” for NGOs carrying out search and rescue in the Mediterranean:

      See full-text of: Code of Conduct for NGOs involved in migrant’s rescue operation at sea: http://www.statewatch.org/news/2017/jul/italy-eu-sar-code-of-conduct.pdf

      All NGOs operating in the Med are required to sign and obey the Code:

      “Failure to sign this Code of Conduct or failure to comply with its obligations may result in the refusal by the Italian State to authorize the access to national ports, subject to compliance with the existing international conventions.”

      And see: Hearing in LIBE Committee tomorrow (11.07.17) on search and rescue activities in the Mediterranean

      At the request of the GUE/NGL group, there will be an exchange of views on search and rescue activities in the Mediterranean during the LIBE Committee agenda this Wednesday July 12 from 9.00 till 10.45am. The exchange of views will focus on the current search and rescue situation, including the essential role NGOs have been playing and concerns regarding the provision of training, equipment and support to the Libyan coast guard. See Agenda: http://www.statewatch.org/news/2017/jul/ep-hearing-sar-draft-programme.pdf

      Also Letter from: Frontex Executive Director to Miguel Urban Crespo MEP (http://www.statewatch.org/news/2017/jul/eu-frontex-letter-ep.pdf): Frontex denies it has accused NGOs of colluding with smuggling.. It goes to say that “all those operating at sea need to work together, collect information and share it with the Italian authorities and EU agencies” to collect evidence for arrest and prosecution.

    • Il rapporto “Blaming the rescuers” risponde scientificamente alle accuse sui soccorsi in mare

      La questione delle accuse alle Ong che fanno soccorsi in mare è ancora così all’ordine del giorno che solo sabato scorso, 10 giugno 2017, a fronte di più di 1800 persone tratte in salvo, sette cadaveri recuperati e 27 dispersi, la Marina libica ha sostenuto di avere intercettazioni che dimostrerebbero che le Ong ricevono informazioni in anticipo sulle partenze dei gommoni, ha intimato loro di stare fuori dalle acque territoriali libiche e ha respinto verso la Libia 570 persone. Soltanto 24 ore prima, veniva presentato a Roma un rapporto dettagliato, Blaming the rescuers, che argomenta una volta per tutte - con dati e analisi approfondite - che non solo le accuse alle Ong sono infondate, ma che servono a oscurare precise responsabilità dell’Europa.

      http://openmigration.org/analisi/il-rapporto-blaming-the-rescuers-risponde-scientificamente-alle-accus

    • Proposed Code of Conduct for Search and Rescue putting lives at risk

      The first draft of the Italian proposal includes a ban on the entry of NGOs into Libyan waters, an obligation not to use telecommunications or send light signals to reveal their location to vessels that are at risk of sinking, and the prohibition to make trans-shipments – the transfer of people rescued to bigger boats that will bring them to safe harbours.


      https://www.ecre.org/proposed-code-of-conduct-for-search-and-rescue-putting-lifes-at-risk

    • Ci vuole un codice di condotta per l’Europa, non per le ong

      Tra un’ora, Stephane Broch, il vicecoordinatore delle operazioni di soccorso salirà sul ponte di comando della nave Aquarius con un binocolo e comincerà il primo turno di avvistamento. La luce è nitida, il mare leggermente increspato, ci aspettano tre giorni di bel tempo. Intanto la squadra di Sos Méditerranée è a prua: Rocco, Tanguy, Charlie sistemano i giubbotti di salvataggio arancioni dentro dei grossi sacchi di rafia bianca. Mentre Alain, Alessandro e Svenja gonfiano i gommoni.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/07/18/codice-condotta-ong-europa

    • Commentaire reçu de Fulvio Vassallo (24.07.2017) :

      Domani al ministero dell’interno incontro ultimativo tra Minniti e le Ong,che non sembrano neppure compatte nel respingere un codice di condotta che si conferma privo di basi legali vincolanti, ed amplia soltanto i poteri di polizia con possibili code di denunce e processi. Perche’ di chiudere i porti davanti a navi cariche di naufraghi non se ne potra’ parlare. Di fronte a queste divisioni, vero obiettivo di Minniti, in linea con la macchina del fango che per mesi ha martellato sulla distinzione tra Ong buone e Ong cattive a seconda dei loro rapporti con la polizia, non rimane che attendere la caduta degli attuali livelli di coordinamento operativo in mare, finora garantiti anche dalla Guardia Costiera, ed una ripresa dei naufragi, in questo ultimo periodo diminuiti, dopo l’ impennata di giugno, quando si era permesso alla sedicente Guardia Costiera libica di operare anche in acque internazionali. Risultato, decine di morti e dispersi ogni settimana. Adesso andra’sempre peggio. Non saremo testimoni inerti di fronte a questo ricatto.

    • Des militants identitaires sillonnant la Méditerranée pour dénoncer les bateaux de migrants

      Des militants identitaires dénonçant dans une vidéo les dangers de l’immigration, qui selon eux dévaste la culture et le tourisme européen, ont créé l’opération « Defend Europe ». Elle consiste à sillonner la mer Méditerranée pour dénoncer les bateaux de migrants aux garde-côtes libyens.

      https://www.rts.ch/play/radio/tout-un-monde/audio/des-militants-identitaires-sillonnant-la-mediterranee-pour-denoncer-les-bateaux-

    • Pour info, la C-Star bat maintenant pavillon mongole et non plus de Djibouti (et ceci même si maritime trafic n’est pas à jour).
      J’ai discuté de cela avec les journalistes de la RTS qui ont couvert ce matin le sujet et avec Fulvio Vassallo, qui a confirmé le drapeau de #Mongolie.

      Fulvio ajoute :

      C’est pratique pour ce genre de bateaux de changer de drapeau pour des questions fiscales mais surtout pour des questions de juridiction aussi dans le domaine pénal. Ca serait difficile qu’un procès pourrait avoir lieu dans le cas où leurs actions causeraient des victimes en Méditerranée. S’ils battaient pavillon UE un procès serait déjà entamé contre eux.

      J’ai mis ce commentaire dans le mauvais fil de discussion —> j’ai copié-collé dans le bon : http://seen.li/ctpw

    • MSF statement following meeting at Italian Ministry of Interior re Code of Conduct for SAR NGOs

      Gabriele Eminente, General Director of MSF Italy: “MSF welcomes any effort that seeks to strengthen Search and Rescue (SAR) capacity in the Central Mediterranean and save lives. However, it is crucial that we have the opportunity to raise concerns about several elements of the current Code and seek clarity on ambiguities. We therefore hope that the consultation process will receive meaningful engagement from the Minister of Interior and that the points we raise will be considered and addressed. It is vital that any proposed Code will be based on the clear imperative to save lives at sea. Since the beginning of our Search and Rescue activities in May 2015, MSF has rescued more than 69,000 men, women and children. Our rescue operations have always been conducted in respect of national and international laws and under coordination of the Maritime Rescue Coordination Center (MRCC) in Rome. However, as the content and potential impact of this code is discussed, we must all remember that so far this year over 2,000 people have lost their lives in the Mediterranean sea, at least 13 this very afternoon.”

      http://prezly.msf.org.uk/msf-statement-following-meeting-at-italian-ministry-of-interior-re-co

    • Il codice di condotta per le Ong? «E’ in contrasto con il diritto internazionale»

      La lunga analisi che l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione dedica al Codice di condotta. In sintesi, per l’Asgi è il “tentativo da parte dell’Italia di regolare la condotta di navi, incluse navi battenti bandiera di uno Stato terzo, oltre i limiti delle acque su cui esercita competenze in virtù del diritto internazionale”. Un fatto non previsto da trattati e prassi

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/542483/Il-codice-di-condotta-per-le-Ong-E-in-contrasto-con-il-diritto-inte

    • Un regolamento pieno di ombre: i 12 punti del codice di condotta che dovrebbero firmare le Ong domani davanti al ministro Minniti, commentati a Radio Radicale e da Violeta Moreno Lax, Senior Lecturer in law at Queen Mary University of London

      Oggi 25 luglio, il ministro dell’Interno Minniti, incontrerà i rappresentanti delle Ong che operano nel Mediterraneo Centrale per attività di soccorso in mare per chiedere che il “regolamento” elaborato dal ministero, una sorta di codice di condotta, venga sottoscritto da chi intende continuare la propria attività. Il testo, in 12 punti, contiene numerosi elementi critici. Se in alcuni passaggi non fa altro che affermare ciò che da sempre viene fatto – mettendo in dubbio la trasparenza delle navi umanitarie, in altri pone limiti oggettivi che vanno analizzati uno per uno. Il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, ha realizzato una intervista al nostro presidente Fulvio Vassallo Paleologo, passando in rassegna ogni singolo punto del regolamento. In attesa di sapere come andrà l’incontro con le Ong riteniamo utile e opportuno offrire il servizio audio dell’intervista, estremamente chiara e puntuale, ringraziando tanto Radio Radicale, che si è comportata in tal senso da vero servizio pubblico, quanto Sergio Scandura per la precisione con cui ha realizzato l’intervista.

      http://www.a-dif.org/2017/07/25/un-regolamento-pieno-di-ombre-i-12-punti-del-codice-di-condotta-che-dovrebber

    • Riprende la strage nella zona SAR libica, mentre si cerca di imporre un codice di polizia alle ONG

      Ancora cadaveri di migranti scoperti a bordo di un gommone soccorso da una nave di una Organizzazione non governativa. Purtroppo come previsto. L’Unione Europea ed i vertici militari (Frontex ed Eunavfor Med ) hanno ritirato le loro navi , il governo ha costretto le Ong sulla difensiva con trattative estenuanti che distolgono dall’impegno di soccorso. Ed i trasbordi sono gia’ impediti “di fatto”, per mancanza di mezzi, con le imbarcazioni delle ONG dirottate del ministero dell’interno verso porti sempre piu’ lontani. Sara’ una strage continua. E nessuno potrà dire: io non sapevo. Anche se la notizia dei cadaveri ammassati dentro i gommoni viene censurata o relegata alla cronaca locale. In ogni caso, la notizia delle stragi deve restare sempre in secondo piano rispetto alle informazioni diffuse ad arte sul maggiore impegno dell’Unione Europea e dei governi nella lotta contro i trafficanti, che invece prosperano proprio sul regime di sbarramento delle frontiere. Le ONG sono un ostacolo per queste politiche e per queste campagne di disinformazione.

      http://www.a-dif.org/2017/07/26/riprende-la-strage-nella-zona-sar-libica-mentre-si-cerca-di-imporre-un-codice

    • The far-right and Katie Hopkins need to learn some basic truths about those ’easy to hail as an Uber’ rescue boats in the Med

      Researchers examined whether the number of migrants crossing the Med fell when the EU cut back rescue operations. The decision had no effect on numbers, but it did mean more bodies washed up on beaches

      http://www.independent.co.uk/voices/refugees-defend-europe-katie-hopkins-save-the-children-rescue-boats-a

      #pull_factor #facteur_pull #facteur-pull #appel_d'air

    • Italian cabinet to approve anti-trafficking mission off Libyan coast

      According to Corriere della Sera, Italian ships would intercept migrant boats and take people back to the Libyan shore, with written assurances from Libyan authorities about respect for the migrants‘ human rights.

      http://en.europeonline-magazine.eu/italian-cabinet-to-approve-anti-trafficking-mission-off-lib

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ecco perchè le ONG vanno allontanate dalle acque libiche. In programma respingimenti collettivi come quelli per cui l?Italia è già stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, nel 2012, sul caso Hirsi.

      Cas #Hirsi: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.wp?facetNode_1=0_8_1_60&previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU7432

    • Gentiloni e Minniti arrivano in acque libiche prima di Generazione identitaria.

      La loro missione è già fallita in partenza. Non solo per l’opposizione sociale che troveranno in tutta Europa. Il governo italiano è arrivato prima. Li ha preceduti proprio sul loro stesso terreno, la presenza nelle acque libiche e l’attacco alle ONG. Comunque vada a finire la trattativa sul Codice di condotta imposto da Minniti, che costituisce una misura di forte carattere discriminatorio e che poggia sul divieto che si vorrebbe imporre alle ONG di svolgere attività di soccorso in acque libiche. Il divieto non è chiaro se riguardi anche le acque internazionali che ricadono nella zona SAR libica, una zona che da anni non è presidiata dai libici e che, come prescritto dalle Convenzioni internazionali, è soggetta, oltre il limite delle acque territoriali (12 miglia dalla costa), al controllo ed coordinamento degli interventi per il salvataggio da parte del Comando centrale della Guardia costiera italiana, come autorità SAR competente dell’area SAR confinante con quella libica. Quanto alla zona SAR maltese è noto da anni che è presidiata dalla Guardia Costiera italiana, dopo le stragi del 3 e dell’11 ottobre 2013, e dopo l’avvio della missione Mare Nostrum.

      Il Codice di Condotta “Minniti” potrebbe costituire il colpo definitivo all’autonomia della Guardia costiera nel coordinamento delle attività di ricerca e soccorso, per la presenza di militari armati che si vorrebbe imporre a bordo delle navi umanitarie e per i divieti di polizia che si pongono alle attività SAR condotte dalle navi delle ONG, a differenza delle stesse attività di ricerca e salvataggio quando, in assenza di altri mezzi, sono condotte da navi commerciali sotto il coordinamento del Comando centrale IMRCC italiano.

      http://www.a-dif.org/2017/07/30/gentiloni-e-minniti-arrivano-in-acque-libiche-prima-di-generazione-identitari

    • Codice di condotta, ong spaccate. No di Msf, firma Save the children

      Le posizioni delle ong. Eminente (Msf): «No alle armi a bordo, ma i punti non problematici continueremo a rispettarli». Neri (Stc): «Ci sentiamo tranquilli di aver fatto una cosa corretta e giusta». No della tedesca Jugend Rettet Iuventa, mentre c’è il si di Moas

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/543152/Codice-di-condotta-ong-spaccate-No-di-Msf-firma-Save-the-children

    • Medici senza frontiere dice no al codice delle Ong, il Governo: chi non firma è fuori

      ROMA. Niente sintesi tra la missione del Viminale, ridurre gli sbarchi, e quella delle ong, salvare vite in mare. Il Codice di condotta proposto dal ministero raccoglie oggi le firme di solo due delle otto organizzazioni umanitarie presenti nel Mediterraneo Centrale: Moas e Save the children.

      http://gds.it/2017/07/31/medici-senza-frontiere-non-firma-il-codice-delle-ong-no-alle-armi-a-bordo_704451

    • Interview „Italiens Kodex zur Seenotrettung von Flüchtlingen ist überflüssig"

      Fast 100.00 Menschen sind in diesem Jahr bereits in italienischen Häfen angekommen, die zuvor die gefährliche Überfahrt über das Mittelmeer angetreten hatten. Vor den libyschen Hoheitsgewässern sind mittlerweile mehr als ein Dutzend private Rettungsboote von NGOs im Einsatz, um Flüchtlinge vor dem Ertrinken zu retten. Wir sprachen mit Axel Grafmanns, dem Geschäftsführer der deutschen Organisation Sea-Watch.

      http://www.ksta.de/politik/interview--italiens-kodex-zur-seenotrettung-von-fluechtlingen-ist-ueberfluessig

    • We don’t need more rules, we need more rescue vessels !

      The so-called ‘Code of Conduct‘, which was presented in Rome yesterday, will not save human lives but will in fact have the opposite effect. Not so the #Sea-Watch_3: Sea-Watch is sending another rescue ship in response to the inaction of the EU. Many thousands of people are drowning every year at Europe’s deadly sea border. The European Union, on the other hand, is turning a blind eye to these deaths, leaving Italy alone with the consequences of this humanitarian crisis. The Code of Conduct, which is largely unlawful, is a desperate reaction from Italy. Instead of developing concrete solutions, those who take action where governmental structures fail are attacked: the civilian rescue fleet. However, what are needed in the face of more than 2,000 deaths this year alone are not more rules, but more rescue capacities!


      https://sea-watch.org/en/we-dont-need-more-rules-we-need-more-rescue-vessels

    • Nave di una Ong che non ha firmato il codice di soccorso in mare fermata a Lampedusa

      Primo giro di vite nei confronti delle ong che soccorrono migranti nel Mediterraneo dopo il codice di comportamento predisposto dal Viminale, che è stato sottoscritto solo da tre organizzazioni. La nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, che non ha firmato il protocollo, è stata bloccata in nottata al largo di Lampedusa dalla Guardia costiera italiana, che l’ha scortata fino al porto.

      http://www.huffingtonpost.it/2017/08/02/nave-di-una-ong-che-non-ha-firmato-il-codice-di-soccorso-in-mare_a_23

    • "Die ’Sea-Watch 3’ ist unsere Antwort"

      Im Frühjahr 2015 startete die „Sea-Watch 1“ im Harburger Binnenhafen Richtung Mittelmeer. Dort rettet die wechselnde Crew seither Flüchtende aus Seenot. Aus dem Haufen unerfahrener Helfer ist mittlerweile ein erfahrenes Team in Sachen Seenotrettung geworden. 400 Ehrenamtliche und gut zwei Dutzend Aktive im Kernteam kümmern sich um mehrere Boote, ein Flugzeug und die Organisation. Jetzt wollen die Seenotretter ihr drittes Schiff auf das Meer schicken.

      http://www.ndr.de/nachrichten/hamburg/Interview-Unsere-Antwort-ist-die-Sea-Watch-3,seawatch514.html

    • Et encore des accusations contre un navire, cette fois-ci la #Iuventa...

      La Iuventa faceva da Caronte

      Non salvavano vite umane ma andavano a prendere i soggetti destinati alla immigrazione clandestina direttamente quasi in acque territoriali libiche, i trasbordi quasi sempre dinanzi alle coste dei porti libici di Sabrata e Zuara. «Non siamo dinanzi a salvataggi di vite umane - dice in conferenza stampa il procuratore aggiunto Ambrogio Cartosio - ma di veri e propri comportamenti destinati a incentivare l’immigrazione clandestina». Una indagine racchiusa nelle 150 pagine dell’ordinanza del gip Emanuele Cersosimo e con la quale oggi i poliziotti della Mobile di Trapani, dello Sco, il servizio centrale operativo, e dei gruppi speciali investigativi della Guardia Costiera, hanno sequestrato la motonave «Iuventa» battente bandiera olandese ma appartenente alla Ong tedesca “Jugend Rettet”, tradotto significa «La gioventù salva». «Il sequestro è stato disposto - spiega Cartosio - per evitare la reiterazione del reato, e perché se venisse provato l’uso della nave per l’immigrazione clandestina scatterebbe la confisca, da qui, dunque, il sequestro preventivo trattandosi di nave eventualmente destinata alla confisca». La nave allo stato è ferma a Lampedusa, a bordo sono state condotte perquisizioni, è previsto che la nave venga presto portata nel porto di Trapani. Si tratta di una indagine contro ignoti, ma l’attenzione degli investigatori è puntata essenzialmente sugli equipaggi della «Iuventa», di nazionalità tedesca, olandese ma anche italiana. Una indagine coordinata dai pm Andrea Tarondo e Antonio Sgarrella. Sono stati questi i magistrati che hanno seguito passo passo le indagini condotte dai poliziotti della Mobile di Trapani e da parte dello Sco. Indagini avviate dopo le testimonianze di due operatori di un’altra nave, la Vos Hestia della Ong Save the children, sono stati loro per primi a raccontare la «familiarità» tra l’equipaggio della Iuventa e i trafficanti di uomini. «Le indagini - dice Cartosio - risalgono all’autunno del 2016, nell’ordinanza di sequestro si contestano tre episodi di presunta immigrazione clandestina e cioè un trasporto del settembre 2016 e due del giugno di quest’anno, rispettivamente 140, 347 e 87 immigrati». La conferenza stampa si è tenuta oggi pomeriggio nella questura di Trapani con presenti il questore Agricola, i funzionari della Squadra Mobile e dello Sco nonché ufficiali della Capitaneria e della Guardia Costiera. Escluso che il sequestro sia da mettere in relazione alla mancata adesione della Ong “Jugend Rettet” all’accordo internazionale sui codici di condotta per i salvataggi in mare. «Abbiamo deciso di incontrare i giornalisti - esordisce Cartosio - perché si tratta di indagini particolari che meritano essere spiegate anche per evitare strumentalizzazioni di qualsiasi genereche non possono frenare attività giudiziaria. Stiamo applicando la legge , i reati scoperti sono concernenti espressamente l’immigrazione clandestina, il gip ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza, commesso da soggetti che operano a bordo della Iuventa ancora in corso di identificazione. Si è accertato che questa imbarcazione seppure in qualche caso è intervenuta a salvare vite umane, cioè soggetti in pericolo di vita, in più casi a nostro avviso questi interventi in mare non sono avvenuti per salvare soggetti ma trasbordare sulla imbarcazione dei soggetti che venivano scortati fin sotto bordo dai trafficanti libici». E così la Iuventa sarebbe diventato il Caronte del Mediterraneo. Un patto e un accordo che non sarebbe stato di natura economica: «Non è provata l’ipotesi di un accordo a monte tra equipaggio e trafficanti». Ma è vero che si tratta di contatti in qualche modo documentati? «Preferisco non rispondere - dice Cartosio - per non violare il segreto di indagini ancora in corso». Tra i si dice l’ipotesi che qualcuno degli immigrati abbia documentato, con fotografie, la familiarità tra equipaggio e trafficanti. Qualcuno degli immigrati sentiti avrebbe anche raccontato di contatti telefonici tra trafficanti ed equipaggio della Iuventa, che in questo modo si sarebbero dati appuntamento in mare, per i trasbordi. Ma l’ipotesi di un guadagno economico viene accennata nell’ordinanza dal giudice Cersosimo. Aumentando l’attività della Iuventa, la Ong avrebbe ottenuto una maggiore visibilità internazionale, così da vedere lievitare le donazioni. Conferenza stampa e informazioni fino a questo punto. Di più magistrato e investigatori non hanno voluto dire. A specifica domanda il procuratore Cartosio ha tenuto a dire che l’indagine della Procura di Trapani non ha nulla a che vedere con eventuali indagini della Procura di Catania. Come si ricorderà lo scandalo sulle Ong e sui soccorsi in mare scoppiò all’indomani di dichiarazioni rese dal procuratore catanese Zuccaro: «Non so dire se anche Catania ha indagato sulla Iuventa» chiosa Cartosio. L’indagine della Procura di Trapani sulle organizzazioni non governative è la più datata a proposito di malaffare mascherato da filantropia. Ad attirare l’attenzione sarebbero stati i soccorsi quasi sempre nella stessa zona di mare, al limite delle acque libiche e a poche miglia dai porti di Sabrata e Zuara, salvataggi senza aver ricevuto un Sos e neppure una richiesta di intervento da parte delle autorità italiane. Alcuni dei migranti arrestati come scafisti hanno poi detto di essere stati costretti a sostituire i veri scafisti e di avere visto arrivare la nave dei soccorsi poco dopo che l’uomo che sino ad allora aveva condotto l’imbarcazione si era allontanato su un natante di appoggio. «Le Ong - conclude Cartosio ripetendo qualcosa che ha già detto in passato - fanno un lavoro meritorio ma chi sbaglia va punito».

      http://www.alqamah.it/2017/08/02/la-iuventa-faceva-da-caronte

    • Amici degli scafisti e ostili agli italiani, le carte dellʼinchiesta su Iuventa

      Dal decreto di sequestro emergono operazioni dʼintesa con i trafficanti e la complicità della guardia costiera libica

      http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/amici-degli-scafisti-e-ostili-agli-italiani-le-carte-dell-inchiesta

      Commento di Fulvio Vassallo su FB:

      Una montagna di illazioni che diventano non solo indizi ma gia’condanna Evviva lo stato di diritto. Ricordo che anche.la magistratura di Catania ha deciso per la non punibilità degli scafisti che spesso sono scelti tra i migranti e forzati a condurre i mezzi. Ci sono le sentenze.

    • Basta Mar West

      Capita così di rado di dare ragione a un ministro che, quando accade, c’è da festeggiare. Il ministro è quello dell’Interno Marco Minniti, che ha deciso finalmente di mettere un po’ d’ordine nel Mar West del Mediterraneo, dove finora tutti, i buoni e i cattivi, facevano un po’ quel che pareva a loro. Premettiamo la solita ovvietà, a scanso di equivoci e di furbastri: chiunque salvi anche un solo migrante, fosse pure Belzebù, merita tutto il plauso e la gratitudine del mondo. Ma, siccome le navi delle Ong partono e/o approdano in acque italiane, è giusto che rispettino le regole dello Stato italiano.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/basta-mar-west

    • Il reato di solidarietà non esiste : i fatti e le norme. In difesa del principio di legalità.

      Il fermo ed il sequestro del battello appartenente all’organizzazione umanitaria tedesca Jugend Rettet, ed i possibili arresti di coloro che dopo la perquisizione a bordo verranno ritenuti responsabili del reato contestato, l’agevolazione dell’ingresso clandestino, impone alcune brevi considerazioni a fronte di una campagna di disinformazione che si è riaccesa dopo mesi di attacchi alle ONG, “colpevoli” di salvare troppe vite umane in mare, nella zona SAR libica ( istituita soltanto sulla carta) e di non “collaborare” abbastanza con le autorità di polizia nel “contrasto dell’immigrazione illegale” e nella caccia a trafficanti e scafisti. Accuse precise formulate dalla Procura di Trapani nel corso di una conferenza stampa.

      http://www.a-dif.org/2017/08/03/il-reato-di-solidarieta-non-esiste-i-fatti-e-le-norme-in-difesa-del-principio

    • Italy seizes NGO rescue boat for allegedly aiding illegal migration
      https://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-ngo-idUSKBN1AI21B

      Italian coastguards seized a migrant rescue boat operated by a German aid group in the Mediterranean suspected of aiding illegal immigration from Libya, a prosecutor said on Wednesday.

      Video showed the #Iuventa, which is run by #Jugend_Rettet, arriving at the island of Lampedusa surrounded by several coastguard vessels after it was stopped at sea before dawn.

      Police inspected the ship as soon as it docked and checked the crew passports. They later took charge of the boat and set sail for a larger port in Sicily.

      Jugend Rettet said on Twitter it had received no information about the investigation. It could not be reached for further comment.

      It was the first time Italian police have seized a humanitarian boat. The move came amidst growing suspicion over the role non-governmental organizations are playing in picking up migrants off the Libya coast and bringing them to Italian ports.

    • La presse italienne est complètement aveuglée...

      Migranti, le «consegne concordate» tra i trafficanti e la Ong tedesca. Che restituiva i barconi agli scafisti

      «Save the Children» ha segnalato le irregolarità: l’imbarcazione tedesca, sequestrata, è tra le più piccole impegnate nei soccorsi. Gli interventi avvenivano in assenza di pericolo immediato per i migranti


      http://www.corriere.it/cronache/17_agosto_02/migranti-consegne-concordate-trafficanti-ong-tedesca-che-restituiva-barconi

      Commentaire Matteo Tacconi sur FB:

      Il problema è una nave di una Ong tedesca che avrebbe caricato a bordo migranti, dopo un negoziato con i trafficanti a quanto pare scortati dalla guardia costiera libica, o l’ipotesi che quest’ultima li abbia scortati nonostante sia un vigore un accordo secondo cui la Libia dovrebbe pattugliare le sue coste? Tra l’altro, diverse motovedette della guardia costiera libica, giova ricordarlo, sono state donate dall’Italia.

      Vogliamo continuare a parlare delle Ong, cercando un capro espiatorio e un po’ di voti, oppure avviare una riflessione sull’esigenza di aprire canale legali per l’immigrazione, anche quella cosiddetta economica, di modo che non si debbano dare deleghe e soldi a Stati falliti come la Libia e favorire il traffico di esseri umani?

      Commentaire de R@inbow for Africa sur FB:

      In relazione alle indagini in corso sull’associazione Jugend Rettet e al sequestro della nave Iuventa in merito ai fatti contestati a settembre 2016 e a giugno 2017.

      Rainbow4Africa ha prestato servizio in qualità di partner medico di Jugend Rettet su Iuventa da novembre 2016 a maggio 2017, quando di comune accordo le due associazioni hanno deciso di interrompere la collaborazione.
      Le affermazioni riportate da la Repubblica, intestate al nostro Capo Missione Stefano Spinelli, non corrispondono a verità. Chiediamo, come abbiamo già fatto senza risposta, l’immediata rettifica.

      Durante la nostra permanenza nel Mar Mediterraneo il nostro unico scopo è stato quello di salvare vite umane: migliaia di migranti hanno beneficiato delle nostre cure mediche. Forse sarà una posizione ideologica: ma è quello che facciamo e continueremo a fare.

      Ci è stata segnalata dalle Autorità la presenza nel mar Mediterraneo di soggetti non meglio specificati, potenzialmente armati, che pattugliano il mare cercando barconi abbandonati da recuperare. L’attività di Frontex e delle altre agenzie investigative dovrebbe essere mirata proprio all’individuazione e arresto di questi attori. Compito di polizia che non può certo essere svolto da delle ONG.
      Le foto riportate da piu’ di un giornale, con l’avvicinamento di una imbarcazione con due uomini al rib della Iuventa, sono simili a quelle che pubblichiamo qua sotto, relative a un intervento a novembre 2016: come potete vedere anche in presenza della Guardia Costiera italiana questi soggetti non identificati si avvicinano alle imbarcazioni per cercare di recuperare i relitti.


      Nessun contatto con scafisti è stato ravvisato dai nostri volontari, I trasponder sono sempre rimasti accessi durante le missioni a cui abbiamo preso parte. Le operazioni si sono sempre svolte sotto l’attento coordinamento di MRCC di Roma.

      Rainbow4Africa ha sempre collaborato attivamente con le autorità italiane, e i suoi medici, infermieri e logisti sono sempre stati pronti a rispondere a ogni domanda posta da Guardia Costiera e autorità giudiziarie e lo rimangono tutt’ora. Confidiamo nella Magistratura italiana e che le indagini possano rapidamente chiarire i fatti contestati.

      https://www.facebook.com/Rainbow4Africa/posts/10154942670667874

    • Codice di condotta. Valerio Neri: «Vi spiego perché Save The Children ha detto sì»

      Dopo lunghe trattative, Moas e Save The Children sono le uniche ong ad aver firmato il Codice di condotta elaborato dal ministero dell’Interno per regolamentare il soccorso dei migranti nelle acque internazionali a nord della Libia. In questa intervista rilasciata a Vita.it, il Direttore generale di Save The Children Italia, Valerio Neri, spiega le ragioni del sì.

      http://www.vita.it/it/article/2017/08/01/codice-di-condotta-valerio-neri-vi-spiego-perche-save-the-children-ha-/144195
      #safe_the_children

    • Il “codice Minniti” mette fine alle Ong

      Il “codice di condotta” imposto dal governo italiano alle Ong che prestano soccorso in mare è un mostro partorito dal ministero dell’Interno, con la fattiva collaborazione dell’Unione Europea («Chi firma il codice avrà l’assicurazione di poter accedere ai porti italiani, chi non firma non potrà beneficiare delle stesse rassicurazioni», ammette Natasha Bertaud, portavoce del commissario per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos).

      http://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/02/codice-minniti-mette-fine-alle-ong-094433

    • L’Italie restreint les opérations de sauvetage en mer des migrants

      Accusée de « favoriser l’immigration clandestine » plutôt que de sauver des vies, l’ONG allemande Jugend Rettet a été privée de son navire de secours en Méditerranée par les autorités italiennes, mercredi 2 août. La Luventa a été conduite sur l’île de Lampedusa puis placée sous séquestre par les gardes-côtes italiens, à la demande du procureur de Trapani (Sicile). Selon les magistrats italiens, les membres de Jugend Rettet entretiendraient des liens directs avec les trafiquants d’êtres humains qui lancent des embarcations depuis les côtes libyennes en direction de l’Europe, se faisant ainsi leurs auxiliaires. Leur enquête, amplement médiatisée mais dont aucun élément vérifiable n’a filtré, s’appuierait sur des écoutes téléphoniques ainsi que sur les observations d’agents ayant travaillé sous couverture.

      http://www.lemonde.fr/europe/article/2017/08/03/l-italie-restreint-les-operations-de-sauvetage-en-mer-des-migrants_5168188_3

    • Un représentant du PD (parti démocrate a déclaré : "L’Italie ne peut pas se permettre de sauver des vies humaines"
      (no comment)

      Stefano Esposito contro le Ong : « Non possiamo permetterci di salvare vite umane »

      Le Ong hanno una approccio troppo ideologico e l’Italia non si può permettere di salvare le vite umane. Il senatore del PD Stefano Esposito ha assunto una presa di posizione piuttosto controversa per difendere il codide di condotta imposto dal ministro degli Interni Marco Minniti alle organizzazioni non governative impegnate nei soccorsi nel Mar Mediterraneo. Ecco lo screenshot del profilo Twitter di Agorà che sintetizza il pensiero di Esposito, impegnato questa mattina nella versione estiva del programma di Rai Tre condotto da Serena Bortone.


      http://www.giornalettismo.com/archives/2625725/ong-esposito-agora

    • #Navigare_a_vista” : un rapporto su salvataggi e media. Leggilo qui.

      Di operazioni di ricerca e soccorso i media parlano, e tanto: presenti nel 13% delle notizie sull’immigrazione nei principali quotidiani italiani e nel 18% dei servizi sull’immigrazione dei tg in prima serata e legate soprattutto al racconto di naufragi (39%) e azioni di salvataggio (22%). Ma come se ne parla? A fotografare la rappresentazione mediatica delle operazioni Sar (Search and Rescue) è il rapporto “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, presentato oggi presso l’Associazione Stampa Estera da Osservatorio di Pavia, Associazione Carta di Roma e COSPE.

      http://www.cospe.org/news/presentato-oggi-navigare-a-vista-un-rapporto-su-salvataggi-e-media-leggilo-qu
      #rapport

      Lien vers le rapport :
      https://www.cartadiroma.org/wp-content/uploads/2017/05/REPORT-SAR_EMBARGATO-FINO-A-11.45-DEL-295.pdf

    • Da eroi a trafficanti: le accuse ai protagonisti delle operazioni di ricerca e soccorso in mare

      Le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) dei migranti sono oggi uno dei temi principali nel dibattito politico, mediatico e pubblico. È un argomento direttamente collegato alle politiche nazionali ed europee in materia di migrazione e, più o meno indirettamente, alle politiche di sicurezza e spesso sovrapposto e intrecciato a storie umane, individuali o collettive, di speranza, gioia, sofferenza e morte

      http://www.questionegiustizia.it/articolo/da-eroi-a-trafficanti_le-accuse-ai-protagonisti-delle-operazioni-

    • Perché la campagna contro le Ong ha prodotto danni irreversibili

      Ieri pomeriggio, dopo che si era parlato di un «regolare controllo,» la magistratura italiana ha disposto il sequestro della nave Iuventa, gestita dalla Ong tedesca Jugend Rettet e scortata a Lampedusa da uno spiegamento della Guardia costiera e delle forze dell’ordine.


      https://www.vice.com/it/article/evze8w/perche-la-campagna-contro-le-ong-ha-prodotto-danni-irreversibili

    • Migranti e Libia, l’agente infiltrato sulla nave della Ong: «Così ho scoperto i contatti tra Iuventa e i trafficanti libici»

      Il poliziotto dello #Sco per 40 giorni a bordo dell’imbarcazione di “Save the children”


      http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_agosto_04/agente-infiltrato-nave-ong-cosi-ho-scoperto-contatti-iuventa-traffican

      #Servizio_centrale_operativo (sco):

      Il Servizio centrale operativo è un servizio della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Coordina le squadre mobili delle questure italiane e l’attività investigativa sulla criminalità organizzata.[1]

      https://it.wikipedia.org/wiki/Servizio_centrale_operativo

    • Migranti: Unhcr, in Libia non centri ma carceri orribili

      BRUXELLES - «Non ci sono campi o ’centri» per i migranti «in Libia, ma solo prigioni, alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti, e vi sussistono condizioni orribili. Chiunque venga sbarcato sulle coste libiche torna in queste carceri. Possiamo sperare che un giorno ci saranno centri decenti e aperti, ma oggi non esistono». Così Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati) per la rotta del Mediterraneo Centrale, in un’intervista all’ANSA. Secondo Cochetel, «va bene che l’Italia e altri contribuiscano ad accrescere la capacità della Guardia costiera libica, ma deve essere fatto secondo gli standard dei diritti umani e nella piena coscienza di quanto avviene nelle carceri libiche». «E’ importante anche educare la Guardia costiera libica agli standard dei diritti umani ed assicurare che nessuno tra loro colluda con i trafficanti, e chi lo fa sia processato», aggiunge.

      http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/europa/2017/08/04/migranti-unhcr-in-libia-non-centri-ma-carceri-orribili_02ef9559-fc38-4da1-

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      E ADESSO I PROCURATORI DI TRAPANI COME FARANNO AD ESCLUDERE CHE TUTTE LE PERSONE SOCCORSE IN MARE,ANCHE IN ACQUE LIBICHE, SI TROVANO IN EVIDENTE STATO DI NECESSITA’ COMUNQUE AVVENGA IL SOCCORSO. E POI SI MUORE ANCHE CON IL MARE LISCIO COME L’OLIO. CI SONO VIDEO E FILMATI CHE LO PROVANO. NON TAROCCATI COME QUELLI CHE USANO I SERVIZI.

    • Le cercle se referme...

      Caos Mediterraneo : le manovre occulte di Defend Europe sull’indagine Iuventa

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. È il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service. Sono loro che per primi segnalano “talune anomalie del servizio di search and rescue svolto ad opera della Iuventa...

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. E’ il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service di #Cristian_Ricci – ovvero il gruppo di contractor che ha denunciato le “anomalie” della nave #Iuventa, facendo aprire il fascicolo della Procura di Trapani - con l’ex ufficiale della Marina militare #Gian_Marco_Concas, uno dei portavoce di Generazione identitaria. Esperto di navigazione e skipper, Concas è stato definito come il “direttore tecnico” dell’operazione navale della rete europea anti migranti, che in queste ora sta muovendo la C-Star nella zona Search and Rescue (Ricerca e Salvataggio) davanti alle acque libiche. E’ apparso in un video della fine di luglio leggendo un comunicato ufficiale di Generazione identitaria, dove l’organizzazione si rivolgeva – con tono di scherno – alle associazioni antirazziste, all’Arci e alla redazione di Famiglia cristiana.

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/caos-mediterraneo-quel-link-occulto-tra-defend-europe-e-l-operaz

    • Cosa c’è nelle carte dell’inchiesta sulla nave Ong sequestrata a Lampedusa

      Il racconto a ’La Stampa’ di un agente sotto copertura. I volontari erano pagati 10 mila euro al mese

      https://www.agi.it/cronaca/nave_ong_sequestrata_jugend_rettet-2009090/news/2017-08-03

      L’article paru dans La Stampa:

      Favori agli scafisti e saluti in mare. “Con l’Italia noi non collaboriamo”

      Il ruolo di un agente sotto copertura imbarcato con Save the Children. Ombre sulla guardia costiera libica. Un’attivista: “Ai volontari 10mila euro”

      http://www.lastampa.it/2017/08/03/italia/cronache/favori-agli-scafisti-e-saluti-in-mare-con-litalia-noi-non-collaboriamo-yrUWoWllcFezXHpLe2y1yN/pagina.html

    • Migranti, i testimoni sulla Iuventa: “Dicevano: ‘Più salvataggi faremo e più donazioni riceveremo’”

      Testimonianze e conversazioni della società di sicurezza di Save the children: “Quelli sostengono solo il portafogli che portano in tasca. In mare barchini in vetroresina: per qualcuno sono «favoreggiatori»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/piu-salvataggi-faremo-e-piu-donazioni-e-soldi-riceveremo-dicevano

      Migranti, Renzi: “Se una ong frequenta scafisti, usare pugno duro”. Di Maio: “Faccia di bronzo, quando lo dicevo io…”

      Il segretario del Pd insiste anche sul numero chiuso. La Meloni: «Riprenda il decreto flusso invece di dire idiozie»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/04/migranti-renzi-se-una-ong-frequenta-scafisti-usare-pugno-duro-di-maio-faccia-di-bronzo-quando-lo-dicevo-io/3775658

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      Prove zero, linciaggio mediatico riuscito , altre stragi in vista. Demicrazia a rischio quando un ministro dell’interno detta la linea alla magistratura. E questo non riguarda soltanto i migranti.

    • Migranti e Ong, verifiche anche su Medici Senza Frontiere

      Indagini su «consegne concordate» in alto mare e possibili accordi tra Ong. Medici senza Frontiere (che non aderisce al codice): «Non ci fermeremo»

      http://www.corriere.it/esteri/17_agosto_04/migranti-ong-verifiche-anche-medici-senza-frontiere-09196acc-7958-11e7-9267

      Avec ce commentaire de Marta Esperti sur FB:

      Si passa al linciaggio mediatico di MSF.
      Mi perdoni la Scarzanini in questo articolo, ma non ho idea di come si posano scrivere tante falsità e supposizioni prive di fondamento e ancora considerarsi «giornalisti».

    • "No" al codice sui migranti, nave Msf non viene fatta entrare a Lampedusa

      Sono giunti nella serata di ieri a Lampedusa i 127 migranti che erano a bordo della nave Prudence di Medici senza Frontiere.

      A portarli nell’isola - dopo un trasbordo dalla stessa nave - due imbarcazioni della Guardia Costiera uscite a 33 miglia dall’isola fuori dalle acque territoriali.

      La nave di Msf non è dunque mai arrivata a Lampedusa, secondo quanto si apprende al Viminale, come prevede il codice di regolamentazione delle Ong voluto dal ministro Minniti secondo cui le organizzazioni che non lo sottoscrivono «sono fuori del sistema di soccorso».

      È dunque il primo caso di applicazione delle regole concordate tra l’Italia e le Ong.

      http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2017/08/06/no_al_codice_sui_migranti_nave_msf_non_viene_fatta_entrare_a_lamp-68-630

    • ASGI: il Governo riveda la sua linea politica, il codice di condotta mina l’efficacia delle attività di soccorso

      Non è un atto avente valore di legge, ma solo una proposta di accordo, dove il necessario coinvolgimento paritario delle parti è clamorosamente mancato. Non sarà legittima alcuna reazione del Governo nei confronti delle ONG non firmatarie se non nei casi e nei limiti già sanciti dalle norme nazionali e internazionali .

      http://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/codice-condotta-ong-governo-mina-efficacia-soccorso

    • Svelato il trucco di Minniti. Il Codice per le ONG è una buffonata

      Cambio di rotta nella politica dei salvataggi dei migranti, Sono giunti in serata a Lampedusa i 127 migranti che erano a bordo della nave Prudence di Medici senza frontiere. A portarli nell’isola – dopo un trasbordo dalla stessa nave – due imbarcazioni della Guardia Costiera classe 300 uscite a 33 miglia dall’isola fuori dalle acque territoriali.

      La nave di Msf non è dunque mai arrivata a Lampedusa, secondo quanto si apprende al Viminale, come prevede il codice di regolamentazione delle ong voluto dal ministro Minniti secondo cui le organizzazioni che non lo sottoscrivono ‘sono fuori del sistema di soccorso’.

      Le navi delle ONG riottose, come da promessa/minaccia di Minniti, in effetti non scaricano più migranti e rifugiati nei nostri porti. Adesso ci pensano le nostre navi ad andare loro incontro al di fuori delle acque territoriali, a trasbordare i salvati e a portarli nei porti italiani.

      Se sembra una presa in giro è perché lo è. Altro che «cambio di rotta» com’è scritto da Repubblica.

      Ecco la genialata per salvare la capra e i cavoli del ministro e del governo. Ed ecco allora che l’iniziativa del governo si rivela per quel che si sapeva essere fin da subito: uno spot elettorale molto costoso. Un’iniziativa che aumenta i costi per il nostro paese e i rischi per gli operatori delle ONG, della Marina e per gli stessi salvati, perché un trasbordo in mare aperto è intrinsecamente più pericoloso di uno sbarco in porto.

      https://mazzetta.wordpress.com/2017/08/06/svelato-il-trucco-di-minniti-il-codice-per-le-ong-e-una-buffonata/amp

    • "Avviso le Ong in chat" Padre Zerai ora rischia l’accusa di complicità

      Il prete eritreo, amico della Boldrini, può finire tra gli indagati per favoreggiamento
      P adre Mussie Zerai, l’«angelo» dei migranti non solo eritrei e amico della presidente della Camera, Laura Boldrini, ammette che informa le Ong su una chat parallela ai soccorsi ufficiali dei barconi da recuperare di fronte alla Libia.

      http://www.ilgiornale.it/news/politica/avviso-ong-chat-padre-zerai-ora-rischia-laccusa-complicit-1428683.html?mo
      #Père_Zeraï #Père_Zerai

      Commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      Ancora fango messo in giro dal Giornale, vera e propria macchina dell’odio che rilancia l’accusa formulata dalla Procura di Trapani secondo cui nei soccorsi al largo delle coste libiche se il mare e’ calmo non ricorrerebbe l’esimente dello stato di necessita’. Quando il rapporto tra menzogna e verita’ e’ capovolto, come sta succedendo in questi giorni, quando la solidarieta’ diventa resto senza una previsione di legge e l’omissione di soccorso viene lodata come «scelta responsabile», quando si preparano liste di proscrizione ed i razzisti possono spadroneggare, siamo davvero ad una forma nuova di fascismo. Con il bollo del ministero dell’interno.

    • Quanti morti volete a Ferragosto?

      In questo momento non mi interessa valutare quale sia la vera ragione dietro il codice. Se quella ufficiale, aiutare i magistrati italiani a svolgere indagini sui trafficanti, o quella implicita, ridurre la quantità di migranti che arrivano in Italia. Quel che mi interessa è la naturale conseguenze dell’applicazione letterale del regolamento. Meno navi nelle aree di soccorso e per meno tempo. E quindi, più migranti affogati.

      http://www.ilpost.it/davidedeluca/2017/08/04/migranti-ong

    • Msf: ora meno coinvolti nei soccorsi, ma continueremo a salvare vite

      ROMA. Dopo la mancata firma al codice delle ong «non siamo più i primi ad essere chiamati per i soccorsi, come accadeva prima. Sappiamo che lavoreremo di meno ma siamo sempre a disposizione della Guardia Costiera. Sappiano che noi ci siamo e siamo disponibili a collaborare». Lo dice Michele Trainiti, capo progetto Sar della ong. «Ieri sera - ha precisato - nessuno ha chiesto di entrare a Lampedusa, nessuno ce lo ha vietato. Operazioni come quella di ieri sono usuali». Magari in altre condizioni, «ci saremmo potuti avvicinare di più» all’isola.

      http://gds.it/2017/08/06/msf-ora-meno-coinvolti-nei-soccorsi-ma-continueremo-a-salvare-vite_707435

    • Migranti e Ong: #Codacons contro Medici senza frontiere

      TRAPANI - “Dopo le gravi rivelazioni sul presunto coinvolgimento di Medici Senza Frontiere nell’inchiesta della procura di Trapani relativa a soccorsi e trasbordi in mare effettuati senza essere stata allertata dalla Guardia costiera, il Codacons ha deciso di scendere in campo per difendere i tanti cittadini che, nel tempo, hanno finanziato la Ong”. Parole di Francesco Tanasi, segretario nazionale Codacons, che puntualizza come la questione sia di primaria importanza.

      http://www.newsicilia.it/cronaca/migranti-ong-codacons-contro-medici-frontiere/256786

    • Tension entre des ONG et l’Italie

      Le navire de l’ONG Jugend Rettet est soupçonné de « comportements favorisant l’immigration illégale ». Polémique sans fondement, voire « stratégie de détournement », dénoncent les milieux d’aide aux migrants.

      Un bateau de l’ONG Jugend Rettet s’est retrouvé, mercredi, bloqué à Lampedusa, sous contrôle par des gardes-côtes. Quelques heures plus tard, la police italienne a annoncé avoir « préventivement » mis le bateau sous séquestre dans le cadre d’une enquête entamée en octobre 2016. Le navire est soupçonné d’avoir eu « des comportements favorisant l’immigration illégale ».

      Cet incident intervient quel­ques jours après que Jugend Rettet a refusé de signer le code de conduite présenté par le Gouvernement italien. Ce texte édicte treize règles sur le sauvetage des migrants en Méditerranée, interdisant par exemple aux ONG d’entrer dans les eaux libyennes et les obligeant à échanger avec le Centre de coordination maritime de Rome. Le Ministère de l’intérieur italien avait prévenu : sans signature du code de conduite, les ONG ne pourraient pas être incluses dans le système officiel de sauvetage en mer.

      Accusations colportées par les antimigrants :

      « Favoriser l’immigration illégale », c’est ce qui est reproché aux ONG par une partie de l’opinion publique italienne, depuis maintenant plusieurs mois. Certains les accusent de créer un appel d’air : avec les sauvetages, elles pousseraient encore plus de migrants à tenter la traversée. L’Italie est débordée par l’afflux migratoire. C’est dans ce con­texte de controverses et de pressions que le pays a proposé ce code de conduite visant à réguler l’action de sauvetage menée par les ONG en Méditerranée.

      Mais pour la cofondatrice de SOS Méditerranée, Sophie Beau, ce texte reprend des accusations initialement colportées par certains milieux antimigrants : « La formulation laisse entendre qu’il y aurait collusion des ONG avec les passeurs. »

      Les négociations autour du texte et de ses amendements ont pris fin lundi dernier. Proactiva Open Arms, Save the Children et Migrant Offshore Aid Station ont signé le texte. Cinq autres ONG ont refusé : Médecins sans frontières (MSF), SOS Méditerranée et les organisations allemandes Sea Watch, Sea Eye et Jugend Rettet. Plusieurs points du texte cristallisent des tensions.

      Pas d’armes à bord

      L’interdiction de transférer les personnes secourues sur d’autres navires « sauf en cas de demande du Centre de coordination maritime (MRCC) », est vivement critiquée par les ONG. « On nous interdit presque les transferts, même si ce n’est pas formulé comme cela », explique Sophie Beau. « Cela n’a pas de sens, mardi encore, huit cadavres récupérés par Proactiva Open Arms ont été transférés sur l’un de nos bateaux. »

      « Si on doit ramener au plus vite les personnes secourues sur les côtes, sans pouvoir faire de transferts, on prend le risque d’avoir plus de morts ! » ajoute Corinne Torre, chef de mission France de Médecins sans frontières.

      L’autre point de friction, c’est la présence imposée de policiers éventuellement armés à bord des navires des ONG. « Le Gouvernement italien a dit qu’il ne pouvait pas préciser si les policiers seraient armés », raconte Sophie Beau. « Or notre mission est de protéger les personnes que nous secourons, qui vien­nent juste de vivre un traumatisme. Nous n’avons rien à cacher, mais nous ne pouvons pas accepter une interférence dans notre mission humanitaire, et d’avoir des armes à bord. »

      Même son de cloche chez MSF : « Nous refusons les armes dans tous nos programmes. Si on accepte, on va nous assimiler avec la police, et notre mission reste médicale. »

      Moyens de sauvetage insuffisants

      Refusant tout positionnement radical, Sophie Beau insiste : « Nous sommes dans un esprit de dialogue. Nous sommes prêts à signer si les ambiguïtés sont levées. » Elle se montre cependant peu optimiste quant à l’efficacité réelle de ce texte : « Ce qui est ridicule, c’est que cela ne va amener aucun progrès dans le fonctionnement des sauvetages. Il n’y a aucune garantie pour les ONG. »

      « Avec cette polémique sur le code de conduite, on ne parle plus du fond, déplore la cofondatrice de SOS Méditerranée. Cela détourne l’attention du fait que les Etats ne mettent pas en place suffisamment de moyens de sauvetage. Pour moi c’est une stratégie de détournement. L’Italie subit une grosse pression de l’opinion publique, et c’est sa manière de répondre, mais cela ne résout en rien le problème migratoire. »

      L’Union européenne a réaffirmé son soutien à l’Italie. Lors d’un point presse mardi, la porte-­parole de la Commission européenne, Natasha Bertaud, a déclaré : « L’idée d’un code de conduite a été soutenue de façon unanime par les Ministères de l’intérieur (des 28 pays membres). Cette mesure contribuera à une meilleure gestion des flux migratoires. » Depuis le début de l’année, 111 514 migrants sont arrivés en Europe, dont 93 500 en Italie, selon l’Organisation internationale pour les migrants.

      https://m.lecourrier.ch/151516/tension_entre_des_ong_et_l_italie

    • Migrant rescue vessel stranded off Malta

      A migrant rescue boat, the Golfo Azurro, is currently just off the coast of Malta, awaiting instructions on where it can disembark irregular migrants that it picked up in Libya.

      A spokesman for the Armed Forces said that there was very little information at the moment and contact is still being established with the trawler, although some of the NGO volunteers on board wish to disembark in Malta.

      Unconfirmed reports say that the vessel picked the migrants up off Libya and that Italy has not given permission for it to drop them off. Marine traffic websites show the vessel as being ’at orders Sicily’.

      It is not yet known how many migrants are on board.


      https://www.timesofmalta.com/mobile/articles/view/20170807/local/migrant-rescue-vessel-stranded-off-malta.655117

    • Sorpresa, spunta il prete amico della Boldrini dalle chat segrete delle Ong

      Un’inchiesta del Giornale rivela la presenza di una chat, parallela ai soccorsi ufficiali, fra le navi delle Ong di fronte alla Libia, nella quale si legge che un prete molto noto segnala nella chat dove andare a prendere i barconi. Si tratta del religioso che venne accolto con tutti gli onori alla Camera dalla presidente Laura Boldrini. Naturalmente.


      http://www.secoloditalia.it/2017/08/sorpresa-spunta-il-prete-amico-della-boldrini-dalle-chat-segrete-delle

    • ONG, l’inchiesta di Trapani, Zuccaro e il codice di condotta: domande e risposte

      Il 2 agosto viene fermata dalla Guardia Costiera italiana l’imbarcazione “Iuventa” della ONG tedesca, Jugend Rettet, e scortata nel porto di Lampedusa. In un primo momento, il comandante della Capitaneria di porto della città, Paolo Monaco, aveva comunicato che si trattava «di un normale controllo, che abbiamo fatto e che non comporterà alcun problema». Ma durante la giornata viene pubblicata la notizia che l’imbarcazione dell’organizzazione non governativa era stata messa sotto sequestro preventivo dal giudice delle indagini preliminari (gip) su richiesta della Procura di Trapani. I magistrati siciliani, come riferito in Parlamento nel maggio scorso, stavano portando avanti delle indagini con ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che coinvolgevano «anche non le ONG ma soggetti appartenenti alle organizzazioni non governative». In quell’occasione però non vennero fornite da parte dei pm indicazioni su quale ONG fosse coinvolta nell’inchiesta.

      http://www.valigiablu.it/ong-migranti-inchiesta-trapani-zuccaro-codice-condotta

    • L’indagine sulla ong tedesca e la nave Iuventa. Le accuse, l’infiltrato e i rapporti tesi con Roma

      Cronaca – Tre giorni fa l’imbarcazione è stata sequestrata dalla Procura di Trapani. Le 150 pagine del dispositivo passano in rassegna le contestazioni, partite da due dipendenti di una società di sicurezza e da un agente sotto copertura. Secondo il giudice però «trafficanti e appartenenti alle ong sono agli antipodi»

      http://meridionews.it/articolo/57593/lindagine-sulla-ong-tedesca-e-la-nave-iuventa-le-accuse-linfiltrato-e-i-

    • Tutte le accuse contro l’ong Jugend Rettet

      Le accuse contro la Iuventa
      Le indagini della procura di Trapani, guidata da Ambrogio Cartosio, sono andate avanti contemporaneamente all’approvazione di un codice di condotta voluto dal governo italiano per le ong attive nel Mediterraneo. Il codice, che prevede tra le altre cose la presenza di agenti armati della polizia giudiziaria a bordo delle navi, non è stato firmato da alcune organizzazioni, tra cui la tedesca Jugend Rettet.

      Il 2 agosto il giudice per le indagini preliminari di Trapani Emanuele Cersosimo, accogliendo la richiesta della procura, ha emesso un decreto di sequestro preventivo della nave Iuventa della Jugend Rettet. La motopesca è stata scortata dalla guardia costiera italiana fino al molo di Lampedusa, prima di essere trasferita al porto di Trapani.

      L’ipotesi di reato su cui la procura siciliana sta lavorando è quella di cui Cartosio aveva già parlato a maggio: favoreggiamento dell’immigrazione illegale aggravata, secondo l’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione 286 del 1998. I nomi dei sospettati non sono ancora noti e si procede contro ignoti. L’aggravante è data dal fatto che l’ingresso illegale ha riguardato più di cinque persone e la pena prevista per questo tipo di reato va da cinque a quindici anni di reclusione e una multa di 15mila euro per ogni persona che è stata favorita nell’ingresso in Italia.

      Gli episodi contestati alla nave Iuventa sono tre

      Il procuratore aggiunto di Trapani in una conferenza stampa ha spiegato che “gli episodi contestati alla nave Iuventa sono tre, avvenuti il 10 settembre del 2016, il 18 giugno del 2017 e il 26 giugno 2017”. Cartosio ha detto che durante questi episodi sono stati documentati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e membri dell’equipaggio della nave”.

      Un’attività per la quale, secondo la procura, i membri dell’equipaggio non ricevono alcun compenso dai trafficanti, “la motivazione riteniamo resti essenzialmente umanitaria”. Inoltre, secondo le indagini, gli operatori della Iuventa avrebbero lasciato alla deriva tre imbarcazioni, non distruggendole, e questo avrebbe permesso ai trafficanti di recuperarle. Le fonti dell’indagine sarebbero delle foto e dei video girati da alcuni agenti sotto copertura, imbarcati a bordo della nave Vos Hestia, dell’organizzazione umanitaria Save the children, attiva nello stesso tratto di mare.

      Sempre secondo la procura, non ci sarebbero stati gli estremi dello stato di necessità per procedere a un’attività di soccorso, cioè non ci sarebbe stato un imminente pericolo per le persone soccorse, e per questo l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina rimarrebbe in piedi.

      Un reato ad ampio raggio
      In Italia il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è stato introdotto nel 1998 e colpisce chiunque aiuti dei cittadini stranieri a entrare nel paese in maniera irregolare, anche a scopi umanitari e senza lucro.

      “È un reato molto particolare, perché è un reato di pericolo”, spiega l’avvocato Guido Savio, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). “Non solo punisce chi effettua il trasporto, chi finanzia, chi gestisce, chi organizza il traffico di esseri umani, ma anche chi aiuta l’ingresso e questo a prescindere dal fatto che l’ingresso si verifichi”. Questa seconda parte della norma comporta uno spettro molto ampio di applicazione.

      https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/08/08/accuse-ong-iuventa-jugend-rettet

    • Noi del Moas in mare da tre anni per colmare le lacune d’Europa

      La migrazione è senza dubbio il tema che sta segnando irrimediabilmente la nostra epoca. Nonostante sia parte integrante della storia umana e appaia come una caratteristica insita del genere umano, adesso viene presentata come fosse una tragica novità. Ogni giorno veniamo letteralmente inondati di notizie, più o meno veritiere, che affrontano il tema dei flussi migratori nel bacino del Mediterraneo. Sono questi, infatti, quelli che ci riguardano più da vicino perché vanno a toccare i nostri assetti socio-economici e destabilizzare le nostre politiche nazionali.

      http://www.huffingtonpost.it/regina-catrambone/moas-3-anni-di-ricerca-e-soccorso-in-mare_a_23068724

    • Perché la questione delle ONG nel Mediterraneo sembra una fake news architettata da siti esteri

      Adesso che la Commissione difesa del Senato ha chiuso l’indagine conoscitiva sul ruolo delle ONG nel Mediterraneo, scagionandole da ogni ipotesi di complotto con i trafficanti, e le acque si sono dunque calmate, è giunto il tempo di fermarsi a riflettere su come si sia formato il vortice mediatico, politico e persino giudiziario sulle operazioni di salvataggio compiute nel Mediterraneo.

      http://www.huffingtonpost.it/costanza-hermanin/perche-la-questione-delle-ong-nel-mediterraneo-sembra-una-fake-n_a_22

      Dans cet article, on dit que cette vidéo a été celle qui a enclenché la polémique. C’est une vidéo publiée par #Gefira (que vous trouvez aussi dans le fil sur les #identitaires) :
      https://www.youtube.com/watch?v=eDBNyEplPOk

      Et l’article publié par Gefira toujours quelques jours après avoir publié la vidéo :

      Caught in the act : NGOs deal in migrant smuggling
      https://gefira.org/en/2016/11/15/caught-in-the-act-ngos-deal-in-migrant-smuggling

      Et un autre qui a suivi quelques jours après :

      NGOs are smuggling immigrants into Europe on an industrial scale
      https://gefira.org/en/2016/12/04/ngos-are-smuggling-immigrants-into-europe-on-an-industrial-scale

      Puis la nouvelle fait le tour de plein de sites douteux :

      Le parole di Gefira sono presto riprese da altri siti di disinformazione, per esempio il bulgaro #Zero_Hedge, altro sito che si autodefinisce specializzato in finanza, ma che è stato smascherato sia dai media americani, sia dalle istituzioni finanziarie che lo hanno descritto come"conspirational" e filorusso. Il post di Zero Hedge che riprende Gefira è stato condiviso 4.500 volte su Twitter. Altre riprese di dicembre: #Dailystormer, sito neonazista, #Southfront, filorusso, #Shoebat e #Barenakedislam, islamofobi.

      La news arriva in Italia tramite un altro sito di disinformazione apertamente filorusso, #SitoAurora, che riprende la notizia di Gefira il 7 dicembre. L’8 dicembre la notizia è su #comedonchisciotte.org

      Et enfin, le 6 mars, arrive la vidéo en italien de #Luca_Donadel qui a été vue presque 700’000 fois :

      Mesi più tardi, il 6 marzo, il blogger Luca Donadel – in quello che diverrà un video virale – riprende esattamente metodologia e informazioni del sito Gefira per avvalorare la tesi della cospirazione delle ONG.

      –-> https://www.youtube.com/watch?v=dP4rYgJKo_w

    • Con Don Mussie Zerai. Noi non abbiamo paura

      Mi riservo di controbattere nelle sedi legali opportune a questa serie di calunnie che mi sono state indirizzate. Per il momento posso dire di aver ricevuto solo la mattina di lunedì 7 agosto, mentre rientravo da un viaggio di lavoro, la notizia che la Questura di Trapani dovrebbe notificarmi l’avviso di un procedimento per conto della locale Procura. Immagino che sia un provvedimento ricollegabile all’inchiesta aperta sulla Ong Jugend Rettet. Se di questo si tratta, posso affermare in tutta coscienza di non aver nulla da nascondere e di aver agito sempre alla luce del sole e in piena legalità. A parte l’iniziativa di Trapani, di cui ho già informato i miei legali in modo da prenderne visione ed eventualmente controbattere in merito, non sono stato chiamato in alcuna altra sede per giustificare o comunque rispondere del mio operato in favore dei profughi e dei migranti.

      http://www.a-dif.org/2017/08/09/con-don-mussie-zerai-noi-non-abbiamo-paura

    • Migranti. Indagato Mussie Zerai, prete candidato al Nobel che segnala i barconi in difficoltà

      Don Mussie Zerai è indagato dalla Procura di Trapani nell’ambito di indagini su attività di salvataggio dei migranti in cui sarebbero coinvolte delle ong. “Ho ricevuto dalla procura di Trapani una comunicazione che c’è una indagine sul mio conto, una indagine che risale al 2016. Non so altro, non cosa mi sia contestato”, ha confermato il sacerdote eritreo candidato al Nobel per la pace nel 2015, fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, per la Cooperazione allo Sviluppo.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/09/migranti-indagato-mussie-zerai-prete-candidato-al-nobel-che-segnala-i-barconi-in-difficolta/3785447

    • Per una alternativa a Minniti ed ai suoi servizi, per il diritto alla vita.

      Dopo il sequestro della nave Juventa dell’organizzazione tedesca Jugend Rettet e le notizie, ancora assai poco circostanziate, del coinvolgimento di Don Mussie Zeraj nell’inchiesta promossa dalla Procura di Trapani, avviata a seguito di alcune segnalazioni ricevute da ambienti vicini ai servizi segreti, sembra che la linea del ministro dell’interno Minniti stia ottenendo risultati eccellenti. Da una parte è stato spaccato il fronte delle ONG, e anche alcune che avevano dichiarato di non accettare il codice di condotta lo hanno poi firmato, da un’altra parte si collega il rallentamento delle partenze dalla Libia, praticamente dimezzate rispetto ai mesi di luglio ed agosto dello scorso anno, con il maggiore rigore contro le navi umanitarie e soprattutto con la messa in opera degli accordi stipulati con il governo Serraj il 2 febbraio scorso.

      http://www.a-dif.org/2017/08/10/per-una-alternativa-a-minniti-ed-ai-suoi-servizi-per-il-diritto-alla-vita

    • Don Zerai indagato, chi salva vite è un eroe e non un criminale

      Oskar Schindler ben avrebbe potuto essere indagato, imputato, condannato dalla Germania nazista per avere salvato più di mille ebrei dallo sterminio. Carlo Angela, papà del giornalista televisivo Piero, dando rifugio nella sua clinica a tantissimi ebrei, li salvò dalla furia nazi-fascista e dunque dalla morte. Moussa Abadi era un ebreo siriano e, insieme al vescovo di Nizza, Paul Rémond, salvò centinaia di bambini ebrei nascondendoli da chi li rastrellava.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/10/don-zerai-indagato-chi-salva-vite-e-un-eroe-e-non-un-criminale/3786821

    • Perché stare dalla parte delle Ong e di don Zerai

      “Il mio intervento è stato concepito nel medesimo spirito dell’operazione Mare Nostrum – varata nel novembre 2013 dal Governo italiano sulla scia della tragedia del 3 ottobre a Lampedusa e purtroppo revocata dopo un anno – nella convinzione che se programmi del genere fossero in vigore ad opera delle istituzioni europee o magari dell’Onu, probabilmente non sarebbe stata necessaria la mobilitazione delle Ong e, più modestamente, quella di Habeshia nel Mediterraneo. Fermo restando che il problema non si risolve con il soccorso in mare, per quanto tempestivo ed efficiente, ma, nel breve/medio periodo, con l’organizzazione di canali legali di immigrazione e con una riforma globale del sistema europeo di accoglienza e, nel lungo periodo, con una stabilizzazione/pacificazione dei paesi travolti da situazioni di crisi estrema che costringono migliaia di persone a fuggire ogni mese”.

      http://www.tempi-moderni.net/2017/08/11/perche-stare-dalla-parte-delle-ong-e-di-don-zerai

    • Minniti scatena l’alleato libico e piega la chiesa. Fuoco incrociato sulle ONG.

      La guerra alle ONG che fanno soccorso in mare sembra giunta ad un punto di svolta, con l‘attacco a fuoco di una motovedetta di Tripoli e la dichiarazione di interdizione del passaggio in acque internazionali ricadenti nella zona SAR libica rivolta soltanto alle navi delle stesse organizzazioni governative, incluse anche quelle che hanno recentemente capitolato, firmando un Codice di condotta con il ministro dell’interno. Azioni sinergiche che stanno preparando veri e propri respingimenti collettivi come quelli per i quali nel 2012 l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

      http://www.a-dif.org/2017/08/11/minniti-scatena-lalleato-libico-e-piega-la-chiesa-fuoco-incrociato-sulle-ong

    • Ong, modifiche al codice: così firma anche Sos Méditerranée

      Polizia a bordo solo su mandato della magistratura e trasbordi permessi sotto il coordinamento della Guardia costiera: sono i due emendamenti al Codice di comportamento che hanno convinto Sos Mediterranèe a firmare al Viminale

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/08/11/news/ong_polizia_a_bordo_solo_su_mandato_della_magistratura_e_trasbordi_permessi_sotto_il_coordinamento_della_guardia_costiera-172856689/?ref=twhr

    • «Salvare i migranti nel Mediterraneo è compito degli Stati, non delle ong»

      Il sacerdote eritreo Mussie Zerai, residente in Svizzera, è indagato dalla Procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Intervistato da swissinfo.ch, “l’angelo dei profughi” denuncia quella che definisce «una campagna denigratoria contro chi fa solidarietà» e chiama l’Europa ad assumersi le proprie responsabilità.


      https://www.swissinfo.ch/ita/prete-eritreo-mussie-zerai_-salvare-i-migranti-nel-mediterraneo-%C3%A8-compito-degli-stati--non-delle-ong-/43404756?srg_sm_campaign=general&srg_sm_medium=soc&srg_sm_source=sflow

    • Ostacoli all’assistenza umanitaria creeranno un gap letale nel Mediterraneo

      A seguito di queste ulteriori restrizioni all’assistenza umanitaria indipendente e dell’aumento dei blocchi che costringono i migranti in Libia, MSF ha deciso di sospendere temporaneamente le attività di ricerca e soccorso della propria nave, la Prudence. L’équipe medica di MSF continuerà a supportare le attività di soccorso a bordo della nave Aquarius, di SOS Mediterranee, che al momento sta pattugliando le acque internazionali.

      http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/ostacoli-all%E2%80%99assistenza-umanitaria-creeranno-un-gap-let

    • Medici senza frontiere sospende salvataggi in mare. «C’è un assalto inaccettabile alla dignità dell’uomo»

      Dopo l’annuncio di una zona Sar libica estesa cento miglia in cui le ong non sono accette, Msf annuncia di ritirarsi. «Se le navi umanitarie vengono spinte fuori dal Mediterraneo, coloro che non annegheranno saranno intercettati e riportati in Libia, luogo di illegalità, di detenzione arbitraria e di estrema violenza»

      http://meridionews.it/articolo/57812/medici-senza-frontiere-sospende-salvataggi-in-mare-ce-un-assalto-inaccet

    • Replica. Moas: «Portiamo i migranti dove ordina la Guardia Costiera»

      Tempi duri per le ong schierate in prima linea nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo. Nonostante le decine di migliaia di vite umane salvate, sono finite sul banco degli imputati con l’accusa di essere complici se non addirittura al soldo dei trafficanti. Prima attaccate da Frontex, poi citate in audizione alla Commissione Schengen dal procuratore di Catania Zuccaro, il quale non ha nascosto dubbi sul loro proliferare, lo spingersi fino alle coste libiche e i sospetti sui finanziamenti per tenere le navi in mare. Infine, oggetto di una indagine parlamentare annunciata dal senatore Nicola Latorre. Tra le organizzazioni nel mirino c’è Moas - fondata nel 2014 dai coniugi Catrambone, imprenditori italo americani con base a Malta - la prima a mettere in mare una nave privata salva migranti, la Phoenix. Regina Catrambone, nel 2015 nominata dal Capo dello Stato Ufficiale al merito della Repubblica per l’attività di localizzazione e soccorso in mare, non nasconde l’amarezza per gli attacchi di questi giorni a pochi giorni dal ritorno in missione della ’Phoenix’ il prossimo primo aprile dopo tre mesi di stop e mentre cerca di aprire un canale umanitario con La Libia, che ritiene l’unica via per spezzare la catena dei viaggi della morte.

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/moas-portiamo-i-migranti-dove-ordina-la-guardia-costiera

    • Chi denuncia Don Mussie infanga ognuna/o di noi

      Siamo persone privilegiate perché nel nostro cammino abbiamo incontrato una persona straordinaria come Don Mussie Zerai, da cui tanto tuttora impariamo. Lo abbiamo incontrato quando c’era da piangere e celebrare i morti e quando c’era da salvare i vivi, chiunque, indipendentemente dalla provenienza. Abbiamo apprezzato negli anni lo scrupolo con cui ha sempre operato nel pieno rispetto di quelle istituzioni – come la Guardia costiera italiana – impegnate ad affrontare drammi umanitari che passeranno alla storia, considerandole partner di riferimento, soggetti a cui affidare la sorte di chi era sull’orlo dell’abisso, in mare così come nei paesi di transito.

      http://www.a-dif.org/2017/08/12/chi-denuncia-don-mussie-infanga-ognunao-di-noi

    • Il codice di distrazione di massa. Ovvero dell’arte di accusare le Ong per nascondere l’inferno dove rimandare i migranti

      “Cinque Ong su otto, hanno firmato il codice di condotta del Viminale”. Il messaggio è chiaro, serve a dimostrare chi sta vincendo il braccio di ferro sulle “regole da adottare nel Mediterraneo”. Vince il Viminale che ha convinto la maggioranza delle Ong a stare dalla sua parte. Questo appare dalle cronache di queste ore. Ha poca importanza se il contenuto del codice è cambiato radicalmente e se, per come oggi è stato trasformato su pressione della quinta Ong che ha firmato, è diventato un foglio inutile che non cambia di una virgola le regole che c’erano prima, le regole del diritto internazionale, le regole del mare. Sos Mediterranee, la quinta Ong, ha chiesto ed ottenuto di allegare al codice un “addendum” che risolve i nodi principali della discussione ovvero la presenza degli agenti armati a bordo e del divieto ai trasbordi su altre barche dei migranti soccorsi. Risolve i nodi nel senso che li elimina: non c’è più l’obbligo di far salire uomini di polizia giudiziaria armati a bordo e non c’è più il divieto ai trasbordi. Improvvisamente dunque, scompaiono i due elementi centrali di tutta la polemica che da settimane occupa le prime pagine dei giornali e le discussioni nei bar di questo nostro strano paese. “se non vogliono la polizia hanno qualcosa da nascondere” si diceva. Ma adesso la polizia armata non è più un elemento così importante da imporre a bordo delle navi Ong. Tutto ritorna, come era prevedibile ed inevitabile, sotto il controllo della guardia costiera, come se nulla fosse. Cinque Ong su otto hanno aderito ad un codice che, sostanzialmente, non c’è più. Ma perché allora, tanto rumore fino ad oggi?

      https://www.articolo21.org/2017/08/il-codice-di-distrazione-di-massa-ovvero-dellarte-di-accusare-le-ong-per

    • Msf, stop dopo le minacce: chi e perché vuole fermare i volontari

      La polemica sulle organizzazioni non governative aiuta il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. Se l’Italia fosse un’azienda privata avrebbe già licenziato il suo rappresentante per l’estero: il ministro Alfano ha gravissime colpe.

      http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/08/12/news/msf-chi-e-perche-vuole-fermare-i-volontari-1.307856?ref=HEF_RULL

    • "Continuerò a salvare vite umane. Come ho sempre fatto in questi anni"

      Il prete, di origne eritrea, è sotto attacco. Perché? Il suo «reato» è aiutare i profughi comunicando alle autorità dove si trovano. Colpevole, cioè, di quella nuova fattispecie giuridica che si sta pericolosamente affermando: il “reato umanitario”. «Questo clima», dice, «serve a non parlare dei veri problemi. I trafficanti esistono perché non ci sono alternative legali. Se si vuole combattere il traffico di esseri umani, occorre rendere possibili delle vie sicure di ingresso in Europa».

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/continuero-a-salvare-vite-umane-come-ho-sempre-fatto-in-questi-a

      Le texte complet de l’article:

      Msf, stop dopo le minacce: chi e perché vuole fermare i volontari

      La polemica sulle organizzazioni non governative aiuta il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. Se l’Italia fosse un’azienda privata avrebbe già licenziato il suo rappresentante per l’estero: il ministro Alfano ha gravissime colpe. L’ingrandimento sull’Espresso in edicola domenica

      DI FABRIZIO GATTI
      12 agosto 2017

      L’effetto della campagna del governo contro le Ong è ormai evidente: togliere di mezzo la presenza (e i testimoni) delle organizzazioni non governative a ridosso delle acque territoriali libiche, per lasciare mano libera alla Guardia costiera di Tripoli ed eventualmente alla Marina militare italiana nel fermare i barconi e i gommoni carichi di profughi. Silvio Berlusconi e Roberto Maroni le chiamavano con orgoglio operazioni di respingimento, perché questo portava loro voti. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti e il Pd le definiscono più laicamente operazioni di soccorso. Ma della stessa operazione si tratta.

      In sostanza, stiamo consegnando un’altra volta alla Libia il totale monopolio dell’arma degli sbarchi, senza preoccuparci troppo di quello che accade più a Sud nei luoghi d’origine dell’emigrazione. Finita l’estate, spenta questa esagerata polemica sugli interventi umanitari, scopriremo che il problema va oltre le Ong. Ed è ben più grave, come l’eredità degli anni scorsi ci insegna. A meno che non vogliamo consolarci con alcune migliaia di arrivi in meno, come l’andamento del 2017 sembra annunciare.

      GLI EFFETTI COLLATERALI
      È evidente che l’Italia non possa farsi carico da sola ogni anno dell’accoglienza e dell’integrazione di 180 mila persone, di cui gran parte uomini in giovane età. Ed è indispensabile e auspicabile cercare soluzioni anche a breve termine. Ma se sono aumentate le partenze dalla Libia, non è certo per la presenza nel Mediterraneo degli spavaldi attivisti tedeschi di “Jugend Rettet” sotto inchiesta per aver avuto, secondo la Procura di Trapani, rapporti fin troppo ravvicinati con i trafficanti. E non è nemmeno colpa di organizzazioni che si sono sempre coordinate con la Guardia costiera, come “Medici senza frontiere” o “Save the children”.

      Perfino il codice di comportamento voluto da Minniti è un falso problema: il ministero dell’Interno ha sempre avuto il desiderio di dividere il volontariato tra mansueti da premiare e rompiscatole da allontanare, tra quanti sono disposti a chiudere un occhio e quanti si dimostrano rigorosi nel rispetto delle norme. Lo si è visto nel 2013 nel centro di accoglienza di Lampedusa: per diversi giorni alcuni volontari del progetto governativo “Praesidium” hanno tollerato il fatto che intere famiglie con i loro bambini piccoli venissero tenute a dormire sotto gli alberi, mentre la notte i cani randagi urinavano sulle loro coperte. Anche per questo bene fa “Medici senza frontiere” a rispettare la sua neutralità e a non voler prendere a bordo agenti armati. Un codice di condotta simile a quello imposto dal Viminale oggi metterebbe fuori gioco perfino Henry Dunant, il fondatore della Croce Rossa e primo premio Nobel per la pace.

      Non dobbiamo però sottovalutare gli effetti collaterali. Fin dove si spingeranno i barconi senza più la presenza costante delle Ong al largo della Libia? Fin dove arriveranno i cadaveri dispersi in mare? È sempre la cronaca del 2013, prima dell’arrivo delle organizzazioni umanitarie e prima dell’impiego della Marina con l’operazione “Mare nostrum”, a suggerirci una risposta: 13 annegati davanti ai turisti sulla spiaggia di Sampieri in Sicilia il 30 settembre; 366 annegati davanti a Cala Madonna a Lampedusa il 3 ottobre; 268 annegati a 60 miglia a Sud di Lampedusa l’11 ottobre.

      IL CORRIDOIO UMANITARIO
      Dopo la fine di “Mare nostrum”, l’apertura del corridoio umanitario delle Ong ha ridimensionato l’impiego delle navi cargo nelle operazioni di soccorso: con un conseguente beneficio sui costi e i tempi dei commerci nel Mediterraneo. L’unica alternativa, la prassi adottata dall’Italia fino al 2013, coinvolge invece il traffico commerciale. Ed è spiegata proprio nelle comunicazioni che accompagnano i presunti ritardi, prima del naufragio dell’11 ottobre di quell’anno. Dice al telefono un ufficiale della Guardia costiera italiana alla collega maltese che chiede l’intervento della Libra, il pattugliatore della nostra Marina: «Penso che sia una buona idea cominciare a coinvolgere anche una nave commerciale... Di solito noi lavoriamo in questo modo. Impieghiamo le nostre unità più grandi per avvistare (i barconi). E dopo se ci sono navi commerciali, noi preferiamo impiegare quelle e poi organizzare incontri con i nostri pattugliatori più piccoli. Perché noi non vogliamo perdere l’area... Bene, penso che il capo deve provare a trovare una nave commerciale».

      L’assurda procedura quel giorno si conclude con una strage di profughi siriani, tra cui sessanta bambini, rimasti per cinque ore in inutile attesa sul peschereccio che stava affondando. Nave Libra ad appena una decina di miglia, meno di un’ora di navigazione, era stata mandata a nascondersi: nonostante nessuna nave commerciale fosse arrivata nelle vicinanze.
      Se questa tornerà a essere la prassi, avremo forse qualche arrivo da vivi in meno. Ma probabilmente molti cadaveri sulle nostre spiagge in più.

      BOCCIATI IN FRANCESE
      La polemica sulle Ong aiuta soprattutto il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. A fine luglio il presidente francese Emmanuel Macron ha sgambettato l’Italia e portato a un (fragile) accordo il premier di Tripoli, Fayez al Serraj, sostenuto dall’Onu e da Roma e il signore della guerra di Bengasi, il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Parigi.

      Se Palazzo Chigi fosse un’azienda privata, andrebbe licenziato il rappresentante per l’estero. Il ministro Angelino Alfano infatti avrebbe potuto fare di più: dal primo gennaio al 30 giugno è stato una sola volta a Tripoli, una sola volta a Tunisi e mai, proprio mai, in almeno uno dei tanti Paesi africani o asiatici che con i loro cittadini impegnano così intensamente il nostro bilancio statale tra soccorsi e accoglienza. Lo confermano i piani di volo dell’aereo usato da Alfano.

      Il suo omologo francese, il socialista Jean-Yves Le Drian, artefice del vertice Serraj-Haftar di fine luglio, è invece stato trentadue volte in Africa come ministro della Difesa nel precedente governo. E dal 17 maggio di quest’anno, giorno della sua nomina agli Esteri, ha già visitato Tunisia, Algeria, Egitto, Stati subsahariani, Emirati, Arabia Saudita e Qatar per preparare il consenso allo “sbarco” francese in Libia.

      Il generale Haftar cura da tempo gli interessi di Parigi nel tentativo di sottrarre all’influenza italiana i pozzi e i terminal della Mezzaluna petrolifera in Cirenaica, nell’Est. L’Eni rischia così di perdere alcuni futuri contratti. La pace con il premier di Tripoli, che a Ovest guida il Governo di accordo nazionale, però non è detto che regga. Solo l’annuncio italiano di inviare la nave militare “Comandante Borsini” in acque libiche per assistere la locale Guardia costiera contro i trafficanti di uomini, così come avrebbe richiesto Serraj, ha messo d’accordo tutte le fazioni.

      Lo stesso vice di Serraj, Fathi Al-Majbari: «È una violazione della sovranità della Libia e degli accordi in vigore. L’azione di Serraj non rappresenta il governo». Il figlio del dittatore Muhammar Gheddafi, Saif al Islam, tornato libero due mesi fa: «È un’operazione coloniale». Lo stato maggiore di Haftar: «Bombarderemo le navi italiane». Un bel pasticcio diplomatico.

      IL MERCATO DEGLI SCHIAVI
      Se il governo di Paolo Gentiloni si prende la responsabilità di consegnare i profughi alle autorità di Tripoli, bisogna ricordare che la Libia continua a essere un Paese in guerra che non ha mai firmato le convenzioni sui rifugiati. E che per questo l’Italia è già stata condannata in passato, dopo gli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, da risoluzioni del Parlamento europeo che avevano vietato i respingimenti. Basta leggere gli ultimi rapporti dello Iom, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, che non è una Ong ma un organismo intergovernativo costituito da 166 Stati membri.

      Uno dei dossier più drammatici è della primavera scorsa. Denuncia il mercato degli schiavi allestito in un parcheggio a Sebha, nel Sud della Paese, lungo la rotta che dal Niger sale verso il Mediterraneo: «I migranti subsahariani vengono venduti e comprati dai libici, con l’aiuto di trafficanti ghaniani e nigeriani che lavorano per loro».


    • Photo reçue de Fulvio Vassallo le 13.08.2017 avec ce commentaire :

      La nave di Frontex Triton #Olimpic_Commander ferma da due giorni a Trapani . Non salvano nessuno. Non intercettano trafficanti. Staranno setacciando la nave Juventus bloccata sotto sequestro nello stesso porto. A prua della nave si vede una struttura aggiunta di recente e non presente nelle foto di archivio della stessa nave. Hanno aggiunto una piattaforma per elicotteri in modo da disporre di mezzo veloci di pronto intervento. Ma per il momento si limitano a leggere le carte della Juventa. Bastava mandare una squadra di polizia.

    • Reçu de Fulvio Vassallo le 13.08.2017:

      Procura Trapani, indagati comandanti nave «Iuventa» =
      (AGI) - Trapani, 12 ago. - Salgono a quattro gli indagati
      nell’’inchiesta della Procura di Trapani su Ong e soccorsi ai
      migranti. Oltre al sacerdote eritreo don Mussie Zerai, iscritto
      dai Pm nei giorni scorsi, sono indagati anche i due comandanti
      della «Iuventa», la nave della Ong tedesca Jugend Rettet, e un
      terzo membro dell’’equipaggio. L’’accusa per tutti e’’ di
      favoreggiamento dell’’immigrazione clandestina. Ai due
      comandanti, Jakob Shroter e Jonas Buya, e al marittimo e’’ stato
      notificato da agenti della Squadra mobile l’’avviso di proroga
      delle indagini. A don Zerai, presidente della dell’’agenzia di
      informazione Habeshia e punto di riferimento degli s.o.s. dei
      migranti in navigazione nel Mediterraneo, era stata inviata in
      precedenza un’’informazione di garanzia. Si tratta - dicono da
      ambienti giudiziari - di provvedimenti obbligatori, legati ai
      fatti emersi durante le indagini. Nell’’ambito dell’’inchiesta,
      condotta dai pm Andrea Tarondo e Antonio Sgarrella, era stato
      disposto il sequestro della nave «Iuventa», che tuttora si
      trova ormeggiata nel porto di Trapani. (AGI)
      Tp2/Rap
      121852 AGO 17

    • Il mondo alla rovescia. Storia di padre #Mussie_Zerai che salva i naufraghi, è stato candidato al nobel e, in Italia, finisce sotto accusa

      “Stiamo vivendo un paradosso: chi salva viene accusato di favoreggiamento e di complicità con i trafficanti e chi omette il soccorso resta impunito. È un mondo alla rovescia.” Il tono di voce di padre Mussie è sempre molto pacato. Parole misurate anche per parlare di una indagine che lo vede sotto inchiesta come complice dei trafficanti di uomini. “Mi aspettavo che i magistrati prima o poi avrebbero voluto ascoltarmi. Non mi aspettavo che volessero sentirmi come indagato.”


      https://www.articolo21.org/2017/08/il-mondo-alla-rovescia-storia-di-padre-mussie-zerai-che-salva-i-naufragh

    • I libici impongono il «pizzo» sui salvataggi. Le Ong minacciate e taglieggiate per le attività nel Mediterraneo

      Non solo abbordati, minacciati, mitragliati. Ma ora anche taglieggiati. Nasce il «pizzo» sul salvataggio di migranti. Gestito da ufficiali della Guardia Costiera di Tripoli. È questa, confidano all’HuffPost fonti vicine ad Ong spagnole e tedesche, una delle ragioni, oltre quella della sicurezza, che hanno portato a una scelta estremamente grave. La sicurezza al primo posto, certo, ma fuori dall’ufficialità, il mondo delle Ong dà conto di una «sindrome di accerchiamento» che ogni giorno si alimenta di nuovi elementi che, messi insieme, ricostruiscono una situazione ormai insostenibile.

      http://www.huffingtonpost.it/2017/08/13/i-libici-impongono-il-pizzo-sui-salvataggi-le-ong-minacciate_a_230760

    • Il dramma dei migranti in una foto del radar: oltre 30 imbarcazioni attorno a una nave di una Ong

      Circa 6000 migranti raccolti in mare, al largo della Libia, tra venerdì e sabato. E non è finita. La foto che pubblichiamo è il tracciato radar che mostrava la situazione di ieri notte, attorno a una delle imbarcazioni di una Ong impegnata nel soccorso in mare. Il centro del tracciato è la nave. Tutt’intorno, ogni puntino giallo segnala un gommone in avvicinamento, con cento o anche duecento persone a bordo. Una scena drammatica. I puntini sono più di 30. I calcoli sono facili: altre migliaia di persone in arrivo.


      http://www.lastampa.it/2017/05/07/esteri/il-dramma-dei-migranti-in-una-foto-del-radar-oltre-imbarcazioni-attorno-a-una-nave-di-una-ong-PJhYsSZynou8qD7dzLkPxH/pagina.html

    • La Libia blocca le Ong a 100 km dalla costa. Salvati e internati 105 migranti

      LA MARINA libica, fedele al governo del premier del governo di unita nazionale di Tripoli di Fayez al Sarraj, ha imposto a tutte le navi straniere il divieto di soccorrere i migranti nelle aree cosiddette aree di «serch and rescue» (SaR) (ricerca e recupero) che vanno molto oltre le 12 miglia nautiche delle acque territoriali.

      Di fatto la decisione impedirà alle navi delle Ong di intervenire non solo nelle acque territoriali libiche ma si dovranno tenere ad una distanza di centinaia di km dalla costa.

      http://www.ilsecoloxix.it/rw/IlSecoloXIXWEB/mondo/foto_trattate/2017/08/10/canale-k0TC--673x320@IlSecoloXIXWEB.JPG
      http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2017/08/10/ASBI3SoI-salvati_internati_migranti.shtml

    • Posté sur FB par Fulvio Vassallo:
      L’ultima provocazione: multata la Ong Proactiva
      Mediterraneo . Sanzione da seimila euro

      Daniela Padoan
      paru dans Il manifesto, 20 agosto 2017

      Il 14 agosto la nave Golfo azzurro della Ong spagnola Proactiva Open Arms, tra quelle che hanno firmato il codice di condotta imposto dal governo italiano, è salpata da Malta per la ventiseiesima missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale. Dal luglio 2016 ha tratto in salvo 21mila persone e ha a raccolto cadaveri di uomini, donne, bambini, portandoli a riva perché potessero avere sepoltura. Giunta nelle acque internazionali di fronte alla Libia, il 15 agosto è stata intercettata dalla C-Star, la “nave nera” noleggiata dal gruppo di attivisti di estrema destra Defende Europe che vaga in mare da settimane, dapprima sul punto di naufragare ed essere soccorsa da una Ong, poi respinta dai pescatori tunisini con cartelli antirazzisti, infine a corto di carburante al largo di Creta e diffidata dall’attraccare dalla Capitaneria di porto ellenica.

      Per l’intero giorno di ferragosto, la C-Star ha inseguito la Golfo azzurro effettuando manovre pericolose per avvicinarsi ai canotti di salvataggio e alle pareti dello scafo. Dopo numerose azioni di disturbo si è allontanata, pur restando in vista, e all’improvviso è stata affiancata da una motovedetta della guardia costiera libica. “Quando ho visto i due equipaggi parlare”, racconta il capomissione della Golfo azzurro Riccardo Gatti, “ho richiamato a bordo i volontari che si stavano allenando sui canotti e ci siamo chiusi dentro. La guardia costiera di Tripoli, priva dei contrassegni ufficiali, si è avvicinata e ci ha chiesto di mostrare le autorizzazioni del governo libico. Abbiamo spiegato che ci trovavamo a 27 miglia dalla costa e che non eravamo tenuti ad avere nessuna autorizzazione. Per tutta risposta ci hanno detto che dovevamo seguirli fino a Tripoli, sennò ci avrebbero sparato”.

      La Golfo azzurro ha chiesto aiuto alla Guardia costiera italiana e alla missione europea Eunavfor Med, senza ricevere alcun sostegno.

      “A quel punto abbiamo detto ai libici che stavamo contattando le navi da guerra della Nato per chiedere protezione, “ continua Riccardo Gatti. “Finalmente, dopo due ore, ci hanno intimato di dirigerci a nord e non tornare più indietro, altrimenti ci avrebbero ucciso. Non appena ripresa la navigazione, siamo stati contattati via radio dalla C-Star. Non abbiamo sentito che cosa ci dicevano perché il comandante, in un attacco di nervi, ha spento la radio. Erano irrisioni, e a noi è parso evidente che i libici sono stati chiamati dalla C-Star. Non so che rapporti abbiano con la guardia costiera libica, quel che è certo è che abbiamo subito un sequestro, o un atto di pirateria, e che loro ne hanno avuto parte”.

      Nonostante le minacce ricevute, la Golfo azzurro ha deciso di restare in zona SAR e, dietro richiesta del Centro di coordinamento del soccorso marittimo (MRCC) di Roma, il giorno dopo ha raccolto 233 profughi. Lo stesso MRCC ha poi dato indicazione di dirigere verso il porto di Trapani.

      Ma il 19 agosto, giunti a destinazione, sbarcati uomini, donne e bambini, subita l’ispezione a bordo di Polizia giudiziaria e scientifica, il capomissione della Golfo azzurro si è sentito richiedere da un funzionario della Capitaneria di porto una “waste garbage declaration”, ovvero il computo della spazzatura, e affibbiare seimila euro di multa.

      E’ evidente che anche firmare il codice di condotta di Minniti non costituisce alcuna salvaguardia per i Giusti del Mediterraneo. Ciò che si vuole è la loro definitiva uscita di scena così che non resti nessuno a testimoniare quel che davvero accade nelle acque libiche.

      #OHCHR

    • EU ‘trying to move border to Libya’ using policy that breaches rights – UN experts

      Two United Nations human rights experts have expressed serious concern over a new European Commission policy on Mediterranean Sea rescues, warning that more people will drown.

      “The EU’s proposed new action plan, including a code of conduct for organizations operating rescue boats, threatens life and breaches international standards by condemning people to face further human rights violations in Libya,” said the Special Rapporteur on the human rights of migrants, Felipe González Morales, and the Special Rapporteur on torture, Nils Melzer.

      The code of conduct, drawn up by Italy with the backing of Brussels, aims to stop privately-operated ships ferrying refugees to safety in Italy from waters off the Libyan coast. It is part of a wider EU plan to reduce the pressure of migrant arrivals. Libya has also announced a search and rescue zone beyond its territorial waters, and is restricting access to international waters by humanitarian vessels.

      “The solution is not to restrict access to international waters or firing weapons to threaten boats, as Libya has reportedly done repeatedly. This will result in more deaths of migrants at sea and is in contravention of the obligation to rescue people in distress,” the experts said.

      They added that international organizations were making “tremendous rescue efforts”, with their vessels providing up to 40% of all search and rescue operations in the Mediterranean.

      The Special Rapporteurs expressed concern that the European Commission was trying to move Europe’s borders to Libya. They highlighted that, under international law, migrants should be allowed to disembark at the nearest port where their lives and freedom would not be threatened, and should then receive information, care and equitable processing of their asylum claims.

      “Libya simply cannot be regarded as a safe place to disembark and the EU policy is in denial of this fact,” they said. “Migrants intercepted by the Libyan coast guard will face indefinite detention in dire and inhumane conditions, at risk of death, torture or other severe human rights violations, without any judicial review.”

      Libyan detention centres were severely overcrowded with inadequate access to toilets, washing facilities, ventilation, food and clean water, they noted. Detainees also lacked access to a legal process or lawyers.

      The human rights experts also highlighted that migrants in Libya risked labor exploitation and were vulnerable to other forms of contemporary slavery; while women were at risk of rape and other sexual violence.

      They said it was vital for the EU and Libya to bring more European rescue boats to the coast of Libya, but warned that an Italian naval mission currently operating in Libyan waters could breach Italy’s obligations of non-refoulement, in providing logistical, technical and operational support to the Libyan coast guard.

      “It is high time to tackle the real issue, which is the disproportionate impact on frontline States such as Italy and Greece, and relocate migrants and refugees to all Schengen Member countries, instead of supporting measures which drive migration further underground and increase human suffering, in violation of human rights law,” the Special Rapporteurs said.

      “States should expand their visa regimes and provide more options for refugee settlement, temporary protection, visitors, family reunification, work, resident, retirement and student visas”, they added, “in line with the UN’s Sustainable Development Goals and to ensure that migrants no longer have to embark on such deadly journeys.”

      Mr. Felipe González Morales (Chile), Special Rapporteur on the human rights of migrants; and Mr. Nils Melzer, (Switzerland), Special Rapporteur on torture and other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment, are part of what is known as the Special Procedures of the Human Rights Council. Special Procedures, the largest body of independent experts in the UN Human Rights system, is the general name of the Council’s independent fact-finding and monitoring mechanisms. Special Procedures mandate-holders are independent human rights experts appointed by the Human Rights Council to address either specific country situations or thematic issues in all parts of the world. They are not UN staff and are independent from any government or organization. They serve in their individual capacity and do not receive a salary for their work.

      http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=21978&LangID=E

    • La saga continue...
      Migrant crisis: Sicily accuses charities of collusion with traffickers

      Magistrates in three Sicilian ports have opened investigations into suspected collusion between charities and Libyan people traffickers.

      It follows the decision of a judge from Trapani in western Sicily to impound a ship operated by the German non-profit group Jugend Rettet (Youth to the Rescue) this month.

      Save the Children and Médecins Sans Frontières are also under investigation, according to Italian media, but both charities said they had received no official communication to that effect.

      https://www.thetimes.co.uk/article/migrant-crisis-sicily-accuses-charities-of-collusion-with-traffickers-2k

    • Les milliers de morts de l’égoisme européen

      La nouvelle tombe comme une condamnation à mort pour des centaines, voire des milliers de personnes qui tentent de franchir la Méditerranée. Les unes après les autres, les ONG qui avaient affrété depuis 2014 des navires pour venir en aide aux naufragés sont forcées de quitter les aires de sauvetage. En cause : la Libye a décrété jeudi dernier, en concertation avec l’Italie, la création d’une vaste zone d’exclusion maritime aux bateaux étrangers bien au-delà de ses eaux territoriales.

      https://www.lecourrier.ch/151839/les_milliers_de_morts_de_l_egoisme_europeen

    • Otto cose che impariamo dalle carte sulla Iuventa

      Quest’estate nel Mediterraneo si è giocata una partita politica piuttosto brutale. Il governo italiano si è mosso per delegittimare l’operato delle Ong nel Mediterraneo. In questo modo le ha costrette ad arretrare, quando non a rinunciare al loro ruolo di soccorso dei migranti, lasciando così campo libero ai respingimenti della Guardia costiera libica. In questo contesto, le carte sul sequestro della nave tedesca Iuventa sono anche un’occasione per comprendere meglio cosa è accaduto in mare in questi mesi.

      http://openmigration.org/analisi/otto-cose-che-impariamo-dalle-carte-sulla-iuventa

    • Priest Named ‘Guardian Angel of Refugees’ Under Investigation in Italy

      Rev. #Mussie_Zerai has received hundreds of nighttime distress calls from refugee boats over the years. Now, the Eritrean Roman Catholic priest finds himself under investigation by Sicilian prosecutors for collusion with smugglers.


      https://www.newsdeeply.com/refugees/articles/2017/09/04/priest-named-guardian-angel-of-refugees-under-investigation-in-italy

    • Ong “embedded”. Dopo le denunce un bando per arruolare gli “umanitari” nei campi di detenzione in Libia

      L’obiettivo di far fuori le ONG è stato raggiunto, anche per le divisioni al loro interno, non certo per la chiara azione diversiva iscenata dal codice di condotta imposto dal ministro dell’interno Minniti, quanto soprattutto per le sparatorie e le operazioni di sbarramento della rotta subite dalle navi delle ONG a mare, e poi per le pastoie burocratiche frapposte all’ingresso nei porti, anche nei confronti di chi aveva sottoscritto il Codice di condotta Minniti.

      La scossa finale è stata infine la serie di provvedimenti giudiziari annunciati , come a Trapani, e che si annunciano ancora, come a Catania, contro comandanti, operatori umanitari e citadini solidali “rei” di avere risposto ale richieste di aiuto e di avere trasmesso al Comando del corpo delle Capitanerie di porto (IMRCC), chiamate di socorso che hanno permesso di salvare migliaia di vite. Ma il reato di solidarietà non può essere introdotto per via giudiziaria.

      http://www.a-dif.org/2017/09/08/ong-embedded-dopo-le-denunce-un-bando-per-arruolare-gli-umanitari-nei-campi-d

    • La guerra alle Ong e il Mediterraneo come confine. L’umanitarismo alla prova (della) politica

      Come e perché le organizzazioni non governative (Ong) che effettuano salvataggi nel Mediterraneo, una volta celebrate come “angeli del mare”, sono ora accusate di essere “taxi per migranti”? Che peso ha avuto la rappresentazione mediatica della “crisi dei migranti” e del Mediterraneo come confine nell’innescare e legittimare questo “sparare sulla Croce Rossa”? Pierluigi Musarò analizza per noi la crisi dello “spettacolo del dolore a distanza” e la messa alla prova politica dell’umanitarismo.

      https://openmigration.org/idee/la-guerra-alle-ong-e-il-mediterraneo-come-confine-lumanitarismo-alla-

    • Dietro la logica dei numeri, persone in gabbia e diritti cancellati.

      Quanto sta emergendo in questi giorni dimostra nel modo sempre più evidente la infondatezza delle accuse rivolte alle ONG che sarebbero state “colluse” con i trafficanti, magari gli stessi, perchè le zone di partenze sono le stesse, con i quali da Roma si stava trattando per realizzare il blocco delle partenze. Appare ormai chiaro lo stretto legame tra le operazioni di arresto e detenzione a terra, avviate formalmente dopo gli accordi con l’Italia, con le attività di arresto in mare operate dalla Guardia Costiera libica, in coordinamento con la Guardia costiera italiana, attività di “soccorso” che già erano partite lo scorso anno, che dopo la “fase di formazione” dei militari libici sulle navi europee, ed anche in Italia, si concludono con la riconduzione dei naufraghi, “salvati” in mare ma ritenuti migranti illegali, in uno dei tanti centri di detenzione, tra i più duri, quelli di Zawia e di Sabratha. Per ottenere questi risultati occorreva allontanare le navi delle ONG dalle coste libiche, ben oltre il limite delle acque territoriali ( 12 miglia). E se qualche giornalista indipendente racconta la corruzione della guardia costiera libica o denuncia singoli trafficanti, arrivano subito le minacce.

      http://www.a-dif.org/2017/09/17/dietro-la-logica-dei-numeri-persone-in-gabbia-e-diritti-cancellati

    • Il sequestro della Iuventa: Ong e soccorso in mare

      Il sequestro della Iuventa coinvolge questioni di diritto internazionale che mai, finora, si erano presentate, nei processi contro i trafficanti. L’apertura del procedimento ha purtroppo avuto la conseguenza di portare in secondo piano le gravi responsabilità dell’Europa nella gestione del fenomeno migratorio. Esso può essere, tuttavia, l’occasione per fare chiarezza, anche nel mondo delle Ong, su come si declinino i principi umanitari dell’accoglienza e del soccorso in mare e su come sia necessario mantenerli – nell’interesse degli stessi migranti – nella cornice di legalità con cui l’Italia, per una volta sostenuta dall’Europa, sta provando a definire un perimetro che tenga insieme diritti e doveri dell’accoglienza

      http://www.questionegiustizia.it/articolo/il-sequestro-della-iuventa_ong-e-soccorso-in-mare_18-09-2017.php

    • Il contrattacco della Iuventa e la prima crisi del piano Minniti. Ma la nave di Jugend Rettet rimane sottosequestro

      L’organizzazione Jugend Rettet, proprietaria della nave Iuventa, ha deciso di utilizzare la prima udienza sul dissequestro dell’imbarcazione per difendersi pubblicamente e ribaltare le accuse. Nel frattempo nel Mediterraneo il caos non si è mai fermato ed i cadaveri dei naufraghi non possono essere occultati.

      http://www.meltingpot.org/Il-contrattacco-della-Iuventa-e-la-prima-crisi-del-piano.html

    • Migrants caught between tides and politics in the Mediterranean: an imperative for search and rescue at sea?

      In the late 2014, owing to lack of European Union support, the Italian state retreated from their Mare Nostrum—a proactive ‘Search and Rescue’ (SAR) operation in the central Mediterranean leaving thousands to die at sea.

      Humanitarian Non-Governmental Organisations (NGOs) including Médecins Sans Frontières (MSF) stepped in to fill this gap but have been recently accused of being a ‘pull factor’ for migrants and refugees and being a cause for deterioration in maritime safety by increasing deaths at sea.

      Contrary to the pull factor hypothesis, the number of sea arrivals during the NGO involvement period (with proactive SAR operations) was lower than during equivalent prior periods. Mortality rates were also substantially lower during the NGO period compared with similar prior periods.

      These findings strongly support arguments that #SAR operations by humanitarian NGOs reduce mortality risks and have little or no effect on the number of arrivals.

      http://gh.bmj.com/content/2/3/e000450

    • Accordi bilaterali e diritti senza confine. Ancora fuoco sulle ONG

      Le dichiarazioni rilasciate dai portavoce della Guardia Costiera di Tripoli, quella sostenuta proprio dalla Marina e dal governo italiano, sono sempre più farneticanti. Se dalle minacce e dal fuoco di avvertimento si passerà al sequestro di persona ed al tentativo di omicidio dovrebbe occuparsene anche la magistratura italiana, per il coinvolgimento nelle attività di coordinamento italo-libiche della Marina e della Guardia costiera italiana. La sovranità nazionale non si stabilisce con accordi bilaterali che impediscono il libero transito in acque internazionali.

      http://www.a-dif.org/2017/09/28/accordi-bilaterali-e-diritti-senza-confine

    • Mediterraneo: nuovo attacco della Guardia costiera libica alle Ong

      L’Ong tedesca #Mission_Lifeline è stata minacciata dalla Guardia costiera libica in acque internazionali, colpi di arma da fuoco e la richiesta di consegnare le persone appena salvate. Una nuova situazione tesissima che rischia di degenerare e che rende il silenzio delle istituzioni europee ancora più pesante

      http://www.vita.it/it/article/2017/09/29/mediterraneo-nuovo-attacco-della-guardia-costiera-libica-alle-ong/144656

    • Considerazioni a margine del caso Juventa e della criminalizzazione del soccorso umanitario in acque internazionali.

      Il 19 settembre scorso il Tribunale di Trapani, sezione per il riesame delle misure cautelari, con un provvedimento depositato il successivo 22 settembre, ha respinto il ricorso presentato dalla Ong tedesca Jugend Rettet, contro il sequestro della nave “Iuventa” disposto il 2 agosto di quest’anno dal Giudice delle indagini preliminari su richiesta della Procura di Trapani, per avere costituito il mezzo con cui si sarebbe realizzato il reato di agevolazione dell’immigrazione clandestina previsto dall’art. 12 del Testo Unico del 1998 n.286 in materia di immigrazione. Una vicenda giudiziaria, e prima ancora politica, sulla quale solo adesso si sta cominciando a diffondere una informazione corretta.

      http://www.a-dif.org/2017/10/08/considerazioni-a-margine-del-caso-juventa-e-della-criminalizzazione-del-socco

    • Perquisizioni su nave Save the Children

      (ANSA) - ROMA, 23 OTT - La Polizia sta eseguendo una serie di perquisizioni a bordo di nave #Vos_Hestia, l’imbarcazione di Save the Children impegnata nelle operazioni di soccorso ai migranti nel Mediterraneo centrale, che attualmente si trova nel porto di Catania. A bordo della nave, nei mesi scorsi, ha operato anche un agente sotto copertura. La perquisizione, eseguita dagli uomini del Servizio centrale operativo, è stata disposta dalla procura di Trapani che ha da tempo aperto un fascicolo sull’operato delle Ong. Ad agosto scorso la procura di Trapani ha disposto il sequestro della nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, accusata di contatti con i trafficanti. E a settembre era finito sul registro degli indagati anche il nome di Marco Amato, comandante nella nave Vos Hestia. L’accusa nei suoi confronti è la stessa ipotizzata per il personale della Iuventa: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/10/23/perquisizioni-su-nave-save-the-children_00b3412c-b2b9-499b-be8a-a805bc6976b9.ht

    • Ong, perquisita nave di Save the Children: “Favoreggiamento immigrazione clandestina”. “Noi estranei a indagini”

      Il comandante è indagato dalla scorsa estate, quando è stata sequestrata la nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet. Sequestrati computer, tablet, hard disk e il giornale di bordo. «La perquisizione è relativa alla ricerca di materiali per reati che, allo stato attuale, non riguardano», fa sapere l’organizzazione

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/23/ong-perquisita-nave-di-save-the-children-favoreggiamento-immigrazione-clandestina/3930187

    • Ong, migranti, trafficanti, Guardia Costiera libica e elicotteri della missione interforze Sophia : tutti insieme appassionatamente :
      http://www.corriere.it/video-articoli/2017/11/20/ong-migranti-trafficanti-guardia-costiera-libica-elicotteri-missione-interforze-sophia-tutti-insieme-appassionatamente/f162fd78-cde2-11e7-a3ca-40392580f143.shtml

      Toute la vidéo fait une démonstration de comment les ONG sont complices des trafiquants...
      Une ordure de vidéo...

      Et ce commentaire de Daniele Biella, sur FB :

      Peccato. Report ieri sera poteva dare un colpo netto al giornalismo delle allusioni e delle calunnie, confezionando un’inchiesta in cui veniva messa in luce l’estrema complessità del Mediterraneo. Poteva fare come Propaganda Live e Le Iene, che la testimonianza di Gennaro Giudetti l’hanno raccolta: invece no, Gennaro è stato contattato ma non intervistato. Alla fine ha prevalso ancora una volta la logica del bianco e nero, lo stabilire una linea - «tutti ipocriti» - e portarla avanti a ogni costo. Spiace e fa male perché la giornalista e la troupe hanno girato per settimane se non mesi per intervistare tutte quelle persone, un lavoro immagino faticoso e minuzioso e a tratti ammirevole come la parte delle fosse comuni in Tunisia e l’insistenza sulle irreponsabilità di altri Stati europei. Spiace vedere com’è finita, con le ong di nuovo nel mirino (nei servizi del Tg1 e sul video ripreso dal corriere emerge solo quella parte di servizio, tra l’altro fatto da un’altra giornalista per Porta a Porta nel maggio scorso e rimodulato per l’occasione. Dell’altra ora di servizio non c’è nulla!) e in pasto ai commenti bavosi dell’hate speech. Mentre sono rimaste in secondo piano le voci di mezzo, quelle dei colleghi e degli operatori che questa complessità l’hanno vista con i loro occhi, pur intervistati ma non andati in onda o per brevi tratti. Anzi l’abbiamo vista: mi ci metto anch’io, dato che due mesi fa ero sull’Aquarius di SOS MEDITERRANEE Italia. Un esempio: il saluto ai presunti pescatori o militari libici gesto di connivenza? Ma stiamo scherzando, si chiama tutela personale: dall’altra parte possono avere armi e la Convenzione sui diritti umani per loro è carta straccia.
      Peccato, davvero. Ma ora si riparte: chiedo a tutti i colleghi che non ragionano per bianco o nero di fare un’ulteriore sforzo per gettare più luce possibile sulle ombre. Senza bisogno di Santi ed eroi, ma nemmeno di trovare nelle ong in mare un capro espiatorio che, in fondo, giustifichi quello che non va bene a livello politico: l’accordo Italia-Libia. Caro ministro Marco Minniti, probabilmente le è arrivata voce: Genaro Giudetti (sì, il volontario dell’ong Sea-Watch testimone diretto del naufragio del 6 novembre) vuole incontrarla e presto. Per favore, lo riceva. Anche il viceministro degli Esteri Mario Giro ha condiviso il suo appello, così come nelle ultime ore lo ha pubblicato sulla propria pagina una collega giornalista che è anche, pensi un po’, presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini.

    • Ong e trafficanti: il fact-checking del servizio di Report

      Si torna a parlare di Ong in mare, questa volta a riaccendere le accuse è Report che, in un servizio andato in onda lunedì sera promette di svelare la verità su come avvengono “le operazioni di salvataggio dei migranti a largo delle coste libiche”, eppure molte cose non ci tornavano. Il fact-checking punto per punto

      http://www.vita.it/it/article/2017/11/21/ong-e-trafficanti-il-fact-checking-del-servizio-di-report/145183

    • “Report” su migranti, Libia e Ong: una puntata che viene da lontano

      Il 20 novembre il programma di inchiesta di Rai3 si è occupato di flussi migratori nel Mediterraneo. Ne è emerso quel che appare come un sostegno all’azione di governo a discapito delle organizzazioni umanitarie, sospettate di “tacito accordo” con i trafficanti. Ma il cuore del servizio sono immagini già trasmesse a “Porta a porta”, seppur del tutto rilette. Il ministro Minniti è assente

      https://altreconomia.it/report-migranti-libia-ong-puntata-viene-lontano

      v. aussi:
      https://www.tpi.it/2017/11/22/puntata-report-libia-non-racconta-verita-comment#r
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/ong-report-accusa-reuter-smentische

    • Dramma migranti, gli sciacalli «pescatori di motori»

      Li chiamano «pescatori di motori». Sono sciacalli, spiega il corrispondente dell’agenzia Reuters dall’Italia, Steve Scherer, testimone delle operazioni di soccorso di Sos Méditerranée nel maggio scorso. Parassiti armati contrastati da soccorritori disarmati. Vi proponiamo le sue immagini per la prima volta. -

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/pescatori-di-motori-c75c4161-e3d0-4399-bc9f-c088fdee60a1.html

    • La denuncia della Ong: «Soccorsi in mare ritardati per dare priorità ai libici, noi costretti a guardare impotenti»

      La nave Aquarius di Sos Méditerranée ha sbarcato a Catania questa mattina le ultime 421 persone salvate nel Mediterraneo in questo weekend di rinnovate partenze dalla Libia e la Ong denuncia: «Noi costretti ad osservare impotenti operazioni dei libici che riportano indietro le persone».

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/11/27/news/migranti_guardia_costiera_libica-182274317

    • Respingimenti in Libia, soccorsi ritardati, ONG ostacolate. Riflessioni sui fatti di novembre.

      Nei giorni 23 e 24 novembre il MRCC (centro di coordinamento dei soccorsi marittimi) di Roma – gestito dalla Guardia Costiera – imponeva alla nave Aquarius dell’ONG franco-italo-tedesca SOS Méditerranéee alla nave Open Arms dell’ONG spagnola Proactiva Open Arms di astenersi dal soccorrere alcune imbarcazioni in pericolo nelle acque internazionali del Canale di Sicilia, lasciando i relativi passeggeri in attesadell’arrivo delle autorità libiche. A queste, infatti,MRCC aveva affidato l’intervento, affinché riconducessero le persone in Libia.

      https://www.a-dif.org/2017/12/13/respingimenti-in-libia-soccorsi-ritardati-ong-ostacolate-riflessioni-sui-fatt

    • Mission Lifeline wehrt sich erfolgreich juristisch gegen „Identitäre“

      Der Verein Mission Lifeline e.V. hat sich gegen falsche Behauptungen erfolgreich juristisch zur Wehr gesetzt. Die fremdenfeindliche „Identitäre Bewegung“ darf Mission Lifeline nicht mehr als Schlepper-Organisation bezeichnen. Das entschied das Landgericht Dresden in einer einstweiligen Verfügung. Bei Zuwiderhandlung droht eine Strafe von 250.000 Euro. Der Sprecher der Hilfsorganisation, Axel Steier, sagte, das sei ein klares Signal an Neonazis, dass Hetze im Netz vom Rechtsstaat nicht geduldet werde. Die „Identitären“ müssen nun auch entsprechende Facebook-Einträge löschen.

      https://www.mdr.de/sachsen/dresden/mission-lifeline-wehrt-sich-gegen-sogenannte-identitaere-100.html

      Commentaire reçu par @FulvioVassallo:

      Un tribunale tedesco condanna i rappresentanti di Generazione identitaria in Germania al risarcimento dei danni per avere accusato di collusione con i trafficanti gli operatori umanitari impegnati in attivita’ di soccorso in acque internazionali nel mar libico. In Italia si utilizzano i servizi e le denunce di razzisti e xenofobi per criminalizzare le Ong anche nelle sedi giudiziarie. Solo fatti incontrovertibili.

    • Migranti. Dopo avere allontanato le Ong, la Libia abbandona i «soccorsi»

      Le autorità di Tripoli rinunciano a sorvegliare le acque internazionali. Prima ne rivendicavano il pieno controllo

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/tripoli-fa-arretrare-la-marina

      commento di Fulvio Vassallo:

      Fine di una tragica farsa. La zona Sar libica non e’ mai esistita. E adesso si svela la strumentalita’ del Codice di condotta per le Ong imposto da Minniti e la vera portata degli accordi stipulati il 2 febbraio scorso da Gentiloni e Serraj. Rimangono i processi contro le Ong, hanno ridotto gli arrivi ma il numero delle vittime rimane sui livelli degli scorsi anni. Continua la criminalizzazione mediatica che ha prodotto danni enormi che qualcuno prima o poi dovra’ risarcire. Hanno fatto fuori quasi tutte le Ong. Adesso ci vuole una missione internazionale di soccorso , nell’ assoluto rispetto del diritto internazionale. Diritto internazionale che impone anche la immediata sospensione degli accordi con il governo di Tripoli e con la sedicente Guardia Costiera libica.

    • Crise en Méditerranée : quand l’Union européenne barre la route aux migrants, et aux ONG

      On aurait tort d’idéaliser les ONG. Leur essor, depuis quelques décennies, et leur implications dans un vaste éventail d’actions humanitaires ont certes sauvé des vies et soulagé des souffrances, mais sans nécessairement déboucher sur des solutions pérennes. Toutefois, la société civile n’en est pas moins à l’origine de nouvelles manières de faire de la politique. Des impératifs aujourd’hui reconnus, comme la lutte contre les changements environnementaux ou la promotion des droits des femmes, ne sont pas nés dans la tête des gouvernements, mais dans celles de militants – qui à l’époque ont été considérés comme des utopistes, voire comme des menaces à l’ordre public.

      De ce point de vue, la crise en Méditerranée a vu se dessiner des partenariats nouveaux entre États et société civile, avec l’objectif de conjuguer la volonté de contrôle des gouvernements et la préoccupation humanitaire des ONG. Ces nouvelles formes de gouvernance témoignent peut-être d’une démocratisation de la frontière, qui ne serait plus un espace où des États souverains agissent en toute liberté, mais un lieu de coopération et de compromis entre acteurs étatiques et non-étatiques. Une telle démocratisation de la frontière constituerait un bouleversement de l’ordre établi – mais un bouleversement dont l’Europe, continent fondé sur le dépassement des frontières nationales, devrait s’enorgueillir.

      https://theconversation.com/crise-en-mediterranee-quand-lunion-europeenne-barre-la-route-aux-mi

    • https://mobile.twitter.com/MSF_ITALIA/status/946037913091002368/video/1

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo su FB (27.12.2017) :

      Comportamento infame delle navi di Eunavfor Med e della Marina italiana presenti nel Mediterraneo centrale. Continuano a coordinarsi con la Guardia costiera di Tripoli ma scaricano sulle poche Ong rimaste il compito di soccorrere e portare a terra i migranti anche a costo di caricare 370 persone a bordo di una sola nave, cone Aquarius che non puo’ garantire a tutti in posto al caldo. Se avessero fatto operare le navi di Frontex e di Eunavfor Med, fino allo sbarco a Pozzallo o a Malta, magari attrezzando un ponte aereo verso l’Italia o altri paesi europei, adesso 373 persone tutte assai vulnerabili, donne abusate e bambini inclusi, sarebbero al caldo in un porto sicuro e non dovrebbero passare un’altra notte nel mare in tempesta. Dietro tutto questo tipo di assetti Sar decisi formalmente dal comando centrale del corpo delle capitanerie di porto IMRCC (Guardia costiera) si cela il cinismo del ministro dell’interno Minniti e dei suoi direttori generali che impongono il luogo di sbarco. Si avvalgono delle poche Ong che sono rimaste ma gli rendono la vita sempre piu’ difficile, magari in attesa di qualche incidente. Le loro parate umanitarie sono false come le affermazioni che esisterebbe una zona Sar libica o una Guardia Costiera libica capace di garantire la ricerca e il soccorso anche in acque internazionali. Andrebbero processati anche solo per questo. Ed invece i processi si fanno contro gli operatori umanitari.


    • Avec ce commentaire de l’image de Fulvio Vassallo sur FB (06.01.2017)

      Ecco dove era Aquarius alle 16 di oggi. Al centro allo stesso orario il percorso di Sea Watch distante almeno trenta miglia dal luogo del naufragio che le autorità di Tripoli e le Marina italiana stimano essere avvenuto a trenta-quaranta miglia a nord di Garabouli che si trova ad est di Tripoli mentre le navi delle due ONG erano ad ovest. Che la smettano di dare ricostruzioni pasticciate per nascondere le responsabilità di questa strage. Dove erano e perche’ non sono intervenuti gli assetti navali di Eunavfor Med. E’ notorio che una nave militare sviluppa tre volte la velocità di Sea Watch 3. Per le navi militari dopo l’avvistamento aereo doveva bastare una sola ora forse anche meno per intervenire. Da mesi delegano gli interventi alle poche Ong che sono rimaste in mare dopo la tempesta d’estate del codice Minniti ed il sequestro della Juventa ancora bloccata a Trapani.

      Pour commenter ce énième naufrage :
      Libya says at least 25 migrants drowned after boat capsizes

      A Libyan navy spokesman says at least 25 migrants have drowned off the North African nation’s coast while attempting to cross the Mediterranean to reach Europe.

      Brig. Gen. Ayoub Qassim says the migrants’ boat capsized and sank in international waters and that the Libyan navy did not have the resources to rush to their rescue.

      Qassim told The Associated Press on Saturday that the boat sailed off Garbouli, east of the Libyan capital, Tripoli, with more than 100 people on board. He speculated that bad weather conditions may have caused the boat to capsize.

      Chaos and lawlessness since a popular uprising turned into civil war in 2011 have turned Libya into a major transit point for migrants from the Middle East and Africa seeking to reach Europe.

      Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved. This material may not be published, broadcast, rewritten or redistributed.

      https://www.washingtonpost.com/world/africa/libya-says-at-least-25-migrants-drowned-after-boat-capsizes/2018/01/06/1a8771c8-f301-11e7-95e3-eff284e71c8d_story.html?sw_bypass=true

      –-> commentaire Fulvio Vassallo :

      Ancora una strage senza responsabile. Provato che Minniti ha fatto accordi con la Guardia costiera libica che dichiara adesso, dopo la farsa estiva sul Codice di condotta imposto alle OnG, di non potete intervenire nella zona Sar che il governo italiano voleva attribuire loro. Già questa circistanza incontestabile radica precise responsabilita’. A parte le ricostruzuoni fantasiose che fornisce il comando centrale della Guardia Costiera italiana.

    • I giorni della decimazione. Accordi su zone SAR ed abbandoni in mare.

      Ancora una strage in acque internazionali in occasione dell’intervento di un mezzo della guardia costiera libica. Il numero delle vittime di questa ultima strage aumenta di ora in ora. Cinquanta, forse cento. Persone, esseri umani, non numeri come stanno diventando nella narrazione collettiva. Un intervento chiamato soccorso, ma che ha avuto anche in questa occasione il carattere di una intercettazione. Le persone “soccorse” in alto mare sono state riportate a terra. Come previsto del resto dagli accordi conclusi con il governo italiano nel febbraio del 2017. Accordi sui quali il nostro ambasciatore a Tripoli esprime oggi una valutazione positiva.

      https://www.a-dif.org/2018/01/10/i-giorni-della-decimazione-accordi-su-zone-sar-ed-abbandoni-in-mare

    • Caos Mediterraneo : le manovre occulte di #Defend_Europe sull’indagine Iuventa

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. È il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service. Sono loro che per primi segnalano “talune anomalie del servizio di search and rescue svolto ad opera della Iuventa...


      http://m.famigliacristiana.it/articolo/caos-mediterraneo-quel-link-occulto-tra-defend-europe-e-l-operaz

    • Reçu via la mailing-list de Migreurop (via Sara Prestianni), le 16.03.2018:

      En ce moment le Gouvernement Italien nie l’accès aux ports italiens au bateau de sauvetage de l’ONG ProActive OpenArms qui a bord 216 migrants en conditions très précaires (après avoir fait débarquer les cas plus urgentes à Malta) comme punition du fait d’avoir refusé de donner les migrants aux libyens (une requete faite en eaux internationales sous menace des armes et sachant bien que la suite aurait été le retour à l’enfer d’où quel les migrants s’échappent)

      Voici une reconstruction de ce qui c’est passé dans le dernier 24h en Méditerranée (que je vous prie de lire en réference à l’article qui vient de passer sur la « formation » des Gardes cotes libyennes avec l’argent européen, qui marque la responsabilité juridique et politique de l’Italie et de l’UE dans ces violations systematiques des droits fondamentaux, dont le droit à la vie.

      Le jeudi 15 mars à 7.00 la centrale opérationnel des Gardes Cotes Italiennes ont contacté le bateau de l’ong espagnole ProActiva Open Arms qui opère en Méditerranée pour signaler un zodiac en détresse avec plus de 100 personnes à bord à 25 milles des cotes libyennes. Pendant que l’ong se rendait vers le zodiac, après 20 minutes les Gardes Cotes Italiens (GCI) d’interrompre la mission de sauvetage et de laisser le champ aux Gardes Cotes Libyens (GCL) qui devait coordonner l’opération.

      Une demi heure après un nouvel appel de Roma signale un bateau en détresse très proche du précédente, à 27 milles des cotes Libyennes en eaux internationales. Le bateau avait à bord 117 personnes et était en train d’embarquer de l’eau. Beaucoup de migrants à bord nécessitaient urgement de intervention médicale.

      Quand les opérations de sauvetage étaient presque terminées le bateau de l’ong OpenArms a été contacté via radio par les Gardes Cotes de Tripoli qui ont enjoint aux espagnols de consigner les migrants sauvés au bateau libyen. Les espagnols se sont refusés connaissant très bien les traitements réservés par les libyens aux migrants. C’est la quatrième fois - rappelle l’ong ProActiva Open Arms - que les libyens interfèrent avec les sauvetages violant les conventions internationales.

      Plus tard, toujours dans la journée de hier le bateau espagnol a participé à deux autres sauvetages et dans l’après-midi c’est trouvé à nouveau en difficulté avec les Gardes Cotes libyens à 70 milles des cotes de Tripoli (!). Après être intervenu en secours à un bateau de femmes et enfants Erythréens, les radeaux des espagnols ont été bloqué par les libyens qui ont menacé d’utiliser la force si les espagnols ne leur auraient pas donné les migrants. Un bateau libyen c’est positionné entre l’embarcation des migrants et celle de l’ong espagnoles empêchant aux radeaux de sauvetage qui étaient en train de distribuer les gilets de sauvetage de continuer à les sauver.

      Les libyens avec les armes pointées ont enjoint au bateau espagnol de ne pas bouger et ont menacé de conduire à Tripoli les radeaux de sauvetage. Les libyens ont menacé les espagnols de ouvrir le feu sur les volontaires si ils n’auraient pas remis les femmes et enfants aux libyens. Cette situation de tension a duré pour au moins deux heures jusqu’à quand les libyens se sont retirés. A bord du bateau espagnol 218 personnes.

      La même Ong a été la protagoniste que il y a quelques jours d’un autre tragédie : le 13 mars un jeun Erythréen Segen de 22 ans peu après le sauvetage est mort pour les souffrance subie leur de sa détention prolongé en Libye (19 mois enfermés). Quand il a débarqué à Pozzallo il pesait 35 kg avec son 1.70m de haute

    • La guardia costiera libica minaccia l’ong Proactiva Open Arms

      Alle 7 di giovedì 15 marzo la centrale operativa della guardia costiera italiana ha contattato la nave dell’ong spagnola Proactiva Open Arms per segnalare un gommone con più di cento persone a bordo in difficoltà a 25 miglia dalle coste libiche. La nave umanitaria si è diretta verso l’obiettivo indicato, ma dopo venti minuti un’altra chiamata da Roma ha chiesto agli spagnoli d’interrompere la missione e di lasciare il campo alla guardia costiera libica, che avrebbe dovuto coordinare l’operazione.

      Mezz’ora dopo un’altra chiamata da Roma ha segnalato un barcone in difficoltà, molto vicino al precedente: a 27 miglia dalla Libia, in acque internazionali. Le lance di soccorso di Open Arms sono intervenute e hanno trovato un gommone con 117 persone a bordo che stava riempiendosi di acqua, con diversi migranti in mare e alcuni che avevano bisogno di un immediato intervento dei medici.

      Sono stati soccorsi 109 uomini e otto donne. Intorno alle 10.30, quando i soccorsi erano ormai conclusi, l’imbarcazione di Open Arms è stata contattata via radio dalla guardia costiera di Tripoli, che ha intimato di consegnare i migranti soccorsi alla nave libica. Gli spagnoli hanno rifiutato. “Sappiamo che i libici hanno compiuto numerose azioni illegali, abusi e maltrattamenti ai danni dei migranti. Sappiamo anche che i libici non hanno giurisdizione in acque internazionali, anche se collaborano con l’Italia e l’Europa, quindi non abbiamo obbedito alla loro richiesta di trasferire i migranti”, spiega Riccardo Gatti, portavoce di Proactiva Open Arms.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/03/16/guardia-costiera-libica-open-arms

    • Ong, nave di Proactiva bloccata nel Mediterraneo con 216 migranti a bordo

      L’imbarcazione della ong spagnola non trova un porto perché in modo inedito le autorità italiane in base al decreto Minniti vogliono la richiesta ufficiale dalla Spagna dato che la nave batte bandiera di Madrid. Ieri la stessa nave era stata minacciata dalla Guardia costiera libica

      http://www.vita.it/it/article/2018/03/16/scandalo-nel-mediterraneo-nave-di-ong-senza-porto-dove-attraccare/146274

    • Vu sur FB, publié par Yasmine Yaya le 16.03.2018 :

      Sergio Scandura di radio radicale scrive: "La Ong OpenArms è adesso ferma al largo di Malta con 218: ha chiesto l’evacuazione per diversi casi. Solo due, madre e figlio in gravissime condizioni, dovrebbero essere presi dai maltesi. Ancora complicata la vicenda del porto di sbarco. Manconi (da noi contattato): «per la prima volta l’Italia vorrebbe ora applicare una ’norma’, mai scomodata, secondo cui la Ong deve contattare il proprio stato bandiera per chiedere l’autorizzazione formale all’Italia per sbarcare». Questa nuova «linea» è stata comunicata da Minniti (via sms dal Niger) a Manconi, mentre cercava di risolvere la situazione di stallo in cui si trova la nave OpenArms, con 218 a bordo e con urgenze sanitarie e umanitarie. Nuova campagna ostile?

    • “Volevano i migranti, ci hanno puntato i mitra”

      La nave della Ong spagnola Pro Activa Open Arms ha subìto una grave azione di contrasto da parte della Guardia costiera libica durante il salvataggio di migranti in mare. Con i mitra spianati gli è stato intimato di consegnare ai militari libici le persone salvate. I soccorritori non lo hanno fatto e i 218 migranti sono stati portati a bordo. Da qui è cominciata un’odissea che vede la nave della Ong bloccata nel Canale di Sicilia. Le autorità italiane non consentono l’approdo nei porti italiani, nonostante la presenza a bordo di diverse donne e bambini, alcuni dei quali necessitano di cure mediche che solo in parte possono essere fornite dal personale a bordo. Solo una donna, con un neonato, in grave pericolo di vita, è stata trasportata a terra da una motovedetta maltese. Al momento, venerdì pomeriggio, la nave di Pro Activa è ferma, in attesa di un via libera che non arriva.

      http://www.radiopopolare.it/2018/03/migranti-pro-activa-open-arms-libia

    • Migranti, sequestrata nave ProActiva Open Arms: l’accusa è di associazione a delinquere

      L’imbarcazione della ong spagnola è sfuggita all’inseguimento di una motovedetta libica, rifiutandosi di consegnare le persone recuperate da un gommone. L’avvocato polemizza: «Hanno istituito il reato di solidarietà»

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/03/18/news/migranti_sequestrata_nave_proactiva_open_arms-191627299/?ref=twhr&timestamp=1521405434000

    • Zona SAR libica senza porti sicuri di sbarco. La Guardia costiera italiana contro il soccorso umanitario. Quanto valgono i diritti umani davanti ai tribunali ?

      Continua la serie di tentativi di intercettazione sotto minaccia delle armi da parte della sedicente Guardia costiera “libica” ai danni di gommoni carichi di migranti soccorsi dalle poche navi delle ONG ancora presenti nelle acque del Mediterraneo centrale. Tentativi che in precedenti occasioni, come il 6 novembre 2017, erano sfociati in “incidenti” che erano costati la vita di un numero imprecisato di persone. Eppure soltanto a dicembre scorso le autorità libiche dichiaravano di non potere effettuare interventi di ricerca e salvataggio nel vasto spazio compreso in quella che sulla carta si definisce come “zona SAR libica”.

      https://www.a-dif.org/2018/03/18/zona-sar-libica-senza-porti-sicuri-di-sbarco-la-guardia-costiera-italiana-con

    • Il grande inganno delle accuse a Open Arms: non esistono acque SAR libiche

      C’ è voluto un anno e una martellante campagna – istituzionale, politica, mediatica – per raggiungere l’ obiettivo. Togliere gli occhi che denunciano dal Mar Mediterraneo, allontanando le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi dei migranti partiti dalla Libia.

      Il sequestro della nave Open Arms e l’ avvio di indagini sull’ operato umanitario, accusando i volontari di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento della migrazione clandestina, sono appena gli eventi visibili di un cambio radicale di strategia sulla frontiera marittima sud dell’ Europa. Con una posizione del governo italiano quanto meno azzardata: affidare alla Libia la responsabilità dei salvataggi dei migranti in mare. Azione che vuol dire respingerli, rimandarli nell’ inferno gestito dalle milizie e dai trafficanti, riconoscendo una milizia denunciata solo un mese fa dalle Nazioni Unite.

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/il-grande-inganno-delle-accuse-a-open-arms-non-esistono-acque-sa

    • Il caso #Cap_Anamur. Assolto l’intervento umanitario. E oggi ?

      Le motivazioni della sentenza di assoluzione nel caso Cap Anamur mettono bene in evidenza le responsabilità di chi volle montare il caso a livello politico internazionale per lanciare un messaggio dissuasivo verso gli interventi di salvataggio, un messaggio che negli anni successivi ha causato migliaia di morti.
      Le stesse motivazioni enunciano principi di diritto, come il principio di non respingimento e l’obbligo di condurre i naufraghi in un “place of safety”, e non nel porto più vicino, che rischiano di essere ancora violati dalle autorità italiane con la prassi dell’indicazione della Guardia costiera libica come autorità SAR competente per azioni di ricerca e soccorso in acque internazionali, ben distanti dal limite delle acque territoriali libiche. Una Guardia costiera “libica” che lo scorso anno non ha esitato a sequestrare due operatori umanitari intenti a salvare vite umane in acque internazionali, e che ricorre regolarmente alle armi per intercettare e fermare le imbarcazioni cariche di migranti e le navi o i battelli delle ONG che prestano loro assistenza in acque internazionali.
      La vicenda Cap Anamur, e soprattutto la situazione di incertezza allora esistente sula individuazione del porto di sbarco portò ad una importante integrazione del diritto internazionale del mare. Una particolare considerazione merita ancora oggi la problematica relativa a ciò che debba intendersi per conduzione della persona salvata in luogo sicuro (place of safety). Infatti, è dal momento dell’arrivo in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e nazionali) relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono con le prime cure mediche o con la soddisfazione degli altri più immediati bisogni (alimentazione etc.). Una questione che si ripropone ancora oggi con il sequestro della nave umanitaria di Proactiva “Open Arms” e con la incriminazione del comandante, del Coordinatore delle operazioni di soccorso e del Direttore dell’associazione spagnola, con sede a Barcellona. Tutti hanno potuto vedere le condizioni dei migranti soccorsi da questa nave e sbarcati a Pozzallo. Eppure per qualcuno non ricorrerebbe lo stato di necessità, e sarebbe stato meglio affidarli alla Guardia costiera libica.


      https://www.a-dif.org/2018/03/19/il-caso-cap-anamur-assolto-lintervento-umanitario-e-oggi

    • Il grande inganno delle accuse a Open Arms: non esistono acque SAR libiche

      C’è voluto un anno e una martellante campagna – istituzionale, politica, mediatica – per raggiungere l’obiettivo. Togliere gli occhi che denunciano dal Mar Mediterraneo, allontanando le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi dei migranti partiti dalla Libia.

      Il sequestro della nave Open Arms e l’avvio di indagini sull’operato umanitario, accusando i volontari di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento della migrazione clandestina, sono appena gli eventi visibili di un cambio radicale di strategia sulla frontiera marittima sud dell’Europa. Con una posizione del governo italiano quanto meno azzardata: affidare alla Libia la responsabilità dei salvataggi dei migranti in mare. Azione che vuol dire respingerli, rimandarli nell’inferno gestito dalle milizie e dai trafficanti, riconoscendo una milizia denunciata solo un mese fa dalle Nazioni Unite.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/il-grande-inganno-delle-accuse-a-open-arms-non-esistono-acque-sar-

    • Italy: Targeting of NGO rescue ship displays “reckless disregard for common decency”

      Following yesterday’s seizure of a Spanish NGO rescue boat by the Italian authorities and the investigation of its crew for "criminal conspiracy aimed at facilitating illegal immigration” after they refused to hand over to the Libyan Coast Guard refugees and migrants rescued in international waters over 70 nautical miles off the Libyan coast, Amnesty International’s Campaigns Director for Europe, Fotis Filippou said:

      “By requesting the Libyan coastguard to coordinate rescue and then impounding the NGO ship that refused to hand over the refugees and migrants, the Italian authorities have shown a reckless disregard for common decency. Rather than being criminalized for trying to save refugees and migrants who have fled horrific detention conditions and systematic human rights abuses in Libya, NGOs saving lives at sea should be supported.

      https://www.amnesty.org/en/latest/news/2018/03/italy-targeting-of-ngo-rescue-ship-displays-reckless-disregard-for-common-d

    • Communiqué du gisti du 20.03.2018

      Garde-côtes libyens vs ONG : l’Italie et l’UE ont choisi leurs alliés

      Depuis fin 2016, l’Italie – soutenue par l’UE – a initié une double stratégie pour mettre un terme aux arrivées de personnes migrantes par la Méditerranée centrale : criminaliser les secours citoyens, et faire à nouveau de la Libye le gendarme de l’Europe. Ces deux dimensions se sont accentuées au cours de l’été 2017 avec l’imposition d’un « code de conduite » aux ONG et la mise sous séquestre des bateaux des organisations récalcitrantes. Dans le même temps, des navires militaires italiens étaient déployés dans les eaux territoriales de la Libye, laquelle déclarait unilatéralement sa zone de recherche et de sauvetage (SAR) interdite aux navires étrangers non autorisés, singulièrement ceux des ONG.

      Au cours des derniers jours, cette double stratégie a franchi une nouvelle étape. Le 15 mars 2018, l’ONG espagnole de secours en mer Proactiva Open Arms, mène plusieurs opérations de sauvetage dans les eaux internationales au large des côtes libyennes. L’ONG est alors contactée par les garde-côtes de Tripoli, qui lui ordonnent de transférer les personnes migrantes secourues sur un de leurs navires. Connaissant les privations de liberté et les sévices dont sont victimes les boat people réacheminés en Libye, l’équipage refuse de les livrer. Après plusieurs heures de fortes tensions au cours desquelles les garde-côtes libyens italiens, armes à la main, menacent l’équipage du Proactiva Open Arms, ceux-ci se retirent finalement. L’ONG espagnole se dirige alors vers l’Italie pour y débarquer en toute urgence les 216 personnes secourues et reçoit l’ordre de débarquer les exilé.e.s à Pozzallo (Italie), pour qu’ils soient acheminés au hotspot. Le 19 mars, le procureur de Catane ordonne l’immobilisation du bateau dans le port et procède à sa saisie. Suite au refus de l’ONG de remettre les personnes secourues aux garde-côtes libyens, une enquête a été ouverte et trois membres de l’équipage sont poursuivis, semble-t-il, pour « association criminelle visant à faciliter l’immigration clandestine ».

      Si les ONG de secours en mer gênent tant, c’est qu’elles constituent l’ultime verrou empêchant les garde-côtes libyens d’intercepter les personnes migrantes en toute impunité, et qu’elles permettent de témoigner du sort réservé à celles et ceux qui échappent à l’enfer libyen. En finançant [1], équipant, et coordonnant les activités des garde-côtes libyens pour renvoyer les personnes interceptées vers des sévices que certains dirigeants européens ont eux-mêmes, comble de l’hypocrisie, qualifié de « crimes contre l’humanité » [2], ceux-ci s’en rendent complices. C’est pour tenter d’enrayer cette politique que les réseaux Migreurop et Euromed Droits défendent le respect du droit international (dont le droit d’asile) la liberté de circulation pour toutes et tous (dont le droit de quitter tout pays, y compris le sien - article 13 de la Déclaration universelle des droits de l’Homme), et soutient celles et ceux qui sont accusé.e.s de délit de solidarité.

      20 mars 2018
      Organisations signataires :

      EuroMed Droits
      Migreurop

    • Europe’s new anti-migrant strategy? Blame the rescuers

      It was the Ark Explorer’s low “freeboard,” the distance between the ship’s deck and the waterline, that saved the rusted, ageing trawler from the wrecker’s yard. The Ark’s low clearance had helped fishermen haul netfuls of cod and herring out of the freezing North Sea for half a century. It also looked about right for fishing refugees out of the Mediterranean.

      In May 2016, the Dutch-flagged 158-tonner was bought by a collective of German political activists called Jugend Rettet (“Youth Rescue”), who wanted to save lives and protest Europe’s migration policies in the Central Mediterranean. Refitted and rechristened the Iuventa, the old trawler and its young crew went on to rescue more than 14,000 people over the following 14 months, taking most of them ashore in Italy.

      Together with professional search and rescue operatives and doctors from charities such as Médecins Sans Frontières (MSF), the mounting death toll in the Mediterranean has drawn a new generation of activists away from anti-globalisation protests and on to the high seas. Among them was Julian Koeberer, a bearded, well-mannered film student from Frankfurt, who set off to shoot a film about refugees for a film school diploma and found himself drawn to volunteer on the Greek island of Lesbos in 2015.

      The diploma remains unfinished. Koeberer and the rest of the Iuventa crew criss-crossed the Mediterranean for a year, earning a reputation as the hardest-charging, biggest risk-takers among the 13-boat flotilla operated by different NGOs. The Iuventa was renowned for radical politics and a willingness to load as many refugees as it could fit on deck.

      But a call in July 2017 from Rome’s Maritime Rescue Co-ordination Centre (MRCC), which directs most, if not all, high seas rescues off Libya, marked the beginning of the end. The Rome MRCC asked the Iuventa to move towards co-ordinates in international waters off the coast of Libya, where it said a small dinghy required assistance. By the time it reached the scene an Italian coastguard vessel had already intercepted the dinghy and the two Syrians aboard had been rescued. The Italians asked the Iuventa to transport the Syrians towards Italy.

      In the event of a major shipwreck, the coastguard vessel was a larger and more important asset in the search and rescue zone, so it made sense for the Iuventa to take the Syrians north. The crew thought that they would only have to travel a few nautical miles and pass them on to another vessel, before returning as quickly as possible to southern waters to continue their work. But every northbound ship they contacted mysteriously declined to take the rescued men and the Iuventa found itself approaching the island of Lampedusa. They tarried just outside the 12-mile line that marks Italian territorial waters and asked authorities to send a launch to collect the Syrians.

      Instead, the instruction came back telling them to come into port. But as soon as they entered territorial waters at around midnight, their ship was met by five Italian vessels—including the same coastguard craft that had handed over the Syrians in the first place, but had claimed to be too busy to head north. It was a trap.

      “To be honest neither me or anyone else in the crew suspected we were going to be seized,” said Koeberer. “We found the way we were brought into port very strange but we thought that this would be like the other three times that Iuventa was brought into port in Lampedusa.”

      They were wrong. The 13-member crew were taken onshore for questioning, while police searched their ship with a warrant signed by a judge the previous day. The warrant indicated the police were searching for a gun. No firearms were found and the closest thing to a violation turned up during the search was some incorrectly stowed medicines. Nonetheless, the Iuventa was impounded. After the crew were able to get a lawyer, the reason they had been arrested became clear. A crew of humanitarians who had spent more than a year on the Mediterranean rescuing migrants was handed a 150-page indictment, which accused them of colluding with people smugglers.

      Much of the charge sheet focuses on accusations that smugglers met with the Iuventa and were seen to drop off migrants and then leave again. The crew deny the claims and have found photographs from the dates mentioned which show that, far from being on its own at a high seas meeting point, the Iuventa was at the same location as a European Union naval vessel, an Italian helicopter and other rescue boats.

      In the days that followed, the crew discovered that they had been the subjects of a far-reaching investigation, one that deployed undercover informants, covert surveillance and multiple law enforcement agencies, including justice officials associated with anti-mafia campaigns. They found out that the bridge of their trawler had been bugged since May, when listening devices had been planted by Italian police under the guise of an inspection in Lampedusa.

      Far from establishing collusion, the worst thing the bridge mic caught was one Iuventa crew member talking about a sticker with a slogan against the maritime authorities, which read “Fuck the MRCC.”

      Italy’s intelligence services had informants on another NGO rescue boat, the Vos Hestia, chartered by the UK-based charity Save the Children. Instead of targeting the smuggling kingpins, Italian prosecutors and the intelligence services—at times in league with far-right politicians and activists—had turned on the life-saving NGOs. How, and why, had this happened?

      Enter the NGO armada

      The first three months of 2017 will be remembered as the high point of an extraordinary period during which NGOs like Youth Rescue took the lead in saving the lives of migrants in the central Mediterranean. Of the nearly 180,000 people rescued between north Africa and Europe during 2016, more than a quarter were saved by NGOs: 10,000 more than either the Italian navy or coastguard. At the peak, nine humanitarian groups were operating more than a dozen search and rescue vessels of varying sizes, plus two spotter planes.

      The NGOs had stepped into the breach after Italy abandoned Mare Nostrum, the only state-led rescue operation in the Mediterranean in 2014, due to a lack of financial support from its European allies. Mare Nostrum was replaced in time with the EU-led Operations Triton and Sophia, both of which were dedicated to security and counter-smuggling rather than rescue.

      The prominence of the NGOs evoked public sympathy to begin with. But a backlash quickly followed as unease over immigration came to dominate Italian politics—ultimately having a major influence on the election in early March.

      At the heart of the campaign to attack the NGOs was a controversial Dutch think tank, the Gefira Foundation, which espouses a far-right “identitarian” philosophy. It alleged that rescue NGOs were in actual collusion with Libyan smugglers. In December 2016, it claimed to have uncovered unspecified proof of illegal activity by what it called the “NGO armada.” Gefira also understood that posing the right question could be more effective than presenting evidence: “They all claim to be on a rescuing mission, but are they?”

      The mounting hysteria attracted the far-right group Defend Europe, which says the continent is threatened with Islamification. Defend Europe raised enough money to charter its own boat to hamper rescue operations. Its mission amounted to little more than attaching some stickers on the hull of one NGO rescue craft.

      But the grandstanding attracted former Daily Mail writer Katie Hopkins, who met the crew and praised them as “young people… shining a light on NGO people traffickers.” The campaign proved effective, seeping into the mainstream, fanned by right-wing politicians and activists. Carmelo Zuccaro, a prosecutor in the Sicilian port city of Catania, announced a task force to investigate the rescuers in February 2017. His questions echoed Gefira: “Do these NGOs all have the same motivations? And who is financing them?” he asked.

      One month later Luca Donadel, an Italian student, posted an eight-minute video on Facebook accusing the NGOs of profiting from the rescue of migrants at sea. Donadel’s “The truth about migrants” included falsified information about how close to the Libyan shore some rescue boats had sailed. It was widely viewed and picked up unquestioningly by newspapers and broadcasters in Italy. The unsubstantiated claims were amplified by leaders of the two leading opposition parties that cleaned up in March’s election: the populist 5-Star Movement and the hard-right Northern League, who labelled the NGOs as “sea taxis” for migrants.

      In July, prior to the seizure of the Iuventa, the pressure on the rescue boats was stepped up by Italy’s announcement of a new code of conduct to regulate their actions. The code had begun as a dry technical exercise by Italy’s coastguard to establish common practices for NGO vessels but it quickly became political when it was taken over by Marco Minniti, the ambitious interior minister. A social democrat in the Partito Democratico (PD), Minniti is typical of migration hawks on the centre left—such as former French prime minister Manuel Valls—who argue that nativist posturing is necessary to see off more chauvinist populists.

      Minniti’s new version of the code contained controversial requirements such as proscribing the use of phones and flares and banning the transfer of rescued people to other ships to be taken to Italy, methods which were central to NGO rescue practices. MSF, who operated its own rescue ship, warned that the code “would mean less time in the rescue zone” and “more drownings.” Minniti, who was previously the political head of Italy’s intelligence services, threatened to close Italy’s ports to rescue ships who did not sign.

      The hijacking of the code by the interior ministry triggered an angry row between Minniti and Italy’s more cautious transport minister, Graziano Delrio, to whom the coastguard reports. “We are talking about rescue at sea, which is governed by international law, not by the politics of migration control,” Delrio told Italy’s Repubblica newspaper.

      Roughly half of the NGOs signed the code but its real importance, according to Pierluigi Musarò, a professor and an expert on borders and migration with the University of Bologna, was the way it enabled the government to “legitimise” suspicion of the humanitarians. “For five months all we saw were images of collusion and you cannot compare the power over the media that political parties and the government have with the power of the NGOs.”

      In 2014, just 3 per cent of Italians considered immigration a major concern. By the time Italy went to the polls in March, that figure had climbed above one third.

      The fall of Gaddafi in 2011 and the country’s descent into chaos gradually saw Libya once again emerge as the main departure point for Europe. In 2013 40,000 people made the crossing, fuelled in part by African migrants escaping the civil war in Libya. By 2014 the flows into Italy from Libya passed 170,000.

      Traffic through the route varies according to the crises elsewhere and includes Nigerian women trafficked out of poverty into Europe’s sex trade; Eritreans fleeing perpetual national service at home; Somalis fleeing war; and West Africans who in the past might have migrated through legal channels that are now closed.

      Italy’s southern most island, Lampedusa, is the closest European territory to Libya—only 180 miles away—something which its former ruler Muammar Gaddafi was only too aware of. As far back as 2008 the Tripoli regime allowed some 40,000 migrants to reach Lampedusa, in a flow that was only halted when Italy agreed an expensive deal with Libya’s leader.

      Italy’s response to the influx began generously but soon soured when Rome realised that its European partners were happy to treat the Central Mediterranean route as an Italian problem. During the humanitarian days of Mare Nostrum, Italy’s navy were lionised as lifesavers in films on national television. As the flows of people got larger and the EU help failed to materialise, attitudes hardened and nativist voices in the media and politics shouted down their humanitarian counterparts.

      Gradually the government strategy returned to the Gaddafi-era imprint: boats and funding for a Libyan coastguard whose main job was to intercept boats before they could reach international rescuers and by extension Italy. After initially standing up to the Minniti agenda, Rome’s MRCC recently began to order the remaining NGO missions to stand aside and allow the Libyan coastguard to intercept migrant boats and return them to Libya.
      The place of militias

      The EU’s overwhelming political priority of reducing sea crossings from north Africa has pushed it into an ever closer relationship with the loose-knit collection of militias that make up the Libyan coastguard. The UN arms embargo on Libya has prevented the EU directly supplying armed patrol boats to the Libyans, so the focus has been on training—but the mission has been far from straightforward.

      Training began in October 2016 with Libyans divided between the Italian vessel San Giorgio and the Dutch ship Rotterdam. Among the nine translators hired for the mission was Rabhi Bouallegue, a Tunisian now living in Palermo. He said trainees told him of routine collusion between the coastguard and smuggling gangs. The translator said one member of the Libyan team aboard the Rotterdam requested asylum from the Dutch in return for naming a smuggling kingpin who was also in effective control of the coastguard in the Libyan port city of Sabratha. (EU naval mission officials have repeatedly declined to comment on the claim.) The Libyans also complained to him that they had not been paid by their government for eight months.

      After the first phase, the Libyans returned home briefly before being collected for more training by the San Giorgio from the Libyan port of Misrata in early December 2016. The amphibious transport ship was delayed for several days as the trainees went on strike; the personnel were under pressure from their families to demand bonuses equivalent to the bribes they previously received from smugglers.

      A lot rests on the distinction between smugglers and coastguards. But it simply does not exist in the case of Abdurahman al-Milad. The 29-year-old head of the coastguard in the Libyan port city of Zawiya was first identified as the area’s main smuggler by Italian investigative reporter Nancy Porsia. Despite being named in the UN panel of experts report in June for involvement in smuggling activities and for firing on migrant and charity-operated boats, he continues to make a show of his wealth.

      On his Facebook page he posted photographs of a high-end, black and red powerboat, mounted with four 250-horsepower engines, bearing the legend “Baltic Pirates” on the side. He also shows off an invitation for a training course hosted by the Swiss government and the UN Migration Agency, billed as “promoting life-saving in maritime operations by the Libyan coastguard.”

      Last year ended with a one-third reduction in the number of sea crossings in the Central Mediterranean that was trumpeted in much of the EU as a success. But this owed more to a series of murky deals between Italy and armed groups with smuggling links, as local sources in Libya’s main smuggling ports have confirmed. The tactic has led to renewed fighting among rival groups hoping to profit from Europe’s willingness to pay to stop migrants crossing.

      The impact of the smear campaign that fed the mood in which the Iuventa was seized has also led to a sharp drop in public donations to the NGOs. Long-trusted charities like MSF have seen public donations drop by as much as 20 per cent in 2017 and all but a handful have withdrawn. Avowedly non-political groups like the Malta Offshore Aid Station (MOAS) have simply ceased operations, citing threats and reputational damage. Save the Children ended its operations, while MSF ended its charter of a vessel and now limits itself to providing a medical team aboard the French mission, SOS Mediteranee.

      Today, the Iuventa is quietly rusting into the dock at Trapani, the Sicilian port where it has been impounded. Its future is the subject of a legal case that could establish a dangerous precedent for non-governmental missions. An appeal hearing is due in April and the activists have been told that the vessel is being held not because a crime has willingly been committed, but as a preventative measure against possible future crimes.

      The outlines of a deliberate plan to “drain the Mediterranean” of non-governmental actors are now clearly visible. The fate of the Iuventa is not about 13 left-wing activists getting their boat back. It is about Italy establishing jurisdiction over all actions taken in international waters that result in illegal entry into Italian territory. It would make smugglers out of rescuers and mean any rescue boat that successfully prevents people from drowning could be seized.

      If Italy succeeds in court it will be another sign of the increasing authority of interior ministries around the EU, who now direct the bloc’s foreign policy. For those who want to use international waters to challenge the increasingly inward-looking, xenophobic tide of Europe’s politics, it will be a critical defeat. The arrival of spring will bring an increase in the number of refugees and migrants attempting the crossing, while those who would rescue them face challenges from governments and public scepticism fuelled by a smear campaign. The odds of survival for those wanting to start a new life in Europe will be even longer.

      https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/europes-new-anti-migrant-strategy-blame-the-rescuers

    • Les vicissitudes de Pro Activa Open Arms sur un site des identitaires. Voici leur point de vue:

      Pro Activa Open Arms NGO boat seized under the accusation of cooperating with smugglers

      A Spanish NGO called Pro Activa Open Arms allegedly violated international laws and certain treaties and as a consequence, the Italian authorities seized their boat in the Sicilian city of Pozzallo. The accusation of the prosecutor, Carmelo Zuccaro, leaves no doubts: Pro Activa Open Arms has been accused of cooperating with smugglers for illegal practices of immigration.

      The Spanish NGO was recently caught in a scandal with the Lybian authorities, the Spanish refused to give up the migrants they had onboard to the Lybian coast guard which in response threatened to open fire on them. The same migrants that the Spanish activists decided to bring to the Italians coasts while violating international laws and other treaties.

      This isn’t the first time NGOs are caught working with smugglers and facilitating mass immigration, this kind of behavior is what motivated the identitarian movement Generation Identity to start the campaign Defend Europe, last summer. During the mission, the identitarian activists monitored the actions of various NGOs and provided solid proof that many of them were committing crimes such as facilitating migration and working with smugglers.

      The Spanish NGO might finally answer to their illegal actions, while Zuccaro is already under fire of certain leftists who are calling him cruel and soulless: “How could an NGO ever commit a crime, they are the good guys for human rights!”.

      NGOs have been doing what they want for the last year and the weak Italian government has let them do it. Hopefully, this is a start and from now on Italian authorities will be stricter and punish all the NGOs violating treaties and international laws.

      https://www.defendevropa.org/2018/migrants/migrant-crisis/pro-activa-open-arms-ngo-boat-seized-under-accusation-of-cooperating-w

    • Sequestro Open Arms, il capomissione: «Rifaremmo quello che abbiamo fatto»

      Intervista a Riccardo Gatti alla guida di metà delle missioni in mare dell’ong Proactiva Open Arms, la cui nave è sotto sequestro a Pozzallo da domenica scorsa. «È assurdo questo attacco indiscriminato a chi salva vite umane, la nostra coscienza è del tutto a posto e provo vergogna per quanto si è caduti in basso, la solidarietà non è un reato»

      http://www.vita.it/it/article/2018/03/21/sequestro-open-arms-il-capomissione-rifaremmo-quello-che-abbiamo-fatto/146320

    • Un film sur le sujet, je ne crois pas qu’il a été présenté ici :

      Another News Story
      #Orban_Wallace (Royaume-Uni, 2017, 90’)
      http://www.anothernewsstory.com

      Avec une petite description en français ici :
      http://cineuropa.org/nw.aspx?t=newsdetail&l=fr&did=331077

      L’objectif de la caméra se concentre sur les journalistes qui documentent la crise alambiquée des réfugiés, un devoir éthique complexe. Nous sommes habitués aux images bouleversantes diffusées par des chaînes de télévision motivées par l’audimat, mais comment ces fragments de vie sont-ils capturés ? Que se passe-t-il réellement derrière la caméra ?

      #Cinéma #Documentaire

    • Respect migrant-rescue conduct code - EU (2)

      Brussels, March 19 - European Commission Spokesperson Natasha Bertaud called for Italy’s code of conduct for migrant search-and-rescue operations in the Mediterranean to be respected after as ship run by the Proactiva Open Arms NGO was seized by Italian prosecutors. “There is an Italian code of conduct that aims to avoid these situations,” Bertaud said. "We call on all parties to respect it in future.
      "We have been closely following the case since Friday and we are in contact with the Italian authorities.
      “Specifically, (Migration and Home Affairs) Commissioner (Dimitris) Avramopoulos has spoken to (Italian Interior) Minister (Marco) Minniti”.

      http://www.ansa.it/english/news/politics/2018/03/19/respect-migrant-rescue-conduct-code-eu-2_b8bc07a1-e5e2-4b71-99a4-e21a6e3733ec.h

    • COMMUNIQUE « SOS MEDITERRANEE préoccupée face à une nouvelle étape franchie dans la criminalisation de l’aide humanitaire en mer, exprime sa solidarité envers les sauveteurs d’Open Arms. »

      Ce jour, mercredi 21 mars, l’Aquarius, affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré en partenariat avec Médecins Sans Frontières (MSF), navigue vers la zone de recherche et de sauvetage (SAR) après son escale régulière en Sicile. L’Aquarius sera le seul navire d’ONG actif en Méditerranée centrale après la saisie par les autorités italiennes à Pozzallo du navire Open Arms de l’ONG ProActiva, réduisant ainsi les ressources déjà insuffisantes de recherche et de sauvetage disponibles sur la route maritime la plus meurtrière au monde. Les derniers événements qui ont touché l’ONG de recherche et de sauvetage "ProActiva Open Arms" sont très préoccupants pour les activités de sauvetage en mer, et auront seulement pour conséquence la multiplication des morts dans cette zone.

      Suite à la saisie d’Open Arms, un seul navire d’ONG reste actif en mer

      Les ONG de recherche et de sauvetage travaillent dans un environnement dans lequel les ressources sont de plus en plus rares et le contexte sécuritaire complexe, face à l’une des crises humanitaires les plus tragiques aux portes de l’Europe. Pendant des mois, SOS MEDITERRANEE a travaillé aux côtés de ProActiva dans la zone de recherche et de sauvetage dans les eaux internationales au large des côtes libyennes. Tout l’hiver, Open Arms et l’Aquarius ont été les seuls navires d’ONG à mener des opérations de recherche et de sauvetage en mer en continu, combinant leurs ressources à de multiples reprises afin de sauver des vies sous la coordination du Centre de coordination des secours en mer de Rome (IMRCC). A la suite de la saisie du navire Open Arms dimanche 18 mars, SOS MEDITERRANEE affrète désormais le seul navire dédié à la recherche et au sauvetage à patrouiller dans la zone SAR, ce qui n’est clairement pas suffisant par rapport aux besoins.

      Augmentation des bateaux en détresse interceptés et ramenés en Libye

      Au cours des derniers mois, l’Aquarius a été de plus en plus souvent témoin d’interceptions de bateaux en détresse par les garde-côtes libyens dans les eaux internationales. Les rescapés sur l’Aquarius ont témoigné à plusieurs reprises du fait que les interceptions par les garde-côtes libyens augmentaient les risques de naufrage et de noyade. De plus, ces interceptions séparent des familles et ramènent les naufragés dans « l’enfer libyen » qu’ils tentaient justement de fuir.

      Les garde-côtes libyens n’appartiennent pas à un centre de coordination des opérations de sauvetage maritime et aucune zone libyenne de recherche et de sauvetage n’a jamais été légalement établie par l’Organisation maritime internationale (IMO). De plus, en Libye, aucun port ne peut être considéré comme un port sûr (port of safety) comme l’exige le droit maritime international pour débarquer les personnes secourues.

      SOS MEDITERRANEE appelle les Etats européens à garantir des activités de sauvetage en mer transparentes, légales, sûres et renforcées

      Depuis le début de sa mission en mer, SOS MEDITERRANEE n’a cessé de renouveler son appel à l’Union européenne pour fournir des ressources spécifiquement consacrées à la recherche et au sauvetage dans la zone. En attendant, SOS MEDITERRANEE fait face à des opérations de plus en plus complexes dans un contexte où le professionnalisme, la sécurité et la sûreté sont d’une importance majeure. À plusieurs reprises au cours des dernières semaines, la confusion dans la coordination des sauvetages dans la zone SAR a sérieusement mis en péril la sécurité des personnes en détresse et des équipes de recherche et de sauvetage.

      « La saisie d’Open Arms et les enquêtes criminelles lancées à l’encontre de ProActiva Open Arms constituent des développements très préoccupants pour les activités de sauvetage en Méditerranée centrale. SOS MEDITERRANEE, préoccupée face à une nouvelle étape franchie dans la criminalisation de l’aide humanitaire en mer, exprime sa solidarité envers les sauveteurs d’Open Arms. Aujourd’hui, l’Aquarius est le seul navire de sauvetage présent en Méditerranée centrale. Jusqu’à quand ? », a déclaré Francis VALLAT, président de SOS MEDITERRANEE France.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/CP-Openarms-21-03-2017

    • Il n’y a plus de morts en Méditerranée

      La tension continue en Méditerranée entre gouvernements et ONG d’aide aux migrants : le bateau d’une ONG espagnole a été arraisonné en Italie, pour avoir sauvé des réfugiés. Dans "le monde à l’envers", on pourra bientôt dire "il n’y a plus de morts en Méditerranée", puisqu’il n’y aura plus personne pour les voir.

      C’est le principe du « pas vu, pas pris ». Impossible d’affirmer que quelqu’un est mort s’il n’y a personne pour le constater…

      https://www.franceinter.fr/emissions/la-chronique-de-jean-marc-four/la-chronique-de-jean-marc-four-21-mars-2018
      #témoins

    • In piazza per sostenere Proactiva Open Arms. «Ci sentiamo meno soli»

      Anche a Roma, oltre che in altre città, un presidio organizzato in sostegno dell’ong spagnola da attivisti e volontari. Nella capitale presente Riccardo Gatti, capo missione di Proactiva Open Arms. “Quello che sta succedendo è assurdo, ridicolo e tragico al tempo stesso”

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/570935/In-piazza-per-sostenere-Proactiva-Open-Arms-Ci-sentiamo-meno-soli

    • Una battaglia navale vista dalla cucina della #Open_Arms

      Cuoco, romano, 34 anni: Lorenzo Leonetti ha cominciato a stare dietro ai fornelli undici anni fa. Di solito gestisce la cucina del Grandma bistrot al Quadraro, un quartiere popolare di Roma. La sua specialità sono i piatti dell’Europa orientale come il gulasch o il pileći batak, un piatto a base di pollo che ha imparato a cucinare quando viveva in Ungheria e viaggiava spesso attraverso i Balcani.

      Quando, qualche mese fa, ha risposto all’annuncio di un’organizzazione umanitaria spagnola che cercava un cuoco per la cambusa della sua nave, non pensava che sarebbe finito nel mezzo di un confronto con la guardia costiera libica, a 73 miglia dalle coste del Nordafrica. Invece, il 15 marzo 2018, Leonetti si è ritrovato a bordo dell’imbarcazione dell’ong Proactiva Open Arms, fermata per due ore dai guardacoste libici nel Mediterraneo mentre cercava di soccorrere un gruppo di migranti.

      “Dall’oblò della cucina ho visto la motovedetta libica arrivare a tutta velocità e sono salito di corsa sul ponte per capire cosa stava succedendo”, racconta. Sono cominciate fitte comunicazioni via radio tra i volontari, che avevano già recuperato alcune donne e bambini, e la nave spagnola, che era a pochi metri dalle lance di soccorso. “Avvisate Roma, i libici ci stanno minacciando”.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/03/24/open-arms-sequestro

    • Sauvetage en mer : l’Aquarius est le seul navire humanitaire en Méditerranée

      L’Aquarius patrouille dans ce qu’on appelle la « SAR zone » (Search and Rescue), la zone de recherche et de sauvetage, au large de la Libye, dans les eaux internationales. Cette zone maritime s’étend sur 60 000 km2.

      Où sont les autres navires humanitaires ?

      –Le #Vos_Hestia, de l’ONG Save the Children a cessé sa mission en octobre 2017

      –Le #Seefuchs, de l’ONG Sea-Eye, est en réparation à Malte

      –Le #Golfo_Azzurro, de l’ONG ProActiva, a cessé sa mission depuis l’été dernier

      –Le #Minden, de l’ONG Lifeboat, a cessé sa mission depuis l’été dernier

      –Le #Sea_Watch_3, de l’ONG Sea Watch, est en réparation à Barcelone

      –Le #Iuventa, de l’ONG Jugend Rettet a été saisi par les autorités italiennes et immobilisé depuis

      –Le #Open_Arms, de l’ONG ProActiva, a été saisi par les autorités italiennes et immobilisé depuis

      –Le #Phoenix, de l’ONG Moas, est parti l’été dernier porté secours aux Rohingyas au large de la Birmanie

      –Le #Life_line, de l’ONG Mission Lifeline, est en réparation

      http://www.infomigrants.net/fr/post/8247/sauvetage-en-mer-l-aquarius-est-le-seul-navire-humanitaire-en-mediterr

    • Crolla l’accusa a Open Arms, ma dietro i Libici c’è la Marina Militare italiana

      27/03/2018 Caduta l’ipotesi di reato di associazione per delinquere. L’inchiesta viene tolta alla Procura di Catania e passa ai magistrati ordinari di Ragusa. Ma dal decreto del Giudice delle Indagini Preliminari emerge uno scenario inatteso e preoccupante: la precisa descrizione dei fatti del magistrato indica che la regia dell’operazione è della #Marina_Militare Italiana. Operazione che ha tutte le caratteristiche di un respingimento, messo in atto utilizzando la Guardia Costiera libica.
      Non ha retto, davanti al Gip di Catania, l’impianto accusatorio più grave nei confronti dell’Ong spagnola Open arms proposto dalla Procura diretta da Carmelo Zuccaro. Il Giudice per le indagini preliminari ha respinto l’ipotesi di reato di associazione per delinquere, mantenendo solo il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Per ora la nave che il 15 marzo scorso era stata affrontata dalla Guardia costiera libica nel corso di un salvataggio di profughi fuggiti dal nord Africa rimane sotto sequestro. Il fascicolo è stato dunque tolto alla Dda di Catania - dove era arrivato domenica 18 marzo con la pesante ipotesi accusatoria - per essere assegnato alla Procura ordinaria di Ragusa.

      Ma la vera notizia appare – nero su bianco – nelle pagine del decreto di convalida del sequestro, che compie una importante discovery su quanto sta avvenendo nel Mediterraneo. Con la conferma dei dubbi sollevati in questi giorni: dietro il confronto tra la Ong e la Guardia Costiera libica sembra nascondersi un tentativo di respingimento dei migranti, operato attraverso il coinvolgimento da parte italiana della Guardia costiera libica. Non solo. A gestire l’intera operazione non è stata la Guardia costiera italiana – che dipende dal Ministero dei Trasporti ed Infrastrutture – ma la Marina Militare. Dunque il dicastero della Difesa. Gli eventi narrati nella decisione del giudice di Catania sono chiari e permettono di capire nei dettagli come le modalità di azione del governo italiano – e probabilmente dell’Unione europea – siano drasticamente cambiati dopo il 2 febbraio, data di avvio della nuova operazione navale Temis. Da quel momento una nave militare italiana è ferma a Tripoli, coordinando gli interventi delle motovedette libiche.

      Occorre ripercorrere, minuto dopo minuto, quello che è accaduto il 15 marzo nelle acque tra Italia e Libia. Ore 4.21. La centrale operativa MRCC di Roma riceve la notizia dell’avvistamento di un barcone con diversi migranti a bordo a 40 miglia dalla costa libica. Poco dopo il centro contattata a sua volta la nave Open Arms, chiedendo di intervenire. Una procedura, fino a questo momento, uguale a quella utilizzata in centinaia di salvataggi, con la Guardia costiera italiana incaricata di coordinare le attività delle organizzazioni umanitarie.

      Alle 5.37, però, c’è un intervento inatteso: il personale a bordo della nave militare italiana Capri (impegnata nella operazione NAURAS, riattivata con l’avvio di Temis), di stanza a Tripoli, invia una comunicazione a Roma affermando che una motovedetta della Guardia Costiera libica di lì a poco avrebbe mollato gli ormeggi per dirigersi verso l’obiettivo, assumendo la responsabilità del soccorso.

      Alle 6.44 la stessa nave Capri chiedeva al MRCC di Roma di “far allontanare l’unità della Ong per evitare criticità durante il soccorso”. E’ dunque la Marina militare italiana a decidere l’intervento dei libici, ben sapendo quale sarebbe stato il destino dei migranti recuperati. Come del resto scrive lo stesso presidente dell’ Ufficio Gip, Nunzio Sarpietro: «Il coordinamento (della Guardia Costiera libica, ndr) è sostanzialmente affidato alle forze della Marina Militare Italiana».

      Mezz’ora dopo appaiono altre due imbarcazioni precarie con decine di persone imbarcate, non lontane dal primo barcone segnalato. Una situazione critica che la Open Arms si è trovata di fronte mentre si stava dirigendo sul punto indicato la mattina da MRCC.

      Alle 9.13 la nave spagnola comunica di aver intercettato un gommone con migranti a bordo che imbarcava acqua e di averli recuperati visto che non c’era sul posto nessuna unità libica. Cosa sarebbe avvenuto se Open Arms avesse rispettato quell’ordine partito dalla nostra Marina Militare, fermandosi prima? In ogni caso gli italiani presenti a Tripoli non avevano preso bene l’intervento della Ong. Poco prima di questo salvataggio operato dagli spagnoli, l’addetto per la Difesa Italia a Tripoli aveva contattato la centrale di Roma “lamentando il comportamento della Open Arms, in quanto lo riteneva contrario al Codice di Condotta sottoscritto con il Ministero dell’Interno Italiano”.

      Il pasticcio assume contorni ancora più preoccupanti nelle ore successive. Quando poco dopo le 11.00 la Open Arms giunge davanti all’obiettivo iniziale – quello che doveva essere salvato dalla Guardia costiera libica, secondo le direttive della Marina Militare – la motovedetta di Tripoli non aveva ancora portato a bordo un solo migrante. I naufraghi vengono salvati dalla Ong spagnola. Durante le operazioni i volontari si trovano davanti i miliziani di Tripoli che cercano “di ostacolare le operazioni di soccorso anche con la minaccia di usare le armi”, scrive il Gip di Catania. Fatti confermati dai filmati diffusi nei giorni scorsi.

      Alla fine alla Open Arms i magistrati di Catania hanno contestato la scelta di non aver seguito le indicazioni della Guardia costiera libica nel corso dei salvataggi in mare del 15 marzo e di non aver chiesto lo sbarco dei rifugiati a Malta. Nel decreto di convalida del sequestro il Gip di Catania dà particolare importanza alla contestazione di aver voluto portare i naufraghi in Italia: “I dati fattuali parlano chiaro e dimostrano - scrive il gip - come lo stesso comandante della Motonave Open Arms, nonostante le indicazioni impartitegli, non abbia voluto mai prendere contatti con le autorità maltesi in base a una sua autonoma considerazione, che invece occorreva verificare in concreto, circa la indisponibilità delle dette autorità ad accogliere i migranti”. L’Ong spagnola aveva già replicato a queste accuse durante la conferenza stampa tenutasi al Senato la settimana scorsa, spiegando che l’assegnazione del punto di sbarco - il cosiddetto “Place of safety” - viene fornito dal MRCC di Roma. Le autorità della Guardia costiera – secondo la ricostruzione degli eventi successivi al salvataggio del 15 marzo scorso – alla fine hanno indicato alla nave il porto di Pozzallo.

      La vicenda giudiziaria – ora passata per competenza a Ragusa – è dunque complessa e delicata, con implicazioni internazionali non irrilevanti. La conferma dell’esistenza di un comando italiano dietro l’azione della Guardia costiera libica potrebbe esporre il nostro Paese a un procedimento davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, rischiando una seconda condanna dopo quella ricevuta nel 2012. L’esclusione del reato di associazione per delinquere, infine, è sicuramente una sconfitta per la linea tenuta da circa un anno dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Nel 2017 nel corso di due audizioni in Parlamento (prima in Comitato Schengen e poi davanti alla commissione difesa del Senato) il magistrato aveva mosso dure accuse nei confronti delle Ong: “Qual è la volontà che anima le ONG? Noi abbiamo ovviamente fatto un ventaglio di ipotesi. Si può partire da quella peggiore, che è quella di un consapevole accordo che sarebbe potuto intercorrere tra le Ong e queste organizzazioni. Questa, che è l’ipotesi sicuramente peggiore, non dà al momento alcun riscontro, ma è ovvio che ci lavoriamo”, aveva dichiarato Zuccaro davanti al comitato Schengen del Parlamento. Per poi aggiungere: “Vi dico che non appena si verificherà un caso che mi dia la possibilità di farlo, su questo aprirò un’indagine”. Quell’ipotesi “peggiore” di un patto criminale delle Ong si è dimostrata insussistente.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/cosi-crolla-l-accusa-a-open-arms.aspx
      #refoulement #push-back

    • Niente associazione per delinquere, ma solidarietà ancora sotto sequestro.

      Alla scadenza del termine di dieci giorni stabilito dalla legge per la convalida del sequestro preventivo disposto dalla Procura di Catania a carico della nave di Open Arms bloccata con parte dell’equipaggio a bordo nel porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso, il Giudice delle indagini preliminari ha convalidato la misura del sequestro ma si è dichiarato incompetente rispetto all’accusa più grave formulata dalla Procura di Catania, che contestava il reato di associazione a delinquere finalizzata all’ingresso in Italia di immigrati irregolari.

      https://www.a-dif.org/2018/03/27/niente-associazione-per-delinquere-ma-solidarieta-ancora-sotto-sequestro

    • Migranti, dopo la Open Arms anche la nave Aquarius costretta ad affrontare il “coordinamento” libico

      Dopo il caso della nave di Proactiva, finita sotto sequestro a Pozzallo, ieri l’imbarcazione Sos Mediterranèe si è trovata nella stessa situazione, rendendo evidente quella che sembra ormai una prassi: una volta sul posto le navi vengono affidate al controllo di Tripoli che chiede loro di «restituire» i migranti

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/01/migranti-dopo-la-open-arms-anche-la-nave-aquarius-costretta-ad-affrontare-il-coordinamento-libico/4265455

    • Trois jours d’opérations complexes et dramatiques en Méditerranée centrale : 292 naufragés en sécurité à bord de l’Aquarius

      SOS MEDITERRANEE appelle les autorités européennes et internationales à clarifier d’urgence le cadre d’intervention des garde-côtes libyens

      L’Aquarius, affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré en partenariat avec Médecins Sans Frontières (MSF) a secouru ces jeudi, vendredi et samedi un total de 292 personnes en détresse dans les eaux internationales au large des côtes libyennes, au cours de trois opérations distinctes dans des conditions particulièrement délicates.

      Jeudi 29 mars, alors que l’Aquarius patrouille à 25 milles marins des côtes, l’équipe de sauveteurs de l’Aquarius repère un canot pneumatique en détresse. Après avoir informé le centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) et reçu l’instruction de procéder au sauvetage, 122 personnes sont transférées en sécurité à bord de l’Aquarius.

      Vendredi 30 mars, l’Aquarius est mobilisé de nouveau par le centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) pour le sauvetage d’un canot pneumatique en difficulté repéré par un hélicoptère de la marine italienne, à 38 milles nautiques au nord de Zuwarah. « Ce sauvetage était délicat, le canot pneumatique était dans de très mauvaises conditions, il était partiellement dégonflé et le fond en bois était cassé. Nous avons dû déployer des radeaux pour sécuriser les personnes avant de pouvoir leur distribuer des gilets de sauvetage » explique le coordinateur adjoint des secours de SOS MEDITERRANEE.

      Alors que le sauvetage est en cours, la vedette 648 des garde-côtes libyens s’approche à grande vitesse de l’Aquarius. Le sauvetage de 131 personnes en détresse, dont 12 femmes et 24 mineurs non accompagnés, est achevé juste avant son arrivée. L’Aquarius décline l’offre d’assistance des garde-côtes libyens.

      En accord avec le centre de coordination des secours de Rome, le navire de SOS MEDITERRANEE, avec 253 rescapés à bord, poursuit sa veille active dans les eaux internationales en raison de conditions météorologiques favorables aux départs.

      Un bébé, des enfants et cas médicaux sauvés d’un canot intercepté par les garde-côtes libyens

      Samedi 31 mars à 10:30, l’Aquarius reçoit un appel du centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) signalant la position d’une embarcation en détresse repérée par un survol de l’opération EUNAVFORMED, et se déroute vers cette position. Le canot pneumatique est repéré par les sauveteurs de SOS MEDITERRANEE après une heure à peine de navigation.

      A 11:34, le centre de secours de Rome informe l’Aquarius que les garde-côtes libyens assument la coordination des opérations (SAR Case 183), puis donne l’instruction à l’Aquarius de ne pas interférer et de rester en stand-by. L’Aquarius arrivé sur les lieux avant la vedette des garde-côtes libyens, informe le MRCC Rome de la nécessité de stabiliser la situation en distribuant les gilets de sauvetage à bord de l’embarcation surchargée, qui continue à s’approcher. L’Aquarius reçoit ensuite un appel téléphonique du centre des opérations des garde-côtes libyens qui se déclare en charge de la coordination, et l’équipage alerte ces derniers de l’urgence de distribuer des gilets de sauvetage. La vedette Al Khifra 206 des garde-côtes libyens, en route vers la position mais encore éloignée, reçoit la même information simultanément via radio. Une fois l’autorisation des garde-côtes libyens acquise, l’Aquarius lance ses deux canots de sauvetage et commence à distribuer des gilets de sauvetage. Les sauveteurs constatent la présence d’enfants, dont un nouveau-né et de cas médicaux urgents - et obtiennent l’autorisation de la vedette des garde-côtes libyens d’évacuer les cas les plus vulnérables vers l’Aquarius, mais se voient interdire de secourir les autres passagers du canot.

      39 personnes, dont un nouveau-né, des femmes enceintes et de nombreux enfants avec leurs parents sont transférés sur l’Aquarius tandis qu’environ 90 personnes sont interceptées par les garde-côtes Libyens et renvoyées en Libye. L’Aquarius reçoit l’ordre de rester à distance pendant l’interception.

      « Les conditions actuelles d’opérations de sauvetage en mer sont inacceptables »

      « Les conditions actuelles de sauvetage en mer, toujours plus compliquées et avec des transferts de responsabilité confus et périlleux pendant les opérations, sont inacceptables. Les bateaux de sauvetage se retrouvent contraints à négocier au cas par cas, en pleine mer, en situation d’urgence et de tension dangereuse, l’évacuation de personnes en détresse, malades, blessées, épuisées, vers un lieu sûr où elles seront soignées et protégées. Alors que les moyens en mer pour sauver des vies sont de plus en plus insuffisants, les opérations sont retardées, des vies humaines sont menacées, le renvoi des personnes en détresse vers la Libye est priorisé au lieu de leur mise en sécurité, » a déclaré Francis Vallat, président de SOS MEDITERRANEE France.

      « Nous ne sommes ni juristes, ni décideurs politiques. Nous sommes une association européenne et citoyenne de sauveteurs en mer à bord d’un navire ambulance qui intervient là où des personnes sont en danger de mort. Nous respectons scrupuleusement, depuis le début de notre mission en mars 2016, le droit maritime international, les autorités maritimes, et travaillons dans le respect des principes d’humanité et de solidarité qui ont fondé l’Europe et sont l’ADN des gens de mer.

      En l’absence d’un protocole clair, public et transparent encadrant l’intervention des garde-côtes libyens dans les eaux internationales au large de la Libye, nous demandons instamment aux plus hautes autorités européennes et internationales de clarifier le cadre d’intervention des différents acteurs dans cette zone maritime, la plus mortelle au monde. Si ce cadre a changé récemment et ne nous autorise bientôt plus à sauver les vies en danger, si nous ne pouvons plus exercer notre mission en sécurité, nous estimons que nous-mêmes et les citoyens européens devrions en être les premiers informés » a poursuivi Francis Vallat.

      Dimanche 1er avril, l’Aquarius se dirige vers le nord pour débarquer les 292 rescapés dans le « port sûr » de Messine, indiqué par le centre de coordination des secours de Rome.

      Les personnes secourues entre jeudi et samedi par l’Aquarius en Méditerranée Centrale sont originaires de plus de vingt nationalités différentes, de pays d’Afrique de l’Ouest, mais aussi de Somalie, d’Egypte, de Libye, du Pakistan et du Bangladesh. Parmi elles se trouvent au moins cinq femmes enceintes, neuf enfants, et 54 mineurs non accompagnés.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/sauvetages-010418

    • Mediterraneo, MSF: Nave Aquarius allontanata da un soccorso. Decine di persone riportate in Libia

      Ieri, sabato 30 marzo alle 10.32, il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Roma ha allertato la nave Aquarius – gestita in collaborazione da Medici Senza Frontiere (MSF) e SOS Mediterranee – e la Guardia costiera libica, di un gommone in difficoltà con a bordo circa 120 persone, in acque internazionali a 23-24 miglia nautiche dalla costa libica.

      Il gommone è stato identificato per primo da un aereo militare europeo. Sebbene la Aquarius sia arrivata sulla scena per prima, intorno alle 11.00, l’MRCC ha informato la nave che sarebbe stata la Guardia costiera libica a occuparsi del soccorso, per questo alla Aquarius è stato indicato di rimanere in standby e di non avviare nessuna operazione.

      Mentre era in standby, la Aquarius ha visto la situazione peggiorare perché il gommone sovraffollato iniziava a imbarcare acqua. Alle 12.45, MSF e SOS Mediterranee sono riuscite a negoziare con l’MRCC, il comando della Guardia costiera libica e la nave della Guardia costiera libica che stava raggiungendo l’area, e hanno ottenuto di poter almeno stabilizzare la situazione distribuendo giubbotti di salvataggio a tutte le persone a bordo e valutare le loro condizioni mediche.

      L’infermiera di MSF a bordo del motoscafo veloce (RHIB) che si è avvicinato al gommone ha individuato 39 casi medici e vulnerabili – tra cui un neonato, donne incinte, bambini e le loro famiglie – che sono stati evacuati sull’Aquarius.

      Negli ultimi mesi in più occasioni ci sono state reazioni violente da parte della Guardia costiera libica verso le poche organizzazioni umanitarie ancora impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, e la sicurezza del nostro team, così come delle 253 persone soccorse che si trovavano già a bordo dopo due giorni di salvataggi, era una preoccupazione cruciale. Mentre siamo riusciti a negoziare l’evacuazione sulla Aquarius di 39 casi medici e vulnerabili, per la sicurezza delle persone a bordo e del team dell’Aquarius, non abbiamo potuto completare il soccorso.

      Alle 13.52 la Guardia costiera libica ha ordinato alla Aquarius di allontanarsi dalla scena, con decine di persone ancora sul gommone. Alle 14.09 queste persone sono state prese dalla Guardia costiera libica e riportate in Libia.

      MSF ribadisce ancora una volta che la Libia non è un luogo sicuro e per nessun motivo rifugiati e migranti dovrebbero esservi riportati. MSF continua ad appellarsi ai Governi europei per dare priorità alla sicurezza di rifugiati e migranti invece di rafforzare attivamente politiche di deterrenza e contenimento in Libia.

      http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/mediterraneo-msf-nave-aquarius-allontanata-da-un-soccorso-decin

    • Open Arms libera di tornare a salvare vite in mare

      Il Giudice per le indagini preliminari di Ragusa dissequestra la nave ferma nel porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso motivando che “la Libia non è ancora in grado di riaccogliere i migranti soccorsi in mare nel rispetto dei loro diritti fondamentali". Sollievo da parte degli operatori umanitari per avere scongiurato un ulteriore atto di criminalizzazione della solidarietà

      http://www.vita.it/it/article/2018/04/16/open-arms-libera-di-tornare-a-salvare-vite-in-mare/146574

    • Italie : la justice annule la saisie d’un navire d’ONG

      Un juge de Ragusa (Sicile) a annulé lundi le placement sous séquestre du navire de Proactiva Open Arms, bloqué depuis mi-mars au port de Pozzalo en raison de soupçons d’aide à l’immigration clandestine, a annoncé cette ONG espagnole.

      L’enquête vise trois responsables de l’organisation non gouvernementale après une opération de sauvetage au cours de laquelle les secouristes de Proactiva Open Arms ont refusé de confier aux gardes-côtes libyens des migrants secourus au large de la Libye.

      Lundi, le juge a fait valoir que la Libye n’était « pas encore en mesure de ré-accueillir les migrants secourus dans le respect de leurs droits fondamentaux » et estimé que l’ONG avait donc agi en « état de nécessité ».

      « Ce n’est qu’un premier pas et une bonne nouvelle. L’Open Arms est libéré, mais les enquêtes du parquet de Catane pour association de malfaiteurs et de celui de Ragusa pour aide à l’immigration clandestine se poursuivent », a commenté sur Twitter Oscar Camps, le fondateur de l’ONG.

      L’opération de sauvetage controversée a eu lieu le 15 mars, lorsque les gardes-côtes italiens ont signalé à l’Open Arms deux embarcations en détresse à 73 milles marins au large de la Libye, avant de préciser que Tripoli se chargeait de la coordination des opérations.

      L’Open Arms a commencé à secourir les migrants puis a refusé de les transférer à une vedette libyenne arrivée plus tard. Les parquets de Catane et de Ragusa estiment que les migrants auraient dû débarquer à Malte, le port sûr le plus proche, et reprochent à l’Open Arms d’avoir tout fait pour les conduire en Italie, ce à quoi l’ONG répond que Malte n’accepte que les urgences médicales.

      En Espagne, le blocage de l’Open Arms a suscité un mouvement de soutien autour du slogan « Sauver des vies n’est pas un crime », avec des manifestations et une pétition en ligne qui a recueilli plus de 312.000 signatures, dont celles des acteurs Penelope Cruz et Javier Bardem.

      Il y a un an, une dizaine de navires d’ONG patrouillaient au large de la Libye. Désormais, il n’en reste plus que deux : l’Aquarius de SOS Méditerranée et Médecins sans frontières et le Sea-Watch de l’ONG allemande éponyme.

      L’Open Arms était le deuxième saisi par la justice italienne après le Iuventa de l’ONG allemande Jugend Rettet l’été dernier. D’autres ONG ont suspendu leurs opérations en raison des menaces croissantes de la marine libyenne et de la baisse des départs (-60% depuis l’été 2017).

      https://www.lorientlejour.com/article/1110832/italie-la-justice-annule-la-saisie-dun-navire-dong.html

    • Migranti. Il diario di bordo dalla #Sea_Watch_3 in partenza da Malta

      Dopo il dissequestro della nave Spagnola Open Arms, tornano a essere 4 le ong che operano nel Mediteraneo centrale insieme alle navi di due dispositivi militari europei per il controllo dei flussi migratori. Tra queste anche la Sea Watch 3, tornata in porto a Malta dopo l’ultima missione e in procinto di ripartire. A bordo da oggi con l’equipaggio l’inviata Angela Caponnetto

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ong-Sea-Watch-Mediterraneo-migranti-57a4bd6b-ffd0-499c-93c3-a207fae8275b.htm

    • Migranti, “disobbedienza legittima” di Open Arms: in crisi le accuse alle ong

      Nel provvedimento di dissequestro della nave dell’ong spagnola Proactiva si riconosce che la Libia non è un posto sicuro. I soccorritori hanno agito in stato di necessità in base all’articolo 54. L’analisi di Schiavone (Asgi): “Prima di tutto viene la salvezza delle persone, tanto dal rischio di morire in mare come da quello di subire torture”

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/573515/Migranti-disobbedienza-legittima-di-Open-Arms-in-crisi-le-accuse-al

    • Proactiva Release Does Not Spell End of Italy’s War on Rescue Groups

      Italian judge’s releases rescue ship but upholds legal fiction of Libyan search and rescue zone. Judith Sutherland from Human Rights Watch explains why the contradiction matters


      https://www.newsdeeply.com/refugees/community/2018/04/19/proactiva-release-does-not-spell-end-of-italys-war-on-rescue-groups

    • Le « Iuventa », emblème de la criminalisation des ONG en Méditerranée

      La saisie, par les autorités italiennes, du bateau d’une ONG portant secours aux migrants est devenue l’emblème d’une campagne de criminalisation de celles et ceux qui tentent de sauver des vies en Méditerranée. Le collectif Forensic Architecture démonte, à l’aide d’outils inédits, les failles et les biais de cette accusation à la veille d’une décision de la Cour suprême italienne.

      Le 2 août 2017, le bateau Iuventa, affrété par l’ONG allemande Jugend Rettet (« sauver la jeunesse »),
      engagée dans des opérations de recherche et de sauvetage des migrants qui tentent de rejoindre
      l’Europe, est saisi à proximité de l’île de Lampedusa.
      L’ONG est accusée de collusion avec les trafiquants qui font passer les migrants des côtes libyennes
      aux rivages italiens et d’aide à « l’immigration illégale ». La Cour suprême italienne doit se
      prononcer, lundi 23 avril, sur le maintien ou la levée de la saisie du bateau.
      Alerté sur l’affaire, le collectif Forensic Architecture a enquêté avec les outils impressionnants qu’il
      développe depuis quelques années. « Forensic Architecture » est à la fois le nom d’une nouvelle
      discipline située entre journalisme d’investigation et défense des droits humains, et celui d’une agence
      d’architecture de combat basée à Londres.
      Celle-ci regroupe des architectes, des cartographes, des ingénieurs, des juristes ou des réalisateurs, et
      développe des moyens inédits d’investigation sur les crimes et mensonges d’État, qu’elle met au service des ONG ou de l’ONU.
      Elle a, ici, collecté images, données et métadonnées pour démonter l’accusation et démontrer la
      manière dont la saisie du bateau de 33 mètres, susceptible d’accueillir à son bord plus de
      200 personnes, s’inscrit dans une campagne plus large de délégitimation et de criminalisation des
      ONG s’efforçant de sauver celles et ceux qui tentent de rejoindre l’Europe par la Méditerranée.
      Forensic Architecture est ainsi parvenu à une reconstitution 3D de ce qui s’est vraiment passé au large
      des côtes libyennes, qu’elle publie aujourd’hui en même temps que Mediapart pour la France,
      Internazionale en Italie et The Intercept, le magazine lancé par Glenn Greenwald, Laura Poitras et
      Jeremy Scahill.

      Pour Lorenzo Pezzani, cofondateur de Forensic Oceanography, un département de Forensic
      Architecture qui documente depuis plusieurs années les naufrages en Méditerranée et les violations
      des droits des migrants, « depuis la fin de l’année 2016, avec un point culminant à l’été 2017, s’est
      développée en Italie une campagne contre les ONG qui affrètent des bateaux pour aller à la recherche
      des embarcations de migrants menacées de naufrage. Au départ, cette campagne était limitée à des
      petits groupes xénophobes, mais cette présentation toxique de la réalité s’est répandue dans les
      médias et parmi les politiques, comme nous l’avons déjà documenté dans notre rapport Blaming the
      Rescuers ».
      Comprendre la saisie du bateau de l’ONG Jugend Rettet implique en effet, pour lui, de se remettre
      dans une perspective de plus longue durée. « Les printemps arabes ont fait exploser le système de
      contrôle des frontières européennes fondé sur l’externalisation et la collaboration avec les dictatures
      nord-africaines, comme celle de Ben Ali en Tunisie et Kadhafi en Libye, et provoqué un pic de départ
      à partir des premiers mois de 2011. Dans un premier temps, les États européens, et notamment
      l’Italie, ont mis en place leurs propres opérations à la fois militaires et humanitaires, telle Mare
      Nostrum lancée par la marine italienne en 2013, après le naufrage d’un bateau, le 3 octobre 2013,
      qui avait fait plus de 350 morts. »

      Mais ces opérations de sauvetage ont ensuite été considérées comme des facteurs encourageant les
      départs de migrants et ont été remplacées par des opérations avant tout militaires, fondées sur le
      présupposé que rendre la traversée plus dangereuse aurait un effet dissuasif. « En réalité, poursuit
      Lorenzo Pezzani, il n’y a pas eu moins de migrants qui sont arrivés sur les côtes européennes. En
      revanche, beaucoup plus sont morts durant la traversée, avec un pic de mortalité en 2015,
      particulièrement visible avec le décès de plus de 1 200 personnes lors du naufrage de seulement deux
      bateaux durant la même semaine du mois d’avril. »
      C’est dans ce contexte, explique-t-il, que « de nombreuses ONG ont considéré qu’elles ne pouvaient
      plus se contenter de témoigner de ce qui se passait, mais qu’il fallait intervenir directement pour
      sauver ces vies ». Et ont ainsi commencé à affréter des bateaux à l’instar du Iuventa.
      Dans une autre affaire similaire, un juge de Raguse en Sicile a décidé, lundi 16 avril, d’annuler le
      placement sous séquestre du navire de POA (Proactiva Open Arms), appartenant à une ONG
      espagnole, également soupçonné d’aide à l’immigration clandestine.
      Pour Lorenzo Pezzani, « nous sommes, depuis quelques mois, dans une phase de clôture accentuée de
      la Méditerranée, fondée sur une double stratégie. D’un côté, une criminalisation des ONG pour
      empêcher leurs bateaux d’accéder aux embarcations de migrants. De l’autre, un soutien technique,
      logistique et politique aux gardes-côtes libyens pour qu’ils interceptent les bateaux de migrants et les
      renvoient en Libye. La saisie du Iuventa s’inscrit dans ce cadre. Cette saisie a constitué la première
      attaque de nature judiciaire contre les ONG qui s’occupent de sauver les migrants, et elle prolonge
      une campagne politique et médiatique de plus en plus violente ».
      Selon lui, cette décision inscrite dans une stratégie reformatée de l’Union européenne en Méditerranée
      doit aussi « être comprise dans un contexte plus large de criminalisation de la solidarité envers les
      migrants partout en Europe ».

      https://www.mediapart.fr/journal/international/200418/le-iuventa-embleme-de-la-criminalisation-des-ong-en-mediterranee

    • Caso Iuventa, i video che scagionano la nave dell’ong tedesca

      I ricercatori dell’università di Londra Goldsmiths hanno prodotto tre video, pubblicati in esclusiva da Internazionale, che scagionano l’ong tedesca Jugend Rettet dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nell’inchiesta che ha portato al sequestro della nave Iuventa il 2 agosto 2017.

      Secondo la procura di Trapani, nel settembre del 2016 e nel giugno del 2017 durante i soccorsi di migranti al largo della Libia c’erano stati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e i membri dell’equipaggio della nave”. Anche se hanno agito solo per ragioni umanitarie e senza fini di lucro, riconosce la procura, gli operatori si sarebbero avvicinati troppo alle coste libiche e avrebbero avuto contatti con i trafficanti per delle “consegne pattuite” di migranti.

      Secondo l’accusa, in uno di questi episodi gli operatori della Iuventa avrebbero lasciato alla deriva tre imbarcazioni in modo che i trafficanti potessero recuperarle e usarle successivamente in altre traversate. Le fonti dell’accusa sono le testimonianze e le foto scattate da due poliziotti sotto copertura, imbarcati come personale di sicurezza sulla nave Vos Hestia dell’organizzazione umanitaria Save the children, attiva nello stesso tratto di mare.

      Ma al termine di un lavoro durato otto mesi il dipartimento di oceanografia forense della Goldsmiths ha smentito questa ricostruzione, basandosi sui video e gli audio raccolti dall’equipaggio, sulle informazioni registrate nel diario di bordo della Iuventa, sulle comunicazioni con la centrale operativa della guardia costiera italiana e sulle immagini scattate dai giornalisti a bordo della nave tedesca e di altre imbarcazioni impegnate nei soccorsi.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/04/20/iuventa-video

    • An Italian Court Decision Could Keep Rescue Boats From Saving Refugees in the Mediterranean

      In August 2017, an Italian prosecutor ordered police to seize and impound the Iuventa, a ship operated by the German nonprofit Jugend Rettet, in Trapani, a port in western Sicily. The Iuventa is used to rescue migrants attempting the perilous sea crossing between North Africa and Italy, but the prosecutor said he was investigating the organization for alleged ties to human trafficking operations in Libya. The investigation relied on evidence gathered through the use of police informants, an undercover operative, tapped phone calls, and a recording device that police placed in the Iuventa’s bridge months earlier, and it purported to show the crew of the Iuventa coordinating with Libyan smugglers.

      https://theintercept.com/2018/04/20/mediterranean-refugee-rescue-boat-italy-libya

    • Italy’s Supreme Court rejects appeal against the seizure of NGO rescue vessel the Iuventa

      On Monday, Italy’s Supreme Court rejected an appeal against the seizure of the Iuventa, a rescue ship operated by the German NGO Jugend Ruttet (‘Youth Rescue’). The vessel was seized last summer after an investigation by the Italian authorities into the operation of migrant rescue missions in the Mediterranean.

      Evidence collected as part of the investigation, which included the use of an undercover agent, bugging devices, tapped phone calls as well as informant testimonies, led to the pre-emptive seizure of the vessel on 2 August 2017 under accusations of colluding with smugglers and “conspiring to facilitate illegal immigration”.

      Lawyers had filed the appeal against the ruling of the judge in the Western Sicilian city of Trapani in favour of the prosecution’s request for pre-emptive seizure. The lawyers questioned the nature of the accusations, as well as Italy’s jurisdiction on incidents that took place in international waters.

      The order of seizure itself followed the introduction of a controversial code of conduct for charity boats conducting rescues in the Mediterranean by the Italian government last summer. Several NGOs, from larger organisations such as Doctors without Borders to smaller ones including Jugend Rettet, refused to sign it before the announced deadline of 31 July 2017, claiming that the code would threaten their activities at sea. The seizure of the Iuventa was ordered only two days after this deadline.

      The London-based research organisation Forensic Architecture are among several observers sceptical of the accusations brought by the Italian authorities and released an investigation last week refuting the Italian accusations and questioning their evidence. Philipp Külker, spokesperson of Jugend Rettet, said that “the analysis showed in a very clear way that the accusations are unfounded…these are just empty claims.”

      The ruling is a blow to NGOs operating sea rescue missions in the Mediterranean, after the Spanish NGO rescue vessel Open Arms was ordered to be released from a Sicilian port last month, with the ship’s crew remaining under criminal investigation. The Iuventa ruling points to the wider trend of de-legitimisation and criminalization of NGO rescue missions.

      Italy’s Supreme Court of Cassation will publish an explanatory statement on the ruling in the coming weeks.

      https://www.ecre.org/italys-supreme-court-rejects-appeal-against-the-seizure-of-ngo-rescue-vessel-t

    • Italy OKs migrant transfer after insisting on UK approval

      Italy’s coast guard said Monday it had granted authorization for 105 migrants rescued at sea by a Spanish aid group to transfer to a sturdier boat after more than a daylong bureaucratic tussle left them exposed to the elements on the Mediterranean Sea.

      It was the second time in as many months that Italy has delayed allowing rescued migrants to reach safety by insisting on bureaucratic formalities in what appears to be a strategy to dissuade aid groups from rescuing migrants.

      Spain’s Proactiva Open Arms said the migrants, including six children and 32 unaccompanied teenagers, were in stable condition Monday but they were exposed to bad weather and living in inappropriate conditions aboard the Astral, a sailing vessel turned rescue ship that Proactiva has used for emergency assistance. Aquarius, a bigger rescue ship of the French SOS Mediterranee nonprofit group, waited for much of Monday to take them to a safe port.

      The nonprofits said the vessels —both sailing under the British flag— had been waiting for authorization since early Monday at around 25 nautical miles (28.75 statute miles) off the town of Khoms on the Libyan coast. Italy’s coast guard said the British had to grant authorization for the transfer, but Britain said it wasn’t coordinating the rescue.

      “They are throwing the ball at each other and we are in the middle,” said Astral’s captain Riccardo Gatti, blaming Italian and British authorities more than 30 hours after the migrants were rescued from a drifting and engineless rubber boat.

      “The situation is becoming unbearable due to worsening weather, cold and the health and hygiene conditions onboard,” he added.

      Another rescue ship of Proactiva was seized for weeks by Italian authorities before a judge in Sicily ordered its release earlier this year. Prosecutors are still investigating whether the non-governmental organization’s crew should face charges of criminal association and aiding illegal immigration.

      The British Maritime and Coast Guard Agency said it was aware of the incident and in contact with search and rescue authorities in the area, but said the incident was “not coordinated” by Britain.

      The Italian coast guard said the delay in transferring the migrants was due to Britain, since both rescue ships were British-flagged. Late Monday, the coast guard issued a second statement saying it had allowed for the transfer because of the late hour and because British authorities hadn’t given any indication on how to proceed.

      Previously, the Italian coast guard has said international norms require the flag nation to request authorization for one of its ships to dock — a requirement it hadn’t enforced before its recent crackdown on migrant landings.

      Matthew Carter, a communications officer with SOS Mediterranee, said the NGO’s standard procedure “is to wait for a green light from the coordinating authority (usually the Italian Maritime Rescue Coordination Center) before proceeding with a transfer or rescue operation.”

      But Carter said his organization had informed all parties that in the event of an emergency it planned to take all rescued people on board without pre-authorization.

      Each year, tens of thousands of migrants attempt to reach European shores by crossing the Mediterranean in smugglers’ boats. Most of the vessels are unfit for open water, and thousands of migrants drown each year.

      The U.N. says 615 migrants have died crossing the Mediterranean so far this year. A total of 22,439 migrants have reached European shores through the first four months of 2018.

      Italy has significantly reduced the migrants arriving on its coasts by helping the Libyan coast guard beef up its patrols, reducing the number of aid groups performing sea rescues and — in a move criticized by some aid groups — negotiating deals with Libyan militias that had long profited from trafficking humans.

      The migrants aboard the Astral are from Bangladesh, Egypt, Libya, Nigeria and other countries. They told The Associated Press on Sunday that human smugglers sailing in a separate boat removed their inflatable’s engine halfway through the dangerous Mediterranean crossing and left.

      https://apnews.com/d2cf4d6b2195422e8faf0e10fd9e286f

      v. aussi : https://www.washingtonpost.com/world/europe/rescuers-blame-red-tape-while-waiting-with-migrants-at-sea/2018/05/07/b50cfbcc-5216-11e8-a6d4-ca1d035642ce_story.html

    • Legal action against Italy over its coordination of Libyan Coast Guard pull-backs resulting in migrant deaths and abuse.

      Seventeen survivors of a fatal incident in which a boat carrying migrants found itself in distress off

      the coast of Libya filed an application against Italy today with the European Court of Human Rights. The applicants included the surviving parents of two children who died in the incident.

      The application was filed by the Global Legal Action Network (GLAN) and the Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI), with support from the Italian non-profit ARCI and Yale Law School’s Lowenstein International Human Rights Clinic. Their submission made use of evidence compiled by Forensic Oceanography, part of the Forensic Architecture agency based at Goldsmiths, University of London, who have produced a detailed reconstruction of the incident and the policies that have contributed to it.


      http://www.glanlaw.org/single-post/2018/05/08/Legal-action-against-Italy-over-its-coordination-of-Libyan-Coast-Guard-pull

    • L’Italia rischia un processo per aver coordinato la guardia costiera libica

      “All’alba abbiamo visto una barca e abbiamo gridato. Il nostro gommone stava imbarcando acqua, ci siamo tolti le magliette e le abbiamo sventolate per farci vedere. C’erano dei bambini che piangevano. La barca non ci ha risposto e se n’è andata”. E. è uno dei sopravvissuti del naufragio del 6 novembre 2017 in cui sono morte almeno venti persone e ricorda il momento in cui si è accorto che il gommone su cui viaggiava si stava sgonfiando. Erano quasi le nove di mattina. Il lato posteriore dell’imbarcazione ha cominciato ad affondare e alcune persone sono finite in mare.

      “Una nave della guardia costiera libica ci ha raggiunto, abbiamo cominciato a gridare: ‘Aiuto’. Ma non ci hanno risposto, hanno preso una macchina fotografica e ci facevano delle foto, se ne stavano andando quando hanno visto la Sea Watch che stava venendo verso di noi. Allora sono tornati indietro e gli hanno detto di andarsene”, racconta E. in un’intervista concessa al ricercatore Charles Heller del gruppo Forensic Architecture. Da quel momento è cominciata una specie di battaglia navale tra la motovedetta libica e la nave dell’ong tedesca. I libici hanno chiesto agli umanitari di andarsene, ma l’ong ha calato i gommoni di soccorso, perché molti migranti erano già in acqua e chiedevano aiuto.

      Respingimenti per procura
      Sei mesi dopo, il 3 maggio, insieme ad altri sedici sopravvissuti E. ha presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) accusando il paese di aver messo a repentaglio la sua vita, di aver ritardato i soccorsi affidandoli alla guardia costiera libica e di aver “respinto per procura” 47 migranti attraverso l’azione della motovedetta libica, donata a Tripoli da Roma nel maggio del 2017, come previsto dal Memorandum d’intesa firmato dai due paesi.

      Dei 17 migranti che hanno presentato il ricorso infatti, quindici sono stati portati in Italia e due sono stati respinti in Libia dove sono stati portati in un centro di detenzione a Tagiura. Per due mesi sono stati sottoposti a violenze, abusi, torture, estorsioni e stupri, sono stati venduti e sono stati torturati con l’elettricità. Infine i due hanno chiesto di partecipare ai programmi di rimpatrio volontario dell’Organizzazione mondiale dell’immigrazione (Oim) e sono stati riportati dalla Libia a Benin City, in Nigeria, il loro paese d’origine.

      E. e P. sono invece stati soccorsi e portati in Italia. E. dopo essere caduto in acqua è riuscito ad arrampicarsi sulla motovedetta libica 648 Ras Jadir, ma una volta a bordo i guardacoste hanno cominciato a picchiarlo come stavano già facendo con gli altri migranti soccorsi. “In quel momento ho guardato verso il mare e ho visto che c’erano i gommoni di soccorso della Sea Watch così sono saltato in acqua e mi sono salvato, non sono stato l’unico”, racconta E., uno dei 59 sopravvissuti recuperati dalla Sea Watch, successivamente portato in Italia.

      Anche P. era sulla stessa barca e ricorda che un elicottero ha lanciato dei giubbotti di salvataggio per le persone che erano cadute in mare. P. ne aveva indossato uno e si era attaccato a una corda insieme ad altri tre ragazzi riuscendo a salire a bordo della motovedetta. “Pensavo che fossero italiani, ma poi ho capito che erano libici perché parlavano arabo. Ci hanno detto di stare seduti. Un ragazzo si è lanciato in acqua e i libici ci hanno minacciato. Ci avrebbero picchiato con delle corde se ci fossimo mossi. Ma quando la guardia si è allontanata, io mi sono buttato in acqua e poi sono stato soccorso dalla Sea Watch”.

      La guardia costiera italiana alle 6 di mattina ha contattato la nave umanitaria Sea Watch 3 per intervenire in soccorso dei migranti che erano ancora in acqua: “Ci hanno chiamato da Roma per chiederci d’intervenire. Mentre andavamo verso il gommone ci siamo resi conto che era in corso un naufragio, abbiamo visto molti corpi in mare”, il volontario della Sea Watch Gennaro Giudetti ricorda l’operazione di salvataggio a trenta miglia dalle coste libiche.

      “Ho visto una donna affogare davanti ai miei occhi”, racconta. Un’altra donna, che Giudetti è riuscito a salvare, ha perso suo figlio nel naufragio. Sono morte almeno venti persone, mentre l’intervento della motovedetta libica – la 648 Ras Jadir – ha intralciato i soccorsi. I libici hanno lanciato anche degli oggetti contro i volontari, come raccontato da molti testimoni. I 47 sopravvissuti che sono stati recuperati dai libici, sono stati riportati nei centri di detenzione in Libia. Durante il salvataggio era presente anche un elicottero della marina militare italiana e diverse navi militari della missione Eunavformed.

      Secondo i sopravvissuti e il collegio di avvocati ed esperti che li hanno seguiti nel ricorso alla Cedu, il governo italiano è legalmente responsabile dei “respingimenti per procura” operati dalla guardia costiera libica, che violano numerosi articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Roma infatti ha donato le motovedette alla guardia costiera libica e ha finanziato la formazione dei guardacoste in seguito all’accordo firmato con Tripoli a febbraio. Gli italiani hanno coordinato, infine, attraverso la centrale operativa della guardia costiera di Roma gli interventi che hanno avuto come conseguenza il respingimento dei migranti in Libia.

      Loredana Leo, avvocata dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), spiega che l’Italia avrebbe una responsabilità nell’evento che ha prodotto una serie di violazioni dei diritti umani fondamentali: “In particolare sarebbe stato violato il diritto alla vita, perché tutti i ricorrenti erano in una situazione di potenziale o effettiva perdita della propria vita. C’è una violazione anche dell’articolo 3 della Convenzione dei diritti umani: quello che vieta i trattamenti inumani”. Per quelli che sono stati riportati in Libia la violazione dell’articolo 3 “è evidente”, inoltre sarebbe stato violato il divieto al respingimento collettivo. “Non c’è stata nessuna valutazione della situazione individuale delle persone che sono state respinte, inoltre coloro che sono stati riportati in Libia hanno corso il rischio di essere ridotti in schiavitù perché sono stati venduti come schiavi nel carcere libico”, continua Leo.

      Nel caso Hirsi l’Italia aveva operato direttamente, mentre in questo caso avrebbe agito attraverso l’intervento della guardia costiera libica

      Per gli avvocati del Global legal action network (Glan) e dell’Asgi, che seguono il ricorso, quello che l’Italia sta facendo è delegare alla guardia costiera libica il respingimento dei migranti, una prassi che viola numerose norme internazionali e che è già costata a Roma una condanna nel 2012 (caso Hirsi). In quell’occasione l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per aver violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani e aver rimandato nel paese nordafricano alcuni cittadini eritrei e somali, che rischiavano di subire trattamenti inumani e degradanti.

      Nel 2012 però l’Italia aveva operato direttamente, mentre in questo caso avrebbe agito attraverso l’intervento della guardia costiera libica. Per l’avvocata Leo la responsabilità italiana però è molto chiara: “Tutto è avvenuto sotto il controllo e il coordinamento delle autorità italiane. La chiamata di emergenza è arrivata alla centrale operativa della guardia costiera italiana, che alle 6 del mattino ha chiamato Sea Watch 3 per chiedere d’intervenire. Quindi l’Italia aveva la responsabilità che le persone soccorse non subissero violazioni”. Inoltre c’è un livello più generale: “L’Italia ha messo Tripoli nelle condizioni di fare questi respingimenti per procura, donando le motovedette, formando i guardacoste e coordinando i libici da una nave della marina che è di stanza a Tripoli”.

      Per Violeta Moreno-Lax, consigliera di Glan e professoressa della Queen Mary all’università di Londra, “le autorità italiane hanno affidato ai libici delle azioni che sono illegali e che stanno mettendo a rischio le vite dei migranti”. Inoltre li stanno esponendo a forme estreme di violenza “per procura, cioè sostenendo e coordinando l’azione della cosiddetta guardia costiera libica”. La Cedu nei prossimi mesi dovrà decidere sull’ammissibilità del ricorso, ma i tempi in casi così importanti potrebbero essere molto lunghi. “Nel caso Hirsi ci sono voluti tre anni per arrivare a una condanna”, conclude l’avvocata Leo.

      Il caso è stato presentato alla Cedu dall’Asgi, dal Glan e dall’Arci, con il sostegno della Yale law school’s Lowenstein international human rights clinic.

      Mare chiuso
      Il naufragio del 6 novembre è solo la punta dell’iceberg di una strategia complessa avviata dalle autorità italiane ed europee per chiudere la rotta del Mediterraneo centrale e ridurre gli arrivi di migranti in Europa, sostengono i ricercatori Charles Heller e Lorenzo Pezzani della Forensic oceanography dell’università Goldsmith di Londra, che a questo tema hanno dedicato il rapporto Mare clausum, il quarto di una serie sui soccorsi di migranti nel Mediterraneo centrale.

      “Abbiamo esaminato 16 diversi episodi che mettono in luce l’azione dell’Italia con il supporto dell’Unione europea”, spiega Heller. In questi casi, secondo il ricercatore, “l’Italia ha coordinato la guardia costiera libica, che a sua volta ha intercettato e riportato i migranti in Libia, nonostante le violazioni documentate nei centri di detenzione libici”. Le ricostruzioni sono state realizzate a partire dagli audio e dai video registrati dai volontari delle ong e dai giornalisti indipendenti a bordo delle navi di soccorso.

      “Siamo riusciti a ricostruire questi episodi con una precisione senza precedenti”, aggiunge Pezzani, cofondatore della Forensic oceanography. “In questi 16 casi che abbiamo documentato per fortuna c’era una nave delle ong nei paraggi che ha registrato audio e video e ha permesso di ricostruire cosa è successo nei dettagli, mentre nella maggior parte dei casi non rimane traccia”. Per Pezzani ed Heller è interessante notare che le navi militari europee sono sempre presenti durante i soccorsi, ma si tengono a una certa distanza e non intervengono: “Sono sicuramente le navi di Eunavformed a segnalare ai libici la presenza dei migranti, ma in tutti i casi che abbiamo esaminato le navi militari europee aspettano che i libici arrivino senza intervenire”.

      Se si osserva in prospettiva tutta la storia dei soccorsi in mare nel Mediterraneo centrale ci si accorge che siamo di fronte a una fase di chiusura delle rotte aperte nel 2011 con l’esplosione delle primavere arabe. “La guerra civile libica e la spinta rivoluzionaria tunisina hanno messo in discussione i vecchi confini dell’Unione europea, che erano stati militarizzati con molta fatica prima del 2011. Ora quel tentativo di apertura è stato violentemente richiuso”, conclude Pezzani. Secondo Amnesty international, nel 2017 ventimila migranti sono stati intercettati e riportati in Libia dalla guardia costiera del paese nordafricano.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/05/08/italia-migranti-libia-respingimenti

    • Ong: è vero che sono i “taxi del mare”?

      È logico attendersi che la maggiore incidenza di salvataggi in mare da parte di imbarcazioni delle Ong (passata dal 1% del 2014 al 41% nel 2017), assieme alla tendenza di queste ultime a operare nei pressi delle acque territoriali libiche (come rilevato dall’agenzia europea Frontex), possano aver spinto un maggior numero di migranti a partire, aumentando di conseguenza il numero di sbarchi.

      Ma i dati in realtà mostrano che non esiste una correlazione tra le attività di soccorso in mare svolte dalle Ong e gli sbarchi sulle coste italiane. A determinare il numero di partenze tra il 2015 e oggi sembrano essere stati dunque altri fattori, tra cui per esempio le attività dei trafficanti sulla costa e la “domanda” di servizi di trasporto da parte dei migranti nelle diverse località libiche.

      https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-2018-20415

    • #Salvezza”, un fumetto d’inchiesta sui salvataggi in mare

      Dal 2016 a oggi sono quasi 20 mila i migranti tratti in salvo nel Mediterraneo dall’equipaggio dell’Aquarius, nave affittata dalla ong Sos Méditerranée per i soccorsi in mare. Una cinquantina i giornalisti che, in questo periodo, hanno partecipato a una missione, per raccontarla. Lo scorso novembre anche Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, giornalista e sceneggiatore di fumetti il primo, disegnatore il secondo, con alle spalle una lunga esperienza nel graphic journalism (insieme hanno realizzato il fumetto su Peppino Impastato e Marco Rizzo anche di quelli su Ilaria Alpi, con i disegni di Francesco Ripoli, e Mauro Rostagno con i disegni di Giuseppe Lo Bocchiaro, usciti per la casa editrice BeccoGiallo) sono saliti a bordo della nave. Diciannove giorni, 4 salvataggi, quasi mille persone salvate.

      “Ci eravamo già occupati di migranti, siamo stati nei centri di accoglienza in Sicilia, ma ci mancava questo pezzo del viaggio – racconta Marco Rizzo – Un pezzo importante per ragioni sociali e politiche, perché ha un impatto enorme sulle campagne elettorali di mezza Europa e un impatto economico. Dovevamo raccontarlo”. La loro esperienza è contenuta in “Salvezza” (Feltrinelli Comics), 120 pagine di reportage a fumetti o meglio di fumetto d’inchiesta in cui oltre alle storie delle persone, ai soccorsi, ci sono anche infografiche con dati e numeri per aiutare a capire la situazione. “Quello che invece nel fumetto non troverete sono le urla, le persone in acqua che si sbracciano e ti chiedono ‘per favore aiutami’ – continua Rizzo – Ce le aspettavamo quando ci siamo imbarcati, sapevamo che ci saremmo trovati di fronte a situazioni estreme, al dolore, a persone con storie drammatiche, ma non a quei livelli, non con quei numeri. Al rientro non è stato facile parlare di quell’esperienza”.

      Sull’Aquarius Rizzo e Bonaccorso hanno potuto vedere con i loro occhi come funzionano i salvataggi in mare e qual è il ruolo delle ong: “saves lives, protect people, testify” ovvero “salvare vite, proteggere le persone e testimoniare la loro sofferenza”, come spiega nel fumetto Sophie Beau, cofondatrice di Sos Méditerranée. “Sos Méditerranée sta facendo quello che dovrebbe fare uno Stato ovvero accogliere e proteggere le persone – ha spiegato Alessandro Porro, membro del team di ricerca e soccorso di Aquarius, presente in occasione della presentazione di “Salvezza” alla Feltrinelli di Bologna – Noi siamo lì per salvare, proteggere e raccontare perché senza il racconto è come se non fosse successo niente. C’è bisogno di informazione su quello che sta accadendo perché nel Mediterraneo è messa in gioco la democrazia europea”. Il soccorso in mare, infatti, è una cosa che nessuno Stato può interrompere, “mentre negli ultimi anni la macchina dei soccorsi è stata ostacolata più volte, si è spostata l’attenzione sulle ong definendole criminali – continua Porro – ma le ong fanno solo il 30% dei soccorsi in mare e purtroppo l’atmosfera ostile nei loro confronti ostacola anche quel 30% di salvataggi con la conseguenza che se a luglio 2017 le navi in mare erano 7, oggi ce n’è una sola e le donazioni per le ong sono crollate”.

      “Se non ci fossero le ong, la situazione sarebbe ancora più tragica di quella che è – spiega Rizzo – Dopo la chiusura di Mare Nostrum, sono rimaste solo le ong a fare questo lavoro metodicamente, lo fanno anche la Guardia costiera e la Marina, a volte navi cargo private, ma le ong sono quelle più attrezzate: in attesa che si regolino i flussi o che si facciano corridoi umanitari, questo è l’unico modo per non lasciare che le persone muoiano in mare”. Come spiegato nel fumetto, a bordo della nave ci sono 35 persone per ogni missione, a cui si aggiungono da 2 a 4 giornalisti, una missione dura circa 3 settimane. L’equipaggio è diviso in 3 squadre: la ciurma che risponde al capitano e si occupa di muovere la nave, la squadra che effettua i soccorsi e fa riferimento a Sos Méditerranée e il team di Medici senza frontiere che include medici, infermieri e mediatori culturali. “Una cosa che possiamo dire perché forse non è chiara è che tutte le operazioni sono coordinate dalla Guardia costiera italiana, dal Centro operativo di Roma – spiega Rizzo – Quindi se vogliamo ripetere l’accusa assurda di ‘taxi del mare’ rivolta alle ong allora qualcuno se la dovrebbe prendere anche con la Guardia costiera, cosa che ovviamente non viene fatta, perché è come se fosse la centrale operativa di quei taxi”.

      Il disegno è stato uno strumento efficace per avvicinare le persone a bordo della nave. “Arrivano tutti da situazioni traumatiche, non puoi andare lì con la macchina fotografica o la telecamera e puntargliela in faccia – racconta Bonaccorso – Allora mentre Marco parlava con loro, io mi sedevo accanto e iniziavo a ritrarli con la matita. In pochissimo tempo, erano tutti lì in fila per un ritratto. E per raccontarti la loro storia: il disegno era un modo per entrare in confidenza, farli distrarre e rompere il muro di diffidenza”. Sono tantissime le storie che Rizzo e Bonaccorso hanno raccolto nei 19 giorni sulla nave, tutte drammatiche, “ma c’è una cosa che molti sottovalutano ed è la situazione dei loro Paesi di provenienza – spiega Bonaccorso –, situazioni che loro non possono accettare e per questo scappano: quando abbiamo chiesto a un ragazzo eritreo cosa si aspetta dall’Europa, lui non ci ha risposto soldi o lavoro ma semplicemente libertà. E la libertà non si può negare a nessuno”.

      Ora l’intenzione dei due fumettisti è portare il libro nelle scuole: “Questo libro è uno strumento per fare informazione e porre una domanda, ‘cosa vogliamo fare di questo mondo in cui viviamo? – conclude Bonaccorso – Vogliamo accettare passivamente quello che accade o rimboccarci le maniche? E questo non vuole essere uno slogan ma uno stimolo sincero per cercare di cambiare le cose: voltarsi dall’altra parte significa lasciare un mondo devastato a chi verrà dopo di noi, devastato non dai migranti che arrivano nei nostri Paesi ma dalle azioni dei nostri Paesi”.


      https://www.cartadiroma.org/news/in-evidenza/salvezza-un-fumetto-inchiesta-sui-salvataggi-in-mare
      #BD #livre

    • Exclusif : découvrez Boza, notre documentaire sur le sauvetage des migrants en Méditerranée

      Pour les migrants venus d’Afrique, la Méditerranée est la voie principale pour atteindre l’Europe, malgré le danger que représente sa traversée. Selon Médecins sans frontières (MSF), en 2016, au moins 5 000 hommes, femmes et enfants sont morts en tentant de traverser la Méditerranée, contre près de 2 800 en 2015. Depuis mai 2016, L’Aquarius, un navire affrété par l’association SOS Méditerranée, vient en aide aux migrants rescapés. Nous avons passé quinze jours à son bord, à la rencontre de son équipage et des migrants qu’il sauve.

      https://www.youtube.com/watch?v=jtpD3Gt4ALo

    • Ong, Saviano replica a Salvini: «Il diritto del mare ha una regola sacra: non si lasciano annegare le persone»

      Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano risponde attraverso un video alle parole pronunciate dal leader della Lega e neo ministro Matteo Salvini ("Le Ong? No ai vice scafisti che attraccano nei porti"): «La poca conoscenza che ha il ministro Salvini del diritto del mare lo porta a ignorare un elemento fondamentale: le Ong agiscono sempre coordinate dalla Guardia Costiera italiana, quindi sempre nel rispetto delle regole. Dando dei ’vice scafisti’ a persone che salvano vite in mare, sta dando anche colpa alla Guardia costiera italiana e di questo deve prendersene responsabilità». Infine dice: «Il diritto del mare ha una regola eterna: Non si lasciano persone a mare, non si lasciano annegare. E non sarà Salvini a interrompere questo diritto sacro»

      https://video.repubblica.it/politica/ong-saviano-replica-a-salvini-il-diritto-del-mare-ha-una-regola-sacra-non-si-lasciano-annegare-le-persone/306649/307279?refresh_ce

    • Migranti, Salvini a Malta: «La nave Aquarius non può attraccare in Italia». La replica: «Non spetta a noi»

      La decisione del ministro dell’Interno che ha intimato a Malta di accettare la nave con a bordo 629 migranti che sta entrando nelle acque di competenza de La Valletta. Gino Strada: «Sconcertato nel vedere ministri razzisti o sbirri alla guida del mio Paese»


      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_giugno_11/migranti-salvini-la-aquarius-non-potra-approdare-un-porto-italiano-28e

    • La richiesta di archiviazione della Procura di Palermo nel procedimento sulle ONG

      Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, richiesta di archiviazione, 13 giugno 2018
      Pubblici Ministeri Camilleri – Cescon – Ferrara

      Segnaliamo, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, la richiesta di archiviazione, accolta dal GIP, presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo in un procedimento penale che vedeva coinvolto il personale di due ONG che, dopo aver soccorso dei migranti, si recavano presso il porto di Lampedusa, dove facevano sbarcare i migranti.

      In punto di diritto, le fattispecie di reato ipotizzate, a carico di ignoti, erano quelle di associazione per delinquere (di cui all’art. 416, comma 6, cp) e favoreggiamento dell’immigrazione irregolare sul territorio nazionale (di cui all’ art. 12 D. Lgs 286 del 1998).

      La Procura di Palermo, dopo aver ricordato le coordinate giuridiche previste dal diritto internazionale con specifico riguardo al salvataggio in mare dei migranti e richiedenti asilo, si è soffermata sugli aspetti penalistici della condotta contestata e, in particolare, sulla scriminante prevista dall’art. 51 comma 1 c.p. (la quale, com’è noto, prevede che “l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”) e sull’art. 12 comma 2 del d.lgs. 286/98 (secondo cui, “fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”).

      Nel caso in esame – si legge nella richiesta di archiviazione – «avendo l’imbarcazione umanitaria soccorso dei migranti che si trovavano in stato di pericolo, la condotta trova giustificazione nella predetta disciplina dell’art. 51 c.p. per aver adempiuto ad un obbligo imposto da una norma giuridica internazionale».

      Quanto, in particolare, alla nozione di pericolo tale da integrare la scriminante, il requstito della attualità «non deve essere intesa in senso assoluto, come rapporto di assoluta immediatezza tra la situazione di pericolo e l’azione necessitate, ma sta a significare che, nel momento in cui l’agente pone in essere il fatto costituente reato, esiste, secondo una valutazione ex ante che tenga conto di tutte le circostanze concrete e contingenti di tempi e di luogo, del tipo di danno temuto e della sua possibile prevenzione, la ragionevole minaccia di una causa imminente e prossima del danno».

      A tal proposito è sufficiente rilevare – concludono i magistrati – «come il sovraffollamento dei gommoni, la presenza a bordo di donne e minori imponga certamente agli operatori di considerare lo stato di pericolo in maniera evidentemente stringente e intervenire al più presto anche se le condizioni metereologiche non dovessero rappresentare, al momento del salvataggio, un problema».

      Altro tema – scrive la Procura – riguarda l’operato della ONG relativo al mancato raggiungimento di altri porti di approdo più vicini rispetto a quelli in cui avveniva lo sbarco.

      Circa tale aspetto, i pubblici ministeri hanno anzitutto richiamato il principio della «effettività del soccorso» e la «assoluta mancanza di cooperazione dello Stato di Malta nella gestione dei predetti eventi», i quali vanno letti alla luce del dovere giuridico di salvaguardare la vita dei migranti e di assicurare il rispetto dei principi umanitari.

      Ebbene, dal momento che «le operazioni di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare dei migranti, ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in un luogo sicuro (POS, piace of safety)» – conclude la Procura – «il porto più vicino non deve individuarsi esclusivamente avuto riguardo alla posizione geografica, ma dovrà invece essere, necessariamente, quello che assicurerà il rispetto dei predetti diritti».

      http://www.giurisprudenzapenale.com/2018/06/21/la-richiesta-di-archiviazione-della-procura-di-palermo-nel-pro

    • Migranti: accusati di terrorismo i dirottatori del mercantile approdato a Malta

      Con l’accusa di terrorismo, il tribunale della Valletta conferma gli arresti per tre delle persone fermate al momento dello sbarco del cargo El Hiblu 1, dirottato da un gruppo di migranti e attraccato a Malta con a bordo oltre 100 naufraghi.

      I tre adolescenti, solo uno di loro è maggiorenne e ha 19 anni, hanno preso possesso della nave, secondo le accuse, con minacce e intimidazioni; al momento dell’abbordaggio però non sono state trovate armi e non è stata opposta alcuna resistenza.

      Secondo il codice penale maltese il dirottamento di una nave è un "atto di terrorismo e i tre rischiano da 7 a 30 anni di carcere.

      Resta al momento ambigua la pozione del capitano del cargo, un libico, che ha affermato di aver perso il controllo del mercantile dopo aver soccorso i naufraghi. Gli inquirenti verifano se l’uomo abbia fornito una versione di comodo per poter entrare in acque maltesi.

      L’Italia aveva sbarrato la strada all’imbarcazione.

      https://it.euronews.com/2019/03/30/migranti-accusati-di-terrorismo-i-dirottatori-del-mercantile-approdato-
      #terrorisme #criminalisation #Elhiblu_1

    • The comment of Fulvio Vassallo via facebook:

      Omicidio preterintenzionale ed arresto a piede libero. Uno scandalo che nessuno vuole vedere. Se fosse stato un immigrato a colpire gli avrebbero contestato un omicidio premeditato.

    • Nigerian asylum-seeker murdered in Italy

      Security officials have arrested an Italian man suspected of murdering a Nigerian asylum-seeker who fled Boko Haram’s terror in northeastern Nigeria, Italy’s interior minister said Thursday. The killing reflects the growing xenophobia asylum-seekers across Europe face on a daily basis.

      Authorities said the suspect, Amadeo Manicini, verbally attacked Emmanuel Chidi Nnamdi and his wife, Chimiary, while they were out for a walk in Fermo, Italy. Mancini hurled racist insults at Chimiary, and the altercation turned violent when Nnamdi, 36, attempted to defend her. Mancini’s lawyer said he acted in self-defense, but Chimiary said her husband jumped to her defense only after Mancini grabbed her arm. Nnamdi fell into a coma and died Wednesday from injuries he sustained in the scuffle.
      Prosecutors on Thursday said they will charge Mancini with manslaughter aggravated by racist motives. Interior Minister Angelino Alfano denounced the attack and said Chimiary will be granted humanitarian protection in Italy.

      “The great heart of Italy is not represented by the man who committed this homicide,” Alfano told reporters in Fermo. “The germ of racism needs to be cut off before it can plant a poisonous seed.”

      Nnamdi and his wife fled their village in northeastern Nigeria in 2015 after Boko Haram torched their church and killed two of Nnamdi’s relatives and their child, church officials in Fermo said. The couple began the perilous journey to Europe by land. They took a smuggler’s boat from the Libyan coast and arrived in #Fermo, where the Catholic Community of Capodarco received them.

      “Why do you leave me in this wicked world?” Chimiary

      cried to her late husband during a Wednesday vigil.

      Tension has grown in recent months in communities welcoming migrants. Earlier this year, security officials found explosive devices outside four Fermo churches that assist migrants.

      The European Union has a legal framework that should ensure the integration of migrants and combat xenophobic incidents, but the directives are not fully implemented, said Judit Tanczos, a legal policy analyst with the Migration Policy Group in Belgium. Tanczos said her organization has received reports of vandalism against migrant reception centers, as well as verbal attacks and, in some cases, physical violence against migrants. The amount of reported xenophobic attacks increased by 50 percent three days after Britain voted to leave the European Union on June 23, Tanczos added.

      “These xenophobic attacks happen against asylum seekers on a daily basis,” she said. “It shows once there’s exclusionary speech that allows people to say we don’t want you in our country, people will feel open to do these things and feel they can get away with it.”

      Doris Peschke with the Churches’ Commission for Migrants in Europe agreed the rising number of racist attacks across the continent is becoming a worrying trend. Peschke noted cases of people standing outside migrant centers and shouting their opposition to the migrants’ presence. Those opposing migration, though in the minority, often are louder than those who want to help, she added.

      “These are people who don’t have a perspective of their own because of unemployment and economic difficulties, and they feel left out of society,” Peschke said. “Some of the populists promise them better chances when there are no migrants. Its not logic, but it’s how it happens.”

      Tanczos said European countries need to address the social insecurity many people feel in the face of globalization. On a local level, authorities need to further engage with the local communities where migrants are increasingly arriving, Peschke added. She called for more meeting spaces between migrants and community members in each community to reduce anxiety local residents might have about migrants.

      “Many of the parishes across Europe are doing this in many ways, and many people have overcome their hesitation,” she said.

      https://world.wng.org/2016/07/nigerian_asylum_seeker_murdered_in_italy

    • Da Fermo a Macerata, la vera emergenza è il fascismo

      “Scimmia africana”: così #Amedeo_Mancini aveva chiamato una giovane nigeriana prima di sferrare un pugno contro il marito, uccidendolo. Succedeva il 5 luglio 2016, meno di due anni fa, vicino al belvedere di Fermo, una cittadina marchigiana a 45 chilometri da #Macerata. Per l’omicidio di #Emmanuel_Chidi_Nnamdi, colpevole di aver reagito agli insulti rivolti alla sua compagna Chiniery, Amedeo Mancini, ultrà della #Fermana vicino ad ambienti neofascisti, è stato condannato a quattro anni di carcere con il patteggiamento e rimesso in libertà nel maggio del 2017, a nemmeno un anno dall’omicidio.

      All’epoca i difensori di Mancini invocarono la legittima difesa e accusarono la vittima di aver provocato l’aggressore. Dissero anche che Mancini, ex pugile, era vicino agli ambienti dell’estrema destra, ma non era fascista. A nemmeno due anni di distanza, un sabato mattina a Macerata, #Luca_Traini, 28 anni, entra in macchina e gira per la città sparando con una pistola Glock contro i passanti, vuole uccidere chi ha la pelle nera. #Jennifer_Odion, una ragazza nigeriana di 25 anni, è colpita da un proiettile alla spalla mentre si trova alla fermata dell’autobus. Si accascia per terra davanti allo sguardo incredulo del suo fidanzato. Traini riparte sulla sua Alfa nera e colpisce altre cinque persone in dieci punti della città. Sono tutti uomini, sono tutti richiedenti asilo. Nessuno di loro conosce Traini e ha mai avuto contatti con lui. Sconosciuti.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/02/05/macerata-fascismo-luca-traini
      #meurtre #fascisme