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  • La retorica del conflitto

    Quando purtroppo sulla stampa italiana la retorica bellica che ha caratterizzato la dissoluzione violenta della Jugoslavia trova ancora spazio. Un commento
    Così scrive Di Giacomo: “In questi anni la corte penale internazionale dell’Aja ha condannato diversi genocidari cristiani, serbi e croati, ma ha lasciato impuniti e non perseguiti gli islamici. Anzi: tutelati dalla Turchia e dai Paesi arabi e finanziati dagli aiuti dell’Unione europea, criminali di guerra musulmani sono stati protetti, beneficiati e cooptati per alte cariche politiche. Hanno tutto in mano ma ciò che distribuiscono è corruzione, traffici illeciti e persecuzioni anticristiane”.
    Non si può non notare che Di Giacomo usa una terminologia alquanto curiosa per definire gli imputati del tribunale dell’Aja, “cristiani” e “islamici”. Forse gli è sfuggito che la nazionalità di quelli che lui definisce sommariamente “islamici” è bosgnacchi e che non tutti sono di fede musulmana; forse ricorda che ai tempi di Tito i bosgnacchi venivano definiti Musulmani (con la M maiuscola appunto) ma mai nessuno li ha chiamati islamici. Sul fatto poi che i criminali di guerra musulmani controllino oggi tutto il paese Di Giacomo dovrebbe sapere, visto che cita gli Accordi di Dayton, che il potere politico in Bosnia Erzegovina viene oggi spartito tra i tre popoli costitutivi (serbi, croati e bosgnacchi) riconosciuti nella costituzione che altro non è se non l’Annesso IV a quegli accordi. Difficile dunque sostenere che la piaga della corruzione, del malaffare e della mancata possibilità di ritornare nelle proprie case per chi ha subito le operazioni di pulizia etnica durante il conflitto, possano essere imputate a una sola parte di quella classe politica.

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    cc @albertocampiphoto