• #Peacekeeping: servono più donne nelle operazioni #Onu per la pace

    Ancora poche donne partecipano alle operazioni di pace dell’Onu. Eppure le Nazioni Unite hanno promosso l’Agenda delle Donne, Pace e Sicurezza, otto risoluzioni che prevedono, tra l’altro, un ruolo maggiore nel peacekeeping, #peacemaking, #peacebulding e #peace_enforcement. Ecco perché è così importante che questo avvenga davvero


    https://www.osservatoriodiritti.it/2018/06/26/peacekeeping-onu-pace-donne
    #paix #femmes #casques_bleus

  • #Seafuture 2018: a La Spezia navi militari offerte ai regimi autoritari

    Seafuture 2018 si presenta ufficialmente a La Spezia come il salone della sostenibilità e dell’innovazione. Eppure, di fatto, si è trasformato in un salone dell’usato militare, dove la Marina Militare cerca di vendere navi dismesse. Senza andare troppo per il sottile sui potenziali acquirenti: tra gli invitati ci sono regimi autoritari di mezzo mondo.

    Un salone dell’usato militare per promuovere la vendita delle navi dismesse dalla Marina Militare. Il tutto spacciato con lo slogan della sostenibilità e dell’innovazione. È questo Seafuture 2018, l’evento che prenderà il via martedì 19 giugno all’Arsenale Militare Marittimo di La Spezia. La rassegna, organizzata dal distretto ligure delle Tecnologie marine e da altri attori pubblici e privati in collaborazione con la Marina militare, non fa mistero del suo obiettivo.

    Come annunciato fin dalla prima conferenza stampa di questa edizione, che non a caso si è tenuta presso il circolo Sottufficiali della Marina Militare di Roma, e come ribadito nei giorni scorsi, «la manifestazione assume una grande rilevanza internazionale grazie alla presenza delle marine estere che parteciperanno coi loro rappresentanti e che potrebbero essere interessate all’acquisizione delle unità navali della Marina Militare non più funzionali alle esigenze della Squadra Navale, dopo un refitting effettuato da parte dell’industria di settore». Un salone dell’usato sicuro, quindi.
    Seafuture 2018: affari militari con i paesi poveri

    Contando sui quasi 6 miliardi di euro sotto forma di contributi ventennali garantiti dalla legge di Stabilità approvata dal governo Renzi nel dicembre del 2014, la Marina Militare sta infatti procedendo al rinnovo della propria flotta navale e progressivamente sta sostituendo 54 unità navali sulle 60 in servizio. La volontà di far cassa vendendo queste navi soprattutto ai paesi dell’Africa e del Medio Oriente viene spiegata con la loro «esigenza di dotazioni militari con tempi di consegna e budget più contenuti».

    Come annunciato già durante la precedente edizione di Seafuture, «le navi dismesse dalla Marina Militare rappresentano, infatti, un buon affare per le marine estere minori, perché sono garanzia di affidabilità nel tempo, in quanto progettate e costruite in Italia».
    A Seafuture invitate Marine Militari di regimi autoritari

    Da qui l’invito ai rappresentanti delle Marine Militari di oltre sessanta paesi (di cui però parteciperanno solo una trentina), per la gran parte monarchie assolute e regimi autoritari di mezzo mondo, oltre agli Stati internazionalmente riconosciuti per evidenti violazioni delle convenzioni internazionali.

    Dall’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Marocco e Qatar, le cui forze militari sono intervenute, senza alcun mandato internazionale, nel conflitto interno in Yemen: conflitto che in tre anni ha causato più di 10 mila morti, di cui più della metà tra la popolazione civile anche a seguito di bombardamenti indiscriminati effettuati con ordigni di fabbricazione italiana, e che ha portato a una catastrofe umanitaria senza precedenti. E, riguardo al Marocco, non va dimenticato che da più di 40 anni occupa militarmente il Sahara Occidentale violando le risoluzioni delle Nazioni Unite e i diritti umani del popolo Saharawi.

    A cui va aggiunta la Turchia, nota per la continua violazione dei diritti democratici, dell’annosa repressione del popolo curdo e per i recenti attacchi indiscriminati nelle città siriane, a maggioranza curda, di Afrin e Azaz, oltre all’indegno trattamento dei migranti e dei richiedenti asilo.

    E c’è pure l’Egitto, dove continua la repressione interna del regime di Al Sisi e persiste l’inqualificabile comportamento delle autorità egiziane per il caso che riguarda l’uccisione del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni.

    Non mancano nemmeno i rappresentanti delle forze militari di Israele, che da oltre 50 anni occupa illegittimamente diversi territori palestinesi e ha imposto da più di un decennio un blocco illegale sulla Striscia di Gaza sottoponendo due milioni di abitanti a una punizione collettiva.

    Per non parlare, poi, di una serie di paesi africani dagli standard di sviluppo umano bassissimi (Angola, Mauritania, Mozambico, Niger, Senegal, ecc.), tra le cui priorità, più che la spesa per l’acquisizione di navi militari, dovrebbero figurare la salute, l’istruzione e la lotta alla povertà.
    A La Spezia si ha voglia di far cassa ad ogni costo

    Intendiamoci bene. Non intendo mettere in discussione la legittimità della Marina Militare di fornire a paesi esteri sistemi navali che, dopo il necessario refitting e adattamenti vari, possano essere da loro utilizzati per esigenze di difesa. E nemmeno intendo criticare l’intenzione di approfittare della dismissione delle unità navali per provare a rivenderle.

    Quello verso cui punto il dito è innanzitutto la voglia di far cassa ad ogni costo, sottacendo sulle persistenti violazioni delle convenzioni e delle norme internazionali in materia di diritto umanitario e di diritti umani da parte dei paesi a cui vendiamo armamenti, più o meno nuovi. Fingendo di non sapere che la legge n.185 del 1990 vieta espressamente la vendita di sistemi militari, tra cui figurano le navi militari, a paesi in stato di conflitto armato, responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani e a paesi che, ricevendo aiuti economici dall’Italia, destinano al proprio bilancio militare risorse eccessive alle esigenze di difesa del paese.
    Innovazione, ricerca, sviluppo: volti ufficiali di Seafuture

    Ma c’è di più. Come ha fatto notare il comitato Riconvertiamo Seafuture nel suo appello, tutto questo avviene all’interno di un salone, Seafuture, che è stato presentato nel 2009 come «la prima fiera internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo e tecnologie inerenti al mare». Un evento che per tre edizioni ha avuto sede presso la fiera di La Spezia (LaSpeziaExpò), e non all’Arsenale militare, e in cui la Marina Militare aveva un suo spazio limitato tra gli altri espositori.

    «Nel corso degli anni Seafuture è stata trasformata in una piattaforma di business dove gli operatori principali sono le aziende del settore militare (Leonardo, MBDA, Fincantieri, Elettronica, ecc.) insieme alla Marina Militare», denuncia il comitato Riconvertiamo Seafuture, che sabato scorso ha promosso un convegno nel quale ha smascherato l’operazione di radicale trasformazione del salone fieristico messa in atto, già a partire dalle precedenti due edizioni, dal comparto militare.
    Governo Conte alle prese con Seafuture e spese militari

    È stata infatti la Marina Militare a trasformare, già dall’edizione del 2014, Seafuture da evento per promuovere l’economia civile del mare a salone per favorire gli affari del comparto militare. Una trasformazione sostenuta dall’allora ministra della Difesa, Roberta Pinotti, che non ha mancato di presentarsi all’edizione di Seafuture che si è tenuta nell’ottobre del 2014 proprio all’Arsenale Militare.

    Alla scorsa edizione partecipò, in rappresentanza della ministra, il sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi. Chi parteciperà in rappresentanza del governo Conte? Al momento (domenica 17 giugno) non è dato di sapere.

    È vero che il governo si è insediato solo da una quindicina di giorni e che tutto l’organico ha preso incarico solo alcuni giorni fa. Ma non è certo una questione secondaria se la neoministra della Difesa, Elisabetta Trenta, parteciperà di persona, o se invece invierà qualcuno del ministero a rappresentarla a Seafuture.

    Una cosa è certa. Il “governo del cambiamento” non potrà esimersi dal prendere posizione sia riguardo a Seafuture, sia, soprattutto, rispetto alle spese militari e alle esportazioni di armamenti del nostro paese. Come per i precedenti governi, lo terremo monitorato.


    https://www.osservatoriodiritti.it/2018/06/18/seafuture-2018-la-spezia
    #armes #armement #foire #armée #commerce_d'armes #navires_militaires #marine_militaire

    Le Marine Militari presenti a Seafuture 2018 (screenshot del sito dell’evento):

    cc @albertocampiphoto

  • Update from the Nicaraguan #Insurrection

    Two weeks ago, we published a report from the uprising in Nicaragua that began in April. Since then, the situation has only intensified. Here is an update from our comrades in Nicaragua, describing the most recent developments and the stakes of the struggle. In Nicaragua, we see an uprising against the neoliberal policies of a “left” government in which a movement is attempting to resist right-wing cooptation in the absence of an established anarchist or autonomous movement. We are concerned about the prevalence of nationalist and rhetoric and imagery, but we believe that it is important to support revolts against authoritarian governments in order to generate dialogue that could open up a revolutionary horizon. Just as it will not benefit leftists to support unpopular and oppressive “left” governments, it does not benefit anarchists to refuse to engage with insurgents whose goals are still evolving.


    https://crimethinc.com/2018/05/21/update-from-the-nicaraguan-insurrection-horizontal-organizing-vs-left-ne
    #Nicaragua #résistance #protestations #révoltes

    • The April 19 Uprising in Nicaragua

      In April, a countrywide revolt broke out in Nicaragua against neoliberal reforms introduced by the government of Daniel #Ortega, a Sandinista revolutionary from the 1980s. We worked with Nicaraguan anarchists who participated at the forefront of the movement to bring you the following interview, offering an overview of the events and an analysis of the difficulties of organizing against leftist authoritarian governments while resisting right-wing cooptation.

      https://crimethinc.com/2018/05/06/the-april-19-uprising-in-nicaragua-an-interview-overview-of-events-and-a
      #chronologie

    • Nicaragua: un paese allo sbando e lo spettro del vuoto di potere

      Le proteste scoppiate a Managua non trovano una via d’uscita. Decine di morti negli scontri. La situazione politica del Nicaragua appesa a un filo, col presidente Daniel Ortega che ha perso il consenso. Anche quello di gerarchia cattolica e impresa privata. Sullo sfondo lo spettro del vuoto di potere, che farebbe precipitare la situazione. Ecco l’analisi di Giorgio Trucchi.

      Oggi non c’è più Silvio Rodriguez, il cantautore cubano che nel 1982 dedicò al Nicaragua sandinista una ispirata Canción urgente para Nicaragua. Tre anni prima il Fronte Sandinista aveva rovesciato la dittatura e Rodriguez denunciava l’azione dei gruppi armati controrivoluzionari, i “contras”, legati agli Stati Uniti d’America. Quarant’anni dopo, il piccolo Paese centroamericano – poco più di 6 milioni di abitanti – è nel caos.

      Le proteste sono iniziate il 18 aprile, nel giorno in cui era entrata in vigore una riforma del sistema pensionistico voluta dal governo guidato dal 2007 dall’ex guerrigliero Daniel Ortega. Anche se la riforma è stata prontamente ritirata (il 22 aprile scorso), proteste e manifestazioni vanno avanti da oltre un mese in tutto il Paese, coinvolgendo in particolare gli studenti.

      Fallimentare, per il momento, il tentativo della Conferenza episcopale del Nicaragua di promuovere il dialogo tra le parti, governo, studenti e società civile, il cui obiettivo è avviare un’agenda per la democratizzazione. Il Nicaragua è stanco di Daniel Ortega, che nel 2016 ha nominato come vicepresidente della Repubblica la moglie, Rosario Murillo.

      Secondo Amnesty International, che denuncia le pratiche repressive del governo, «al 28 maggio, almeno 81 persone sono state uccise, 868 ferite e 438 arrestate». Secondo un comunicato della Divisione di relazioni pubbliche della Polizia nazionale, che Osservatorio Diritti ha potuto visionare, tra le vittime di colpi d’arma da fuoco ci sarebbero anche elementi delle forze di sicurezza, attaccati da quelle che vengono definite «bande delinquenzali», manifestanti incappucciati.

      Per comprendere a fondo un contesto estremamente complesso, Osservatorio Diritti ha intervistato Giorgio Trucchi, giornalista italiano che vive a Managua dal 1998.

      «Ortega e la moglie pagano un modo di governare verticale, che negli ultimi anni ha portato al controllo assoluto di partito, parti sociali, pubblica sicurezza (sia sindacati sia movimenti sociali) e poteri dello Stato. In questi anni il Nicaragua è cambiato, e tanto: infrastrutture, diminuzione della povertà, stabilità macroeconomica, credito per la piccola e media industria, stabilità sociale e sicurezza, salute ed educazione gratuita, copertura elettrica, acqua potabile, e il tutto è stato ottenuto grazie a un patto che chiamerei di desistenza con i due nemici storici degli anni Ottanta, la gerarchia cattolica e l’impresa privata».

      Cosa è successo, quindi? Qual è la situazione politica?

      Un governo che sembrava di ferro, con oltre il 70% dei consensi, ed elezioni stravinte dal 2006 a oggi, con un’opposizione frammentata e senza proposte, una dissidenza fuoriuscita minuscola come numeri e contenuti, subisce la forza di una rete di ong e mezzi di comunicazione “indipendenti”, lautamente finanziati con progetti Usa, che per anni hanno preparato giovani delle superiori e universitari e una piattaforma mediatica per scatenare un’offensiva senza precedenti sulle reti sociali, quando se ne fosse presentata l’occasione. Basta seguire sui social network #SOSNicaragua #SOSInss, le due parole d’ordine.
      Nessun errore da parte di Ortega e Murillo?

      Il governo ha offerto l’occasione di cui parlavo su un piatto d’argento, prima con la riforma della previdenza sociale approvata unilateralmente (in perfetto stile autoritario), poi facendo attaccare con gruppi de choque i primi gruppi di manifestanti, oscurado i canali di televisione che mostravano le violenze e, infine, attaccando gli studenti universitari, storicamente un bacino della militanza del Frente Sandinista. In meno di un’ora le reti lanciavano un’offensiva mediatica, a livello mondiale, mai vista in Nicaragua.
      Quella riforma venne ritirata dopo tre giorni, però.

      I settori dell’opposizione avevano però già visto la possibilità di capitalizzare politicamente il caos. Sono totalmente convinto, ma non ne avrò mai le prove, che la protesta genuina, spontanea ed autoconvocata degli studenti sia stata quasi da subito infiltrata da persone, anche armate, che avevano l’obiettivo di elevare il livello dello scontro, generando morti, feriti e distruzione, creando così un rifiuto generalizzato nella popolazione.

      Ci sono i primi morti, anche tra i poliziotti, e per tre giorni è il caos totale in cui è assolutamente impossibile ricostruire davvero cosa sia successo. Lo sdegno davanti ai morti coinvolge trasversalmente la società e a quel punto anche una parte della base sandinista butta in piazza il suo malessere contro la coppia presidenziale.
      Si leggono notizie contrastanti: cosa sta accadendo?

      Tutto e il contrario di tutto: si fingono attacchi alle università di presunte bande armate o poliziotti, e ogni volta che si prospettano passi positivi all’interno del Dialogo nazionale immediatamente si eleva il livello dello scontro, muore gente, si moltiplicano barricate in tutto il Paese, si mandano messaggi che estremizzano le posizioni (qui un’analisi dello stesso Giorgio Trucchi per l’associazione Italia Nicaragua). Il numero dei morti diventa un balletto di cifre tra organizzazioni di diritti umani, mentre né la polizia, né il governo hanno presentato un rapporto ufficiale.
      Cosa si potrebbe vedere a questo punto in Nicaragua?

      L’opposizione ha in questo momento due anime: una che punta sul dialogo, l’altra che spinge verso il caos e il colpo di Stato per capitalizzare politicamente. La prima che siede al tavolo del Dialogo Nacional vorrebbe anticipare le elezioni attraverso riforme costituzionali (bisognerà vedere come e quando) che garantiscano un voto trasparente e sicuro e che gode dei favori dell’Organizzazione degli Stati Americani e del suo segretario Almagro.

      La seconda, invece, ha come obiettivo la caduta immediata di Ortega, del governo e di tutti i membri delle istituzioni, compresi i vertici della Polizia. Di questa ala fanno parte alcuni settori dell’impresa privata, la gerarchia cattolica più conservatrice, gli studenti e la societa civile finanziata dagli Usa.

      Il governo e il partito gioco-forza negoziano, sentono che hanno perso la piazza e che parte della base, stanca, non li segue. L’impressione, però, è che non sia disposta ad accettere la caduta di Ortega e del governo.
      Quali sono gli elementi più pericolosi per il Paese?

      L’elemento più pericoloso in questo momento è, a mio avviso, il vuoto di potere. Una rinuncia di Ortega e di tutta la struttura istituzionale aprirebbe la porta al caos (non è pensabile in questo momento una persona che possa fare da reggente, mentre si preparano le condizioni per nuove elezioni), e questo è quanto vogliono i settori più estremisti che hanno dalla loro l’opinione pubblica nazionale e internazionale. Nemmeno si può pensare a riforme amplie e generalizzate dello Stato attraverso un tavolo di dialogo: serve necessariamente una assemblea costituente.

      C’è poi un altro elemento di preoccupazione estrema: governo e Fsln (Fronte sandinista di liberazione nazionale, ndr) non hanno per ora mobilitato la propria base più dura, che è armata e preparata. Mettere il governo con le spalle contro il muro potrebbe portare il conflitto a livelli ben più alti degli scontri di questi giorni.

      E il mio timore è che questo sia proprio cio che vogliono i settori più duri dell’opposizione. Il ruolo dell’esercito è stato fino ad ora impeccabile: difendere le istituzioni è però parte del loro mandato costituzionale.
      Come si può uscire da questa situazione?

      L’unica via è il dialogo nazionale, che obbliga tutti a fare un passo indietro. Governo e manifestanti devono essere disposti a cedere qualcosa, questi ultimi isolando i settori violenti e le formazioni politiche e della “società civile” che volgiono capitalizzare il caos.
      Mezzi di comunicazione e organismi internazionali devono esigere giustizia e verità per le persone morte da entrambi i lati, per i feriti e i danni occasionati, ma dando il tempo necessario per uscire dalla crisi e disegnare un percorso negoziato che può essere fatto solo al tavolo di dialogo.


      https://www.osservatoriodiritti.it/2018/06/05/nicaragua-pericoloso-notizie-situazione-politica

    • Il Nicaragua del sandinista Ortega, da liberatore a despota

      Nuovi scontri tra la polizia e i manifestanti che protestano contro il presidente Ortega.
      –La rivolta scoppiata sei settimane fa contro i tagli sociali ha già fatto oltre cento vittime.
      –L’appello del Papa per il dialogo
      –Altro pezzo di America latina che vede i suoi equilibri sociali travolti non più con colpi di Stato ma a colpi di mercato.


      https://www.remocontro.it/2018/06/04/il-nicaragua-del-sandinista-ortega-da-liberatore-a-despota

    • Nicaragua: Lettera aperta di #Gioconda_Belli a Rosario Murillo

      “Nè la storia, né il popolo vi assolveranno mai” per la repressione in Nicaragua.

      Rosario,

      Certamente la tua politica di comunicazione, da quando sei giunta al governo, si è retta mediante quella massima che “una menzogna ripetuta sufficienti volte, si converte in verità”. Per undici anni hai seminato vento in questo paese, convertendo coloro che non stavano al tuo fianco in vili avversari e proclamando una patria solidale che non esisteva altro che nella tua immaginazione. Ma hai seminato vento e ora raccogli tempeste. Mentire è stato un errore. Ora tutte le menzogne, come nere formichine ti perseguitano.

      E, nonostante ciò, lo spettacolo della verità falsata non cessa. Che orribili giorni sono stati questi: morti, dopo morti, poliziotti che capeggiavano orde di paramilitari, giovani scomparsi, bastonate! Tanta violenza è culminata ieri nel dantesco e tristissimo incendio dove è perita un’intera famiglia con dei bambini piccoli e dove la gente eccitata ha bruciato coloro che ha considerato colpevoli.

      Non so cosa potremmo aspettarci da te, che non hai mostrato nessuna pietà verso tua figlia, carne della tua carne e sangue del tuo sangue. Ma sul dolore di più di 170 persone morte, non ti sei fermata a pensare né hai sentito nessuno scrupolo per orchestrare, al tavolo del Dialogo Nazionale, di fronte ai Vescovi e al popolo sofferente, il cinico e falso discorso del Cancelliere Moncada e degli altri partecipanti del tuo governo. Il copione disegnato che seguono ha il tuo sigillo: vuole esimervi dalla colpa e presentare gli aggrediti come aggressori; un altro caso delle colombe che sparano ai fucili.

      In quello stesso dialogo, senza nessuna vergogna, il Cancelliere Moncada ha letto un comunicato dei Pompieri dello Stato sul funesto incendio. Ma siamo un piccolo paese e si sa tutto: il Benemerito Corpo dei Pompieri, il corpo volontario, ha chiarito che sono stati loro, e non coloro che hanno sottoscritto il comunicato, come lo abbiamo visto nel video, quelli che hanno cercato di spegnere le fiamme. Ma la popolazione che aiutava è stata accusata dai falsi pompieri di aver ostacolato il loro lavoro.

      Un altro dei tuoi rappresentanti, Edwin Castro, venerdì è uscito alla fine della sessione, evitando i giornalisti con la scusa che a León stavano bruciando la Renta. Risulta che coloro che andavano a bruciarla -paramilitari- sono giunti sul luogo dopo il suo annuncio, ed è stata la popolazione sollevata che ha impedito l’incendio. L’inganno non è stato sincronizzato bene. E tutti ne siamo testimoni. Lo abbiamo visto anche quando abbiamo visto dei camion svuotare del contenuto gli edifici dello stato che dopo venivano incendiati da degli scagnozzi per incolpare i giovani che protestano.

      Vorrei raccomandarti, Rosario, di uscire dal tuo recinto di El Carmen a parlare con le persone che affermi di rappresentare.

      Avvicinati sulla tua jeep Mercedes Benz ai blocchi dell’eroica Masaya per renderti conto di cosa pensano di te e del tuo sposo. Non avere paura. La gente non è assassina, il tuo popolo non è assassino. Gli assassini sono armati e rispettano ordini del tuo compagno comandante. Li abbiamo visti passare per i quartieri, passare su furgoni Hilux, dietro alle unità della Polizia, armati fino ai denti e con la licenza di uccidere che voi gli avete dato. Diciotto furgoni carichi di quei paramilitari scortati dalla Polizia, sono passati per il Quartiere Santa Rosa. Sono stati filmati in quel quartiere e in altri che hanno assediato e terrorizzato. Nulla di questo è rimasto nascosto, come non è nascosto dove risiedono i tenebrosi che con inaudita violenza hanno voluto dominare questo paese.

      Per undici anni hai con ossessiva costanza pronunciato stucchevoli discorsi d’amore per il Nicaragua e amore per questo popolo. Sei passato ordinando e scompigliando il nostro sistema di Governo, aggredendo la nostra libertà e la nostra democrazia. Ma la verità ha le sue modalità per splendere. L’ultima inchiesta della Cid Gallup registra che il 70% della popolazione vuole che rinunciate e ve ne andiate. Guarda quanto rapidamente si sono rivelati i veri sentimenti del popolo nicaraguense quando hanno perso la paura e si sono azzardati a dire la verità dei loro cuori.

      Rosario, il 14 giugno hai osato vedere qualche canale TV che non fosse uno di quelli che ripetono il tuo discorso? Hai visto la risposta nazionale all’appello di sciopero generale? Non hai visto i negozi chiusi, le strade desolate nelle città e nei villaggi del paese? Quel giorno, la gente ha gridato con il suo silenzio quanto è stanca di falsità, perfino di quella strana religiosità con cui ci ordini di pregare mentre la tua gente minaccia di morte i coraggiosi Vescovi che hanno difeso il popolo. E cosa pensi che abbia motivato tanti cittadini a gettare le alberate che ci hai imposto come scenario eccessivo e dilapidatore di Managua? Folle contente e in festa che abbattevano i simboli psichedelici di un paese che hai cercato di personalizzare come se ti appartenesse.

      Lasciami ricordarti che la bastonata che i tuoi vecchi “ragazzi” della JS (Gioventù Sandinista) hanno dato agli studenti -quella che tutti abbiamo visto dal vivo e a colori grazie alle macchine fotografiche dei cellulari- è stata ciò che ha fatto scoppiare questa ribellione. Vestiti con magliette di Pace e Amore con la tua firma e quella di Daniel hanno calpestato e colpito persone indifese. Se avessi visto quei video e quelli degli studenti morti nei giorni seguenti per gli spari in testa, forse avresti più pudore in quella colorita campagna a cui nessuno ora crede #Nicaragua vuole la pace, #Amore per il Nicaragua. Sì, il Nicaragua vuole la pace, ma non quella che predichi e che è costata 170 morti, più di duemila feriti e decine di scomparsi in solo due mesi.

      Quanta poca decenza dopo che i tuoi delegati al dialogo sono giunti a nominare le poche perdite che avete subito voi! Anche le vostre morti sono da deplorare, non c’è dubbio, ma che speravate? Chi di spada uccide di spada perisce. È la terribile sequela della nube nera di violenza che voi avete soffiato senza misericordia sul nostro paese. Come puoi, Rosario, inviare la Ministra della Sanità, Sonia Castro, a dire che a nessuno è stato impedito di entrare negli ospedali, che a nessuno è stato negato il soccorso, quando ci sono prove e morti che testimoniano come sia stata negata l’assistenza medica ai giovani studenti? Perché non parli con la mamma di Alvaro Conrado, di 15 anni, che è morto perché gli è stato negato l’accesso all’Ospedale Cruz Azul? Lei ti dirà la verità, come te la direbbero le altre madri se osassi ascoltarle. Io ho visto la Ministra Castro negare l’entrata degli studenti di medicina nell’ospedale di León come rappresaglia per aver partecipato alle proteste. I dinieghi degli ospedali sono stati registrati nei video dalla popolazione. Non sono fantasie delle vittime.

      Sei l’unica che continua ostinata a propagare fantasie che in nulla assomigliano alla realtà. Attraverso i canali della TV e i media della tua famiglia, fin dal primo giorno, sono state messe in uso le più sporche tecniche di propaganda per trasformare la popolazione scontenta in “bande delinquenziali della destra”. È un vecchio schema: trasformare coloro che protestano in nemici per poterli uccidere e chiedere agli altri di ucciderli senza pietà. Queste tecniche di disumanizzare un presunto “nemico” sono state effettivamente usate contro gli ebrei nella Germania nazista. Così qui sono stati lanciati nicaraguensi contro nicaraguensi inventando colpi di stato, complotti e altri motivi simili che vogliono solo tappare il sole con un dito.

      Quel sole della libertà che muove questa rivoluzione civica e disarmata, non ti sei resa conto che si è esteso su tutto il territorio nazionale? Il popolo medesimo si è auto-convocato senza altra leadership che quella dei suoi dirigenti comunitari e il suo grido è “Che se ne vadano”.

      Non ho molte speranze che tu ammaini la crudeltà e l’accanimento che si cerca di mascherare con una pelle di pecora. È una pena che tu abbia deciso di usare la tua intelligenza e la tua capacità di organizzazione per portarci a questo terribile dilemma. Con la tua calligrafia, quella con la quale hai segnato tutto il Nicaragua, hai scritto la pagina più nera nella storia del FSLN, hai sporcato la sua eredità, sei tornata ad uccidere tutti gli eroi e i martiri che hanno lottato perché in Nicaragua non ci fosse un’altra dittatura.

      Nei campi e nelle montagne, nelle città e nei paesi ci sono milioni di occhi che ti osservano, alcuni con incredulità, altri con orrore, ma ora nessuno con timore. Ciò che stiamo vedendo mai lo dimenticheremo. Mai dimenticheremo che nel Giorno delle Madri, durante la marcia più gigantesca che abbia visto la città e nelle altre marce dei dipartimenti, sono morte diciotto persone innocenti. Credi che ci convincerai che quelli della marcia si siano sparati da sé?

      Non è la prima lettera che ti scrivo, Rosario. Della tua mania di equivocare le cose e della tua abilità di rivoltare la realtà, sono stata testimone più di una volta. Ammetto che non ho pensato che il potere distruggesse in modo così assoluto la tua poesia, che la donna a cui in passato ho dato rifugio, dilapidasse non solo il suo presente, ma anche il suo futuro.

      Né tu, né Daniel passerete alla storia nella pagina colorita e magnifica che avresti immaginato. A voi, né la storia, né il popolo vi assolveranno mai.

      17 giugno 2018

      https://www.infoaut.org/conflitti-globali/nicaragua-lettera-aperta-di-gioconda-belli-a-rosario-murillo

    • Entretien. Au Nicaragua, “la situation est explosive”

      Le dessinateur de presse nicaraguayen #Pedro_Molina publie chaque jour une caricature sur le féroce couple présidentiel Ortega et sur la résistance que lui opposent les citoyens, au péril de leur vie. Depuis avril dernier, le conflit a fait 325 morts. Le pouvoir réprime systématiquement, dans la violence, toute manifestation. Pedro Molina collabore également avec d’autres médias dans le monde et est membre du réseau Cartooning for Peace. De passage en Europe, il a répondu aux questions de Courrier international.


      https://www.courrierinternational.com/article/entretien-au-nicaragua-la-situation-est-explosive