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  • « C’est irresponsable » : les propos d’Emmanuel Macron sur l’opération antidrogue ne passent pas - Le Soir
    https://www.lesoir.be/576004/article/2024-03-21/cest-irresponsable-les-propos-demmanuel-macron-sur-loperation-antidrogue-ne

    Des propos qui n’ont pas manqué de faire réagir les millieux associatifs. Hassen Hammou, cofondateur du collectif « Trop jeune pour mourir » et porte-parole d’EELV, explique à nos confrères du Figaro : « C’est totalement fou de mettre dans le même panier toute une fratrie et un dealer. C’est même irresponsable. Personne n’est jamais habitué au trafic. Ce n’est pas vrai. On ne peut pas traiter un problème aussi grave de manière aussi légère. Les mots ont un sens. Et il est faux de dire que dans les cités, tout le monde est complice. C’est vraiment aberrant et le président de la République fait totalement fausse route. »

    Même son de cloche du côté de Katia Yakoubi, présidente de l’association de quartiers Adelphi’Cité : « Allez voir ces jeunes-là. Quand on leur demande s’ils sont contents d’être guetteurs, dans un environnement morose, bien sûr qu’ils disent que non. Je ne connais aucun jeune qui fait ça de gaieté de cœur. Ce sont des gens exploités qui sont aussi victimes, car ils n’ont aucune perspective. Et derrière, on a des familles totalement démunies, car souvent, les jeunes sont en décrochage scolaire, abandonnés. »

  • Réadmission des migrants venant d’Europe : #Soueisssya, ciblée pour un centre de transit ?

    Mine de rien, les autorités mauritaniennes et européennes seraient avancées dans leur projet de « #partenariat_renforcé » dans la lutte contre l’immigration clandestine entre les deux rives. Malgré la levée du ton de l’Opposition, le projet commun est déjà -si l’on en croit des sources autorisées- bien lancé. Le dernier déplacement conjoint de la présidente de la commission européenne, Urusla Van Der Leyen, et du premier Ministre espagnol, Pedro Sanchez, attesterait de l’importance de la question pour les deux parties.
    Les discussions entre les deux parties, entamées de plus plusieurs mois, auraient même déjà identifiée la zone de Soueissiya, 60 km de notre capitale économique, sur la route de Nouakchott, pour élire le futur centre de rétention des immigrés interceptés en haute mer.
    Pour ce faire, un autre accord de statut pour les forces du Frontex devrait permettre aux gardes-frontières européens de patrouiller, avec les garde-côtes mauritaniens, pour intercepter les candidats à l’immigration clandestine.
    Ces derniers qui voient les filets se resserrer sur eux pourraient donc être interceptés et renvoyés vers ce centre de reflux où ils devraient être recueillis dans l’optique de les faire retourner chez eux. En plus de soutien sonnant et trébuchant, l’UE aurait également accéder à des demandes locales pour la construction de tronçons routiers entre Boulenouar, 98km, et Tmeimichatt, 319 km sur la voie ferrée. Le projet de centre en lui-même sera bien équipé et gardé. Rien n’a été donc jusqu’à présent scellé. La date butoir du 7 mars 2024 où séjournera une Haute délégation de l’UE à Nouakchott permettra d’entrevoir plus de transparence, peut-être, dans ce dossier qui fait couler beaucoup d’encre. Il aidera, en tout cas, à estomper les supputations qui vont bon train sur cette délicate question.
    Si officiellement on évoque l’enveloppe de 210 millions d’euros, d’ici la fin de l’année, l’investissement européen, pour convaincre la partie mauritanienne, est estimé à quelques 522 millions d’euros.
    Néanmoins, les autorités mauritaniennes dénient tout accord avec l’UE permettant de recaser sur leur territoire d’immigrés chassés d’Europe. La perspective de renvoi d’immigrés, en majorité africains, serait pour le moins imprudente au moment où la Mauritanie tient les brides de l’UA.

    https://ladepeche.mr/?p=8575
    #externalisation #migrations #asile #réfugiés #Mauritanie #accord #partenariat #Europe #UE #EU #centre_de_transit #centre_de_rétention #rétention #détention_administrative #Frontex

    • La Mauritania diventerà un centro di accoglienza per i migranti espulsi dall’Europa?

      Il 7 marzo è previsto un nuovo incontro congiunto tra l’Ue, la Spagna e lo Stato africano

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      La Mauritania diventerà un centro di accoglienza per i migranti espulsi dall’Europa?

      Il 7 marzo è previsto un nuovo incontro congiunto tra l’Ue, la Spagna e lo Stato africano
      Nagi Cheikh Ahmed
      6 Marzo 2024

      La Mauritania è un paese situato nell’angolo nord-occidentale del continente africano e affacciato sull’oceano Atlantico: questa sua posizione è strategica ed estremamente importante per le persone migranti che cercano di raggiungere il continente europeo e l’arcipelago spagnolo delle Canarie. Negli ultimi anni, infatti, il paese ha registrato un significativo aumento del numero di migranti che lo attraversano nel tentativo di raggiungere le isole spagnole e altri paesi dell’Unione Europea. Le stime indicano che questo aumento potrebbe essere il risultato del rafforzamento delle misure contro le migrazioni nei paesi limitrofi che portano a deviare le rotte verso nuovi percorsi, rendendo la Mauritania un luogo di transito sempre più “attraente” per raggiungere l’Europa.

      È in questo contesto che la Spagna e lo Stato africano stanno avanzando nella costruzione di una forte partnership per combattere l’immigrazione irregolare e rafforzare la sicurezza dei confini attraverso una serie di misure e azioni. Questi sforzi includono la cooperazione nello scambio di informazioni di intelligence, la formazione delle forze di sicurezza e della guardia nazionale, nonché il rafforzamento del controllo delle frontiere e un supporto operativo per lo sviluppo di capacità nell’affrontare tale fenomeno. Secondo i dati spagnoli, l’83% dei migranti che attualmente arrivano alle isole Canarie sono transitati dalla Mauritania.
      I migranti come strumento di pressione e ricatto

      Di fronte alle crescenti tensioni attorno le questioni migratorie, i Paesi europei cercano di trovare “soluzioni” che garantiscano una riduzione del flusso di migranti verso i loro confini. È quella che viene definita la politica di esternalizzazione delle frontiere, ossia una politica di “estensione” dei confini per impedire ai migranti di raggiungere o avvicinarsi al loro territorio, attraverso accordi con diversi Paesi africani considerati punti di transito potenziali per i migranti africani. L’accordo contro l’immigrazione tra la Spagna e la Mauritania è un altro esempio evidente di come i Paesi europei sfruttino le necessità finanziarie dei paesi poveri. Questo accordo che si basa su sforzi congiunti per la lotta all’immigrazione, riflette chiaramente la dinamica tra la necessità di sicurezza europea e la necessità finanziaria dei paesi africani, sollevando controversie sul costo umano che viene pagato in questo processo.

      Nella politica internazionale contemporanea, l’immigrazione emerge come una delle questioni più controverse e complesse, specialmente quando viene utilizzata come strumento di pressione nelle negoziazioni politiche ed economiche. La Turchia, con la sua posizione geografica unica tra l’Europa e il Medio Oriente, ha utilizzato abilmente l’immigrazione nelle sue negoziazioni con l’Unione Europea. L’accordo del 2016 è stato un punto di svolta, in cui l’Unione Europea ha accettato di pagare miliardi di euro ad Ankara in cambio del controllo del flusso di rifugiati verso l’Europa. Questo accordo ha dimostrato come i paesi possano sfruttare le crisi migratorie per rafforzare le loro posizioni economiche e politiche.

      Come la Turchia, anche il Marocco ha sfruttato la sua posizione come principale porta d’accesso all’Europa per ottenere concessioni finanziarie e commerciali dalla Spagna e dall’Unione Europea, e persino posizioni politiche nel suo conflitto con il Fronte Polisario. Controllando i flussi migratori, il Marocco ha rafforzato la sua posizione come partner chiave dell’Unione Europea nella lotta contro l’immigrazione irregolare, migliorando così le sue relazioni economiche e politiche con l’Europa.

      Oltre a Turchia e Marocco, il comportamento di Russia e Bielorussia emerge come un esempio evidente di sfruttamento delle questioni migratorie per il ricatto politico contro l’Unione Europea. Questi due paesi hanno facilitato l’accesso dei migranti ai confini orientali europei, creando una crisi migratoria artificiale mirata a esercitare pressione politica ed economica. La Bielorussia, sotto la guida di Alexander Lukashenko, ha utilizzato l’immigrazione come mezzo per rispondere alle sanzioni europee imposte contro di essa. Facilitando il passaggio dei migranti verso Lituania, Lettonia e Polonia, la Bielorussia ha cercato di creare problemi di sicurezza e umanitari all’Unione Europea, costringendola a rinegoziare i termini delle sanzioni e le relazioni diplomatiche.

      Anche la Mauritania vuole partecipare

      Considerati i numerosi accordi bilaterali sottoscritti negli ultimi anni, anche il governo mauritano cerca opportunità per trarre vantaggio da questa situazione ottenendo guadagni politici e finanziari. Pertanto, l’uso dei migranti come strumento di ricatto riflette una strategia che consente alla Mauritania di richiedere più supporto e assistenza dall’Unione Europea in cambio della sua cooperazione nella lotta contro l’immigrazione irregolare e l’arresto del flusso di migranti. La Mauritania, che trova difficoltà nel controllare i suoi vasti confini, potrebbe tollerare l’ingresso dei migranti nel suo territorio, al fine di accumularne un gran numero per dimostrare la sua necessità di fronte all’Europa e quindi ottenere supporto e assistenza finanziaria, ignorando tutti i rischi che tali politiche potrebbero comportare per un paese già fragile con una infrastruttura carente, trascurando i diritti di migliaia di migranti.

      Il governo nega, ma i documenti confermano

      L’accordo stipulato tra la Mauritania e l’Unione Europea per combattere il fenomeno dell’immigrazione irregolare ha sollevato polemiche a livello locale, considerato come un “accordo” tra le due parti per insediare i migranti sul territorio mauritano in cambio di un pacchetto di aiuti finanziari, cosa che le autorità negano. Alcuni media indipendenti hanno riportato l’intenzione dell’Unione Europea di offrire subito 220 milioni di euro di aiuto alla Mauritania: questa proposta è emersa durante un incontro tenutosi giovedì 8 febbraio nella capitale Nouakchott, tra la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez e il presidente mauritano Mohamed Ould Ghazouani.

      Il Ministero dell’Interno mauritano ha negato ciò, affermando che la Mauritania “non sarà una patria alternativa per i migranti irregolari“, confermando al contempo di aver avviato negoziazioni preliminari con l’Unione Europea “su una bozza di dichiarazione congiunta relativa all’immigrazione, in linea con la roadmap discussa tra le parti a Bruxelles l’11 dicembre 2023“. Il ministero ha aggiunto in una dichiarazione che “le negoziazioni tra le parti rimarranno aperte, al fine di raggiungere un’intesa comune che serva gli interessi di entrambe le parti in materia di immigrazione legale e lotta contro l’immigrazione irregolare, tenendo conto delle sfide che la Mauritania affronta in questo campo, lontano da ciò che alcuni promuovono riguardo l’ipotesi di insediare i migranti irregolari in Mauritania”.

      Il ministero ha negato con enfasi qualsiasi ipotesi di accordo che punti a rendere la Mauritania un luogo dove insediare, accogliere o ospitare temporaneamente migranti stranieri irregolari, affermando che queste voci sono completamente infondate e che questo argomento non è stato affatto discusso, non è all’ordine del giorno e non è assolutamente contemplato. Il ministero ha dichiarato che gli incontri tra le parti hanno discusso la bozza del documento, allo scopo di “avvicinare i punti di vista riguardo ciò che stabilisce un accordo equilibrato e giusto che garantisca il rispetto della sovranità e degli interessi comuni di entrambe le parti, e sia in linea con le convenzioni e le leggi internazionali in materia di immigrazione“.

      Il ministero ha sottolineato che gli incontri continueranno a esaminare e analizzare i termini del documento, incluso ciò che sarà discusso durante l’incontro previsto tra la Mauritania e l’Unione Europea che si terrà nuovamente a Nouakchott giovedì 7 marzo. Tuttavia, il documento ottenuto dai media, relativo al verbale di discussione tra una delegazione mauritana e l’Unione Europea a Bruxelles il 9 febbraio 2024, mostra nei suoi termini l’accettazione della Mauritania di accogliere i rifugiati e i migranti espulsi dall’Europa, al fine di assisterli nella loro integrazione e “facilitare” la loro vita.

      Il documento non parla chiaramente dell’accoglimento da parte della Mauritania di re-insediare in modo permanente i migranti espulsi dagli Stati dell’Ue sul suo territorio, ma c’è un punto che rivela senza ambiguità la sua disponibilità ad accogliere i migranti espulsi dall’Europa, in assenza totale di qualsiasi meccanismo specifico per il successivo rimpatrio nei loro paesi d’origine.

      Questa estrema ambiguità getta diversi dubbi sulla serietà delle misure adottate, specialmente quando si considerano le enormi difficoltà che anche i paesi europei, con le loro vastissime risorse, incontrano nell’identificare i migranti che spesso sono senza documenti. Sembra che la soluzione europea si limiti a liberarsi del problema, rimpatriando i migranti in Mauritania senza considerare il loro destino successivo, il che significa che alla fine rimarranno in Mauritania a tempo indeterminato.

      Questo approccio ignora deliberatamente le cause profonde dell’immigrazione, come i cambiamenti climatici, i conflitti e le violazioni dei diritti umani, che spingono le persone a rischiare la vita in cerca di una loro sicurezza e di una possibilità di vita dignitosa. Concentrandosi esclusivamente sulla deportazione, l’Unione Europea dimostra una certa indifferenza verso la sofferenza delle persone più vulnerabili, ignorando così gli obblighi internazionali relativi alla protezione dei rifugiati e ai diritti umani, che garantiscono il diritto delle persone a presentare domande di protezione internazionale basate sulle loro storie personali e a dare loro tempo sufficiente per elaborare le richieste di protezione e asilo.

      D’altra parte, la firma di tali accordi con la Mauritania solleva serie domande sulla situazione della sicurezza e dei diritti umani nel paese. La disponibilità ad accettare questi migranti senza misure chiare per proteggerli o rispettare i loro diritti trascura gravemente l’assenza di tutele civili e sociali, a causa del pessimo record della Mauritania in materia di diritti umani.

      «Le relazioni internazionali sul Paese mettono in luce violazioni continue che includono schiavitù, discriminazione, detenzione arbitraria e repressione della libertà di espressione.»

      Ad esempio, lunedì 4 marzo 2024 in Mauritania è iniziato il processo contro due giovani. Una ragazza di 19 anni è stata arrestata lo scorso luglio e la pubblica accusa le ha imputato il “reato di derisione e insulto al Profeta Maometto“, chiedendo la sua incarcerazione. È inoltre accusata di utilizzare i social media per offendere l’Islam, reati per cui il codice penale mauritano prevede la pena di morte. L’altro giovane è un mauritano che aveva abbracciato il cristianesimo da tempo e viveva in Germania, dove aveva chiesto protezione, ma le autorità tedesche non hanno riconosciuto la sua richiesta e lo hanno deportato in Mauritania, dove è stato arrestato immediatamente all’arrivo in aeroporto ed è in carcere da mesi. In questo momento, c’è una grande carenza di informazioni sul loro stato di salute fisico e psicologico. Le autorità stanno facendo pressione per oscurare il processo e non parlare di queste vicende, il tutto si svolge in un’atmosfera cupa. Questi due casi sono anche esemplificativi dei seri dubbi sulla volontà della Mauritania di fornire protezione ai migranti e ai rifugiati rimpatriati.

      Inoltre, l’assenza di legislazione specifica per regolare lo status di rifugiati e migranti in Mauritania complica la possibilità di garantire efficacemente i diritti di queste categorie. Senza un quadro legale chiaro che regoli le procedure di asilo e immigrazione, e garantisca la protezione necessaria, rifugiati e migranti rimangono in una posizione legale precaria, esposti a rischi e senza diritti tangibili.

      Il fatto che l’Europa firmi tali accordi ignorando la realtà in Mauritania costituisce una chiara violazione dei trattati internazionali che proibiscono il trasferimento di migranti in paesi dove potrebbero affrontare il rischio di incarcerazione o discriminazione, e subire trattamenti inumani e degradanti. Questo accordo, per gli esperti del diritto, contraddice esplicitamente perfino gli approcci di sicurezza adottati dall’Europa nel settembre 2015, quando la Commissione Europea ha proposto un progetto per creare una lista comune dei “paesi di origine e transito sicuri“, dove i richiedenti asilo che passano attraverso il paese indicato potrebbero essere rimpatriati. Paesi considerati appunto “sicuri” in quanto le procedure relative alle loro richieste di asilo dovrebbero essere in linea con gli standard del diritto internazionale ed europeo sui rifugiati. Tuttavia, l’Unione Europea non ha incluso la Mauritania in questa lista dei paesi sicuri. Quindi, come può l’Europa firmare tali accordi con un paese che non considera sicuro?
      Verso un nuovo orizzonte

      L’incontro congiunto di giovedì 7 marzo nella capitale Nouakchott deve essere considerato come un momento cruciale che richiede una profonda riflessione e una revisione delle basi e dei principi su cui si fondano tali accordi. Entrambe le parti dovrebbero guardare con occhi critici alle esperienze passate, valutando i risultati e gli impatti reali delle politiche adottate sui diritti umani e sulla dignità dei migranti e dei rifugiati.

      C’è un bisogno urgente di adottare un approccio più inclusivo e umano nel trattare le questioni dell’immigrazione, un approccio che vada oltre le misure di sicurezza e restrittive per includere le dimensioni sociali e umane. Questo approccio dovrebbe concentrarsi sul diritto e sulla libertà dell’individuo di muoversi e migrare, piuttosto che limitarsi alla semplice gestione dei flussi migratori o tutt’al più a deviare i tragitti da un paese all’altro.

      È anche essenziale rafforzare i meccanismi di trasparenza e responsabilità nell’attuazione e nel monitoraggio degli accordi. L’Unione Europea e la Mauritania devono garantire che le politiche sull’immigrazione siano conformi agli obblighi internazionali e rispettino i diritti umani e la dignità di tutte le persone. La cooperazione internazionale in materia di immigrazione non dovrebbe portare a minare questi diritti o ignorare le difficili condizioni umane affrontate da migranti e rifugiati.

      È richiesto inoltre che la Mauritania lavori per migliorare il suo approccio sui diritti umani e rafforzare la protezione per migranti e rifugiati sul suo territorio. Ciò dovrebbe includere la riforma delle leggi e delle pratiche che permettono l’arresto arbitrario e la discriminazione, e fornire meccanismi efficaci per il ricorso e la protezione legale degli individui.

      Dall’altro lato, spetta all’Unione Europea non solo fornire supporto finanziario e tecnico, ma anche lavorare con la Mauritania e altri paesi partner per sviluppare politiche sull’immigrazione giuste ed eque, che rispettino i diritti e la dignità umana di tutte le persone, indipendentemente dal loro status migratorio.

      La sfida che l’Unione Europea e la Mauritania devono affrontare non è solo rinnovare questi accordi, ma reinventarli in modo che realizzino sicurezza e stabilità e, allo stesso tempo, rispettino i diritti umani e promuovano lo sviluppo sostenibile e inclusivo.

      Questo incontro congiunto a Nouakchott dovrebbe essere un’opportunità per presentare una nuova visione della cooperazione in materia di immigrazione, una visione basata sulla responsabilità condivisa, solidarietà e rispetto reciproco. Infine, l’obiettivo dovrebbe essere costruire un futuro in cui le persone possano vivere con dignità e sicurezza nei loro paesi, o scegliere di migrare come un diritto e non come una necessità imposta dalla disperazione.

      https://www.meltingpot.org/2024/03/la-mauritania-diventera-un-centro-di-accoglienza-per-i-migranti-espulsi-

    • Migration : petit à petit, l’UE verrouille des accords fragiles avec les pays tiers

      Ce jeudi, la secrétaire d’Etat de Moor, accompagne la commissaire européenne aux Affaires intérieures à Nouakchott pour signer un mémorandum d’accord migratoire avec la Mauritanie. Après la Turquie, la Libye, et la Tunisie récemment, ces accords se multiplient autant que les critiques qui les entourent.

      Ce dimanche, partis de Mauritanie, six migrants voulant rallier l’Europe ont péri dans leur traversée. 65 autres personnes, également à bord de leur pirogue, sont toujours portées disparues. En 2023, plus de 40.000 personnes ont risqué leur vie dans l’Atlantique – près de 1.000 en sont mortes – en voulant rejoindre l’Espagne via les îles Canaries au départ de l’Afrique de l’Ouest. Une hausse sans précédent (+ 160 % par rapport à 2022) que les autorités locales ont du mal à gérer. C’est dans ce contexte que la commissaire européenne aux Affaires intérieures Ylva Johansson, le ministre de l’Intérieur espagnol Fernando Grande-Marlaska et notre secrétaire d’Etat à l’Asile et la Migration Nicole de Moor se rendent à Nouakchott ce jeudi afin de signer un mémorandum d’accord avec la Mauritanie.

      Ce protocole d’accord s’inscrit dans la lignée de celui, polémique, conclu en juillet dernier avec la Tunisie. Avec ces « partenariats stratégiques mutuellement bénéficiaires », la présidente de la Commission européenne Ursula von der Leyen entend « combattre la migration irrégulière à la racine et travailler mieux avec des pays partenaires », c’est-à-dire ceux où les migrants embarquent ou prennent la route pour l’UE. L’idée est que les pays de départ ou de transit bloquent l’arrivée de migrants vers les côtes européennes et réadmettent leurs citoyens en séjour illégal dans l’UE en échange d’investissements ou de coups de pouce économiques. Contacté, il est question, pour l’exécutif européen, de passer d’autres « partenariats sur mesure » similaires avec l’Egypte, prochainement. Voire avec le Maroc ? Bref, petit à petit, la Commission complète sa carte du pourtour méditerranéen.

      Stratégie électoraliste

      « Ce type d’accord n’est pas nouveau », avance Eleonora Frasca, chercheuse doctorante sur la coopération entre l’UE et les pays africains en matière d’immigration (UCLouvain). « Il y a notamment celui passé avec la Libye ou encore avec la Turquie. Mais le deal passé avec Ankara, aussi critiqué soit-il, avait le mérite de prévoir des fonds pour l’accueil et l’accompagnement des exilés sur le sol turc. Ce qui a disparu des accords qui ont suivi et qui se concentrent sur les aspects sécuritaires. »

      Certes, la coopération migratoire n’est pas neuve. Ce qui l’est davantage, c’est la stratégie de communication de l’UE autour de ce type de deal, pointe Eleonora Frasca : « On déplace des membres de la Commission pour en faire un événement majeur. » Florian Trauner, doyen de la Brussels School of Governance (VUB) et spécialiste de la politique migratoire de l’UE, y lit une stratégie électoraliste. « Ces accords symbolisent une politique migratoire plus restrictive. En année électorale, les dirigeants européens envoient un signal à la population : “Regardez, on empêche les migrants d’arriver en Europe.” » Pour lui, cela montre aussi que les Etats membres s’accordent plus facilement sur une politique d’externalisation des frontières plutôt que sur une réponse solidaire. « La négociation du nouveau pacte sur la migration et l’asile l’illustre très bien. »

      Ces annonces et ces signatures en grande pompe contrastent avec l’opacité des négociations. « Les pourparlers avec la Tunisie hier, la Mauritanie aujourd’hui et l’Egypte demain en sont les parfaits exemples. Il est très difficile, voire impossible, de suivre les discussions. On assiste à un processus “d’informalisation ou de déformalisation” du droit international auquel l’UE contribue de manière significative, ainsi qu’à la multiplication d’instruments de droit non contraignant », regrette la chercheuse de l’UCLouvain. Pour son collègue de la VUB, ces accords informels sont par définition plus flexibles, moins contraignants juridiquement et politiquement. « Ce qui arrange les deux parties. Ils permettent, pour les pays tiers, de mettre hors du débat public ces arrangements souvent contestés par la population locale. »

      Le « chantage » aux migrants

      Et puis ces accords reposent sur le bon vouloir des régimes en place. En témoignent les soubresauts dans l’application de l’accord tunisien, décrié puis accepté… par le même président qui l’avait signé. « L’exemple récent du Niger est criant », ajoute Eleonora Frasca. « Depuis le coup d’Etat de juillet dernier et l’abrogation d’une loi réprimant le trafic illicite de migrants, l’UE est très préoccupée. »

      Florian Trauner soulève un autre « danger » : le « chantage » aux migrants. « Sachant l’Europe divisée, sensible et fragile quand il s’agit d’immigration, les pays tiers en jouent pour négocier, notamment de l’argent. Ce n’est pas pour rien qu’autant de migrants sont arrivés à Lampedusa depuis la Tunisie cet été… » Et le doyen de la Brussels School of Governance de citer les pressions d’Erdogan en 2020 afin que l’Europe appuie ses initiatives en Syrie ou encore le jeu du Maroc avec l’Espagne sur la question du Sahara occidental. Par ailleurs, pointent nos deux experts, ces accords sont passés avec des pays loin d’être des exemples en termes de respect des droits fondamentaux. L’exemple tunisien est encore une fois parlant : la situation déplorable des migrants en Tunisie ne s’est pas améliorée depuis la signature, dénoncent les ONG.

      Mais ces arrangements sont-ils « efficaces » ? S’il est impossible de chiffrer le nombre d’entrées évitées grâce aux accords, Florian Trauner les a étudiés sur dix ans, entre 2008 et 2018. « Hormis l’accord passé avec la Turquie qui a montré des résultats dans la prise en charge par Ankara des réfugiés syriens, ces accords ont un bilan modeste. Les pays des Balkans jouent le jeu, mais les pays africains peu ou pas du tout », constate-t-il. « A court terme, ces arrangements peuvent paraître efficaces parce qu’ils font écho à une réduction des entrées irrégulières », explique Eleonora Frasca. « On a dans un premier temps diminué les flux au départ de la Libye, ils se sont alors dirigés vers la Tunisie. Raison pour laquelle on a passé un accord avec Tunis, dont on voit timidement les résultats… Mais les migrations s’adaptent et se réorganisent. Ça ne sert à rien de passer des accords avec tous les pays africains, cela rend juste les routes de plus en plus dangereuses. »

      https://www.lesoir.be/572896/article/2024-03-06/migration-petit-petit-lue-verrouille-des-accords-fragiles-avec-les-pays-tiers

    • La Mauritanie, nouvelle voie d’entrée de migrants vers l’Union européenne... qui réagit

      L’Union européenne a initié jeudi un nouveau partenariat en matière de migration avec la Mauritanie, État d’Afrique du Nord-Ouest par où transitent des migrants vers les îles Canaries (Espagne). La route des îles Canaries, passant par une dangereuse traversée dans l’Atlantique, est davantage fréquentée ces derniers temps. Plus de 12.000 personnes l’ont empruntée sur les deux premiers mois de cette année, soit plus de six fois plus que sur la même période l’an dernier.

      Ce partenariat doit ouvrir la voie à un financement européen afin de soutenir la gestion des migrations - notamment la lutte contre le trafic de migrants -, ainsi que la sécurité et la stabilité, l’aide humanitaire en faveur des réfugiés et le soutien aux communautés d’accueil.

      Une déclaration en ce sens a été signée à Nouakchott par la commissaire aux Affaires intérieures, Ylva Johansson, et le ministre mauritanien de l’Intérieur, Mohamed Ahmed Ould Mohamed Lemine, en présence de son homologue espagnol, Fernando Grande-Marlaska, et de la secrétaire d’État belge à l’Asile et à la Migration, Nicole de Moor, au nom de la présidence belge du Conseil. « Nous avons besoin de partenariats avec ces pays d’Afrique du Nord pour prévenir les départs irréguliers et les pertes de vies humaines. Une gestion efficace des migrations constitue un défi européen nécessitant une réponse collective », a déclaré Mme de Moor.

      Le partenariat vise entre autres à renforcer les capacités des garde-frontières mauritaniens, en accroissant la coopération avec Frontex, l’agence européenne de garde-frontières et garde-côtes, pour ce qui est de la formation et des équipements. La coopération sur les opérations de recherche et de sauvetage sera aussi intensifiée. L’UE veut également appuyer les efforts de la Mauritanie dans ses capacités d’accueil, en particulier des plus vulnérables. Dans le pays résident quelque 150.000 réfugiés du Mali. Des enquêtes conjointes doivent aussi aider à prévenir la migration irrégulière.

      La coopération sera renforcée en matière de retour et de réadmission en ce qui concerne les Mauritaniens en séjour irrégulier dans l’UE, « dans le respect de leurs droits et de leur dignité », assure la Commission dans un communiqué. Comme c’est le cas pour d’autres accords en gestation, ou pour l’accord controversé avec la Tunisie, l’UE vise un partenariat large. Il visera donc aussi la création de perspectives d’emploi (accès à la formation professionnelle et au financement pour les entreprises), mais aussi la promotion de la migration légale (mobilité des étudiants, chercheurs et entrepreneurs). Le mois dernier, la présidente de la Commission Ursula von der Leyen avait annoncé, lors d’un déplacement en Mauritanie, la mobilisation de 210 millions d’euros en faveur de ce pays.

      L’UE cherche encore à nouer un autre partenariat stratégique de ce type avec l’Égypte, qui est non seulement un pays de transit, mais aussi de départ et de destination. « Des Égyptiens quittent leur pays, qui est le cinquième pays d’entrée dans l’UE, tandis que de nombreuses autres personnes fuient vers l’Égypte. Un partenariat solide est plus que nécessaire pour ne pas les laisser seuls dans cette tâche difficile », selon Mme de Moor.

      https://www.rtbf.be/article/la-mauritanie-nouvelle-voie-d-entree-de-migrants-vers-l-union-europeenne-qui-re

  • Migration : à la frontière bosno-croate, le rêve européen brisé par les #violences_policières

    A la frontière bosno-croate, porte d’entrée vers l’Union européenne, les violences des garde-frontières croates sur les personnes tentant de traverser se multiplient et s’intensifient. Des violences physiques qui marquent les corps et les esprits des migrants qui les subissent et qui transforment le rêve européen de ces hommes, femmes et enfants en cauchemar continu dans l’attente d’une vie meilleure à l’ouest. Notre collègue Ugo Santkin, journaliste au pôle international $s’est rendu sur place, sur cette frontière bosno-croate qui cristallise la politique migratoire sécuritaire de l’Union européenne. Il revient avec nous sur la situation et sur les témoignages qu’il a recueillis.

    https://www.lesoir.be/571804/article/2024-03-01/migration-la-frontiere-bosno-croate-le-reve-europeen-brise-par-les-violences

    Pour écouter le podcast :
    https://podcasts.lesoir.be/main/pub/podcast/539480

    #migrations #frontières #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #Croatie #violence #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans #gardes-frontières #podcast #audio

  • Guerre Israël-Hamas : sous pression, la Wallonie suspend des licences d’export d’armes vers Israël
    5 février 2024
    https://www.lesoir.be/566333/article/2024-02-05/guerre-israel-hamas-sous-pression-la-wallonie-suspend-des-licences-dexport

    La Wallonie a fini par céder. La Région a suspendu l’export d’armes vers Israël, a annoncé le ministre socialiste Christophe Collignon, représentant le ministre-président Elio Di Rupo (PS). Une série de révélations dans la presse avait pointé ses liens avec l’Etat hébreu, engagé dans une guerre sans merci contre le Hamas, qui a fait plus de 27.000 morts selon l’organisation armée palestinienne. Récemment, De Morgen pointait la livraison de 16 tonnes de poudre fin novembre 2023, soit bien après le début des hostilités.

    « Selon les documents officiels, le matériel n’est pas destiné aux forces armées israéliennes mais à être réexporté vers l’Union européenne ou les Etats-Unis, selon les licences accordées à la société PB Clermont », soulignait Christophe Collignon, interrogé au parlement wallon. Il assure que la licence datant de 2022 est arrivée à échéance mais indique que deux nouvelles licences avaient été accordées début 2023. L’immense majorité de l’exportation d’armes vers Israël concerne effectivement de la poudre.

    Après la décision de la Cour internationale de justice, soulignant un risque de génocide sur la bande de Gaza, « le ministre-président a suspendu temporairement les licences en cours de validité », a annoncé le représentant du gouvernement wallon. François Graas, d’Amnesty international Belgique, se « félicite de cette bonne nouvelle... qui aurait pu intervenir avant ». Avec trois autres ONG (Vredesactie, le CNAPD et la Ligue des droits humains), Amnesty avait signé une lettre ouverte dans laquelle elle menaçait la Région wallonne d’actions en justice si les exportations n’étaient pas suspendues.

    #BDS #marchand_de_canons

  • Conflit israélo-palestinien : le #CCOJB déplore la décision de la #Belgique de maintenir son financement de l’#Unrwa
    https://www.sudinfo.be/id785350/article/2024-01-31/conflit-israelo-palestinien-le-ccojb-deplore-la-decision-de-la-belgique-de

    Le Comité de coordination des organisations juives de Belgique (CCOJB) déplore ce mercredi la décision du gouvernement fédéral de maintenir son financement de l’agence des Nations unies pour les réfugiés palestiniens (Unrwa).

  • Les textes anciens pertinents ne sont jamais obsolètes...

    « Le néolibéralisme est un fascisme »

    Merdalor, j’y avais jamais pensé !... :-D :-D :-D

    « La carte blanche de Manuela Cadelli, présidente de l’Association syndicale des magistrats. (...) »

    https://www.lesoir.be/art/1137303/article/debats/cartes-blanches/2016-03-01/neoliberalisme-est-un-fascisme

  • Des communes retirent la nationalité belge d’enfants nés de parents palestiniens - Le Soir
    https://www.lesoir.be/553939/article/2023-12-07/des-communes-retirent-la-nationalite-belge-denfants-nes-de-parents-palestinie

    Depuis le mois d’août, et de manière accélérée depuis octobre, des dizaines de communes belges ont reçu des courriers de l’Office des étrangers, leur demandant de retirer la nationalité belge d’enfants nés en Belgique de parents palestiniens. C’est ce que constate et dénonce l’avocat Julien Wolsey, président de l’Association pour le droit des étrangers, écrit L’Echo dans son édition de jeudi.

    La plupart de ces courriers ont été envoyés par l’Office des étrangers à des communes anversoises, mais également à Liège, en Région bruxelloise et en Flandre-Orientale. Plusieurs communes ont suivi les recommandations de l’Office des étrangers.

    Contacté, le cabinet de la secrétaire d’État à l’Asile et à la Migration, Nicole de Moor (CD&V), reconnaît l’envoi répété de ces courriers. Mais nie tout lien avec la résurgence du conflit israélo-palestinien. Et la secrétaire d’État assume pleinement l’envoi de ces courriers. « L’Office des étrangers constate régulièrement que des Palestiniens dans l’Union européenne se rendent en Belgique pour y avoir des enfants en vue d’acquérir la nationalité belge et, par conséquent, bénéficier du regroupement familial », pointe le cabinet de Moor.

    « Au-delà du timing qui est tout à fait détestable et rajoute de l’huile sur le feu, il s’agit d’une pratique juridiquement scandaleuse, car l’Office des étrangers n’a aucune compétence en matière de nationalité et ne peut donner d’ordre aux communes », tance Julien Wolsey.

    Un monde formidable

  • #Tunisie : le président, #Kaïs_Saïed, refuse les #fonds_européens pour les migrants, qu’il considère comme de la « #charité »

    Un #accord a été conclu en juillet entre Tunis et Bruxelles pour lutter contre l’immigration irrégulière. La Commission européenne a précisé que sur les 105 millions d’euros d’aide prévus, quelque 42 millions d’euros allaient être « alloués rapidement ».

    Première anicroche dans le contrat passé en juillet entre la Tunisie et l’Union européenne (UE) dans le dossier sensible des migrants. Kaïs Saïed, le président tunisien, a, en effet, déclaré, lundi 2 octobre en soirée, que son pays refusait les fonds alloués par Bruxelles, dont le montant « dérisoire » va à l’encontre de l’entente entre les deux parties.

    La Commission européenne avait annoncé le 22 septembre qu’elle commencerait à allouer « rapidement » les fonds prévus dans le cadre de l’accord avec la Tunisie afin de faire baisser les arrivées de migrants au départ de ce pays. La Commission a précisé que sur les 105 millions d’euros d’aide prévus par cet accord pour lutter contre l’immigration irrégulière, quelque 42 millions d’euros allaient être « alloués rapidement ». Auxquels s’ajoutent 24,7 millions d’euros déjà prévus dans le cadre de programmes en cours.

    « La Tunisie, qui accepte la #coopération, n’accepte pas tout ce qui s’apparente à de la charité ou à la faveur, car notre pays et notre peuple ne veulent pas de la sympathie et ne l’acceptent pas quand elle est sans respect », stipule un communiqué de la présidence tunisienne. « Par conséquence, la Tunisie refuse ce qui a été annoncé ces derniers jours par l’UE », a dit M. Saïed qui recevait son ministre des affaires étrangères, Nabil Ammar.

    Il a expliqué que ce refus n’était pas lié au « montant dérisoire (…) mais parce que cette proposition va à l’encontre » de l’accord signé à Tunis et « de l’esprit qui a régné lors de la conférence de Rome », en juillet.

    Une aide supplémentaire de 150 millions d’euros

    La Tunisie est avec la Libye le principal point de départ pour des milliers de migrants qui traversent la Méditerranée centrale vers l’Europe, et arrivent en Italie.

    Selon la Commission européenne, l’aide doit servir en partie à la remise en état de bateaux utilisés par les #garde-côtes_tunisiens et à la coopération avec des organisations internationales à la fois pour la « protection des migrants » et pour des opérations de retour de ces exilés depuis la Tunisie vers leurs pays d’origine.

    Ce #protocole_d’accord entre la Tunisie et l’UE prévoit en outre une #aide_budgétaire directe de 150 millions d’euros en 2023 alors que le pays est confronté à de graves difficultés économiques. Enfin, M. Saïed a ajouté que son pays « met tout en œuvre pour démanteler les réseaux criminels de trafic d’êtres humains ».

    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/10/03/tunisie-le-president-kais-saied-rejette-les-fonds-europeens-pour-les-migrant

    #refus #Memorandum_of_Understanding (#MoU) #externalisation #migrations #asile #réfugiés #UE #EU #Union_européenne

    –—

    ajouté à la métaliste sur le #Memorandum_of_Understanding (#MoU) avec la #Tunisie :
    https://seenthis.net/messages/1020591

    • Le chef de la diplomatie tunisienne : « Les Européens répètent des messages hors de l’esprit du mémorandum. C’est insultant et dégradant »

      Après deux semaines de crise sur fond de tensions migratoires, le ministre tunisien des Affaires étrangères Nabil Ammar développe dans un entretien au « Soir » le point de vue de son gouvernement sur le mémorandum d’accord avec la Commission européenne. Article réservé aux abonnésAlors que des organisations de défense des droits humains ont dénoncé des déportations massives dans le désert entre la Libye et la Tunisie, Nabil Ammar rejette la faute sur « quelques voyous ».

      La brouille est consommée. Entre l’Union européenne et la Tunisie, le ton est monté ces derniers jours sur le mémorandum d’accord signé au milieu de l’été entre Tunis et la Commission européenne, soutenu par l’Italie et les Pays-Bas. Dans un entretien au Soir, le ministre tunisien des Affaires étrangères et de la Migration, Nabil Ammar, détaille la position tunisienne dans ce dossier explosif.

      Pour cela, il faut bien comprendre de quoi l’on parle. Si l’accord comprend d’importants volets de développement économique (hydrogène vert, câbles sous-marins…), le cœur du texte porte sur la migration et prévoit 150 millions d’euros d’aide. Le pays, lui, dit refuser d’être « le garde-frontière » de l’Europe.

      Entre Tunis et la Commission, l’affaire s’est grippée après les arrivées massives à Lampedusa, venues des côtes tunisiennes. Dans la foulée, l’exécutif européen a annoncé débloquer une partie de l’aide (dans ou hors du cadre de l’accord ? Les versions divergent). Auteur d’un coup de force autoritaire, l’imprévisible et tonitruant président tunisien Kaïs Saïed a déclaré refuser la « charité ». La Commission annonçait aussi le décaissement de 60 millions (sur un autre paquet d’aide), à nouveau refusés.

      « Ce sont les Européens qui ne s’entendent pas entre eux »

      Aujourd’hui, Nabil Ammar donne très fermement sa version. « Les Européens ne sont pas clairs, à divulguer des montants un coup par ci, un coup par là. Les gens ne se retrouvent plus dans ces enveloppes, qui sont dérisoires. Même si ce n’est pas un problème de montant. Mais les Européens n’arrivaient pas à comprendre un message que l’on a répété à plusieurs reprises : “Arrêtez d’avoir cette vision de ce partenariat, comme si nous étions à la merci de cette assistance. A chaque fois, vous répétez des messages qui ne sont pas dans l’esprit de ce mémorandum d’accord, un partenariat d’égal à égal, de respect mutuel.” C’est insultant et dégradant. »

      « Il ne faut pas donner cette idée fausse, laisser penser que ce partenariat se réduit à “on vous donne quatre sous et vous faites la police en Méditerranée et vous retenez les migrants illégaux” », continue le ministre des Affaires étrangères, qui précise que « ce sont les Européens qui tenaient » au texte. « On ne veut pas être indélicat, mais ils couraient après cet accord qu’on était content de passer puisque l’on considérait que ce qui était écrit convenait aux deux parties. »

      Ces dernières années, l’UE a passé des accords migratoires avec la Libye et la Turquie, qui consistaient en somme à y délocaliser la gestion des frontières extérieures. L’ex-ambassadeur à Bruxelles, très bon connaisseur des rouages européens et chargé de négocier l’accord, croit (ou feint de croire) qu’il en était autrement avec son pays. « Ils nous l’ont dit ! “On va changer, on vous a compris.” Mais les anciens réflexes, les comptes d’épicier ont immédiatement repris. Ce langage-là n’est plus acceptable », défend-il, plaidant pour la fierté et le souverainisme de son pays, un discours dans la lignée de celui du président Saïed. « Nous sommes comme le roseau, on plie mais on ne casse pas et ce serait bien que les partenaires se le mettent en tête. »

      Alors le mémorandum est-il enterré ? « Pas du tout », veut croire Nabil Ammar qui met la responsabilité de la crise de confiance sur le dos des partenaires européens. « Cette crise est entièrement de leur part parce qu’ils n’ont pas voulu changer leur logiciel après le 16 juillet (date de signature du mémorandum, NDLR). Nous nous étions entendus sur un esprit nouveau », une coopération d’égal à égal, répète-t-il. Du côté européen, on peine à comprendre la ligne d’un régime autocratique qui souffle le chaud et le froid. « Nous n’avons dévié du mémorandum d’accord, ni du dialogue stratégique. Ce sont les Européens qui ne s’entendent pas entre eux », assure le ministre, faisant référence aux dissensions entre la Commission et les Etats membres.

      Dérive autoritaire

      Le président du Conseil Charles Michel s’est également fendu de critiques lourdes contre la méthode. Certains Etats membres, dont la Belgique, ont critiqué à la fois la forme (ils estiment n’avoir pas assez été consultés) et le fond (l’absence de référence aux droits humains et à la dérive autoritaire de Saïed). « Je vais être gentil et je ne donnerai pas les noms. Nous savons qui est pour et qui est contre », commente Nabil Ammar.

      Interrogé sur la dérive autoritaire, les atteintes aux droits des migrants ainsi que les arrestations d’opposants, le ministre détaille qu’il « n’y a pas eu un mot de critique (contre le régime tunisien, NDLR) dans ces longues réunions (avec l’UE, NDLR). C’est important de le noter ». « Pourquoi revenir aux anciens réflexes, aux comportements dégradants ? Il ne faut pas faire passer la Tunisie comme un pays qui vit de l’assistance. Cette assistance ne vaut rien par rapport aux dégâts causés par certains partenaires dans notre région. C’est d’ailleurs plutôt une réparation. »

      Questionné quant aux critiques de la ministre belge des Affaires étrangères Hadja Lahbib sur les dérives tunisiennes, Nabil Ammar estime qu’« elle est libre de faire ce qu’elle veut. J’ai vécu en Belgique. Je pourrais en dire autant et même plus. Mais je ne vais pas le faire. (…) Les Européens sont libres d’organiser leur société comme ils l’entendent chez eux et nous sommes libres d’organiser notre société, notre pays comme on l’entend. Ils doivent le comprendre. Nous avons une histoire différente et une construction différente. » Les opposants à Saïed parlent ouvertement d’une dérive dictatoriale, certainement allant jusqu’à qualifier ce régime de « pire que celui de Ben Ali ».
      Vague de violence populaire

      Ces derniers mois, une vingtaine d’opposants politiques ont été incarcérés. Ce jeudi encore, Abir Moussi, leadeuse du Parti destourien libre et dont les positions rejoignaient pourtant en certains points celles de Saïed, a été arrêtée. « Ces gens sont entre les mailles de la justice conformément à la loi et aux procédures tunisiennes. Si ces Tunisiens n’ont rien fait, ils sortiront. Et s’ils sont coupables, ils paieront », assure le chef de la diplomatie, qui défend « l’Etat de droit » tunisien. Depuis son coup de force il y a deux ans, Kaïs Saïed s’est arrogé le droit (par décret) de révoquer les juges, ce qu’il a fait à une cinquantaine de reprises.

      Quant aux atteintes aux droits humains à l’encontre de migrants subsahariens, Nabil Ammar (qui assure avoir lui-même pris en main des dossiers) rejette la faute sur « quelques voyous », qui n’auraient rien à voir avec une « politique d’Etat ». Les organisations de défense des droits humains ont dénoncé des déportations massives dans le désert entre la Libye et la Tunisie. Des images de personnes mourant de soif ont été largement diffusées. « D’autres témoignages disaient exactement le contraire, que la Tunisie avait accueilli ces gens-là et que le Croissant rouge s’est plié en quatre. Mais ces témoignages-là ne rentrent pas dans l’agenda (sic). (…) On sait qui était derrière ça, des mouvements nourrissant des témoignages à charge », continue le ministre, s’approchant de la rhétorique du président Saïed, dont les accents populistes et complotistes sont largement soulignés.

      En parallèle de ces accusations de déplacements forcés, une vague de violence populaire contre les Subsahariens s’est déchaînée (notamment dans la ville de Sfax) à la suite d’un discours présidentiel, qui mentionnait la théorie raciste du « Grand remplacement » (« Ça a été instrumentalisé dans une très large mesure. Le fait d’avoir cité une étude écrite, ça ne veut pas dire qu’il la cautionne »). Ici, Nabil Ammar défend que « la même chose se passe très souvent en Europe. Et on n’ouvre pas un procès pareil. Quelques semaines avant que je prenne mes nouvelles fonctions en Tunisie, au commissariat d’Ixelles, une Tuniso-Belge est morte très probablement sous violence policière. Pendant des mois, nous n’arrivions pas à avoir le rapport de la police », continue-t-il, faisant une référence sidérante à la mort de Sourour A.

      Questionné sur une comparaison très hasardeuse entre un décès suspect et des dizaines de morts, des atteintes aux droits humains globalement dénoncées, il ne dévie pas de sa ligne troublante : « Dans le même commissariat, c’était le troisième cas de Nord-Africain décédé. On n’en a pas fait une campagne médiatique contre la Belgique. Nous ne sommes pas traités de la même façon. C’est injuste et ça montre qu’il y a un agenda pour mettre la Tunisie dans un coin. On devient un pays raciste alors que nous sommes un melting-pot, nous sommes le Brésil de l’Afrique du Nord. » Associations de défense des droits des migrants, universités, intellectuels… à Tunis, il ne manque pas de voix pour raconter la peur des Subsahariens et leur disparition de l’espace public, pour éviter les insultes et les lynchages. Mais cette réalité-là ne semble pas au cœur des inquiétudes du ministère.
      Analyse : une autre planète

      Le moins que l’on puisse dire, c’est que Nabil Ammar ne manie pas la langue de bois. Il faut même souvent se pincer lors de l’entretien avec le ministre tunisien des Affaires étrangères. Ce proche du président Kaïs Saïed (dont il adopte les accents populistes et où point l’ombre du complotisme) prend des accents belliqueux, rares dans le milieu diplomatique. Pas question pour lui de se laisser dicter la marche d’un pays que ses ardents opposants décrivent comme une « dictature ». Personne n’a de droit de regard sur ce qui se passe en Tunisie. Alors que le haut-commissaire de l’ONU aux droits de l’homme dénonce une « répression » et des « autorités qui continuent de saper l’indépendance du pouvoir judiciaire », Nabil Ammar lui défend un « Etat de droit ».

      En Tunisie, les ONG dénoncent des dizaines de morts dans des conditions atroces, ainsi que des centaines de déportés. Aujourd’hui, des témoignages affluent sur des migrants abandonnés dans des zones rurales sans accès à un abri ou à de la nourriture. Celui qui connaît bien la Belgique va jusqu’à comparer les maltraitances racistes subies massivement à Sfax à la mort tragique de Sourour A. dans un commissariat d’Ixelles dans un parallèle qui laisse sans voix.

      Sur le mémorandum d’accord avec l’Union européenne, cet excellent connaisseur des rouages européens croit (ou feint de croire) que le cœur de l’accord ne se trouvait pas dans le deal migratoire. Et qu’il espérait développer une relation d’égal à égal avec une institution obsédée et échaudée par la crise migratoire de 2015-2016. Selon lui, ce deal n’avait rien à voir avec les précédents passés avec la Turquie et la Libye. Alors même que tout le monde, de l’autre côté de la Méditerranée, pense l’inverse.
      L’oreille de Kaïs Saïed

      Nabil Ammar connaît parfaitement les institutions européennes. Le ministre tunisien des Affaires étrangères et de l’Immigration a été ambassadeur à Bruxelles pendant deux ans et demi, nommé sous un gouvernement auquel participe notamment le parti islamiste Ennahda. Après le coup de force du président Kaïs Saïed en juillet 2021, il se pose rapidement comme un de ses ardents soutiens. On le décrit aujourd’hui comme une des rares personnes ayant l’oreille d’un président autoritaire, isolé, ne faisant confiance à personne et décrit par ses opposants comme un « dictateur ».

      https://www.lesoir.be/542182/article/2023-10-09/le-chef-de-la-diplomatie-tunisienne-les-europeens-repetent-des-messages-hors-

  • Garantir le droit à l’info : un chantier sans illusion en France - Le Soir
    https://www.lesoir.be/541120/article/2023-10-03/garantir-le-droit-linfo-un-chantier-sans-illusion-en-france

    Benoît Collombat, de la cellule Investigation de Radio France, est plus sceptique. « J’y vois une opération de communication politique. On voit bien qu’il n’y a actuellement aucune volonté politique pour s’attaquer à la question structurelle du fonctionnement des médias. A la distribution de l’argent public, par exemple. Aujourd’hui, il profite en grande partie à des hommes d’affaires millionnaires qui n’ont pas besoin de ces aides publiques. On ne voit pas non plus la volonté de repenser les lois anti-concentration pour faire en sorte qu’un homme d’affaires qui a des contrats avec l’Etat ne puisse pas détenir des médias. »

    L’ambiguïté d’Emmanuel Macron est aussi mise en avant. N’était-ce pas ce président qui avait voulu restreindre le droit de la presse en soumettant la couverture des manifestations à une accréditation ? N’était-ce pas ce président qui, pendant l’épidémie de covid, avait été tenté, via un éphémère site « désinfox », de passer au filtre du gouvernement les articles sur le virus ?

  • Un rare ouragan se développe au large de la Grèce - Le Soir
    https://www.lesoir.be/535712/article/2023-09-07/un-rare-ouragan-se-developpe-au-large-de-la-grece

    Certaines régions de Grèce ont reçu mardi l’équivalent d’une année entière de pluie. Et cette météo doit encore durer deux jours, rapporte La Voix du Nord. D’après les météorologues, c’est le phénomène le plus extrême en termes de quantité d’eau tombée en l’espace de 24 heures depuis que la Grèce possède des archives sur le sujet, a estimé lors d’un point presse le ministre de la protection civile, Vassilis Kikilias.

    Mais ce n’est malheureusement peut-être pas terminé. « En liaison avec la goutte froide près de la Grèce (qui provoque les pluies diluviennes), on surveillera une évolution de la convection autour d’un cœur chaud et donc un possible medicane dans le courant de la semaine », indiquait l’observatoire Keraunos lundi. Un #medicane ? Contraction de Méditerranée et du mot anglais « hurricane » (ouragan), il s’agit du même phénomène qu’observé régulièrement dans l’Atlantique, quoique moins puissant.

    Nahel Belgherze, technicien électronique et spécialiste climat, juge, images à l’appui, « qu’il s’agit du top 3 des modèles météo les plus fous que j’ai jamais vu ». On distingue bien l’œil de l’ouragan entre la Libye et la Grèce sur les simulations qu’il partage.

    • En Espagne, après une sécheresse prolongée et des canicules à répétition, les pluies torrentielles précoces interrogent les climatologues
      https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/09/05/en-espagne-apres-une-secheresse-prolongee-et-des-canicules-a-repetition-les-

      Trois personnes sont mortes et trois autres sont portées disparues après des précipitations torrentielles et inhabituelles à cette période de l’année, symptôme possible du réchauffement climatique.

      https://justpaste.it/cceo3

    • “Alerte noire” : en une heure, 158 millimètres de pluie sont tombés sur Hong Kong
      https://www.courrierinternational.com/video/video-alerte-noire-en-une-heure-158-millimetres-de-pluie-sont

      Après une nuit de pluies diluviennes, Hong Kong s’est réveillé sous l’eau le vendredi 8 septembre. Deux personnes au moins sont mortes. Et certains s’interrogent sur le manque de préparation des autorités.

      Courrier international
      Publié le 8 septembre 2023

      https://youtu.be/7khEaqqbf60?feature=shared

      Pour la première fois en deux ans, une “alerte noire” avait été émise. Malgré cela, les habitants de Hong Kong ont été surpris par la violence de l’averse et se sont réveillés sous l’eau le vendredi 8 septembre, raconte le South China Morning Post. “Les pluies diluviennes ont paralysé la ville dans la matinée : les routes se sont transformées en torrents, des automobilistes se sont retrouvés coincés dans leur voiture, des restaurants ont été submergés et des glissements de terrain se sont produits près des quartiers résidentiels.”

      L’alerte avait été émise à 23 h 05. Au cours de l’heure qui a suivi, 158,1 millimètres de pluie par mètre carré se sont abattus sur la ville, “un record depuis 1884, date de début des relevés”. Entre 18 heures et minuit, ce sont plus de 200 millimètres qui ont été mesurés, précise le journal, qui a mis plusieurs vidéos sur son site, de cette nuit de pluie tout d’abord (voir ci-dessous), puis des dégâts (voir plus bas).

      https://youtu.be/cZP_3Y0b6pQ?feature=shared

      526 millimètres de pluie à Shenzhen

      Ces pluies soudaines, “les pires depuis plus d’un siècle”, ont été provoquées par l’arrivée du typhon Haikui, qui a balayé Taïwan le week-end dernier, explique le South China Morning Post. Mais alors pourquoi les autorités n’ont-elles pas su mieux se préparer ? s’interrogent aujourd’hui de nombreux internautes. D’autant que, ajoute le journal, la semaine précédente, “elles avaient tout mis en œuvre pour protéger la ville contre le supertyphon Saola”.

      En attendant de répondre à ces questions, les autorités ont présenté un premier bilan au cours d’une conférence de presse : deux hommes sont morts (leurs corps ont été repêchés dans le Victoria Harbour), une centaine de personnes ont été hospitalisées, 15 abris temporaires ont été ouverts, et 325 personnes s’y sont réfugiées.

      Hong Kong n’a pas été la seule ville touchée. Shenzhen et ses 12 millions d’habitants ont également été surpris par ces pluies diluviennes. “Son bureau météorologique a déclaré qu’à 10 h 30 vendredi une station de surveillance du district de Luohu avait enregistré un record de 526,3 millimètres de précipitations au cours des vingt-quatre heures précédentes”, rapporte le South China Morning Post.

      Courrier international

  • Enorme « bug » en vue pour les transferts de données entre l’Europe et les Etats-Unis - Le Soir
    https://www.lesoir.be/524700/article/2023-07-10/enorme-bug-en-vue-pour-les-transferts-de-donnees-entre-leurope-et-les-etats-u

    Enorme « bug » en vue pour les transferts de données entre l’Europe et les Etats-Unis
    Pour la 3e fois, la Commission européenne dépose un accord censé valider les transferts de données UE-USA, toujours illégaux en vertu du RGPD. Pour la 3e fois, l’avocat autrichien Max Schrems va le dénoncer devant la Cour de Justice. Et le risque d’annulation est immense. Embourbant des milliers d’entreprises dans un immense flou juridique.

    https://justpaste.it/bb613

  • Sans #justice pour les Palestiniens, Israël ne sera jamais entièrement légitime - Le Soir
    https://www.lesoir.be/524582/article/2023-07-10/sans-justice-pour-les-palestiniens-israel-ne-sera-jamais-entierement-legitime

    Plutôt que de recourir aux accusations outrancières, ses auteurs seraient plus inspirés de se pencher sur les causes réelles de l’impopularité croissante d’Israël, à savoir le maintien des Palestiniens sous un régime colonial d’apartheid

    -- Permalien

    #palestine

  • Financement des colonies israéliennes : une enquête contre Dexia en Belgique
    Info « Le Soir » - Journaliste au service Monde –Par Pauline Hofmann
    Publié le 27/03/2023
    https://www.lesoir.be/503734/article/2023-03-27/financement-des-colonies-israeliennes-une-enquete-contre-dexia-en-belgique

    L’argent est le nerf de la guerre. Y compris pour les colonies israéliennes installées illégalement en Cisjordanie. La justice belge enquête sur les activités d’une banque belge dans les implantations israéliennes. Une plainte pour crimes de guerre et blanchiment a été déposée en février 2017 contre la holding Dexia S.A. et contre X au nom de cinq Palestiniens. Mais l’enquête, démarrée il y a six ans déjà, piétine.

    Les activités de la filiale israélienne de la banque belge sont connues depuis de nombreuses années, notamment grâce aux informations de l’organisation Who profits the Israeli occupation industry. Le rapporteur spécial de l’ONU pour les droits humains dans les Territoires palestiniens publiait également dès 2012 un rapport à ce propos. « Dexia Israel Bank Limited a son siège social à Tel-Aviv et a régulièrement octroyé des prêts aux Israéliens vivant dans des colonies illégales », indiquait Richard Falk. « L’entreprise a consenti des prêts hypothécaires à un certain nombre de colonies. Grâce à ses contacts avec la loterie israélienne, Dexia Israel a mis à disposition des fonds pour la construction et l’expansion de colonies. »

    (...)
    Une porte-parole de Dexia souligne qu’un ancien dirigeant de la banque a été entendu par des enquêteurs français en 2022. « Dexia collabore pleinement à l’enquête », continue-t-elle. La banque « a toujours été très suivie par des ONG mais n’a jusqu’à aujourd’hui jamais été inquiétée ».

    Selon les avocates, les plaignants palestiniens souhaitent obtenir réparation, mais surtout récupérer leurs terres perdues dans le processus de colonisation.

    La plainte concerne particulièrement la colonie de Beitar Illit, aux abords de Bethléem. Selon des documents publics, Dexia y a octroyé un prêt d’un million de shekels en 2009, soit 214.000 euros. Les cinq plaignants, dont un de nationalité belge, sont originaires des villages palestiniens voisins de Wadi Fukin et Husan.
    La Belgique déconseille le commerce avec les colonies

    Les colonies israéliennes, installées sur le territoire de la Cisjordanie occupée depuis 1967, sont « une violation flagrante du droit international », comme l’indique la résolution 2334 des Nations unies, ce que conteste le gouvernement israélien. Depuis 2014, au moins 17 pays de l’Union européenne (dont la Belgique) déconseillent ainsi à leurs entreprises de commercer avec les sociétés israéliennes installées dans les territoires occupés. En 2021, un rapport intitulé Don’t buy into occupation pointait du doigt BNP Paribas, la KBC, Argenta, ING ou encore Solvay pour leur implication dans les colonies.

    #Dexia #colonisation_de_peuplement

  • Art de la provocation : Zelensky participera au prochain sommet de l’Otan en juillet https://www.lesoir.be/508723/article/2023-04-21/zelensky-participera-au-prochain-sommet-de-lotan-en-juillet

    Le président ukrainien Volodymyr Zelensky participera au prochain sommet des chefs d’État et de gouvernement de l’Otan prévu en juillet en Lituanie, a annoncé vendredi le secrétaire général de l’Alliance atlantique, Jens Stoltenberg.

    « Je l’ai invité à cette réunion et je suis content qu’il ait accepté l’invitation », a-t-il affirmé à son arrivée à une réunion du groupe de contact Défense pour l’Ukraine en format dit « Ramstein », chargé de coordonner, sous la direction des États-Unis, la fourniture d’aide militaire à Kiev pour l’aider à combattre l’invasion russe.

    Le sommet de l’Otan est prévu le 11 et 12 juillet à Vilnius, la capitale lituanienne.

  • [Panik sur la ville] Reportage à la ferme urbaine, partie 1 - Pipi, caca, de l’or encombrant ?
    https://www.radiopanik.org/emissions/panik-sur-la-ville/pipi-caca-de-lor-encombrant/#15572

    Reportage à la ferme urbaine, partie 1

    Avec :

    Chloé Deligne, historienne, formée en géographie et en gestion de l’environnement, chercheuse qualifiée au FNRS et enseignante à l’ULB ; Poo-pee-do, asbl qui milite pour la revalorisation de notre or brun (et jaune) pour un effet vertueux ; La Ferme urbaine du Début des haricots asbl - 1120 NOH (Re)Sources : https://journals.openedition.org/brussels/pdf/1224 https://journals.openedition.org/rac/11042?lang=fr#text https://www.lesoir.be/300032/article/2020-05-11/lurine-une-ressource-en-or https://lagedefaire-lejournal.fr/la-merde-une-question-politique https://www.philomag.com/articles/les-egouts-intestin-et-conscience-de-la-ville?amp https://usbeketrica.com/fr/article/la-seconde-vie-des-excrements Programmation musicale : Good good (...)

    https://www.radiopanik.org/media/sounds/panik-sur-la-ville/pipi-caca-de-lor-encombrant_15572__0.mp3

  • [Panik sur la ville] Reportage à la ferme urbaine, partie 2 - Pipi, caca, de l’or encombrant ?
    https://www.radiopanik.org/emissions/panik-sur-la-ville/pipi-caca-de-lor-encombrant/#15573

    Reportage à la ferme urbaine, partie 2

    Avec :

    Chloé Deligne, historienne, formée en géographie et en gestion de l’environnement, chercheuse qualifiée au FNRS et enseignante à l’ULB ; Poo-pee-do, asbl qui milite pour la revalorisation de notre or brun (et jaune) pour un effet vertueux ; La Ferme urbaine du Début des haricots asbl - 1120 NOH (Re)Sources : https://journals.openedition.org/brussels/pdf/1224 https://journals.openedition.org/rac/11042?lang=fr#text https://www.lesoir.be/300032/article/2020-05-11/lurine-une-ressource-en-or https://lagedefaire-lejournal.fr/la-merde-une-question-politique https://www.philomag.com/articles/les-egouts-intestin-et-conscience-de-la-ville?amp https://usbeketrica.com/fr/article/la-seconde-vie-des-excrements Programmation musicale : Good good (...)

    https://www.radiopanik.org/media/sounds/panik-sur-la-ville/pipi-caca-de-lor-encombrant_15573__0.mp3

  • Six ONG accusent la Belgique d’exporter des pesticides toxiques hors d’Europe - Le Soir
    https://www.lesoir.be/495236/article/2023-02-15/six-ong-accusent-la-belgique-dexporter-des-pesticides-toxiques-hors-deurope

    Selon ces ONG, le commerce et l’usage des pesticides sont en augmentation au niveau mondial. Entre 1990 et 2020, les ventes de pesticides ont ainsi grimpé de 60 %, malgré les études scientifiques avertissant sur leurs effets néfastes pour la santé des agriculteurs, l’environnement et la biodiversité, soulignent SOS Faim, Broederlijk Delen, FIAN, Iles de paix, Viva Salud et Entraide et Fraternité.

    Parmi les #pesticides sur le marché, 207 substances sont interdites ou fortement réglementées à l’usage dans l’Union européenne sur base de propriétés chimiques problématiques. Pourtant, l’UE continue de les produire et de les exporter.

    Entre 2013 et 2020, la #Belgique aurait exporté 16 substances actives à usage agricole interdites au sein de l’#UE pour un total de près de 50.000 tonnes vers plus de 70 pays tiers, affirment les six ONG. Ces substances transiteraient notamment par le port d’Anvers.

  • Viral spillover risk increases with climate change in High Arctic lake sediments | Proceedings of the Royal Society B : Biological Sciences
    https://royalsocietypublishing.org/doi/10.1098/rspb.2022.1073

    Réchauffement climatique : la fonte des glaces pourrait provoquer un « débordement viral » depuis l’Arctique - Le Soir
    https://www.lesoir.be/472065/article/2022-10-19/rechauffement-climatique-la-fonte-des-glaces-pourrait-provoquer-un-debordemen

    L’équipe a […] cherché à savoir dans quelle mesure les virus étaient susceptibles de changer d’hôte, en examinant l’équivalent de leurs arbres généalogiques respectifs.

    « Nous avons cherché à mesurer à quel point ces arbres (généalogiques) étaient similaires », a expliqué Audrée Lemieux, de l’Université de Montréal, première autrice de l’étude. Des généalogies similaires suggèrent que le virus a évolué avec son hôte, alors que des différences indiquent qu’il a pu changer d’hôte. Et s’il l’a fait au moins une fois, il est susceptible de recommencer.

    #climat #pandémie #virus

  • Etude criminalisation solidarité

    L’étude cartographie les nouvelles tendances de de criminalisation de la solidarité et élabore des recommandations à l’égard de l’Union européenne et des États membres. L’étude révèle également de nombreux cas de criminalisation partout en Europe, dont certains en Belgique : entre janvier 2021 et mars 2022, pas moins de 89 personnes ont été criminalisées pour avoir aidé des exilé.es en Europe. Dans la grande majorité des cas (88%), ces défenseur.es des droits humains, souvent migrant.es eux-mêmes, ont été accusé.es de faciliter l’entrée, le transit et le séjour irrégulier, ou encore le trafic d’êtres humains.

    https://issuu.com/saskiabricmont/docs/etude_criminalisation_solidarit_-_r_sum_analytiq

    #criminalisation #solidarité #criminalisation_de_la_solidarité #délit_de_solidarité #rapport #asile #migrations #réfugiés

    ping @isskein @karine4

    • Non à la criminalisation de la solidarité avec les exilé.es en Europe

      Agir en solidarité avec les exilé.es dans l’Union européenne se révèle de plus en plus difficile depuis plusieurs années. Des études ont montré qu’entre 2015 et 2019 au moins 171 personnes ont été criminalisées pour des actes de solidarité envers les personnes migrantesdans 13 États membres de l’UE. Et cela ne s’arrête pas là.

      La nouvelle étude commandée par le groupe des Verts/ALE au Parlement européen tire la sonnette d’alarme. Réalisée par Martha Gionco et Jyothi Kanics de l’organsiation PICUM (Plateforme pour la coopération internationale pour les migrants sans-papiers), cette étude de cas cartographie les nouvelles tendances de ce phénomène de criminalisation de la solidarité et élabore des recommandations à l’égard de l’UE et de ses États membres. Mercredi dernier, j’organisais avec ma collègue irlandaise Grace O’Sullivan une conférence pour présenter l’étude en présence de différents acteur.ices de la société civile et activistes.

      Les cas de criminalisation en hausse, bien que leur nombre reste sous-estimé…

      L’étude révèle qu’entre janvier 2021 et mars 2022, pas moins de 89 personnes ont été criminalisées pour avoir aidé des personnes migrantes. Ces personnes ont fourni de la nourriture, un abri, une assistance médicale ou des moyens de transport à des personnes qui ont dû fuir leur pays d’origine. Elles ont également apporté un soutien dans le cadre du dépôt des demandes d’asile.
      Ces chiffres ne dressent probablement qu’une image très incomplète du nombre réel de personnes qui sont criminalisées au sein de l’UE pour avoir fait preuve de solidarité envers les migrant.es et personnes déplacées. De nombreux cas n’ont probablement pas été recensés par l’étude.

      Notre étude a révélé que la majorité des cas de criminalisation de la solidarité sont susceptibles de ne pas être signalés en raison de :

      la crainte que l’attention médiatique ne compromette encore plus les relations avec les autorités et ne limite l’accès aux zones frontalières ou aux centres d’accueil ;
      la volonté de préserver le droit à la vie privée des bénévoles et de ne pas mettre les bénévoles et leurs familles en danger ;
      la prudence de certain.es défenseur.ess des droits humains qui préfèrent ne pas s’exprimer sur des procès en cours.

      Dans la grande majorité des cas (88%), les défenseur.es des droits humains ont été accusé.es de faciliter l’entrée, le transit et le séjour irrégulier, ou encore le trafic de personnes migrant.es.

      Une criminalisation encore plus lourdes pour les défenseur.es des droits humains étant eux-même des exilé.es

      Par ailleurs, l’étude alerte sur le fait que la criminalisation des défenseur.es des droits humains qui sont eux-mêmes des exilé.es est encore moins signalée. Lorsqu’elles sont criminalisées, ces personnes se trouvent dans une situation particulièrement vulnérable, car elles risquent l’expulsion, le refoulement, la détention arbitraire et la perte de statut. Nombre d’entre elles subissent de lourdes conséquences financières, sociales et économiques.

      En Belgique, ce fut le cas de Walid, l’un des 4 individus membres de la Plateforme Citoyenne de Soutien aux Réfugiés accusés dans un procès débuté en 2017, pour avoir fourni de l’aide et un logement à des migrant.es et demandeur.ses d’asile. Pour ces actes de solidarités, ils et elles encouraient jusqu’à 10 ans de prison pour trafic d’être humains. Leur acquittement fut finalement confirmé après 4 longues années de procédure, mais durant cette période Walid - qui était le seul des accusé.es à ne pas être citoyen européen - fut particulièrement criminalisé. Bien qu’il vive en Belgique avec un statut de résident régulier depuis 2001, il a été considéré comme présentant un risque de fuite et a été placé en détention provisoire pendant 8 mois. Durant cette détention, il fut expulsé de sa maison et a perdu toutes ses affaires personnelles, y compris ses photos de famille, jetées dans la rue. Comme le rappelle son témoignage dans l’étude, ce traitement et cette période d’isolation ont eu un impact dévastateur et durable sur sa vie, sur sa santé et son bien-être.

      L’Union européenne doit agir contre la répression de la solidarité et pour une politique migratoire humaine

      La criminalisation de la solidarité, et celle qui s’abat plus férocement sur défenseur.es des droits humains qui sont eux-mêmes des exilé.es, sont inacceptables pour les Verts/ALE. L’UE doit prendre des mesures immédiates pour lutter contre la répression de la solidarité et empêcher la criminalisation de l’aide humanitaire. Pour ce faire, les Verts/ALE plaident notamment pour l’élaboration d’un cadre commun aux Etats membres afin de renforcer la protection de la solidarité dans la législation.

      Comme je l’expliquais dans Le Soir, les Etats membres ont aujourd’hui une grande marge de manœuvre en la matière pour interpréter le droit européen, ce qui leur permet de mettre en place des législations qui ont tendance à criminaliser plutôt qu’à reconnaître la solidarité envers les migrants. Un cadre commun clair limiterait ces interprétations criminalisantes.

      L’UE devrait aussi faire beaucoup plus pour protéger les défenseur.es des droits humains, notamment en finançant de manière adéquate l’aide humanitaire. Il est également indispensable d’améliorer la veille en matière de droits humains pour demander des comptes aux Etats responsables de violations dans le cadre de procédures de criminalisation. Je réclame ainsi la création d’un organisme indépendant pour contrôler ces situations.

      De manière plus globale, il est urgent de développer une politique migratoire européenne basée sur l’accueil et la solidarité passant notamment par la mise en place de voies légales et sûres d’accès au continent européen.

      https://www.youtube.com/watch?v=nlwD-l6VRUE&feature=emb_logo

      https://saskiabricmont.eu/priorites/141-non-a-la-criminalisation-de-la-solidarite-avec-les-exilees-en-eur