• Abirsabir. La sfida al regime delle frontiere

    Nagi Cheikh Ahmed, giornalista mauritano emigrato in Italia dal 2016, e Gustavo Alfredo García Figueroa, sociologo venezuelano emigrato in Italia dal 2018, in quanto soggetti migranti e razzializzati, hanno viaggiato lungo la frontiera alpina tra l’Italia e la Francia per condurre una ricerca collaborativa tra l’Università degli Studi di Padova e Radio Melting Pot chiamata “nuovi immaginari politici e solidarietà antirazzista” (1).

    La ricerca evidenzia sia i processi di razzializzazione delle persone in transito su questo confine, e sia le esperienze di solidarietà che nascono tra i soggetti razzializzati e con le altre persone con background migratorio che operano sulla frontiera. Lo scopo è quello di rendere visibile il loro protagonismo che contrasta la violenza strutturale delle frontiere e delle politiche migratorie dell’UE con pratiche di solidarietà, resistenza e sfida in questo spazio complesso, poroso, senz’altro ostile con le persone del sud globale.

    Un podcast in cui gli autori parlano della politica migratoria dell’Unione europea basata sul razzismo strutturale, l’esternalizzazione dei confini e il loro controllo, ma allo stesso tempo andando oltre a tutto ciò; in cui si raccontano le esperienze di solidarietà e resistenza di giovani nordafricani che provano, anche al prezzo di mettere a rischio la vita, a sfidare l’esistenza dei confini.

    (1) La collaborazione di ricerca nasce all’interno del progetto di interesse nazionale PRIN-MOBS che indaga la produzione di nuovi immaginari politici attraverso le pratiche della solidarietà antirazzista con i migranti. La Responsabile Scientifica dell’unità locale è la prof.ssa Annalisa Frisina, Associata di Sociologia presso il Dip. FISPPA dell’Università di Padova

    https://www.meltingpot.org/2023/06/abirsabir-la-sfida-al-regime-delle-frontiere/#

    #Abirsabir (à partir de la min 2’38) :

    «Parola in arabo che esprime l’idea di una persona che viaggia con l’intenzione di non residere in un luogo fisso ma di attraversare un altro paese transitando in un paese o diversi paesi in cui non ha nessun legame concreto. E per fare questo viaggio praticamente non ha nulla addosso, niente da portare, niente da usare per il suo percorso. Abisabir, il #passante, si caratterizza per essere una persona leggera, con poco carico, veloce, silenzioso, che cammina molto e dorme poco.»

    –-> ajouté à la métaliste sur les #mots de la migration :
    https://seenthis.net/messages/414225
    #vocabulaire #terminologie #passant

    #podcast #audio #frontières #migrations #réfugiés #asile #frontière_sud-alpine #France #Italie #racialisation #solidarité #violence_structurelle #résistance #Hautes-Alpes #Val_de_Suse #obstacles #rêve #parcours_migratoire #itinéraire_migratoire #danger #route_des_Balkans #Balkans #espoir #maraudeurs #maraudes

    • L’informazione di Blackout. La voce di chi passa il confine alpino tra Italia e Francia

      Una ricerca collaborativa tra l’Università degli Studi di Padova e Radio Melting Pot ha portato #Nagi_Cheikh_Ahmed, giornalista mauritano in Italia dal 2016, e Gustavo Alfredo Garcìa Figueroa, sociologo venezuelano emigrato in Italia nel 2018, ad attraversare la frontiera posta sullo spartiaque alpino tra Italia e Francia per raccogliere le testimonianze di chi è costretto a passare illegamente questo confine.

      “La ricerca evidenzia sia i processi di razzializzazione delle persone in transito su questo confine, e sia le esperienze di solidarietà che nascono tra i soggetti razzializzati e con le altre persone con background migratorio che operano sulla frontiera. Lo scopo è quello di rendere visibile il loro protagonismo che contrasta la violenza strutturale delle frontiere e delle politiche migratorie dell’UE con pratiche di solidarietà, resistenza e sfida in questo spazio complesso, poroso, senz’altro ostile con le persone del sud globale.”

      Questa è la descrizione che si può trovare sul sito di Melting Pot Europa, dove è stato pubblicato il primo frutto della ricerca: il podcast Abir Sabir. La sfida al regime delle frontiere.

      Ne abbiamo parlato con uno degli autori, Nagi Cheikh Ahmed.

      https://radioblackout.org/2023/07/la-voce-di-chi-passa-il-confine-alpino-tra-italia-e-francia

  • Frontiera del Monginevro, nasce un nuovo rifugio autogestito a #Cesana_Torinese !

    Ieri, 21 Giugno 2022, giorno di ingresso in estate, è nato un nuovo #rifugio_autogestito lungo la frontiera del Monginevro tra Italia e Francia!

    Dopo le numerose occupazioni che hanno attraversato l’alta Val Susa negli ultimi anni, e a quasi un anno dall’ultimo sgombero della Casa Cantoniera di Claviere, le compagnx noborder sono rimastx su quei territori, su quella frontiera assassina e razzista.

    Una casa abbandonata a Cesana, lungo la direttrice di passaggio delle persone in movimento, oggi torna ad essere vissuta come luogo di autorganizzazione e solidarietà nella lotta alle frontiere, riappropriandosi e costruendo spazi liberi ed inclusivi. Un luogo distante e slegato dalle dinamiche assistenzialiste e spesso razziste proprie delle istituzioni.

    Di questa nuova esperienza ne parliamo con delle compagne che ci raccontano l’inizio dell’occupazione e invitano tuttx ad andare a Cesana a conoscere il nuovo rifugio e ad alimentare la lotta noborder.

    https://radioblackout.org/2022/06/frontiera-del-monginevro-nasce-un-nuovo-rifugio-autogestito-a-cesana-
    #frontières #asile #migrations #réfugiés #Alpes #Montgenèvre #Briançon #Briançonnais #montagne #frontière_sud-alpine #Hautes-Alpes #Val_de_Suse #Cesana #refuge #refuge_auto-géré #Italie #France #occupation #squat
    –—

    ajouté à cette métaliste :
    https://seenthis.net/messages/733721

    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message966839

    • Un nuveau réfuge autogeré est né !

      Presqu’un an après la dernière expulsion de la Casa Cantoniera de Clavière, nous sommes resté.exs ici, dans cette vallée, sur cette frontière sanglante et raciste, près des personnes qui, chaque jour, la défient et la surmontent, bien qu’elles soient forcées de le faire “illégalement” : contrôlées, rejetées et violentées par l’État et ses forces armées.
      Dans cette même vallée où, des milliers de “migrant.ex” avec de bons papiers, appelé.ex touristes, transitent sans être dérangé.ex. Dans la même vallée où, seulement en janvier de cette année, la frontière a tué deux personnes, Fatallah Belhafif et Ullah Rezwan.

      A partir d’aujourd’hui, nous revenons nous organiser dans un lieu abandonné depuis des décennies, qui n’appartient plus à personne mais qui revit grâce à celleux qui l’habitent, le construisent et l’autogèrent, en opposition à un et tous les états et lois qui veulent voir disparaitre toute forme d’autonomie collective et individuelle.

      Nous avons continué et continuerons à nous battre en nous réappropriant et en construisant des espaces libres et inclusifs. Des lieux loins des dynamiques violentes, racistes et infantilisantes des institutions, qui se manifestent à la frontière franco-italienne des Alpes occidentales, au refuge Massi à Oulx, à la Croix-Rouge (qui participe aux refoulements en collaboration avec la police) et dans les appareils de contrôle et de répression italiens et français.

      Nous sommes resté.exs ici, en nous organisant sur cette frontière, non pas pour faire du travail humanitaire et de l’aide sociale POUR les “migrant.exs”, mais par choix politique, pour rester debout et lutter AVEC les personnes qui transitent par ces vallées.

      Aujourd’hui, de manière plus flagrante que jamais, nous assistons à une rationalisation de l’accueil et de la “solidarité”. Depuis le début de la guerre, des associations, des particuliers, des municipalités, des États, des médias grand public ont concentré des actions, du temps, des fonds pour les réfugié.exs ucrainien.nexs. Nous nous demandons donc si cette solidarité existe parce que les personnes en question sont blanches ? Ou parce qu’elles sont chrétiennes ?
      Nous luttons avec toutes victimes de la guerre et de l’impérialisme.

      Il est évident que lutter contre des oppressions n’empêche pas d’en reproduire.
      Nous gardons en tête les violences survenues durant les autres occupations et voulons vivre dans un espace qui cherchera à déconstruire et à gérer la violence.

      Ce nouveau refuge n’est pas né sur une terre stérile, mais dans le Val de Suze qui résiste depuis des décennies par la lutte contre le projet honteux du TAV et son monde. Un monde d’industrie et de destruction du vivant, ce monde qui, toujours plus, pousse les personnes à l’exil.

      Nous vous invitons à rejoindre la lutte.
      Dans tout le territoire, la frontière laisse ses traces ; dans tous les territoires, nous devons la combattre.
      Brulons les frontières.


      https://www.passamontagna.info/?p=4008&lang=fr

  • Oulx, sgomberata la #Casa_cantoniera occupata dagli anarchici italiani e francesi

    Lo scorso gennaio un migrante era stato ferito con un’arma da taglio dopo una lite con un altro poi fuggito

    OULX. È in corso dalle prime ore di questa mattina lo sgombero della Casa cantoniera alle porte di Oulx, in #Valle_di_Susa, sulla statale 24, occupata da anarchici francesi e italiani nel dicembre 2018. Digos, carabinieri e vigili del fuoco stanno cercando di abbattere una delle barriere.

    L’occupazione dell’edificio, dopo lo sgombero del seminterrato della parrocchia di Claviere, si inseriva nella contestazione della galassia anarchica contro le frontiere e le politiche immigratorie. La prima tappa era stata un’assemblea a San Didero nel dicembre 2018, dove anarchici e antagonisti della rete «#Briser_les_frontières» avevano annunciato forme di sostegno ai migranti che affrontano il Colle della Scala per raggiungere la Francia. All’inizio c’erano state iniziative di raccolte di indumenti e di contributi alimentari ed economici. Poi era arrivata la propaganda politica e di protesta contro il sistema di accoglienza organizzato dalle amministrazioni locali: una saletta nella stazione ferroviaria di Oulx, i presidi umanitari della Croce Rossa di Susa e delle associazioni di volontariato.

    https://www.lastampa.it/torino/2021/03/23/news/oulx-sgomberata-la-casa-cantoniera-occupata-dagli-anarchici-italiani-e-fran

    #Oulx #chez_Jésoulx #asile #migrations #réfugiés #Italie #Briançonnais #Val_Susa #frontières #destruction #démantèlement #frontière_sud-alpine

    ping @isskein @karine4

    • Migranti, sgombero al presidio in #Val_di_Susa. “Persone fragili finiranno in strada”

      Le forze dell’ordine hanno mandato via gli occupanti dell’ex casa cantoniera diventata un rifugio per i transitanti sulla rotta alpina. Franchi (Rainbow for Africa): “Nostri operatori al lavoro per organizzare assistenza, non ci sono alternative”

      https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/migranti_sgombero_al_presidio_di_oulx_rischio_persone_fragili_finis

    • Sgomberato Chez JesOulx

      Brutto risveglio questa mattina alla ex casa cantoniera di Oulx, divenuta, dopo l’occupazione del dicembre 2018, un rifugio autogestito per la gente in viaggio.
      All’alba polizia in antosommossa, digos, vigili del fuoco e Croce Rossa hanno circondato il rifugio.
      Le barricate antisgombero hanno retto per un’ora e mezza. Poi, grazie all’intervento dei vigili del fuoco, le forze dell’ordine sono riuscite ad entrare nella casa, dove dormivano una quarantina di uomini, donne e bambini.
      I solidali sono stati circondati ed isolati all’esterno della casa, la gente in viaggio è stata accompagnata alla tenda della Croce Rossa per un controllo sanitario. Successivamente i migranti sono stati spostati nella struttura dei salesiani di Oulx e in un istituto di suore a Susa.
      Le persone senza documenti sono state portate al commissariato di Bardonecchia.
      I solidali accorsi nel frattempo sono stati tenuti lontani.

      In questo stesso giorno comincia il processo per l’occupazione del primo rifugio autogestito, il sottochiesa occupato di Claviere.

      Questo sgombero è un ulteriore tassello nel processo di criminalizzazione della solidarietà attiva ai migranti. Sappiamo bene che la gente in viaggio continuerà a cercare di bucare la frontiera. Da oggi, senza sostegno, informazioni, scarpe adatte, la lista, già pesante delle vite inghiottite dalla frontiera si allungherà ancora.

      Ne abbiamo parlato con due solidali, Nina e Monica

      https://radioblackout.org/2021/03/sgomberato-chez-jesoulx

    • #Taimur_Shinwari, 07.08.2015

      IN MEMORIA DI TAIMUR SHINWARI

      Martedì 11 Agosto alla sera a Gorizia nel parco della Rimembranza si è tenuta una veglia di preghiera per Taimur Shinwari, un ragazzo pakistano di 25 anni.

      Venerdì scorso è morto tragicamente nelle acque dell’#Isonzo goriziano.

      Taimur aveva percorso un lungo tragitto da migrante per tutto il Medio Oriente e i Balcani come tanti suoi connazionali e coetanei, ma purtroppo è affogato in modo banale nel fiume di #Gorizia.

      Per ricordarlo e per raccogliere fondi, affinché il suo corpo possa ritornare a casa dalla sua famiglia, il movimento dei Focolarini ha organizzato una liturgia assieme agli altri rifugiati alternando preghiere musulmane a quelle cristiane. Oltre ai cittadini italiani vi era un numeroso gruppo di ragazzi richiedenti asilo di Gorizia che hanno mostrato molta solidarietà per il compagno morto.

      Tante erano le candele accese per Taimur e tanti sono stati i ringraziamenti da parte dei suoi compagni per il rispetto dimostrato durante la loro funzione. I Giovani per la Pace hanno partecipato a questo momento di raccoglimento.

      11866403_873446389392305_4084821147627854243_n
      http://www.giovaniperlapace.it/2015/08/13/per-taimur-shinwari

      –-> mort de « non-accueil », comme exprimé par la personne qui m’a signalé sa mort par mail.

    • #Zarzai_Mirwais, juillet 2016
      La morte di Zarzai Mirwais, oggi il lavaggio del corpo

      GRADISCA. Si avvicina il momento del rimpatrio in Afghanistan della salma di Zarzai Mirwais, il 35enne afghano ospite del #Cara annegato nell’#Isonzo, sul versante della sponda sagradina del fiume. Le procedure burocratiche, seguite dalla Prefettura e da un’associazione triestina di mediazione culturale che hanno mantenuto i contatti con l’ambasciata afghana a Roma, sono state quasi del tutto ultimate. I costi, ingenti, per il rimpatrio del corpo del povero Mirwais saranno sostenuti interamente dagli amici dell’uomo. Questa mattina, intanto, in una camera mortuaria del nosocomio di Monfalcone verrà celebrato, secondo il costume islamico, il rito del lavaggio del corpo. A celebrarlo, alle 10, sarà un imam proveniente dalla Germania e messo a disposizione dai parenti di Zarzai Mirwais, che già nelle ore immediatamente successive alla tragedia avevano raggiunto Gradisca. Al rito, che per la sua intimità si svolgerà comprensibilmente a porte chiuse, parteciperanno gli ospiti del Cara che più avevano legato con l’afghano, che in patria ha lasciato due figli e una consorte. Molti altri richiedenti asilo del centro gradiscano hanno manifestato l’intenzione di essere presenti in questo momento di dolore per la non piccola comunità del Cara, che conta attualmente circa 400 ospiti. La celebrazione del rito del lavaggio della salma sblocca, fra l’altro, anche lo svolgimento della veglia di preghiera interreligiosa che la Caritas diocesana, l’amministrazione comunale della Fortezza, la parrocchia di Gradisca e tante altre associazioni di volontariato avevano pensato per onorare la memoria di Zarzai. La tradizione islamica prevede infatti che non possa essere svolta una preghiera funebre prima che sia stato ultimato il simbolico rito del lavaggio del corpo del defunto. La veglia interconfessionale sarà organizzata con tutta probabilità domani sera alle 20 negli spazi esterni della parrocchia di San Valeriano, nella cittadina della Fortezza.

      https://necrologie.ilpiccolo.gelocal.it/news/34814

    • #Sajid_Hussain, 14.06.2019
      COMUNICATO PER LA MORTE DI SAJID HUSSAIN

      Sajid Hussain aveva 30 anni ed era originario del Parachinar, in Pakistan. Era arrivato in Europa qualche anno fa. Dalla Germania, dove aveva chiesto l’asilo politico e aveva vissuto alcuni anni, si era poi spostato in Italia, come molti suoi connazionali: tuttavia la sua richiesta d’asilo in Italia si era arenata in quanto il Paese di competenza – secondo il regolamento di Dublino II (2003/343/CE) – era la Germania, dove però le persone originarie del Parachinar difficilmente ricevono la protezione, al contrario di quanto avviene nel resto dell’Unione europea. In Italia, era entrato nel sistema di accoglienza a Staranzano (GO): era stato seguito dal Centro di Salute Mentale di Monfalcone. A seguito del cosiddetto Decreto Sicurezza e del conseguente smantellamento del sistema SPRAR di accoglienza diffusa, era stato trasferito, insieme ai suoi compagni, nel CARA di Gradisca d’Isonzo, gestito dalla cooperativa Minerva.

      Otto mesi fa, aveva chiesto di avviare la procedura per il cosiddetto rimpatrio volontario assistito, gestito dall’agenzia dell’ONU per le migrazioni (IOM/OIM): il rimpatrio volontario è una misura di controllo e contrasto all’immigrazione, attraverso la quale uno Stato (o un’organizzazione internazionale) danno un sostegno economico alle persone che decidono di rientrare nel loro Paese di provenienza. Il processo di rimpatrio assistito di Sajid Hussain era bloccato per mancanza di fondi, come è stato per mesi per tutti quelli gestiti da IOM/OIM. Sajid chiedeva insistentemente di essere rimpatriato o rimandato in Germania: per dimostrare questo suo desiderio, circa quattro mesi fa aveva stracciato i suoi documenti.

      Sajid si è annegato nell’Isonzo a Gorizia il 14 giugno, dopo essere stato in Questura a chiedere se si fosse sbloccata la sua procedura di rimpatrio.

      La vita di Sajid Hussain interseca in più punti l’insostenibilità del governo europeo delle migrazioni: un sistema che l’ha costretto a un ingresso pericoloso e illegale; che l’ha inserito in un database di sorveglianza (Eurodac); che gli ha vietato di scegliere il Paese dove vivere e l’ha costretto a tentare la procedura di asilo in Italia; che l’ha sottoposto a un processo per la richiesta d’asilo lungo e precarizzante; che lo ha costretto a vivere in una struttura affollata e non adatta alla vita delle persone; che non l’ha tutelato per i suoi problemi psichici; che non gli ha permesso di scegliere di tornare indietro, ingabbiandolo in una strada senza uscita. Il suicidio di Sajid è anche una conseguenza diretta di questo sistema: è la scelta di una persona senza possibilità di scelta; è la scelta di una persona che, come tante altre, viveva le condizioni materiali di invisibilità e disumanizzazione alle quali è sottoposta/o chi entra in Europa illegalmente. Il suicidio di Sajid è una morte di Stato.

      Se il Decreto sicurezza, con lo smantellamento del sistema SPRAR e l’eliminazione della protezione umanitaria, ha reso la vita in Italia dei/lle richiedenti asilo ancora più dura, è anche vero che in Italia l’immigrazione è sempre stata gestita come un fenomeno da controllare, incanalare e reprimere, secondo le necessità del mercato del lavoro. In questo razzismo istituzionale, che fonda lo Stato italiano come è oggi, sta l’origine dello sfruttamento delle migrazioni e dell’accettabilità dell’idea stessa che le persone richiedenti asilo possano essere ammassate in una struttura come il CARA di Gradisca, isolate, infantilizzate e costrette a un’attesa lunga mesi. A fianco a quel luogo, il CARA, dovrebbe essere presto aperta una prigione per persone irregolari: il Centro Permanente per il Rimpatrio (CPR), voluto dal Decreto Minniti-Orlando. L’apertura del CPR – di fatto un lager per le persone rinchiuse – porterebbe anche a un aumento del controllo poliziesco sulle vite delle persone che vivono nel CARA, oltre a essere per loro una minaccia visibile di espulsione e rimpatrio.

      Il suicidio di Sajid, morto di Stato, segue (almeno) altri quattro suicidi che sono avvenuti negli ultimi due anni tra i richiedenti asilo in Friuli-Venezia Giulia. Questa invisibilità che si fa visibile per un giorno come notizia di cronaca nera è un richiamo potente all’evidenza della brutalità del sistema delle frontiere, che crea una gerarchia mortale tra gli abitanti del mondo. La lotta per la distruzione di tutti i confini è una lotta per la libertà di tutt*.

      https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2019/06/20/comunicato-per-la-morte-di-sajid-hussain

      –--------

      Storia di Sajid, che voleva ritornare a casa

      Si chiamava Sajid Hussain il migrante pakistano annegato nel fiume Isonzo, a Gorizia, lo scorso 14 giugno. Sajid aveva trent’anni, proveniva dalla regione del Parachinar, dove aveva tre figli piccoli. Era in Europa da tre anni, prima in Germania e poi in Italia, da poco meno di un anno e mezzo. Nel nostro paese la sua richiesta di protezione si era però arenata a causa del trattato di Dublino. Lo stato competente, che per primo aveva identificato e ricevuto la domanda d’asilo di Sajid, era infatti la Germania.

      Sajid era ospitato da qualche tempo nel Centro d’accoglienza per richiedenti asilo di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, in seguito alla chiusura dei progetti di accoglienza diffusa dello Sprar, per effetto del decreto Salvini. Prima divideva con alcuni connazionali un alloggio nel vicino paese di Staranzano.

      Sajid però non è morto per un incidente, nell’Isonzo si è gettato volontariamente. Aveva deciso di tornare a casa, in Pakistan, o intanto in Germania, per poi partire da lì. Per questo aveva chiesto il rimpatrio, ma anche quella procedura era ferma da otto mesi, bloccata per la mancanza di fondi. Il rimpatrio volontario assistito è gestito dai governi con l’aiuto di organizzazioni internazionali come l’IOM (International Organization for Migration), o da ong come l’italiana Cefa. Il rimpatrio assistito prevede che il migrante riceva una somma, oltre i costi del viaggio, per aiutarlo a reinserirsi nel suo paese d’origine, trovare un lavoro o avviare un’attività. Questa soluzione è meno costosa per lo stato del rimpatrio coatto. L’Italia però ci investe meno di altri paesi europei come Francia e Germania.

      Come Sajid, chiedono il rimpatrio volontario molti migranti che non vedono nessuna prospettiva nel paese in cui si trovano. Per lui, però, il limbo in cui era finito era diventato insostenibile: quattro mesi fa aveva perfino strappato i suoi documenti per protesta. Negli ultimi mesi si era chiuso nel silenzio e chi lo conosceva bene è sicuro soffrisse di depressione. Sajid si è buttato nell’Isonzo dopo un’ultima visita alla questura di Gorizia. Era andato a controllare se la sua situazione si fosse sbloccata.

      Il suicidio di Sajid non è purtroppo un fatto isolato. Solo nelle strutture di accoglienza del Friuli-Venezia Giulia si sono registrati altri quattro casi negli ultimi anni. Sintomo di un sistema che funziona male, con strutture affollate e sempre meno tutele per la salute, anche psicologica, dei migranti.

      Per fare in modo che almeno la salma di Sajid possa tornare in Pakistan, amici e familiari si sono già mobilitati, promuovendo una raccolta fondi su internet.

      http://www.coopforwords.it/works/view/5647

      #Dublin #Staranzano #Cara #Gradisca #retour_volontaire #santé_mentale #suicide

    • juillet 2019:

      juillet 2019:
      Tentative de suicide, selon des informations reçues par mail il s’agit d’un pakistanais:

      All’inizio di luglio, un altro giovane migrante ospite del centro aveva tentato il suicidio, provando a buttarsi nell’Isonzo tra #Gradisca e #Poggio_Terza_Armata, ma era stato bloccato da un passante.

      https://www.dinamopress.it/news/gradisca-la-gestione-dellimmigrazione-uccide

      –------

      Tomasinsig porta il caso del migrante in Prefettura

      Il caso del 30enne pakistano che ha tentato di gettarsi dalla passerella fra Gradisca e Poggio Terza Armata, e che ha rischiato di bissare la tragica fine di un connazionale annegato nell’Isonzo a Gorizia appena 20 giorni prima, sarà portato dal sindaco della Fortezza, Linda Tomasinsig, al Tavolo per l’Accoglienza convocato per oggi in Prefettura a Gorizia.

      I due cittadini pakistani, entrambi ospiti del Cara, sognavano entrambi il rimpatrio. All’incontro parteciperanno anche i vertici di Prefettura e Questura, le forze dell’ordine e le associazioni locali impegnate nel campo dell’immigrazione. «Fra i temi all’ordine del giorno, è ipotizzabile che vi saranno novità sulle tempistiche di apertura del Cpr – spiega Tomasinsig – ma chiederò lumi anche sull’annunciato piano trasferimenti di migranti ad altre regioni, ed illustrerò i contenuti dell’ordinanza anti-bivacchi nelle aree fluviali redatta assieme al collega Vittori di Sagrado».

      https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2019/07/11/news/tomasinsig-porta-il-caso-del-migrante-in-prefettura-1.36965

    • 18.12.2019

      Mercoledì 18 dicembre #Atif, che viveva nel Cara di Gradisca, proprio a fianco del Cpr, è morto annegato nell’Isonzo.

      https://radioblackout.org/2020/01/gradisca-proteste-evasioni-solidarieta

      –---

      Il corpo di Atif se l’è preso l’Isonzo, la sua vita gli è stata rubata da un confine assurdo e da una legge ingiusta

      Mercoledì 18 dicembre Atif è caduto nell’Isonzo. Assieme ad altri ragazzi che come lui sono ospitati nel vicino CARA di Gradisca stava ingannando il tempo sulla riva del fiume.

      Alcuni articoli giornalistici lasciano intendere che la colpa è di un gioco avventato, di una stupida scommessa tra amici.

      Ma prima di lui l’Isonzo si è portato via Taimur nel 2015, e Zarzai nel 2016. Nel giugno di quest’anno Sajid nel fiume ha deciso di far finire la sua vita.

      Tutti loro hanno avuto la sfortuna di nascere in quello che secondo le nostre leggi è il lato “sbagliato” del mondo. Chi vi nasce se vuole cercare fortuna altrove non può, come facciamo noi europei, semplicemente comprare un biglietto d’aereo. Deve affidarsi ai trafficanti, affrontare un viaggio lungo e massacrante, pagare cifre astronomiche, solamente per poter mettere un piede oltre al confine della fortezza Europa.

      Atif vi era riuscito in ottobre, fermato nei pressi della frontiera con la Slovenia, e stava attendendo da allora l’esito della sua richiesta d’asilo.

      Era quindi entrato nel gorgo della legge sull’immigrazione italiana, quella che costringe ad attendere per mesi e mesi e in alcuni casi anni un colloquio con una “commissione” il cui esito sembra più l’estrazione di una lotteria che il frutto di una qualche valutazione.

      Nel frattempo la vita alienante al CARA di Gradisca, distante da tutto e tutti, nessun tipo di attività per far passare le giornate, nemmeno uno straccio di marciapiede per raggiungere il bar più vicino o le sponde dell’Isonzo.

      Quelle sponde dove i ragazzi del CARA vanno a consumare o cucinare il cibo che si comperano, per sfuggire all’immangiabile pasta o riso che all’infinito ripropone il “menu” della mensa della struttura.

      Quelle sponde dove a volte sono inseguiti dai solerti tutori delle forze dell’ordine pronti a comminare multe da 300€ a seguito dell’ordinanza della “democratica” amministrazione di Gradisca che vieta di bivaccarvi. La stessa amministrazione che non ha mai pensato di offrire nessuna alternativa degna per trascorrere il tempo, un posto al coperto dove poter stare assieme, magari leggere qualche libro, prepararsi il the o semplicemente stare in pace in un luogo sicuro.

      Chi ha conosciuto Atif racconta di un ragazzo solare, che seguiva un corso d’italiano organizzato da volontari fuori dal CARA, che voleva aiutare la madre e le quattro sorelle rimaste sole in Pakistan dopo la morte del padre.

      Atif non realizzerà i sui progetti: la sua vita gli è stata rubata da un confine assurdo e da una legge ingiusta.

      https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2019/12/22/il-corpo-di-atif-se-le-preso-lisonzo-la-sua-vita-gli-e-stata

    • 07.03.2016

      #Tarvisio, migrante nigeriano stroncato da un malore

      Dramma in stazione nel tardo pomeriggio di ieri a Boscoverde, dove un giovane immigrato è morto, pare per cause del tutto naturali. È stato probabilmente, infatti, un infarto a stroncare la giovane esistenza di un cittadino nigeriano di poco più di vent’anni, morto nell’atrio della stazione, dove sono locati i distributori di bevande e di cibi. Era stato rintracciato durante la notte sul treno in arrivo dall’Austria, assieme ad altri migranti di diverse nazionalità, poi, dopo la pratica del riconoscimento al comando del settore della Polizia di frontiera, il giovane, nella mattinata, era stato nuovamente indirizzato alla stazione ferroviaria. Di prassi, si provvede anche a rifocillare i migranti grazie alla Caritas quando vengono fermati. Si può quindi pensare che il giovane non avesse dato segno di sofferenza, altrimenti la stessa polizia avrebbe provveduto ad assicurare l’assistenza sanitaria. Il malore che l’ha colpito è stato inaspettato. Immediati i soccorsi, ma nonostante tutti i tentativi fatti anche da parte del medico di guardia del poliambulatorio, per il giovane non c’è stato nulla da fare. La salma è stata ricomposta nella cella mortuaria del cimitero di Plezzut.

      https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2016/03/06/news/tarvisio-migrante-nigeriano-stroncato-da-un-malore-1.130815

      –-> j’ajoute à la liste, mais cette personne serait morte d’un arrêt cardiaque, et donc non pas en lien avec la traversée de la frontière

  • #Decreto_salvini, liste de villes dans lesquelles les #associations et les #citoyens descendent en masse pour dire NON au decrét. Mais aussi résistance des institutions ecclésiastiques et judiciaires, etc. :

    #Lecce
    #Oulx
    – Lucca (les paroisses)

    #résistance #associations #citoyens #asile #migrations #réfugiés #Italie

    Et une #carte, que je vais essayer de mettre à jour régulièrement :


    http://u.osmfr.org/m/279671
    En rouge : les maires qui disent NON
    En orange : des oppositions citoyennes et de la société civile
    #cartographie #visualisation

    A voir aussi, la métaliste :
    https://seenthis.net/messages/739545