Le Premier Site de Pétitions sur Internet

https://www.change.org

  • Così Change.org vende le nostre email
    http://m.espresso.repubblica.it/attualita/2016/07/15/news/da-un-euro-e-cinquanta-a-85-centesimi-come-change-org-vende-le
    On s’en doutait.

    ’L’Espresso’ ha ottenuto il prezzario dell’azienda (da 1.50 euro a 85 centesimi) e contattato alcuni clienti. Tra risposte imbarazzate e rare ammissioni, abbiamo indagato sul business dell’ «Amazon delle petizioni online». Che maneggia dati estremamente sensibili come le opinioni politiche e in Germania è oggetto di un’inchiesta del Garante della privacy
    di Stefania Maurizi
    18 luglio 2016
    E’ stata definita il “Google della politica moderna”. Change.org, la popolare piattaforma per il lancio di petizioni su temi politico-sociali, è un gigante da centocinquanta milioni di utenti nel mondo, che crescono al ritmo di un milione alla settimana: un avvenimento come Brexit da solo ha innescato 400 petizioni. In Italia, dove è sbarcata quattro anni fa, Change.org ha raggiunto i cinque milioni. Dalla petizione lanciata da Ilaria Cucchi per chiedere l’approvazione di una legge sulla tortura, che finora ha raccolto oltre 232mila adesioni, fino a quella sul referendum costituzionale, alzi la mano chi non ha mai messo una firma su Change.org nella speranza di fare pressione su questa o quell’istituzione per cambiare le cose. Nel 21esimo secolo, la partecipazione democratica va inevitabilmente verso le piattaforme online. E di fatto non mancano esempi in cui queste petizioni hanno davvero innescato cambiamenti.

    Bastano pochi clic: chiunque può lanciarne una e chiunque può aderirvi. Il problema è: quanti si rendono conto che i dati personali che affidano alla piattaforma firmando le cosiddette “petizioni sponsorizzate” - quelle lanciate dagli utenti che pagano per promuoverle (https://www.change.org/advertise) - verranno usati per la loro profilazione e venduti? La domanda è cruciale perché si tratta di dati molto sensibili, in quanto associati a opinioni politiche e sociali.

    “L’Espresso” può rivelare il prezzario che Change.org applica a chi lancia petizioni sponsorizzate: dalle Ong ai partiti politici, che, pagando, acquistano gli indirizzi email dei firmatari. La lista dei prezzi va da un euro e cinquanta per ciascun contatto email, se il cliente ne compera meno di 10mila, fino a 85 centesimi per un numero superiore ai 500mila. Il nostro giornale ha anche chiesto ad alcune delle Ong clienti di Change.org se è vero che acquistano gli indirizzi email dei firmatari. Alcune hanno risposto in modo troppo vago per non destare interrogativi, altre, come Oxfam, sono state oneste nel confermarlo.

    Molti vedono Change.org come un’associazione no profit con un’anima progressista. In realtà, è un’impresa sociale “Change.org Inc.” creata nel Delaware, paradiso fiscale Usa, e con quartier generale a San Francisco, nel cuore di quella Silicon Valley in cui i dati sono il petrolio. Ed è vero che permette a chiunque di lanciare petizioni in modo gratuito, assolvendo alla funzione sociale di dar voce anche all’ultimo senzatetto, ma fa profitti con le petizioni sponsorizzate, in cui il cliente paga in modo da riuscire a contattare chi ha più probabilità di firmare e di essere disposto a donare soldi nelle campagne di raccolta fondi. Come fa Change.org a saperlo? Ogni volta che sottoscriviamo un appello, accumula informazioni su di noi, profilandoci. E come ha spiegato efficacemente la rivista americana “Wired”, «se voi avete firmato una petizione sui diritti degli animali, l’azienda sa che avete una probabilità 2,29 volte maggiore di firmarne una sulla giustizia. E se firmate una petizione sulla giustizia, avete una probabilità 6,3 volte maggiore di firmarne una sulla giustizia economica, 4,4 volte di firmarne una per i diritti degli immigrati e 4 volte una sull’istruzione».

    Chi aderisce a una petizione dovrebbe prima leggere accuratamente le regole sulla privacy, ma quanti lo fanno e quanti capiscono appieno che nel sottoscrivere una petizione sponsorizzata basta lasciare spuntata la voce: “tienimi informato su questa petizione” perché i clienti che l’hanno lanciata possano ottenere da Change.org il contatto email del firmatario dietro pagamento? A confermarci la vendita degli indirizzi email non è solo il prezzario ottenuto da l’Espresso, è anche Oxfam, una delle pochissime Ong che ha risposto in modo completamente trasparente alle nostre domande: «Solo quando i firmatari hanno indicato di voler supportare Oxfam, ci viene richiesto di pagare Change.org per i loro contatti», ci spiega l’organizzazione.

    Alla nostra domanda di sapere cosa significa esattamente che “i firmatari hanno indicato di volere supportare Oxfam”, l’Ong risponde indicando il piccolo box spuntato con cui chi aderisce alla petizione chiede di restare aggiornato. Né, interpellata da l’Espresso, Change.org ha smentito il prezzario e, anzi, ha confermato che «varia da cliente a cliente e in base al volume degli acquisti», come ci ha spiegato John Coventry, capo della comunicazione di Change.org, precisando che, una volta che chi firma sceglie di lasciare o comunque lascia spuntato il box, «il suo indirizzo email viene fornito all’organizzazione [che ha lanciato la petizione sponsorizzata, ndr]». Coventry si dice convinto che «la stragrande maggioranza delle persone che scelgono quell’opzione si rendano conto che riceveranno email dall’organizzazione», in altre parole, i firmatari danno il proprio assenso.

    Da tempo, Thilo Weichert, ex commissario per la protezione dei dati del land tedesco Schleswig-Holstein, contesta alla società la violazione delle leggi della Germania in materia di privacy. All’Espresso, Weichert spiega che la trasparenza di Change.org lascia molto a desiderare: «non fornisce informazioni affidabili su come processa i dati», ci spiega. E alla nostra osservazione sul fatto che chi firma quelle petizioni, accettando le policy sulla privacy, fornisce di fatto un consenso informato, Thilo Weichert risponde che la questione dell’assenso non risolverebbe comunque il problema, perché se una pratica viola le leggi tedesche in materia di protezione dei dati, l’azienda non può appellarsi al fatto di avere ottenuto il consenso dell’utente. In altre parole, non esiste consenso informato che renda legale violare una legge.

    Dopo le contestazioni di Thilo Weichert, la Commissione per la protezione dei dati di Berlino ha aperto un’inchiesta su Change.org, ancora in corso, come ci conferma la portavoce della Commissione, Anja-Maria Gardain. E ad aprile, l’organizzazione “Digitalcourage”, che in Germania organizza il “Big Brother Award”, ha assegnato questo premio negativo proprio a Change.org. «Punta ad essere quello che Amazon è per i libri, vuole essere la piattaforma più grande per tutte le campagne politiche», ci dice Rena Tangens di Digitalcourage, spiegando come l’azienda si sia mostrata refrattaria ai rilievi di tecnici come Weichert, che, per esempio, nel novembre scorso aveva fatto notare a Change.org come il Safe Harbour, a cui l’impresa fa riferimento nelle sue policy sulla privacy, non è più in vigore, essendo stato dichiarato invalido dalla Corte europea di Giustizia, dopo le rivelazioni di Edward Snowden: «un’azienda come quella [Change.org, ndr]», ci dice Tangens, «avrebbe dovuto essere in grado di provvedere a cambiare una cosa del genere».

    L’esperta di Digitalcourage aggiunge che in Germania esistono altre piattaforme oltre a Change.org, tipo Campact.de: «non sono perfette», aggiunge, «e noi abbiamo criticato anche quelle, che però si sono dimostrate aperte al dialogo e alla possibilità di introdurre cambiamenti». Ovviamente, per i concorrenti di Change.org non è facile competere con un gigante di quella portata e la missione è quasi disperata per quelli che scelgono di non vendere i dati degli utenti, come possono stare sul mercato se non commerciano l’unico oro che hanno a disposizione: i dati?

    Per Rena Tangens l’ambizione di Change.org di diventare l’Amazon delle petizioni politiche e sociali l’ha portata ad allontanarsi dalla spinta progressista iniziale e a imbarcare clienti e utenti dalle iniziative discutibili. Sulla piattaforma si trovano anche petizioni che chiedono di permettere di portare armi alla prossima Convention repubblicana del 18 luglio, negli Usa. E c’è chi l’accusa di consentire l’ “astroturfing”, la pratica di lanciare un’iniziativa politica nascondendo chi c’è dietro, in modo da farla sembrare nata dal basso. Con L’Espresso, tanto Weichert che Tangens sottolineano: «Il problema è che quelli che raccolgono sono dati veramente sensibili e Change.org si trova negli Stati Uniti», pertanto quei dati sono soggetti alla sorveglianza delle agenzie del governo Usa, dalla Nsa alla Cia, come confermato dai file di Snowden.

    Ma proprio Rena Tangens e Thilo Weichert, tanto critici delle pratiche di Change.org, enfatizzano che è importante non buttare il bambino con l’acqua sporca, perché loro non puntano a demolire l’esistenza di queste piattaforme: «Credo che per la partecipazione democratica, sia importante averle», ci dice Thilo Weichert, «ma devono proteggere i dati».

    #vie_privée #surveillance #commerce

  • Je vois maintenant qu’il n’y a rien sur #Carl_Vogt, pourtant c’était ma honte d’avoir travaillé dans un bâtiment dédié à ce fervant défenseur de la supériorité de la race blanche :
    #Uni_Carl_Vogt :


    https://www.unige.ch/presse/plans/uni-dufour-2
    #Uni_Vogt #Université_de_genève

    Et qu’il y a, devant l’Université des Bastions, une statue en son honneur :

    Carl Vogt :

    August Christoph Carl Vogt est un naturaliste et médecin suisse d’origine allemande, connu par ses prises de position sur le matérialisme et la défense de la théorie de l’évolution de Charles Darwin.


    https://fr.wikipedia.org/wiki/Carl_Vogt

    Voici un portrait de ce monsieur dont je ne peux pas copier-coller le texte car le site ne le permet pas :
    http://www.audeladuracisme.com/2004/10/08/august-christoph-carl-vogt-1817-1895

    #colonialisme #esclavage #esclavagisme #histoire #suisse #décoloniser_la_ville

    ça peut aussi intéresser @simplicissimus et @maieul ...

    –—

    Ajouté à la métaliste sur la #Suisse_coloniale :
    https://seenthis.net/messages/868109

    • Super, par contre @cdb_77, quand tu es à l’intérieur de Seenthis, il n’y a pas de limite de nombre de caractères comme sur Twitter, et donc c’est mieux si tu mets les vrais liens seenthis.net complet, parce que parfois d’autres personnes ont cité des seens ailleurs, et avec le triangle qui est devant, cela permet de retrouver les autres conversations notamment.

    • Carl Vogt ne pense pas foncièrement différemment des hommes de son époque.

      Pour le site Au delà du racisme, s’ils sont pointilleux sur le copyright les concernant et verrouillent efficacement la sélection du texte ou de l’image, ils ne le sont pas du tout pour celui des autres. Ainsi l’illustration est récupérée très probablement de WP sans aucune mention de la source

      L’auteur (anonyme) de WP donne comme source Brehms Tierleben, Small Edition 1927 mais c’est douteux : le style de l’illustration ne correspond pas du tout avec celui des planches de Brehm, du moins dans l’édition originale (1864 pour le premier volume)


      https://fr.wikipedia.org/wiki/Alfred_Edmund_Brehm

      En revanche la légende fournie (évacuée par le recadrage de l’image sur WP)
      Skelett des Menschen (1) und des Gorillas (2), unnatürlich gestreckt.
      permet de retrouver l’origine probable :
      https://books.google.fr/books?id=UcW1DgAAQBAJ&pg=PA66-IA1&lpg=PA66-IA1&dq=Skelett+des+Menschen+

      Der Mensch : Zweiter Band : Die heutigen und die vorgeschichtlichen Menschenrassen de Johannes Ranke dont le deuxième tome date de 1887
      Il s’agit d’une planche hors-texte insérée entre les pages 66 et 67.
      https://de.wikipedia.org/wiki/Johannes_Ranke

    • @simplicissimus je suis bien d’accord sur toi sur ce point :

      Carl Vogt ne pense pas foncièrement différemment des hommes de son époque.

      Toutefois, ce qui m’a mise dans une situation où j’étais très mal à l’aise, c’est que j’ai dû créer une signature à mes mails avec deux fois le nom de ce raciste, raciste de son époque, mais tout de même raciste :
      – la rue : Boulevard Carl-Vogt
      – le bâtiment lui-même (construit il y a moins de 5 ans !!!) : Uni Carl-Vogt
      Et ça, je ne le pardonne pas à l’université qui m’engageait.
      Deux fois en une signature de MES MAILS c’était trop !

    • Carl Vogt, progressiste et raciste

      Juliet Fall, géographe, publie une BD à charge. Le bâtiment qui abrite son département porte le nom du scientifique et politicien genevois qui, au XIXe siècle, prônait la hiérarchisation des races et des sexes.

      « Pourquoi faut-il ­décoloniser la géographie ? » Cette question, Juliet Fall, professeure au département de géographie de l’université de Genève, la pose dans son cours sur l’histoire et l’épistémologie de sa discipline. Elle y répond par ailleurs à sa manière en consacrant une bande dessinée à la figure de Carl Vogt (1817-1895). Dans ce pamphlet de six pages, elle s’adresse directement au naturaliste et médecin suisse d’origine ­allemande pour questionner sa présence persistante dans le paysage urbain. De ce matérialiste convaincu, aux convictions progressistes et anticléricales, Juliet Fall retient moins la contribution à la science que les écrits pétris de racisme et de misogynie.

      Une pensée affligeante sur l’inégalité des races et des sexes qu’on pourrait relativiser, car ancrée dans son époque. Le problème, c’est qu’August Christoph Carl Vogt a son buste bien en vue, à Genève, devant le bâtiment Uni-Bastions. Et son boulevard où se dresse, depuis 2015, une annexe de l’alma mater portant son nom. L’honneur de trop pour Juliet Fall, qui y a son bureau. Profitant du débat qui fait rage sur les statues honorant de douteux personnages, la géographe lance son pavé dans la mare. Nous sommes allés à sa rencontre pour parler de sa BD, à télécharger gratuitement en ligne.

      Comment vous est venue l’idée de cette BD ?

      Juliet Fall : La décision de nommer ce bâtiment en l’honneur de Carl Vogt en 2015 avait fait réagir, mais finalement le nom de l’artère où il se trouve avait été retenu par commodité. Ma démarche s’inscrit dans le sillage du collectif L’Escouade, dont le projet « 100 Elles » soutenu par la Ville de Genève a rebaptisé symboliquement une centaine de rues. Le boulevard Carl-Vogt est ainsi devenu boulevard Jeanne Hersch. Lors de la Grève des femmes, en 2019, plusieurs collègues ont mené une action avec une banderole allant dans le même sens.

      Que reprochez-vous à Carl Vogt ?

      Il a cherché à légitimer un préjugé très en vogue dans les académies au XIXe siècle, celui de l’inégalité des races. Sa crainte était une dilution, un affaiblissement des caractéristiques de la race blanche par le mélange. C’est de la mauvaise science : on compare la taille des crânes, comme on le fait pour les grands singes, afin de prouver la supériorité de la race blanche. Carl Vogt place les « Germains » et les « Nègres » aux deux extrémités de l’évolution.

      Les femmes ne sont pas beaucoup mieux loties.

      Dans ses Leçons sur l’homme ­publiées en 1865, Carl Vogt écrit que le crâne des femmes blanches se rapproche plus de celui du « nègre » que de l’homme blanc. Le degré d’évolution moindre des femmes sur l’échelle de la race les voue à la conservation des valeurs ­immuables, de la famille, etc.

      « On a une responsabilité, nos étudiants ne sont plus les mêmes qu’il y a cinquante ans. »

      Ces travaux ont-il de l’écho ?

      A l’époque probablement. On retient surtout que Darwin remercie Carl Vogt pour son soutien sur la théorie de l’évolution, ce dernier signant une préface dans une traduction de son œuvre (« De la variation des animaux et des plantes à l’état domestique », ndlr). En revanche, Karl Marx s’en prend violemment à lui et perd un an de sa vie à écrire un livre, Herr Vogt, où il l’accuse d’être un espion à la solde de Napoléon III.

      S’en prendre à Carl Vogt aujourd’hui, c’est faire de l’anachronisme ?

      On choisit ses héros ! Que Carl Vogt possède son buste ancien est une chose – on peut se demander si sa place n’est pas plutôt dans un musée, même si personne n’y prête vraisemblablement attention en passant devant. Choisir de nommer un bâtiment académique en son honneur au XXIe siècle est plus problématique. Personnellement, ça me contrarie de voir figurer son nom en signature de mes emails, qui plus est, dans une Faculté des Sciences de la société. On a une responsabilité, nos étudiants ne sont plus les mêmes qu’il y a cinquante ans. On doit penser le présent de nos disciplines en dialogue avec leur passé. Ma bande dessinée peut contribuer au débat.

      Vos origines anglo-saxonnes vous ­prédisposent-elles à une critique postcoloniale, moins marquée dans la sphère académique francophone ?

      Je ne peux nier l’influence des postcolonial studies, ni des écrits ­féministes. Comme immigrée, je pose aussi un regard distancié sur Genève, où la liberté académique, il faut le souligner, est totale. Cela doit nous encourager à décoloniser l’université et à dépasser les schémas patriarcaux.

      https://lecourrier.ch/2020/06/17/carl-vogt-progressiste-et-raciste
      #BD #Juliet_Fall

      –---

      Pour lire la BD en pdf :


      https://irreductible.ch/pdf/CarlVogt2020.pdf

    • Comme les éléphants et les singes... - Melanine
      http://www.melanine.org/?-Comme-les-elephants-et-les-singes-

      « La race des Nègres est une espèce d’hommes différente de la
      nôtre [...] on peut dire que si leur intelligence n’est pas d’une
      autre espèce que notre entendement, elle est très inférieure. Ils
      ne sont pas capables d’une grande attention, ils combinent peu et ne
      paraissent faits ni pour les avantages, ni pour les abus de notre
      philosophie. Ils sont originaires de cette partie de l’Afrique comme les
      éléphants et les singes ; ils se croient nés en Guinée pour
      être vendus aux Blancs et pour les servir. »
      Voltaire, Essai sur les mæurs,
      Genève, 1755, t. XVI, pp. 269-270

      #voltaire
      #déboulonner_le_racisme

    • Rebaptisez le bâtiment Carl Vogt de l’UNIGE et déboulonnez le #buste à son effigie

      Nous exigeons la rebaptisation du bâtiment universitaire (UniGE) portant le nom de Carl Vogt, ainsi que le déboulonnement du buste à son effigie siégeant devant le bâtiment de l’Uni Bastions.

      Cette pétition demande à ce que le bâtiment faisant partie du campus de l’Université de Genève et portant le nom de Carl Vogt soit rebaptisé. La prochaine appellation de ce même bâtiment devra être établie par un groupe de réflexion pluridisciplinaire, transparent et inclusif essentiellement composé des personnes concernées et affectées par les théories racistes, sexistes et validistes de Carl Vogt.

      Cette pétition appelle également à l’organisation du déboulonnement du buste à l’effigie de Carl Vogt, inauguré en 1999.

      Qui est Carl Vogt ?
      Carl Vogt, naturaliste, médecin suisse d’origine allemande, conseiller national et aux états et recteur de l’Université de Genève, ne fut pas uniquement la figure progressiste anti-cléricale que l’université souhaite nous dépeindre.
      Aux côtés de Louis Agassiz, il figure comme étant l’un des représentants du racisme « scientifique » (Zuber, 2020). Lors de la seconde moitié du XIXème siècle, Carl Vogt prône et développe une pensée raciale et sexiste. Dans son ouvrage “Leçon sur l’Homme” (1865), traduit en 8 langues, on peut ainsi lire : "Le N*[1] adulte, en ce qui concerne ses capacités intellectuelles, ressemble à l’enfant, à la femme et au Blanc sénile”. Dans le même ouvrage il écrit des Noir.e.x.s : “La plupart des caractères que l’on peut reconnaître, déjà dans la conformation extérieure, ainsi que dans les proportions des diverses parties du corps, rappellent irrésistiblement les singes.” On ne peut ignorer la contribution de Carl Vogt à la circulation et la construction raciste du concept de « race » humaine.

      Considérant les personnes Noir.e.x.s comme étant l’intermédiaire entre l’homme blanc et les primates, doté.e.x.s d’une maturité intellectuelle s’arrêtant à la puberté, les théories négrophobes et déshumanisantes auxquelles il participe cherchent à étayer la supposée existence de la supériorité blanche, par opposition à la supposée infériorité noire. Au cours du XIXe siècle, ces théories raciales ont constitué les fondements idéologiques de l’impérialisme colonial, du nationalisme expansionniste et du racisme d’état (Césaire, 1955 ; Taguieff, 2008).

      Les théories raciales ont légitimé un système de domination en le fondant sur les inégalités des races ou/et des sexes. Malgré leur disqualification et condamnation durant le XXe siècle par la communauté internationale et grâce aux mouvements anticoloniaux et antiracistes, ces théories raciales continuent à grandement influencer les systèmes de domination actuels.

      Pourquoi un buste à l’effigie et un bâtiment au nom de Carl Vogt posent-ils problème ?
      Les récents rapports publiés par le Carrefour de Réflexion sur le Racisme AntiNoir (CRAN) et le Service de Lutte contre le Racisme (SLR) relatent que les discriminations et préjugés racistes anti-Noir.e.x.s continuent d’opérer et touchent presque toutes les sphères de la société. Ce sont des réalités que vivent les personnes Noir.e.x.s quotidiennement, et le fait de célébrer un individu ayant participé à l’établissement des discriminations et inégalités raciales nuit à l’intégrité de ces dernier.e.x.s et entrave une réelle égalité.

      Banaliser la réalité du racisme anti-Noir.e.x.s et ses conséquences en célébrant les figures historiques qui ont participé à son élaboration c’est nier l’expérience sociale des personnes afro-descendantes en Suisse.

      Ce faisant, l’université de Genève manque au principe de respect de l’individu, qu’elle prône dans sa charte d’éthique et de déontologie. Dans ce document on peut lire :

      "Le respect de la personne engage la responsabilité des Hautes Écoles envers toute personne appelée à un titre ou à un autre à contribuer à leur mission d’enseignement et de recherche, que ce soit comme acteur, actrice ou comme sujet. Il suppose un traitement équitable des divers membres de la communauté académique."
      Le fait que les institutions dotées du pouvoir public de produire les savoirs, telles que l’UniGe, ne se responsabilisent pas par rapport au passé colonial-racial a pour effet de minimiser, si ce n’est d’invisibiliser, les inégalités raciales dans le présent. En glorifiant les figures d’un passé raciste, l’UniGe envoie le signal que le traitement équitable de certain.e.x.s membres de la communauté académique, affecté.é.x.s par le racisme, n’est pas important. En participant à l’amnésie coloniale, l’établissement silencie l’expérience humaine des personnes afro-descendantes, que celles-ci soient inscrites dans le cadre de l’UniGe, ou alors externe à l’établissement.

      Une nomination à contre-courant :
      Lors de la troisième conférence mondiale contre le racisme de Durban en 2001, la Suisse s’est engagée à éclairer son implication passée dans la traite esclavagiste et le colonialisme. A partir de 2001, c’est grâce à des travaux d’historiens, tels que Hans Fässler, Patrick Minder, et de théoricienn.e.s postcoloniaux tels que Noémi Michel, Patricia Purtschert ou encore Jovita Dos Santos Pinto, ou encore d’ouvrages comme La Suisse et l’esclavage des Noirs que l’implication de la Suisse dans le colonialisme et dans le commerce triangulaire a pu être révélée.
      Près de 20 ans après, ce sujet reste relativement tabou. Il est, aujourd’hui, essentiel que la part coloniale, raciste, sexiste, eugéniste de l’histoire soit également racontée à plus large échelle et enseignée.
      Le fait de baptiser un bâtiment universitaire Carl Vogt en 2015, en connaissance de ses théories racialistes, nous apparait comme surprenant et rétrograde. Rendre hommage à un personnage en dépit de sa contribution raciste et sexiste, c’est falsifier le récit au sujet de ce que nous héritons collectivement, c’est nous empêcher, en tant que collectivité de pouvoir de nous responsabiliser face à ce passé, c’est entraver les réflexions et le chemin vers les réparations de ce passé.

      Rétablir l’histoire :
      Renommer ce bâtiment et déboulonner le buste Carl Vogt ne signifie pas effacer l’Histoire. Au contraire, nous cherchons à la rétablir et lui donner sa juste place dans la société actuelle.
      Il est souvent rétorqué qu’il est anachronique de faire le procès des figures du passé avec les standards du présent, que ces figures baignaient dans un contexte raciste et sexiste.
      Or, bien que le racialisme fût un mouvement important durant le XIXème siècle, il relevait que certains scientifiques de l’époque tel que le géographe, anarchiste et libre penseur Elisée Reclus ou encore le meneur de l’indépendance de Haïti, Toussaint Louverture, se sont érigés contre ces théories raciales. De plus, les préjudices de ces théories ont des effets jusqu’à aujourd’hui : elles informent le racisme qui touche la communauté noire, elles informent également le renouvellement des pratiques et idéologies d’extrême droite. Comme le rappelle l’historien et anthropologue Michel-Rolph Trouillot, dans son ouvrage Silencing the Past, le passé se contemple toujours depuis le présent, et ce sont nos valeurs et nos demandes dans le présent qui impactent notre manière d’appréhender et de faire récit du passé. Le passé historique que nous voulons voir être figuré et incarné dans l’espace institutionnel et public que constitue l’UniGe doit se nourrir d’une préoccupation pour l’égalité et la justice sociale.

      En résumé :
      Le fait de désigner le plus récent bâtiment d’une institution par un nom ayant signé des théories racistes et sexistes, c’est invisibiliser les discriminations vécues par les personnes Noir.e.x.s, les femmes et les minorités de genre et sexuelles. Nous accusons certes les théories de Carl Vogt, mais nous accusons essentiellement l’université d’avoir choisi de le mettre en avant malgré son insertion dans la bio-sociologie raciste et sexiste.

      Ce choix opéré en toute conscience signale un positionnement inacceptable de l’UniGe face aux actes de racisme et de sexisme pouvant se dérouler en son sein. Si une institution décide, en connaissance de cause, de nommer son bâtiment par le nom d’un racialiste notoire, il est légitime de supposer qu’elle ne se positionnera pas de manière équitable lorsqu’un acte de racisme systémique ou ordinaire lui sera dénoncé.
      Ainsi, il est impossible en tant qu’étudiant.e.x.s Noir.e.x.s de sentir ses intérêts protégé.e.x.s par un établissement dont les agissements minimisent le racisme scientifique et ses conséquences, encore bel et bien réelles.

      Une université universaliste ?
      Il est primordial de rappeler que lors du choix de l’appellation du bâtiment situé au Boulevard Carl-Vogt 66, 1205 Genève, des voix s’étaient élevées pour dénoncer la sélection mémorielle dont faisait preuve l’UniGE. Celles-ci n’ont pas été prises en compte par l’établissement.

      Il est donc fondamental de créer des espaces de formation justes pour toute personne. L’égalité entre sujets issus d’histoires, de mémoires et d’origines différentes constitue un enjeu de démocratie dans un espace qui se définit comme universaliste et progressiste. L’espace de formation est une vitrine des valeurs d’une institution, mais aussi de la société. La rebaptisation et le déboulonnement de Carl Vogt permettront de rétablir des espaces de formation et des espaces publics justes rendant possible le respect de l’intégrité de chaque personne.

      Nous vous invitons à signer
      Pour toutes les raisons susmentionnées, nous vous invitons à signer et relayer cette pétition, afin que nos revendications soient entendues et qu’elles débouchent sur le déboulonnement du buste, et la rebaptisation du bâtiment actuellement nommé Carl Vogt.

      Le collectif pour une réflexion décoloniale, Genève / Instagram : @reflexion_decoloniale / adresse e-mail : reflexion.decoloniale@gmail.com

      Signataires de la pétition :

      CUAE, Conférence universitaire des associations d’étudiantEs.
      ADEPSY, Association des Etudiant.e.s en Psychologie
      AEA, association des Etudiant.e.s afrodescendant.e.s, Unil & EPFL
      AEAPA, Association des Etudiant.e.s en Archéologie Préhistorique et Anthropologie
      AEHES, Association des Etudiant.e.s en Histoire Economique et Sociale
      AEL, Association des étudiant.e.s en Lettres
      AESPRI, Association des Etudiant.e.s en Sciences Politique et Relations Internationales
      AJP-UNI, association des juristes et étudiant-e-s progressistes de l’UNIGE
      Amnesty UNIGE
      LCS, Law Career Start
      Kam’Af
      Collectif Amani
      Collectif Afro-Swiss
      Collectif Faites des Vagues
      CRAN (Carrefour de réflexion et d’action contre le racisme anti-Noir - Observatoire du racisme anti-Noir en Suisse), Berne
      Outrage collectif
      Collectif pour la mémoire Neuchâtel
      UPAF (Université populaire africaine en Suisse), Genève

      [1] N* correspond à "nègre", nous ne souhaitons pas reconduire la force blessante de ce mot dans le corps de texte de notre pétition.

      https://www.change.org/p/rectorat-de-l-universit%C3%A9-de-gen%C3%A8ve-rebaptisez-le-b%C3%A2timent-uni

      #pétition

  • À propos de Change.org · Change.org
    https://www.change.org/about/business-model

    Investisseurs

    À ce jour, Change.org a levé 50 millions de dollars d’investissement en accord avec notre mission sociale et venant de chefs de file dans l’entrepreneuriat, a technologie et les médias, dont Richard Branson, Bill Gates, Reid Hoffman, Arianna Huffington, Ashton Kutcher et Guy Oseary, Jeff Weiner, Evan Williams et Omidyar Network.

    Un association sans but lucratif mais bien introduite quand même...

  • Le fondateur du modèle social que Fillon entend bouleverser s’appelait Ambroise Croizat | Slate.fr
    http://www.slate.fr/story/132101/fondateur-modele-social-ambroise-croizat
    http://www.slate.fr/sites/default/files/styles/1090x500/public/croizat.jpg

    Tandis que le programme de François Fillon promet une remise à plat de la Sécurité sociale, le film « La Sociale » de Gilles Perret entend rendre justice au père fondateur du plan de création de cette institution sur laquelle repose tout notre modèle social.

    Un film à voir et à conseiller autour de soi !

    Et aussi une pétition lancée par André Grimaldi sur Change.org pour défendre la sécurité sociale face aux propos extrémistes de Fillon à ce sujet durant la campagne des primaires de la droite.
    A signer et à faire signer !
    https://www.change.org/p/pour-la-securite-sociale/u/18907988?tk=rHfRHGCXX_HZYovl8RTHN1JWDdPkY0NEpzr_HNh1k4Q

  • Ce que valent nos adresses quand nous signons une pétition

    Combien de personnes se rendent-elles compte que les données personnelles qu’elles confient à la plateforme en signant les soi-disant « pétitions sponsorisées » — celles qui sont lancées par les utilisateurs qui paient pour les promouvoir (https://www.change.org/advertise) — seront en fait vendues et utilisées pour les profiler ? La question est cruciale, car ce sont des données très sensibles, vu qu’elles concernent des opinions politiques et sociales.

    https://framablog.org/2016/07/20/ce-que-valent-nos-adresses-quand-nous-signons-une-petition

  • Des appels universitaires et d’artistes :

    Artistes Pour la Palestine
    Hamed Abdalla, Samir Abdallah, Haquima Akhabech, Maria Amaral, Jean Asselmeyer, Tayssir Batniji, Mustapha Boutadjine, Dominique Grange, Rachid Koraïchi, Kheridine Mabrouk, Stéphane Rossi, Ernest Pignon-Ernest, Nasser Soumi, Jacques Tardi, Hani Zurob et d’autres, le 2 août 2014
    http://artistsforpalestine.com/fr

    Lettre ouverte sur Gaza et BDS
    Middle East Caucus of the Society for Cinema and Media Studies, le 11 août 2014
    http://www.aurdip.fr/Lettre-ouverte-sur-Gaza-et-BDS-de.html

    Israeli arms protest
    Alice Walker, Ahdaf Soueif, Miranda Pennell, Breyten Breytenbach, John Pilger, Miriam Margolyes, Nick Cave, Noam Chomsky, Richard Falk, Victoria Brittain, The Guardian, le 12 août 2014
    http://www.theguardian.com/world/2014/aug/12/israeli-arms-protest

    Solidarité africaine avec la Palestine
    Universitaires africains et africanistes, le 12 août 2014
    http://www.aurdip.fr/Solidarite-africaine-avec-la.html

    Back the Boycott
    Près de 200 philosophes et politistes pour le boycott d’Israel, le 10 août 2014
    http://backtheboycott.com

    La communauté internationale doit accélérer la mise en place d’une « zone de catastrophe humanitaire à Gaza »
    Appel du PNGO, le réseau des ONG palestiniennes, le 13 aout 2014
    http://www.plateforme-palestine.org/La-communaute-internationale-doit,4100

    L’acteur anglais Russell Brand appelle au boycott d’Israël
    Jenn Selby, The Independent, 14 August 2014
    http://www.independent.co.uk/news/people/russell-brand-calls-for-israel-boycott-comedian-urges-big-businesses-

    Plus de 170 universitaires irlandais signent une pétition pour le boycott universitaire d’Israël, le 14 août 2014
    http://www.aurdip.fr/Plus-de-170-universitaires.html

    Un nonagénaire néerlandais retourne sa médaille de « Juste parmi les nations », après la mort de six membres de sa famille à Gaza
    Article d’Amira Hass, Haaretz, le 15 août 2014, et lettre de M. Zanoli, adressée à l’ambassadeur d’Israël à La Haye, le 11 août 2014
    http://www.aurdip.fr/Un-nonagenaire-neerlandais.html

    InCACBI appeals to Infosys and other Indian companies to stop collaboration with Israel
    Près de 200 intellectuels, artistes et universitaires indiens, le 17 août 2014
    http://incacbi.in/incacbi-appeals-infosys-and-other-indian-companies-stop-collaboration-israel

    FCÉÉ Ontario, un syndicat étudiant qui représente 300.000 étudiants de la province de l’Ontario, au Canada, vient juste de voter une résolution pour BDS
    Le 17 août 2014
    https://www.facebook.com/hammam.farah/posts/10102028346364910?fref=nf

    Il faut lever de toute urgence le blocus à Gaza !
    Mego Terzian (Président de Médecins Sans Frontières France), Le Monde, le 18 août 2014
    http://www.lemonde.fr/idees/article/2014/08/18/il-faut-lever-de-toute-urgence-le-blocus-a-gaza_4472627_3232.html
    –------------------------
    L’affaire Salaita :

    Lettre de l’AURDIP et du BRICUP à la Chancelière de l’Université de l’Illinois, suite à l’annulation d’une position universitaire pour le Dr. Steven Salaita
    AURDIP & BRICUP, le 9 août 2014
    http://www.aurdip.fr/Lettre-de-l-AURDIP-et-BRICUP-a-la.html

    Des pétitions :
    https://docs.google.com/forms/d/1_oGbCNTx7lcvYzQP_kDEZbfclDdu5-GU_HIfCUKfIGQ/viewform

    http://www.change.org/petitions/phyllis-m-wise-we-demand-corrective-action-on-the-scandalous-firing-of-pales

    #boycott #culture #Israël #boycott_culturel #Gaza #Palestine #université #boycott_universitaire

  • L’émission culte « Là-bas si j’y suis » rayée de la grille de France Inter
    http://www.francetvinfo.fr/economie/medias/l-emission-culte-la-bas-si-j-y-suis-rayee-de-la-grille-de-france-inter_

    C’est une page de l’histoire de la radio qui se tourne. L’émission de France Inter « Là-bas si j’y suis », animée par le journaliste Daniel Mermet, va disparaître après 25 ans d’antenne. La nouvelle directrice de la station, Laurence Bloch, l’a annoncé à Daniel Mermet lors d’une entretien, vendredi 27 juin. « Là-bas si j’y suis » avait perdu 100 000 auditeurs depuis deux ans, pour tomber à 485 000 en audience cumulée, un score très bas, selon Radio France.

    La droite en rêvait, le P"S" l’a fait : Daniel Mermet avait certes des méthodes de management fort critiquables mais le concept de son émission était une vraie leçon de démocratie.

    #controverse #censure #normalisation

  • Combien de bananes faudra-t-il ? Appel pour un plan d’action contre le racisme
    Change.org
    https://www.change.org/fr/p%C3%A9titions/combien-de-bananes-faudra-t-il-appel-pour-un-plan-d-action-contre-le-racisme

    2) Mettre en place les actions de groupe en matière de discriminations, ce qui permettrait aux personnes discriminées de porter plainte ensemble, car l’union fait la force.

    3) Instituer les attestations de contrôle pour limiter le « délit de faciès », qui affaiblit chaque jour davantage le lien entre la République et les jeunes des quartiers populaires.

  • Albano e la lobby dei rifugiati

    Si sta giustamente alzando un coro di proteste contro “#The_Mission”, l’atroce programma (definito “il primo #reality umanitario”) che dovrebbe andare in onda sulla Rai a partire da novembre. Mi viene il dubbio che sia lo stesso esperto di comunicazione all’origine dei “furgoni razzisti” londinesi ad aver osato l’accostamento campo profughi-Albano Carrisi. Oltre alla Rai, che conferma di non avere in grande stima il suo pubblico, e all’ong Intersos, che si dev’essere tappata occhi, naso e bocca sui mezzi pur di raggiungere il suo fine, al progetto partecipa l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur).

    http://www.internazionale.it/superblog/francesca-spinelli/2013/08/06/albano-e-la-lobby-dei-rifugiati

    #télévision #réfugiés #HCR #rai #TV #télé-réalité #show #asile #camps_de_réfugiés #Congo #Soudan

  • Bof!

    Petition | Adobe Systems Incorporated: Eliminate the mandatory “creative cloud” subscription model. | Change.org
    https://www.change.org/petitions/adobe-systems-incorporated-eliminate-the-mandatory-creative-cloud-subscripti

    Development of Adobe Creative Suite 7, and all plans of future creative suites have been discontinued. The only option going forward will be the Creative Cloud (CC) subscription model.

    You should support this petition because #Adobe is making their already expensive products even more expensive in the long run. Adobe is robbing small business, freelancers, and the average consumer. They do not seem to understand that every company is a not multi-national, multi-billion dollar corporation that has an infinite amount of resources.

    In the end it comes down to this: all of Adobe’s consumers will not be able to make such a large payment every month on the CC subscription model. In the short term, the subscription model looks to be okay, but over time the only entity that is benefiting from this is Adobe. The (no longer) current model: paying a one time fee for infinite access is a much better business model and is better for the consumer.

    Let’s make a difference and stand up to Adobe and let them know our stance. We want our voices heard.

  • Pétition | Nous sommes toutes des femmes voilées !

    https://www.change.org/fr/p%C3%A9titions/nous-sommes-toutes-des-femmes-voil%C3%A9es

    Contre un projet de loi qui vise d’abord des femmes et aboutira à les exclure du monde du travail.

     Nous sommes toutes des femmes voilées

    Lors de son entretien télévisé du 28 mars dernier, François Hollande a déclaré prévoir une refonte législative en vue du vote d’une loi étendant le champ de l’interdiction des signes religieux dans certains lieux de travail « dès lors qu’il y a contact avec les enfants » notamment « les crèches associatives avec des financements publics ».

    Une telle loi, il faut le rappeler, serait contraire à l’esprit comme à la lettre de la loi de 1905 que les prétendus défenseurs de la laïcité ne cessent de bafouer. Elle constituerait une restriction des libertés religieuses que cette loi garantit. Elle ouvre de fait la voie à l’interdiction du port du foulard musulman dans tous les établissements privés gérant un service public et peut-être même, comme on l’entend déjà évoquer, dans les universités.

  • This petition calls for Iain Duncan Smith, the current Work and Pensions Secretary, to prove his claim of being able to live on £7.57 a day, or £53 a week.

    On Monday’s Today Programme David Bennett, a market trader, said that after his housing benefit had been cut, he lives on £53 per week. The next interviewee was Work and Pensions Secretary Iain Duncan Smith, who was defending the changes. The interviewer then asked him if he could live on this amount. He replied: “If I had to, I would.”

    https://www.change.org/petitions/iain-duncan-smith-iain-duncan-smith-to-live-on-53-a-week

  • Fin du flux RSS ... NOOOOOOOO !! ARRGGHHHHHH !!

    Ici un article en italien sur le sujet :
    http://www.downloadblog.it/post/46551/google-reader-chiude-la-fine-dellaggregatore-rss-ha-una-data

    Fin prévue : 1er juillet !

    Moi c’est avec les flux RSS que je m’informe, surtout pour tout ce qui est journaux scientifiques... et maintenant ? Des idées ? Des alternatives ? Qui a des suggestions ?

    #RSS #flux_RSS #arrêt_service

  • Il faut que je vous parle de Enric Duran. Si, si, vous connaissez, vous l’avez tou-te-s trouvé super il y a quelques années, il vous a fait rêver. Mais ça, c’était avant... Il passe en procès, seul, aujourd’hui, de l’autre côté d’une frontière tout juste symbolique, face à 14 organismes internationaux. Surnommé le Robin des Banques, il a démontré par l’arnaque l’absurdité du système bancaire et sa toute puissance. Il passe en procès aujourd’hui, là bas, quand Camille à barbe et Camille à couette passent en procès ici, à deux pas. Au delà du lien évident de la cause défendue, celle d’un monde qui remet le vivant au centre de l’échange et non plus le profit, il y a aussi la forme de leurs engagements qui me chamboule. Mais de ça je vous parlerai un peu plus tard. Quand j’arriverai à articuler... Pour le moment, j’ai la gorge nouée...
    D’ici là, un article pour comprendre :
    http://www.politis.fr/Le-Robin-des-banques-seul-devant,20930.html
    Une pétition : https://www.change.org/es/peticiones/audi%C3%A8ncia-provincial-fiscalia-de-l-estat-i-14-entitats-banc%C3%A0ries-a
    Un article CQFD de 2008 : http://cequilfautdetruire.org/spip.php?article1809
    La conférence de 2010 : http://tvbruits.org/spip.php?article1421

    • L’actualité de demain : LE ROBIN DES BOIS DES BANQUES, par François Leclerc
      http://www.pauljorion.com/blog/?p=50019

      Au lendemain de l’annonce des poursuites, le 23 novembre dernier, il avait déclaré : « Si un jour, selon ou contre ma volonté, je suis jugé, le seul verdict que j’accepterai sera l’acquittement. Le tribunal doit reconnaître que mon action ne constitue pas un délit, qu’elle obéit à une éthique, à une recherche du bien commun, et à une volonté de dénoncer ceux qui ont fait énormément de mal à notre société. » Aujourd’hui, il a fait lire devant le tribunal une déclaration proclamant son « droit à la désobéissance », faisant valoir que son action de « réappropriation » était motivée par « un état de nécessité devant une distribution incontrôlée du crédit aboutissant à une crise économique aux conséquences féroces, contrevenant aux droits sociaux de la majorité de la population ».

  • L’affaire Boulin revient à l’actualité, les politiques nous ont joué le jeu de la barbichette depuis plus d’une trentaine d’années et nous prennent pour des cons. Mettons les au pied du mûr, pétition : https://www.change.org/fr/p%C3%A9titions/affaire-boulin-la-justice-c-est-maintenant#
    Demain (29 ajnvier 2012) le film et le débat avec Taddeï sur la 3.
    Et pour un peu plus d’éclairage récent sur cette affaire :
    http://www.mediapart.fr/journal/france/270113/affaire-boulin-une-bassesse-francaise

  • Le bisphénol A bientôt interdit dans les emballages alimentaires | Change.org
    https://www.change.org/fr/p%C3%A9titions/s%C3%A9nateurs-votez-la-loi-interdisant-le-bisph%C3%A9nol-a-dans-les-emballa

    VICTOIRE ! C’est gagné ! Suite à votre mobilisation et celle de plus de 16 000 personnes, le Premier ministre Jean-Marc Ayrault a annoncé le 15 septembre dernier qu’il soutenait la loi interdisant le Bisphénol A et qu’elle serait votée au Sénat en octobre. Après un an d’attente, c’est une première victoire pour nous libérer de toutes les substances chimiques nocives.

    Attendons de voir.