La buona accoglienza avrà solo 200 posti

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  • Roma. La buona accoglienza avrà solo 200 posti

    Con il nuovo bando, penalizzato (anche in termini economici) il sistema più virtuoso, quello degli appartamenti e dei piccoli spazi. Il 75% dei posti destinati ai grandi centri collettivi.
    Più grandi centri per immigrati e meno accoglienza diffusa, quella virtuosa. Quasi destinata a sparire. È quello che accadrà a Roma, dopo il nuovo bando della Prefettura della Capitale che applica le nuove indicazioni del Viminale. Eppure lo scorso 31 gennaio il ministro dell’Interno Salvini, in occasione dell’inizio dello sgombero del Cara di Mineo, aveva affermato con orgoglio: «Avevamo promesso la chiusura dei grossi centri e lo stiamo facendo». Ma a Roma i numeri dicono proprio il contrario. La prefettura ha, infatti, messo a bando 3.970 posti di accoglienza. Di questi solo 200, il 5%, saranno in accoglienza diffusa in appartamenti, altri 800, il 20%, sono in centri collettivi fino a 50 posti, mentre la parte del leone la fanno i centri collettivi da 51 a 300 posti che avranno 2.970 posti, pari al 75% del totale. Una scelta che applica alla lettera il decreto ministeriale del 20 novembre riguardante i famosi tagli dei 35 euro al giorno di finanziamento ai centri, riducendo beni e servizi per il loro funzionamento. Un’impostazione che favorisce i centri di grandi dimensioni, anche in termini economici. Così, sempre secondo il bando, i centri ad accoglienza diffusa riceveranno 21,35 euro al giorno a persona, quelli collettivi fino a 50 posti ne avranno 26,35, quelli fino a 300 posti 25,25. Un taglio rispettivamente di 13,65 euro, 8,65 e 9,75. Si penalizzano, dunque, i centri che operano meglio, quelli che fanno davvero integrazione, come dimostrato anche da un recente dossier della Caritas di Roma, e che coinvolgono anche parrocchie e ordini religiosi.

    L’idea, sbagliata, che c’è dietro alle scelte del Viminale, applicate dalla Prefettura romana, è che l’accoglienza diffusa costi di meno. Ad esempio perché le persone cucinano da sole. Ma non tiene in conto che il costo degli affitti e delle utenze è proporzionalmente più alto (più appartamenti invece di un unico grande centro) o che un operatore in una struttura collettiva fa il giro delle stanze in pochi minuti, invece nell’accoglienza diffusa deve fare il giro di dieci appartamenti. Nella logica ministeriale gli immigrati devono stare per conto loro nell’appartamento e ogni tanto andare in un ufficio per risolvere i problemi. Ma in realtà l’accoglienza diffusa è più difficile e più costosa. Invece i grandi centri riceveranno di più e spenderanno di meno, grazie ai tagli dei servizi. Secondo un’analisi degli esperti della cooperativa InMigrazione, nel precedente bando del 2018 le ore giornaliere del personale da garantire per utente accolto, era 0,74 per centri piccoli e medi e 0,67 per quelli grandi. Col nuovo bando si scende a 0,36 per piccoli e medi e a 0,17 per quelli grandi. Un evidente calo della qualità dell’accoglienza, anche se sempre Salvini aveva detto «sono orgoglioso del nostro lavoro per offrire servizi migliori ai veri profughi e per stroncare l’illegalità». Ma l’illegalità, come emerso da moltissime inchieste, da ’mafia capitale’ in poi, riguarda soprattutto le grandi strutture.

    Ma proprio queste perderanno meno delle altre. Infatti col taglio dei servizi, i centri piccoli e medi risparmieranno 4,94 euro al giorno pro capite, mentre quelli grandi 6,50. Alla fine la perdita, rispetto al bando del 2018 a 35 euro, sarà di 8,71 euro per i centri piccoli ad accoglienza diffusa, 3,71 per quelli medi e di 3,25 per quelli grandi. Quest’ultima cifra può essere tranquillamente tamponata dalle economie di scala garantite dai grandi numeri: è evidente che con 300 utenti è possibile ottenere un prezzo vantaggioso da un catering che fornisce pasti rispetto a 20 utenti. A questo punto molti piccoli gestori rinunceranno a partecipare alla gara, soprattutto chi non vuole risparmiare sulla pelle degli immigrati. E si faranno avanti gli affaristi che li metteranno negli appartamenti dicendo «fate quello che vi pare, basta che non date fastidio ai vicini», col rischio che si creino situazioni pericolose.

    Si spiega così, molto probabilmente, la scelta della prefettura di Roma di limitare appena al 5% l’accoglienza diffusa. Devono coprire 4mila posti ma, conoscendo bene la realtà cittadina, sanno che con questi tagli, si corre il rischio di avere poche risposta per l’accoglienza diffusa. Così riduce il numero ad appena 200 posti. E Roma potrebbe fare presto scuola. Con tanti saluti alla buona accoglienza.

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    • Accoglienza: nei nuovi bandi 21 euro a migrante. Via psicologi, trasporti tagliati

      Gianfranco Schiavone, vicepresidente Asgi, commenta i nuovi bandi della Prefettura di Milano per l’accoglienza ai richiedenti asilo. “La filosofia? Non devono muoversi, non hanno bisogno di parlare”. Cosa cambia? “Impossibile l’accoglienza diffusa, è diventato il servizio più economico di tutto il settore socio-assistenziale”

      “Il messaggio politico che si vuole mandare è chiaro: con i migranti non c’è nemmeno bisogno di parlare”. Usa questa sintesi Gianfranco Schiavone, vice presidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), per definire i contenuti e le voci economiche dei nuovi bandi di Milano e area metropolitana e di altre città che si sono mosse mettendo a gara i centri per l’accoglienza degli stranieri. La Prefettura milanese è stata fra le prime, tra le grandi città, a pubblicare le gare per gli enti che vogliono gestire centri per richiedenti asilo nel 2019 e 2020: 2.900 posti complessivi, di cui 750 in appartamenti, 500 posti in strutture collettive fino a 50 posti, altri 1.650 per centri collettivi da 51 a 300 posti, a cui si aggiunge il Centro di accoglienza straordinaria “Caserma Mancini” di via Corelli 176. C’è tempo fino a metà marzo per rispondere all’appello della Prefettura, che ha scritto le gare basandosi sul nuovo capitolato della Direzione centrale del ministero dell’Interno. Lo ha fatto tagliando e sforbiciando soldi per le varie voci dell’accoglienza fino a scendere a una media di 21,35 euro per persona – più pocket money da 2,5 euro – per i centri da 50 posti di capienza. La filosofia che ci sta dietro? “Rendere impraticabile l’accoglienza diffusa e impossibile un minimo di qualità”, risponde Schiavone.
      Per il giurista “vengono penalizzate le strutture che non siano di mero parcheggio. Per cui la questione ora diventa che non siamo di fronte a un contenimento, anche drastico ma legittimo dei costi, ma all’impossibilità di fornire un servizio”. E secondo lui per rendersene conto basta “fare confronto con il costo di un qualunque piano freddo comunale per i senza dimora, dove peraltro si tratta di fornire servizi molto più ristretti. L’accoglienza agli stranieri diventerà il servizio più economico di tutto il settore socio-assistenziale, solo perché rivolto agli stranieri”.

      Sciorina numeri Schiavone: “Le basi d’asta non sono congrue, il più clamoroso scarto è su affitti e utenze. Nello schema di capitolato nazionale il ministero fa riferimento alla spesa mediana delle famiglie per affitti e utenze e le stima in 3,93 euro giornalieri per persona. In realtà i dati dall’Istat parlano di 11,91 euro. O è un clamoroso errore oppure una somma buttata lì. Un appartamento che ospita 5 persone secondo queste previsioni dovrebbe costare meno di 580 euro mensili tra affitto ed utenze. È impossibile che sia così a meno che non si tratti di situazioni degradate e geograficamente isolate con costi modesti, e ci sono aree di Italia in cui questo avviene, ma di certo non a Milano. L’associazione che vorrà realizzare accoglienza diffusa con i parametri del vecchio sistema Sprar non lo potrà fare”.

      Capitolo operatori sociali? “Viene stabilito che ce ne sarà 1 ogni 50 persone mentre la media Sprar era di a 1 a 10. Quindi l’operatore che deve gestire 10 appartamenti per 5 persone ciascuno come fa? Potrà seguire ogni ospite per dieci minuti al giorno, comprensivi di raccolta firme, distribuzione di beni, derrate alimentari, pocket money, mediazione linguistica e culturale. Le ore di dialogo sono 10 a settimana ogni 50 persone: significa 1,7 minuti al giorno”. Trasporti? “La logica del capitolato è quella per cui le persone non hanno bisogno di muoversi: 12 viaggi annuali da un massimo di 30 chilometri ciascuno. Significa non poter più frequentare i corsi di italiano gestiti dai Cpia (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti, ndr) che non esistono nei paesini e si aggiunge al fatto che il decreto Salvini impedisce agli enti gestori di fare i corsi di italiano in loco, all’interno i centri. Qualcuno li raggiungerà a piedi ma i meno fortunati delle aree periferiche o hinterland non ce la faranno. L’Italia sarà l’unico Paese dell’Unione europea a non insegnare ai richiedenti asilo la lingua del Paese ospitante, con quella che è una politica del disprezzo per quanto riguarda la partecipazione di queste persone alla vita pubblica”.

      Tra i tanti temi sollevati dal vice presidente di Asgi anche quello delle persone vulnerabili: “Si parla solo di richiedenti asilo, senza nessuna differenza di categoria – spiega Schiavone –: Anziani? Bambini? Donne violentate? Uomini torturati? Nessun servizio specifico”. “Non è prevista nemmeno la figura dello psicologo che curiosamente viene mantenuta solo nel Centro per il rimpatrio, dove ci sono persone che con alta probabilità verranno espulse dall’Italia. Non c’è nessuna previsione di spesa per l’infanzia e le famiglie quelle scolastiche o per l’animazione dei bambini, come se non esistessero. Era indifferenziato anche il capitolato precedente, ma nel momento in cui l’aggancio economico era il parametro Sprar con cifre un po’ al di sotto dei famosi 35 euro, almeno le cooperative e le associazioni mosse da buona fede sopperivano a questa carenze. Erano le stesse prefetture a richiamare gli enti gestori a questi compiti, anche se ovviamente chi voleva fare poco e male non veniva obbligato. Sarebbe positivo se la politica decidesse di dettagliare queste voci. Nei nuovi bandi, incluso quello di Milano, non lo si fa: solo spariscono. Oppure non costano più nulla”.

      Da ultimo quello che Schiavone ipotizza essere un “profilo di violazione della Convenzione europea sui diritti dell’uomo”. “Si parla chiaramente di fornitura di pasti e derrate alimentari – chiude Schiavone – a carico dell’ente gestore. Il punto è: queste persone non sono interdette, non sono in stato d’arresto, hanno anche doveri come il mantenimento della casa e possono uscire come e quando vogliono. Però si scrive che qualcuno gli deve portare la spesa a casa, come se non fossero in grado di farlo da soli, non potessero andare nei supermercati degli italiani per conto proprio”.

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/620425/Accoglienza-nei-nuovi-bandi-21-euro-a-migrante-Via-psicologi-traspo