• Precipita da 20 metri e muore nel Carso : tentava di attraversare il confine sloveno

    Un uomo con cittadinanza marocchina è morto dopo essere precipitato in un burrone di oltre una ventina di metri sul Carso, in #Val_Rosandra (#Trieste), mentre tentava di attraversare il confine con l’Italia assieme alla moglie e ad alcuni compagni.

    L’uomo è finito nel dirupo sotto le pareti rocciose nei pressi del castello di #San_Servolo, in Slovenia, ma quando è stato soccorso le sue condizioni erano già gravi. Sul posto sono intervenuti i tecnici del Soccorso Alpino della stazione di Trieste, la Polizia di Stato, l’ambulanza e l’elisoccorso del Fvg che è stato autorizzato a procedere al recupero in territorio sloveno. L’operazione con il verricello non è semplice nella zona ricca di crepacci e fitta vegetazione.

    Il 18 dicembre un migrante pakistano di 32 anni è stato inghiottito dalle acque dell’Isonzo, nel tratto tra #Gradisca e #Sagrado. L’amico, anche lui richiedente asilo, aveva tentato inutilmente di salvarlo gettandosi nel fiume.

    Secondo la Questura, i rintracci di migranti a Trieste sono aumentati di «almeno il 50%» nel 2019 rispetto al 2018: negli ultimi 12 mesi la Polizia di Frontiera ha rintracciato circa 4 mila persone, a cui se ne aggiungono altre 1.300 che si sono presentate spontaneamente negli uffici della Questura per le pratiche amministrative e la richiesta di protezione". A Trieste sono giunti per lo più cittadini pachistani ("circa il 60% del totale") afghani, iracheni, siriani e bengalesi. Per quanto riguarda le espulsioni, ha precisato Petronzi, sono stati 210 gli stranieri irregolari espulsi dal territorio nazionale, «una decina in più rispetto al 2018».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2020/01/01/news/tenta_di_attraversare_confine_sloveno_precipita_per_20_metri-244767445

    #frontière_sud-alpine #décès #morts #asile #migrations #réfugiés #Slovénie #Italie #Carso #mourir_aux_frontières #Alpes #violent_borders

    Ajouté à cette métaliste des migrants morts dans les Alpes :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Un algerino è morto cadendo in un burrone lungo il confine sul monte Carso

      La vittima è un immigrato caduto in un precipizio vicino al castello di San Servolo, in territorio sloveno. Nelle operazioni impegnato il Soccorso alpino di Trieste. Per il recupero impegnato l’elisoccorso del FVG.

      Un uomo, un algerino è precipitato ed è morto in un burrone di una ventina di metri mentre tentava di attraversare con alcuni compagni il confine tra Slovenia e Italia. L’uomo è caduto poco dopo le 8 di stamattina in un burrone sotto le pareti rocciose del Monte Carso vicino al castello di San Servolo. la vittima insieme alla moglie algerina e a due immigrati marocchini voleva entrare in Italia. Sul posto i tecnici del Soccorso Alpino della stazione di Trieste, la polizia, l’ambulanza e l’elisoccorso regionale che é stato autorizzato a procedere al recupero in territorio sloveno. Il recupero con il verricello non sarà semplice data la presenza di vegetazione.

      https://www.rainews.it/tgr/fvg/articoli/2020/01/fvg-Monte-Carso-infortunio-166e0a56-dc7d-4b03-a030-acd4f544a5d9.html?wt_mc=2

    • La seconda ricostruzione ci porta indietro solo di qualche settimana da oggi, al primo gennaio, anno bisesto 2020. È sempre Alessandro a parlare. Un uomo percorre a piedi, da solo, ci dice, la strada che dai pressi del Castello di San Servolo, sul confine tra Slovenia e Italia, porta alla stazione centrale ferroviaria di Trieste. Non so quanto sia la distanza in chilometri, so che è lunga, in particolar modo per chi viene da lontano e di questi luoghi non conosce niente. Non so se sia arrivato di corsa, quante strade abbia sbagliato, quante voci lo abbiano ignorato. Quanta forza e rabbia abbia avuto dentro sé.
      Entra in un bar, uno all’interno conosce il suo dialetto e capisce. Chiede aiuto, dice che un uomo, un suo amico, è precipitato nel vuoto “in montagna”. Per fortuna gli credono, lo caricano in macchina e lui li porta nel posto dove tutto questo si è verificato, su uno dei ciglioni della Val Rosandra.
      Poche ore prima, sul far del mattino, mentre tanti ancora dormivano per i fasti della nottata di Capodanno, un uomo di 29 anni, stava attraversando il confine assieme alla moglie di 27 anni e un amico, non conoscendo affatto la conformità del terreno carsico e il territorio circostante. Vengono dall’Algeria, sono arrivati qui attraverso la rotta balcanica e non passando per Gibilterra, più vicina al suo paese ma presidiata oltremodo per impedire il passaggio dei migranti.
      Hanno un figlio di 6 mesi, rimasto con i nonni in Algeria. La maggior parte dei migranti arriva attraverso la rotta balcanica partendo dal Pakistan, dall’Afghanistan e dall’Algeria.
      A pochi metri dalla moglie, all’improvviso, l’uomo scivola in un dirupo, venti metri più in basso. Impossibile raggiungerlo e cercare di dargli aiuto. L’amico poco distante dal luogo della tragedia non esita e si lancia in discesa senza sapere dove andare, verso un paese, in cerca di aiuto.
      Quando arrivano i soccorsi, il Soccorso Alpino di Trieste e i Vigili del Fuoco, per il giovane migrante non c’è più niente da fare. La moglie, in evidente e comprensibile stato di choc, sarà assistita dalla Caritas Diocesana di Trieste e richiederà asilo politico in Italia.
      Quanta strada hanno percorso viaggiando a piedi tra deserti, attraversando mari, rischiando in ogni giorno la vita nell’attraversare frontiere spesso invisibili senza capire dove realmente sarebbero arrivati. Quanti di noi sarebbero disposti a fare qualcosa del genere in cerca di un posto dove poter vivere liberi. Loro lo hanno fatto. Erano vicini alla meta, una meta alta venti ripidi metri di roccia calcarea. Nessuna targa, nessun ricordo per loro.

      http://www.alpinismomolotov.org/wordpress/2020/03/09/mi-smo-tu-noi-siamo-qui-sul-confine-tra-lisonzo-e-la-balkan-route

  • #Medhanie l’Erythréen est-il un redoutable passeur ou un migrant pris dans une erreur judiciaire ?

    « Ce n’est pas juste, je ne peux pas accepter une décision qui est aussi injuste. » La voix frêle de la jeune femme se brise en sanglots. Au téléphone depuis Khartoum, Seghen refuse d’admettre ce qui arrive à son frère cadet. « La vérité est claire, Medhanie est innocent, pourquoi les procureurs s’obstinent-ils ? » Cette question plane sur le tribunal de Palerme, en Sicile, depuis quatre mois. Qui est ce Medhanie aux cheveux crépus et au regard blême, présenté pour la troisième fois devant la justice italienne, mercredi 21 septembre ? Est-il Medhanie Yehdego Mered, le chef érythréen du réseau de passeurs de migrants désigné à ce jour comme le plus important d’Afrique du Nord, ou s’agit-il de Medhanie Tesfamariam Behre, un simple migrant érythréen arrêté par erreur ?

    http://www.lemonde.fr/afrique/article/2016/09/23/medhanie-l-erythreen-est-il-un-redoutable-passeur-ou-un-migrant-pris-dans-un

    #passeurs #asile #migrations #smugglers #réfugiés

    • Kafka in Sicily: New Evidence But No End for Refugee in Smuggler Trial

      After more than a year in jail despite extensive evidence of being a victim of mistaken identity, a man extradited from Sudan appeared before Italian judges for the 22nd time this week. Eric Reidy reveals new evidence showing he is a refugee not a smuggling kingpin.

      https://www.newsdeeply.com/refugees/articles/2017/09/13/kafka-in-sicily-new-evidence-but-no-end-for-refugee-in-smuggler-trial

    • Arrestato in Sudan, processato a Palermo. Scambio di persona o vittima dei servizi ?

      E’ ripreso, giusto il 3 ottobre scorso, in Corte di Assise a Palermo. il processo ad un giovane eritreo #Medhanie_Tesfamariam_Berhe, arrestato il 24 maggio dello scorso anno in Sudan, estradato in Italia il 7 giugno del 2016 e rinviato a giudizio qualche mese dopo con l’accusa di traffico di persone. Secondo la Procura di Palermo si tratterebbe di Medhane Yehdego Mered, ritenuto uno dei più grandi trafficanti di esseri umani sulla cosiddetta “rotta libico-subsahariana” e al centro di indagini condotte dalla stessa procura sui trafficanti coinvolti nella strage di Lampedusa del 2013.

      http://www.a-dif.org/2017/10/08/arrestato-in-sudan-processato-a-palermo-scambio-di-persona-o-vittima-dei-serv

    • Dall’Eritrea a Palermo per difendere il figlio: «In carcere c’è un innocente»

      Batte le mani sul petto e ripete che quell’uomo in carcere è suo figlio, un falegname e non un trafficante di uomini. Meaza Zerai Weldai è una mamma che ha intrapreso un viaggio lungo e faticoso per arrivare a Palermo dall’Eritrea e sottoporsi al test del Dna. Suo figlio, Medhanie Tesfamariam Berhe, è stato arrestato nel 2016 ed è accusato di avere guadagnato sulle traversate della speranza dall’Africa. Per le autorità inglesi e italiane il suo nome è Medhanie Yehdego Mered. “Mio figlio non c’entra nulla con gli sbarchi, nella foto diffusa per le ricerche non lo riconosco. Quello è un altro uomo”. (di Romina Marceca e Giada Lo Porto)

      http://video.repubblica.it/edizione/palermo/dall-eritrea-a-palermo-per-difendere-il-figlio-in-carcere-c-e-un-innocente/287499/288114

    • ’Not my brother’: Italian court told defendant is not Eritrean smuggler

      Relative of human trafficker Medhanie Yehdego Mered does not recognise detainee.

      An Eritrean man says his brother, believed one of the world’s most wanted people smugglers, remains free while another has been arrested in his place. Merhawi Yehdego Mered, 38, has testified before a judge in Palermo, via videolink from the Netherlands, saying the man facing trial in Sicily is not the notorious human trafficker Medhanie Yehdego Mered.

      Merhawi suggested that the suspect, who has now been in prison for two-and-a-half-years, is a victim of mistaken identity. “This is not my brother,” he said when seeing the detainee on camera.

      In June 2016 prosecutors in Palermo announced the capture in Khartoum of a 35-year-old Eritrean whom they alleged was Medhanie Yehdego Mered, AKA “the general”. He was suspected of being one of the most sought after human traffickers in the world, and he was extradited to Italy from Sudan with the help of the UK’s National Crime Agency.

      His arrest, after an investigation that spanned two continents and five countries, was presented to the press as a brilliant coup for the new anti-trafficking strategy.

      But since news of the arrest first broke there have been serious doubts over the man’s identity. Dozens of Mered’s alleged victims claim the wrong man is on trial. The man extradited also looks markedly different to photographs of Mered released by prosecutors before the arrest.

      Close friends and relatives of the detainee have told the authorities that the man arrested is 29-year-old Medhanie Tesfamariam Berhe, a refugee.

      Merhawi is the latest person to insist that the authorities have apprehended the wrong man. Last week, Lidya Tesfu, reportedly the trafficker’s wife, told the judge that the man in prison was not her husband. “I know you have placed my husband under investigation,” she said. “But the man on trial is not Mered.”

      Among the many factors that point to the innocence of the arrested man, including two DNA tests (one of them carried on the smuggler’s son) is a documentary by the Swedish broadcaster SVT in collaboration with the Guardian, which said Mered was living it up in Uganda while Berhe faced up to 15 years in jail.

      In July 2017 the New Yorker published an investigation based in part on a three-hour telephone interview with Mered. He told the magazine he was still at large and that he was in prison in a different country at the time of the Berhe’s arrest.

      Last week a lawyer requested that Berhe be released on bail and placed under house arrest. The judge rejected that request, fearing that Berhe could flee the country before the verdict.

      The NCA and Italian prosecutors declined to comment “until the conclusion of the court case’’.

      The growing impression is that the prosecutors are no longer concerned whether the man in custody is Mered, but are intent on demonstrating that they have apprehended a man involved in smuggling. “It now appears obvious that Berhe is neither a trafficker nor an intermediary,” Berhe’s lawyer, Michele Calantropo, told the Guardian.

      Berhe’s sister, Seghen Tesfamariam, said: “The trial is going unfairly. No matter what evidence the lawyer presents, they don’t want to accept it. The only way to sentence my brother for being Mered would be to fabricate the evidence.”

      According to Fulvio Vassallo, an expert on migration and asylum law, from the University of Palermo, this case is more than a story of mistaken identity. “This endless trial, carried out on the basis of contradictory evidence, is the proof that the entire strategy pursued by EU governments of hunting down smugglers through criminal proceedings as a way to keep immigration numbers down is failing.”


      https://www.theguardian.com/world/2018/dec/19/not-my-brother-italian-court-told-defendant-is-not-eritrean-smuggler

    • Asilo politico per Medhanie Tesfamariam Behre

      L’eritreo, rimasto in carcere per tre anni perché scambiato per il più spietato trafficante di uomini, il generale Medhanie Yedhego Mered, adesso è un rifugiato politico

      https://www.rainews.it/tgr/sicilia/articoli/2019/08/sic-asilo-politico-medhanie-tesfamariam-behre-b110d947-30bc-4657-be00-3bc9d0

      Medhanie a reçu l’asile, il est donc un homme libre et le besoin de protection de protection a été reconnu, pourquoi donc encore et toujours utiliser cette #photographie dans les nouvelles annonçant qu’il a obtenu l’asile ?


      Pourquoi encore une image d’un homme menotté et assimilé à un criminel ?
      #médias #journalisme #couverture #image #presse #criminalisation

    • À Palerme, un jury reconnaît une erreur d’identité sur le « boss » des passeurs

      Un Érythréen était accusé d’avoir dirigé un vaste réseau de trafiquants de migrants. Les enquêteurs l’ont en réalité confondu avec le véritable suspect.

      Un coup dur pour les enquêteurs. La cour d’assises de Palerme a reconnu vendredi une erreur d’identité dans l’affaire d’un Erythréen accusé d’avoir dirigé un vaste réseau de trafiquants de migrants. La cour a ordonné la libération immédiate de l’homme jugé, tout en assortissant sa décision d’une condamnation pour aide à l’immigration clandestine. Cette peine est couverte par ses plus de trois ans de détention préventive.

      Mais le jeune homme a en fait été conduit dans la soirée vers le centre de rétention de Caltanissetta, dans le centre de la Sicile, en vue d’une éventuelle expulsion, a annoncé son avocat, Me Michele Calantropo, qui a déposé une demande d’asile en son nom maintenant que son identité est établie.
      Des années d’enquête

      En juin 2016, les autorités italiennes avaient fièrement annoncé l’arrestation au Soudan et l’extradition en Italie de Medhanie Yehdego Mered, après des années d’enquête sur ces réseaux qui ont envoyé des centaines de milliers de migrants en Europe, et des milliers à la mort. Premier chef de réseau jugé en Italie, Mered est soupçonné en particulier d’avoir affrété le bateau dont le naufrage avait fait plus de 366 morts le 3 octobre 2013 devant l’île de Lampedusa.

      Mais, très vite, les témoignages ont afflué pour dire que l’homme arrêté n’était pas Mered mais Medhanie Tesfamariam Berhe, un réfugié érythréen échoué à Khartoum et n’ayant en commun avec l’homme recherché qu’un prénom relativement courant en Erythrée. Plusieurs enquêtes menées par des journalistes italien, américain et suédois ont établi que Behre avait été repéré au printemps 2016 par les enquêteurs parce qu’il avait flirté avec la femme de Mered sur Facebook et appelé un passeur en Libye pour avoir des nouvelles d’un cousin parti pour l’Europe.

      À cette époque, les enquêteurs avaient perdu la trace de Mered, arrêté fin 2015 à Dubaï pour détention de faux passeport. Libéré huit mois plus tard, il vit désormais en Ouganda, selon ces journalistes. Outre de multiples témoignages, la défense a fourni des photos de Mered n’ayant aucune ressemblance avec l’accusé ou encore une analyse ADN liant l’homme arrêté à la mère de Behre.
      Un réquisitoire aux airs d’aveu d’échec

      Mais l’accusation a maintenu le cap, assurant en particulier que les conversations enregistrées avec le passeur en Libye n’avaient rien d’innocent. Même si la cour n’a pas encore publié ses attendus, ce sont probablement ces conversations qui lui ont valu sa condamnation.

      Le 17 juin, le procureur Calogero Ferrara avait requis 14 ans de réclusion et 50 000 euros d’amende contre l’accusé, insistant sur le « mépris absolu » des passeurs pour la vie humaine. Mais ce réquisitoire léger était déjà un aveu d’échec : par comparaison, le Tunisien Khaled Bensalem, simple passeur ayant survécu au naufrage de Lampedusa, a pour sa part été condamné à 27 ans de prison, allégés à 18 ans parce qu’il avait accepté une procédure accélérée.

      Comme lui, les dizaines de « #scafisti » (passeurs des mers) détenus en Libye sont pour l’essentiel des petites mains. Les enquêteurs disposent pourtant d’un vaste arsenal juridique mis en place au cours des dernières décennies dans le cadre de la lutte antimafia : écoutes téléphoniques y compris à l’étranger, témoignages de repentis... Ils peuvent aussi s’appuyer sur le renseignement recueilli par les agences et polices d’Europe.

      https://www.lexpress.fr/actualite/monde/europe/a-palerme-un-jury-reconnait-une-erreur-d-identite-sur-le-boss-des-passeurs_