• Processo Open Arms, la città di Barcellona si costituisce parte civile contro Salvini

    Il consiglio comunale di Barcellona si costituirà parte civile nell’ambito del processo Open Arms contro l’ex ministro dell’interno italiano, Matteo Salvini.

    La sindaca di Barcellona, Ada Colau, lo ha confermato mercoledì nel corso di una visita alla nave di salvataggio della Ong. Il Comune si presenterà dunque come parte accusante nell’ambito del procedimento in cui Salvini potrebbe dover rispondere di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio.

    Siamo ancora nelle fasi dell’udienza preliminare, al via lo scorso 9 gennaio nella città di Palermo.

    Salvini potrebbe andare a processo qualora il Gup, Lorenzo Jannelli, dovesse ritenere che l’ex ministro abbia violato le leggi italiane nel negare l’ingresso nel porto di Lampedusa alla nave di salvataggio spagnola Open Arms, con 163 persone a bordo, nell’agosto 2019.

    Il giudice ha ammesso al procedimento le accuse di 18 parti civili, tra cui 7 immigrati che viaggiavano sulla barca.

    Il Comune di Barcellona, nel 2019, ha siglato un accordo con la ONG, donandole circa mezzo milione di euro (quasi il 35% del totale del progetto), e conferendo all’organizzazione la medaglia d’oro per il merito civico.

    Per questo motivo, «il Comune può rivendicare contro Salvini un danno patrimoniale causato dal blocco della nave»; inoltre, indica l’ufficio del sindaco in un comunicato, sussisterebbe un danno d’immagine causato alla città di Barcellona.

    «Sia il governo spagnolo che quello italiano volevano farci una multa di un milione di euro. Ora però possiamo vedere, anzi, tutti possono vedere che si è trattato di un’infamia, che siamo stati vittime di un abuso di potere. Le persone che avevano bisogno di aiuto immediato sono state private della loro libertà, come dicono le convenzioni internazionali», spiega Oscar Camps, direttore della ONG, convinto che la sua organizzazione abbia agito nel rispetto dei trattati internazionali e del diritto del mare.

    Nei 21 giorni in cui alla barca è stato negato l’attracco, 14 persone si sono buttate in mare cercando di raggiungere terra a nuoto. Fu alla fine il procuratore di Agrigento a consentire lo sbarco dei migranti.

    Il procuratore ha parlato di una situazione «di grande disagio fisico e psicologico, di profonda angoscia psicologica, e di altissima tensione emotiva che avrebbe potuto provocare reazioni difficili da controllare, delle quali, inoltre, il tentativo di raggiungere l’isola a nuoto è stato solo un preludio».

    Salvini è già comparso in tribunale il 3 ottobre 2020, a Catania, nell’ambito dell’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio per il caso della nave Gregoretti e dei suoi 131 migranti a bordo. La ONG ritiene che il politico italiano abbia bloccato l’ingresso in porto alla Open Arms per un proprio tornaconto elettorale.

    L’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, sostiene che la decisione sia stata presa in blocco da tutto il governo, e che non si sia trattata di un’iniziativa singola dell’allora ministro dell’Interno. Sottolinea inoltre che la Open Arms rifiutò altre alternative di porto di sbarco e che, avendo effettuato il salvataggio in acque libiche e maltesi, ed essendo imbarcazione battente bandiera spagnola, non avrebbe dovuto cercare un porto sicuro in Italia.

    L’udienza preliminare del processo Open Arms si è già tenuta, anche se brevemente; tuttavia, il magistrato ha deciso di rinviare la seduta al prossimo 20 marzo 2021. Il luogo scelto è stato simbolico, ovvero il bunker del carcere Ucciardone di Palermo, dove si tenne il maxiprocesso contro la mafia negli anni ’80.
    Cronologia dei fatti dell’agosto 2019

    Nell’agosto 2019, Salvini negò per 21 giorni lo sbarco ad Open Arms sull’isola di Lampedusa ai circa 160 migranti a bordo, salvati dalla Ong da un naufragio. Dopo una serie di evacuazioni parziali, per ragioni medico-sanitarie, rimasero alla fine a bordo 90 persone. Negli ultimi tre giorni, con la barca alla fonda a soli 800 metri dal porto, diversi migranti si buttarono in mare per raggiungere la terraferma.

    La prima offerta del governo spagnolo di concedere un porto di sbarco per i migranti arrivò dopo 17 giorni di odissea, ma la Open Arms si rifiutò di fare rotta verso i porti di Algeciras e Mahon, considerati troppo lontani.

    L’equipaggio giustificò la propria decisione per ragioni legate alla sicurezza di chi era a bordo e all’impossibilità per la barca di effettuare un viaggio così lungo. Open Arms denunciò anche lo stato di prostrazione fisica e psicologica sia dell’equipaggio sia dei migranti salvati a causa del lungo protrarsi del braccio di ferro politico e diplomatico.

    Madrid si decise ad inviare la nave della Marina spagnola «Audaz» per prendere in carico i migranti e scortare la «Open Arms» fino al porto di Maiorca, ma alla fine, nella notte del 20 agosto, la procura di Agrigento diede il via libera agli 83 migranti rimasti a bordo di sbarcare a Lampedusa, mettendo fine all’odissea.

    Il procuratore di Agrigento prese questa decisione dopo essere salito a bordo della nave spagnola, accompagnato da diversi medici, per verificare le condizioni dei migranti e la situazione a bordo.

    https://it.euronews.com/2021/01/27/processo-open-arms-la-citta-di-barcellona-si-costituisce-parte-civile-c

    #Barcelone #sauvetage #sauvetage_en_mer #migrations #réfugiés #partie_civile #procès #Open_Arms #Salvini #Italie #Ana_Colau #villes-refuge #justice #abus_de_pouvoir #port

    –---

    Ajouté à la métaliste sur les villes-refuge:
    https://seenthis.net/messages/759145

    ping @isskein @karine4

    • Barcelona se personará en el juicio en Italia contra Salvini por el bloqueo del Open Arms

      Barcelona se personará en el juicio en Italia contra Salvini por el bloqueo del Open Arms

      El Ayuntamiento de Barcelona ha iniciado los trámites para personarse como parte civil en el proceso penal que se sigue en Palermo (Italia) contra el exministro de Interior Matteo Salvini por impedir que el barco de rescate Open Arms desembarcara en el país con más de 130 personas a bordo en verano de 2019. "Nos personamos en esta causa judicial porque si atacan a Open Arms sentimos que atacan a toda la ciudad de Barcelona, una ciudad comprometida con la paz, los derechos humanos, la ...

      https://www.europapress.es/catalunya/noticia-barcelona-personara-juicio-italia-contra-salvini-bloqueo-open-ar

  • Detention Centres and COVID19. Situation in Spain : Is the government emptying the centres ?

    Desde la Federación SOS Racismo e Iridia, os queríamos preguntar cómo está la situación de los Centros de detención en Europa, para ver si podemos coordinar algún tipo de acción para exigir su cierra ahora que el CIVID19 está cambiando nuestro día a día.

    En principio, el gobierno español está vaciando poco a poco los #CIE

    https://www.europapress.es/catalunya/noticia-liberan-todos-internos-cie-barcelona-no-poder-repatriarlos-20200

    https://www.lavanguardia.com/politica/20200319/474263064358/interior-abre-puerta-liberar-internos-cie.html

    Según nuestras fuentes, la idea es (dado que muchos países han cerrado fronteras y vuelos con España) ir vaciando poco a poco los centros de detención comenzando por las personas que no pueden ser expulsadas y pueden tener recursos familiares, y después tratar de utilizar los recursos de los proyectos de humanitaria para las personas que no tengan recursos de este tipo. Ahora mismo los CIE de Tarifa y Barcelona están vacíos, el de Algeciras (5), Valencia tienen unos pocos internos (menos de 30), Tenerife (25), Las Palmas (69) – los números son del lunes-. El número más importante (y las tensiones) están localizadas en Madrid (75) y Murcia (78) en los que ha habido protestas y las personas internas están nerviosas con la situación.

    También hay que decir que parece ser que las personas qu ehan llegado en los últimos días a través de embarcaciones están siendo derivadas a centros sociales y no a los centros de detención (casos de Andalucía y Canarias)

    Brigitte también nos ha comentado que en Francia se está en un proceso similar:

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2020/03/21/les-centres-de-retention-administrative-se-vident_6033939_3224.html

    #détention_administrative #rétention #Espagne #France #asile #migrations #réfugiés #coronavirus #centres_de_rétention_administrative #vide #se_vider (je ne trouve pas d’autres mots-clé à ajouter au mot-clé « se vider », idées bienvenues)

    ping @thomas_lacroix @karine4 @isskein

    • Un juez ordena el desalojo del #CIE de #Las_Palmas para frenar los contagios

      Los centros de internamiento mantienen todavía a cerca de 100 inmigrantes, a pesar de la imposibilidad de expulsarlos.

      Un juez ha ordenado este martes el desalojo del Centro de Internamiento de Extranjeros (CIE) de Las Palmas de #Gran_Canaria, al detectarse “un progesivo contagio” de coronavirus entre los internos. El magistrado justifica la medida en las condiciones de “hacinamiento” de los internos y la imposibilidad de garantizar el aislamiento en el centro. Cerca de un centenar de personas, según el Ministerio del Interior, permanecen aún encerrados en los CIE pese a que las restricciones fronterizas en todo el mundo impiden deportarlos a sus países de origen.

      La orden del juez de ordenar la liberación de los internos se suma a la petición que ya había realizado el Defensor del Pueblo el 19 de marzo, cuando aún no había ningún contagio confirmado en los siete centros de internamiento de toda España. Casi dos semanas después, aún hay cerca de 100 personas encerradas (un 12% de un total de 866 plazas, según Interior). El pasado domingo la ocupación se mantenía al 30%. La mayoría de ellos está concentrada en los dos centros de las islas Canarias, según fuentes conocedoras de la ocupación de las instalaciones.

      El CIE de Barranco Seco al que se refiere el magistrado, tiene al menos dos internos diagnosticados de Covid-19, según publicó la prensa local la semana pasada. “La decisión adoptada se basa en estrictas razones de salud pública y orden público y por estrictas razones de humanidad”, dicta el magistrado. El resto de centros, algunos como el de Barcelona totalmente vacíos, no ha registrado ningún caso positivo, según Interior.

      El juez canario Arcadio Díaz Tejera mantiene que “existe un progresivo empeoramiento de la salud de los servidores públicos que han estado o están prestando servicios en el centro” de Barranco Seco, una antigua cárcel. El magistrado, que ejerce las funciones de control del centro, también se refiere al “progresivo contagio que se ha dado entre los migrantes”. “Es razonable entender que dadas las vías de transmisión de ese microorganismo, el hacinamiento constituye un factor favorable para la expansión de la infección”, recoge la resolución judicial.
      Derecho a la salud

      El juez Díaz recuerda que la privación de libertad en los centros de internamiento tiene como objetivo la expulsión de los inmigrantes, un procedimiento que en las circunstancias actuales es prácticamente imposible de ejecutar. Prevalece, mantiene el magistrado, el derecho a la salud de los internos y de los servidores públicos que allí trabajan.

      El magistrado ordena, por tanto, que se traslade a los migrantes a centros de acogida al ritmo “más ágil posible”, debido a los contagios que se están produciendo y ante la “inexistencia de condiciones adecuadas para garantizar el debido aislamiento de los internos con síntomas o que han dado positivo”.

      Este juez, que ejerce la función de control del CIE de Las Palmas, ya había comparado las instalaciones con “las cárceles de la dictadura”. En auto de febrero en el que instaba a las autoridades a subsanar las deficiencias del centro, denunciaba los “sinsentidos, irregularidades y carencias” del lugar.

      La liberación de los extranjeros por parte del Ministerio del Interior está siendo más lenta de lo que a las asociaciones humanitarias y a sus propios abogados les gustaría. En Valencia, un juez ha ordenado la puesta en libertad de una mujer marroquí internada en el CIE de Zapadores. “Las especiales circunstancias que concurren en el territorio nacional” y las “dudas razonables de que pudiera llevarse a cabo la expulsión dentro del plazo máximo legal de 60 días” aconsejan “el cese del internamiento”, dispone el auto del magistrado valenciano.

      Este juez, sin embargo, ha impuesto a la mujer la obligación de someterse a controles semanales en la Brigada de Extranjería de la Policía y le ha retirado el pasaporte. “Es triste que hayamos tenido que recurrir a la justicia para conseguir una puesta en libertad que ya habíamos solicitado hace dos semanas y que el Defensor del Pueblo respaldó. Esto viene a demostrar que el internamiento no es una medida cautelar para la expulsión, sino que busca castigar la estancia irregular”, afirma Paco Solans, vicepresidente de la Asociación de Abogados de Extranjería.

      Huelga de hambre para ir a la Península

      Además de la liberación paulatina de los extranjeros internados en los CIE, las autoridades han permitido por motivos sanitarios el traslado a la Península de 142 personas que permanecían en el #Centro_de_Estancia_Temporal_de_Extranjeros (#CETI) de Ceuta. Las instalaciones albergaban a más de 650 personas cuando su capacidad es de 512 plazas. El salvoconducto, que ha beneficiado sobre todo a subsaharianos y argelinos, ha generado malestar entre los marroquíes que aún están en el centro. Un grupo de 13 marroquíes solicitantes de asilo ha iniciado una huelga de hambre para protestar por “la discriminación que sufren ante otras nacionalidades”.

      https://elpais.com/sociedad/2020-03-31/un-juez-ordena-el-desalojo-del-cie-de-las-palmas-para-frenar-los-contagios.h
      #évacuation #justice #grève_de_la_faim

    • El Gobierno prevé liberar a todos los internos de los CIEs antes del lunes

      - Mientras que el jueves la ocupación de los CIEs es del 9%, Interior espera que el próximo lunes sea del 0%
      - Interior facilita esta información a raíz de la liberación de casi todos los internos del #CIE de #Aluche

      El gobierno de España prevé liberar a todos los internos de los siete Centros de Internamiento de Extranjeros (CIE) que hay en funcionamiento actualmente, según ha confirmado el Ministerio del Interior a Fundación porCausa. La puesta en libertad de los migrantes en situación irregular recluidos en estos centros concluirá el próximo lunes, según señala Interior, aunque dependerá en último extremo de la coordinación con los organismos de acogida. Es la primera vez que España aplica una medida de estas características en estos centros, que han sido denunciados en reiteradas ocasiones por organizaciones de Derechos Humanos.

      Interior explica que lleva varios días liberando de forma progresiva a las personas migrantes recluidas en estos centros, ante la incapacidad de devolverlas a sus países, debido al cierre de fronteras, y para respetar las medidas de distanciamiento social en el marco de la lucha contra el coronavirus. Según la ley, la duración máxima del internamiento en un CIE es de 60 días y para entonces el interno debe ser puesto en libertad o devuelto a su país de origen.

      El ministerio que encabeza Fernando Grande-Marlaska ha facilitado esta información a raíz de la liberación de casi todos los internos del CIE de Aluche durante la mañana de este jueves. En el centro madrileño quedan cinco internos, dejando las instalaciones prácticamente vacías.

      Antes de que el Gobierno anunciara el estado de alarma el pasado 13 de marzo debido a la crisis de la COVID-19, la ocupación de los CIEs era de un 59%. La crisis sanitaria ha imposibilitado la devolución de los internos a sus países de origen, por lo que la ocupación de estos centros cayó al 25% la semana pasada. Según los datos facilitados por Interior, este jueves la ocupación era del 9% y se espera que el próximo lunes sea del 0%.

      Cada uno de los casos se está tratando de manera individual, y la demora de algunos de ellos se debe a la coordinación de los organismos de acogida y las Comunidades Autónomas. El cierre del centro se suma al de Hoya Fría, en Tenerife, y al de Barranco Seco, en Las Palmas de Canaria, a principios de semana. Por el momento siguen abiertos los CIEs de Murcia, Valencia y Algeciras, según informó El Salto.

      Estas medidas, aunque no son de la misma magnitud que las que se han tomado recientemente en otros países de la Unión Europea, son las primeras que se llevan a cabo en España al respecto. Esta semana el gobierno de Portugal aprobó regularizaciones exprés para los migrantes que no tuvieran permiso de residencia, mientras que Alemania tiene en cuenta en su lucha contra el coronavirus a los médicos migrantes que llegaron, sobre todo, en la oleada del año 2015.

      Voces por el cierre de los centros

      Desde el anuncio del estado de alarma, numerosos colectivos pro migrantes se han preguntado qué iba a pasar con los internos de los CIE, ya que la expulsión a sus países de origen era imposible en la mayoría de los casos debido al cierre de fronteras. El 17 de marzo, ante la liberación de varias personas internas en el CIE de València, El Levante publicó que el resto de ingresados en los centros de internamiento españoles podrían ser puestos en libertad ese mismo día. En ese momento el Ministerio del Interior afirmó que el Gobierno no contemplaba liberar a los internos de los CIEs y señaló que ninguno había dado positivo en las pruebas del COVID-19. Interior también aseguró que se estaban aplicando protocolos sanitarios, incluyendo la habilitación de salas vacías higienizadas para posibles casos sospechosos.

      Ese mismo día hubo un intento de motín protagonizado por los internos en el CIE de Aluche. SOS Racismo Madrid pidió en un comunicado que todas personas internas en cualquier CIE fueran liberadas y tratadas adecuadamente. Señalaron que, ante la imposibilidad de deportación, la retención era «un sinsentido» y mantenerlos encerrados y expuestos al contagio de coronavirus suponía «un atentado contra su salud y una flagrante violación de los derechos humanos».

      También se unieron a la petición de cierre de los CIE otros colectivos, como la plataforma CIEs No Madrid, que advirtió que «si ya en circunstancias normales no cumplen las normas de seguridad e higiene, en este caso se agrava la situación», y denunciaron que los internos están «hacinados en habitaciones, no tienen medidas higiénicas suficientes, no se les está haciendo pruebas, el servicio médico no es el adecuado, no se les va a llevar a servicios externos…». También el Defensor del Pueblo pidió a mediados de marzo la liberación de estas personas, alegando que se encuentran «en una situación particularmente vulnerable» en el escenario de la crisis sanitaria actual.

      Opacidad, gastos inútiles y muertes evitables

      Las voces que se oponen a la existencia de los CIEs no han hecho más que crecer en los últimos años, denunciando que son espacios donde se violan los Derechos Humanos y cuyos internos son personas inocentes encerradas por faltas administrativas. Son espacios en torno a los que existe mucha opacidad: los periodistas, que sí pueden entrar en prisiones, no pueden acceder al interior de un CIE (pocos lo han conseguido). Pero, además, son herramientas cruciales para sostener el sistema de control migratorio que en ocasiones no suponen más que un gasto inútil (como el caso del CIE de Fuerteventura, que seguía generando millones de euros de gasto a pesar de no estar operativo).

      En España hay siete CIE. Algunos han sido denunciados por tener a sus internos en condiciones inhumanas, que en ocasiones han llevado a la muerte de algunos de ellos. Fue el caso de Samba Martine, cuyo fallecimiento en 2011 tras pasar 38 días en el CIE de Aluche podía haberse evitado de haber recibido el tratamiento adecuado, según la Audiencia de Madrid.

      Interior no especifica si también liberará a los internos de los Centros de Estancia Temporal de Inmigrantes (CETI), situados en las ciudades autónomas de Ceuta y Melilla y cuya capacidad total es de 512 y 480 personas, respectivamente. Estos establecimientos dependen de los gobiernos de cada una de estas ciudades, y aunque también se entienden como una primera acogida provisional, las condiciones no son las mismas: los internos pueden entrar y salir con libertad mientras duran los trámites de identificación y reconocimiento médico, así como desempeñar trabajos fuera del mismo. No obstante, la estancia de los migrantes se ha llegado a ampliar varios años y son conocidas las vulneraciones de derechos que se sufren en su interior.

      Sumado a esto, la crisis del coronavirus ha acrecentado las ganas de salir de estos centros de internamiento. Al inicio de esta semana, en el CETI de la ciudad de Ceuta trece migrantes solicitantes de asilo, principalmente de origen marroquí, estuvieron en huelga de hambre para denunciar la discriminación que sentían por parte del Gobierno, que trasladó a 142 personas de origen subsahariano a la península. Además, ayer se conoció el contagio por coronavirus de una bebé en el centro, que supone el segundo caso de un menor infectado por el virus en la ciudad de Ceuta.

      https://blogs.publico.es/conmde/2020/04/02/libertad-cies-coronavirus

  • Un total de 655 personas han muerto o desaparecido en rutas migratorias de acceso a España en 2019, según una ONG

    El Colectivo Caminando Fronteras ha contabilizado 655 personas muertas y desaparecidas en su monitoreo anual del derecho a la vida en las rutas migratorias de acceso a España —Estrecho, #Mar_de_Alborán, Islas Canarias y ruta argelina—. Sin embargo, Caminando Fronteras ha alertado de que las cifras reales de muertes y desapariciones de personas migrantes que intentaron acceder a España en 2019 son «bastante superiores» a las recogidas por organismos oficiales.

    https://www.europapress.es/epsocial/migracion/noticia-total-655-personas-muerto-desaparecido-rutas-migratorias-acceso-
    #mourir_aux_frontières #Espagne #frontières #asile #migrations #réfugiés #Méditerranée #Mer_Méditerranée #Canaries #îles_Canaries #Etroit_de_Gibraltar #décès #morts

  • Une personne grièvement blessée par la police à la #frontière entre la #Croatie et la #Slovénie, 17 novembre 2019 :

    Un inmigrante, en estado crítico por los disparos de la Policía croata cerca de la frontera con Eslovenia

    Un inmigrante, en estado crítico por los disparos de la Policía croata cerca de la frontera con Eslovenia

    La Policía croata ha dejado herido en estado crítico a un inmigrante que intentaba cruzar con un grupo de compañeros la frontera hacia Eslovenia, según han confirmado fuentes oficiales de la localidad de #Rijeka, próxima a la zona montañosa de #Gorski_Kotar, a unos 20 kilómetros de la línea de separación, donde ha sucedido el incidente. El ministro del Interior croata, Davor Bozinovic, ha confirmado las intenciones del grupo pero no ha dado detalles sobre el número de integrantes ni sus ...

    Leer más: https://www.europapress.es/internacional/noticia-inmigrante-estado-critico-disparos-policia-croata-cerca-frontera

    https://www.europapress.es/internacional/noticia-inmigrante-estado-critico-disparos-policia-croata-cerca-frontera
    #montagne

    Ajouté à cette liste des morts (même si la personne dont on parle ici n’est pas décédée, mais les blessures sont apparemment très graves et la personne est « en fin de vie » selon les informations de presse) :
    https://seenthis.net/messages/811660

    Et, indirectement, à la métaliste des migrant·es morts à la #frontière_sud-alpine :
    https://seenthis.net/messages/758646

    #frontière_sud-alpine #montagne #mourir_aux_frontières #asile #migrations #réfugiés #décès #morts #frontières #Croatie #Route_des_Balkans #Slovénie

    • Migrante in fin di vita all’ospedale di Fiume, sarebbe stato raggiunto da colpi di pistola esplosi dalla polizia

      „A riportare la notizia è il quotidiano croato Dnevnik.hr che ha registrato il grave ferimento dell’uomo, di cui non si conoscono ancora le generalità, ieri pomeriggio nella zona del Gorski Kotar. La vicenda confermata anche dal ministro degli Interni di Zagabria, Davor Bozinovic“

      Nella zona del Gorski kotar, ieri 16 novembre la Polizia croata avrebbe sparato ad un migrante che sarebbe ricoverato in fin di vita, nell’ospedale di Fiume, a causa di una grave ferita al ventre. A riportare la notizia è il quotidiano croato Dnevnik.hr in questo articolo dove spiega come le forze dell’ordine croate avrebbero esploso colpi d’arma da fuoco (non viene riferito il numero) dopo il rintraccio di un gruppo di una quindicina di migranti nella zona del monte Tuhobic e, presumibilmente, provenienti dalla rotta balcanica.

      Al momento non si hanno notizie sulle generalità dell’uomo, né sulla sua età. Il Dnevnik riporta che l’uomo, assieme agli altri compagni di viaggio, si stava dirigendo verso il confine con la Slovenia, tentando di entrarvi illegalmente. La notizia del ferimento del migrante e il suo trasferimento all’ospedale del capoluogo quarnerino, è stata confermata, come riportato sempre dal media croato, anche dal ministro degli Interni di Zagabria Davor Bozinovic. Da quanto riportato dai media croati e sloveni, dovrebbe venir aperta un’inchiesta per far luce sul grave fatto di cronaca.

      http://www.triesteprima.it/cronaca/rotta-balcanica-croazia-slovenia-migrante-ferito.html

    • Croazia: la polizia spara sui migranti

      Uno è stato ridotto in fin di vita. Aperta una inchiesta per stabilire cosa sia successo durante il pattugliamento nel Gorski Kotar.

      Spari sui migranti in una zona impervia del Gorski Kotar, non lontano dal monte Tuhobić, ad alcuni chilometri di distanza dalla più vicina arteria stradale. Tutto è avvenuto ieri pomeriggio, quando la polizia croata ha aperto il fuoco contro un gruppo di sospetti clandestini, una quindicina, che avrebbero cercato di raggiungere la Slovenia. Uno di loro è stato raggiunto al torace ed è in gravissime condizioni. È stato operato d’urgenza nell’ospedale di Fiume.
      Il ministro dell’Interno croato, Davor Božinović ha spiegato che i poliziotti erano in servizio di pattugliamento per il controllo della frontiera: aperta un’inchiesta per stabilire le circostanze che hanno portato ad aprire il fuoco contro i migranti e se ciò sia stato giustificato dagli eventi. Alla domanda se anche i migranti fossero armati, il ministro ha detto che non c’è ancora una risposta. Tutti i componenti il gruppo di migranti sono stati fermati. Da diverso tempo le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani imputano alla polizia croata un comportamento violento nei confronti di profughi e migranti che arrivano in Croazia dalla Bosnia ed Erzegovina, da pestaggi a respingimenti oltre confine in modo violento. Finora però non era mai giunta notizia di un impiego di armi da fuoco.

      https://capodistria.rtvslo.si/news/croazia/croazia-la-polizia-spara-sui-migranti/505185

    • Et l’article avec la nouvelle dans un journal croate :
      Doznajemo : Ranjavanju migranta prethodio je napad na policajce. Kamenjem ih gađala veća skupina migranata

      Ilegalni migrant koji je teško ozlijeđen u subotu kasno popodne u Gorskom kotaru još uvijek je životno ugrožen. Očevid radi utvrđivanja okolnosti tog incidenta još je u tijeku. Neslužbeno doznajemo da su ga policajci nakon ranjavanja nosili nekoliko kilometara, sve dok ga nije preuzela služba Hitne pomoći.

      Ministar unutarnjih poslova Davor Božinović kazao je da je dovršen očevid u slučaju ranjavanja migranta koji se u KBC-u Rijeka s prostrijelnom ranom u predjelu prsnog koša i trbuha bori za život, javlja N1.

      ’Odvjetništvo uz stručnu pomoć policije provodi kriminalističko istraživanje i u ovom trenutku rano je govoriti o rezultatima tog istraživanja. Eventualno bih u ovom trenutku mogao kazati da nije utvrđeno da je korištenje vatrenog oružja bilo usmjereno prema konkretnoj osobi, s namjerom djelovanja prema osobi", izjavio je ministar unutarnjih poslova Davor Božinović.

      Prema neslužbenim informacijama, nakon incidenta u kojem je teško ozlijeđen migrant policajci su ga s nepristupačnog terena nosili sve do vozila Hitne pomoći, kojim je nakon toga prebačen u KBC Rijeka.
      Napali policajce kamenjem?

      Neslužbeno doznajemo da je riječ o djelatniku specijalne policije koji je nedavno spasio migranta kojemu je prijetilo smrzavanje nakon što ga je njegova grupa neadekvatno odjevenog ostavila u šumama Gorskog kotara na niskim temperaturama.

      Također, neslužbeno se doznaje da je do ozljeđivanja stradalog migranta došlo nakon pucanja u zrak nakon što je veća grupa migranata vrlo blizu mjesta incidenta kamenjem i drugim priručnim sredstvima napala policajce. Policajac koji je upotrijebio vatreno oružje tada je nekoliko puta na hrvatskom i engleskom jeziku upozorio da je riječ o policiji te da je primoran koristiti oružje. Potom je ispalio dva metka u zrak iz oružja koje nije bilo usmjereno prema migrantima. Kad je krenuo prema njima, policajac se spotaknuo te pritom i ozlijedio, a u tom trenutku njegovo je oružje još jednom opalilo, no nije bilo usmjereno prema migrantima, već je moguće da se hitac odbio od tvrde površine te tako ozlijedio migranta, što će utvrditi istraga.
      Ranjen u prsni koš i trbuh

      Očevid je na mjestu događaja završio, no istraga je još uvijek u tijeku, a ranjeni muškarac i dalje je u životnoj opasnosti.

      ’’Bolesnik je u jedinicu intenzivnog liječenja zaprimljen po učinjenom hitnom operativnom zahvatu. Prilikom ranjavanja zadobio je višestruke ozlijede toraksa i abdomena koje su opasne po život. U bolesnika se i dalje provode mjere intenzivnog liječenja’’, kazala je anesteziologinja riječkog KBC-a dr. sc.Vlasta Orlić Kabrić.

      Višestruke ozljede, pretpostavlja se, nastale su od metka ili od odbijanja metka o tvrdu podlogu te potom ranjavanja. Zbog incidenta je sinoć u Rijeku stigao ministar unutarnjih poslova Davor Božinović. ’’Došlo je do ozljeđivanja vjerojatno zbog uporabe vatrenog oružja, po tome će postupati nadležno županijsko državno odvjetništvo’’, rekao je ministar i kazao da ne može govoriti o detaljima.
      Kiša otežava očevid

      Mjesto nesreće udaljeno je pet kilometara od posljednjeg šumskog puta kojim se može doći vozilom. Osim teško pristupačnog terena, očevid otežavaju i veoma loše vremenske prilike, odnosno vrlo gusta kiša koja pada u tom dijelu Gorskoga kotara.

      Stanovnici Gorskog kotara već neko vrijeme imaju problema s migrantima koji uspiju pobjeći policajcima na granici s Bosnom i Hercegovinom. ’’U početku su ljudi bili susretljivi. I sami su rekli da bi trebalo pomoći ljudima. Ali, eto, kako prolazi već nekoliko godina, pogotovo u zimskom periodu, postajali su nekako agresivniji’’, govori David Bregovac, načelnik općine Fužine.

      Je li skupina na koju je naišla policijska ophodnja bila naoružana, jesu li nasrnuli na policajce, zašto je policija koristila vatreno oružje, kako je grupa ilegalaca uspjela ući tako duboko u Hrvatsku – samo su neka od pitanja na koja bi istraga koja je u tijeku trebala dati odgovor.

      https://dnevnik.hr/vijesti/hrvatska/migrant-upucan-u-gorskom-kotaru-bori-se-za-zivot-ima-prostrijelnu-ranu-prsno

    • Croatian police fire on illegal migrants near Slovenian border

      Croatian police fired on a group of illegal migrants trying to reach neighboring Slovenia late on Saturday, leaving one man critically injured, officials in the northern Adriatic town of Rijeka said.

      Croatian Interior Minister Davor Bozinovic told reporters that the group was probably trying to cross into Slovenia, but did not say how many people were in the group or give their nationalities.

      Croatia is on a route taken by many migrants from the Middle East and central Asia trying to reach wealthier EU states. Some cross into Croatia from Bosnia undeclared.

      “Police officers were preventing the passage of a group which most probably wanted to reach Slovenia,” Bozinovic told media late on Saturday, adding that one man was wounded probably due to the use of firearms.

      A doctor at the Rijeka Clinical Hospital Centre said the man in a critical condition had suffered gunshot wounds.

      “The patient was admitted for urgent surgery after sustaining gunshot wounds in the area of thorax and stomach,” the doctor told Reuters by telephone on Sunday. “He is in a life-threatening condition and intensive medical treatment is continuing.”

      Bozinovic said regional authorities would investigate the incident, which took place in the mountainous Gorski Kotar area close to Rijeka, which is around 20 km (12 miles) from the Slovenian border.

      Croatia, which wants to join the EU’s border-free Schengen area, has to convince Brussels that it is able to effectively manage the bloc’s external border, a particularly sensitive issue since Europe’s 2015 migrant crisis.

      Neighboring Bosnia, which has become a migrant hot-spot since 2018, has repeatedly accused Croatia of returning migrants to Bosnia even when they are found deep in its territory. Many migrants have been complaining of brutality of Croatian police officers, allegations that Croatia has dismissed.

      https://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-croatia/croatian-police-fire-on-illegal-migrants-near-slovenian-border-idUSKBN1XR0I

    • Croatian police shoot and seriously injure refugee

      The nationality of the injured migrant has not yet been reported. The incident occurred in a wooded area of the Gorski Kotar region, between Croatia and Slovenia, on one of the routes that many migrant and refugees stuck in Bosnia take to reach Western Europe. Croatian media say that a group of 17 migrants, after being sighted while illegally crossing the woods, allegedly refused to peacefully hand themselves over to the police and began to throw rocks and other objects at the security forces. According to the official version given by the police, one policeman tripped while shooting in the air and the bullet ricocheted and hit one of the migrants. The Croatian police immediately gave first aid to the injured man and took him on foot for three kilometres to the nearest ambulance. The migrant has been hospitalised and undergone two surgeries. He is still in critical condition. Human rights organisations have expressed serious doubts about the official version of the incident and say that weapons are being used ever more frequently against migrants and have called for the interior ministry to prevent similar incidents.

      http://www.ansamed.info/ansamed/en/news/sections/generalnews/2019/11/18/croatian-police-shoot-and-seriously-injure-refugee_87deadaa-f86c-4c27-b7fb

    • Croatie : la police tire sur un groupe de migrants, un homme entre la vie et la mort

      Un homme a été touché par un tir de la police croate dans la nuit du samedi 16 au dimanche 17 novembre, dans la région montagneuse du Gorski Kotar. Selon un médecin de l’hôpital de Rijeka, ce dernier est aujourd’hui dans un état critique.

      Le ministre croate de l’Intérieur, Davor Božinović, a déclaré que l’homme « a été blessé » alors que « la police protégeait la frontière », essayant d’« empêcher un groupe de migrants [sans donner leur nombre ni leur nationalité] de passer en Slovénie ». Mais l’ONG Are You Syrious explique que ces tirs ont eu lieu « très à l’intérieur du territoire croate », loin de la frontière. La ville de Rijeka se situe effectivement à une vingtaine de kilomètres de la Slovénie.

      La Croatie, qui veut intégrer l’espace Schengen, doit convaincre Bruxelles qu’elle est capable de prendre en charge la frontière extérieure de l’UE, notamment depuis le début de la crise des migrants en 2015. « Ce n’est pas la première fois que la protection des frontières en Croatie a des conséquences fatales ou quasi-fatales », rappelle Are You Syrious. Le 21 novembre 2017, une Afghane de 6 ans est morte quelques minutes après une opération de refoulement illégale de la police croate à la frontière avec la Serbie. Le 30 mai 2018, deux réfugiés de 12 ans, un garçon et une fille, ont été atteints au visage par des tirs de cette même police.

      https://www.courrierdesbalkans.fr/courrierdesbalkans-fr-fil-info-refugies-2019-novembre

    • Croatian police fire on irregular migrants near Slovenian border

      Croatian police on Friday fired on a group of migrants trying to irregularly reach neighboring Slovenia, local officials said. One man was critically injured. Thousands of migrants trying to reach western Europe are stuck in the Balkans.

      A migrant is fighting for his life after being shot by police on Friday, doctors in the Croatian port of Rijeka said Sunday. The unidentified migrant reportedly suffered multiple bullet wounds to his chest.

      “The patient was admitted for urgent surgery after sustaining gunshot wounds in the area of thorax and stomach,” a doctor at the Rijeka Clinical Hospital Center told news agency Reuters. “He is in a life-threatening condition and intensive medical treatment is continuing.”

      The incident happened when Croatian police fired on a group of irregular migrants trying to reach neighboring Slovenia. As AP reports, Croatian police said they fired the shots “to protect Croatia’s borders.”

      The Croatian interior minister Davor Bozinovic told media that “police officers were preventing the passage of a group which most probably wanted to reach Slovenia.” He further said that one man was wounded probably due to the use of firearms. Bozinovic did not say how many people were in the group or give their nationalities.

      The interior ministry said regional authorities would investigate the incident, which took place in the mountainous Gorski Kotar area close to Rijeka, a Croatian port city around 20 kilometers (12 miles) from the Slovenian border.

      Critical situation

      Rights groups have repeatedly accused Croatian authorities of using excessive force against migrants irregularly entering from neighboring Serbia and Bosnia and Herzegovina, both non-EU countries. The EU-member state Croatia has repeatedly denied the charges.

      Croatia, which wants to join the EU’s border-free Schengen area, has to convince Brussels that it is able to effectively manage the bloc’s external border. This is a particularly sensitive issue since Europe’s 2015 so-called migrant crisis.

      Croatia is on the so-called Balkan route taken by many migrants from the Middle East and central Asia trying to reach wealthier EU states. Some of those migrants cross into Croatia from Bosnia undeclared. In recent months, more and more refugees and migrants have arrived in Europe via the southern/western Balkan route: EU border agency Frontex registered 8,400 border crossings in the first 10 months of 2019 - an 82% increase compared to the same period last year.

      Storm sweeps through migrant camp in Bosnia

      In Croatia’s neighboring state Bosnia and Herzegovina, a storm on Friday blew many tents away in a bleak makeshift camp for migrants who are trying to reach western Europe. Migrants staying in the Vucjak camp near the border with Croatia were appealing for help on Saturday after spending a sleepless night looking for shelter.

      On Friday, hundreds of locals protested against the migrants’ presence and demanded the closure of overcrowded refugee camps and the relocation of the migrants from the city area.

      The European Union and numerous international organizations have repeatedly called for the closure of the Vucjak camp, which is located on a former landfill and is near a minefield left over from Bosnia’s 1992-95 war.

      Hundreds of migrants have been staying there with almost no facilities since the authorities in northwestern Bosnia set up the camp earlier this year. Bosnia, which has become a migrant hot-spot since 2018, has repeatedly accused Croatia of returning migrants to Bosnia even when they are found deep in its territory.

      This practice called “pushbacks” is prohibited under the Geneva Refugee Convention, which provided the principle of nonrefoulement.

      https://www.infomigrants.net/en/post/20899/croatian-police-fire-on-irregular-migrants-near-slovenian-border

    • https://www.borderviolence.eu/wp-content/uploads/Press-Briefing-19th-November-2019-1.pdf

      voir aussi:
      14/10/2019: “[they] started beating men with sticks, they beat me on my shoulder and back”

      Date and time: October 14, 2019 03:00
      Location: South east of #Komesarac, Croatia
      Coordinates: 45.09186791983132, 15.769071046238082
      Push-back from: Croatia
      Push-back to: Bosnia
      Demographics: 35 person(s), age: 2 - 45 (including minors aged 2, 5, 6, 7 and 8) , from: Palestine, Syria, Iraq
      Minors involved? Yes
      Violence used: beating (with batons/hands/other), kicking, threatening with guns, forcing to undress, destruction of personal belongings, theft of personal belongings
      Police involved: 10 Croatian officers dressed in blue uniforms with gunns, 2 police cars, 3 vans, 6/7 officers in camourflage uniform
      Taken to a police station?: yes
      Treatment at police station or other place of detention: detention, no translator present, denial of access to toilets, denial of food/water
      Was the intention to ask for asylum expressed?: Yes
      Reported by: Border Violence Monitoring

      Original Report

      A Syrian family joined a group of 35 people (mostly families from Syria and Palestine and a few single men from Iraq), and attempted to cross the Bosnian-Croatian border. They started walking from Velika Kladuša and walked for a day and a half through the woods and mountains. Once they were inside Croatian territory they decided to take a rest in the woods. The group fell asleep only to be woken up at 03:00 in the morning of 14th October 2019 by rapid gun fire and shouts of, “Freeze!”.

      They family noticed ten men in blue uniforms of Croatian police surrounding them, firing shots in the air:

      “like in a movie, they forced all men to lie down on their stomachs with our hands behind our heads, women no, they were just standing aside”.

      Not long after, the police ordered them to make a line and start walking, while police was escorting the line on both sides, pointing their guns at them.

      “We walked maybe 30 minutes, we reached a place with a hole already waiting for us, the fire was already burning, ready for our stuff. They took everyone’s backpacks, bags and sleeping bags and for single men they took jackets also. Everything was burned. I asked if I can take my baby’s food from the bag and they said no, took my backpack and threw it in the fire.”

      They were searched over their clothes and had their phones taken away from them. Some phones were thrown on the ground and stomped-on with police boots while some were just taken away and never returned. Two police cars and three vans arrived, everyone was forced to go inside them and driven for an hour to the police station where they were detained for two hours with no food, water, access to toilet or the presence of a translator.

      “They didn’t even talk to us, we asked them to take our fingerprints, one man in the group spoke good English and he explained to the police what we want (referring to asylum claim). The police was just laughing and didn’t do anything.”

      Instead, the transit group were again put in the three police vans which drove for around one hour and a half to the border-area, where they were made to go out of the vans and saw six to seven police in camouflage uniforms waiting for them.

      “Commandos in camouflage color started beating men with sticks, they beat me on my shoulder and back [he shows a picture of the bruises from his phone] and kicking us in our knees or behind our knees, yelling at us to start walking faster. They were walking behind us, beating and yelling for a few hundred meters than they stopped and we were told to continue by ourselves.”

      Once returned to BiH, the group walked for four to five hours to reach Velika Kladuša, where they took the bus to Sedra camp, close to Bihac.

      https://www.borderviolence.eu/violence-reports/october-14-2019-0300-south-east-of-komesarac-croatia

  • Autre élément de la politique d’#externalisation des #frontières « made in USA ».
    Après le #Mexique : https://seenthis.net/messages/793063

    Le #Venezuela...

    EEUU aportará otros 120 millones de dólares en ayudas para hacer frente a la crisis migratoria venezolana

    EEUU aportará otros 120 millones de dólares en ayudas para hacer frente a la crisis migratoria venezolana

    Las autoridades de Estados Unidos aportarán 120 millones de dólares adicionales en asistencia humanitaria para ayudar a Latinoamérica a hacer frente al flujo de migrantes procedentes de Venezuela, según ha informado este miércoles el Departamento de Estado. Más de 4 millones de venezolanos salieron de su país en los últimos años huyendo de la crisis política y la escasez generalizada de alimentos y medicamentos. El subsecretario de Estado, John Sullivan, y el jefe de la Agencia de Es ...

    Leer más: https://www.europapress.es/internacional/noticia-eeuu-aportara-otros-120-millones-dolares-ayudas-hacer-frente-cri

    (c) 2019 Europa Press. Está expresamente prohibida la redistribución y la redifusión de este contenido sin su previo y expreso consentimiento.

    https://www.europapress.es/internacional/noticia-eeuu-aportara-otros-120-millones-dolares-ayudas-hacer-frente-cri

    #USA #Etats-Unis #asile #migrations #réfugiés