dietro ORS Italia un intreccio globale di politica e finanza

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  • #Macomer, il Cpr affidato alla società svizzera Ors

    Il contratto è stato firmato all’inizio del mese, ancora incerta la data di apertura Nell’appalto la gestione di tutti i servizi del centro per il rimpatrio degli immigrati

    https://www.lanuovasardegna.it/nuoro/cronaca/2019/12/15/news/macomer-il-cpr-affidato-alla-societa-svizzera-ors-1.38217425
    #asile #migrations #réfugiés #déboutés #renvois #CPR #rétention #détention_administrative #Italie #ORS #privatisation

    Ajouté à la métaliste sur ORS:
    https://seenthis.net/messages/802341#message818363

    • Sardegna – Il CPR di Macomer apre il 18 dicembre

      Ieri sulla stampa locale (https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/nuoro-provincia/2019/12/08/il-cpr-di-macomer-riapre-il-18-dicembre-in-arrivo-un-centinaio-di-136-96) è stata annunciata l’apertura del CPR di Macomer, in provincia di Nuoro, per il 18 dicembre 2019, quando verranno detenute nel nuovo lager le prime 50 persone.

      L’ex casa circondariale di Macomer, sita alla periferia della cittadina, nella Zona Industriale di Bonu Trau, era vuota dal 2014. Dopo la decisione di trasformarla in un CPR negli ultimi mesi erano stati effettuati dei lavori di ristrutturazione da parte del 2° reparto genio dell’Aeronautica Militare, conclusi ad ottobre.

      Lo scorso 8 novembre la Prefettura di Nuoro aveva aggiudicato (www.prefettura.it/FILES/AllegatiPag/1210/Decreto_prefettizio_di_aggiudicazione_ORS_Italia_S.r.l..doc) definitivamente “l’appalto dei servizi di gestione e funzionamento del Centro di Permanenza per i Rimpatri (C.P.R.) di Macomer (NU) per una ricettività iniziale di 50 posti elevabili a 100” alla ORS Italia srl. Il 3 dicembre era stato stipulato il contratto dell’importo di 570.000 euro per 12 mesi.


      ORS Service AG (https://www.ors.ch/it-IT/Home) è una società privata svizzera che da 25 anni si occupa della gestione dei richiedenti asilo in Svizzera, Austria e Germania. Con “10.000 richiedenti asilo e profughi assistiti quotidianamente, ORS è già oggi tra le società private leader nel campo dell’assistenza ai migranti prevalentemente nei Paesi di lingua tedesca.” Nell’estate del 2018 la ORS “inizia ad attuare la propria strategia di crescita nei Paesi europei del Mediterraneo. Come prima nazione è stata scelta l’Italia con la fondazione di una società affiliata, la ORS Italia S.r.l. (https://www.ors.ch/ORSS/media/ORSSMediaLibrary/22082018-Comunicato-stampa-ORS-Italia.pdf), con sede a Roma. La nuova controllata, costituita a metà luglio 2018, partecipa in Italia a bandi di gara nei settori dell’alloggiamento, dell’assistenza, della consulenza sociale e dell’integrazione per profughi e richiedenti asilo.” Un’interessante inchiesta “sull’intreccio globale di politica e finanza” che si cela dietro la ORS era stata pubblicata in Italia nel gennaio di quest’anno, è possibile leggerla a questo link: https://valori.it/ors-finanza-rifugiati-italia.

      Il nuovo CPR di Macomer, come si legge nel bando (https://valori.it/ors-finanza-rifugiati-italia), è strutturato su tre padiglioni, due destinati alla detenzione e uno alle attività amministrative e gestionali. Sono previsti al momento 40 posti nelle celle del padiglione B e 10 in quelle del padiglione C, in celle da 2 a 4 posti. La ristrutturazione ha riguardato tra le altre cose i muri perimetrali, nuove recinzioni e l’impianto di videosorveglianza interno ed esterno.

      Il nuovo campo di concentramento di Macomer nelle intenzioni degli ultimi governi è destinato soprattutto ad agevolare le deportazioni delle persone che sbarcano in Sardegna. Nel corso di quest’anno fino al 6 dicembre sono quasi mille le persone che sono riuscite a sbarcare autonomamente sulle coste dell’isola, di queste 992 di origine algerina. Dopo essere state intercettate in prossimità della costa o braccate e inseguite dalle forze dell’ordine subito dopo gli sbarchi, le persone migranti vengono portate nel “centro di identificazione e prima accoglienza” che ha sede nell’ex scuola di polizia penitenziaria di Monastir, in pratica un hotspot dove è presente anche personale dell’agenzia europea Frontex. Qui di solito ricevono un decreto di espulsione entro 7 giorni e vengono successivamente trasferite in nave sul continente, dove tante riprovano a continuare il viaggio. Nei primi sei mesi del 2019 erano state 25 le persone deportate in Algeria. Ai primi di ottobre il governo italiano ha presentato un decreto su 13 paesi d’origine “sicuri”, tra i quali è compresa anche l’Algeria. Questa lista, nelle intenzioni del governo, dovrebbe accelerare le procedure burocratiche e facilitare le deportazioni nei paesi d’origine definiti sicuri.

      https://hurriya.noblogs.org/post/2019/12/09/sardegna-cpr-macomer-apre-18-dicembre
      #Sardaigne

    • CPR Macomer

      Opened on January 20, 2020, the Macomer CPR (Centro di Permanenza per i Rimpatri) is the first detention centre in Sardinia. The facility can hold up to 100 people for a maximum period of 180 days (Law Decree 113/2018). As highlighted by Francesca Mazzuzi in an article written a few days after the opening of the centre, “the opening of the CPR was presented by the regional government as an important choice to revive the (impoverished) local economy and an indispensable one to discourage the migratory flow of young Harragas from Algeria to the coasts of south-western Sardinia. This is a (migratory) route that has been active for almost fifteen years and through which around 750 people arrived in 2019. It is a well-known phenomenon and despite the alarmist tones regularly used by local media it can hardly be called an emergency.” The new detention facility was designed to confine these group of young men, as well as other illegalised migrants.

      Located in Macomer, an Italian town of 9,861 inhabitants in the province of Nuoro, the building where the immigration detention centre is operating used to be a maximum-security prison which was closed in 2014 for not meeting the minimum statutory parameters envisaged for prison institutions (Bottazzo & Bleggi 2019, p. 103). The facility, where illegalised non-citizens are now held, has been remodelled in the last few years in order to “guarantee its security as well as the security of the local population”.

      For the first three years the centre will be run by Ors Italia, a subsidiary of the Ors Group, a multinational company operating in Switzerland, Austria and Germany and already involved in the management of reception centres for asylum seekers. Ors Italia won the public tender promoted by the Prefecture of Nuoro thanks to their low bid offer, thus raising widespread concerns for their interest in making profit rather than safeguarding migrants’ human rights. The Ors has indeed been involved in various scandals, such as the one following a report by Amnesty International for the bad management of the Traiskirchen centre in Austria. To address these concerns a parliamentary inquiry was also presented on January 17, 2020 by the MP Erasmo Palazzotto.

      Notably, opposition to this project was raised since its very beginning. In addition to local political actors, opponents included local residents concerned with their security but also activists and civil society groups engaged in safeguarding migrants’ rights. In particular, a group named ‘No CPR Macomer’ was created. They organised a demonstration on February 2020 to challenge the creation of the Macomer detention centre and, overall, to contest the Italian policies of migration control.

      https://borderlandscapes.law.ox.ac.uk/location/cpr-macomer

    • Bufera sul Cpr di Macomer: «Aggressioni? Vogliamo la verità»

      Si rincorrono le voci di presunte aggressioni all’interno della struttura, ma dalla Prefettura di Nuoro nessuna conferma.

      Non si placa la tensione intorno al Cpr di Macomer, il primo Centro in Sardegna di permanenza e rimpatri per i migranti.

      Dopo le polemiche sulla sua apertura, adesso si rincorrono le voci su presunti episodi di violenza e aggressioni, mai confermati dalla Prefettura né dalle forze dell’ordine, ma a livello politico monta la polemica.

      «La gestione interna del Cpr non compete al Comune ma alla Prefettura», spiega il sindaco facente funzioni Rosanna Ledda.

      L’opposizione replica aspramente: «È lei che deve informarsi dalla Prefettura e dire con chiarezza e trasparenza cosa sta succedendo nel Cpr, è un diritto dei macomeresi sapere se hanno in città una struttura che è una polveriera o se le voci che si rincorrono sono infondate - dice Arturo Uleri della lista Uniamoci di Macomer, dimessosi qualche giorno fa insieme al suo collega Daniele Nieddu proprio perché in disaccordo sull’apertura del Centro -. Tutti i giorni si vedono movimenti strani: ieri notte abbiamo sentito un’ambulanza correre all’impazzata verso l’uscita sud nel paese seguita dalle forze dell’ordine. Sono cose che preoccupano, così come ci preoccupa il fatto che da più parti si dice che qualcuno dei migranti è stato rimesso in libertà. Chiediamo al sindaco e al prefetto se queste voci sono vere, le risposte ci sono dovute», chiarisce l’esponente dell’opposizione.

      A placare gli animi non è servito neppure il via libera della Prefettura all’istituzione di un organismo di controllo e raccordo con la Regione, il Comune e la società che gestisce il Cpr.

      https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/nuoro-provincia/2020/02/14/bufera-sul-cpr-di-macomer-aggressioni-vogliamo-la-verita-136-987010.html

    • Macomer, ancora danneggiamenti all’interno del Cpr

      Si rincorrono voci di devastazioni all’interno della struttura che ospita migranti irregolari

      Al Cpr di Macomer ancora una notte di inferno.

      Un gruppo di ospiti dell’unico centro in Sardegna per la permanenza e rimpatrio dei migranti irregolari, durante la notte ha dato fuoco ad un mucchio di carta, facendo scattare il sistema antincendio. In poco tempo la struttura è stata allagata, creando disagi agli altri ospiti, che hanno dovuto trascorrere una notte in bianco tra le proteste.

      Disordini, minacce, aggressioni e anche devastazioni, sarebbero ormai all’ordine del giorno all’interno di quella struttura che è stata aperta soltanto 28 giorni fa.

      Voci di episodi di violenza, aggressioni al personale sanitario, rimbalzano ormai quotidianamente dall’interno della struttura. Voci mai confermate (ma manco smentite) dalla Prefettura, che però sono rimbalzate fino a Roma, con una lettera al ministro Lamorgese da parte del parlamentare della Lega, Eugenio Zoffili.

      Una situazione che però non si sta ripercuotendo all’esterno, anche se a Macomer le preoccupazioni e le polemiche non mancano.

      Sotto attacco la Giunta comunale, anche se Rossana Ledda, sindaco facenti funzioni, cerca di dare una spiegazione a quanto sta avvenendo nell’ex carcere.

      «Si tratta di problemi di gestione interna al Cpr, nella quale il Comune non ha nessuna competenza e che si spera di poter argomentare, appena sarà costituito l’organismo di controllo, per il quale abbiamo il via libera della Prefettura. Possiamo però dire che all’esterno non si registrano lacune». La tensione è però alle stelle.

      https://www.unionesarda.it/articolo/news-sardegna/nuoro-provincia/2020/02/14/macomer-ancora-danneggiamenti-all-interno-del-cpr-136-987058.html

    • Detenzione multinazionale

      Inaugurato il 20 gennaio il Centro per il rimpatrio di Macomer in Sardegna. La struttura di detenzione è gestita dalla Ors Italia, una holding elvetica. La Ors è solo una delle multinazionali straniere entrate nel giro d’affari milionario del sistema accoglienza italiano. Su Nigrizia di gennaio maggiori approfondimenti.

      È stato inaugurato lunedì 20 gennaio il Centro per il rimpatrio (Cpr) di Macomer. L’ex carcere di massima sicurezza, chiuso nel 2015, perché inadeguato secondo i parametri minimi previsti dalla legge, è stato rinnovato e convertito in struttura di detenzione dei migranti che sbarcheranno sull’isola. Inizialmente saranno 50 i posti fruibili. Una volta a regime, si stima, diventeranno 100.

      La casa circondariale, che risponde secondo le istituzioni a un’esigenza di contenimento e deterrente per la rotta Algeria-Sardegna (750 gli sbarchi nel 2019, 172 le persone approdate sulle coste da inizio anno), è gestita da Ors Italia srl, una costola dell’elvetica Ors che gestisce in Svizzera e Germania diversi centri per migranti. La holding, che ha alle spalle sostenitori internazionali importanti, che vanno dalla Barclays a fondi sauditi, dall’alta finanza statunitense a politici elvetici, è solo una delle multinazionali scese in campo nel sistema accoglienza in Italia.

      Sul mensile Nigrizia di gennaio si approfondisce il giro d’affari milionario che ruota attorno ai Cpr nel nostro paese, dove sbarcano non solo persone, ma anche società straniere impegnate nel business carcerario. Oltre all’Ors Italia, c’è ad esempio la francese Gepsa (Gestion d’établissement pénitentiaires services auciliares), che dal 2012 partecipa ai bandi italiani, assicurandosi la gestione di diversi Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e Cas (Centri d’accoglienza straordinaria), per un totale di 1.300 persone.

      Nelle gare al ribasso per gli appalti delle strutture detentive per stranieri, sempre più spesso le piccole realtà di gestione del sistema accoglienza scompaiono. Fagocitate da grandi realtà che riescono a essere maggiormente concorrenziali. Sulla sparizione dei piccoli Cas, ma anche sul rifiuto di una parte sempre più crescente del terzo settore a diventare mero controllore dei migranti, come richiesto dal decreto sicurezza, dà approfondita notizia la seconda parte del rapporto di Open Polis e ActionAid “La sicurezza dell’esclusione”.

      Da inizio anno sono già due le morti avvenute all’interno dei Cpr: il 18 gennaio a Gradisca d’Isonzo è morto, secondo le testimonianze per un pestaggio delle forze dell’ordine, il giovane georgiano Vakhtang Enukidzeù; il 12, a Caltanissetta, nel Cpr di Pian del Lago, è deceduto, secondo il medico legale per “cause naturali”, il tunisino Aymed.

      In entrambe le strutture, come anche nei Centri di Torino, Bari e Trapani, da inizio anno si registrano rivolte dei migranti che protestano per le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere.

      https://www.nigrizia.it/notizia/detenzione-multinazionale

  • Il #business dell’accoglienza? Non è quello che immaginate

    Il business dell’accoglienza non è quel di cui hanno parlato per anni alcuni esponenti politici che oggi fanno parte della maggioranza di governo. Non esattamente. O meglio, con il passare dei mesi scopriamo che fare affari sulla pelle dei migranti, a prescindere da quanto questi siano accolti in maniera dignitosa, potrebbe poi non essere qualcosa di riprovevole per il governo in carica. Partiamo da lontano e poi scopriamo perché.

    Nel 1979, negli Stati Uniti, una legge legalizzò la possibilità di affidare le carceri in appalto a privati. Il primo Stato ad approfittarne fu il Texas nel 1989, gli Stati che avevano approvato una qualche forma di privatizzazione erano trenta e i detenuti rinchiusi in carceri private erano diventati 140mila. Gli ultimi dati disponibili sul sito del Bureau of Justice statistics indicano come nel 2011 le persone rinchiuse in carceri private fossero l’8,2% del totale del quasi milione e seicentomila detenuti negli Stati Uniti contro il 7,9 dell’anno precedente – 6,7% del totale dei carcerati statali e 18% di quelli federali. Negli Usa le carceri private ha significato cosi più alti, condizioni di detenzione peggiori e anche tassi di incarcerazione più alti – per delle ragioni collegate direttamente al sistema degli appalti. Ma fermiamoci qua, che quello degli Stati Uniti è solo un esempio e qui parliamo di Italia ed Europa.

    Cosa c’entra tutto questo con l’Italia, l’immigrazione e il razzismo? Semplice: la nuova concezione del sistema di accoglienza delle persone che chiedono asilo nel nostro Paese, quelle in attesa di sapere che destino avranno, quelle in attesa di essere identificate (e così via) sembra richiamare il sistema di detenzione privato americano, appaltato a soggetti privati. Questo almeno è quanto spiega bene un dossier pubblicato dal periodico Valori nel quale si racconta della potenziale cessione a multinazionali del sistema di accoglienza. Spieghiamo citando Valori:

    Il giro di vite governativo sul sistema di accoglienza di migranti, rifugiati e richiedenti asilo imposto dal Decreto Sicurezza ha già prodotto un sicuro vincitore: il gruppo privato elvetico ORS. La società, controllata dal private equity londinese Equistone Partners, gestisce da anni decine di centri per migranti in Svizzera, Austria e Germania e il 22 agosto scorso ha annunciato ufficialmente il suo arrivo in Italia. Il contesto legale plasmato da Matteo Salvini non potrebbe essere più favorevole. Il drastico ridimensionamento del sistema Sprar in favore dei CAS, gestiti dai privati, rappresenta un’occasione troppo ghiotta. Grandi centri di massa, improntati al risparmio (almeno in apparenza) e orientati al profitto.

    La società lavora in Austria, dove però il governo in carica sta pensando di riassumere in house il sistema di accoglienza per due ragioni: appaltare fa diminuire i costi per persona ma fa crescere quelli complessivi e l’accoglienza è di pessimo livello. I centri gestiti da ORS sono infatti spesso sovraffollati e in un caso questo ha portato a una denuncia da parte di Amnesty International. Nel 2015 a Traiskirchen, centro pensato per 1800 persone, ne dormivano 4500, alcuni all’aperto. In Germania e Norvegia operano invece la Homecare e la Hero Norge AS, che a loro volta hanno visto calare i profitti (per ragioni collegate alla chiusura della rotta balcanica) e che neppure sono nuove a scandali. Ospiti della Homecare sono morti durante risse e altri hanno denunciato maltrattamenti. Trentuno dipendenti sono sotto processo in Renania.

    Il modello, insomma, non è dei migliori. Anzi: non c’è luogo del pianeta dove la privatizzazione del sistema carcerario o di accoglienza abbia generato risparmi o una maggiore qualità del servizio. Di solito, vale negli Stati Uniti come in Austria, succede che queste società abbiano una grande capacità di condizionare le scelte politiche. Negli Stati Uniti investendo pesantemente in lobbying, in Austria offrendo lavoro ad ex politici dei partiti di governo.

    Torniamo all’Italia. Perché Valori avverte del pericolo che sistemi come quello austriaco vengano adottati da noi? In parte abbiamo risposto con la citazione qui sopra: la ORS ha aperto una sede legale nel nostro Paese. E la ragione risiede nella riorganizzazione del sistema di accoglienza voluta dal governo. La chiusura dei CARA (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) come Castelnuovo di Porto e l’abolizione del permesso di protezione umanitaria, che ha generato (e genererà) l’espulsione dalle strutture di accoglienza di migliaia di persone non è frutto della voglia di migliorare i servizi o di colpire quello che viene definito “il business dei rifugiati”. Probabilmente una parte degli ospiti dei CARA che ne hanno titolo verranno inviati negli Sprar che nel frattempo vengono svuotati da chi, grazie al Decreto sicurezza, non ha più le carte in regola per risiedervi.

    Obbiettivo del Decreto sicurezza è quello di avere dei centri grandi, non pensati per l’integrazione e l’accoglienza ma semplicemente come parcheggi di persone che sono in attesa di conoscere il loro destino. Che, nella mente di chi ha concepito le nuove leggi, sono per la maggior parte dei millantatori che dicono di aver diritto allo status di rifugiato pur essendo migranti economici. La conseguenza è che questi non necessitano di servizi volti a facilitare l’inclusione sociale, perché nella maggior parte finiranno con l’essere espulsi. Falso, ma utile a distruggere un sistema di accoglienza diffusa, quello degli Sprar, che stava lentamente cominciando a funzionare. I nuovi centri saranno quindi, leggiamo ancora sul dossier di Valori (e abbiamo scritto varie volte anche noi):

    Più grandi, senza gare pubbliche e con un sistema che, pur avendo costi medi inferiori, farà spendere di più allo Stato. E per i migranti non ci sarà alcun obiettivo di integrazione e un destino certo di emarginazione sociale. Saranno così i centri di “accoglienza” versione Salvini: il ministro degli Interni punta a renderli sempre più simili a strutture di detenzione. Ma il nuovo sistema costerà meno alle casse pubbliche? Basta leggere i numeri ufficiali per dire di no. Nelle strutture del Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati (il cosiddetto SPRAR), mediamente, un migrante costa circa 6.300 euro per i 6 mesi in cui mediamente resta in uno SPRAR. In un Centro di Accoglienza Straordinaria (i cosiddetti CAS) da 10 a 14mila. A rivelarlo sono i documenti ufficiali depositati dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) alla commissione Affari Costituzionali della Camera.

    Con la possibile gestione dell’accoglienza da parte dei grandi privati il business dell’accoglienza è dunque destinato a crescere, non a diminuire. Non solo, gli scandali che in questi anni hanno investito le organizzazioni che gestivano i centri, svelando corruzione e cattivi servizi, sono in buona parte colpa dello Stato. Perché? Perché spesso le assegnazioni sono state fatte ad affidamento diretto, senza gara, e perché le prefetture non facevano controlli. Non solo: i tempi di permanenza dovuti ai tempi lunghi di esame delle domande di asilo, ha reso più lunga la permanenza nei centri dei richiedenti asilo e, di conseguenza, fa crescere i costi. Anche da questo punto di vista, insomma, il Decreto sicurezza non è buono. Non per i migranti e i richiedenti asilo, non per i diritti umani e neppure per le casse pubbliche e la lotta alla corruzione.


    http://www.cronachediordinariorazzismo.org/business-accoglienza-multinazionali
    #accueil #Italie #asile #migrations #réfugiés #business_de_l'accueil #privatisation #ORS #Equistone_Partners #decreto_sicurezza #décret_sécurité #decreto_Salvini #décret_Salvini

    ping @isskein

    • Migranti, gli sciacalli della finanza brindano a Salvini

      Il “decreto-sicurezza” voluto da Lega e 5 Stelle fa gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti. Dietro di loro, fondi di private equity, la finanza londinese, investitori sauditi e svizzeri. Vincitori di una guerra sporca, che farà aumentare disuguaglianze, razzismo, crimine e tensioni sociali.

      https://valori.it/dossier/gennaio2019
      #globalisation #mondialisation

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      Dans le dossier:

      Migranti SpA. Lega e 5 Stelle aprono le porte ai privati che l’Austria caccia via
      https://valori.it/migranti-spa-salvini-apre-le-porte-ai-privati-che-laustria-non-vuole

      Rifugiati for profit: dietro ORS Italia un intreccio globale di politica e finanza
      https://valori.it/ors-finanza-rifugiati-italia

      Benvenuti al Nord. Welfare addio, i rifugiati nelle mani del business privato

      https://valori.it/nord-europa-rifugiati-business-famiglia
      #Hero #Homecare

      L’accoglienza modello-Salvini? Triplicherà i costi. Azzerando i servizi
      https://valori.it/laccoglienza-modello-salvini-triplichera-i-costi-azzerando-i-servizi
      #coût #coûts

      Il deja vù della gestione migranti: il nuovo decreto è una pacchia per i big
      https://valori.it/il-deja-vu-della-gestione-migranti-il-nuovo-decreto-e-una-pacchia-per-i-big
      #mafia_capitale

    • La lunga mano della finanza speculativa sul business dell’accoglienza (favorito dai decreti Sicurezza)

      Un’interrogazione parlamentare vuole fare chiarezza sul business dell’accoglienza, svelato da Valori. Una lunga catena che conduce a un fondo di private equity londinese

      Lo avevamo denunciato per primi nel gennaio 2019, ribadito a luglio 2019, documentato a gennaio 2020. Ora è una certezza, diventata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare da parte del deputato Andrea Vallascas (M5S) al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. I decreti Sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, più che salvarci «dall’invasione di migranti», hanno favorito il business della finanza speculativa nel campo dell’accoglienza. Un business che in Italia è riconducibile a Ors Italia srl, società interamente controllata dalla casa madre elvetica, Ors Service AG, con sede a Zurigo. A sua volta controllata dal private equity londinese Equistone Partners.

      Appalti per oltre 2 milioni e mezzo di euro e un bilancio in perdita

      Scalzata dal governo austriaco e approdata nel nostro Paese il 22 agosto 2018, la società italo-svizzera con sede a Roma è rimasta inattiva per più di un anno e mezzo. Ma, nel giro di pochi mesi, dal novembre 2019 a oggi, si è aggiudicata almeno tre gare pubbliche, di cui una prorogata in affidamento diretto, per l’accoglienza di migranti. Appalti che valgono più di due milioni e mezzo di euro (€2,671,832.50), tra la Sardegna e il Friuli Venezia Giulia. A fronte di un capitale sociale versato di soli 10 mila euro, 13 dipendenti (un impiegato e 12 operai) e 358 mila euro di perdite in bilancio al 31 dicembre 2019.

      L’ultimo mandato ottenuto riguarda la gestione di Casa Malala, struttura di prima accoglienza in Friuli Venezia Giulia, a pochi passi dalla frontiera, gestita fin dalla sua apertura nel 2016 dal Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) in collaborazione con Caritas. Appalto aggiudicato, invece, a Ors Italia dalla prefettura di Trieste lo scorso 15 settembre con un ribasso del 14% su una base d’asta di 788.832,50 euro. Esempio calzante di quanto documentato anche da Openpolis e Actionaid, nel loro rapporto a febbraio 2020.

      Mentre le realtà più piccole e non profit con forte vocazione sociale sono costrette a uscire dal sistema di accoglienza, chi si fa strada sono le grandi società, incluse le società a scopo di lucro, proprio come Ors.

      A Trieste a rischio Casa Malala, centro di accoglienza modello

      La gara del centro di prima accoglienza friulano è ancora aperta, però. Su essa pende il ricorso al TAR di ICS presentato lo scorso 15 ottobre. Anche sulla scorta di quanto emerso nell’opinione pubblica, nei mesi scorsi, proprio sulla gestione di Ors dei centri rifugiati in Sardegna. Come aveva già espresso a Valori.it Gianfranco Schiavone, attualmente nel direttivo di Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e presidente di ICS (Consorzio italiano di solidarietà), ogni timore è diventato realtà. «La somma dei tagli ai capitolati di gara voluti dall’ex ministro Matteo Salvini e le gestioni senza scrupolo di chi fa accoglienza per business, possono trasformare i centri di accoglienza in vere e proprie “discariche di esseri umani”. Come sta avvenendo in Sardegna» denuncia Schiavone.

      Tutto ciò potrebbe accadere a Trieste. «Accettare che ci sia un solo operatore, magari non qualificato, ogni 50 ospiti vuol dire limitarsi a fare i guardiani – ha aggiunto Schiavone – Così come la presenza di un mediatore culturale, con a disposizione un solo minuto al giorno per parlare con le persone richiedenti asilo. Questa non è accoglienza».

      Il Cpr di Macomer e il Cas di Monastir e l’inferno per i migranti

      Tutti fattori che, anziché favorire l’integrazione, portano i migranti a condizioni di costrizione disumane, alla base di proteste e a un clima di scontro sociale nei territori. Così è successo nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) di Macomer. Nell’arco di pochissimi mesi dalla sua apertura è stato investito da continue tensioni e rivolte, fino ai tragici e gravissimi atti di autolesionismo degli ospiti. Una gestione che vale per 50 ospiti, 572 mila euro. Appalto anche questo conquistato con un ribasso del 3% nel novembre del 2019. Ma che la società italo-svizzera ha ampiamente recuperato, ottenendo dalla Prefettura di Nuoro altri 66 mila euro, lo scorso 5 maggio per integrare i servizi di assistenza medica e sociali tagliati.

      Solo due mesi prima, il 5 marzo 2020 la prefettura di Cagliari aveva già affidato a Ors Italia con procedura d’urgenza la gestione della struttura di Monastir, per un milione e 245 mila euro. Il servizio di gestione è stato affidato con esecuzione anticipata del contratto per motivi di urgenza e prorogata in affidamento diretto più volte. L’ultima proroga risale a luglio 2020 con scadenza al 30 settembre 2020. Il centro, attivo dal 2017, ha una capienza di 150 posti suddivisi tra il Centro di prima accoglienza, (CAP) e il Centro di accoglienza straordinaria per i richiedenti asilo (CAS). Salito anch’esso in pochissimo tempo alle cronache come «l’inferno di Monastir», per lo stato di degrado e abbandono in cui versano i migranti.
      Per giornalisti e Ong impossibile entrare

      Entrambe strutture sono al centro di inchieste giornalistiche su l’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e Il Dubbio. Così come oggetto delle denunce pubbliche di LasciateCIEntrare e Asce. Ma le prefetture e il ministero dell’Interno hanno più volte impedito l’ingresso degli attivisti per i diritti umani a Macomer. A Monastir LasciateCIEntrare è stata autorizzata a entrare, ma solo a febbraio, prima che la gestione venisse affidata a Ors. Come ci riferisce uno dei referenti della campagna, Francesca Mazzuzi, la situazione è precipitata. «Il Cpa di Monastir dovrebbe ospitare le persone sbarcate solo per il periodo necessario all’espletamento dei controlli sanitari e delle operazioni di identificazione e fotosegnalamento. Fino al ricevimento del «foglio di via»

      Invece in questo momento le condizioni dei migranti sono ulteriormente peggiorate. Anche a causa del Covid-19. «Una volta sbarcati sono trattenuti per il periodo della quarantena o per l’isolamento sanitario, se positivi, ma la struttura non è adatta per soggiorni prolungati. Infatti è difficilmente applicabile il distanziamento fisico e la separazione degli spazi. Le persone sono alloggiate in brandine in una ex palestra ed in un’ex autorimessa».

      Centri che, nel giro di pochi mesi, hanno preso sempre più l’aspetto di vere e proprie carceri, con tanto di vigilanza delle forze di polizia. Dove persino gli avvocati fanno fatica a dialogare con i richiedenti asilo, come ha denunciato l’avvocata Rosaria Manconi, presidente della Camera penale di Oristano. Situazione che ha richiesto l’intervento del Garante dei detenuti sardo e l’istituzione, da parte della stessa prefettura di Nuoro, di un organismo di monitoraggio sulle condizioni dei migranti.
      Il caso Ors oggetto di un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno

      Situazione più che «anomala» diventata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare, lo scorso 15 ottobre, da parte del deputato Andrea Vallascas (M5S), all’attuale ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. «Ors, dopo aver trasformato la solidarietà in business, si sta progressivamente espandendo verso Paesi e regioni del Mediterraneo, tra cui la Sardegna. Alla ricerca di mercati più redditizi e con modalità aggressive. Attraverso forti ribassi d’asta, servizi scadenti e scarso rispetto per la sicurezza pubblica e per i diritti umani», ha affermato il deputato.

      «Per questo chiediamo al ministro Lamorgese che faccia chiarezza su quanto sta accadendo in Italia e in Sardegna. Per evitare che nel settore organismi privati possano liberamente lucrare a discapito della qualità dei servizi e delle norme. E chiediamo di attivarsi anche con delle ispezioni per verificare le modalità di assegnazione dell’appalto di alcuni centri, tra cui quello di Monastir».
      Le accuse di Amnesty International e delle Ong in Austria e Svizzera

      Tutto un dejà vù, come avevamo raccontato a Valori. La holding svizzera Ors Service Ag, specializzata nella pluriennale «attività imprenditoriale a supporto dell’accoglienza dei cittadini stranieri» non è nuova a simili dinamiche. Era già stata accusata di aver gestito in modo discutibile, negli ultimi 5 anni, diversi dei centri per migranti in Svizzera e Austria. È quello che emerge dalle denunce di violazione dei diritti umani fatte da Amnesty International su centro di Traiskirchen, dell’Ong Droit de Rester a Friburgo e del giornale svizzaro Bazon Online sul centro asilo di Basilea, chiuso nel 2016.
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      La riforma Lamorgese arriva troppo tardi?

      In questo contesto si innesta la riforma dei decreti Sicurezza, voluta dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e varata con il decreto 130 del 21 ottobre 2020. «L’entrata in vigore del decreto è quanto mai urgente. Perché è ormai evidente come la situazione dei centri di accoglienza straordinaria sia totalmente degenerata in questi due anni», ribadisce ancora una volta Gianfranco Schiavone.

      «La ri-definizione degli standard dei servizi nei centri di accoglienza, come l’assistenza psicologica, l’insegnamento della lingua italiana e attività di integrazione sociale sono assolutamente indispensabili. Ma arrivano in ritardo, dopo un anno», sottolinea il responsabile di Asgi. «Così come non occorreva una nuova legge per cambiare i capitolati di gara. Erano misure che potevano essere prese anche prima della riforma, in forma amministrativa».

      Asgi chiede modifiche al decreto: ci sono ancora misure anticostituzionali

      Non a caso l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione ha presentato ulteriori richieste di modifiche al decreto. Pur riaprendo al sistema di accoglienza diffusa, contiene ancora, secondo i giuristi, elementi di continuità con i precedenti decreti. Se la nuova legge stabilisce la riduzione della durata complessiva massima del trattenimento nei Cpr, infatti, dall’altra prevede ancora norme incostituzionali.

      Come il fermo a tempo imprecisato degli stranieri arrivati in frontiera che possono essere trattenuti a lungo in un Cpr. «Periodo durante il quale la loro domanda d’asilo è esaminata con una procedura velocissima, senza garanzie». Ribadiscono da Asgi: «I richiedenti sono isolati e non hanno la possibilità concreta di essere assistiti da un avvocato o dalle organizzazioni umanitarie».

      https://valori.it/business-accoglienza-ors