L’accoglienza modello-Salvini ? Triplicherà i costi. Azzerando i servizi

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  • Il #business dell’accoglienza? Non è quello che immaginate

    Il business dell’accoglienza non è quel di cui hanno parlato per anni alcuni esponenti politici che oggi fanno parte della maggioranza di governo. Non esattamente. O meglio, con il passare dei mesi scopriamo che fare affari sulla pelle dei migranti, a prescindere da quanto questi siano accolti in maniera dignitosa, potrebbe poi non essere qualcosa di riprovevole per il governo in carica. Partiamo da lontano e poi scopriamo perché.

    Nel 1979, negli Stati Uniti, una legge legalizzò la possibilità di affidare le carceri in appalto a privati. Il primo Stato ad approfittarne fu il Texas nel 1989, gli Stati che avevano approvato una qualche forma di privatizzazione erano trenta e i detenuti rinchiusi in carceri private erano diventati 140mila. Gli ultimi dati disponibili sul sito del Bureau of Justice statistics indicano come nel 2011 le persone rinchiuse in carceri private fossero l’8,2% del totale del quasi milione e seicentomila detenuti negli Stati Uniti contro il 7,9 dell’anno precedente – 6,7% del totale dei carcerati statali e 18% di quelli federali. Negli Usa le carceri private ha significato cosi più alti, condizioni di detenzione peggiori e anche tassi di incarcerazione più alti – per delle ragioni collegate direttamente al sistema degli appalti. Ma fermiamoci qua, che quello degli Stati Uniti è solo un esempio e qui parliamo di Italia ed Europa.

    Cosa c’entra tutto questo con l’Italia, l’immigrazione e il razzismo? Semplice: la nuova concezione del sistema di accoglienza delle persone che chiedono asilo nel nostro Paese, quelle in attesa di sapere che destino avranno, quelle in attesa di essere identificate (e così via) sembra richiamare il sistema di detenzione privato americano, appaltato a soggetti privati. Questo almeno è quanto spiega bene un dossier pubblicato dal periodico Valori nel quale si racconta della potenziale cessione a multinazionali del sistema di accoglienza. Spieghiamo citando Valori:

    Il giro di vite governativo sul sistema di accoglienza di migranti, rifugiati e richiedenti asilo imposto dal Decreto Sicurezza ha già prodotto un sicuro vincitore: il gruppo privato elvetico ORS. La società, controllata dal private equity londinese Equistone Partners, gestisce da anni decine di centri per migranti in Svizzera, Austria e Germania e il 22 agosto scorso ha annunciato ufficialmente il suo arrivo in Italia. Il contesto legale plasmato da Matteo Salvini non potrebbe essere più favorevole. Il drastico ridimensionamento del sistema Sprar in favore dei CAS, gestiti dai privati, rappresenta un’occasione troppo ghiotta. Grandi centri di massa, improntati al risparmio (almeno in apparenza) e orientati al profitto.

    La società lavora in Austria, dove però il governo in carica sta pensando di riassumere in house il sistema di accoglienza per due ragioni: appaltare fa diminuire i costi per persona ma fa crescere quelli complessivi e l’accoglienza è di pessimo livello. I centri gestiti da ORS sono infatti spesso sovraffollati e in un caso questo ha portato a una denuncia da parte di Amnesty International. Nel 2015 a Traiskirchen, centro pensato per 1800 persone, ne dormivano 4500, alcuni all’aperto. In Germania e Norvegia operano invece la Homecare e la Hero Norge AS, che a loro volta hanno visto calare i profitti (per ragioni collegate alla chiusura della rotta balcanica) e che neppure sono nuove a scandali. Ospiti della Homecare sono morti durante risse e altri hanno denunciato maltrattamenti. Trentuno dipendenti sono sotto processo in Renania.

    Il modello, insomma, non è dei migliori. Anzi: non c’è luogo del pianeta dove la privatizzazione del sistema carcerario o di accoglienza abbia generato risparmi o una maggiore qualità del servizio. Di solito, vale negli Stati Uniti come in Austria, succede che queste società abbiano una grande capacità di condizionare le scelte politiche. Negli Stati Uniti investendo pesantemente in lobbying, in Austria offrendo lavoro ad ex politici dei partiti di governo.

    Torniamo all’Italia. Perché Valori avverte del pericolo che sistemi come quello austriaco vengano adottati da noi? In parte abbiamo risposto con la citazione qui sopra: la ORS ha aperto una sede legale nel nostro Paese. E la ragione risiede nella riorganizzazione del sistema di accoglienza voluta dal governo. La chiusura dei CARA (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) come Castelnuovo di Porto e l’abolizione del permesso di protezione umanitaria, che ha generato (e genererà) l’espulsione dalle strutture di accoglienza di migliaia di persone non è frutto della voglia di migliorare i servizi o di colpire quello che viene definito “il business dei rifugiati”. Probabilmente una parte degli ospiti dei CARA che ne hanno titolo verranno inviati negli Sprar che nel frattempo vengono svuotati da chi, grazie al Decreto sicurezza, non ha più le carte in regola per risiedervi.

    Obbiettivo del Decreto sicurezza è quello di avere dei centri grandi, non pensati per l’integrazione e l’accoglienza ma semplicemente come parcheggi di persone che sono in attesa di conoscere il loro destino. Che, nella mente di chi ha concepito le nuove leggi, sono per la maggior parte dei millantatori che dicono di aver diritto allo status di rifugiato pur essendo migranti economici. La conseguenza è che questi non necessitano di servizi volti a facilitare l’inclusione sociale, perché nella maggior parte finiranno con l’essere espulsi. Falso, ma utile a distruggere un sistema di accoglienza diffusa, quello degli Sprar, che stava lentamente cominciando a funzionare. I nuovi centri saranno quindi, leggiamo ancora sul dossier di Valori (e abbiamo scritto varie volte anche noi):

    Più grandi, senza gare pubbliche e con un sistema che, pur avendo costi medi inferiori, farà spendere di più allo Stato. E per i migranti non ci sarà alcun obiettivo di integrazione e un destino certo di emarginazione sociale. Saranno così i centri di “accoglienza” versione Salvini: il ministro degli Interni punta a renderli sempre più simili a strutture di detenzione. Ma il nuovo sistema costerà meno alle casse pubbliche? Basta leggere i numeri ufficiali per dire di no. Nelle strutture del Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati (il cosiddetto SPRAR), mediamente, un migrante costa circa 6.300 euro per i 6 mesi in cui mediamente resta in uno SPRAR. In un Centro di Accoglienza Straordinaria (i cosiddetti CAS) da 10 a 14mila. A rivelarlo sono i documenti ufficiali depositati dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) alla commissione Affari Costituzionali della Camera.

    Con la possibile gestione dell’accoglienza da parte dei grandi privati il business dell’accoglienza è dunque destinato a crescere, non a diminuire. Non solo, gli scandali che in questi anni hanno investito le organizzazioni che gestivano i centri, svelando corruzione e cattivi servizi, sono in buona parte colpa dello Stato. Perché? Perché spesso le assegnazioni sono state fatte ad affidamento diretto, senza gara, e perché le prefetture non facevano controlli. Non solo: i tempi di permanenza dovuti ai tempi lunghi di esame delle domande di asilo, ha reso più lunga la permanenza nei centri dei richiedenti asilo e, di conseguenza, fa crescere i costi. Anche da questo punto di vista, insomma, il Decreto sicurezza non è buono. Non per i migranti e i richiedenti asilo, non per i diritti umani e neppure per le casse pubbliche e la lotta alla corruzione.


    http://www.cronachediordinariorazzismo.org/business-accoglienza-multinazionali
    #accueil #Italie #asile #migrations #réfugiés #business_de_l'accueil #privatisation #ORS #Equistone_Partners #decreto_sicurezza #décret_sécurité #decreto_Salvini #décret_Salvini

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    • Migranti, gli sciacalli della finanza brindano a Salvini

      Il “decreto-sicurezza” voluto da Lega e 5 Stelle fa gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti. Dietro di loro, fondi di private equity, la finanza londinese, investitori sauditi e svizzeri. Vincitori di una guerra sporca, che farà aumentare disuguaglianze, razzismo, crimine e tensioni sociali.

      https://valori.it/dossier/gennaio2019
      #globalisation #mondialisation

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      Dans le dossier:

      Migranti SpA. Lega e 5 Stelle aprono le porte ai privati che l’Austria caccia via
      https://valori.it/migranti-spa-salvini-apre-le-porte-ai-privati-che-laustria-non-vuole

      Rifugiati for profit: dietro ORS Italia un intreccio globale di politica e finanza
      https://valori.it/ors-finanza-rifugiati-italia

      Benvenuti al Nord. Welfare addio, i rifugiati nelle mani del business privato

      https://valori.it/nord-europa-rifugiati-business-famiglia
      #Hero #Homecare

      L’accoglienza modello-Salvini? Triplicherà i costi. Azzerando i servizi
      https://valori.it/laccoglienza-modello-salvini-triplichera-i-costi-azzerando-i-servizi
      #coût #coûts

      Il deja vù della gestione migranti: il nuovo decreto è una pacchia per i big
      https://valori.it/il-deja-vu-della-gestione-migranti-il-nuovo-decreto-e-una-pacchia-per-i-big
      #mafia_capitale

    • La lunga mano della finanza speculativa sul business dell’accoglienza (favorito dai decreti Sicurezza)

      Un’interrogazione parlamentare vuole fare chiarezza sul business dell’accoglienza, svelato da Valori. Una lunga catena che conduce a un fondo di private equity londinese

      Lo avevamo denunciato per primi nel gennaio 2019, ribadito a luglio 2019, documentato a gennaio 2020. Ora è una certezza, diventata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare da parte del deputato Andrea Vallascas (M5S) al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. I decreti Sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, più che salvarci «dall’invasione di migranti», hanno favorito il business della finanza speculativa nel campo dell’accoglienza. Un business che in Italia è riconducibile a Ors Italia srl, società interamente controllata dalla casa madre elvetica, Ors Service AG, con sede a Zurigo. A sua volta controllata dal private equity londinese Equistone Partners.

      Appalti per oltre 2 milioni e mezzo di euro e un bilancio in perdita

      Scalzata dal governo austriaco e approdata nel nostro Paese il 22 agosto 2018, la società italo-svizzera con sede a Roma è rimasta inattiva per più di un anno e mezzo. Ma, nel giro di pochi mesi, dal novembre 2019 a oggi, si è aggiudicata almeno tre gare pubbliche, di cui una prorogata in affidamento diretto, per l’accoglienza di migranti. Appalti che valgono più di due milioni e mezzo di euro (€2,671,832.50), tra la Sardegna e il Friuli Venezia Giulia. A fronte di un capitale sociale versato di soli 10 mila euro, 13 dipendenti (un impiegato e 12 operai) e 358 mila euro di perdite in bilancio al 31 dicembre 2019.

      L’ultimo mandato ottenuto riguarda la gestione di Casa Malala, struttura di prima accoglienza in Friuli Venezia Giulia, a pochi passi dalla frontiera, gestita fin dalla sua apertura nel 2016 dal Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) in collaborazione con Caritas. Appalto aggiudicato, invece, a Ors Italia dalla prefettura di Trieste lo scorso 15 settembre con un ribasso del 14% su una base d’asta di 788.832,50 euro. Esempio calzante di quanto documentato anche da Openpolis e Actionaid, nel loro rapporto a febbraio 2020.

      Mentre le realtà più piccole e non profit con forte vocazione sociale sono costrette a uscire dal sistema di accoglienza, chi si fa strada sono le grandi società, incluse le società a scopo di lucro, proprio come Ors.

      A Trieste a rischio Casa Malala, centro di accoglienza modello

      La gara del centro di prima accoglienza friulano è ancora aperta, però. Su essa pende il ricorso al TAR di ICS presentato lo scorso 15 ottobre. Anche sulla scorta di quanto emerso nell’opinione pubblica, nei mesi scorsi, proprio sulla gestione di Ors dei centri rifugiati in Sardegna. Come aveva già espresso a Valori.it Gianfranco Schiavone, attualmente nel direttivo di Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e presidente di ICS (Consorzio italiano di solidarietà), ogni timore è diventato realtà. «La somma dei tagli ai capitolati di gara voluti dall’ex ministro Matteo Salvini e le gestioni senza scrupolo di chi fa accoglienza per business, possono trasformare i centri di accoglienza in vere e proprie “discariche di esseri umani”. Come sta avvenendo in Sardegna» denuncia Schiavone.

      Tutto ciò potrebbe accadere a Trieste. «Accettare che ci sia un solo operatore, magari non qualificato, ogni 50 ospiti vuol dire limitarsi a fare i guardiani – ha aggiunto Schiavone – Così come la presenza di un mediatore culturale, con a disposizione un solo minuto al giorno per parlare con le persone richiedenti asilo. Questa non è accoglienza».

      Il Cpr di Macomer e il Cas di Monastir e l’inferno per i migranti

      Tutti fattori che, anziché favorire l’integrazione, portano i migranti a condizioni di costrizione disumane, alla base di proteste e a un clima di scontro sociale nei territori. Così è successo nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) di Macomer. Nell’arco di pochissimi mesi dalla sua apertura è stato investito da continue tensioni e rivolte, fino ai tragici e gravissimi atti di autolesionismo degli ospiti. Una gestione che vale per 50 ospiti, 572 mila euro. Appalto anche questo conquistato con un ribasso del 3% nel novembre del 2019. Ma che la società italo-svizzera ha ampiamente recuperato, ottenendo dalla Prefettura di Nuoro altri 66 mila euro, lo scorso 5 maggio per integrare i servizi di assistenza medica e sociali tagliati.

      Solo due mesi prima, il 5 marzo 2020 la prefettura di Cagliari aveva già affidato a Ors Italia con procedura d’urgenza la gestione della struttura di Monastir, per un milione e 245 mila euro. Il servizio di gestione è stato affidato con esecuzione anticipata del contratto per motivi di urgenza e prorogata in affidamento diretto più volte. L’ultima proroga risale a luglio 2020 con scadenza al 30 settembre 2020. Il centro, attivo dal 2017, ha una capienza di 150 posti suddivisi tra il Centro di prima accoglienza, (CAP) e il Centro di accoglienza straordinaria per i richiedenti asilo (CAS). Salito anch’esso in pochissimo tempo alle cronache come «l’inferno di Monastir», per lo stato di degrado e abbandono in cui versano i migranti.
      Per giornalisti e Ong impossibile entrare

      Entrambe strutture sono al centro di inchieste giornalistiche su l’Unione Sarda, La Nuova Sardegna e Il Dubbio. Così come oggetto delle denunce pubbliche di LasciateCIEntrare e Asce. Ma le prefetture e il ministero dell’Interno hanno più volte impedito l’ingresso degli attivisti per i diritti umani a Macomer. A Monastir LasciateCIEntrare è stata autorizzata a entrare, ma solo a febbraio, prima che la gestione venisse affidata a Ors. Come ci riferisce uno dei referenti della campagna, Francesca Mazzuzi, la situazione è precipitata. «Il Cpa di Monastir dovrebbe ospitare le persone sbarcate solo per il periodo necessario all’espletamento dei controlli sanitari e delle operazioni di identificazione e fotosegnalamento. Fino al ricevimento del «foglio di via»

      Invece in questo momento le condizioni dei migranti sono ulteriormente peggiorate. Anche a causa del Covid-19. «Una volta sbarcati sono trattenuti per il periodo della quarantena o per l’isolamento sanitario, se positivi, ma la struttura non è adatta per soggiorni prolungati. Infatti è difficilmente applicabile il distanziamento fisico e la separazione degli spazi. Le persone sono alloggiate in brandine in una ex palestra ed in un’ex autorimessa».

      Centri che, nel giro di pochi mesi, hanno preso sempre più l’aspetto di vere e proprie carceri, con tanto di vigilanza delle forze di polizia. Dove persino gli avvocati fanno fatica a dialogare con i richiedenti asilo, come ha denunciato l’avvocata Rosaria Manconi, presidente della Camera penale di Oristano. Situazione che ha richiesto l’intervento del Garante dei detenuti sardo e l’istituzione, da parte della stessa prefettura di Nuoro, di un organismo di monitoraggio sulle condizioni dei migranti.
      Il caso Ors oggetto di un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno

      Situazione più che «anomala» diventata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare, lo scorso 15 ottobre, da parte del deputato Andrea Vallascas (M5S), all’attuale ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. «Ors, dopo aver trasformato la solidarietà in business, si sta progressivamente espandendo verso Paesi e regioni del Mediterraneo, tra cui la Sardegna. Alla ricerca di mercati più redditizi e con modalità aggressive. Attraverso forti ribassi d’asta, servizi scadenti e scarso rispetto per la sicurezza pubblica e per i diritti umani», ha affermato il deputato.

      «Per questo chiediamo al ministro Lamorgese che faccia chiarezza su quanto sta accadendo in Italia e in Sardegna. Per evitare che nel settore organismi privati possano liberamente lucrare a discapito della qualità dei servizi e delle norme. E chiediamo di attivarsi anche con delle ispezioni per verificare le modalità di assegnazione dell’appalto di alcuni centri, tra cui quello di Monastir».
      Le accuse di Amnesty International e delle Ong in Austria e Svizzera

      Tutto un dejà vù, come avevamo raccontato a Valori. La holding svizzera Ors Service Ag, specializzata nella pluriennale «attività imprenditoriale a supporto dell’accoglienza dei cittadini stranieri» non è nuova a simili dinamiche. Era già stata accusata di aver gestito in modo discutibile, negli ultimi 5 anni, diversi dei centri per migranti in Svizzera e Austria. È quello che emerge dalle denunce di violazione dei diritti umani fatte da Amnesty International su centro di Traiskirchen, dell’Ong Droit de Rester a Friburgo e del giornale svizzaro Bazon Online sul centro asilo di Basilea, chiuso nel 2016.
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      La riforma Lamorgese arriva troppo tardi?

      In questo contesto si innesta la riforma dei decreti Sicurezza, voluta dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e varata con il decreto 130 del 21 ottobre 2020. «L’entrata in vigore del decreto è quanto mai urgente. Perché è ormai evidente come la situazione dei centri di accoglienza straordinaria sia totalmente degenerata in questi due anni», ribadisce ancora una volta Gianfranco Schiavone.

      «La ri-definizione degli standard dei servizi nei centri di accoglienza, come l’assistenza psicologica, l’insegnamento della lingua italiana e attività di integrazione sociale sono assolutamente indispensabili. Ma arrivano in ritardo, dopo un anno», sottolinea il responsabile di Asgi. «Così come non occorreva una nuova legge per cambiare i capitolati di gara. Erano misure che potevano essere prese anche prima della riforma, in forma amministrativa».

      Asgi chiede modifiche al decreto: ci sono ancora misure anticostituzionali

      Non a caso l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione ha presentato ulteriori richieste di modifiche al decreto. Pur riaprendo al sistema di accoglienza diffusa, contiene ancora, secondo i giuristi, elementi di continuità con i precedenti decreti. Se la nuova legge stabilisce la riduzione della durata complessiva massima del trattenimento nei Cpr, infatti, dall’altra prevede ancora norme incostituzionali.

      Come il fermo a tempo imprecisato degli stranieri arrivati in frontiera che possono essere trattenuti a lungo in un Cpr. «Periodo durante il quale la loro domanda d’asilo è esaminata con una procedura velocissima, senza garanzie». Ribadiscono da Asgi: «I richiedenti sono isolati e non hanno la possibilità concreta di essere assistiti da un avvocato o dalle organizzazioni umanitarie».

      https://valori.it/business-accoglienza-ors