Accord de Malte
Nelle bozze dell’accordo di Malta si chiede a chi fa soccorso in mare di «conformarsi alle istruzioni dei competenti Centri di Coordinamento del Soccorso», e di «non ostruire» le operazioni della «Guardia costiera libica».
Primo: la formula vi suona già sentita?
Già, quando l’anno scorso il governo italiano negoziò fino a tarda notte al Consiglio europeo di giugno, le conclusioni contenevano queste parole:
«Le imbarcazioni (...) non devono ostruire le operazioni della Guardia costiera libica».
Nella bozza dell’accordo di Malta si va persino oltre, perché alle imbarcazioni di ricerca e soccorso si chiedono due cose:
(1) non ostruite la Guardia costiera libica;
(2) conformatevi alle richieste dello RCC competente.
Quanto all’ostruzione delle operazioni della Guardia costiera libica, non si ricorda un caso recente.
Al contrario, è generalmente la Guardia costiera libica a usare comportamenti aggressivi.
@VITAnonprofit metteva in fila un po’ di fatti nel 2017.
▻http://www.vita.it/it/article/2017/11/08/mediterraneo-tutti-gli-attacchi-della-guardia-costiera-libica-alle-ong/145042
Ovviamente, non è che la Guardia costiera libica sia sempre aggressiva. C’è chi fa il suo lavoro in maniera professionale, chi no.
Il punto è un altro: spesso non sappiamo chi operi dove. Come spiega @lmisculin, la Guardia costiera libica non esiste: ▻https://www.ilpost.it/2017/08/26/guardia-costiera-libica
Passando al «conformarsi alle istruzioni dei competenti Centri di Coordinamento del Soccorso», il discorso diventa ancora più spinoso.
Si arriva rapidamente a un paradosso clamoroso, consentito da un diritto internazionale che ha più buchi di un groviera.
Questo: la Libia è l’unico paese al mondo ad avere costituito un proprio Centro di Coordinamento del Soccorso (a giugno 2018) e, allo stesso tempo, a non essere considerato da @Refugees
un «luogo sicuro» per lo sbarco delle persone soccorse.
Pensateci un attimo: se soccorro qualcuno in quel tratto di mare amplissimo che è la zona #SAR libica, il diritto internazionale mi obbliga a contattare lo RCC libico.
Ma lo stesso diritto internazionale obbliga lo #RCC libico a NON INDICARE SÉ STESSO come luogo di sbarco!
Cosa succede di solito, invece? Prendiamo #OceanViking.
Il 17 settembre dopo un salvataggio, manda un’email allo RCC libico chiedendo un «luogo sicuro» di sbarco.
Dopo diverse ore, dalla Libia rispondono: perfetto, venite da noi, ad al Khums.
Sarebbe un respingimento.
Non è un evento raro, anzi, accade costantemente: se e quando lo RCC libico risponde, indica un suo porto come «luogo sicuro».
Da #OceanViking rispondono che non si può fare. Certo che no: sbarcare le persone in Libia sarebbe un respingimento.
Notate l’estrema pazienza.
In questa situazione di estrema incertezza, chiedere a chi effettua soccorsi nel tratto di mare in cui il coordinamento del soccorso è tecnicamente di competenza libica di «conformarsi» senza condizioni alle richieste di Tripoli rischia di legittimare i respingimenti.
CONCLUSIONE /1.
«Non ostruire» le operazioni della «Guardia costiera libica» è una richiesta corretta solo se molto qualificata.
Dipende da molte condizioni, prima tra tutte di quale Guardia costiera libica stiamo parlando, e da come si stia comportando.
CONCLUSIONE /2.
Con il suo linguaggio tranchant, la bozza di Malta chiede a chi effettua un soccorso in zona SAR libica di «conformarsi» alle richieste libiche.
Senza specificare altro, gli Stati europei stanno implicitamente chiedendo alle Ong di effettuare respingimenti.
source : ▻https://twitter.com/emmevilla/status/1177518357773307904?s=19
#Matteo_Villa
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