Migranti, Serracchiani (PD) : « Il Viminale chiarisca l’appalto ’Casa Malala’ a Trieste »

/migranti-serracchiani-pd-il-viminale-ch

  • Migranti. Sbarca in Italia la multinazionale svizzera del business dell’accoglienza

    Prima il centro di detenzione per irregolari di #Macomer. Ora #Casa_Malala a Trieste per richiedenti asilo della rotta balcanica. La strategia di #Ors_Italia che vince i bandi a colpi di ribassi.

    Dall’accoglienza umanitaria al business dell’accoglienza? Il cambio di gestione al Centro Casa Malala di Trieste, struttura per la prima assistenza dei richiedenti asilo della via balcanica, apre scenari e interrogativi. E conferma la tendenza, avviata dai decreti sicurezza salviniani, di favorire l’affidamento dei centri ad aziende lucrative, più che alle Onlus della rete territoriale dei centri Sprar. Succede a Trieste in località Fernetti, dove la gestione del centro, da sei anni guidata da Consorzio italiano di solidarietà (Ics) e Fondazione Caritas di Trieste, è scaduta ed è stata affidata per bando a Ors Italia, affiliata del gruppo elvetico Ors nato nel ’92 da una costola di Adecco, società di lavoro interinale.

    Il gruppo gestisce centri per richiedenti asilo in Svizzera, Austria e Germania. E continua a vincere bandi, nonostante le inchieste giornalistiche e le interrogazioni parlamentari che negli anni scorsi hanno denunciato gestioni inefficienti al punto di essere lesive dei diritti fondamentali. Frutto di un approccio che bada più al profitto che all’integrazione. E la scelta punta, di fatto, a escludere le Ong: dopo quelle in mare, anche quelle sulle rotte di terra, sentinelle «scomode» dei diritti.

    Significativo l’esordio nel nostro paese di Ors Italia, che a fine 2019 ha vinto la gestione del primo Cpr sardo a Macomer, struttura di detenzione amministrativa per il rimpatrio di migranti irregolari, realizzata in un ex carcere in provincia di Nuoro. Ex caserma della Finanza, Casa Malala è stata ristrutturata dal 2016 come centro di prima accoglienza, 100 posti per migranti traumatizzati, nel fisico e nella psiche, dal viaggio e dalle violenze delle polizie balcaniche.

    Ors Italia venerdì ha ottenuto il primo posto anche nella graduatoria tecnica per Casa Malala grazie a offerte - sulla carta - di servizi di qualità. Ma dovrà giustificare la sua offerta giudicata «anomala»: il ribasso del 14% sul costo ipotizzato nel bando ha attivato in automatico uno stop nella procedura, da parte della Prefettura, per dubbi sulla qualità dei servizi. Trattandosi di una società commerciale, e non di una Onlus, Ors Italia ha anche l’obbligo di legge di dimostrare che avrà un utile, dopo aver pagato dipendenti e fornitori. Nonostante i decreti sicurezza abbiano ridotto il contributo per rifugiato da 35 a 26 euro o meno. Per Valori.it, testata di finanza etica ed economia sostenibile, Ors è controllata dalla finanziaria Equistone partners, legata a Banca Barclays.

    L’impressione degli addetti ai lavori dunque è quella di un marketing aggressivo per sbaragliare la concorrenza, a costo di rinviare i guadagni, pur di occupare quote di mercato. Dubbi anche sul requisito dell’esperienza triennale: non ne ha, la neonata Ors Italia, che però propone quella della casa madre svizzera, grazie all’istituto giuridico dell’"avvalimento".

    C’è poi il clima politico, che in Friuli Venezia-Giulia da un anno e mezzo a oggi è cambiato. Ad aprile 2018 l’elezione alla presidenza della Regione Friuli Venezia-Giulia di Massimiliano Fedriga, fedelissimo di Matteo Salvini. E a gennaio 2019 l’inaspettata sostituzione, da parte del governo giallo-verde, del prefetto Annapaola Porzio con Valerio Valenti. Ics e Caritas esprimono «serie preoccupazioni» per le gravi «carenze di programmazione: due operatori di servizio diurno, uno solo di notte, mediazione linguistica di pochi minuti a settimana per ospite, cancellazione del servizio di supporto psicologico». Massimizzare il risparmio, insomma. Anche se si tratta di esseri umani.

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/immigrazione-nel-business-dell-accoglienza-ai-migranti-sbarca-in-italia-una
    #ORS #privatisation #accueil (sic) #Italie #migrations #asile #réfugiés

    Ajouté à la métaliste sur ORS:
    https://seenthis.net/messages/802341

    • Dai timori alla realtà: «i centri-migranti sempre più ghetti senza servizi». E a #Trieste rispunta ORS

      L’esito dei bandi post Decreti Salvini conferma: le società for profit s’impadroniscono dell’accoglienza migranti. In FVG primo appalto in vista per la holding elvetica.

      Gli operatori della solidarietà accusano: il Decreto Sicurezza (o Decreto Salvini che dir si voglia) partorito nell’inverno 2018 e votato da M5S e Lega sta cambiando, in peggio, la gestione dell’accoglienza dei migranti. Le critiche non sono una novità ma adesso i problemi trovano ulteriori conferme. A finire sotto accusa sono ovviamente i bandi pubblici che imporrebbero una concorrenza al ribasso apparentemente insostenibile per il mondo del no profit. Taglio dei costi, ovvero dei servizi. E soprattutto megacentri, vale a dire grandi numeri e ampie dimensioni. Risultato: via libera ai grandi gestori pronti a soppiantare i soggetti tradizionali, con tutto quel che ne segue. E le polemiche, va da sé, infuriano. A partire da un cruciale angolo di Nord Est, ultimo sbocco della sempre attiva rotta balcanica.

      Migranti, a Trieste vince la svizzera ORS

      L’ultima contesa, in ordine di tempo, si è aperta a Trieste, «una Ventimiglia ma al contrario» dice Gianfranco Schiavone, presidente di ICS – Consorzio Italiano di Solidarietà, centro di riferimento per i migranti e rifugiati nel capoluogo giuliano. Qui, a differenza di ciò che accade nel Ponente ligure, i flussi sono in entrata. Più o meno 7mila, spiega, i potenziali richiedenti asilo registrati ufficialmente nell’area lo scorso anno dopo aver varcato verso ovest il confine sloveno, ultima tappa della rotta che attraversa la Grecia e la ex Jugoslavia. Quasi 1.500 i migranti accolti da ICS nei primi dieci mesi del 2019 (più del doppio rispetto al numero rilevato nel 2018) nella struttura di prima accoglienza “Casa Malala” a Fernetti, a pochi passi dalla frontiera. Un migliaio circa le persone attualmente ospitate dallo stesso ente in collaborazione con la Caritas in quasi 150 appartamenti della città.

      Solo che nel frattempo le richieste presentate nei bandi sarebbero diventate sempre più difficili da soddisfare, con il rischio di tagliare fuori gli operatori sociali più esperti e radicati nel territorio. Il 22 gennaio scorso la Prefettura di Trieste ha pubblicato la graduatoria finale della gara d’appalto per la gestione della stessa Casa Malala. Chi si è piazzata al primo posto? La ORS, già attiva da anni in Svizzera e Austria e presente in Italia con una controllata. Se gli ultimi accertamenti tecnici daranno esito positivo, la gestione della struttura e dei suoi 95 posti toccherà alla sussidiaria italiana della società for profit elvetica. E potrebbe essere solo l’inizio.

      ORS tra Londra e la Sardegna

      ORS Italia Srl, che è stata registrata a Roma il 25 luglio 2018 e ha sede presso uno studio notarile della capitale, è controllata dalla società ORS Service AG, ultimo anello di una catena che conduce a una holding di Zurigo di proprietà del fondo di private equity Equistone Partners di Londra. Per le sue attività in Svizzera, Austria e Germania, nel 2018, il gruppo ORS ha conseguito profitti operativi per 1,3 milioni di franchi (1,2 milioni di euro al cambio attuale) meno della metà del dato 2016 (3 milioni di franchi circa). La variazione, riferisce tra gli altri il tabloid svizzero 20 Minuten, sarebbe da imputare al drastico calo delle domande di asilo che si sono ridotte di due terzi nel giro di tre anni.

      Per quasi un anno e mezzo, secondo quanto riportato nelle visure camerali, ORS Italia è risultata “inattiva”. L’ultima visura disponibile, visionata da Valori il 28 gennaio, segnala invece l’avvio delle attività. Alla controllata italiana, in particolare, è stata recentemente affidata la gestione del Centro regionale per la permanenza e il rimpatrio dei migranti irregolari di Macomer, in provincia di Nuoro. Stando sempre all’ultima visura ORS Italia avrebbe per ora un solo dipendente, contro i circa 1.300 registrati negli altri tre Paesi di attività alla fine del 2018.

      Controversie in Austria

      Il faro puntato su ORS è legato al fatto che il gruppo elvetico non è stato immune alle polemiche. Nel 2015 ORS è stata fortemente criticata per la gestione del centro rifugiati di Traiskirchen, in Austria. Progettato per una capienza di 1.800 persone, il campo era arrivato a ospitarne 4.600. 1.500 di loro, denunciava Amnesty International, erano costretti a dormire all’aperto. Contattata da Valori, ORS aveva risposto per iscritto parlando di «accuse infondate» e spiegando di non essere stata responsabile del sovraffollamento del campo non avendo il potere «né di assegnarsi né di respingere i rifugiati». L’invio dei richiedenti asilo a Traiskirchen, precisava la società elvetica, sarebbe stato effettuato «tramite il Ministero dell’Interno austriaco con la collaborazione istituzionale del personale di ORS».

      Per Casa Malala un taglio dei costi del 14%

      L’assegnazione di Casa Malala, come si diceva, non è ancora definitiva. L’offerta di ORS prevede un taglio dei costi del 14%, un ribasso davvero notevole capace di sbaragliare la concorrenza frenando però l’iter di approvazione. Tecnicismi a parte, funziona più o meno così: quando il preventivo di un concorrente scende al di sotto di una certa soglia minima (nel rapporto costi/servizi) scatta automaticamente un apposito procedimento di controllo. Nulla di illecito, per carità. Ma ora, come previsto dalla legge, l’autorità deve verificare la sostenibilità della proposta, capire cioè se ORS sia davvero in grado di offrire i servizi proposti a quel prezzo. A prescindere dall’esito dei controlli, sostengono gli altri operatori, resta tuttavia irrisolto un problema di fondo.

      Bandi sotto accusa: «Impossibile offrire servizi adeguati»

      «Il fatto è che non è possibile per noi offrire servizi adeguati e orientati alla tutela dei diritti della persona ai costi previsti dai nuovi bandi» commenta Schiavone. «A queste condizioni – aggiunge – si favoriscono gli operatori come ORS che gestiscono grandi strutture di proprietà pubblica». Sotto accusa, insomma, il modello generale dei grandi centri ispirato dallo stesso Decreto Sicurezza, strutture che il presidente di ICS descrive come «parcheggi di fatto con standard molto bassi o peggio ancora ghetti che producono elevate tensioni sociali».

      In questo contesto, sostiene ancora Schiavone, «il modello di accoglienza diffusa che mira invece a una veloce integrazione delle persone accolte non trova spazio». E non è un caso, suggerisce, che le ultime gare d’appalto indette a Trieste siano andate praticamente deserte.
      Gare deserte, la parola al Tribunale

      Due in particolare i bandi senza soluzione. Il primo è relativo a un progetto di accoglienza diffusa per migranti richiedenti asilo, con un importo previsto di 10,9 milioni di euro, che sembra tanto ma – spiega ancora Schiavone – farebbe a conti fatti 21 euro e cinquanta centesimi al giorno di spesa per persona, contro i 35 euro previsti in passato. L’unica offerta ricevuta è arrivata da una cooperativa sociale di Castel San Giorgio (Salerno), ma la proposta copre appena 10 dei 1.150 posti richiesti, come dire meno dell’1% del totale.

      Alla seconda gara – per l’assistenza di 300 migranti distribuiti in diverse in strutture collettive e un budget di quasi 5,8 milioni – non ha risposto nessuno. ICS, che nel frattempo continua a gestire in proroga il sistema di accoglienza insieme a Caritas, ha impugnato i bandi ritenendoli illegittimi dal momento che i parametri di costo previsti non sarebbero adeguati ai servizi richiesti. L’udienza presso il TAR del Friuli Venezia Giulia è fissata per il mese di maggio. Sempre che il Governo, nel frattempo, non decida di risolvere a monte la questione cancellando il Decreto Sicurezza. Chissà se il risultato elettorale in Emilia Romagna riporterà a più miti consigli il Movimento 5 Stelle. Che per ora, nonostante le pressioni, continua a nicchiare sull’ipotesi di modifica delle norme fortemente volute dal suo ex alleato.

      https://valori.it/migranti-bandi-trieste-ors

    • Rifugiati. L’assalto delle holding straniere. E l’accoglienza diventa vero business

      Rapporto di «Valori.it»: il Decreto sicurezza che punta sui mega-centri a scapito degli Sprar apre un mercato per grandi aziende britanniche, tedesche, svizzere. Raddoppio dei costi, qualità a rischio.

      Altro che risparmio. Altro che «fine della pacchia» per chi «fa affari coi migranti». Il Decreto sicurezza aumenterà il costo pro-capite dell’accoglienza dei richiedenti asilo, a causa della scelta di puntare su grandi strutture invece che sulla rete territoriale degli Sprar. Ed è un business su cui si stanno lanciando grandi aziende straniere, alla ricerca di nuovi mercati. Più soldi dei contribuenti per un’accoglienza peggiore, elargiti a holding internazionali invece che a cooperative italiane.

      Ad accendere i riflettori sul nuovo business favorito dalla politica del governo è Valori.it, testata online specializzata in finanza etica ed economia sostenibile, in un dossier in 17 capitoli. «Il Decreto sicurezza voluto da Lega e 5 Stelle – scrive – fa gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti. Dietro di loro, fondi di «private equity», finanza londinese, investitori sauditi e svizzeri. Vincitori di una guerra sporca che farà aumentare disuguaglianze, razzismo, crimine e tensioni sociali». Il dossier è stato illustrato ieri alla Camera da Emanuele Isonio e Rosy Battaglia, autori di parte delle analisi, e da Nicoletta Dentico, vicepresidente della Fondazione Finanza Etica. Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ha annunciato un’interrogazione parlamentare.

      Tra i «big» dell’"accoglienza profit" ci sono la norvegese Hero e la tedesca European Homecare che dagli anni 90 fa affari espandendosi in Polonia e ex Ddr: «Era come una licenza per stampare soldi», ha dichiarato un ex dipendente al Wlz, quotidiano locale tedesco. Parole che riecheggiano le intercettazioni di «mafia capitale», quando Salvatore Buzzi, diceva che «il traffico di droga rende meno».

      Altra azienda leader è il gruppo elvetico Ors, secondo Valori.it già sbarcato in Italia. L’azienda svizzera – controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclkays – che gestisce da anni decine di centri in Svizzera, Austria e Germania, il 22 agosto ha annunciato il suo ingresso nel nostro Paese con Ors Italia Srl, annunciando che «l’Italia rappresenta un primo importante passo per la nostra espansione nel Mediterraneo». Secondo la testata online, Ors ha già ottenuto un affidamento dalla Prefettura di Roma.

      L’interesse per l’Italia di Ors è motivato anche dal fatto che l’impresa sta perdendo i suoi sette centri in Austria. Il ministro dell’Interno austriaco Herbert Kickl vuole una nuova agenzia pubblica al posto dei privati. Nel 2015 Ors è stata travolta dalle polemiche per la pessima gestione del centro di Traiskirchen: progettato per 1.800 persone, era arrivato a ospitarne 4.600. Per il giornale Usa Today, Traiskirchen è stato gestito con la logica delle carceri private statunitensi: taglio dei costi e massimizzazione del profitto.

      Ors è in crisi anche in Svizzera: chiusura della rotta balcanica e giro di vite sulle domande d’asilo ha dimezzato i rifugiati rispetto ai 40 mila del 2015. Dal 2017 Ors ha chiuso 19 centri. «Una ragione in più – scrive Valori.it – per guardare all’Italia e al suo mercato più promettente». Le prefetture ora, per accelerare i tempi, possono ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara, anche se con la vigilanza dell’Autorità anticorruzione.

      Il ministro ha ridotto la quota di spesa procapite da 35 a una forbice tra 19 e 26 euro, dicendo che l’Italia aveva le quote più care d’Europa. «Falso – afferma Emanuele Isonio – visto che Belgio, Finlandia, Svezia e Slovacchia spendono di più. E la Germania nel 2017 ha investito 21,3 miliardi per l’integrazione». Non solo. Secondo il dossier, l’accoglienza «modello Salvini» pur tagliando i servizi per l’integrazione - insegnamento della lingua italiana e sanità - farà impennare i costi. «I documenti Anci depositati alla Camera denunciano che nei megacentri si spenderanno 14mila euro per richiedente asilo a fronte del 6.300 nel sistema diffuso degli Sprar». Mentre infatti un profugo resta in una struttura Sprar mediamente 6 mesi, la permanenza nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria, varia da 18 a 24 mesi, con una spesa più che doppia.

      A questo popolo di potenziali disoccupati ed emarginati si sommeranno tutti gli irregolari prodotti dal Decreto sicurezza: i titolari di vecchi permessi di protezione umanitaria (circa la metà) che non se lo vedranno convertire in alcune nuove fattispecie molto più selettive, saranno espulsi dagli Sprar. «Aumenteranno così gli irregolari, disperati pronti a aumentare il numero di chi vive di espedienti. Per l’Ispi (Istituto studi politica internazionale) saranno almeno 140mila in 30 mesi, tra giugno 2018 e dicembre 2020».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/accoglienza-il-business

    • INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/04511

      Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:

      la scelta operata con il «decreto sicurezza» di ospitare i migranti puntando su grandi strutture e su standard di accoglienza molto bassi, invece che sulla rete territoriale degli Sprar, rischia di diventare un business per grandi aziende straniere alla ricerca di nuovi mercati;

      tale sistema determinerà un aumento dei costi per i contribuenti elargiti a holding internazionali e un’accoglienza peggiore per i migranti;

      un dossier del 2019 di Valori.it descrive come il «decreto sicurezza» farà gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti;

      una di queste realtà è il gruppo elvetico Ors, che sta già investendo sull’Italia;

      tale azienda, controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclays, gestisce da anni decine di centri in Svizzera, Austria e Germania, ed è al centro di dure e circostanziate accuse rispetto alla qualità della gestione di tali centri, come si evince anche da numerosissimi articoli, rapporti di autorevoli organizzazioni umanitarie ed inchieste giornalistiche di testate straniere in diversi Paesi;

      nel 2015 Ors stata travolta dallo scandalo, emerso a seguito di un rapporto di Amnesty International, per la pessima gestione del centro di Traiskirchen in Austria: progettato per 1.800 persone, era arrivato a ospitarne 4.600. La logica, in quel centro come in tutte le strutture gestite da Ors, sembra essere sempre la stessa: taglio dei costi e massimizzazione del profitto con «risparmi» su visite sanitarie, corsi di formazione, penuria di cibo, qualità degli alloggi;

      per partecipare a bandi di gara per «l’alloggiamento, l’assistenza, la consulenza sociale per profughi e richiedenti asilo» in Italia, la Ors Svizzera ha creato nel 2018 Ors Italia s.r.l. che, stante l’ultima visura camerale disponibile, risulta «inattiva»;

      dal 20 gennaio 2020 aprirà, in un ex carcere, il Cpr di Macomer (Nuoro) gestito da Ors;

      leggendo il contratto di servizio stipulato con Ors Italia il 21 novembre 2018 si evince che il contratto sia stato sottoscritto senza che sia stata acquisita l’obbligatoria «informativa antimafia» pur prevista dal decreto legislativo n. 159 del 2011 e richiesta da oltre sei mesi (maggio 2019) «attesa l’urgenza di attivare il servizio di gestione del CPR»;

      un articolo dell’Unione Sarda del 13 dicembre 2019 riporta che la Corte dei Conti aveva rinviato l’apertura del Centro regionale per il rimpatrio di Macomer (Nuoro), per accertamenti;

      la Ors Italia ha inoltre partecipato alla gara per la gestione del centro di prima accoglienza per i richiedenti asilo a Trieste, struttura denominata «Casa Malala»; quest’ultima è una struttura gestita da ICS e Caritas dal 2016 e rappresenta un esempio di buona gestione di una struttura di primissima accoglienza stilla quale c’è un grande impatto (circa 3.000 richiedenti solo nel 2019);

      a parere dell’interrogante in entrambi i casi esposti si pone il grande dubbio di come sia possibile, per una società a responsabilità limitata sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza;

      il timore dell’interrogante è che ci si trovi di fronte a una società che si avvarrebbe solo e totalmente della casa madre svizzera senza possedere mezzi e personale proprio con le qualifiche e l’esperienza richieste dai relativi bandi, consentendo che sul futuro di tali centri possano mettere le mani delle realtà discutibili interessate solo al profitto a discapito di migranti e contribuenti –:

      quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sui rischi derivanti dalla possibilità che società come la Ors, già oggetto di serie inchieste e indagini per la cattiva gestione dei centri di accoglienza e di detenzione all’estero, possano gestire importanti centri nel nostro Paese.
      (4-04511)

      https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/04511&ramo=CAMERA&leg=18
      #justice #interrogazione_parlamentare

    • Pecunia non olet

      Società che risultano inattive, costole italiane di multinazionali estere, vincono appalti per la gestione dei centri. Cooperative che gestiscono stabilimenti balneari diventati big del settore. Coop dal volto umano che cercano operatori notturni esperti in tecniche di combattimento. Inchiesta sul sistema di accoglienza che si trasforma dopo i decreti sicurezza.

      Nella località di #Fernetti, all’interno del comune sparso di #Monrupino, in provincia di Trieste, a poca distanza dal confine con la Slovenia, c’è la sede di Casa Malala, una struttura di prima accoglienza per i richiedenti asilo che arrivano dalla rotta balcanica. Nonostante negli anni la struttura sia stata gestita attraverso i fondi dell’accoglienza straordinaria predisposti dalla prefettura di Trieste, il modello di accoglienza seguito è stato quello ordinario dei comuni dell’ex Sprar, che prevede, tra le altre cose, l’accoglienza diffusa in piccoli appartamenti.

      Così, il Consorzio italiano di solidarietà – #Ics – che la gestisce insieme alla Caritas, ha dato vita a un modello di accoglienza diffusa che comprende 150 appartamenti dislocati su tutto il territorio triestino, i quali rappresentano oggi uno dei fiori all’occhiello della buona accoglienza italiana. Ora tutto ciò però è a rischio. Insieme ai posti di lavoro di centinaia di operatori qualificati. Insegnanti di lingua, operatori legali, assistenti sociali. Ad avvertire di questo pericolo, è stato un verbale di gara della stessa prefettura triestina che aveva aperto la procedura per 95 posti ulteriori in località Fernetti, con l’offerta della prima classificata che era stata considerata «anomala dal punto di vista tecnico e da quello economico». Si tratta di Ors Italia, che dal luglio scorso è iscritta alla Camera di Commercio di Roma, e che è una costola della società multinazionale svizzera Ors, in cui ritroviamo, tra i consulenti, anche politici, come l’ex ministro elvetico della Giustizia, della Polizia e delle Migrazioni, Ruth Metzler-Arnold e l’ex vice-cancelliere austriaco Michael Spindelegger. Soprattutto, il gruppo svizzero è da tempo nel mirino di Ong e giornali indipendenti, in Austria, Germania, Svizzera, tanto che esiste ormai una ampia letteratura che ha rilevato svariate ombre sulla gestione dei centri di prima accoglienza da parte di Ors.

      In particolare, sulla gestione di quello di Traiskirchen, in Austria, esistono due dettagliati rapporti di Amnesty International e di Medici Senza Frontiere che documentarono nel 2015 profili inquietanti rispetto alle modalità repressive dei centri di accoglienza dove, secondo i documenti delle Ong, gli ospiti sarebbero stati maltrattati e gli operatori, costantemente minacciati, sarebbero stati messi nelle condizioni di non avere contatti con l’esterno. La stessa cosa sarebbe accaduta – secondo quanto ha rivelato l’Associazione “Droit de Rester” – nel centro di accoglienza gestito da Ors a Friburgo, in Svizzera. Scandali, questi, che hanno avuto l’effetto di far diminuire, in alcuni casi addirittura di far cessare, le attività della multinazionale. Facendo accendere i riflettori su Ors. Come aveva fatto tempo fa il deputato del partito ecologista svizzero, Glättli Balthasar, il quale in una interpellanza al locale Dipartimento di giustizia e polizia (Dfgp) aveva chiesto una maggiore trasparenza per quanto riguardava l’impiego dei soldi dei contribuenti elvetici da destinare all’asilo, e, tra le altre cose, di riferire i criteri determinanti in base ai quali per gli anni precedenti, fino al 2012, l’azienda Ors si era aggiudicata, senza gara, la gestione di un centro per l’accoglienza, ricevendo come risposta dal Consiglio federale che: «conformemente alle disposizioni legali applicabili, le prestazioni di assistenza sono acquisite in regime di concorrenza. E che non sono previsti sussidi, quindi, le modalità evocate dall’autore dell’interpellanza non entrano in linea di conto».

      Tornando all’Italia e alla penetrazione di Ors, chi invece attende dallo scorso 17 gennaio una risposta alla sua interrogazione – da parte della Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese – è il deputato Erasmo Palazzotto. Il parlamentare di Sinistra Italiana ha chiesto lumi sulle modalità di penetrazione nel “mercato” italiano dei centri di accoglienza, per la partecipazione a bandi di gara per «l’alloggiamento, l’assistenza, la consulenza sociale per profughi e richiedenti asilo» della costola della multinazionale svizzera, Ors Italia s.r.l, che, «stante l’ultima visura camerale disponibile, risulta inattiva».

      Ha chiesto Palazzotto: «come sia possibile, per una società a responsabilità limitata sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza». E ancora, rivolgendosi alla Ministra dell’Interno: «quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sui rischi derivanti dalla possibilità che società come la Ors, già oggetto di inchieste e indagini per la cattiva gestione dei centri di accoglienza e di detenzione all’estero, possano gestire importanti centri nel nostro Paese». Non soltanto a Trieste.

      Il timore del deputato è in riferimento al fatto che «dal 20 gennaio Ors Italia s.r. l. gestirà in un ex carcere, il Centro per i rimpatri (Cpr) di Macomer». A Nuoro, dove la locale prefettura aveva stipulato già nel novembre del 2019 il contratto di servizio con la società in questione senza aver acquisito l’obbligatoria informativa antimafia, richiesta da sei mesi, «attesa l’urgenza di attivare il servizio di gestione del CPR». E con la Corte dei Conti regionale, che poi ne aveva rinviato l’apertura per ulteriori accertamenti. Fino allo scorso 20 gennaio, quando il Cpr è stato effettivamente aperto, spalancando, di fatto, le porte alla costola della multinazionale elvetica Ors nel business dell’accoglienza italiana.

      Salvo ulteriori accertamenti della prefettura triestina, inoltre, Ors Italia ora penetrerà ulteriormente nel mercato italiano, puntando, dunque, a stravolgere l’impianto attuale della consolidata esperienza locale di accoglienza diffusa. Qui, a leggere il capitolato di gara, l’azienda in questione non avrebbe potuto nemmeno parteciparvi, se è vero che sono previsti i requisiti esperienziali di almeno tre anni. È fuor di dubbio, a questo punto, che Ors Italia s.r.l si sia servita dell’istituto giuridico previsto dal codice degli appalti del così detto “avvalimento”, in base al quale una ditta carente di requisiti (anche sotto il profilo dei requisiti professionali) può avvalersi della “garanzia” di un altro soggetto economico che li abbia. Che, in questo caso, potrebbe essere stata concessa dalla stessa “casa madre svizzera”.

      Sia come sia, e questo persino al di là del fatto che una società come Ors Italia s.r.l. possa aggiudicarsi definitivamente la gara di appalto di Casa Malala, che ci sia una tendenza all’ulteriore immissione nel settore dell’accoglienza ai rifugiati e richiedenti asilo di società dall’oggetto – diciamo così – molto ampio, e quindi poco legato ai servizi di tutela socio-legale da offrire, questo è confermato dal profilo della società che è risultata seconda classificata nella stessa gara di Casa Malala.

      La VersoProbo società cooperativa sociale, infatti, è presentata come la coop accogliente, ma ricerca un operatore notturno da impegnare nel centro di via Corelli a Milano che sia specializzato in tecniche di combattimento. Non solo. A leggere le carte della Camera di Commercio di Biella e Novara alla quale la coop è iscritta, il dubbio che ne emerge è se per caso la gestione di servizi di asilo nido e assistenza di minori disabili in provincia di Alessandria, Genova, Novara, la gestione di stabilimenti balneari in provincia di Lecce, di stabilimenti lacustri e fluviali in provincia di Como e Savona, attività di bar ed esercizi simili in Piemonte, siano in qualche modo un ulteriore requisito esperienziale per l’accoglienza ai profughi; settore in cui la stessa società ammette di essere impegnata, con appalti pubblici vinti in diverse parti d’Italia. Piuttosto, ci si chiede: non siamo di fronte allo snaturamento dell’accoglienza e della tutela dei richiedenti asilo, alla sconfitta della piccola cooperazione sociale, a tutto vantaggio dei big di ogni settore economico. È la realizzazione concreta di quella che una fetta della classe dirigente del Movimento Cinque Stelle definiva il business dell’accoglienza. È un programma di trasformazione dell’accoglienza che sta realizzando, oggi, quella stessa classe politica che siede sui banchi di governo, tassello dopo tassello.

      https://www.dinamopress.it/news/pecunia-non-olet

    • Migranti, Serracchiani (PD): “Il Viminale chiarisca l’appalto ‘Casa Malala’ a Trieste”

      “Il Ministero dell’Interno verifichi le condizioni di aggiudicazione e affidamento dell’appalto per la gestione del centro di prima assistenza per i richiedenti asilo ‘Casa Malala‘ alla compagine societaria della Ors Italia. Il ribasso del 14 per cento che ha permesso l’aggiudicazione appare anomala dal punto di vista tecnico e da quello economico, e la mancanza di esperienza triennale di questa società, nonché il carattere esplicitamente commerciale dell’impresa sollevano dubbi sulla qualità dei servizi assicurati”. Lo afferma la deputata Debora Serracchiani, che ha depositato un’interrogazione al Ministro dell’Interno, intesa a chiarire i contorni dell’appalto per la gestione della struttura ‘Casa Malala’ di Trieste, affidata per bando a Ors Italia dopo che per sei anni era stata guidata da Consorzio italiano di solidarietà (Ics) e Fondazione Caritas di Trieste.

      “Il ribasso del 14 per cento sul costo ipotizzato nel bando fatto dalla Prefettura di Trieste”, spiega la deputata, “ha attivato da parte di quest’ultima un blocco automatico nella procedura, per dubbi sulla qualità dei servizi. Dubbi vi sarebbero anche sul requisito dell’esperienza triennale, che manca alla Ors Italia registrata a Roma il 25 luglio 2018, superando l’ostacolo proponendo quella della casa madre svizzera, grazie all’istituto giuridico dell’avvalimento”. Per Serracchiani “il caso particolare di Trieste si inserisce in un contesto più ampio, da Nuoro a Milano a Traiskirchen in Austria, che registra il mutamento delle caratteristiche dell’accoglienza e della gestione dei richiedenti asilo. A seguito dei decreti Salvini, l’accoglienza si presta a diventare un ‘mercato’ riservato alle grandi società internazionali capaci di abbattere i costi con la forza dei numeri ma non”, conclude, “di assicurare standard adeguati quanto al personale”.

      https://www.triesteallnews.it/2020/02/05/migranti-serracchiani-pd-il-viminale-chiarisca-lappalto-casa-malala-a

    • Inchiesta sulla trasformazione dei centri di accoglienza dopo i decreti sicurezza

      Società che risultano inattive, costole italiane di multinazionali estere, vincono appalti per la gestione dei centri. Cooperative che gestiscono stabilimenti balneari diventati big del settore. Coop dal volto umano che cercano operatori notturni esperti in tecniche di combattimento.

      Nella località di Fernetti, all’interno del comune sparso di Monrupino, in provincia di Trieste, a poca distanza dal confine con la Slovenia, c’è la sede di Casa Malala, una struttura di prima accoglienza per i richiedenti asilo che arrivano dalla rotta balcanica. Nonostante negli anni la struttura sia stata gestita attraverso i fondi dell’accoglienza straordinaria predisposti dalla prefettura di Trieste, il modello di accoglienza seguito è stato quello ordinario dei comuni dell’ex Sprar, che prevede, tra le altre cose, l’accoglienza diffusa in piccoli appartamenti.

      Così, il Consorzio italiano di solidarietà – Ics – che la gestisce insieme alla Caritas, ha dato vita a un modello di accoglienza diffusa che comprende 150 appartamenti dislocati su tutto il territorio triestino, i quali rappresentano oggi uno dei fiori all’occhiello della buona accoglienza italiana. Ora tutto ciò però è a rischio. Insieme ai posti di lavoro di centinaia di operatori qualificati. Insegnanti di lingua, operatori legali, assistenti sociali. Ad avvertire di questo pericolo, è stato un verbale di gara della stessa prefettura triestina che aveva aperto la procedura per 95 posti ulteriori in località Fernetti, con l’offerta della prima classificata che era stata considerata «anomala dal punto di vista tecnico e da quello economico». Si tratta di Ors Italia, che dal luglio scorso è iscritta alla Camera di Commercio di Roma, e che è una costola della società multinazionale svizzera Ors, in cui ritroviamo, tra i consulenti, anche politici, come l’ex ministro elvetico della Giustizia, della Polizia e delle Migrazioni, Ruth Metzler-Arnold e l’ex vice-cancelliere austriaco Michael Spindelegger. Soprattutto, il gruppo svizzero è da tempo nel mirino di Ong e giornali indipendenti, in Austria, Germania, Svizzera, tanto che esiste ormai una ampia letteratura che ha rilevato svariate ombre sulla gestione dei centri di prima accoglienza da parte di Ors.

      In particolare, sulla gestione di quello di Traiskirchen, in Austria, esistono due dettagliati rapporti di Amnesty International e di Medici Senza Frontiere che documentarono nel 2015 profili inquietanti rispetto alle modalità repressive dei centri di accoglienza dove, secondo i documenti delle Ong, gli ospiti sarebbero stati maltrattati e gli operatori, costantemente minacciati, sarebbero stati messi nelle condizioni di non avere contatti con l’esterno. La stessa cosa sarebbe accaduta – secondo quanto ha rivelato l’Associazione “Droit de Rester” – nel centro di accoglienza gestito da Ors a Friburgo, in Svizzera. Scandali, questi, che hanno avuto l’effetto di far diminuire, in alcuni casi addirittura di far cessare, le attività della multinazionale. Facendo accendere i riflettori su Ors. Come aveva fatto tempo fa il deputato del partito ecologista svizzero, Glättli Balthasar, il quale in una interpellanza al locale Dipartimento di giustizia e polizia (Dfgp) aveva chiesto una maggiore trasparenza per quanto riguardava l’impiego dei soldi dei contribuenti elvetici da destinare all’asilo, e, tra le altre cose, di riferire i criteri determinanti in base ai quali per gli anni precedenti, fino al 2012, l’azienda Ors si era aggiudicata, senza gara, la gestione di un centro per l’accoglienza, ricevendo come risposta dal Consiglio federale che: «conformemente alle disposizioni legali applicabili, le prestazioni di assistenza sono acquisite in regime di concorrenza. E che non sono previsti sussidi, quindi, le modalità evocate dall’autore dell’interpellanza non entrano in linea di conto».

      Tornando all’Italia e alla penetrazione di Ors, chi invece attende dallo scorso 17 gennaio una risposta alla sua interrogazione – da parte della Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese – è il deputato Erasmo Palazzotto. Il parlamentare di Sinistra Italiana ha chiesto lumi sulle modalità di penetrazione nel “mercato” italiano dei centri di accoglienza, per la partecipazione a bandi di gara per «l’alloggiamento, l’assistenza, la consulenza sociale per profughi e richiedenti asilo» della costola della multinazionale svizzera, Ors Italia s.r.l, che, «stante l’ultima visura camerale disponibile, risulta inattiva».

      Ha chiesto Palazzotto: «come sia possibile, per una società a responsabilità limitata sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza». E ancora, rivolgendosi alla Ministra dell’Interno: «quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sui rischi derivanti dalla possibilità che società come la Ors, già oggetto di inchieste e indagini per la cattiva gestione dei centri di accoglienza e di detenzione all’estero, possano gestire importanti centri nel nostro Paese». Non soltanto a Trieste.

      Il timore del deputato è in riferimento al fatto che «dal 20 gennaio Ors Italia s.r. l. gestirà in un ex carcere, il Centro per i rimpatri (Cpr) di Macomer». A Nuoro, dove la locale prefettura aveva stipulato già nel novembre del 2019 il contratto di servizio con la società in questione senza aver acquisito l’obbligatoria informativa antimafia, richiesta da sei mesi, «attesa l’urgenza di attivare il servizio di gestione del CPR». E con la Corte dei Conti regionale, che poi ne aveva rinviato l’apertura per ulteriori accertamenti. Fino allo scorso 20 gennaio, quando il Cpr è stato effettivamente aperto, spalancando, di fatto, le porte alla costola della multinazionale elvetica Ors nel business dell’accoglienza italiana.

      Salvo ulteriori accertamenti della prefettura triestina, inoltre, Ors Italia ora penetrerà ulteriormente nel mercato italiano, puntando, dunque, a stravolgere l’impianto attuale della consolidata esperienza locale di accoglienza diffusa. Qui, a leggere il capitolato di gara, l’azienda in questione non avrebbe potuto nemmeno parteciparvi, se è vero che sono previsti i requisiti esperienziali di almeno tre anni. È fuor di dubbio, a questo punto, che Ors Italia s.r.l si sia servita dell’istituto giuridico previsto dal codice degli appalti del così detto “avvalimento”, in base al quale una ditta carente di requisiti (anche sotto il profilo dei requisiti professionali) può avvalersi della “garanzia” di un altro soggetto economico che li abbia. Che, in questo caso, potrebbe essere stata concessa dalla stessa “casa madre svizzera”.

      Sia come sia, e questo persino al di là del fatto che una società come Ors Italia s.r.l. possa aggiudicarsi definitivamente la gara di appalto di Casa Malala, che ci sia una tendenza all’ulteriore immissione nel settore dell’accoglienza ai rifugiati e richiedenti asilo di società dall’oggetto – diciamo così – molto ampio, e quindi poco legato ai servizi di tutela socio-legale da offrire, questo è confermato dal profilo della società che è risultata seconda classificata nella stessa gara di Casa Malala.

      La VersoProbo società cooperativa sociale, infatti, è presentata come la coop accogliente, ma ricerca un operatore notturno da impegnare nel centro di via Corelli a Milano che sia specializzato in tecniche di combattimento. Non solo. A leggere le carte della Camera di Commercio di Biella e Novara alla quale la coop è iscritta, il dubbio che ne emerge è se per caso la gestione di servizi di asilo nido e assistenza di minori disabili in provincia di Alessandria, Genova, Novara, la gestione di stabilimenti balneari in provincia di Lecce, di stabilimenti lacustri e fluviali in provincia di Como e Savona, attività di bar ed esercizi simili in Piemonte, siano in qualche modo un ulteriore requisito esperienziale per l’accoglienza ai profughi; settore in cui la stessa società ammette di essere impegnata, con appalti pubblici vinti in diverse parti d’Italia. Piuttosto, ci si chiede: non siamo di fronte allo snaturamento dell’accoglienza e della tutela dei richiedenti asilo, alla sconfitta della piccola cooperazione sociale, a tutto vantaggio dei big di ogni settore economico. È la realizzazione concreta di quella che una fetta della classe dirigente del Movimento Cinque Stelle definiva il business dell’accoglienza. È un programma di trasformazione dell’accoglienza che sta realizzando, oggi, quella stessa classe politica che siede sui banchi di governo, tassello dopo tassello.

      http://www.osservatoriorepressione.info/inchiesta-sulla-trasformazione-dei-centri-accoglienza-decr

    • Le mani della finanza speculativa sui centri di accoglienza

      La scelta fatta dai decreti sicurezza di puntare su grandi strutture e su standard di accoglienza molto bassi invece che sulla rete territoriale degli Sprar, rischia di diventare un business per grandi aziende straniere alla ricerca di nuovi mercati, con un aumento dei costi per i contribuenti italiani.

      Come denunciato da un dossier di Valori.it le holding del profit e della finanza, che all’estero già fanno affari d’oro sulla pelle dei migranti, sono pronte a puntare sull’Italia grazie alle nuove condizioni favorevoli contenute nel cosiddetto decreto sicurezza. Una di queste realtà è il gruppo elvetico ORS, che sta già investendo sull’Italia. Questa azienda, che è controllata dalla società finanziaria londinese Equistone Partners, legata alla Banca Barclays, gestisce da anni decine di centri per migranti in Svizzera, Austria e Germania, ed è al centro di dure e circostanziate accuse rispetto alla qualità della gestione di quei centri.

      Per partecipare ai bandi di gara in Italia, la ORS svizzera ha creato nel 2018 ORS Italia s.r.l. che, stante l’ultima visura camerale disponibile risulta ‘inattiva’, prosegue Palazzotto. Eppure, dal 20 gennaio questa società aprirà e gestirà in un ex carcere il Cpr di Macomer (Nuoro). Leggendo il contratto di servizio stipulato con ORS Italia il 21 novembre scorso si evince come questo sia stato sottoscritto senza che sia stata acquisita l’obbligatoria ‘informativa antimafia’. La ORS Italia ha inoltre partecipato alla gara per la gestione del centro di prima accoglienza per i richiedenti asilo a Trieste, ‘Casa Malala’.

      In entrambi i casi si pone il grande dubbio di come sia possibile per una Srl sostanzialmente inattiva, superare i requisiti di concreta esperienza ed essere ritenuta idonea alla gestione di grandi centri di accoglienza. Il timore è che ci si possa trovare di fronte a una vera e propria “scatola vuota” senza mezzi e con personale senza le qualifiche e l’esperienza richieste dai relativi bandi, consentendo che sul futuro di tali centri possano mettere le mani delle realtà opache interessate solo al profitto a discapito di migranti e contribuenti, prosegue Palazzotto.

      http://www.osservatoriorepressione.info/le-mani-della-finanza-speculativa-sui-centri-accoglienza

    • ORS fonda una società affiliata in Italia

      Inizia l’attuazione della strategia di crescita nei Paesi del Mediterraneo

      Il gruppo ORS, finora operante in Svizzera, Austria e Germania, inizia ad attuare la propria strategia di crescita nei Paesi europei del Mediterraneo. Come prima nazione è stata scelta l’Italia con la fondazione di una società affiliata, la ORS Italia S.r.l., con sede a Roma. È previsto che la nuova controllata, costituita in Italia a metà luglio 2018, nei prossimi mesi partecipi in Italia a bandi di gara nei settori dell’alloggiamento, dell’assistenza, della consulenza sociale e dell’integrazione per profughi e richiedenti asilo. Con circa 1’500 collaboratori e circa 10’000 richiedenti asilo e profughi assistiti quotidianamente, ORS è già oggi tra le società private leader nel campo dell’assistenza ai migranti prevalentemente nei Paesi di lingua tedesca.

      Il Dott. Jürg Rötheli, CEO del gruppo ORS, conferma che l’Italia rappresenta un primo importante passo per l’espansione nel Mediterraneo. «Siamo pronti per applicare anche nelle nazioni dell’Europa meridionale il know-how accumulato negli ultimi due decenni». L’assistenza professionale e l’alloggiamento di profughi e richiedenti asilo sta acquisendo un’importanza sempre maggiore soprattutto nei Paesi del Mediterraneo. L’assegnazione di appalti a fornitori di servizi privati consente di sgravare notevolmente le strutture statali. Che la scelta sia caduta sull’Italia, secondo Jürg Rötheli non è un caso: «In quanto azienda svizzera, siamo abituati a operare anche in territori non di lingua tedesca. L’Italia ci è molto familiare, non solo dal punto di vista linguistico, ma anche con riferimento alla nostra capacità di capire la cultura italiana». Già oggi infatti ORS gestisce in Svizzera diversi alloggi per richiedenti asilo e profughi nel Canton Ticino di lingua italiana.

      Ampliamento dei servizi di ORS nel campo dell’integrazione

      In aggiunta alla propria attività principale, l’alloggiamento di richiedenti asilo e profughi, il gruppo ORS amplia la propria offerta di servizi in tutte le nazioni in cui opera già. L’attenzione è focalizzata sui programmi di integrazione nel mercato del lavoro per profughi, persone accolte temporaneamente, beneficiari di aiuti sociali e disoccupati a lungo termine. Grazie alla propria esperienza basata sull’assistenza quotidiana a richiedenti asilo e profughi, ORS è particolarmente portata a offrire e fornire servizi professionali come la definizione del potenziale e una formazione linguistica e professionale per l’inserimento e l’integrazione nei rispettivi mercati del lavoro. Una reale necessità, come dimostra il trend attualmente in atto in Europa. I primi feedback fondati provenienti dal mondo economico, politico e sociale sono positivi e mostrano che queste attività specifiche per un’integrazione di successo si devono svolgere laddove vi sono le maggiori conoscenze relative a origine, formazione e possibilità di impiego di richiedenti asilo e profughi. Inoltre, ORS gestisce già aziende modello nel campo della gastronomia in Svizzera. Le persone che vi lavorano vengono sistematicamente formate e preparate allo svolgimento di un’attività professionale. Il CEO di ORS Rötheli è convinto che l’integrazione dei profughi sarà uno dei compiti principali nel corso dei prossimi anni. «Le persone che non torneranno più nel proprio paese di origine necessitano di una prospettiva professionale, affinché la loro integrazione nella società possa avere successo».

      Gruppo ORS

      In quanto fornitore di servizi riconosciuto a livello internazionale, ORS garantisce ai profughi un’assistenza professionale che va dall’alloggiamento all’integrazione. Da oltre 25 anni gestisce oltre 100 alloggi in Svizzera, Austria e Germania.

      Per ulteriori informazioni:

      Gruppo ORS
      Ufficio stampa
      c/o. KMES Partner
      Hans Klaus
      Basteiplatz 7
      8001 Zurigo/Svizzera
      Telefono +41-43-544-17-44
      Cellulare +41-79-357-03-57
      E-mail klaus@kmespartner.com

      SOURCE ORS Service AG

      https://www.prnewswire.com/it/comunicati-stampa/ors-fonda-una-societ%C3%A0-affiliata-in-italia-849158236.html

    • Migranti, rivolta nel Cpr di Macomer: uomo si cuce la bocca

      Altri sono saliti sul tetto, protestano per le condizioni di vita dentro la struttura
      19 Giugno 2020

      MACOMER. Rivolta nel Cpr di Macomer, il primo in Sardegna ricavato dall’ex carcere di Bonu Trau e già al centro di polemiche e tensioni. Ieri pomeriggio, secondo quanto riferisce il quotidiano L’Unione Sarda, un gruppo di migranti ha inscenato una protesta contro le condizioni di vita all’interno della struttura dove sono ospitati gli irregolari in attesa del rimpatrio. Il culmine della ribellione quando un uomo si è cucito le labbra ed è stato trasferito in infermeria. Altri invece sono saliti sul tetto urlando slogan. Le forze dell’ordine, carabinieri, polizia e guardia di Finanza, hanno lavorato a lungo per riportare la calma. Nessun commento ufficiale da parte della Prefettura di Nuoro, responsabile della sicurezza del centro. Aperto nel gennaio scoro, il Cpr ospita attualmente 50 migranti. (ANSA)

      https://www.lanuovasardegna.it/nuoro/cronaca/2020/06/19/news/migranti-rivolta-nel-cpr-di-macomer-uomo-si-cuce-la-bocca-1.38985588
      #lèvres