• Roma, rifugiati in ghetto shock

    Disperati, affamati, infreddoliti. Un pezzo di umanità, approdata a Lampedusa nei mesi scorsi, ha trovato rifugio in un edificio nel centro di Roma. Sono circa 450 persone, tra queste molte donne, alcune di loro in stato di gravidanza, e una quarantina di bambini in tenera età, quasi tutti sotto i tre anni. Hanno cominciato ad occupare, circa tre mesi fa a scaglioni, la vecchia sede dell’Ispra, un moderno palazzo nei pressi di piazza Indipendenza, a due passi dalla sede del Consiglio Superiore della Magistratura. Tra gli occupanti anche molti scampati al tragico naufragio del 3 ottobre. Sono quasi tutti rifugiati, in gran parte eritrei ed etiopi. Spaventati e diffidenti non si lasciano andare facilmente a commenti.

    Aprono le grandi vetrate di accesso al palazzo solo quando appare Khalid Chaouki il deputato del Pd che, a ridosso dello scorso Natale, ha vissuto per tre giorni nel centro di accoglienza a Lampedusa, dopo lo scandalo del trattamento inumano riservato a chi vi soggiornava. Dopo il girone infernale nei meandri del palazzo, completamente al buio dopo un corto circuito avvenuto nei giorni scorsi, Khalid Chaouki incalza: «va chiesto al sindaco di Roma, Ignazio Marino, di intervenire immediatamente - sottolinea il deputato democratico - queste persone sono tutte titolari di asilo politico e il comune è il primo responsabile. Poi - prosegue Chaokui - bisogna rivolgersi al prefetto di Roma, la situazione è arrivata a livelli intollerabili».

    Questi disperati dormono per lo più sui cartoni o su giacigli creati ammucchiando quotidiani, tra i calcinacci e materiale di risulta che gli operai non hanno probabilmente avuto il tempo di togliere. Cucinano con fornelli da campeggio, collocati lungo i corridoi. Si lavano con l’acqua fredda. E da alcuni giorni nell’edificio, a causa di un corto circuito provocato da un incauta manovra, vivono al buio. Un buio che ha smorzato ogni speranza di una vita migliore come racconta Tiras, una ventinovenne eritrea: «dall’Italia non mi aspetto nulla. Non ho nessuna speranza di trovare un lavoro o di poter studiare qui - sottolinea la ragazza - voglio andare in qualsiasi posto ma non voglio restare in Italia».

    Poi vince la sua riluttanza e descrive le condizioni in cui vive: «sono circa tre mesi che sono qui in questo palazzo, dopo essere arrivata sull’isola di Lampedusa. Dormo su fogli di giornale o sui cartoni e vado a mangiare alla Caritas». Ma nel pomeriggio cominciano ad arrivare i primi materassi, «sono un regalo ma non so di chi», precisa uno dei migranti mentre ne trasporta uno sulle spalle. I rifugiati trovano il sostegno di Sammy, il coordinatore del Movimento dei cittadini in lotta per la casa. «Sono arrivati qui sul passaparola - dice Sammy - tra loro c’è molta solidarietà, un legame rafforzato dalle tragiche esperienze che hanno vissuto». Poi Sammy incalza «l’Italia prende i fondi dalla Ue per l’accoglienza agli aventi diritto, per i rifugiati, i profughi. Ma a queste persone non viene offerto nulla. Questo Paese ha livelli di accoglienza fermi a trent’anni fa, è inaccettabile».

    http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2014/01/13/Rifugiati-ghetto-shock-Roma-molti-arrivano-Lampedusa-_9893158.html

    #Rome #Italie #réfugiés #accueil #asile #hébergement #logement

  • Il declino dei #Cie, chiusi 6 su 13
    –-> 6 centres de détention sur 13 ont été fermés

    Il declino dei Cie, chiusi 6 su 13 (ANSA) - ROMA, 26 NOV - Centri di identificazione ed espulsione in crisi. Dei 12 istituiti, ne sono stati chiusi sei e la capienza è stata ridotta in altri quattro a causa di danneggiamenti e rivolte, secondo quanto si apprende da dati del Viminale. Il risultato è che mentre la capienza complessiva delle strutture è di 1.851 posti, la ricettività effettiva è di sole 749 persone. Ancora meno sono gli ospiti attualmente presenti (564 fino a qualche giorno fa).

    –-> 6 centres ont été fermés et la capacité d’accueil a été réduite dans 4 autres à cause des dégâts causés et des révoltes, selon ce que dit le Viminale. Le résultat : la capacité d’accueil des structures passe de 1851 à 749 places. Les personnes actuellement enfermées dans ces centres sont 564.

    http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/11/26/declino-Cie-chiusi-6-13_9682822.html

    #Italie #centres_de_détention #centres_de_rétention #détention #expulsion #migration #renvoi

  • Aujourd’hui commence à Gaza le procès de quatre personnes accusées de l’assassinat de Vittorio Arrigoni. Si j’en crois Google News, aucun média francophone ni anglophone n’en parle.

    A Gaza si apre il processo controi killer di Vittorio “Vik” Arrigoni | Lettera22 per il Fatto | Il Fatto Quotidiano
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/08/a-gaza-si-apre-il-processo-controi-killer-di-vittorio-vik-arrigoni/156085

    Inizia oggi davanti a un tribunale militare, a Gaza, il processo a quattro persone imputate di aver partecipato al sequestro e all’assassinio di Vittorio Arrigoni, l’attivista e reporter italiano ucciso nella Striscia, nella notte tra il 14 e il 15 aprile scorsi, dopo un rapimento lampo e dai contorni ancora poco chiari.

    I quattro imputati sono Mohamed Salfiti (23 anni), Tamer Hasasnah (25), Khader Gharami (26) e Amer Abu Ghula (25). Mancano all’appello i due presunti capi della cellula che ha rapito e ucciso “Vik”, il palestinese Bilal al Omari e il giordano Ahmed Rahman Breizat, uccisi dalle forze di sicurezza di Hamas pochissimi giorni dopo il ritrovamento del corpo di Arrigoni, nel blitz contro il presunto “covo” del gruppo, nel campo profughi di Nusseirat.

    Secondo l’accusa, gli imputati facevano parte di un gruppo armato salafita e da quello che si conosce delle deposizioni difensive – anticipate oggi dal quotidiano Il Manifesto che ha raggiunto uno degli avvocati difensori – i giovani alla sbarra tendono a confermare questa versione, anche se riducono la portata del loro “gruppo”, che non sarebbe parte di una organizzazione strutturata. Mohammed Najar, avvocato di Gharami, ha dichiarato al manifesto che l’intenzione della banda era quella di sequestrare un occidentale, per fare pressione su Hamas, e ottenere la liberazione dello sceicco Abdel-Walid al-Maqdisi. L’azione sarebbe servita, secondo l’accusa, ad accreditare questo gruppo come un referente locale per Tawhid wal Jihad, una formazione salafita. Lo sceicco era stato arrestato due mesi prima dalle forze di sicurezza di Hamas e messo in prigione con l’accusa di attività sovversiva.