Giuseppe Mazza. Photoshop vent’anni dopo

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    Oggi è il linguaggio poetico del capitalismo finanziario. Ma da quanto tempo Photoshop non è più un semplice software? Celebrandone i successi, il presidente di Adobe, Shantanu Narayen, dichiarò «Non è esagerato affermare che, grazie a milioni di clienti creativi, Photoshop ha rivoluzionato il modo di vedere il mondo». Era il 2010, e l’azienda proprietaria aveva motivo di festeggiare: quel software era già lo strumento più usato del pianeta per «trasformare le fotografie», parola di Narayen, contando oltre dieci milioni di clienti. Che fosse nato come un puro strumento di lavoro, nessun dubbio. Il suo creatore, Thomas Knoll, era il figlio di un fotografo, oltre che un appassionato di elettronica, e nel 1987 aveva ideato l’allora rudimentale programma di fotoritocco senz’altro fine che non fosse dare una mano al padre. In quella prima versione, che il giovane programmatore aveva chiamato «Display», il software si limitava a visualizzare le gradazioni di grigio delle immagini su un monitor in bianco e nero. Un po’ come i fratelli Lumière inventano il cinematografo nell’azienda di lastre fotografiche del genitore, quasi cento anni dopo anche l’idea di Knoll consiste in un’eredità ribaltata, stravolta, inconsapevolmente proiettata su un futuro ignoto. Un’evoluzione generazionale del rapporto con la realtà.

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    cc @albertocampiphoto