Per buona parte del 900 la coltivazione del tabacco fu fonte di ricchezza e sostentamento per tante famiglie di contadini del Salento.
Oggi non ce n’è quasi più traccia. L’ultima fabbrica, la Manifattura Tabacchi di Lecce, ha chiuso il 1 gennaio del 2011.
Nella prima metà del secolo scorso – e anche oltre – il lavoro era in gran parte manuale e per la foglia del tabacco c’era bisogno di mani esperte, veloci, abili e fini, come quelle delle donne e dei bambini. Tanto più che le donne e i bambini potevano essere pagati molto di meno e sfruttati molto di più degli uomini…
“Fimmine fimmine” è un canto di lavoro e di denuncia delle condizioni delle “tabacchine”, le lavoratrici del tabacco, una categoria molto sfruttata ma per ciò stesso anche molto attiva e combattiva. Fin dal 1925, all’inizio dell’era fascista, si ha già notizia di una manifestazione delle tabacchine a Trepuzzi, dove un corteo di 500 operaie sfilò per il paese protestando.
A Tricase il 25 maggio del 1935 una manifestazione di lavoratori del tabacco venne repressa nel sangue (cinque morti, tre donne e due uomini) dai fascisti e dalla forza pubblica. A Lecce, nel 1944, con il paese ed il mondo ancora in guerra, le tabacchine di nuovo scesero in piazza contro il caporalato, per rivendicare salari sufficienti per vivere, per il rinnovo e l’applicazione dei contratti nazionali e per sussidio di disoccupazione: la polizia sparò e tre tabacchine rimasero uccise. Si aprì allora una stagione di lotte molto lunga che culminò nello sciopero generale del 1961 che ebbe come epicentro il paese di Tiggiano, in provincia di Lecce.
Lascio parlare Alfredo Romano e Giovanni De Francesco, rispettivamente introduttore ed autore della ricerca storica contenuta nel libro “Le operaie tabacchine di Tiggiano e lo sciopero generale del 1961”, edito nel 2005 e ristampato nel 2011.
Mi sono reso subito conto dell’importanza che riveste il volume che dà testimonianza non solo di uno straordinario sciopero delle tabacchine di Tiggiano nel 1961, ma anche delle gravose condizioni di lavoro delle tabacchine. Tutti i paesi salentini hanno avuto a che fare col tabacco e in tanti sono emigrati nel secondo dopoguerra in varie parti d’Italia, tra cui Civita Castellana, per esportare, per così dire, la lavorazione. Perfino a Collemeto, una frazione di Galatina che contava nel dopoguerra appena 500 abitanti, c’era una fabbrica di tabacco che durante l’inverno occupava quasi tutte le donne del paese. Perciò ho il ricordo delle tabacchine che, come gregge, attraversava la via principale per arrivare alla fabbrica Mongiò, alla periferia del paese, alle sette in punto. E tornavano a casa dieci ore dopo. Di storie di sfruttamento e duro lavoro perciò ne ho sentite tante, a cominciare da mia madre Lucia, tabacchina essa stessa… (Alfredo Romano)
Quello che è successo a Tiggiano nel 1961 non ha precedenti nella storia del paese. Anzi, veste una rilevanza che oltrepassa il circondario comunale se si pensa ai 28 giorni di sciopero generale, con il paese bloccato, la popolazione tutta mobilitata in difesa delle operaie della fabbrica di tabacco, fino alla vittoria, senza resa alle intimidazioni nemmeno alle armi dell’esercito.
Sono nato nel dicembre del 1962, circa due anni dopo i fatti dello sciopero del 1961. Sono cresciuto nel clima che ha ripercorso le condizioni delle operaie tabacchine e la vita della fabbrica, ed ho respirato i ritmi degli avvenimenti della lotta grazie ai miei genitori. Mia madre, Anna Marzo, è entrata in fabbrica come operaia all’età di 14 anni, nel 1946, e vi ha lavorato, sempre come operaia, sino al 1975. Mio padre, Vincenzo De Francesco, è stato un attivista e promotore di iniziative di lotta insieme alle operaie tabacchine, protagonista delle battaglie a partire proprio dallo sciopero del 1961.
Il primo accesso all’informazione dei fatti è avvenuta, quindi, dai loro racconti, riferimenti, discussioni, critiche sull’andamento degli eventi, ho ascoltato sin da piccolo.
Poi c’è il contesto del paese. Tiggiano era un paese prettamente agricolo composto da poco più di 2000 abitanti. La fabbrica di tabacco occupava 200 operaie. Perciò, quanto riguardava la fabbrica, la vita delle operaie, le condizioni dei lavoratori agricoli, lo sciopero del 1961, era di dominio pubblico.
Pertanto, la presente pubblicazione riguarda fatti riferiti oralmente dai protagonisti, da chi pativa lo sfruttamento dei padroni, da chi subiva le ingiustizie delle istituzioni, da chi si è reso attivo per la conquista delle rivendicazioni.
Alcuni episodi sono stati integrati con dei documenti rinvenuti nell’archivio sezionale e zonale delle Acli di Tiggiano e di Tricase. I documenti delle forze dell’ordine e della prefettura mi risultano ancora secretati. (Giovanni De Francesco)
Sulla “rivolta di Tricase” e la storia del lavoro del tabacco nel Salento, si veda anche il fondamentale volume “Tabacco e tabacchine nella memoria storica. Una ricerca di storia orale a Tricase e nel Salento”, a cura di Vincenzo Santoro e Sergio Torsello, con una introduzione di Alessandro Portelli (2002)
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Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu
ne sciati ddoi e nne turnati quattru.
Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu
lu sule è forte e bbu lu sicca tuttu.
Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu
la ditta nu bbu dae li talaretti.
Fimmine fimmine ca sciati a vindimmiare
e sutta allu cippune bu la faciti fare.
Fimmine fimmine ca sciati alle vulie
ccugghitinde le fitte e le scigghiare.