• Centri migranti Albania, sindacati della penitenziaria contro il governo : in Italia caos carceri ma si inviano agenti nei “campi di prigionia”

    I centri italiani per migranti costruiti in Albania e voluti dal governo di Giorgia Meloni continuano a far discutere. Nelle ultime ore, in particolare, a causa dell’uso di agenti italiani della penitenziaria pronti a essere dispiegati a vario titolo nelle strutture di Shengjin e Gjader. Alcuni sindacati hanno infatti protestato contro le scelte dell’esecutivo con un comunicato ufficiale, sottolineando come al momento, visto il caos totale all’interno delle carceri italiane, dovrebbe essere altre le priorità in merito all’utilizzo di risorse.
    Centri migranti Albania, sindacati della penitenziaria contro il governo

    A diffondere un comunicato sono stati la Federazione sindacale del Coordinamento sindacale penitenziario insieme alla Confederazione autonoma italiana polizia penitenziaria. Due sindacati che si dicono basiti “dalla notizia del provvedimento con cui l’Esecutivo avrebbe deciso l’invio in Albania, per un accordo internazionale tra i leader dei due Paesi di circa cinquanta unità del Corpo della polizia penitenziaria dei diversi ruoli e qualifiche con trattamento di missione Internazionale e con regole di ingaggio del tutto discutibili e non condivise con le organizzazioni sindacali”. Cinquanta agenti che quindi andranno a lavorare sull’altra sponda dell’Adriatico.

    Il problema, però, è che mentre il governo continua a porre attenzione e risorse sul piano Albania, la situazione nelle carceri italiane è sempre più emergenziale. Un aspetto rimarcato dai sindacati che criticano la missione “quando in Italia si registra una popolazione detenuta di oltre 62mila persone ristrette contro una capienza di 44mila posti letto e un organico di polizia al di sotto di 20mila unità, con 10.700 agenti feriti e diverse rivolte, tentativi di sommosse, autolesionismi a centinaia, suicidi 67 detenuti e 7 poliziotti“. La priorità per le organizzazioni di penitenziaria dovrebbe essere il quadro interno, non i centri in Albania in una “struttura che ricorda inquietantemente un campo di prigionia. E ora si parla addirittura di inviare i baschi verdi a presidiare questo complesso”.

    L’accordo Italia Albania sui centri per migranti

    I due centri sono stati previsti e costruiti dopo l’accordo tra il governo italiano di Meloni e quello albanese di Edi Rama firmato il 6 novembre del 2023. Le strutture sono gestite e controllate dall’Italia nel territorio albanese e serviranno – almeno sulla carta – per l’esame delle domande di asilo dei richiedenti asilo. I migranti che vi saranno trasferiti saranno quelli salvati in mare da navi miliari italiane. I due centri, quello nel porto di Shengjin e quello di Gjader, avranno in teoria due ruoli diversi: il primo dedicato alle procedure di sbarco e identificazione, mentre il secondo al trattamento delle domande e alla contemporanea accoglienza. Secondo quanto stabilito da Roma e Tirana, i migranti trasferiti in Albania potranno essere al massimo 3000 al mese, per un totale di 36mila all’anno. Il tutto per un costo enorme, potenzialmente pari a 635 milioni in cinque anni. Ad aggiungersi alla bilancia dei costi rispetto ai vantaggi, c’è anche il fatto che della cifra totale, come si vede in un rapporto di Openpolis, più di un terzo – cioè quasi 252 milioni – è prevista per le trasferte dei funzionari italiani. Una voce di spesa che sarebbe stata ben diversa in caso di costruzione dei centri in Italia.
    Molteni: protocollo con Albania utile e moderno, un modello per la gestione dei flussi

    Chi continua a lodare il piano Albania è Nicola Molteni. In un’intervista a La Stampa, il sottosegretario all’Interno della Lega ha parlato di quanto sia importante l’accordo con Tirana per Roma: “Credo che il protocollo con l’Albania sia utile, necessario e moderno. Un’iniziativa che sui territori extra Ue sarà il futuro. È un accordo di deterrenza per le partenze e di alleggerimento delle nostre strutture approvato da 15 Paesi europei. La struttura in Albania sarà il modello per la gestione dei flussi migratori”.

    https://www.ilriformista.it/centri-migranti-albania-sindacati-penitenziaria-contro-governo-italia-c
    #Albanie #Italie #externalisation #syndicats #migrations #réfugiés #asile #polizia_penitenziaria

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...

    https://seenthis.net/messages/1043873

    • ’Migrant centers in Albania like prison camps’ say Italian unions

      Italian prison officers’ unions have protested the deployment of 50 correctional officers to Albania to guard new migrant holding facilities, stating that they are being “sent on a mission with rules that were not shared.”

      On August 31, two organizations representing Italy’s penitentiary police — the Italian Autonomous Confederation of Penitentiary Police and the Officers’ Union Coordination — released a statement expressing that their members were “stunned by the report of a measure” in which the government decided to send around 50 penitentiary police units of various roles and qualifications to Albania. This deployment is part of an international mission under an agreement between the leaders of Italy and Albania, involving controversial rules of engagement that have not been discussed with the unions.

      Italian Prime Minister Giorgia Meloni and her Albanian counterpart Edi Rama have signed an agreement to build two migrant hosting facilities in Albania for the detention of migrants who attempt to reach Italy by sea while their asylum claims are examined.

      The centers, which are slated to open this month, are to be paid for by the Italian cabinet.

      Difficulties experienced by penitentiary police in Italy

      The mission occurs “when Italy is registering a population of over 62,000 detainees against a capacity of 44,000 beds and a police corps lacking 20,000 officers, with 10,700 wounded officers and many riots, protest attempts, hundreds of episodes of self-harm and the suicides of 67 detainees and seven police officers,” the statement said.

      The two unions added that “what appears to be taking shape in Albania is a facility that disturbingly reminds us of prison camps.”

      “And now there is talk of sending the green berets”, members of an anti-terror finance police unit, “to patrol this complex,” they noted.

      The agreement between Italy and Albania

      The agreement between Rome and Tirana, signed on November 6 last year, is based on an old cooperation treaty between the two countries and provides for the construction of two repatriation centers for migrants — managed and controlled by Italy on Albanian territory — for the speedy process of asylum requests.

      Part of the migrants rescued at sea by Italian Navy vessels will be transferred to Albania, a non-EU country considered as safe by Italy.

      https://www.infomigrants.net/en/post/59571/migrant-centers-in-albania-like-prison-camps-say-italian-unions

  • #Soumahoro è completamente innocente, ma intanto è stato linciato

    #Aboubakar_Soumahoro con le vicende relative alla #cooperativa_Karibù non c’entra nulla. Questo dice la procura di Latina nelle conclusioni delle indagini. Nulla. Ma non solo questo. Alla compagna #Liliane_Murekatete l’unica condotta contestata è quella di aver provocato un danno erariale di 13.368 euro, di cui 4.456 a suo carico, conseguente alla violazione dell’obbligo di controllo della dichiarazione dei redditi presentata nel 2020. Insomma poca, pochissima roba. Falsa la notizia che gli sarebbero stati sequestrati conti correnti e centinaia di migliaia di euro. Nessun riferimento da parte della procura all’acquisto di articoli di moda.

    Dunque dovremmo aspettarci, in queste ore, un ritorno di fiamma nei talk e nelle redazioni, una volontà di rettifica, un cambio di registro, non dico le scuse, una riflessione più attenta sulla potenza devastatrice dei processi sommari a mezzo stampa. Diciamo un certo grado di cosciente ripensamento da parte di chi si è adoperato, a testa bassa, per rovinargli la carriera e in fondo la vita. La reputazione, per chi svolge funzioni pubbliche, è il bene più prezioso. Per imbrattarla ci vuole pochissimo. La responsabilità deontologica di chi fa informazione dovrebbe collocare la visibilità del risarcimento al medesimo grado in cui è andata in scena la gogna, il rogo liberatorio contro il capro espiatorio. Sì, perché Soumahoro è il capro espiatorio perfetto. Per un eventuale danno erariale di poco più di 4mila euro della compagna è stata pubblicamente lapidata una coppia, macchiata una storia di riscatto, infangata una carriera sindacale e politica, pubblicate foto personali intime, costruiti castelli di allusioni e calunnie. Temo peraltro che il danno sia talmente incardinato nel profondo della coscienza nazionale da risultare inemendabile.

    A fronte delle parole della procura tra le redazioni vige la cautela, quella mancata nel momento di appiccare il fuoco, il silenzio, o qualche pallone tirato in tribuna. Come nel caso della famosa testata progressista ora impegnata ad indagare le scale antincendio della cooperativa. Tanto per continuare a parlare del caso Soumahoro, caso che appunto non esiste. «Come ribadito sin dall’inizio, io con le indagini, concluse dalla Procura di Latina non c’entravo e non c’entro nulla. Non risulto né coinvolto né indagato. A questo riguardo, parlare di “caso Soumahoro” vuol dire negare l’evidenza della magistratura con il chiaro intento di diffamare». Questo dichiara l’onorevole alle agenzie. Senza ricevere la necessaria attenzione. Questa la verità giudiziaria, una e incontrovertibile. Forse molti politici, giornalisti, moltissimi odiatori social dovrebbero semplicemente chiedere scusa.

    Ma perché si è prodotta questa montagna di fango, fake e ossessioni pruriginose sulla vita pubblica e privata di un parlamentare? La domanda la rivolgo prevalentemente al campo in cui milito, quello della sinistra. Anche perché, spesso, il garantismo della destra appare peloso e orientato esclusivamente a casi specifici, quelli in cui i guai entrano in casa, dunque non del tutto attendibile. E su Soumahoro, che non è cosa loro, non hanno fatto eccezione. Violenti tra i violenti. Sulla sinistra invece va fatta una riflessione di fondo sul giustizialismo come cattiva coscienza che rischia di stritolare la sua anima. Lo abbiamo visto in questa vicenda, lo abbiamo osservato sul cosiddetto Qatargate e la indegna carcerazione di Eva Kaili, lo abbiamo visto ancora sul caso Cospito e l’incredibile silenzio sulla palese violazione dello Stato di diritto. Per rimanere all’attualità e non allungare lo sguardo sulla tentazione giudiziaria di risolvere la contesa storica con Berlusconi in un’aula di tribunale piuttosto che sul terreno politico e culturale.

    E cosa tiene insieme destra e sinistra in questa brutta storia? Cosa impedisce ai conduttori televisivi di destra e sinistra e alle grandi firme che fanno opinione di considerare la vicenda Soumahoro a partire dalla verità giudiziaria? Il pregiudizio sul personaggio (della persona non gli importa granché) e il giudizio sulle maldestre comparsate tv, di cui peraltro hanno goduto in termini di audience e pubblicità, fatte di “radicalità posturale” e “diritto all’eleganza”. E può bastare il fastidio borghese per questo profeta un po’ contraddittorio, talvolta confuso, a promuovere questa gigantesca rimozione: la consegna, considerata tradita, ricevuta dai salotti progressisti di comportarsi bene, da santo laico, con la promessa di essere portato in processione a favore di telecamera?

    A un personaggio del genere si richiede una coerenza che nessuno chiede a se stesso. I suoi stivali devono essere al medesimo tempo “sporchi” e “puliti”, sporchi per le campagne pubbliche, puliti perché non devono macchiare i salotti che contano. Pena il fuggi fuggi. C’è anche dell’altro. C’è il razzismo strisciante, c’è il rancore che colpisce uno che sembra avercela fatta, c’è la peggiore ferocia, quella che la plebe aizzata rivolge verso i propri figli migliori. La verità è che ci sono troppe coscienze sudicie in giro e tutte concorrono ad un obiettivo: l’oblio di Abou. Per questo abbiamo l’obbligo di batterci, per Abou e per impedire ai farisei di farla franca ancora una volta.

    https://www.ilriformista.it/soumahoro-e-completamente-innocente-ma-intanto-e-stato-linciato-351923
    #Karibù #justice