• Alto Adige, Salewa sceglie un testimonial sudanese. Il sito invaso dai commenti razzisti: “Ma la montagna è di tutti”

    L’azienda di Bolzano aveva selezionato un modello di origine sudanese per reclamizzare i saldi. Ha dovuto bloccare i commenti sulla sua pagina Facebook, presa di mira dagli haters.

    In montagna vige una legge non scritta di fratellanza, non solo in momenti di difficoltà. Oltre i mille metri di altitudine ci si dà rigorosamente del tu, anche ai perfetti sconosciuti, perché sulle vette (come in mare) non esistono confini, soprattutto non quelli mentali.
    Gli haters

    Questo evidentemente non vale per i cosiddetti haters che hanno sommerso di commenti razzisti una pubblicità della Salewa con un ragazzo sudanese, reo di sorridere e di indossare una bella maglietta tecnica e portare in spalla uno zaino di montagna.
    Il testimonial

    Il testimonial, un modello francese di origini sudanesi, dai leoni da tastiera è stato accostato a ladri, profughi e portatori di alta quota. Il produttore di articoli di montagna bolzanino si è visto costretto a cancellare gli interventi odiosi.
    "La montagna è di tutti”

    «La nostra posizione sull’inclusione anche in montagna non cambia. La montagna è di tutti», ribadisce il direttore marketing di Salewa, Thomas Aichner. «Già in passato abbiamo fatto campagne con modelli di diversi colori di pelle. Per noi tutti gli uomini sono uguali», prosegue il direttore marketing.
    Il banner

    Il banner per i saldi di fine stagione è visibile su Instagram e Facebook non solo ai follower del marchio, che opera a livello internazionale, ma anche a una fascia più ampia di possibili clienti.
    La bufera su Facebook

    «In breve tempo - racconta - si è innescato su Facebook un dibattito con alcuni commenti positivi e altri fortemente razzisti». Più di uno annunciava che in futuro boicotterà il marchio. «Siamo aperti al dibattito, non ci tiriamo indietro, ma è inutile condurlo su Facebook», spiega così la scelta di rinunciare a un replica, nella speranza di fare cambiare idea agli haters.
    Travolto della xenofobia

    «Il modello è originario del Sudan del Sud, è cittadino francese e vive a Nizza. Lo scorso anno avevamo fatto un video con lui e ora abbiamo utilizzato una sua foto per l’avvio dei saldi di fine stagione», racconta Aichner, esprimendo rammarico anche per il ragazzo che nel cuore dell’Europa è stato travolta dalla xenofobia.
    Il banner non verrà lanciato in Germania

    Salewa non ha cancellato il banner, ma non lo lancerà in Germania ("perché il contesto ormai non è più quello giusto"). Secondo Aichner, «le Alpi a volte vengono ancora reclamate come proprietà da chi ci vive, mentre sono di tutti coloro che le rispettano».
    Gli otto profughi africani

    Il fatto fa venire in mente le polemiche divampate sui social media nel 2016, sempre in Alto Adige, quando una piccola scuola di sci della valle Isarco offrì alcune ore di corso e di spensieratezza a otto profughi africani. Anche allora la foto dei ragazzi scatenò i leoni di tastiera e la scuola con rammarico si vide costretta a cancellare il post.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/07/23/news/alto_adige_salewa_sceglie_un_testimonial_sudanese_il_sito_invaso_dai_comm

    #racisme #Salewa #montagne #réseaux_social

    • Testimonial di colore per Salewa, valanga di commenti razzisti su Facebook

      Il direttore marketing dell’azienda, Thomas Aichner: «In questo momento, tutto quello che è inclusività viene attaccato. Ma non modificheremo per questo le nostre strategie di comunicazione»

      La foto di un ragazzo di colore con berretto e maglietta a marchio Salewa.
      All’avvio dei saldi estivi, l’azienda bolzanina invita così i suoi follower su Facebook a prepararsi per un’avventura in montagna.
      Un post che ha scatenato una valanga di commenti: da quelli che gridano al tradimento della patria a quelli apertamente razzisti.
      Salewa ha rimosso i commenti, sottolineando che l’episodio non modificherà la campagna pubblicitaria.
      Una strategia di comunicazione ormai diffusa, quella basata su testimonial di diverse etnie.
      Soprattutto nel caso di imprese note a livello globale, come Salewa per il suo abbigliamento tecnico d’alta quota.

      Nel servizio, l’intervista al direttore marketing di Salewa Thomas Aichner.

      https://www.rainews.it/tgr/bolzano/video/2024/07/salewa-thomas-aichner-facebook-commenti-pubblicita-7a036b23-6d58-41b3-9469-2
      #Thomas_Aichner #interview

      –—

      Thomas Aichner:

      «In questo momento tutto quello che è inclusività viene attaccato da certi elementi, da certe fasce sociali, e questo è un dato di fatto. Ma in più potrebbe anche avere a che fare con il fatto che le montagne sono qualcosa di molto molto sensibile e lì forse le discussioni su ’di chi sono le montagne, di chi può andare in montagna’ è ancora più sensibile.»

      «Siamo un marchio dell’Alto Adige, ma ci piace molto quest’idea che andare in montagna è una cosa molto inclusiva per tutti e per questo vogliamo anche tenere le nostre campagne una volta di una cultura e una volta di un’altra, ma mai monocromaticamente, solo e sempre in stile alpino»

  • Migrant centres in Albania 20 May opening postponed

    Army engineers at work but facilities not finished.

    The opening of new Italian-run migrant centres in Albania, which was scheduled for 20 May, has been postponed, according to reports Wednesday.
    The Italian military engineers working on the Shengjin and Gjader sites, according to the agreement between Rome and Tirana, have not yet finished setting up the facilities.
    Meanwhile, the contract for the management of the facilities for 24 months was awarded to the Medihospes cooperative with a bid of 133.8 million euro.
    Italy is to set up two migrant hotspots and a centre to hold migrants awaiting repatriation for a total expenditure of almost 34 million euro a year.
    The agreement, signed by Premier Giorgia Meloni and her Albanian counterpart Edi Rama in Rome in November, provides for the reception and processing of up to 3,000 migrants and refugees rescued by Italian ships per month.
    People with special needs such as the elderly, children or pregnant women, migrants and refugees who have been rescued by NGO-run ships and people who land directly on Italian soil are to be excluded from the deal.
    Since taking office in autumn 2022 the Meloni government has been reaching out to third countries in a bid to stem irregular migration by sea to Italy, which in 2023 rose by around 50% over the previous year.
    The Italian opposition has slammed the Albania deal as creating a new Guantanamo and allegedly breaching the Italian Constitution, charges the government rejects.
    The Italian Bishops Conference (CEI) and the Council of Europe have also criticized the agreement.
    Some other EU countries have said it is a model that could be emulated, as has European Commission President Ursula von der Leyen.

    https://www.ansa.it/english/news/world/2024/05/08/migrant-centres-in-albania-20-may-opening-postponed_2ebbb364-2fdc-49ac-bdde-be4

    #migrations #externalisation
    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Beffa centri migranti. In Albania agenti pagati per sorvegliare il nulla

      In 20 in servizio dal 2 giugno: 100 euro al giorno più vitto e alloggio
      Pronta la prima struttura, ma per far partire l’altra ci vorranno mesi.

      I responsabili del cantiere del Genio dell’Aeronautica militare provano a sbarrare il passo: «Ci dispiace, senza autorizzazione qui non si può entrare». Alle loro spalle alte palizzate proteggono da occhi indiscreti l’hotspot che diventerà primo approdo dei migranti soccorsi in acque internazionali da navi militari italiane, portati qui per essere sottoposti a procedure accelerate di frontiera e rimpatrio.

      "Serve il nullaosta del ministero della difesa albanese”

      Il deputato di Avs Angelo Bonelli insiste: «Sono un parlamentare, intendo esercitare le mie prerogative ispettive in territorio dove c’è giurisdizione italiana». «Ma qui occorre il nullaosta del ministero della difesa albanese, non c’è ancora la giurisdizione italiana», replicano i militari mentre poco distante il direttore del porto Sander Marashi scuote la testa: «Dipende tutto dall’Italia da ora e per i prossimi cinque anni, è tutto scritto nelle carte».

      Il protocollo Italia-Albania

      Già, è scritto chiaramente nel protocollo Italia-Albania, ratificato con legge pubblicata sulla Gazzetta ufficiale in aprile e dunque in vigore, che nelle due aree “cedute” da Edi Rama a Giorgia Meloni per il suo progetto apripista in Europa di esternalizzazione delle richieste di asilo la giurisdizione è italiana. Ma visto che il progetto che doveva partire il 20 maggio è ancora all’anno zero, meglio provare a inventarle tutte per tenere lontano parlamentari e giornalisti. Alla fine, un paio d’ore e due telefonate dopo, toccherà all’ambasciatore italiano a Tirana Fabrizio Bucci arrampicarsi sugli specchi per sostenere che «la giurisdizione italiana comincerà solo a lavori consegnati» per poi accompagnare con estrema disponibilità Angelo Bonelli nella visita dei due centri.

      L’hotspot quasi pronto e quello neanche iniziato

      O meglio delle due aree: perché se al porto di Schëngjin l’hotspot è quasi pronto, trenta chilometri più all’interno, nell’area militare di Gjader, ruspe e camion sono ancora alle prese con complicatissime e impreviste operazioni di sbancamento del terreno che ha presentato grossi problemi di natura geotecnica. «Non siamo in grado di dire quanto tempo ci vorrà», spiegano i tecnici. Novembre, come sembra suggerire la scadenza per la consegna dei lavori? «Dobbiamo fare le cose per bene, la sicurezza innanzitutto, ma spero prima», sottolinea l’ambasciatore Bucci.

      Dal 2 giugno gli agenti dall’Italia a sorvegliare il nulla

      Certo è che fino a quando a Gjader non saranno montati i prefabbricati che daranno forma al centro di trattenimento per richiedenti asilo, al Cpr e al piccolo carcere da 24 posti, l’hotspot di Schëngjin rimarrà chiuso. E il progetto dunque di certo non partirà prima di diversi mesi. E dal 2 giugno verranno mandati 20 agenti di polizia italiani per vigilare sulle strutture vuote: riceveranno un’indennità di 100 euro al giorno più vitto e alloggio in hotel.

      L’appalto alle società al centro di inchieste giudiziarie

      Telecamere ovunque, chiuso da recinzioni in lamiera alte tre metri, moduli a un piano per ospitare infermeria, ufficio per le identificazioni, stanzetta per l’attesa, l’hotspot di Schëngjin attende solo gli arredi interni. Niente posti letto, qui i migranti (solo uomini maggiorenni) rimarranno solo poche ore prima di essere trasportati in bus nel centro di reclusione di Gjader: 70.000 metri quadri in area militare, divisi per blocchi nelle strutture prefabbricate che il ministero della Difesa, con un appalto di cui non ce alcuna evidenza pubblica, ha affidato — per una cifra di poco superiore ai 6 milioni di euro — alla Rigroup, società leccese dell’imprenditore Salvatore Tafuro già finita al centro di un’inchiesta giudiziaria così come la Medihospes, il colosso dell’accoglienza a cui è stata affidata la gestione dei servizi ai migranti. Come ha scoperto Report, che tornerà sui centri in Albania nella puntata del 2 giugno, la Rigroup è finita a giudizio per turbativa d’asta in un’indagine del 2018 per la realizzazione del Cie di Foggia in cui alti ufficiali dell’aeronautica furono accusati di corruzione. La vicenda finì con un patteggiamento e Tafuro si liberò dalle accuse grazie all’intervento della prescrizione.
      "L’enorme spreco di risorse pubbliche”

      «Quando inizierà l’operatività di questi centri nessuno sa dirlo, da quello che abbiamo visto con i nostri occhi è evidente che ci vorranno mesi», dice Bonelli, «e nel frattempo siamo di fronte ad uno spreco enorme di risorse pubbliche che sfiora il miliardo di euro peraltro in violazione della legge».

      https://www.repubblica.it/cronaca/2024/05/28/news/beffa_centri_migranti_in_albania_agenti_pagati_per_sorvegliare_il_nulla-4

  • Migranti, la nuova mossa del governo per i rimpatri : ampliata la lista dei Paesi sicuri. E scoppia la polemica

    Nei centri in Albania anche chi arriva da Bangladesh, Sri Lanka, Egitto e Camerun. Albano: “I giudici dovranno verificare se sono davvero luoghi non pericolosi”

    Un tassello dietro l’altro il governo prova a riempire la cornice dell’ancora vuoto progetto Albania nel tentativo di non farlo fallire prima del tempo. E così, dopo l’assegnazione dell’appalto da 133 milioni di euro per la gestione dei centri al colosso dell’accoglienza Medihospes del discusso Camillo Aceto, oggi un decreto ministeriale della Farnesina pubblicato in gazzetta ufficiale come d’incanto fa lievitare la lista dei cosiddetti Paesi sicuri, quelli – per intenderci – in cui potranno essere rimpatriati con le procedure accelerate di frontiera i migranti soccorsi nel Mediterraneo che da lì provengono.

    La lista, fino a ieri composta da 15 paesi, ne contiene ora ben 21: tra i sei nuovi ingressi alcuni Paesi d’origine di un numero consistente di migranti che arrivano in Italia via mare. Innanzitutto il Bangladesh, ma anche Sri Lanka, Camerun ed Egitto, a cui di aggiungono due Paesi sudamericani, Colombia e Perù da cui, in aereo, arrivano in Italia ogni anno migliaia di persone che poi chiedono asilo.

    Il Bangladesh , cosi come già l’anno scorso, è in cima alla lista dei Paesi d’origine dei migranti che arrivano in Italia grazie ad una triangolazione dall’Africa che riescono a raggiungere in aereo: 3425 quelli sbarcati nei primi 4 mesi del 2024, più di 1000 gli egiziani.

    Numeri consistenti che adesso, con il loro inserimento nella lista dei Paesi sicuri, consentiranno alle autorità italiane di portarli direttamente nei centri albanesi in attesa del probabile rimpatrio nel caso in cui la loro richiesta di asilo(come avviene nella maggior parte dei casi) dovesse essere respinta. Nel 2023 sono stati più di 12.000 gli arrivi dal Bangladesh e 11.000 dall’Egitto.

    I giudici della sezione immigrazione nutrono forti perplessità sul fatto che alcuni dei paesi inclusi nell’elenco, su tutti l’Egitto, possano essere considerati sicuri. La presidente di Magistratura democratica, Silvia Albano, spiega: “Il decreto ministeriale è fonte normativa secondaria e deve rispettare tanto le fonti sovraordinate, come la Costituzione e la normativa della UE, quanto la legge ordinaria”; quindi “i giudici dovranno verificare se il Paese designato come sicuro con decreto ministeriale, possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge”.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/05/08/news/migranti_governo_lista_paesi_sicuri-422867888

    #pays_sûrs #liste #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #externalisation #renvois #expulsions

    #Bangladesh #Sri-Lanka #Cameroun #Egypte #Colombie #Pérou

    –-
    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais... :
    https://seenthis.net/messages/1043873

  • Migranti, la #Medihospes si aggiudica l’appalto da 133 milioni di euro per i centri in Albania

    Il colosso dell’accoglienza in diverse inchieste anche per le condizioni poco dignitose di vita garantite nelle strutture. Il suo amministratore è #Camillo_Aceto, già arrestato a Bari e finito in #Mafia_capitale.

    La gallina dalle uova d’oro dei centri per migranti in Albania è finita nelle mani del businessman italiano dell’accoglienza, quel Camillo Aceto il cui nome, negli ultimi vent’anni, è comparso nelle più disparate inchieste della magistratura da un capo all’altro d’Italia e con le accuse più diverse: dalla truffa nelle forniture di pasti alle mense ospedaliere di Bari che lo vide finire agli arresti nel 2003 all’indagine per infiltrazioni mafiose nella gestione del Cara di Mineo in Mafia capitale a svariate indagini per frode in pubbliche forniture da parte delle varie società in cui ha avuto incarichi dirigenziali e che alla fine sono confluite nella Medihospes.

    Il colosso dell’accoglienza che gestisce più del 60 per cento di centri migranti in Italia, 3.800 posti letto in 26 strutture, si è aggiudicato il bando milionario per la gestione dei centri che il governo italiano intende aprire in Albania per tenervi, in attesa di rimpatrio, alcune migliaia di migranti provenienti dai cosiddetti paesi sicuri che verranno soccorsi da navi militari italiane in acque internazionali. Ben 133.789.967,55 milioni di euro la cifra che Medihospes incasserà per gestire l’accoglienza dei migranti nell’#hotspot di #Shengjin e nel centrio per richiedenti asilo ( con annesso Cpr) che sorgerà nell’area di #Gjader. La prefettura di Roma ha ritenuto l’offerta di Medihospes, con un ribasso del 4,94 per cento sulla base d’asta, più vantaggiosa rispetto a quelle degli altri due concorrenti selezionati tra oltre 30 aziende: il consorzio #Hera e #Officine_sociali. Per due anni, rinnovabili per altri due, Medihospes dovrà provvedere alle esigenze di vitto, alloggio e servizi basici per i migranti che verranno portati in Albania.

    Un’aggiudicazione che continua ad assembrare ombre sull’operazione Albania i cui altissimi costi di partenza (650 milioni) sono già lievitati a quasi un miliardo a fronte di una totale incertezza sui tempi di apertura dei centri. Stando al bando, Medihospes dovrebbe essere pronta per partire il 20 maggio. Peccato che, per quella data, nelle aree di Shengjin e Gjader non ci sarà molto altro oltre alle ruspe. La consegna dei lavori delle opere di urbanizzazione e della realizzazione delle strutture affidata al genio militare è infatti prevista per la fine di ottobre quando la stagione calda degli sbarchi sarà già finita.

    Il ruolo di semimonopolio di Medihospes nel mondo dell’accoglienza viene fuori dal report “Centri d’Italia” 2022 fatto da Action Aid e Open Polis sugli ultimi dati forniti dal Viminale (https://www.actionaid.it/informati/pubblicazioni/centri-ditalia-2022): a quella data la cooperativa sociale gestiva 26 strutture in sei regioni: 24 Cas, il Cpa di Udine e l’hotspot di Messina, 3800 posti letto sempre sovraffollati in condizioni spesso oggetto di denunce.

    Ex amministratore de #La_Cascina, indagata in Mafia capitale, con sedi e iniziative spesso coincidenti con quelle della #Senis_Hospes, poi diventata Medihospes, Camillo Aceto è sempre caduto in piedi mantenendo un ruolo centrale. «Solo con economie di scala e sacrificando i servizi - osserva Fabrizio Coresi di Action Aid - solo soggetti come Medihospes possono riuscire a realizzare un ribasso consistente e rendersi disponibili a gestire centri come quelli in Albania dove i diritti delle persone accolte non sono al centro».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/05/07/news/migranti_appalto_albania_medihospes-422857446

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #appel_d'offre #externalisation #sous-traitance
    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Cinema, clown, Dazn e i “pomeriggi del tè”. Le promesse di Medihospes per i centri in Albania

      Gran parte delle proposte migliorative presentate dalla cooperativa romana e consultate da Altreconomia riguarda i cosiddetti vulnerabili. Minori, neonati, vittime di violenza e tortura: tutti soggetti che non dovrebbero nemmeno arrivare sul territorio albanese. Continua a non essere chiaro quando diventeranno operative le strutture

      Animatori vestiti da clown, fasciatoi, incontri sulla pace, laboratori sul fair play ispirati al principio del “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. La relazione tecnica presentata dalla cooperativa Medihospes per vincere il bando da oltre 133 milioni di euro per la gestione dei centri in Albania, ottenuta da Altreconomia, descrive una vita quotidiana per i trattenuti piena di attività e di occasioni di svago.

      Ma soprattutto, gran parte dell’offerta riguarda i cosiddetti “vulnerabili” -dai minori non accompagnati a famiglie, passando per persone disabili, vittime di tortura e vittime di tratta- che sul territorio albanese, stando alla normativa vigente, non dovrebbero essere soggetti alla procedura accelerata e non potrebbero essere trasferiti nell’hotspost albanese. “E comunque, anche se vi finissero perchè la vulnerabilità non è stata accertata in precedenza, dalla struttura in Albania dovrebbero essere subito trasferite”, sottolinea Gianfranco Schiavone, socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)

      “Le ipotesi sembrano due -riprende- o c’è stato un clamoroso travisamento da parte dell’ente appaltante (la prefettura di Roma) che ha attribuito valore (e punteggio) alle proposte di Medihospes che avrebbe invece dovuto ritenere inammissibili in quanto i servizi generosamente proposti non potranno mai essere erogati perché i destinatari di tali attività non dovrebbero né entrare né rimanere nell’hotspot albanese, oppure c’è una volontà del governo di trattenere illegalmente in Albania anche coloro che non vi possono essere condotti”.

      Non è chiaro inoltre quando saranno attivi i centri. A fine maggio il sindacato autonomo di polizia (Sap) ha fatto sapere che i primi venti operatori sono in partenza per l’Albania. La struttura che fungerà da hotspot, secondo quanto riferito dal capo segreteria del dipartimento della Pubblica sicurezza presso il Viminale, Sergio Bracco, sarà consegnata il 3 giugno, invece il sito di Gjader entro fine luglio. Tempi più brevi di quanto invece sta emergendo da altre fonti riportate, tra le altre, da la Repubblica, che parlano di fine novembre per la consegna dei lavori. Ma veniamo all’offerta.

      Medihospes specifica che all’interno dell’hotspot sarà operativo un team minori formato da due animatori che indosseranno “una divisa riconoscibile ed ispirata a dei clown (a titolo esemplificativo: giacca colorata, pantalone rosso, papillon, parrucca colorata)” e garantiranno lo svolgimento delle attività programmate per i bambini “secondo un calendario settimanale di attività e laboratori”. Che sono tantissime. Viene prevista un’ora al giorno di attività motoria (dal twister al bowling fino ai giochi di equilibrio), tre volte alla settimana letture ad alta voce dedicate ai più piccoli per “arricchire il vocabolario e stimolare l’immaginazione”, spettacoli di animazione (il martedì e il venerdì) oltre che laboratori musicali e babymovie per “creare un clima più favorevole all’inclusione sociale”. Si prevedono poi l’apertura di una ludoteca per bambini da un mese a cinque anni e una per i bambini da sei a 12. Le attività sono finalizzate a “creare un clima sereno e accogliente per il minore e a rendere meno traumatica la permanenza nella struttura”.

      Non mancheranno uno “spazio allattamento e fasciatoio” in cui “le mamme si possano sentire a proprio agio ad allattare il loro bambino”. Non mancano poi le attività per i più grandi (13-17 anni) con biliardini, tavoli da ping pong e tv con abbonamenti a servizi streaming e paytv. Ci sarà poi una sala cinema (“oscurata totalmente con porte e finestre con tende spesse”) e nelle aree esterne “strutture fisse quali scivoli, altalene, giochi a molla, giostre e dondoli” con un campo da calcio e uno da basket.

      Medihospes prevede poi del personale aggiuntivo “per una tempestiva individuazione di potenziali soggetti vulnerabili”, tra cui due psicologi specializzati in violenza di genere e vittime di tortura, uno dei quali “avrà il compito di osservare in sede di sbarco gli utenti presso il porto di Shengjin e rilevare potenziali indicatori di situazioni vulnerabili, tortura e violenza”, mentre l’altro “collaborerà con il personale di Gjader per una pronta presa in carico delle situazioni vulnerabili e si attiverà per la realizzazione di misure di tutela e riabilitazione”. È prevista inoltre la presenza di un medico specializzato in ginecologia/ostetricia, “quale professionista sanitario per favorire la gestione di donne in stato di gravidanza e con problematiche ginecologiche, nella rilevazione di eventuali violenze subite, nonché a supporto delle neo mamme nelle fasi di allattamento e svezzamento”.

      Tra le categorie di persone “vulnerabili” per cui vengono previste attività e progetti specifici sono elencati i minori accompagnati e non accompagnati, persone con disabilità, donne e donne in stato di gravidanza, vittime di tortura, vittime di violenza legata all’identità di genere e all’orientamento sessuale, vittime di altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, vittime di mutilazioni genitali femminili. Ci sono anche le “vittime della tratta di esseri umani” e laddove si “sospetti che la vittima sia accompagnata da uno o più trafficanti” la cooperativa sottolinea che segnalerà la situazione “alle autorità competenti”. Chissà quali. Gli interventi di tutela sanitaria avverranno in collaborazione con la Fondazione “Nostra Signora del Buon Consiglio (Nsbc)” che gestisce il “Catholic Hospital Our Lady of Good Counsel” di Tirana.

      Quel che è certo è che anche gli adulti non si annoieranno. Si prevede un “laboratorio di prima alfabetizzazione” e “giornate informative, con l’ausilio del mediatore linguistico, che mirano alla condivisione e diffusione di alcune norme e regole basilari dell’igiene sanitaria personale”. Secondo Medihospes questo laboratorio è fondamentale. “I ‘luoghi dell’immigrazione’ ove storie culturali e personali spesso portano a non avere un livello condiviso nel bagaglio considerato minimo di nozioni igienico-sanitarie. Gli argomenti trattati saranno l’igiene delle mani, l’igiene intima, l’igiene orale, etc.”.

      E poi laboratori sulla sessualità, in particolare per “gli utenti di genere maschile” approfondimenti per “metterli a conoscenza dei codici sociali che regolano i rapporti tra uomini e donne in Europa con l’obiettivo di prevenire la violenza contro le donne e aiutare le persone che provengono da paesi e società in ui le donne sono fondamentalmente prive di qualsiasi libertà e diritto ad adattarsi e integrarsi nel loro nuove paese”. Ci sono tornei di basket e calcio cinque “a squadre miste” che cercheranno di coinvolgere il maggior numero di partecipanti possibili (“alcuni candidati ad essere arbitri e guardalinee) e poi i laboratori creativi per due volte alla settimana (quelli d’arte prevedono tecniche base come disegno, pittura dal vero e non come paesaggi e natura morta).

      E ancora attività sulla pace e la promozione della cultura dell’incontro perché “le situazioni conflittuali sono sempre situazioni di disagio, contrasto che rischiano di diventare insanabili”. Medihospes propone “l’albero della pace”, un’attività che prevede “la discussione e la riflessione sul significato della pace e sui valori che la caratterizzano” con i partecipanti che termineranno il lavoro “disegnando il proprio albero della pace”. Non solo alberi ma anche un elefante che è “simbolo di pace perché lega in sé la forza e la pace” ed è un esempio di come “vivere in armonia nei diversi contesti”. Decisiva, questa attività, perché “le menti delle persone sono invase quotidianamente da immagini negative che possono influenzare i loro comportamenti e sviluppare la tendenza a dimenticare la maggioranza che vive pacificamente”. E poi “sport for peace” che aiuta a vivere la “regola d’ora ‘fa agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te’ attraverso lo sport e giochi di squadra”.

      I “pomeriggi del tè” vogliono invece portare “un’oasi di relax per offrire un momento di distacco dalla routine e dallo stress che la vita in struttura può generare” così ogni pomeriggio si potranno degustare tè e tisane alla presenza di un’assistente sociale e uno psicologo. I trattenuti potranno vedere Sky, Prime Video, Netflix e Dazn e ogni sera assistere alle proiezioni di film sottotitolati e con cadenza bisettimanale ci sarà un cineforum per favorire un confronto tra gli ospiti. Così come i luoghi di preghiera individuale che permettono di “recuperare memorie ancestrali e riattualizzare la propria identità culturale”.

      Medihospes si è aggiudicata a inizio maggio la gara di oltre 133 milioni di euro con un ribasso sui costi del 4,94%. Una corsa in solitaria: l’urgenza dell’attivazione dei servizi ha spinto infatti la prefettura di Roma a scegliere la procedura negoziata. Delle trenta manifestazioni di voler partecipare alla gara arrivate tra il 22 e il 29 marzo -tra cui le note Ors Italia, Ekene oltre che due partecipanti con sede a Tirana e il Gruppo Renco, colosso attivo nell’edilizia e nel settore dell’energia- ne sono state selezionate tre. Consorzio Hera e Officine sociali non hanno però partecipato alla fase finale della gara lasciando campo libero alla cooperativa romana. Che grazie alla ricca offerta “progettata con passione per gli ospiti di Shëngjin e Gjader”, come si legge nel documento, ha vinto senza avversari.

      https://altreconomia.it/cinema-clown-dazn-e-i-pomeriggi-del-te-le-promesse-di-medihospes-per-i-

    • Inchiesta su #Medihospes, regina dei centri per i migranti. Dall’Italia all’Albania

      La cooperativa sociale si è aggiudicata il bando da 133 milioni di euro per la gestione delle strutture di Gjader e Shengjin. Ma non solo: da inizio anno ha già vinto 62 appalti, nell’82% dei casi per affidamento diretto. Fa parte di una galassia di imprese che si è aggiudicata migliaia di gare pubbliche per un valore a base d’asta di sei miliardi di euro. Egemone a Roma, da qualche tempo si è affacciata anche su Milano

      Dall’hotspot di Messina al mega hub all’interno della ex caserma Cavarzerani di Udine, passando per i due centri di accoglienza più grandi di Milano: la cooperativa sociale Medihospes è la vera protagonista dell’accoglienza dei richiedenti asilo in Italia. E non solo.

      A inizio maggio di quest’anno il colosso si è aggiudicato la gara da oltre 133 milioni di euro bandita dalla prefettura di Roma per la gestione dei centri per migranti in Albania. L’appalto più redditizio di sempre nel campo dell’immigrazione ma anche il più discusso. E che mostra l’inarrestabile ascesa della cooperativa sociale.

      La storia di Medihospes inizia nel 2008 nella piccola cittadina di Senise (Potenza) per poi raggiungere in pochi anni tutto il territorio nazionale. Oggi ha sede in via Antolisei 25 a Roma, città dove ha cominciato ad aggiudicarsi sempre più appalti legati alla gestione dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) dei migranti. Secondo l’analisi delle organizzazioni ActionAid e Openpolis, nel 2022 la cooperativa gestiva il 78% dei posti nella città metropolitana di Roma (1.578 su 2.024) in dieci strutture dislocate su tutto il territorio.

      “Quasi un monopolio, nonostante nel 2019 la stessa prefettura rilevò problemi nella gestione dei centri da parte della cooperativa che fu multata di 86mila euro -spiega Fabrizio Coresi di ActionAid-. Soprattutto per irregolarità logistiche, amministrative o strutturali ma anche rispetto alla fornitura di beni e servizi alla persona. Una multa salata che rappresentò quell’anno il 97% di tutte quelle comminate nella provincia di Roma”.

      Quei servizi messi allora in discussione dalle stesse autorità non hanno però fermato Medihospes, che, come visto, è arrivata a gestire nel 2022 otto posti su dieci nella capitale. “La cooperativa è diventata sempre più ‘necessaria’ alla prefettura di Roma, proprio mentre questa, come le altre in Italia, si è trovata stretta tra regole di difficile applicazione, un organico sottodimensionato e la necessità di reperire posti in accoglienza -sottolinea Coresi-. Non si può imputare a Medihospes nulla, se non l’aver sfruttato l’occasione per crescere in fatturato e in quanto soggetto gestore. Bisogna piuttosto chiedersi come e perché la prefettura abbia consentito a questo quasi monopolio”.

      Nella capitale però Medihospes non si occupa solo di accoglienza di migranti. Sono diversi infatti i servizi che garantisce: dai Centri di assistenza alloggiativa temporanea (Caat) destinati all’emergenza abitativa, all’assistenza a persone con disabilità e minori fino ad alcuni bandi relativi al “servizio di supporto tecnico amministrativo agli uffici comunali”. Insistono su Roma, dati dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) alla mano, il 42% del totale delle gare d’appalto che la cooperativa si è aggiudicata dal 2014: un totale di 406 procedure con una base d’asta pari a 1,2 miliardi di euro. Un dato probabilmente al ribasso perché nel portale Anac non risulterebbero registrate tutte le procedure pubbliche.

      Negli ultimi anni Medihospes ha superato anche i confini romani. Si passa infatti da due stazioni appaltanti nel 2014 a 33 nei primi sei mesi del 2024. In altri termini: non cresce solo il volume degli affari (da due a 61 gare in dieci anni) ma la “presenza territoriale” della cooperativa, che oggi conta 26 unità locali in tutta Italia, da Nord a Sud. Sempre più amministrazioni si affidano alla cooperativa che dal primo gennaio al 18 giugno 2024, sempre secondo l’Anac, ha già vinto ben 61 appalti: solo uno attraverso gara “aperta” e ben l’82% del totale (non solo quelle relative ai migranti, quindi) tramite un affidamento diretto.

      “Percentuali allarmanti -riprende Coresi-. A livello nazionale abbiamo ricostruito che da gennaio ad agosto 2023 oltre il 66% delle gare per la gestione dell’accoglienza dei migranti è andato in affidamento diretto, per un valore di oltre 83 milioni di euro. Nel 2020 era di appena 16 milioni. La trasparenza delle gare d’appalto, se riguardano i servizi alla persona è la sola garanzia, seppur parziale, del rispetto dei diritti di chi ne fruisce”.

      Il volume di fatturato totale di Medihospes è di oltre 128 milioni di euro e in costante crescita. Il settore “asilo e immigrazione”, anche senza la gara albanese che ovviamente non è ancora conteggiata nel bilancio 2022, l’ultimo depositato in Camera di commercio, aumenta da 47,6 milioni a 62,6 milioni. L’importo riconosciuto dalle prefetture alla cooperativa per la gestione dei centri è cresciuto del 93% tra il 2021 e il 2023 (da 23,7 milioni a 45,9). Più risorse e più prestigio: l’attività a favore dei richiedenti asilo svolta in questi anni ha portato infatti la cooperativa a ottenere il riconoscimento “We Welcome” da parte dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

      Gli affari crescono anche negli altri settori: la voce “assistenza alla persona” passa da 35,9 a 55,9 milioni di euro così come l’ambito “emergenza e marginalità sociali” (6,2 a 8,1 milioni di euro). E Medihospes nel corso degli anni non si è limitata solo ad ampliare l’offerta di servizi ma anche le partecipazioni in altre cooperative e imprese. Ne ha di attive, sempre a Roma, nell’ambito della sanità (Kosmos Srl, Roma Medical Center Srl, Medinext) ma anche, nuovamente, dell’immigrazione. La quota di 7.934 euro (valore netto) relativa al Consorzio Sisifo, detenuta al 31 dicembre 2022, è solo economicamente poco significativa.

      Il nome del consorzio è tra i protagonisti delle vicende riferite al Cara di Mineo (Catania), quello che è stato il più grande centro di richiedenti asilo esistente in Europa. A partire dal 18 ottobre 2011 la gestione passò dalla Croce Rossa a un’associazione temporanea di imprese che comprendeva, tra le altre Sisifo, Casa della solidarietà, La Cascina Global Service e Senis Hospes (che poi diventerà Medihospes). La vicenda durò anni e si susseguirono sette proroghe per un totale di cento milioni di euro di importo prima della chiusura del centro nel luglio 2019. Nell’aprile 2014 a definire “illegittima” la gara d’appalto fu l’allora presidente dell’Anac Raffaele Cantone. Ne nacque addirittura una Commissione parlamentare d’inchiesta.

      Ma i nomi di Senis Hospes, La Cascina, Sisifo e Tre Fontane tornano alla ribalta anche a Foggia, per le condizioni di vita dei richiedenti asilo “accolti” a Borgo Mezzanone. A inizio giugno 2017, per aggiudicarsi nuovamente la gestione del centro, la Senis Hospes offrì un ribasso del 42,23% con un costo giornaliero di 20,57 euro rispetto ai 35 proposti dalla prefettura. Come è possibile garantire i servizi a quel prezzo? Le critiche arrivate alla cooperativa di Senis, che a luglio 2017 si vide revocare la gara dal Viminale proprio per il “ghetto” di Borgo Mezzanone, spingono la cooperativa a cambiare nome.

      Il 27 ottobre 2017 nasce così formalmente Medihospes che oggi ha sede, come detto, in via Antolisei 25 a Roma. E il “peso” della cooperativa -in termini di gare vinte e di posti di lavoro che garantisce (quasi 4mila)- va letto considerando tutto ciò che ruota intorno a quel civico di Tor Vergata. Qui infatti hanno sede tutte le cooperative e imprese riconducibili al gruppo “La Cascina” che, secondo quanto riportato sul proprio sito, è nato nel 1978 “su impulso di don Giacomo Tantardini”, allievo di don Giussani e punto di riferimento di Comunione e liberazione a Roma, e grazie anche al “contributo simbolico di 70mila lire donate dall’allora cardinale Luciani (poi papa Giovanni I, ndr)”. Al motto “testa da impresa, cuore da cooperativa” -si legge sempre sul sito- il gruppo avrebbe raggiunto i “36 milioni di pasti erogati ogni anno, le 700mila ore di assistenza e un fatturato che supera i 300 milioni di euro”.

      La Cascina è stata coinvolta nell’inchiesta nota come “Mafia Capitale”. Le interdittive antimafia firmate nell’estate del 2015 dall’allora prefetto Franco Gabrielli colpirono infatti la Cooperativa di lavoro La Cascina, La Cascina Global Service, Vivenda Spa e il consorzio di cooperative sociali Casa della solidarietà (lo stesso del Cara di Mineo) costituito da Osa Mayor Onlus, Domus Caritatis, Mediterranea Onlus, Tre Fontane (queste ultime tre oggi tutte assorbite da Medihospes). Il Tribunale di Roma dispose anche l’amministrazione giudiziaria per le aziende (27 luglio 2015) che durò fino al 19 luglio 2016, secondo quanto ricostruito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie (relazione del 7 febbraio 2018), quando il tribunale stabilì che le imprese coinvolte avevano “reciso definitivamente ogni rapporto con ambienti criminali” ma disponendo il controllo giudiziario (una misura meno invasiva del commissariamento) per favorire la “creazione di validi modelli organizzativi”. La fine di un capitolo buio che ha poi lanciato definitivamente il gruppo legato a La Cascina. Con ricavi importanti.

      Prendendo in esame le imprese, vicine al Gruppo La Cascina, che nel marzo 2021 hanno dato vita a “Rete sviluppo Italia”, un contratto di rete nato per favorire lo sviluppo aziendale dei firmatari, sono 1.169 in totale le gare aggiudicate (dal 2007, anno dal quale vengono raccolti i dati da Anac) da 399 stazioni appaltanti per un valore di base d’asta pari a quasi sei miliardi di euro (5.943.133.070). Cifre da capogiro confermate dai bilanci delle singole aziende. Medihospes al 31 dicembre 2022 aveva una partecipazione di più di cinque milioni di euro (5.450.000) nella Cooperativa di lavoro La Cascina Scpa che, con 1,2 milioni di utile d’esercizio nel 2023, conta 4.680 soci e controlla le più importanti società del gruppo.

      Detiene infatti il 100% di Vivenda Spa, colosso della ristorazione soprattutto per istituti scolastici, che ha 151 sedi locali e al 31 dicembre 2023 ben 6.246 dipendenti con un fatturato che ha superato i 260 milioni di euro, in crescita del 33% rispetto all’anno precedente. Sono numerose le amministrazioni pubbliche che in tutta Italia sono servite da Vivenda: da Consip (400 milioni di base d’asta) al ministero della Difesa (196 milioni) fino al Comune di Roma (220 milioni). E poi scuole, ospedali, e tanto altro ancora. In totale il portale Anac calcola 482 procedure su 205 stazioni appaltanti al 18 giugno per un totale che supera i due miliardi di euro sempre come valore di base d’asta. E a inizio aprile 2024 l’azienda ha ricevuto in Senato il premio “Legalità e profitto” per la “virtuosa capacità di coniugare il rigoroso rispetto di leggi e normative con positivi risultati economici e finanziari”. Vivenda Spa il 26 luglio 2023 ha acquisito un ramo d’azienda di Sodexo Spa, un’altra grande player del settore di ristorazione premiata anche lei a metà giugno di quest’anno dall’Unhcr per le attività a favore dei rifugiati.

      Fino al 20 luglio 2018 tra gli investitori di Vivenda Spa c’era anche Invitalia, l’agenzia nazionale di proprietà del ministero dell’Economia che si occupa di sviluppo d’impresa. Proprio Invitalia crea un collegamento con un altro soggetto decisivo nel panorama dell’assetto societario di via Antolisei. L’agenzia è infatti il primo appaltatore di lavori (base d’asta di 1,7 miliardi di euro) de La Cascina Costruzioni Srl (controllata al 100% da Cooperativa di lavoro La Cascina tramite Vivenda Spa). In totale la società ha partecipato a 87 procedure pubbliche di cui ben 45 insistono su Roma e tra il 2021 e il 2022 ha visto crescere il suo fatturato da 26 a 109,5 milioni di euro, anche grazie ai lavori edilizi del cosiddetto “Superbonus”.

      Questa è la portata reale di Medihospes -in termini di giro d’affari e rapporti con le amministrazioni pubbliche- che va ben oltre i bandi per i centri di accoglienza per richiedenti asilo. Certo è che la cooperativa sociale guidata dal presidente Camillo Aceto non vuole fermarsi qua.

      Oggi è di “proprietà” di 2.720 soci e punta anche su Milano. Come mandataria di un raggruppamento di imprese (tra le altre Fondazione Arca, Associazione Kayros e International Rescue Committee) ha vinto il 5 febbraio 2024 un bando da quasi 25 milioni di euro per la gestione di interventi legati all’emergenza sociale e abitativa (tra cui Casa Jannacci, storica struttura di accoglienza per senza dimora). Ma soprattutto nel giro di due mesi si è aggiudicata la gestione dei due Cas più grandi della città (fino a 570 posti): quello di via Aquila (9,8 milioni di euro) e quello di via Corelli (10,9) con un ribasso rispettivamente del 11,11% e del 13,69%.

      Medihospes conosce molto bene via Corelli: la citata Vivenda Spa, infatti, era tra le ditte che garantiva i pasti al Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) durante la gestione di Martinina Srl, i cui amministratori sono oggi sotto processo per frode in pubbliche forniture. Nel decreto di sequestro preventivo della Procura di Milano di fine dicembre 2023, quel cibo veniva descritto come “maleodorante, avariato, scaduto”. Chissà se altrove il menù è diverso.

      https://altreconomia.it/inchiesta-su-medihospes-regina-dei-centri-per-i-migranti-dallitalia-all

  • Migranti, sui centri in Albania il governo smentisce se stesso. Pronti non prima di novembre

    In base al bando per la gestione avrebbero dovuto aprire a maggio, il ministero della Difesa prevede la consegna dei lavori per le strutture in autunno. I costi rischiano di arrivare a un miliardo di euro

    Inizio lavori 23 marzo, consegna prevista dopo 233 giorni, cioè il 10 novembre. Così si legge nella determina del ministero della Difesa che ha affidato al Genio militare la realizzazione dei centri per migranti in Albania. Che, però, stando alle intenzioni della premier Giorgia Meloni e soprattutto al bando per la gestione degli stessi centri, avrebbero dovuto aprire i battenti il 20 maggio, giusto in tempo per incassare il risultato di quella che il governo ritiene una soluzione innovativa per alleggerire l’Italia dall’onere dell’accoglienza dei migranti.

    Cantieri appena aperti, ci vorranno mesi

    Al porto di Shengjin e nell’ex base militare di Gjader, i lavori stanno appena muovendo i primi passi, siamo ai sopralluoghi che per altro starebbero rilevando una serie di difficoltà nel territorio. Impossibile che i centri siano pronti per maggio, ci vorranno mesi, passerà tutta l’estate. E, al di là della propaganda di governo, i primi documenti svelano il bluff dell’operazione Albania, i cui costi continuano a lievitare e rischiano di arrivare a sfiorare la cifra monstre di un miliardo di euro in cinque anni. Perchè alle cifre ufficiali, già elevatissime che ammontano a circa 150 milioni di euro all’anno moltiplicati per cinque anni, devono aggiungersi i costi non quantificabili: quelli rimborsabili a piè di lista, per i trasporti e la sanità e, per quel che riguarda le strutture i subappalti «senza limiti di spesa», come si legge appunto nella determina della Difesa.

    Fondi extrabudget dirottati dal Pnrr

    Anche i costi per realizzare i due centri, l’hotspot nel porto di Shengjin e il centro di detenzione per richiedenti asilo da 880 posti, con un’ala destinata a Cpr ( altri 144 posti) e un’altra a vero e proprio carcere ( da 20 posti), a Gjader, sono da considerarsi un extrabudget. I lavori affidati al Genio costeranno circa 65 milioni di euro. Soldi che, in parte, vengono prelevati da un disegno di legge che riguarda l’utilizzo dei fondi del Pnrr, come sottolineano i rappresentanti dell’opposizione. «Ogni giorno che passa è sempre più chiaro il bluff dell’accordo Italia Albania - dice Matteo Mauri che per il Ps ha seguito i lavori in commissione sul protocollo Albania - I costi aumentano ogni mese. In un decreto di marzo hanno aggiunto altri 65 milioni di euro, sfondando il tetto dei 700 milioni totali. Una cifra spropositata per fare una cosa completamente inutile».

    In aggiudicazione il bando per la gestione dei centri

    Nei prossimi giorni il ministero dell’Interno aggiudicherà la gara da 36 milioni di euro a base d’asta per la gestione dei centri. All’esame ci sono le offerte delle tre imprese selezionate sulle trenta partecipanti. Ancora da bandire invece quella per la fornitura dei moduli prefabbricati che saranno piazzati sulle aree quando il Genio e le imprese subappaltatrici avranno terminato di sbancarle, bonificarle, realizzare fogne e impianti, Senza limiti di spesa.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/04/14/news/centri_migranti_albania_cpr_governo_meloni-422527456

    #Italie #asile #migrations #réfugiés #Albanie #accord #externalisation #centres

    –-

    Ajouté à la Métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Il flop del Cpr in Albania voluto da Giorgia Meloni: doveva essere pronto prima delle elezioni, ma i cantieri sono fermi

      Il piano della premier era aprire il centro di permanenza per i rimpatri come mossa da campagna elettorale. Ma al momento non c’è nessun lavoro. E nell’ex aeroporto, off limits, pascolano le capre

      «Largohu. Mos bëni foto». L’uomo con la casacca gialla urla verso di noi appena mettiamo piede sul bordo del cantiere albanese del nuovo Cpr italiano, il Centro di permanenza per i rimpatri, in costruzione. Nella sua lingua con fare minaccioso dice di andare via e di non fare foto, perché i lavori sono top secret e nessuno ha il permesso di entrare. Ma basta spostarsi qualche metro più in là dal cancello per osservare che nell’immensa ex base militare dei tempi di Enver Oxha non c’è ancora nemmeno un mattone in piedi. A Gjader, piccolo villaggio a pochi km dalla città di Lezha, sembra che i lavori vadano a rilento e infatti nel cantiere ci sono solo due escavatori che spostano terriccio e un basamento di cemento che delinea un quadrato.

      «Questo è quello che si scorge da questo ingresso - spiega Elidon, un giornalista locale – ma il resto della zona è lontana, perché l’area si estende verso l’ex pista di atterraggio per i velivoli militari». Seguendo la strada si arriva, effettivamente, all’ingresso principale di quello che fu un aeroporto e una coppia di militari sbarra la strada. Non si vede niente dell’interno ma Elidon prontamente mostra le immagini girate il giorno prima con il suo drone. «Non c’è niente, non si vede nessuna costruzione», spiega.

      Secondo i piani di Giorgia Meloni, il centro avrebbe dovuto già essere aperto, giusto in tempo per le ultime battute di campagna elettorale per elezioni europee. Ma le cose stanno andando molto più a rilento di quello che si potesse immaginare e secondo le fonti albanesi i centri, sia quello di Gjader sia quello di Shengjin, non saranno pronti nemmeno per novembre, forse per i primi mesi del 2025.

      Da Gjader riprendiamo la strada e torniamo verso Lezha per poi girare verso il mare. Al porto di Shengjin nessun giornalista ha il permesso di entrare e le foto sono vietate anche dalla strada. Bisogna salire in alto sulle colline per avere una visuale completa della banchina dove sorgeranno delle costruzioni provvisorie per la prima accoglienza dei migranti e la loro registrazione. Anche al porto, però, sembra che i lavori siano molto indietro. Ci sono dei container stipati su un lato ma al centro non c’è ancora nessun tipo di struttura. Eppure, sarà proprio lì che le motovedette della guardia costiera italiana e della Guardia di finanza dovranno attraccare per far scendere i naufraghi salvati nel Mediterraneo centrale. Dal porto, con navette e bus, i migranti saranno trasportati nel centro di Djader, attraversando 20 km di strade che normalmente sono trafficate e che d’estate diventano uno spaventoso lungo ingorgo. «Sarà un disastro», dice qualcuno. «Ma chi se ne importa», dice qualcun altro. Per ora nessuno sta prendendo sul serio la questione Cpr italiani su suolo albanese. Nessuno ha ancora visto una struttura in piedi e tra propaganda del governo e notizie confuse in pochi hanno davvero capito che cosa succederà. O almeno questo è quello che i media vicino al governo di Edi Rama vogliono far pensare.

      «La gente di Gjader, di Lezha e di Shengjin è favorevole all’accordo con l’Italia - spiega ancora Elidon – perché pensa che in questo modo gli italiani sistemeranno la rete idrica, che in alcune zone non c’è affatto, e la rete elettrica, che è rovinata. Sono felici perché gli italiani aggiusteranno le strade e porteranno vita nei villaggi di Gjader e Kakariq dove non c’è più nessuno». Alcuni, alla domanda sul centro di rimpatrio, che sarà un vero e proprio carcere, dicono che non importa, perché se anche i migranti dovessero scappare, è un problema degli italiani. «Tanto pagano tutto loro…». Chiacchierando al bar, qualcuno ascolta la conversazione e dice che Rama ha fatto bene a fare l’accordo con l’Italia, perché Giorgia Meloni ha promesso in cambio uno sponsor per far entrare l’Albania in Europa. Qui, in questa zona a poco meno di due ore da Tirana quasi al confine con il Montenegro, parlano tutti almeno un po’ di italiano e il 98% della popolazione ha un parente che vive e lavora tra Palermo e Trento. Tutti d’accordo, dunque, tutti favorevoli, nessun problema…anzi.

      Basta poco, però, per capire che dietro queste dichiarazioni c’è qualcosa di più che una convinzione. «Non importa a nessuno dei diritti umani, questo accordo serve come disincentivo», dice una delle fonti. «È come il Ruanda per il Regno Unito. Se gli africani sanno che verranno portati in Albania, ci penseranno due volte prima di partire». La frase sembra già sentita, perché già qualcun altro l’ha ripetuta almeno un paio di volte durante il soggiorno in Albania. E l’intera narrazione comincia ad appare come uno slogan pro-Cpr e pro-Rama.

      «È tutta una bugia». A cambiare la visione sul trattato Italia-Albania ci pensa Alberto, albanese di 52 anni che per 30 ha lavorato tra Italia e Gran Bretagna e che abita proprio a meno di 100 metri dal cantiere del Cpr di Gjader. In macchina ripercorriamo la stradina per arrivare all’ex base militare, perché Alberto ci porta a casa sua, lì dove ha appena finito di costruire un nuovo grande edificio. «Ci ho messo metà della mia vita di sacrificio per farla e adesso stanno rovinando l’intera zona». Se costruiranno davvero anche il muro perimetrale alto 7 metri, sarà a solo 50 metri dalla sua villa e gli oscurerà l’intera visuale.

      «Qui sono tutte case nuove e vuote – spiega Alberto – perché i proprietari vivono all’estero e le hanno realizzate per poterci tornare con la famiglia in estate o per i figli che studiano ancora. Nessuno del governo ci ha chiesto un parere e forse hanno approfittato proprio del fatto che qui sono rimasti solo i vecchi. Chi vuoi che protesti? Li hanno riempiti di bugie e propaganda. Se in 50 anni il nostro governo non ci ha fatto arrivare l’acqua – dice ancora – dobbiamo aspettare un contratto così assurdo per farcela portare dagli italiani?». Alberto e sua moglie sono preoccupati, non tanto per la sicurezza, quanto per il fatto che saranno a pochi metri da un carcere. E che la zona da bucolica e tranquilla, si trasformerà in un inferno di traffico, caos e disperazione.

      A non essere d’accordo con l’operazione del governo, in realtà, sono in tanti, anche se molti hanno paura di esprimere il proprio dissenso apertamente. Non ha nessun timore, invece, Ndre Molla, uno degli avvocati che lo scorso dicembre ha contribuito alla stesura della documentazione per la Corte costituzionale. I giudici, a sorpresa, avevano sospeso l’accordo siglato tra Albania e Italia proprio alla vigilia di un Consiglio europeo. «Il contratto è anticostituzionale e viola la sovranità del territorio albanese», spiega l’avvocato Molla. «Ma Edi Rama controlla tutti in questo Paese, anche i giudici. E così, dopo neanche un mese, si sono rimangiati il parere contrario. Questo centro è contro tutti gli interessi dell’Albania», dice ancora l’avvocato. Nel suo ufficio nel centro di Lezha, Nndre Molla spiega che nessuno è contro gli i migranti, ma l’Albania non può diventare un parcheggio per esseri umani, nemmeno se lo chiede l’Italia. «Il timore è che se questo progetto dovesse funzionare e se le elezioni europee andassero in un certo modo, anche altri Paesi potranno pensare di aprire i loro Cpr in Albania», ammette Molla. Il pensiero va a Ursula von der Leyen, che ha elogiato l’idea dei Cpr in Albania di Meloni definendola «un ottimo pensiero fuori dagli schemi».

      E poi ci sarebbe anche un altro problema. L’Albania è uno dei Paesi che i migranti attraversano lungo la rotta balcanica e un centro pieno di uomini sarebbe sicuramente una calamita per i trafficanti. In auto, con i taxi, con i bus, a piedi. Basterebbe poco per attivare un business per portare i migranti dall’Albania verso Montenegro e poi Bosnia e poi Croazia. Non sarebbe la prima volta.

      Contraria fin dal primo momento al progetto è anche Lindita Metaliaj, parlamentare del partito democratico d’Albania, che è a destra e all’opposizione rispetto al partito di Edi Rama. «Il protocollo non è compatibile con la nostra Costituzione – spiega Metaliaj – È indegno diventare un magazzino di rifugiati, non è giusto per noi albanesi e nemmeno per i diritti di questa povera gente». Non appena il Cpr prenderà forma, qualcuno inizierà a protestare davvero, dicono. Per ora nel cantiere continuano a pascolare placide solo le capre.

      https://lespresso.it/c/inchieste/2024/5/30/il-flop-del-cpr-in-albania-voluto-da-giorgia-meloni-doveva-essere-pronto-prima-delle-elezioni-ma-i-cantieri-sono-fermi/51043

  • Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader