Le missioni anti-migranti di #Frontex ed #EUNAVFOR_MED nel Mediterraneo
C’è una foto che descrive bene la sporca guerra che l’Europa ha scatenato nel Mediterraneo contro decine di migliaia di rifugiati in fuga da altre guerre guerreggiate in Africa e Medio oriente. L’ha scattata il fotoreporter Enrico Di Giacomo nel porto di Messina il 22 settembre 2015. Sulla nave della guardia costiera britannica “Protector”, missione #Triton di Frontex, due marines della Royal Navy, il volto occultato da maschere anti-epidemia ed occhialoni neri, indossano tute bianche contro le contaminazioni da guerra nucleare, batteriologica e chimica NBC. Pistole ai fianchi, imbracciano, entrambi, fucili mitragliatori. Freddi, terribili, anonimi cani da guardia di un gruppo di giovani migranti subsahariani seduti stretti, uno accanto all’altro. Volti stanchi, tirati. Solo un senso d’incertezza generale per quello che adesso potrà accadere. La precarietà di vite sospese, l’assenza di empatia e di ogni forma di comunicazione con l’altro, il marine senza volto, l’invisibile armato. Immagini identiche ai selfie nelle prigioni-lager per presunti “terroristi” in Iraq o Afghanistan o nelle navi-prigioni per i “pirati” del Corno d’Africa e del Golfo di Guinea. A bordo della “Protector”, quel giorno, c’erano però 122 persone soccorse su un gommone alla deriva delle coste libiche, tra essi anche tre giovani donne in avanzato stato di gravidanza e cinque bambini. Moderni criminali contro cui spianare le armi, clandestini – terroristi – pirati –scafisti – schiavi, bottini della guerra globale. Non persone da recludere, deportare, annientare.
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