Économie - Le Temps

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  • #Evasion_fiscale : comment #Kering a fait marche arrière

    Un mémo interne montre que le géant du luxe contrôlé par la famille #Pinault a entamé un nettoyage de son montage d’évasion fiscale suisse en octobre 2017, un mois avant d’être officiellement mis en cause par la justice italienne. Cette manœuvre met à mal la défense de l’entreprise, qui affirme que tout était légal et transparent.

    https://www.mediapart.fr/journal/economie/080518/evasion-fiscale-comment-kering-fait-marche-arriere
    #France #Suisse

    • #Fashion_Valley: la festa è ormai finita

      Article de Federico Franchini, membre de @wereport

      Il modello della Fashion Valley è al capolinea. Per anni il Ticino ha approfittato delle entrate fiscali generate dalle multinazionali della moda che, tramite trucchetti contabili, hanno trasferito in Ticino utili da capogiro. Un sistema parassitario a cui la comunità internazionale ha detto basta. Gli statuti fiscali speciali dovranno sparire mentre da qualche mese è in vigore una legge federale che impone alle multinazionali di presentare una rendicontazione nazionale della propria attività. Questo proprio nell’ottica di impedire il trasferimento degli utili negli Stati fiscalmente più attrattivi. Insomma, con o senza gli sgravi previsti dalla riforma cantonale (mirati a imprese a forte capitalizzazione), gli introiti generati da queste pratiche sono destinati a diminuire in modo consistente.

      Sette miliardi di franchi. Sono gli utili netti registrati dalla Luxury Goods International (Lgi) di Cadempino dal 2006 al 2016. A questa somma manca l’anno 2015: non è disponibile nei documenti del registro di commercio del Lussemburgo. È nel Granducato che ha sede la Kering Luxembourg, la società bucalettere che controlla il 100% della Lgi. Nelle ultime settimane, la società simbolo della Fashion Valley ticinese ha ottenuto suo malgrado un’ampia visibilità internazionale: l’autorevole Mediapart ha messo a nudo le pratiche di ottimizzazione fiscale che hanno permesso alla multinazionale Kering, un colosso da 38.000 impiegati, di trasferire alla sua discreta filiale di Cadempino circa il 70% dei suoi utili.

      Secondo l’inchiesta giornalistica, Lgi ha negoziato con le autorità fiscali un’aliquota dell’8%. In Ticino, dal 2006 al 2016, la società avrebbe così pagato circa 560 milioni di franchi di tasse (in parte finite nelle casse del Cantone, in parte in quelle di alcuni Comuni; in parte minore alla Confederazione). È tanto oppure poco? La risposta è relativa: dipende da che punto si affronta la questione. È tanto, dal punto di vista del Ticino, dove Lgi è diventato il più importante contribuente del Cantone. È poco, troppo poco, se la questione la si affronta con lo sguardo di Milano o di Parigi. Le autorità italiane e francesi si stanno ormai chiedendo fino a che punto le pratiche fiscali utilizzate da Kering per eludere il loro fisco siano o meno lecite.
      Il modello su cui si basa il gruppo è semplice: la Lgi di Cadempino acquista i prodotti ideati e lavorati in Italia e Francia per poi, dopo averli fatti transitare dai magazzini ticinesi, rivenderli alle boutique del mondo intero. Giocando sui prezzi di acquisto e di vendita ecco che gli utili, compresi quelli delle licenze dei marchi, sono convogliati nella filiale vicino a Lugano. Come spiegare altrimenti che i capannoni ticinesi del gruppo facciano registrare ogni anno utili netti vicino al miliardo di franchi, cosa da fare invidia alle principali aziende svizzere?

      Il modello, semplice quanto efficace, lo si deve proprio alla Gucci. Prima ancora di essere acquistata da Kering, il marchio italiano si era insediato in Ticino per ingrassare le casse della sua filiale logistica. Era la seconda metà degli anni 90, quelli di Marina Masoni alla testa del Dipartimento finanze ed economia. Oggi alla testa di TicinoModa, la ministra liberale ha avuto un ruolo preponderante nel farsi promotrice di questo modello. Non è un caso, probabilmente, se la stessa Gucci e le altre società della moda arrivate in Ticino abbiano beneficiato dei consigli di specialisti fiscali vicini all’allora ministra. Non solo: un uomo di famiglia, Paolo Brenni (il cognato di Marina Masoni) entra subito – e ci resta fino a oggi – a far parte del Cda della Lgi. Va così in scena la narrazione entusiasta della Fashion Valley Ticino: sembra quasi di stare in un territorio abitato da illuminati stilisti e artigiani creatori. La realtà è diversa: il Ticino è piuttosto un (unico) grande centro logistico. La merce arriva e riparte soltanto per potere giustificare il trasferimento dei profitti. Nei depositi la merce è considerata “in transito” e beneficia di altri vantaggi garantiti dallo statuto di Deposito doganale aperto (Dda), sorta di punto franco esternalizzato nelle aziende. Il più grande Dda è proprio quello inaugurato dalla Lgi a Sant’Antonino nel 2014. Per chi critica questo modello, vuoi per il suo impatto sul territorio o per le pessime condizioni di lavoro, c’è subito pronta la risposta: l’indotto fiscale; vuoi mica sputarci sopra?

      Ma il sistema che ha garantito questo indotto potrebbe avere le ore contate. Gli Stati dell’Ocse, tra cui la Svizzera, hanno siglato l’accordo Beps (Base Erosion and Profit Shifting) inteso a contrastare il trasferimento e la riduzione di utili a livello globale: «L’opzione fiscale delle multinazionali, di per sé legale ma qualificata come aggressiva, deve essere limitata» scrive l’amministrazione federale. Per le multinazionali, così come per le amministrazioni fiscali compiacenti, la festa sta ormai volgendo al termine.


      http://www.areaonline.ch/Fashion-Valley-la-festa-e-ormai-finita-3d34a200
      #Tessin #fiscalité #économie

    • v. aussi

      Dietro le quinte del lusso

      Le grandi firme della moda scelgono il Ticino. Ce ne sono sempre di più e l’impatto sull’economia è notevole; negli ultimi 20 anni hanno scavalcato le banche e sono diventate il primo contribuente fiscale del Cantone. Perché scelgono di stabilirsi tra Chiasso e Airolo? Le risposte sono diverse, ma c’è un denominatore comune; in Ticino non producono quasi nulla e godono di tassazioni molto vantaggiose.I loro margini di profitto sono enormi, si parla di centinaia di milioni di euro. In che modo realizzano questi utili? La nostra inchiesta tra l’Europa e la Fashion Valley Ticino mostra che, dietro le quinte del lusso, si usa ogni astuzia per maggiorare il profitto; dalle scappatoie fiscali al sistema dei terzisti, cioè la produzione delegata ai cinesi d’Italia che lavorano in condizioni inaccettabili. Uno sguardo disincantato sulle griffes e un interrogativo sul nostro futuro: cosa succede se lasciano il Ticino?E quanto è probabile che succeda in seguito alle pressioni del fisco europeo?

      https://www.rsi.ch/play/tv/falo/video/dietro-le-quinte-del-lusso?id=8291917&station=rete-uno
      #Cadempino #Tessin #Suisse #mode #Italie #industrie_de_la_mode

    • Bienvenue au #Tessin, discrète « Fashion Valley » suisse

      En moins de deux décennies, les griffes mondiales de la mode, Hugo Boss, Armani, Versace, Gucci, ont élu domicile en Suisse italienne, profitant des allégements fiscaux accordés par les autorités. Cette « invasion », qui a opéré discrètement, a modifié le visage du canton. Le secteur est devenu le premier contributeur fiscal.


      https://www.lacite.info/economietxt/tessin-fashion-valley
      Un article de Federico Franchini paru dans @lacite

    • Alla Gucci il lavoro è su chiamata sms

      Dietro il lusso griffato Gucci, ci sono persone in carne e ossa, la cui vita deve essere sempre a disposizione quando l’impresa ti chiama. O ti manda un messaggio.

      Ore sette di mattina. Davanti al suo carrello elevatore, Giovanni si appresta a spostare parte dei 19 milioni di pezzi che ogni anno vengono spediti da quel magazzino. Lui e i suoi 150 colleghi spediscono mediamente 2.300 colli ogni ora. “Un gioiello della logistica”, è stato definito il nuovo stabilimento di Sant’Antonino della Luxury Goods International, volgarmente conosciuta come Gucci. Sarà, ma all’interno di quelle mura la vita ha ben poco di lussuoso.

      Ogni movimento di Giovanni è sorvegliato da telecamere e da tre capi reparto. Nessun tempo morto è consentito. Nei 20.000 metri quadrati del magazzino deve muoversi come un automa, in simbiosi col suo carrello elevatore. Al pari dei suoi colleghi che imballano e pongono le etichette, è vietato sgarrare. Il lavoro alienante in salsa moderna è servito.

      Giovanni quel giorno non doveva essere lì. Aveva già superato le ore settimanali previste dal contratto. Ma la sera prima aveva ricevuto un sms: «Ciao, domani 9 settembre cominci alle ore 7 a Sant Antonino». Quell’sms non era una novità, era diventato una fastidiosa abitudine. Ne riceve uno quasi ogni sera, tra le sette e le otto. Anche di venerdì, per annunciargli se il sabato lavorerà oppure no. Ma ormai lo dà per scontato, visto che riposa un sabato su cinque. La sua vita è sempre a disposizione dell’impresa. La vita familiare o sociale passa in secondo piano, diventa un optional di lusso. «Dovresti essere onorato di lavorare per Gucci» gli avevano risposto una volta che aveva osato criticare l’organizzazione del lavoro.

      Giovanni quella mattina dopo essersi svegliato di buon’ora, ha percorso parte della sua dose giornaliera di chilometri per raggiungere Sant’Antonino. E subito deve affrontare la prima grana. Per poter parcheggiare nel posteggio aziendale, i dipendenti devono arrivare almeno in due per auto. Altrimenti gli agenti di sicurezza ai cancelli non lo avrebbero fatto entrare. Lodevole iniziativa d’incoraggiamento alla mobilità condivisa, si dirà. Peccato che l’organizzazione dei turni via sms complichi non poco la possibilità di concordare il viaggio coi colleghi. Se poi non sai quando finisci, diventa cosa ardua. Alla fine, Giovanni, al pari della gran parte dei colleghi, decide di rischiare la multa parcheggiando dove non è consentito, giusto a lato delle inferiate dello stabilimento. Oppure ricorre ai posteggi del vicino negozio di mobili.

      Rispetto a molti suoi colleghi, Giovanni avrebbe poco da lamentarsi. Lavora per quell’impresa da cinque anni tramite agenzia interinale. Da un anno, ha fatto il salto. È diventato uno dei rari assunti. Come lui, hanno tutti contratti al 70 per cento per uno stipendio di 2.700 franchi lordi, tredicesima compresa. Il tempo pieno è un’esclusiva riservata ai capi, mentre la grande maggioranza dei suoi colleghi è giovane, interinale e frontaliere. Il 70% dei dipendenti fissi non è una casualità. Gli undici turni lavorativi previsti dall’azienda corrispondono tutti a sei ore e quindici minuti. Esattamente il 70 per cento quotidiano delle 42 ore settimanali a tempo pieno. Turni teorici.

      Nella pratica, Giovanni conosce solo la sera prima quando il giorno dopo entrerà in quel magazzino, ma non quando ne uscirà. È l’applicazione materiale della filosofia industriale del “just in time”, introdotta negli anni Cinquanta dalla Toyota giapponese e oggi impostasi a livello globale. In parole povere, significa produrre giusto in tempo per vendere, eliminando i costi delle scorte. Costi trasferiti sulle spalle dei dipendenti, la cui vita è sacrificata nel nome della flessibilità della produzione just in time. Chi volesse approfondire questo modello di produzione e le sue ricadute sociali può leggere le numerose opere sul tema del professore della Supsi Christian Marazzi.

      E poiché la legge consente di lavorare fino a 50 ore settimanali, per le ore spalmate sui cinque giorni e mezzo lavorativi previsti negli stabilimenti logistici ticinesi, Giovanni non riceverà supplementi di paga. Da contratto della Luxury Goods, le ore straordinarie sono compensate alla pari in tempo libero, e se non consumato entro 12 mesi, sarà remunerato alla pari. «Il supplemento salariale diventa inderogabile quando l’entità delle ore straordinarie non compensate supera di 50 ore entro l’anno civile la durata massima del lavoro settimanale stabilita per legge» recita il contratto.

      Giovanni, si diceva, ha poco da lamentarsi. Non perché non ne abbia le ragioni, ma perché se lo facesse, si ritroverebbe “just in time” per strada. E con famiglia e mutuo a carico, preferisce ingoiare il rospo. La sera dunque aspetta l’sms che gli dica quando inizierà a lavorare. E dove. Eh sì, perché lo stabilimento dove si trova oggi, Sant’Antonino, è la terza sede della logistica del gruppo, dopo Bioggio e Stabio (la sede amministrativa si trova a Cadempino). È stato inaugurato meno di un anno fa in pompa magna, alla presenza del «gotha delle autorità locali», come ha scritto un portale ticinese.

      Nell’imminenza dell’apertura, sui media circolò l’informazione che per quella sede la Luxury Goods avrebbe assunto 15 residenti su 150 dipendenti. In molti dedussero che a Sant’ Antonino venissero creati 150 nuovi posti di lavoro, di cui il 10 per cento riservato ai residenti. L’informazione non era propriamente corretta. In realtà, la Luxury Goods avrebbe fatto girare i suoi dipendenti tra i suoi stabilimenti logistici ticinesi, soprattutto da Bioggio. Questo spiega perché a Giovanni la sera prima via sms comunicano non solo l’ora, ma anche dove lavorerà il giorno dopo. L’impresa indennizza i dipendenti per il cambio di stabilimento aumentando il salario orario di 20 centesimi.

      Per quanto concerne invece i nuovi assunti a Sant’Antonino, da quel che abbiamo potuto costatare la ditta ha attinto alle liste dell’Ufficio regionale di collocamento, la disoccupazione cantonale. Sui numeri però vige il massimo riserbo.

      Infine una precisazione ai lettori: Giovanni non esiste. È un personaggio inventato, la cui storia personale è la somma delle testimonianze raccolte da chi ha lavorato o lavora all’interno degli stabilimenti ticinesi della Luxury Good Logistic. È una scelta di narrazione di storie individuali dai tratti comuni, dettata dal timore di perdere il posto, che per quanto poco invidiabile consente di portare a casa la pagnotta.

      «I diritti di cui parli non so cosa siano. Da quando lavoro, non ho conosciuto altro» risponde un giovane, interinale e frontaliere, al collega che lo incita a ribellarsi, rivolgendosi ai sindacati. Come dargli torto? Ha 25 anni e proviene dal paese che conta 44 forme di contratti precari diversi e un tasso di disoccupazione giovanile alle stelle. L’assenza dei diritti dovuta alla ricattabilità estrema dello stato di bisogno è una realtà che ha investito un’intera generazione. E dei diritti conquistati dai loro nonni e genitori, questi giovani hanno solo sentito parlare. Non li hanno mai potuti sperimentare.

      Una sola condanna in tutto il paese

      In quali sanzioni incorre la ditta che ripetutamente viola le norme legali sulla mancata pianificazione dei turni o il tempo di riposo tra un turno e l’altro? La procedura prevede un primo richiamo dell’Ispettorato del lavoro, e dopo qualche tempo, un secondo richiamo con minaccia di denuncia penale. E se non ottempera entro un altro lasso di tempo, la denuncia può essere inoltrata. Nessuna multa è prevista. In Svizzera nel 2013 è stata emessa una sola condanna relativa ai tempi di lavoro (fonte Seco).

      L’impresa informa

      Contattata da area, l’azienda «non commenta ma sottolinea che sia Lgi (Luxury Goods International) che Lgl (Luxury Goods Logistics) sono assoggettate ad un contratto di lavoro che è quello di Ticinomoda siglato con l’Ocst.»

      http://www.areaonline.ch/Alla-Gucci-il-lavoro-e-su-chiamata-sms-d0db6400

    • Una filiale da 1 miliardo franchi

      Luxury Good International Sa (Lgi) è la più importante azienda del settore presente in Ticino. Appartiene al gruppo francese Kering, detentore di marchi come Puma o Gucci. Proprio a Gucci è legato lo sviluppo del settore moda in Ticino. Era il 1996 quando la Gucci International NV, una società allora domiciliata ad Amsterdam, apre due succursali a Cadempino. L’anno successivo il gruppo vi installa la Gucci Sa, oggi Lgi Sa. In poco tempo la società diventa il centro di distribuzione mondiale della marca e si sviluppa sempre più, in seguito all’acquisizione da parte del gruppo di nuovi brand, come Bottega Veneta. Oggi, Lgi è considerata come il più grande contribuente del Cantone. Ma a quanto ammontano i suoi utili? In Svizzera le società non quotate in borsa non sono obbligate a pubblicare i bilanci. La società di Cadempino è però una filiale al 100% della Kering Luxembourg Sa, basata in Lussemburgo. In questo Stato vi è l’obbligo di depositare una copia dei rapporti annuali, ciò che ci permette di avere delle cifre ufficiali sugli utili netti realizzati dall’azienda. Nel 2012 e nel 2013 la Lgi ha registrato degli utili annuali di oltre 1 miliardo di franchi. Se consideriamo, come stimato da area nel 2014, a circa 50 milioni le imposte versate da Lgi in Svizzera, esse rappresenterebbero il 5% di un utile di un miliardo. La Db ha calcolato che, comparati a quelli di tutto il gruppo Kering (circa 31.000 dipendenti), la parte degli utili della filiale ticinese (circa 600 dipendenti) è di circa il 70%. Una sproporzione tra i benefici realizzati e posti di lavoro che, secondo l’Ong, mette in evidenza l’ampiezza delle pratiche di ottimizzazione fiscale sulle quali fa affidamento il gruppo nel nostro Cantone.
      Vf: un ospite coccolato
      Un altro colosso della moda stabilitosi in Ticino è la Vf Corporation, proprietaria di marchi come Timberland o North Face. A Stabio hanno sede tre Sagl del gruppo, le cui azioni sono detenute da una quarta ditta ticinese, la Vf Holding Sagl. Le azioni di quest’ultima sono detenute da una società lussemburghese, la Timberland Luxembourg Finance Sarl. Il gruppo arriva in Ticino nel 2009, quando, a Pazzallo, viene installata la The North Face, fino ad allora basata in Italia. Il Ticino piace e Vf decide di insediare qui il suo quartier generale europeo. Tra il 2008 e il 2010, il Municipio di Stabio e Vf hanno contrattato, in tutta discrezione, le condizioni per installare qui la nuova sede. Un accordo conveniente ad entrambe le parti: Vf diventa il più importante contribuente del comune e allo stesso tempo una società del gruppo, la The North Face Sagl, viene esonerata completamente dall’imposta cantonale e comunale sull’utile per cinque anni (rinnovabile per altri cinque). Non è stato possibile ottenere delle informazioni precise sugli utili realizzati da Vf e esentati dalle imposte grazie a questa decisione. Ma essi devono essere considerevoli: la marca è la più importante del gruppo e la sua cifra d’affari ha raggiunto 2,3 miliardi di dollari nel 2014.

      http://www.areaonline.ch/Una-filiale-da-1-miliardo-franchi-a4179400

    • Au Tessin, l’âge d’or de Kering touche à sa fin

      Condamné en Italie pour #fraude_fiscale, le groupe français de luxe est en passe de démanteler ses activités dans le canton italophone, faisant chuter sa contribution fiscale. Cette perte de 70 millions de francs contrarie surtout les communes tessinoises devenues riches grâce à l’ancien premier contribuable du canton

      https://www.letemps.ch/economie/tessin-lage-dor-kering-touche-fin

      #justice #condamnation

      #paywall

  • Dans l’ombre de Facebook, le marché sulfureux de la biométrie est en croissance
    https://www.letemps.ch/economie/lombre-facebook-marche-sulfureux-biometrie-croissance

    Les tentatives de Facebook, cette semaine, d’identifier ses utilisateurs sur leurs photos ont provoqué un scandale. Google et Amazon progressent sur ce marché. La Suisse compte aussi des acteurs de pointe en biométrie Facebook ne craint pas les affaires. Un mois après l’éclatement du scandale Cambridge Analytica, le réseau social a de nouveau fait parler de lui cette semaine en essayant d’introduire un système de reconnaissance faciale en Europe. La société de Mark Zuckerberg tente d’imposer une (...)

    #Google #Keylemon #Terrogence #Amazon #Facebook #CCTV #biométrie #sécuritaire #facial #surveillance #vidéo-surveillance #Règlement_Général_sur_la_Protection_des_Données_(RGPD) #Rekognition (...)

    ##Règlement_Général_sur_la_Protection_des_Données__RGPD_ ##profiling

  • Les internautes sont enfin prêts à payer l’information - Le Temps

    https://www.letemps.ch/economie/internautes-enfin-prets-payer-linformation

    Vraiment ?

    https://assets.letemps.ch/sites/default/files/styles/share/public/media/2018/04/05/file6zks40q0dhk15q1wmjdj.jpg.png?itok=kzHNelWT

    Au prix de longues réflexions sur leurs grilles tarifaires, de nombreux titres enregistrent une hausse du nombre des abonnés numériques et des lecteurs payants. Il ne leur reste plus qu’à les fidéliser

    #presse #journalisme #internet #nyt

    • Pourrait-on imaginer la gare de Genève fermée à la circulation des trains jusqu’à fin août parce que la moitié des aiguilleurs du poste de contrôle sont malades ou bien partis en vacances ? C’est ce qui se passe actuellement à Mayence. Faute de main-d’œuvre aux postes d’aiguillage, la capitale de Rhénanie-Palatinat, une ville de 200 000 habitants, doit vivre avec une gare fermée en soirée aux trains grandes lignes. Les trains ICE doivent donc contourner Mayence pour se rendre à destination.
      . . . . .

  • Les plus riches ont accaparé 82% de la richesse mondiale créée en 2017 - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2018/01/22/plus-riches-ont-accapare-82-richesse-mondiale-creee-2017


    La #croissance, pour leur gueule et pour continuer à niquer l’environnement. La #rigueur pour nous, pour transférer les ressources de tous pour gaver quelques uns !

    Une étude publiée lundi par Oxfam montre que 50% de la population mondiale n’a pas touché le moindre bénéfice de la croissance mondiale l’an dernier, alors que le 1% le plus riche en a empoché 82%

  • Capitalism’s new crisis: after Carillion, can the private sector ever be trusted? | Politics | The Guardian
    https://www.theguardian.com/politics/2018/jan/21/capitalism-new-crisis-can-private-sector-be-trusted-carillion-privatisa

    #Carillion, «l’entreprise qui gère le #Royaume-Uni», dépose le bilan - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2018/01/15/carillion-lentreprise-gere-royaumeuni-depose-bilan

    L’entreprise est l’un des plus gros #sous-traitants du gouvernement britannique, dans les écoles, les prisons ou encore les hôpitaux. Sa #faillite questionne ce modèle

    #politique #Royaume_uni #capitalisme #sous_traitance #argent_public #intérêt_privé #mafia

  • Un incroyable système d’espionnage des internautes mis au jour - Le Temps

    https://www.letemps.ch/economie/2017/11/23/un-incroyable-systeme-despionnage-internautes-mis-jour

    Ce ne sont sans doute ni la NSA ni des pirates informatiques russes ou nord-coréens qui sont les plus curieux de la vie privée des internautes. Il s’agit plutôt de multinationales bien établies telles Microsoft, Samsung ou encore Spotify. Il y a quelques jours, des chercheurs de l’Université de Princeton (New Jersey) ont publié une étude montrant comment ces entreprises espionnaient en détail le comportement des internautes qui visitent leurs pages web – certaines ont abandonné cette pratique ces derniers jours. Via des systèmes perfectionnés, elles parviennent à enregistrer intégralement les mouvements de souris, les frappes sur le clavier et la navigation entre les pages.

    #contrôle #big_brother #surveillandce

  • Genève, future capitale de la cybersécurité - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2017/11/13/geneve-future-capitale-cybersecurite

    Le projet de Microsoft d’une « convention de Genève numérique ».
    Interview de Brad Smith, président et avocat général de Microsoft

    Pourquoi Microsoft s’implique-t-il dans cette initiative, apparue de nulle part en février ?

    Il n’y a pas d’agenda caché, nous sommes transparents. Le cyberespace est devenu le nouveau champ de bataille mondial, dans lequel le secteur technologique est fortement impliqué, sans l’avoir voulu. Une grande partie du cyberespace est la propriété du secteur privé. Et lorsque des clients sont touchés par ces attaques, nous devons les aider. Dans le cas des attaques WannaCry ou Petya, nos ingénieurs ont été mobilisés 24 heures sur 24. Nous avons pris conscience que le secteur technologique devait faire davantage, mais que les gouvernements devaient aussi agir.

    Cette initiative sert ainsi en partie les intérêts de Microsoft, qui a dû mobiliser des ressources lors de ces attaques…

    Cela touche nos compétences de base. Je fais une comparaison avec le CICR. Microsoft n’est pas le CICR, nous sommes une entreprise. Le CICR s’est assuré que les médecins œuvrant dans les armées puissent soigner des blessés sans être des cibles. Et nous sommes le médecin du XXIe siècle dans l’univers technologique. Nous avons une très grande responsabilité. Les gouvernements doivent nous laisser faire, de manière neutre, pour agir efficacement.

    Vous avez aussi une part de responsabilité. Si Windows XP a été la cible de pirates, c’est parce que vous aviez renoncé, depuis 2014, à mettre ce système à jour.

    Nous avons une part de responsabilité, mais elle n’est pas totale. Nous avons dû mettre à jour en urgence Windows XP lors des attaques de Wannacry. Mais c’est un très vieux système. XP a été lancé en 2001 : il est plus vieux de six ans que le premier iPhone, plus vieux de trois mois que le premier iPod… Certes, nous pouvons mettre à jour de vieux logiciels, mais lorsque vous avez des gouvernements qui mettent au point des technologies pour les attaquer, il n’est pas réaliste d’imaginer que des logiciels créés il y a seize ans soient en permanence immunisés.

    Estimez-vous que les internautes sont aussi responsables ?

    Oui. Il faut par exemple qu’ils mettent à jour leurs appareils et utilisent des technologies récentes. C’est un peu comme les ceintures de sécurité dans les voitures : il est fortement conseillé, souvent obligatoire, de les utiliser, des systèmes de plus en plus résistants sont créés, mais il y a une part de responsabilité individuelle.

    Estimez-vous vraiment que des conventions numériques de Genève empêcheraient des cyberattaques ?

    Les conventions de 1949 n’ont pas empêché les guerres entre Etats. Mais elles ont fixé un cadre solide, le CICR a amélioré l’état du monde. Nous pouvons persuader les gouvernements de faire davantage en matière de cybersécurité. Nous n’allons pas empêcher des cyberattaques, comme les attaques dans les airs ou sur le sol n’ont pas été empêchées. Mais nous pouvons faire mieux.

    Si la Chine, la Russie et les Etats-Unis devaient signer des conventions numériques, cela changerait-il vraiment quelque chose ?

    Oui. Pensez à ce qui s’est passé concernant les armes chimiques, notamment en Syrie, récemment. La première étape est de dire que c’est interdit par le droit international. Il n’y a que deux questions qui se posent : est-ce qu’une attaque a eu lieu ? Et quelle sera la réponse ? Il existe encore des attaques chimiques, mais elles sont exceptionnelles, car interdites par le droit. Et lorsqu’une attaque a lieu, il est beaucoup plus facile d’effectuer une réponse internationale. Ce n’est pas du tout le cas concernant des cyberattaques. Je suis réaliste : des Etats signeront des traités et l’on apprendra plus tard qu’ils ont procédé à des cyberattaques. Mais il sera plus facile de prendre des mesures, ensuite, grâce à des lois internationales.

    #Microsoft #Convention_Genève #Cybersécurité #Géopolitique

  • Apple n’a pas fini de se moquer de Google et d’Android - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2017/08/22/apple-na-fini-se-moquer-google-dandroid

    Pourquoi ? Car ces fabricants ont tous modifié Android sur leurs téléphones en y ajoutant des services et applications maison. Il leur faut donc du temps pour distribuer les mises à jour d’Android, ce qui crée de la frustration chez les utilisateurs. Apple, qui maîtrise tant le téléphone que son système iOS, n’a pas ce souci. En juin, son directeur, Tim Cook, se moquait d’Android, affirmant que seuls 7% de ses utilisateurs employaient la dernière version 7 lancée en… août 2016. En face, 86% des utilisateurs d’iPhone disposaient de la version 10 d’iOS, lancée en septembre 2016. La version 11, présentée en juin, doit être lancée cet automne.

    Chaque mois, Google communique le pourcentage d’utilisateurs de chaque version d’Android – il en paraît une nouvelle par année. On constatait début août que seuls 13,5% des internautes employaient la version 7 d’Android, 32,3% la version 6, 29,2% la version 5 et 16% la version 4, le solde se répartissant entre des versions plus anciennes encore.

    #Android #Google #OEM

  • Genève envisage un impôt punitif pour sauver les #caissiers

    Dans le canton de Genève, les détaillants qui installent des #caisses_automatiques pourraient être frappés par un impôt élevé. Avec des répercussions financières importantes pour les grands distributeurs Migros et Coop


    https://www.letemps.ch/economie/2017/07/28/geneve-envisage-un-impot-punitif-sauver-caissiers
    #caisses #automatisation #travail #Genève #supermarchés

  • Pourquoi il faut taire ses projets - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2016/10/13/faut-taire-projets

    A ce phénomène s’ajoute le fait que le bavardage épuise le dynamisme qui doit conduire aux actes. « Lorsque je forme un projet consistant, il s’installe en moi un certain enthousiasme, dit André Muller. Tout se passe comme si je me gonflais de ce projet. Il se crée une sorte de pression. Je me sens comme poussé à faire quelque chose. » Cette pression est bénéfique car elle conduit le sujet à passer à l’action. Parler de ses idées et projets le libère cependant d’une partie de la pression qui l’exhortait à agir. Soulagé, apaisé, vidé de son dynamisme, l’individu qui a perdu son temps en palabres ne fait plus rien.

    • Ne pas révéler ses intentions précises

      Il est cependant des situations où un conseil avisé est nécessaire. Ainsi, l’avis de tiers dotés d’un savoir-faire spécialisé dans le domaine qui nous intéresse peut contribuer à l’édification d’un projet. Napoléon Hill conseille cependant de rester en toutes circonstances très vague sur ses plans et desseins, seul moyen de s’assurer que les interlocuteurs ne s’emparent pas de l’idée ou qu’ils ne la diffusent par simple négligence. « Adressez-vous à qui de droit discrètement, et sans révéler vos intentions précises, (car) si vous parlez trop librement de vos plans, vous aurez peut-être la mauvaise surprise de voir quelqu’un d’autre en profiter. » Il ajoute que certaines personnes, parce qu’elles « vous envient, prendront un malin plaisir à vous faire échouer. »

      L’histoire regorge de tels exemples. Cecilia Payne, pour ne citer qu’elle, fut l’un des premiers astronomes à soutenir que les étoiles sont majoritairement composées d’hydrogène. En 1924, elle écrivit un article en ce sens qu’elle fit relire au professeur Henry Russell. Pas convaincu, celui-ci la dissuada de publier sa découverte. En 1929, il la publiera cependant lui-même, en s’attribuant tout le mérite. Moralité : parler, c’est bien. Agir, c’est mieux.

      Je relève l’histoire de Cecilia Payne et de Henry Russell pour l’ #historicisation sur l’ #invisibilisation des #femmes dans le domaine des #sciences
      Et Henry Russell pour avoir volé sa découverte à une femme scientifique a gagné sa médaille de #grand_homme

      Par rapport à ces recommandation d’experts en motivation je suis assez contre. Ca fait très productiviste et dépréciatif pour les personnes verbales. Étant dans le « camps » des bavard·e·s j’adopte l’attitude inverse et j’ai tendance à la défendre. Les psy qui ont testé 163 participants (étude peu fiable vu l’échantillon) ne disent rien de la qualité et de l’intérêt des projets. Se lancé à tout prix dans la réalisation d’une idée c’est pas forcement enviable. Et si celleux qui n’ont pas parlé ne sont pas satisfaits, c’est peut être qu’illes ont perdu beaucoup de temps à faire n’importe quoi au lieu de profité d’autres points de vues sur son projet. Cette étude à mon avis elle en dit long surtout sur les experts en motivation et pas trop sur leurs cobayes.

      Quant à la peur de se faire volé l’idée ou de se faire cassé par des personnes malveillantes, j’ai quant même du mal à choisir mes actions en fonction de l’existence d’ennemis potentiels. Tout ces conseils me semblent très emprunts d’idées libérales ; compétition, productivité, anti-intellectualisme, anti-réflexivité, misanthropie...

  • Au cœur des manœuvres de Philip Morris - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2017/07/14/coeur-manoeuvres-philip-morris

    Des documents publiés par l’agence Reuters montrent comment Philip Morris tente de contrecarrer la lutte contre le tabac menée par l’Organisation mondiale de la santé

    Alors qu’un traité de l’Organisation mondiale de la santé (OMS) prévoit d’étendre une pratique dont l’efficacité fait encore débat, un document de Philip Morris explique comment cette idée pourrait être contrée : en la présentant comme une atteinte aux accords commerciaux et aux lois internationales sur la protection des marques. La présentation évoque des « barrages routiers » contre le paquet neutre et exhorte les employés à « prendre le contrôle sur les articles de presse ».

    Les Etats et le secrétariat de l’OMS chargé de faire respecter la convention antitabac se disent débordés par l’armée de lobbyistes des groupes cigarettiers.

    Rien que chez Philip Morris, quelque 600 « directeurs des affaires corporatives » œuvrent à promouvoir les intérêts du géant du tabac. Soit l’une des plus grandes armées de lobbyistes au monde, selon Reuters, qui a consulté un courriel interne datant de 2015. Dans sa documentation interne, révélée par l’agence britannique, Philip Morris évoque fréquemment sa stratégie de lobbying par les expressions « jouer le jeu politique » et trouver des alliés qui « offrent une couverture et des victoires politiques ».

    Face à cette machine bien huilée, le secrétariat genevois de l’Organisation mondiale de la santé (OMS), chargé de faire respecter les clauses antitabac contenues dans la convention FTCT, compte 19 employés. Son budget annuel ne dépasse pas 460 000 dollars (444 000 francs).

    #Tabac #Lobbyisme #Santé_publique

  • La corruption au coeur des pratiques commerciales de l’industrie pharmaceutique : nouvel exemple avec Novartis (en Grèce, aux Etats-Unis, en Chine).

    Novartis a probablement soudoyé « des milliers de médecins et de fonctionnaires pour promouvoir ses produits en Grèce », a estimé vendredi le ministre grec de la Justice. Le géant pharmaceutique bâlois fait l’objet d’une enquête à Athènes depuis l’année dernière.

    https://www.letemps.ch/economie/2017/04/07/novartis-aurait-soudoye-milliers-personnes-grece

    #Novartis #pharmas #industrie_pharmaceutique #médicament #Grèce #corruption #santé #Suisse

  • « Fake news », la contre-attaque - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2017/02/20/fake-news-contreattaque

    La désinformation a parasité la campagne américaine et menace les élections françaises et allemandes. Sous pression, Facebook et Google s’allient à plusieurs médias européens pour démêler le faux du vrai. Mais l’efficacité de cette lutte anti-intox est critiquée

    En France, le projet porté par Google auquel participe Facebook s’intitule « CrossCheck » : 16 rédactions dont Le Monde et l’Agence France Presse travailleront de concert pour vérifier les rumeurs durant la présidentielle. En parallèle, Facebook a développé son propre outil pour labelliser les fausses informations publiées sur le fil de ses abonnés, un projet déjà expérimenté aux Etats-Unis et désormais déployé en France et en Allemagne. Lorsqu’une publication est décrite comme relevant de la désinformation par deux médias, elle sera identifiée par un drapeau rouge et sa visibilité sur le réseau social amoindri.

    Certaines critiques s’interrogent sur le rôle des journalistes en gardiens du « vrai ». Sous la pression économique, les médias ont souvent été les caisses de résonance pour les « fake news », comme le notait un rapport du Tow Center, dénonçant la tyrannie du clic : « Le potentiel d’audience d’une rumeur nouvelle est important. Du coup, les journalistes se jettent dessus pour avoir davantage de trafic. » Il y a quelques jours, Bild, le tabloïd allemand, avait fait son mea culpa pour avoir relayé des violences sexuelles imaginaires commises par des migrants.

    Cet algorithme de Facebook, qui contrôle la visibilité des contenus, est au cœur du problème. Facebook a fait du « like », de la personnalisation (la fameuse bulle) et de l’émotionnel le principal levier de son audience. Adrian Bangerter : « La fonction des rumeurs, dont font partie les « fake news », est d’alléger une incertitude intellectuelle et de soulager des tensions émotionnelles, que cela soit durant des élections ou lors de situations de crise. Les gens anxieux par nature sont davantage portés à croire et à partager ce genre de fausses histoires qui circulent. » Facebook a fait depuis quelques ajustements sur son algorithme. Une nécessité impérieuse, jugent de nombreux experts : lutter au coup par coup contre les « fakes news » sans se préoccuper de la main invisible qui les rend si populaires reviendrait à vider un énorme tuyau d’eau à la pipette.

    Lutter contre la désinformation, combat ordinaire des Wikipédiens

    En plus de quinze ans, l’encyclopédie collaborative a acquis une expertise précieuse dans la lutte contre la désinformation

    Les wikipédiens ont un joli mot pour cela : le vandalisme. Pour y faire face, Wikipédia peut compter sur le nombre et l’expertise des membres de sa communauté, plusieurs dizaines de wikipédiens bénévoles, devenus au fil des années des fact-checkeurs avertis. « Devenir contributeur Wikipédia, c’est quasiment comme recevoir un cours accéléré en droit d’auteur, en recherche de sources… A la fin, tu as un fort esprit critique qui fait que tu ne fais plus confiance à personne a priori », plaisante Frédéric Schütz.

    #fake_news #post_truth #decodex #crosscheck

  • Les messageries se transforment en couteaux suisses - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2017/02/16/messageries-se-transforment-couteaux-suisses

    Imitant le chinois WeChat, Messenger, Viber ou encore Snapchat se transforment en supermarchés numériques. Ces applications commencent à permettre de discuter avec des robots, faire des achats ou encore transférer de l’argent

    A l’échelle planétaire, l’enjeu est colossal. A lui seul, Messenger de Facebook revendique un milliard d’utilisateurs. WhatsApp, qui appartient aussi à ce réseau social, compte 1,2 milliard de fidèles. Kik, un service basique moins connu, possède tout de même 300 millions d’adeptes. Incapables d’avoir fait évoluer leur SMS, les opérateurs télécoms voient ces services de messagerie tout dévorer sur leur passage. Ces innombrables applications leur ont mangé les messages texte, puis les appels audio, et enfin vidéo.

    Le modèle WeChat

    Le modèle à suivre, c’est WeChat : la messagerie chinoise permet de commander un taxi, réserver une table dans un restaurant ou encore d’acheter des produits financiers. « Tous les développeurs de messagerie au monde scrutent les innovations de WeChat, l’application la plus complète, estime Catherine Boyle, analyste auprès de la société de recherche américaine eMarketer. Avec ses services, WeChat parvient à garder un maximum de temps ses utilisateurs connectés. Certes, l’application est née dans un marché favorable, puisque des millions de Chinois l’ont découverte en même temps qu’Internet. Mais son succès est tout de même remarquable ».

    Il est fini le temps où l’on considérait que les chinois copiaient l’internet occidental. Maintenant c’est l’inverse qui se produit. Dans mon cours d’introduction à la culture numérique, je disais qu’il fallait arrêter de parler des GAFA, mais qu’il fallait ajouter les grands acteurs chinois et indiens (WeChat, Alibaba, Tencent, Kik...). Avoir une vision mondiale du réseau mondial.
    #messagerie #commerce_électronique #WeChat

  • Comment un téléviseur peut vous espionner
    https://www.letemps.ch/economie/2017/02/07/un-televiseur-espionner

    Le fabricant de téléviseurs Vizio a reconnu avoir récolté des données sur les habitudes de ses clients. Swisscom utilise aussi certaines données depuis le 1er février – mais permet à ses clients de désactiver leur envoi C’est une affaire d’espionnage d’une ampleur jamais vue qui vient de trouver son épilogue aux Etats-Unis. Durant des années, le fabricant américain de téléviseurs Vizio a enregistré tout ce que ses clients visionnaient, pour transmettre ensuite ces données à des régies publicitaires. Ce (...)

    #Swisscom #TV #publicité #marketing #profiling #FTC #Vizio #géolocalisation #UPC #données

    ##publicité

  • L’affaire des téléviseurs espions rebondit
    https://www.letemps.ch/economie/2017/02/08/laffaire-televiseurs-espions-rebondit

    La récolte de données par Swisscom, via les téléviseurs, fait réagir de manière négative des spécialistes du droit. De son côté, le préposé fédéral à la protection des données estime que l’opérateur agit de manière légale. Swisscom pourrait demander davantage de données d’ici cet été L’affaire des téléviseurs récoltant des données sur les habitudes de leurs clients rebondit. Mercredi, Le Temps expliquait que Swisscom, enregistrait, depuis le 1er février, le comportement des utilisateurs de son service de télévision, (...)

    #Swisscom #Vizio #TV #données #marketing #publicité #profiling #FTC

    ##publicité

  • Pourquoi ce ne sont pas toujours les plus compétents qui sont promus - Le Temps
    https://www.letemps.ch/economie/2016/12/15/ne-toujours-plus-competents-promus

    Les lois de Parkinson, de Peter et autres posent enfin la question de la place de la méritocratie dans nos sociétés, ce système sociopolitique dans lequel les pouvoirs sont confiés aux plus qualifiés. Dans S’orienter dans la vie : la sérendipité au travail ?, Francis Danvers rappelle qu’aucune société humaine dans l’histoire n’est véritablement méritocratique.

    Ainsi, en France par exemple, « en dépit de la tyrannie des diplômes pour l’accès aux positions professionnelles les plus élevées dans la hiérarchie sociale, on peut s’apercevoir que le mérite scolaire n’est pas automatiquement reconnu et valorisé dans la vie sociale et professionnelle. » Les amitiés, les affinités électives, la naissance et d’autres critères encore pèsent parfois plus lourds que les études.

    #médiocratie

    • Sur ce thème je mets ici une contribution récupérée sur linkedin, que j’avais trouvée très clairvoyante

      la clarification de la posture et du rôle du manager pour qu’il soit reconnu comme un METIER et non plus comme une fonction

      et encore fonction c’est déjà pas mal. Il faudrait déjà que le terme « manager » ne désigne plus un privilège, ni un statut...

      https://www.linkedin.com/pulse/pourquoi-le-manager-bienveillant-est-il-une-perle-rare-lebeau?trk=hp-feed-

      Nous avons tous connu des expériences « mémorables » avec un manager.

      Deux raisons pouvaient l’expliquer :

      Il / elle n’avait aucun talent pour nous accompagner dans le développement de nos compétences ni pour fédérer l’équipe ;
      Son comportement comme ses manquements entrainaient un besoin sécuritaire de ne plus subir des conséquences nuisibles à notre bonne santé et équilibre entre nos vies professionnelles et personnelles.

      Nous nous sommes donc tous résolus à quitter l’entreprise dans laquelle pourtant, nous serions bien tous restés quelques années supplémentaires…

      … On comprend aisément pourquoi « Plus de 50 % des départs serait dus à une mauvaise relation avec un supérieur »1

      La crise que nous traversons depuis plusieurs années n’a fait qu’apporter un terrain favorable à la brutalisation des rapports interpersonnels.

      Les comportement tyranniques, autoritaires et malveillants se sont développés et concourent à démotiver les individus comme les équipes. Les souffrances psychologiques qui en découlent peuvent être désastreuses.

      Dans cet environnement incertain et complexe mais également peut-être aussi pour se prémunir des Risques Psycho Sociaux (RPS), les entreprises prennent conscience de l’urgence de remettre de l’Humain et de la Bienveillance au cœur de leurs préoccupations, de leurs enjeux et de leurs stratégies.

      Bonne nouvelle me direz-vous !

      Si ces intentions me semblent aller dans la bonne direction, il me semble indispensable aussi que ces intentions soient suivies d’un changement fondamental. Ce dernier concerne la clarification de la posture et du rôle du manager pour qu’il soit reconnu comme un METIER et non plus comme une fonction.

      Ainsi, en remplissant son rôle charnière dans l’organisation, les transformations que nous devons opérer auront bien plus de chance d’aboutir...

      Ainsi, Pourquoi le "Manager bienveillant" est-il une perle rare ?

      –--------------------------- Qu’est-ce qu’un manager bienveillant ? -------------------------

      Plutôt surprenant de qualifier le manager ou management de bienveillant…Ne pouvons-nous pas considérer ce terme comme un pléonasme ?

      A moins qu’il ne s’agisse d’une figure de style où expression collective volontairement utilisée pour justement préciser la posture essentielle et trop souvent absente de ceux qui ont pour objectif d’amener une équipe à atteindre ses objectifs, qu’ils soient qualitatifs ou quantitatifs.

      Partant du principe que la plupart de ce qui se produit tire son origine dans un passé plus ou moins lointain, si cette expression s’est ancré durablement dans les préoccupations de chacun d’entre nous, collaborateur, manager ou dirigeant, il y a bien des raisons à cela… mais lesquelles ?

      Vous avez découvert le dessin de Frédéric Debailleul pour illustrer mon propos et apporter quelques explications qui me sont venues à l’esprit :

      · Un partage d’expériences douloureuses ;

      · Des incompréhensions entre les intentions et les actes ;

      · Des observation de situations ubuesques ;

      · Des fondamentaux de la bienséance qui seraient relayés à un vague souvenir brumeux et lointain…

      Ainsi, dans la continuité de l’article que j’ai écrit précédemment sur les qualités qui pouvaient permettre à un manager de devenir un « bon manager », ne pensez-vous pas que la « bienveillance » n’est juste qu’une qualité intrinsèque, évidente du « bon manager » ?

      Pour ceux qui n’ont pas lu mon précédent article, voici les qualités d’un « bon manager » pour Lori Goler, la Directrice des Ressources Humaines de Facebook :

      · Etre attentif à chaque membre de l’équipe ;

      · Créer des opportunités de croissance ;

      · Donner des explications et fixer des objectifs ;

      · Faire un feedback régulier ;

      · Fournir une aide précieuse ;

      · Rendre l’équipe responsable de sa réussite ;

      · Reconnaître quand le travail est bien fait.

      En fonction des organisations, de leurs contexte, objectifs, culture d’entreprise, activités, posture commerciale et types de business notamment, le contenu opérationnel de la fonction de « manager » peut revêtir une panoplie d’activités différentes.

      Il n’en demeure pas moins certains points communs, lorsqu’on s’intéresse à ces critères évoqués par Directrice des Ressources Humaines de Facebook : l’empathie, l’ouverture aux autres et l’altruisme.

      Alors pourquoi avons-nous trop souvent l’impression que ces éléments de « savoir-être » sont si rares chez nos managers ?

      Un début de réponse pourrait peut-être se trouver dans l’observation terrain de nos différentes expériences.

      –----------------------------Comment devient-on manager ?----------------------

      Si l’on s’intéresse à l’expérience et origine des managers, je vous propose une segmentation des différents types de manager.

      En reconnaissez-vous parmi les 4 ci-dessous ?

      Le "Super Expert" : celle ou celui qui excellait à un poste opérationnel et qui voit son évolution professionnelle passer par la voie « royale » du management. C’est sans compter le principe de PETER expliquant très bien comment chaque employé tend à s’élever à son niveau d’incompétence…
      Le "diplômé / super diplômé" : A l’exception de quelques sociétés, force est de constater qu’en France, nous continuons toujours à accorder autant d’importance au diplôme ou à la Grande Ecole alors qu’in fine, ils ne sont la garantie de réussite dans la vie professionnelle. Nous verrons pourquoi dans quelques lignes.

      "L’opportuniste" : Dans un contexte en transition où l’entreprise doit réagir très vite, suite à un départ précipité d’un manager, une réorganisation, un rachat par exemple, elle se trouve souvent dans une position délicate lorsqu’il s’agit de remplacer un manager. L’opportuniste c’est donc celle ou celui qui va, grâce, le plus souvent à sa proximité avec les « décideurs » bénéficier d’un coup de pouce pour occuper une fonction pour laquelle il ne dispose pas à l’évidence des qualités ou du potentiel de savoir / savoir-être / savoir-faire idéal pour le poste.
      Le "bon" manager : C’est notre perle rare. Nous allons le découvrir plus loin...

      –----------------------- Pourquoi les « bons » managers sont si rares ? ---------------------

      Le manager « Super Expert »

      Prenons l’exemple d’un ingénieur informatique ou télécom.

      Combien d’entre nous qui avons évolué ou évoluons encore dans l’univers des Telecom avons-nous connu de manager "Super Expert" dans un domaine technique mais complètement dépourvu de la moindre empathie ?

      Ce profil de manager dont la tendance naturelle comportementale est l’analytique / Bleu (2) est le plus souvent un expert dans son domaine de compétences. En revanche, lorsqu’il devient responsable d’une équipe, il se retrouve le plus souvent démuni et son manque d’empathie naturelle peu même entraîner des conséquences désastreuses sur la motivation et l’équilibre de son équipe. En effet, il peut ne pas se rendre compte que certains de ses collaborateurs sont en souffrance (burn / bore out) car il ne s’en préoccupe pas. Indépendant et communicant peu, il est orienté vers l’atteinte de l’objectif ou la réalisation opérationnelle d’un projet ou d’une tâche.

      Nous arrivons à la fin de l’année, quelle meilleure occasion pour organiser un déjeuner ou juste prendre un verre avec son équipe ?

      Pour beaucoup, cela paraît évident… Et bien pour lui, l’évidence est souvent ailleurs…

      Le manager "diplômé / super diplômé"

      En France, la réussite scolaire passe par un comportement et une posture gagnante plutôt contraires à ceux qui favorisent la réussite professionnelle d’un individu.

      Par exemple :

      La réussite scolaire est individuelle alors que collective en entreprise ;
      A l’école, on se réfère le plus souvent aux solutions qui ont fait leurs preuves alors que l’expérimentation est favorisée en entreprise voire vitale ;
      Le comportement est individualiste à l’école alors qu’il est coopératif en entreprise ;

      A l’école, l’objectif est de viser l’excellence alors que l’expression "le mieux est l’ennemie du bien" prend tout son sens en entreprise.

      Néanmoins, il y a de l’espoir puisque depuis quelques années, les universités notamment font évoluer le contenu de leurs formations pour le rendre plus adapté au monde de l’entreprise. Les partenariats avec des entreprises, la participation à des concours de vente par exemple renforcent cette dynamique.

      Le manager "opportuniste" : En fonction du contexte et enjeux de sa Direction, de l’entreprise, il peut être acteur ou non de sa mobilité. Ainsi, soit il saisit les opportunités qui s’offrent à lui soit il y accède sans même en avoir fait la demande.

      Quelle que soit l’expérience / origine du manager, parmi ces trois catégories, il y a au moins un point commun. L’avez-vous trouvé ?

      Cela concerne l’accession au poste de manager : Il ne relève le plus souvent pas d’évidentes qualités ou potentiel managériaux. En revanche, ce sont des critères bien plus quantitatifs qui sont souvent retenus et sans lien évident avec l’une des qualités première d’un manager : être tourné vers les autres.

      –--------------------------- Profil du "bon manager" ------------------------------

      Si l’on reprend les qualités du « bon » manager » pour Lori Goler de Facebook, il y 6 éléments fondamentaux de savoir-être :

      · Ouverture aux autres ;

      · Bienveillance ;

      · Assertivité ;

      · Altruisme ;

      · Hônneteté ;

      · Courage.

      –--------------------- Recrutement du « bon » manager--------------------------

      Tout comme dans le recrutement de commerciaux, ingénieurs, comptables ou chefs de projet par exemple, le recrutement d’un manager ne devrait-il pas plus être considéré comme un métier à part entière plutôt qu’un statut ?

      Le profil du "bon" manager

      Pour passer d’une posture opérationnelle à une posture de manager, la clé du succès réside, nous l’avons vu précédemment, dans sa capacité à échanger, fédérer et guider notamment.Alors pourquoi continue-t-on à retrouver des « managers » dont le style social / comportemental est à dominance « Analytique / bleu » (2) avec une adaptabilité proche du néant ?

      Un "bon" manager n’est pas forcément "bon" quelles que soient les circonstances et quels que soient les collaborateurs de son équipe.

      L’importance d’établir son profil comportemental et d’évaluer son niveau d’adaptabilité me paraissent fondamentaux pour recruter Le "Bon" manager, celui qui correspondra au profil recherché.

      Puisqu’il est sensé être en capacité d’adapter son management à chaque membre de l’équipe, de faire un feedback régulier, de donner des explications et de fixer des objectifs, que pensez-vous de l’aider ?

      Ainsi, alors que de nombreux moyens d’accompagnement sont mis en place pour permettre aux opérationnels d’être toujours plus performants, comment l’accompagnement à la prise de poste du manager pourrait-il être pertinent ?

      Selon une étude de Gallup, un manager qui témoigne de la considération, qui propose son aide, est à l’écoute, donne du « feedback », encourage et responsabilise, fait chuter le risque pour ses collaborateurs de désengagement à seulement 1% (au lieu de 70% !)