• Lebanon introduces peer-to-peer renewable energy trading – pv magazine International
    https://www.pv-magazine.com/2024/01/02/lebanon-introduces-peer-to-peer-renewable-energy-trading

    The Lebanese parliament has ratified a new law that allows peer-to-peer renewable energy trading between private sector entities, in addition to enshrining net metering in the country’s legal system for the first time.
    [...]
    Peer-to-peer contracts between buyers and sellers are limited to renewable energy, with a maximum capacity of 10 MW per project. When a buyer and the seller are located on the same or adjacent land plots, peer-to-peer power exchanges can take place without using the national grid of state-owned utility Electricité du Liban (EDL). When projects sell generated electricity far from a production site, power trading must occur through wheeling, using the EDL grid.

    Au Liban, une loi légalise les échanges directs d’énergie (essentiellement de l’électricité produite à partir de panneaux photovoltaïques) entre producteurs privés et consommateurs. Mais en pratique, sa mise en oeuvre requiert que EDL, l’opérateur national, définisse les tarifs d’utilisation des lignes électriques du réseau. Cela devrait être fait sous la houlette d’un régulateur indépendant, qui n’a jamais été nommé.
    Dans de plusieurs cas que je connais Tunisie et Jordanie), ces tarifs sont fixés à un taux très favorables aux producteurs et ne reflétant pas les couts réels des opérateurs. L’encouragement aux producteurs privés a été tellement fort que très vite la capacité du réseau à absorber les productions distribuées, ou décentralisées, s’est trouvée limitée. Seuls les premiers entrants sur le marché ont pu en bénéficier.

    [...]
    Projects that use the wheeling option will also have to pay wheeling fees to EDL. These fees will be determined by Lebanon’s energy regulator, which has not been appointed yet. In addition to lacking a regulator at present, the intermittent operation of Lebanon’s electricity grid could pose another challenge to the implementation of the DRE law.

    El Khoury said that EDL is only supplying electricity today for about six to 10 hours per day. However, he said that “the medium voltage network of EDL is energized all the time, so new peer-to-peer projects could connect to the medium voltage at a first stage. The LCEC estimates that with more solar (and other renewable energy technologies) to be connected to the EDL grid, EDL supply will increase significantly in a relatively short period of time.”

    The new DRE law has also introduced various types of net metering, such as individual net metering, multiple-tenants net metering, collective net metering, and other options.

    Au Liban, un autre problème majeur est que le réseau connait de très fréquentes interruptions, dits délestages. Aujourd’hui, l’alimentation n’est fournie qu’entre 6 à 10 h par jour. Lorsque le réseau ne fonctionne pas, il n’est pas possible d’injecter ni de soutirer du courant, public ou privé... mais dans cet article, Pierre El Khoury le président du LCEC, l’organisation qui assure la promotion des énergies renouvelables au sein du ministère de l’Energie, explique qu’en fait, il est possible d’injecter dans le réseau moyenne tension, et que les abonnés qui soutirent directement sur ce réseau pourront donc bénéficier des nouveaux contrats de pair à pair. Il faut préciser que seuls des usagers industriels ou consommant une très grande quantité, à moyenne tension, sont connectés à ce réseau. Il est loin de desservir toutes les zones, notamment urbaines. Ce n’est donc pas une solution pour une amélioration immédiate de la situation, même si cela fait partie de la solution.

    #Liban #énergie_renouvelable #solaire #pair_à_pair #décentralisation #électricité

  • La Tunisia rifiuta i respingimenti collettivi e le deportazioni di migranti irregolari proposti da #Meloni e #Piantedosi

    1.Il risultato del vertice di Tunisi era già chiaro prima che Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Von del Leyen ed il premier olandese Mark Rutte incontrassero il presidente Saied. Con una operazione di immagine inaspettata, il giorno prima del vertice, l’uomo che aveva lanciato mesi fa la caccia ai migranti subsahariani presenti nel suo paese, parlando addirittura del rischio di sostituzione etnica, si recava a Sfax, nella regione dalla quale si verifica la maggior parte delle partenze verso l’Italia, e come riferisce Il Tempo, parlando proprio con un gruppo di loro, dichiarava : “ Siamo tutti africani. Questi migranti sono nostri fratelli e li rispettiamo, ma la situazione in Tunisia non è normale e dobbiamo porre fine a questo problema. Rifiutiamo qualsiasi trattamento disumano di questi migranti che sono vittime di un ordine mondiale che li considera come ‘numeri’ e non come esseri umani. L’intervento su questo fenomeno deve essere umanitario e collettivo, nel quadro della legge”. Lo stesso Saied, secondo quanto riportato dalla Reuters, il giorno precedente la visita, aggiungeva che di fronte alla crescente mobilità migratoria “La soluzione non sarà a spese della Tunisia… non possiamo essere una guardia per i loro paesi”.

    Alla fine del vertice non c’è stata una vera e propria conferenza stampa congiunta, ma è stata fatta trapelare una Dichiarazione sottoscritta anche da Saied che stabilisce una sorta di roadmap verso un futuro Memorandum d’intesa (MoU) tra la Tunisia e l’Unione europea, che si dovrebbe stipulare entro il prossimo Consiglio europeo dei capi di governo che si terrà a fine giugno. L’Ue e la Tunisia hanno dato incarico, rispettivamente, al commissario europeo per l’Allargamento Oliver Varheliy e al ministro degli Esteri tunisino Nabil Ammar di stilare un memorandum d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU) sul pacchetto di partnership allargata, che dovrebbe essere sottoscritto dalla Tunisia e dall’Ue “prima di fine giugno”. Una soluzione che sa tanto di rinvio, nella quale certamente non si trovano le richieste che il governo Meloni aveva cercato di fare passare, già attraverso il Consiglio dei ministri dell’Unione europea di Lussemburgo, restando poi costretto ad accettare una soluzione di compromesso, che non prevedeva affatto -come invece era stato richiesto- i respingimenti collettivi in alto mare, delegati alla Guardia costiera tunisina, e le deportazioni in Tunisia di migranti irregolari o denegati, dopo una richiesta di asilo, giunti in Italia dopo un transito temporaneo da quel paese.

    Secondo Piantedosi, “la Tunisia è già considerata un Paese terzo sicuro da provvedimenti e atti ufficiali italiani” e “La Farnesina ha già una lista formale di Stati terzi definiti sicuri. Sia in Africa, penso al Senegal, così come nei Balcani”. Bene che nella sua conferenza stampa a Catania, censurata dai media, non abbia citato la Libia, dopo avere chiesto la collaborazione del generale Haftar per bloccare le partenze verso l’Italia. Ma rimane tutto da dimostrare che la Tunisia sia un “paese terzo sicuro”, soprattutto per i cittadini non tunisini, generalmente provenienti dall’area subsahariana, perchè il richiamo strumentale che fa il ministro dell’interno alla lista di “paesi terzi sicuri” approvata con decreti ministeriali ed ampliata nel corso del tempo, riguarda i cittadini tunisini che chiedono asilo in Italia, e che comunque possono fare valere una richiesta di protezione internazionale, non certo i migranti provenienti da altri paesi e transitati in Tunisia, che si vorrebbero deportare senza troppe formalità, dopo procedure rapide in frontiera. Una possibilità che ancora non è concessa allo stato della legislazione nazionale e del quadro normativo europeo (in particolare dalla Direttiva Rimpatri 2008/115/CE), che si dovrebbe comunque modificare prima della entrata in vigore, ammsso che ci si arrivi prima delle prossime elezioni europee, del Patto sulla migrazione e l’asilo recentemente approvato a Lussemburgo.

    La Presidente della Comissione Europea, nella brevissima conferenza stampa tenuta dopo la chiusura del vertice di Tunisi ha precisato i punti essenziali sui quali si dovrebbe trovare un accordo tra Bruxelles e Tunisi, Fondo monetario internazionale permettendo. Von der Leyen ha confermato che la Ue è pronta a mobilitare 900 milioni di euro di assistenza finanziaria per Tunisi. I tempi però non saranno brevi. “La Commissione europea valuterà l’assistenza macrofinanziaria non appena sarà trovato l’accordo (con il Fmi) necessario. E siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo di assistenza macrofinanziaria. Come passo immediato, potremmo fornire subito un ulteriore sostegno al bilancio fino a 150 milioni di euro”. Come riferisce Adnkronos, “Tunisi dovrebbe prima trovare l’intesa con il Fondo Monetario Internazionale su un pacchetto di aiuti, a fronte del quale però il Fondo chiede riforme, che risulterebbero impopolari e che la leadership tunisina esita pertanto ad accollarsi”. Secondo Adnkronos, L’Ue intende “ripristinare il Consiglio di associazione” tra Ue e Tunisia e l’Alto Rappresentante Josep Borrell “è pronto ad organizzare il prossimo incontro entro la fine dell’anno”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen al termine dell’incontro. L’esecutivo comunitario è pronto ad aiutare la Tunisia con un pacchetto basato su cinque pilastri, il principale dei quali è costituito da aiuti finanziari per oltre un miliardo di euro. Il primo è lo sviluppo economico. “Sosterremo la Tunisia, per rafforzarne l’economia. La Commissione Europea sta valutando un’assistenza macrofinanziaria, non appena sarà trovato l’accordo necessario. Siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo. E, come passo immediato, potremmo fornire altri 150 milioni di euro di sostegno al bilancio“. “Il secondo pilastro – continua von der Leyen – sono gli investimenti e il commercio. L’Ue è il principale investitore straniero e partner commerciale della Tunisia. E noi proponiamo di andare oltre: vorremmo modernizzare il nostro attuale accordo commerciale. C’è molto potenziale per creare posti di lavoro e stimolare la crescita qui in Tunisia. Un focus importante per i nostri investimenti è il settore digitale. Abbiamo già una buona base“. Sempre secondo quanto riferito da Adnkronos, “La Commissione Europea sta lavorando ad un memorandum di intesa con la Tunisia nelle energie rinnovabili, campo nel quale il Paese nordafricano ha un potenziale “enorme”, mentre l’Ue ne ha sempre più bisogno, per alimentare il processo di elettrificazione e decarbonizzazione della sua economia, spiega la presidente. L’energia è “il terzo pilastro” del piano in cinque punti che von der Leyen ha delineato al termine della riunione”.

    Quest’anno l’Ue “fornirà alla Tunisia 100 milioni di euro per la gestione delle frontiere, ma anche per la ricerca e il soccorso, la lotta ai trafficanti e il rimpatrio”, annuncia ancora la presidente. Il controllo dei flussi migratori è il quarto pilastro del programma che von der Leyen ha delineato per i rapporti bilaterali tra Ue e Tunisia. Per la presidente della Commissione europea, l’obiettivo “è sostenere una politica migratoria olistica radicata nel rispetto dei diritti umani. Entrambi abbiamo interesse a spezzare il cinico modello di business dei trafficanti di esseri umani. È orribile vedere come mettono deliberatamente a rischio vite umane, a scopo di lucro. Lavoreremo insieme su un partenariato operativo contro il traffico di esseri umani e sosterremo la Tunisia nella gestione delle frontiere”.

    Nel pacchetto di proposte comprese nel futuro Memorandum d’intesa UE-Tunisia, che si dovrebbe sottoscrivere entro la fine di giugno, rientrerebbero anche una serie di aiuti economici all’economia tunisina, in particolare nei settori dell’agricoltura e del turismo, e nuove possibilità di mobilità studentesca, con programmi tipo Erasmus. Nulla di nuovo, ed anche una dotazione finanziaria ridicola, se si pensa ai 200 milioni di euro stanziati solo dall’Italia con il Memorandum d’intesa con la Tunisia siglato da Di Maio per il triennio 2021-2023. Semmai sarebbe interessante sapere come stati spesi quei soldi, visti i risultati sulla situazione dei migranti in transito in Tunisia, nelle politiche di controllo delle frontiere e nei soccorsi in mare.

    2. Non è affatto vero dunque che sia passata la linea dell’Italia per due ragioni fondamentali. L’Italia chiedeva una erogazione immediata degli aiuti europei alla Tunisia e una cooperazione operativa nei respingimenti collettivi in mare ed anche la possibilità di riammissione in Tunisia di cittadini di paesi terzi ( non tunisini) giunti irregolarmente nel nostro territorio, o di cui fosse stata respinta la domanda di protezione nelle procedure in frontiera. Queste richieste della Meloni (e di Piantedosi) sono state respinte, e non rientrano nel Memorandum d’intesa che entro la fine del mese Saied dovrebbe sottoscrivere con l’Unione Europea (il condizionale è d’obbligo).

    Gli aiuti europei sono subordinati all’accettazione da parte di Saied delle condizioni poste dal Fondo Monetario internazionale per l’erogazione del prestito fin qui rifiutato dal presidente. Un prestito che sarebbe condizionato al rispetto di paramentri monetari e di abbattimento degli aiuti pubblici, e forse anche al rispetto dei diritti umani, che in questo momento non sono accettati dal presidente tunisino, ormai di fatto un vero e proprio autocrate. Con il quale la Meloni, ormai lanciata verso il presidenzialismo all’italiana, si riconosce più di quanto non facciano esponenti politici di altri paesi europei. Al punto che persino Mark Rutte, che nel suo paese ha attuato politiche migratorie ancora più drastiche di quelle propagandate dal governo italiano, richiama, alla fine del suo intervento, l’esigenza del rispetto dei diritti umani delle persone migranti, come perno del nuovo Memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Unione Europea.

    Per un altro verso, la “lnea dell’Italia”, dunque la politica dei “respingimenti su delega”, che si vorrebbe replicare con la Tunisia, sul modello di quanto avviene con le autorità libiche, delegando a motovedette, donate dal nostro paese e coordinate anche dall’agenzia europea Frontex, i respingimenti collettivi in acque internazionali, non sembra di facile applicazione per evidenti ragioni geografiche e geopolitiche.

    La Tunisia non e’ la Libia (o la Turchia), le autorità centrali hanno uno scarso controllo dei punti di partenza dei migranti e la corruzione è molto diffusa. Sembra molto probabile che le partenze verso l’Italia continueranno ad aumentare in modo esponenziale nelle prossime settimane. Aumentare le dotazioni di mezi e i supporti operativi in favore delle motovedette tunisine si è già dimostrata una politica priva di efficacia e semmai foriera di stragi in mare. Sulle stragi in mare neppure una parola dopo il vertice di Tunisi. Non è vero che la diminuzione delle partenze dalla Tunisia nel mese di maggio sia conseguenza della politica migratoria del governo Meloni, risultando soltanto una conseguenza di un mese caratterizzato da condizioni meteo particolarmente sfavorevoli, come ha riconosciuto anchel’OIM e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), e come tutti hanno potuto constatare anche in Italia. Vedremo con il ritorno dell’estate se le partenze dalla Tunisia registreranno ancora un calo.

    La zona Sar (di ricerca e salvataggio) tunisina si limita alle acque territoriali (12 miglia dalla costa) ed i controlli affidati alle motovedette tunisine non si possono svolgere oltre. Difficile che le motovedette tunisine si spingano nella zona Sar “libica” o in quella maltese. Continueranno ad intercettare a convenienza, quando i trafficanti non pagheranno abbastanza per corrompere, ed i loro interventi, condotti spesso con modalità di avvicinamento che mettono a rischio la vita dei naufraghi, non ridurranno di certo gli arrivi sulle coste italiane di cittadini tunisini e subsahariani. Per il resto il futuribile Memorandum d’intesa Tunisia-Libia, che ancora e’ una scatola vuota, e che l’Unione europea vincola al rispetto dei diritti umani, dunque anche agli obblighi internazionali di soccorso in mare, non può incidere in tempi brevi sui rapporti bilaterali tra Roma e Tunisi, che sono disciplinati da accordi bilaterali che si dovrebbero modificare successivamente, sempre in conformità con la legislazione ( e la Costituzione) italiana e la normativa euro-unitaria. Dunque non saranno ogettto di nuovi accordi a livello europeo con la Tunisia i respingimenti collettivi vietati dall’art.19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e non si potranno realizzare, come vorrebero la Meloni e Piantedosi, deportazioni in Tunisia di cittadini di altri paesi terzi, peraltro esclusi dai criteri di “connessione” richiesti nella “proposta legislativa” adottata dal Consiglio dei ministri dell’interno di Lussemburgo. E si dovranno monitorare anche i respingimenti di cittadini tunisini in Tunisia, dopo la svolta autoritaria impressa dall’autocrate Saied che ha fatto arrestare giornalisti e sindacalisti, oltre che numerosi membri dei partiti di opposizione. In ogni caso non si dovranno dimenticare le condanne ricevute dall’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, proprio per i respingimenti differiti effettuati ai danni di cittadini tunisini (caso Khlaifia). Faranno morire ancora centinaia di innocenti. Dare la colpa ai trafficanti non salva dal fallimento politico e morale nè l’Unione Europea nè il governo Meloni.

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    Saied, inaccettabili centri migranti in Tunisia

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Il presidente tunisino Kais Saied, nel suo incontro con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen e del primo ministro olandese Mark Rutte “ha fatto notare che la soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile, così come le soluzioni di sicurezza si sono dimostrate inadeguate, anzi hanno aumentato le sofferenze delle vittime della povertà e delle guerre”. Lo si legge in un comunicato della presidenza tunisina, pubblicato al termine dell”incontro. (ANSA).

    2023-06-11 18:59

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    ANSA/Meloni e l”Ue incassano prima intesa ma Saied alza posta

    (dell”inviato Michele Esposito)

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Una visita lampo, una dichiarazione congiunta che potrebbe portare ad un cruciale memorandum d”intesa, un orizzonte ancora confuso dal continuo alzare la posta di Kais Saied. Il vertice tra Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni, Mark Rutte e il presidente tunisino potrebbe segnare un prima e un dopo nei rapporti tra l”Ue e il Paese nordafricano. Al tavolo del palazzo presidenziale di Cartagine, per oltre due ore, i quattro hanno affrontato dossier a dir poco spigolosi, dalla gestione dei migranti alla necessità di un”intesa tra Tunisia e Fmi. La luce verde sulla prima intesa alla fine si è accesa. “E” un passo importante, dobbiamo arrivare al Consiglio europeo con un memorandum già siglato tra l”Ue e la Tunisia”, è l”obiettivo fissato da Meloni, che ha rilanciato il ruolo di prima linea dell”Italia nei rapporti tra l”Europa e la sponda Sud del Mediterraneo. Nel Palazzo voluto dal padre della patria tunisino, Habib Bourguiba, von der Leyen, Meloni e Rutte sono arrivati con l”ideale divisa del Team Europe. I tre, di fatto, hanno rappresentato l”intera Unione sin da quando, a margine del summit in Moldavia della scorsa settimana, è nata l”idea di accelerare sul dossier tunisino. I giorni successivi sono stati segnati da frenetici contatti tra gli sherpa. Il compromesso, iniziale e generico, alla fine è arrivato. L”Ue sborserà sin da subito, e senza attendere il Fondo Monetario Internazionale, 150 milioni di euro a sostegno del bilancio tunisino. E” un primo passo ma di certo non sufficiente per Saied. Sulla seconda parte del sostegno europeo, il pacchetto di assistenza macro-finanziaria da 900 milioni, l”Ue tuttavia non ha cambiato idea: sarà sborsato solo dopo l”intesa tra Saied e l”Fmi. Intesa che appare ancora lontana: poco dopo la partenza dei tre leader europei, la presidenza tunisina ha infatti invitato il Fondo a “rivedere le sue ricette” ed evitare “diktat”, sottolineando che gli aiuti da 1,9 miliardi, sotto forma di prestiti, “non porteranno benefici” alla popolazione. La difficoltà di mettere il punto finale al negoziato tra Ue e Tunisia sta anche in un altro dato: la stessa posizione europea è frutto di un compromesso tra gli Stati membri. Non è un caso, ad esempio, che sia stato Rutte, portatore delle istanze dei Paesi del Nord, a spiegare come la cooperazione tra Ue e Tunisia sulla gestione dei flussi irregolari debba avvenire “in accordo con i diritti umani”. La dichiarazione congiunta, in via generica, fa riferimento ai principali nodi legati ai migranti: le morti in mare, la necessità di aumentare i rimpatri dell”Europa degli irregolari, la lotta ai trafficanti. Von der Leyen ha messo sul piatto sovvenzioni da 100 milioni di euro per sostenere i tunisini nel contrasto al traffico illegale e nelle attività di search & rescue. Meloni, dal canto suo, ha annunciato “una conferenza su migrazione e sviluppo in Italia, che sarà un ulteriore tappa nel percorso del partenariato” tra l”Ue e Tunisi. Saied ha assicurato il suo impegno sui diritti umani e nella chiusura delle frontiere sud del Paese, ma sui rimpatri la porta è aperta solo a quella per i tunisini irregolari. L”ipotesi che la Tunisia, come Paese di transito sicuro, ospiti anche i migranti subsahariani, continua a non decollare. “L”idea, che alcuni sostengono segretamente, che il Paese ospiti centri per i migranti in campo di somme di danaro è disumana e inaccettabile”, ha chiuso Saied. La strada, insomma, rimane in salita. La strategia dell”Ue resta quella adottata sin dalla prima visita di un suo commissario – Paolo Gentiloni – lo scorso aprile: quella di catturare il sì di Saied con una partnership economica ed energetica globale e di lungo periodo, in cui la migrazione non è altro che un ingranaggio. Ma Tunisi, su diritti e rule of law, deve fare di più. “L”Ue vuole investire nella stabilità tunisina. Le difficoltà del suo percorso democratico si possono superare”, ha detto von der Leyen. Delineando la mano tesa dell”Europa ma anche la linea rossa entro la quale va inquadrata la nuova partnership. (ANSA).

    2023-06-11 19:55

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    Statement 11 June 2023 Tunis
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_23_3202)

    European Commission – Statement
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package
    Tunis, 11 June 2023

    Building on our shared history, geographic proximity, and strong relationship, we have agreed towork together on a comprehensive partnership package, strengthening the ties that bind us in a mutually beneficial manner.
    We believe there is enormous potential to generate tangible benefits for the EU and Tunisia. The comprehensive partnership would cover the following areas:

    - Strengthening economic and trade ties ,

    - A sustainable and competitive energy partnership

    - Migration

    - People-to-people contacts

    The EU and Tunisia share strategic priorities and in all these areas, we will gain from working together more closely.
    Our economic cooperation will boost growth and prosperity through stronger trade and investment links, promoting opportunities for businesses including small and medium sized enterprises. Economic support, including in the form of Macro Financial Assistance, will also be considered. Our energy partnership will assist Tunisia with the green energy transition, bringing down costs and creating the framework for trade in renewables and integration with the EU market.
    As part of our joint work on migration, the fight against irregular migration to and from Tunisia and the prevention of loss of life at sea, is a common priority, including fighting against smugglers and human traffickers, strengthening border management, registration and return in full respect of human rights.
    People-to-people contacts are central to our partnership and this strand of work will encompass stronger cooperation on research, education, and culture, as well as developing Talent Partnerships, opening up new opportunities for skills development and mobility, especially for youth.

    Enhanced political and policy dialogue within the EU-Tunisia Association Council before the end of the year will offer an important opportunity to reinvigorate political and institutional ties, with the aim of addressing common international challenges together and preserving the rules-based order.
    We have tasked the Minister of Foreign Affairs, Migration and Tunisians Abroad and the
    Commissioner for Neighbourhood and Enlargement to work out a Memorandum of Understanding on the comprehensive partnership package, to be endorsed by Tunisia and the European Union before the end of June.

    https://www.a-dif.org/2023/06/11/la-tunisia-rifiuta-i-respingimenti-collettivi-e-le-deportazioni-di-migranti-i

    #Tunisie #externalisation #asile #migrations #réfugiés #Memorandum_of_Understanding (#MoU) #Italie #frontières #externalisation_des_frontières #réadmission #accord_de_réadmission #refoulements_collectifs #pays_tiers_sûr #développement #aide_au_développement #conditionnalité_de_l'aide #énergie #énergies_renouvelables

    #modèle_tunisien

    • EU offers Tunisia over €1bn to stem migration

      Brussels proposes €255mn in grants for Tunis, linking longer-term loans of up to €900mn to reforms

      The EU has offered Tunisia more than €1bn in a bid to help the North African nation overcome a deepening economic crisis that has prompted thousands of migrants to cross the Mediterranean Sea to Italy.

      The financial assistance package was announced on Sunday in Tunis after Ursula von der Leyen, accompanied by the prime ministers of Italy and the Netherlands, Giorgia Meloni and Mark Rutte, met with Tunisian president Kais Saied. The proposal still requires the endorsement of other EU governments and will be linked to Tunisian authorities passing IMF-mandated reforms.

      Von der Leyen said the bloc is prepared to mobilise €150mn in grants “right now” to boost Tunisia’s flagging economy, which has suffered from surging commodity prices linked to Russia’s invasion of Ukraine. Further assistance in the form of loans, totalling €900mn, could be mobilised over the longer-term, she said.

      In addition, Europe will also provide €105mn in grants this year to support Tunisia’s border management network, in a bid to “break the cynical business model of smugglers and traffickers”, von der Leyen said. The package is nearly triple what the bloc has so far provided in migration funding for the North African nation.

      The offer of quick financial support is a boost for Tunisia’s embattled president, but longer-term support is contingent on him accepting reforms linked to a $1.9bn IMF package, a move Saied has been attempting to defer until after presidential elections next year.

      Saied has refused to endorse the IMF loan agreement agreed in October, saying he rejected foreign “diktats” that would further impoverish Tunisians. The Tunisian leader is wary of measures such as reducing energy subsidies and speeding up the privatisation of state-owned enterprises as they could damage his popularity.

      Meloni, who laid the groundwork for the announcement after meeting with Saied on Tuesday, has been pushing Washington and Brussels for months to unblock financial aid for Tunisia. The Italian leader is concerned that if the north African country’s economy imploded, it would trigger an even bigger wave of people trying to cross the Mediterranean.

      So far this year, more than 53,000 migrants have arrived in Italy by boat, more than double compared with the same period last year — with a sharp increase in boats setting out from Tunisia one factor behind the surge.

      The agreement was “an important step towards creating a true partnership to address the migration crisis,” Meloni said on Sunday.

      In February, Saied stoked up racist violence against people from sub-Saharan African countries by saying they were part of a plot to change Tunisia’s demographic profile.

      His rhetoric has softened in an apparent bid to improve the image of the deal with the EU. Visiting a camp on Saturday, he criticised the treatment of migrants “as mere numbers”. However, he added, “it is unacceptable for us to play the policeman for other countries”.

      The Tunisian Forum for Economic and Social Rights think-tank criticised the EU’s visit on Sunday as “an attempt to exploit [Tunisia’s] political, economic and social fragility”.

      The financial aid proposal comes days after European governments agreed on a long-awaited migration package that will speed up asylum proceedings and make it easier for member states to send back people who are denied asylum.

      The package also includes proposals to support education, energy and trade relations with the country, including by investing in Tunisia’s renewable energy network and allowing Tunisian students to take part in student exchange programme Erasmus+.

      The presence of the Dutch prime minister, usually a voice for fiscally conservative leaders in the 27-strong bloc, indicated that approval of the package would not be as difficult to achieve as other foreign funding requests. The Netherlands, while not a frontline country like Italy, has also experienced a spike in so-called secondary migration, as many of the people who arrive in southern Europe travel on and apply for asylum in northern countries.

      Calling the talks “excellent”, Rutte said that “the window is open, we all sense there’s this opportunity to foster this relationship between the EU and Tunisia”.

      https://www.ft.com/content/82d6fc8c-ee95-456a-a4e1-8c2808922da3

    • Migrations : les yeux doux de #Gérald_Darmanin au président tunisien

      Pour promouvoir le Pacte sur la migration de l’Union européenne, le ministre de l’Intérieur en visite à Tunis a flirté avec les thèses controversées de Kais Saied, présentant le pays comme une « victime » des flux de réfugiés.

      Quand on sait que l’on n’obtiendra pas ce que l’on désire de son hôte, le mieux est de porter la faute sur un tiers. Le ministre français de l’Intérieur, Gérald Darmanin, a fait sienne cette stratégie durant sa visite dimanche 18 et lundi 19 juin en Tunisie. Et tant pis pour les pays du Sahel, victimes collatérales d’un échec annoncé.

      Accompagné de son homologue allemande, Nancy Faeser, le premier flic de France était en Tunisie pour expliquer au président tunisien Kais Saied le bien-fondé du Pacte sur la migration et l’asile en cours de validation dans l’Union européenne. Tel quel, il pourrait faire de la Tunisie un pays de transit ou d’établissement pour les migrants refoulés au nord de la Méditerranée. La Tunisie n’a jamais accepté officiellement d’être le gardien des frontières de l’Europe, même du temps du précédent président de la République, Béji Caïd Essebsi – officieusement, les gardes-côtes ont intercepté plus de 23 000 migrants de janvier à mai. Ce n’est pas le très panarabisant Kais Saied qui allait céder.

      Surtout que le chef de l’Etat aux méthodes autoritaires avait déjà refusé pareille proposition la semaine dernière, lors de la visite de la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, accompagnée de Giorgia Meloni et Mark Rutte, chefs du gouvernement italien et néerlandais, malgré les promesses de plus d’un milliard d’euros d’aides à long terme (des projets budgétés de longue date pour la plupart). Kais Saied avait encore réitéré son refus au téléphone le 14 juin à Charles Michel, le président du Conseil européen.
      « Grand remplacement »

      Peu de chance donc que Gérald Darmanin et Nancy Faeser, « simples » ministres de l’Intérieur aient plus de succès, bien que leurs pays pèsent « 40 % du budget de l’Union européenne », comme l’a malicieusement glissé le ministre français. Alors pour ne pas repartir complètement bredouille, le locataire de la place Beauvau a promis du concret et flirté avec les thèses très controversées de Kais Saied.

      La France a promis une aide bilatérale de 25,8 millions d’euros pour « acquérir les équipements nécessaires et organiser les formations utiles, des policiers et des gardes-frontières tunisiens pour contenir le flux irrégulier de migrants ». Darmanin a surtout assuré que la Tunisie ne deviendra pas « la garde-frontière de l’Union européenne, ce n’est pas sa vocation ». Au contraire, il a présenté l’ancienne puissance carthaginoise comme une « victime » du flux migratoire.

      « Les Tunisiens qui arrivent de manière irrégulière sur le territoire européen sont une portion très congrue du nombre de personnes qui traversent à partir de la Tunisie la Méditerranée pour venir en Europe. Il y a beaucoup de Subsahariens notamment qui prennent ces routes migratoires », a ajouté le ministre de l’Intérieur français. Un argument martelé depuis des mois par les autorités tunisiennes. Dans un discours reprenant les thèses du « grand remplacement », Kais Saied, le 21 février, avait provoqué une campagne de haine et de violence contre les Subsahariens. Ces derniers avaient dû fuir par milliers le pays. Sans aller jusque-là, Gérald Darmanin a joué les VRP de Kais Saied, déclarant qu’« à la demande de la Tunisie », la France allait jouer de ses « relations diplomatiques privilégiées » avec ces pays (Côte d’Ivoire, Sénégal, Cameroun, notamment) pour « prévenir ces flux ». Si les migrants arrivant par bateaux en Italie sont, pour beaucoup, des Subsahariens – le nombre d’Ivoiriens a été multiplié par plus de 7 depuis le début de l’année par rapport à l’an dernier à la même période –, les Tunisiens demeurent, selon le HCR, la première nationalité (20 %) à débarquer clandestinement au sud de l’Europe depuis 2021.
      Préférence pour Giorgia Meloni

      Gérald Darmanin a quand même soulevé un ancien contentieux : le sort de la vingtaine de Tunisiens radicalisés et jugés dangereux actuellement présents sur le territoire français de façon illégale. Leur retour en Tunisie pose problème. Le ministre français a affirmé avoir donné une liste de noms (sans préciser le nombre) à son homologue tunisien. En attendant de savoir si son discours contribuera à réchauffer les relations avec le président tunisien – ce dernier ne cache pas sa préférence pour le franc-parler de Giorgia Meloni, venue deux fois ce mois-ci – Gérald Darmanin a pu profiter de prendre le café avec Iheb et Siwar, deux Tunisiens réinstallés dans leur pays d’origine via une aide aux retours volontaires mis en place par l’Office français de l’immigration et de l’intégration. En 2022, les Tunisiens ayant eu recours à ce programme étaient… 79. Quand on est envoyé dans une guerre impossible à gagner, il n’y a pas de petite victoire.

      https://www.liberation.fr/international/afrique/migrations-les-yeux-doux-de-gerald-darmanin-au-president-tunisien-2023061
      #Darmanin #France

    • Crisi economica e rimpatri: cosa stanno negoziando Ue e Tunisia

      Con l’economia del Paese nordafricano sempre più in difficoltà, l’intreccio tra sostegno finanziario ed esternalizzazione delle frontiere si fa sempre più stretto. E ora spunta una nuova ipotesi: rimpatriare in Tunisia anche cittadini di altri Paesi

      Durante gli ultimi mesi di brutto tempo in Tunisia, il governo italiano ha più volte dichiarato di aver compiuto «numerosi passi avanti nella difesa dei nostri confini», riferendosi al calo degli arrivi di migranti via mare dal Paese nordafricano. Ora che il sole estivo torna a splendere sulle coste del Sud tunisino, però, le agenzie stampa segnalano un nuovo «aumento delle partenze». Secondo l’Ansa, durante le notti del 18 e 19 giugno, Lampedusa ha contato prima dodici, poi altri quindici sbarchi. Gli arrivi sono stati 18, con 290 persone in totale, anche tra la mezzanotte e le due del 23 giugno. Come accadeva durante i mesi di febbraio e marzo, a raggiungere le coste siciliane sono soprattutto ivoriani, malesi, ghanesi, nigeriani, sudanesi, egiziani. I principali porti di partenza delle persone che raggiungono l’Italia via mare, nel 2023, si trovano soprattutto in Tunisia.

      È durante questo giugno piovoso che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è atterrata a Tunisi non una ma ben due volte, con l’intento di negoziare quello che ha tutta l’aria di uno scambio: un maggior sostegno finanziario al bilancio di una Tunisia sempre più in crisi in cambio di ulteriori azioni di militarizzazione del Mediterraneo centrale. Gli aiuti economici promessi da Bruxelles, necessari perché la Tunisia eviti la bancarotta, sono condizionati alla firma di un nuovo accordo con il Fondo monetario internazionale. Il prezzo da pagare, però, sono ulteriori passi avanti nel processo di esternalizzazione della frontiera dell’Unione europea. Un processo già avviato da anni che, come abbiamo raccontato nelle precedenti puntate di #TheBigWall, si è tradotto in finanziamenti alla Tunisia per un valore di 59 milioni di euro dal 2011 a oggi, sotto forma di una lunga lista di equipaggiamenti a beneficio del ministero dell’Interno tunisino.

      Che l’Italia si stia nuovamente muovendo in questo senso, è stato reso noto dalla documentazione raccolta tramite accesso di richiesta agli atti da IrpiMedia in collaborazione con ActionAid sull’ultimo finanziamento di 12 milioni di euro approvato a fine 2022. A dimostrarlo, è anche l’ultima gara d’appalto pubblicata da Unops, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Servizi di Progetto, che dal 2020 fa da intermediario tra il inistero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale italiano (Maeci) e il ministero dell’Interno tunisino, per la fornitura di sette nuove motovedette, in scadenza proprio a giugno.

      Le motovedette si sommano al recente annuncio, reso noto da Altreconomia a marzo 2023, della fornitura di 100 pick-up Nissan Navara alla Guardia nazionale tunisina. Con una differenza, però: Roma non negozia più da sola con Tunisi, ma si impone come mediatrice tra il Paese nordafricano e l’Unione europea. Secondo le informazioni confidenziali diffuse da una fonte diplomatica vicina ai negoziati Tunisia-Ue, la lista più recente sottoposta dalla Tunisia alla Commissione europea includerebbe anche «droni, elicotteri e nuove motovedette per un totale di ulteriori 200 milioni di euro». Durante la visita del 19 giugno, anche la Francia ha annunciato un nuovo sostegno economico a Tunisi del valore di 26 milioni di euro finalizzato a «contrastare la migrazione».

      Il prezzo del salvataggio dalla bancarotta sono i migranti

      Entro fine giugno è attesa la firma del nuovo memorandum tra Unione europea e Tunisia. Ad annunciarlo è stata la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, arrivata a Tunisi l’11 giugno insieme a Giorgia Meloni e a Mark Rutte, il primo ministro olandese.

      La visita ha fatto seguito al Consiglio dell’Ue, il vertice che riunisce i ministri competenti per discutere e votare proposte legislative della Commissione in cui sono stati approvati alcuni provvedimenti che faranno parte del Patto sulla migrazione e l’asilo. L’intesa, che dovrebbe sostituire anche il controverso Regolamento di Dublino ma deve ancora essere negoziata con l’Europarlamento, si lega alle trattative con la Tunisia. Tra i due dossier esiste un parallelismo tracciato dalla stessa Von Der Leyen che, a seguito del recente naufragio di fronte alle coste greche, ha dichiarato: «Sulla migrazione dobbiamo agire in modo urgente sia sul quadro delle regole che in azioni dirette e concrete. Per esempio, il lavoro che stiamo facendo con la Tunisia per stabilizzare il Paese, con l’assistenza finanziaria e investendo nella sua economia».

      Nel frattempo, in Tunisia, la situazione economica si è fatta sempre più complicata. Il 9 giugno, infatti, l’agenzia di rating Fitch ha declassato il Paese a “-CCC” per quanto riguarda l’indice Idr, Issuer default ratings, ovvero il misuratore della capacità di solvenza di aziende e fondi sovrani. Più è basso, più è alta la possibilità, secondo Fitch, che il Paese (o la società, quando l’indice Idr si applica alle società) possa finire in bancarotta. Colpa principalmente delle trattative fallite tra il governo di Tunisi e il Fondo monetario internazionale (Fmi): ad aprile 2023, il presidente Kais Saied ha rifiutato pubblicamente un prestito da 1,9 miliardi di dollari.

      Principale ragione del diniego tunisino sono stati i «diktat», ha detto Saied il 6 aprile, imposti dal Fmi, cioè una serie di riforme con possibili costi sociali molto alti. Al discorso, sono seguite settimane di insistente lobbying da parte italiana, a Tunisi come a Washington, perché si tornasse a discutere del prestito. Gli aiuti promessi da Von Der Leyen in visita a Tunisi (900 milioni di euro di prestito condizionato, oltre ai 150 milioni di sostegno bilaterale al bilancio) sono infatti condizionati al sì dell’Fmi.

      La Tunisia, quindi, ha bisogno sempre più urgentemente di sostegno finanziario internazionale per riuscire a chiudere il bilancio del 2023 e a rispettare le scadenze del debito pubblico estero. E le trattative per fermare i flussi migratori si intensificano. A giugno 2023, come riportato da AnsaMed, Meloni ha dichiarato di voler «risolvere alla partenza» la questione migranti, proprio durante la firma del Patto sull’asilo a Bruxelles. Finanziamenti in cambio di misure di controllo delle partenze, quindi. Ma di che tipo? Per un’ipotesi che tramonta, un’altra sembra prendere corpo.
      I negoziati per il nuovo accordo di riammissione

      La prima ipotesi è trasformare la Tunisia in un hotspot, una piattaforma esterna all’Unione europea per lo smistamento di chi avrebbe diritto a una forma di protezione e chi invece no. È un’idea vecchia, che compariva già nelle bozze di accordi Ue-Tunisia fermi al 2018, dove si veniva fatto esplicito riferimento ad «accordi regionali di sbarco» tra Paesi a Nord del Mediterraneo e Paesi a Sud, e a «piattaforme di sbarco […] complementari a centri controllati nel territorio Ue». All’epoca, la Tunisia rispose con un secco «no» e anche oggi sembra che l’esito sarà simile. Secondo una fonte vicina alle trattative in corso per il memorandum con l’Ue, «è improbabile che la Tunisia accetti di accogliere veri e propri centri di smistamento sul territorio».

      L’opinione del presidente tunisino Kais Saied, infatti, è ben diversa dai toni concilianti con i quali ha accolto i rappresentanti politici europei, da Meloni ai ministri dell’Interno di Francia (Gérald Darmanin) e Germania (Nancy Faeser), questi ultimi incontrati lo scorso 19 giugno. Saied ha più volte ribadito che «non saremo i guardiani dell’Europa», provando a mantenere la sua immagine pubblica di “anti-colonialista” e sovranista.

      Sotto la crescente pressione economica, esiste comunque la possibilità che il presidente tunisino scenda a più miti consigli e rivaluti l’idea della Tunisia come hotspot. In questo scenario, i Paesi Ue potrebbero rimandare in Tunisia non solo persone tunisine a cui è negata la richiesta d’asilo, ma anche persone di altre nazionalità che hanno qualche tipo di legame (ancora tutto da definire nei dettagli) con la Tunisia. Il memorandum Tunisia-Ue, quindi, potrebbe includere delle clausole relative non solo ai rimpatri dei cittadini tunisini, ma anche alle riammissioni di cittadini di altri Paesi.

      A sostegno di questa seconda ipotesi ci sono diversi elementi. Il primo è un documento della Commissione europea sulla cooperazione estera in ambito migratorio, visionato da IrpiMedia, datato maggio 2022, ma anticipato da una bozza del 2017. Nel documento, in riferimento a futuri accordi di riammissione, si legge che la Commissione avrebbe dovuto lanciare, «entro la fine del 2022», «i primi partenariati con i Paesi nordafricani, tra cui la Tunisia». Il secondo elemento è contenuto nell’accordo raggiunto dal Consiglio sul Patto. Su pressione dell’Italia, la proposta di legge prevede la possibilità di mandare i richiedenti asilo in un Paese terzo considerato sicuro, sulla base di una serie di fattori legati al rispetto dei diritti umani in generale e dei richiedenti asilo più nello specifico.
      I dubbi sulla Tunisia, Paese terzo sicuro

      A marzo 2023 – durante il picco di partenze dalla Tunisia a seguito di un violento discorso del presidente nei confronti della comunità subsahariana nel Paese – la lista dei Paesi di origine considerati sicuri è stata aggiornata, e include ormai non solo la Tunisia stessa, sempre più insicura, come raccontato nelle puntate precedenti, ma anche la Costa d’Avorio, il Ghana, la Nigeria. Che rappresentano ormai le prime nazionalità di sbarco.

      In questo senso, aveva attirato l’attenzione la richiesta da parte delle autorità tunisine a inizio 2022 di laboratori mobili per il test del DNA, utilizzati spesso nei commissariati sui subsahariani in situazione di regolarità o meno. Eppure, nel contesto la situazione della comunità subsahariana nel Paese resta estremamente precaria. Solo la settimana scorsa un migrante di origine non chiara, ma subsahariano, è stato accoltellato nella periferia di Sfax, dove la tensione tra famiglie tunisine in situazioni sempre più precarie e subsahariani continua a crescere.

      Malgrado un programma di ritorno volontario gestito dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), continua a esistere una tendopoli di fronte alla sede dell’organizzazione internazionale. La Tunisia, dove manca un quadro legale sul diritto di asilo che tuteli quindi chi viene riconosciuto come rifugiato da UNHCR, continua a non essersi dotata di una zona Sar (Search & Rescue). Proprio a questo fa riferimento esplicito la bozza del nuovo patto sull’asilo firmato a Bruxelles. Una delle condizioni richieste, allora, potrebbe essere proprio quella di notificare all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) una zona Sar una volta ottenuti tutti gli equipaggiamenti richiesti dal ministero dell’Interno tunisino.

      https://irpimedia.irpi.eu/thebigwall-crisi-economica-rimpatri-cosa-stanno-negoziando-ue-tunisia
      #crise_économique #UE #externalisation

    • Pour garder ses frontières, l’Europe se précipite au chevet de la Tunisie

      Alors que le régime du président #Kaïs_Saïed peine à trouver un accord avec le #Fonds_monétaire_international, la Tunisie voit plusieurs dirigeants européens — notamment italiens et français — voler à son secours. Un « soutien » intéressé qui vise à renforcer le rôle de ce pays comme garde-frontière de l’Europe en pleine externalisation de ses frontières.

      C’est un fait rarissime dans les relations internationales. En l’espace d’une semaine, la présidente du Conseil italien, Giorgia Meloni, aura effectué deux visites à Tunis. Le 7 juin, la dirigeante d’extrême droite n’a passé que quelques heures dans la capitale tunisienne. Accueillie par son homologue Najla Bouden, elle s’est ensuite entretenue avec le président Kaïs Saïed qui a salué, en français, une « femme qui dit tout haut ce que d’autres pensent tout bas ». Quatre jours plus tard, c’est avec une délégation européenne que la présidente du Conseil est revenue à Tunis.

      Accompagnée de la présidente de la Commission européenne #Ursula_von_der_Leyen et du premier ministre néerlandais #Mark_Rutte, Meloni a inscrit à l’agenda de sa deuxième visite les deux sujets qui préoccupent les leaders européens : la #stabilité_économique de la Tunisie et, surtout, la question migratoire, reléguant au second plan les « #valeurs_démocratiques ».

      Un pacte migratoire

      À l’issue de cette rencontre, les Européens ont proposé une série de mesures en faveur de la Tunisie : un #prêt de 900 millions d’euros conditionné à la conclusion de l’accord avec le Fonds monétaire international (#FMI), une aide immédiate de 150 millions d’euros destinée au budget, ainsi que 105 millions pour accroitre la #surveillance_des_frontières. Von der Leyen a également évoqué des projets portant sur l’internet à haut débit et les énergies vertes, avant de parler de « rapprochement des peuples ». Le journal Le Monde, citant des sources bruxelloises, révèle que la plupart des annonces portent sur des fonds déjà budgétisés. Une semaine plus tard, ce sont #Gérald_Darmanin et #Nancy_Faeser, ministres français et allemande de l’intérieur qui se rendent à Tunis. Une #aide de 26 millions d’euros est débloquée pour l’#équipement et la #formation des gardes-frontières tunisiens.

      Cet empressement à trouver un accord avec la Tunisie s’explique, pour ces partenaires européens, par le besoin de le faire valoir devant le Parlement européen, avant la fin de sa session. Déjà le 8 juin, un premier accord a été trouvé par les ministres de l’intérieur de l’UE pour faire évoluer la politique des 27 en matière d’asile et de migration, pour une meilleure répartition des migrants. Ainsi, ceux qui, au vu de leur nationalité, ont une faible chance de bénéficier de l’asile verront leur requête examinée dans un délai de douze semaines. Des accords devront également être passés avec certains pays dits « sûrs » afin qu’ils récupèrent non seulement leurs ressortissants déboutés, mais aussi les migrants ayant transité par leur territoire. Si la Tunisie acceptait cette condition, elle pourrait prendre en charge les milliers de subsahariens ayant tenté de rejoindre l’Europe au départ de ses côtes.

      Dans ce contexte, la question des droits humains a été esquivée par l’exécutif européen. Pourtant, en mars 2023, les eurodéputés ont voté, à une large majorité, une résolution condamnant le tournant autoritaire du régime. Depuis le mois de février, les autorités ont arrêté une vingtaine d’opposants dans des affaires liées à un « complot contre la sûreté de l’État ». Si les avocats de la défense dénoncent des dossiers vides, le parquet a refusé de présenter sa version.

      L’allié algérien

      Depuis qu’il s’est arrogé les pleins pouvoirs, le 25 juillet 2021, Kaïs Saïed a transformé la Tunisie en « cas » pour les puissances régionales et internationales. Dans les premiers mois qui ont suivi le coup de force, les pays occidentaux ont oscillé entre « préoccupations » et compréhension. Le principal cadre choisi pour exprimer leurs inquiétudes a été celui du G 7. C’est ainsi que plusieurs communiqués ont appelé au retour rapide à un fonctionnement démocratique et à la mise en place d’un dialogue inclusif. Mais, au-delà des proclamations de principe, une divergence d’intérêts a vite traversé ce groupement informel, séparant les Européens des Nord-Américains. L’Italie — et dans une moindre mesure la France — place la question migratoire au centre de son débat public, tandis que les États-Unis et le Canada ont continué à orienter leur communication vers les questions liées aux droits et libertés. En revanche, des deux côtés de l’Atlantique, le soutien à la conclusion d’un accord entre Tunis et le FMI a continué à faire consensus.

      La fin de l’unanimité occidentale sur la question des droits et libertés va faire de l’Italie un pays à part dans le dossier tunisien. Depuis 2022, Rome est devenue le premier partenaire commercial de Tunis, passant devant la France. Ce changement coïncide avec un autre bouleversement : la Tunisie est désormais le premier pays de départ pour les embarcations clandestines en direction de l’Europe, dans le bassin méditerranéen. Constatant que la Tunisie de Kaïs Saïed a maintenu une haute coopération en matière de #réadmission des Tunisiens clandestins expulsés du territoire italien, Rome a compris qu’il était dans son intérêt de soutenir un régime fort et arrangeant, en profitant de son rapprochement avec l’Algérie d’Abdelmadjid Tebboune, qui n’a jamais fait mystère de son soutien à Kaïs Saïed. Ainsi, en mai 2022, le président algérien a déclaré qu’Alger et Rome étaient décidées à sortir la Tunisie de « son pétrin ». Les déclarations de ce type se sont répétées sans que les autorités tunisiennes, d’habitude plus promptes à dénoncer toute ingérence, ne réagissent publiquement. Ce n’est pas la première fois que l’Italie et l’#Algérie — liées par un #gazoduc traversant le territoire tunisien — s’unissent pour soutenir un pouvoir autoritaire en Tunisie. Déjà, en 1987, Zine El-Abidine Ben Ali a consulté Rome et Alger avant de déposer le président Habib Bourguiba.

      L’arrivée de Giorgia Meloni au pouvoir en octobre 2022 va doper cette relation. La dirigeante d’extrême droite, élue sur un programme de réduction drastique de l’immigration clandestine, va multiplier les signes de soutien au régime en place. Le 21 février 2023, un communiqué de la présidence tunisienne dénonce les « menaces » que font peser « les hordes de migrants subsahariens » sur « la composition démographique tunisien ». Alors que cette déclinaison tunisienne de la théorie du « Grand Remplacement » provoque l’indignation, — notamment celle de l’Union africaine (UA) — l’Italie est le seul pays à soutenir publiquement les autorités tunisiennes. Depuis, la présidente du Conseil italien et ses ministres multiplient les efforts diplomatiques pour que la Tunisie signe un accord avec le FMI, surtout depuis que l’UE a officiellement évoqué le risque d’un effondrement économique du pays.

      Contre les « diktats du FMI »

      La Tunisie est en crise économique au moins depuis 2008. Les dépenses sociales engendrées par la révolution, les épisodes terroristes, la crise du Covid et l’invasion de l’Ukraine par la Russie n’ont fait qu’aggraver la situation du pays.

      L’accord avec l’institution washingtonienne est un feuilleton à multiples rebondissements. Fin juillet 2021, avant même la nomination d’un nouveau gouvernement, Saïed charge sa nouvelle ministre des Finances Sihem Namsia de poursuivre les discussions en vue de l’obtention d’un prêt du FMI, prélude à une série d’aides financières bilatérales. À mesure que les pourparlers avancent, des divergences se font jour au sein du nouvel exécutif. Alors que le gouvernement de Najla Bouden semble disposé à accepter les préconisations de l’institution financière (restructuration et privatisation de certaines entreprises publiques, arrêt des subventions sur les hydrocarbures, baisse des subventions sur les matières alimentaires), Saïed s’oppose à ce qu’il qualifie de « diktats du FMI » et dénonce une politique austéritaire à même de menacer la paix civile. Cela ne l’empêche pas de promulguer la loi de finances de l’année 2023 qui reprend les principales préconisations de l’institution de Bretton Woods.

      En octobre 2022, un accord « technique » a été trouvé entre les experts du FMI et ceux du gouvernement tunisien et la signature définitive devait intervenir en décembre. Mais cette dernière étape a été reportée sine die, sans aucune explication.

      Ces dissensions au sein d’un exécutif censé plus unitaire que sous le régime de la Constitution de 2014 trouvent leur origine dans la vision économique de Kaïs Saïed. Après la chute de Ben Ali, les autorités de transition ont commandé un rapport sur les mécanismes de corruption du régime déchu. Le document final, qui pointe davantage un manque à gagner (prêts sans garanties, autorisations indument accordées…) que des détournements de fonds n’a avancé aucun chiffre. Mais en 2012, le ministre des domaines de l’État Slim Ben Hmidane a avancé celui de 13 milliards de dollars (11,89 milliards d’euros), confondant les biens du clan Ben Ali que l’État pensait saisir avec les sommes qui se trouvaient à l’étranger. Se saisissant du chiffre erroné, Kaïs Saïed estime que cette somme doit être restituée et investie dans les régions marginalisées par l’ancien régime. Le 20 mars 2022, le président promulgue une loi dans ce sens et nomme une commission chargée de proposer à « toute personne […] qui a accompli des actes pouvant entraîner des infractions économiques et financières » d’investir l’équivalent des sommes indument acquises dans les zones sinistrées en échange de l’abandon des poursuites.

      La mise en place de ce mécanisme intervient après la signature de l’accord technique avec le FMI. Tandis que le gouvernement voulait finaliser le pacte avec Washington, Saïed mettait la pression sur la commission d’amnistie afin que « la Tunisie s’en sorte par ses propres moyens ». Constatant l’échec de sa démarche, le président tunisien a préféré limoger le président de la commission et dénoncer des blocages au sein de l’administration. Depuis, il multiplie les appels à un assouplissement des conditions de l’accord avec le FMI, avec l’appui du gouvernement italien. Le 12 juin 2023, à l’issue d’une rencontre avec son homologue italien, Antonio Tajani, le secrétaire d’État américain Anthony Blinken s’est déclaré ouvert à ce que Tunis présente un plan de réforme révisé au FMI.

      Encore une fois, les Européens font le choix de soutenir la dictature au nom de la stabilité. Si du temps de Ben Ali, l’islamisme et la lutte contre le terrorisme étaient les principales justifications, c’est aujourd’hui la lutte contre l’immigration, devenue l’alpha et l’oméga de tout discours politique et électoraliste dans une Europe de plus en plus à droite, qui sert de boussole. Mais tous ces acteurs négligent le côté imprévisible du président tunisien, soucieux d’éviter tout mouvement social à même d’affaiblir son pouvoir. À la veille de la visite de la délégation européenne, Saïed s’est rendu à Sfax, deuxième ville du pays et plaque tournante de la migration clandestine. Il est allé à la rencontre des populations subsahariennes pour demander qu’elles soient traitées avec dignité, avant de déclarer que la Tunisie ne « saurait être le garde-frontière d’autrui ». Un propos réitéré lors de la visite de Gérald Darmanin et de son homologue allemande, puis à nouveau lors du Sommet pour un nouveau pacte financier à Paris, les 22 et 23 juin 2023.

      https://orientxxi.info/magazine/pour-garder-ses-frontieres-l-europe-se-precipite-au-chevet-de-la-tunisie

    • Perché oggi Meloni torna in Tunisia

      È la terza visita da giugno: l’obiettivo è un accordo per dare al paese aiuti economici europei in cambio di più controlli sulle partenze di migranti

      Nella giornata di domenica è previsto un viaggio istituzionale in Tunisia della presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, insieme alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e al primo ministro olandese #Mark_Rutte. Per Meloni è la terza visita in Tunisia in poco più di un mese: era andata da sola una prima volta il 6 giugno, e poi già insieme a von der Leyen e Rutte l’11 giugno.

      Il motivo delle visite è stata una serie di colloqui con il presidente tunisino, l’autoritario Kais Saied, per firmare un “memorandum d’intesa” tra Unione Europea e Tunisia che ha l’obiettivo di fornire un aiuto finanziario al governo tunisino da circa un miliardo di euro. Questi soldi si aggiungerebbero al prestito del Fondo Monetario Internazionale (#FMI) da 1,7 miliardi di euro di cui si parla da tempo e che era stato chiesto dalla Tunisia per provare a risolvere la sua complicata situazione economica e sociale.

      Il memorandum, di cui non sono stati comunicati i dettagli, secondo fonti a conoscenza dei fatti impegnerebbe la Tunisia ad applicare alcune riforme chieste dall’FMI, e a collaborare maggiormente nel bloccare le partenze di migranti e richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Italia via mare.

      Nell’incontro dell’11 giugno le discussioni non erano andate benissimo, e avevano portato solo alla firma di una dichiarazione d’intenti. La visita di domenica dovrebbe invece concludersi con una definizione degli accordi, almeno nelle intenzioni dei leader europei. «Speriamo di concludere le discussioni che abbiamo iniziato a giugno», aveva detto venerdì la vice portavoce della Commissione Europea Dana Spinant annunciando il viaggio di domenica.

      Il memorandum d’intesa prevede che l’Unione Europea offra alla Tunisia aiuti finanziari sotto forma di un prestito a tassi agevolati di 900 milioni di euro – da erogare a rate nei prossimi anni – oltre a due contributi a fondo perduto rispettivamente da 150 milioni di euro, come contributo al bilancio nazionale, e da 100 milioni di euro per impedire le partenze delle imbarcazioni di migranti. Quest’ultimo aiuto di fatto replicherebbe su scala minore quelli dati negli anni scorsi a Libia e Turchia affinché impedissero con la forza le partenze di migranti e richiedenti asilo.

      Dell’accordo si è parlato molto criticamente nelle ultime settimane per via delle violenze in corso da tempo nel paese, sia da parte della popolazione locale che delle autorità, nei confronti dei migranti subsahariani che transitano nel paese nella speranza di partire via mare verso l’Europa (e soprattutto verso l’Italia). Da mesi il presidente Kais Saied – che negli ultimi tre anni ha dato una svolta autoritaria al governo del paese – sta usando i migranti come capro espiatorio per spiegare la pessima situazione economica e sociale in cui si trova la Tunisia.

      Ha più volte sostenuto che l’immigrazione dai paesi africani faccia parte di un progetto di «sostituzione demografica per rendere la Tunisia un paese unicamente africano, che perda i suoi legami con il mondo arabo e islamico». Le sue parole hanno causato reazioni razziste molto violente da parte di residenti e polizia nei confronti dei migranti, con arresti arbitrari e varie aggressioni. L’ultimo episodio è stato segnalato all’inizio di luglio, quando le forze dell’ordine tunisine hanno arrestato centinaia di migranti provenienti dall’Africa subsahariana e li hanno portati con la forza in una zona desertica nell’est del paese al confine con la Libia.

      https://www.ilpost.it/2023/07/16/tunisia-meloni

    • Firmato a Tunisi il memorandum d’intesa tra Tunisia e Ue, Meloni: «Compiuto passo molto importante»

      Saied e la delegazione Ue von der Leyen, Meloni e #Rutte siglano il pacchetto complessivo di 255 milioni di euro per il bilancio dello Stato nordafricano e per la gestione dei flussi migratori. 5 i pilastri dell’intesa

      E’ stato firmato il Memorandum d’intesa per una partnership strategica e globale fra Unione europea e Tunisia. L’Ue ha diffuso il video della cerimonia di firma, alla quale erano presenti la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il premier dell’Olanda Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied. Al termine della cerimonia di firma è iniziato l’incontro fra i tre leader europei e Saied, a seguito del quale sono attese dichiarazioni alla stampa. L’incontro si svolge nel palazzo presidenziale tunisino di Cartagine, vicino Tunisi. Per raggiungere questo obiettivo Bruxelles ha proposto un pacchetto di aiuti (150 milioni a sostegno del bilancio dello Stato e 105 milioni come supporto al controllo delle frontiere), su cui era stato avviato un negoziato.

      «Il Team Europe torna a Tunisi. Eravamo qui insieme un mese fa per lanciare una nuova partnership con la Tunisia. E oggi la portiamo avanti». Lo scrive sui social la Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, postando foto con lei, Meloni, Rutte e Saied.

      E nella conferenza stampa congiunta con Saied, Meloni e Rutte la presidente ha affermato che la Ue coopererà con la Tunisia contro i trafficanti di migranti.

      «Abbiamo raggiunto un obiettivo molto importante che arriva dopo un grande lavoro diplomatico. Il Memorandum è un importante passo per creare una vera partnership tra l’Ue e la Tunisia». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al termine dell’incontro con Kais Saied nel palazzo di Cartagine. L’intesa va considerata «un modello» perle relazioni tra l’Ue e i Paesi del Nord Africa.

      L’obiettivo iniziale era di firmare un Memorandum d’intesa entro lo scorso Consiglio europeo, del 29 e 30 giugno, ma c’è stato uno slittamento. L’intesa con l’Europa, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe anche facilitare lo sblocco del finanziamento del Fondo monetario internazionale da 1,9 miliardi al momento sospeso, anche se in questo caso la trattativa è tutta in salita.

      Anche oggi, nel giorno della firma del Memorandum di Intesa tra Unione europea e Tunisia, a Lampedusa - isola simbolo di migrazione e di naufragi - sono sbarcati in 385 (ieri quasi mille). L’obiettivo dell’accordo voluto dalla premier Meloni e il presidente Saied è soprattutto arginare il flusso incontrollato di persone che si affidano alla pericolosa via del mare per approdare in Europa. Un problema che riguarda i confini esterni meridionali dell’Unione europea, come ha sempre sottolineato la presidente del Consiglio, che oggi arriverà a Tunisi per la seconda volta, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e con il collega olandese Mark Rutte.

      Le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni

      «Oggi abbiamo raggiunto un risultato estremamente importante, il memorandum firmato tra Tunisia e Ue è un ulteriore passo verso la creazione di un vero partenariato che possa affrontare in modo integrato la crisi migratoria e lo sviluppo per entrambe le sponde del Mediterraneo».

      Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel punto stampa dopo la firma del Memorandum.

      «Il partenariato con la Tunisia- ha aggiunto Meloni- rappresenta per noi un modello per costruire nuove relazioni con i vicini del Nord Africa. Il memorandum è un punto di partenza al quale dovranno conseguire diversi accordi per mettere a terra gli obiettivi che ci siamo dati».

      Infine la presidente del Consiglio ha ricordato che «domenica prossima 23 luglio a Roma ci sarà la conferenza internazionale sull’immigrazione che avrà come protagonista il presidente Saied e con lui diversi capi di Stato e governo dei paesi mediterranei. E’ un altro importante passo per affrontare la cooperazione mediterranea con un approccio integrato e io lo considero come l’inizio di un percorso che può consentire una partnership diversa da quella che abbiamo avuto nel passato».

      Le dichiarazioni della Presidente della Commisisone Europea

      Per Ursula Von der Leyen l’accordo odierno è «un buon pacchetto di misure», da attuare rapidamente «in entrambe le sponde del Mediterraneo» ma ha anche precisato che «L’ assistenza macrofinanziaria sarà fornita quando le condizioni lo permetteranno».

      La Presidente ha elencato i 5 pilastri del Memorandum con la Tunisia:

      1) creare opportunità per i giovani tunisini. Per loro «ci sarà una finestra in Europa con l’#Erasmus». Per le scuole tunisine stanziati 65 milioni;

      2) sviluppo economico della Tunisia. La Ue aiuterà la crescita e la resilienza dell’economia tunisina;

      3) investimenti e commercio: "La Ue è il più grande partner economico della Tunisia. Ci saranno investimenti anche per migliorare la connettività della Tunisia, per il turismo e l’agricoltura. 150 milioni verranno stanziati per il ’#Medusa_submarine_cable' tra Europa e Tunisia;

      4) energia pulita: la Tunisia ha «potenzialità enormi» per le rinnovabili. L’ Europa ha bisogno di «fonti per l’energia pulita. Questa è una situazione #win-win. Abbiamo stanziato 300 milioni per questo progetto ed è solo l’inizio»;

      5) migranti: «Bisogna stroncare i trafficanti - dice Von der Leyen - e distruggere il loro business». Ue e Tunisia coordineranno le operazioni Search and Rescue. Per questo sono stanziati 100 milioni di euro.

      Le dichiarazioni del Presidente Kais Saied

      «Dobbiamo trovare delle vie di collaborazione alternative a quelle con il Fondo Monetario Internazionale, che è stato stabilito dopo la seconda Guerra mondiale. Un regime che divide il mondo in due metà: una metà per i ricchi e una per i poveri eche non doveva esserci». Lo ha detto il presidente tunisino Kais Saied nelle dichiarazioni alla stampa da Cartagine.

      «Il Memorandum dovrebbe essere accompagnato presto da accordi attuativi» per «rendere umana» la migrazione e «combattere i trafficanti. Abbiamo oggi un’assoluta necessità di un accordo comune contro la migrazione irregolari e contro la rete criminale di trafficanti».

      «Grazie a tutti e in particolare la premier Meloni per aver risposto immediatamente all’iniziativa tunisina di organizzare» un vertice sulla migrazione con i Paesi interessati.

      https://www.rainews.it/articoli/2023/07/memorandum-dintesa-tra-unione-europea-e-tunisia-la-premier-meloni-von-der-le
      #memorandum_of_understanding #développement #énergie #énergie_renouvelable #économie #tourisme #jeunes #jeunesse #smugglers #traficants_d'êtres_humains #aide_financière

    • La Tunisie et l’Union européenne signent un partenariat sur l’économie et la politique migratoire

      La présidente de la Commission européenne s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant cinq piliers dont l’immigration irrégulière. La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants vers l’Europe.

      L’Union européenne (UE) et la Tunisie ont signé dimanche 16 juillet à Tunis un protocole d’accord pour un « partenariat stratégique complet » portant sur la lutte contre l’immigration irrégulière, les énergies renouvelables et le développement économique de ce pays du Maghreb. La présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant « cinq piliers », dont les questions migratoires.

      La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants qui traversent la Méditerranée vers l’Europe. Les chefs de gouvernement italien, Giorgia Meloni, et néerlandais, Mark Rutte, accompagnaient la dirigeante européenne après une première visite il y a un mois, pendant laquelle ils avaient proposé ce partenariat.

      Il s’agit « d’une nouvelle étape importante pour traiter la crise migratoire de façon intégrée », a dit Mme Meloni, qui a invité le président tunisien, Kais Saied, présent à ses côtés, à participer dimanche à Rome à un sommet sur les migrations. Celui-ci s’est exprimé à son tour pour insister sur le volet de l’accord portant sur « le rapprochement entre les peuples ».

      « Nouvelles relations avec l’Afrique du Nord »

      Selon Mme Meloni, le partenariat entre la Tunisie et l’UE « peut être considéré comme un modèle pour l’établissement de nouvelles relations avec l’Afrique du Nord ». M. Rutte a pour sa part estimé que « l’accord bénéficiera aussi bien à l’Union européenne qu’au peuple tunisien », rappelant que l’UE est le premier partenaire commercial de la Tunisie et son premier investisseur. Sur l’immigration, il a assuré que l’accord permettra de « mieux contrôler l’immigration irrégulière ».

      L’accord prévoit une aide de 105 millions d’euros pour lutter contre l’immigration irrégulière et une aide budgétaire de 150 millions d’euros alors que la Tunisie est étranglée par une dette de 80 % de son produit intérieur brut (PIB) et est à court de liquidités. Lors de sa première visite, la troïka européenne avait évoqué une « assistance macrofinancière de 900 millions d’euros » qui pouvait être fournie à la Tunisie sous forme de prêt sur les années à venir.

      Mme von der Leyen a affirmé dimanche que Bruxelles « est prête à fournir cette assistance dès que les conditions seront remplies ». Cette « assistance » de l’UE est conditionnée à un accord entre la Tunisie et le Fonds monétaire international (FMI) pour un nouveau crédit du Fonds, un dossier qui est dans l’impasse depuis des mois.

      https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/07/16/la-tunisie-et-l-union-europeenne-signent-un-partenariat-sur-l-economie-et-la

    • Les députés reprochent à la Commission européenne d’avoir signé un accord avec un « cruel dictateur » tunisien

      Des eurodéputés ont dénoncé mardi le protocole d’accord signé par l’UE avec la Tunisie.

      L’accord a été conclu dimanche après une réunion à Tunis entre le président tunisien Kaïs Saïed et la présidente de la Commission européenne Ursula von der Leyen, accompagnée de la Première ministre italienne Giorgia Meloni et du Premier ministre néerlandais Mark Rutte.

      Le texte, qui doit encore être précisé, prévoit l’allocation d’au moins 700 millions d’euros de fonds européens, dont certains sous forme de prêts, dans le cadre de cinq piliers : la stabilité macroéconomique, l’économie et le commerce, la transition verte, les contacts interpersonnels et les migrations.

      Ursula von der Leyen a présenté le mémorandum comme un « partenariat stratégique et global ». Mais les eurodéputés ont adopté un point de vue très critique sur la question. Ils dénoncent les contradictions entre les valeurs fondamentales de l’Union européenne et le recul démocratique en cours en Tunisie. Ils ont également déploré l’absence de transparence démocratique et de responsabilité financière.

      La figure de Kaïs Saïed, qui a ouvertement diffusé des récits racistes contre les migrants d’Afrique subsaharienne a fait l’objet des reproches de la part des parlementaires.

      https://twitter.com/sylvieguillaume/status/1681221845830230017

      « Il est très clair qu’un accord a été conclu avec un dictateur cruel et peu fiable », a dénoncé Sophie in ’t Veld (Renew Europe). « Le président Saïed est un dirigeant autoritaire, ce n’est pas un bon partenaire, c’est un dictateur qui a augmenté le nombre de départs ».

      S’exprimant au nom des sociaux-démocrates (S&D), Birgit Sippel a accusé les autorités tunisiennes d’abandonner les migrants subsahariens dans le désert « sans nourriture, sans eau et sans rien d’autre », un comportement qui a déjà été rapporté par les médias et les organisations humanitaires.

      « Pourquoi la Tunisie devrait-elle soudainement changer de comportement ? Et qui contrôle l’utilisation de l’argent ? » interroge Birgit Sippel, visiblement en colère.

      « Nous finançons à nouveau un autocrate sans contrôle politique et démocratique au sein de cette assemblée. Ce n’est pas une solution. Cela renforcera un autocrate en Tunisie », a-t-elle ajouté.

      https://twitter.com/NatJanne/status/1680982627283509250

      En face, la Commissaire européenne en charge des Affaires intérieures Ylva Johansson, a évité toute controverse et a calmement défendu le mémorandum UE-Tunisie. La responsable suédoise a souligné que le texte introduit des obligations pour les deux parties.

      « Il est clair que la Tunisie est sous pression. Selon moi, c’est une raison de renforcer et d’approfondir la coopération et d’intensifier le soutien à la Tunisie », a-t-elle répondu aux députés européens.

      Selon Ylva Johansson, 45 000 demandeurs d’asile ont quitté la Tunisie cette année pour tenter de traverser la « route très meurtrière » de la Méditerranée centrale. Cette « augmentation considérable » suggère un changement du rôle de la Tunisie, de pays d’origine à pays de transit, étant donné que « sur ces 45 000, seuls 5 000 étaient des citoyens tunisiens ».

      « Il est très important que notre objectif principal soit toujours de sauver des vies, d’empêcher les gens d’entreprendre ces voyages qui finissent trop souvent par mettre fin à leur vie, c’est une priorité », a poursuivi la Commissaire.

      Les députés se sont concentrés sur les deux enveloppes financières les plus importantes de l’accord : 150 millions d’euros pour l’aide budgétaire et 105 millions d’euros pour la gestion des migrations, qui seront toutes les deux déboursées progressivement. Certains eurodéputés ont décrit l’aide budgétaire, qui est censée soutenir l’économie fragile du pays, comme une injection d’argent dans les coffres privés de Kaïs Saïed qui serait impossible à retracer.

      « Vous avez financé un dictateur qui bafoue les droits de l’homme, qui piétine la démocratie tunisienne que nous avons tant soutenue. Ne nous mentez pas ! », s’est emporté Mounir Satouri (les Verts). « Selon nos analyses, les 150 et 105 millions d’euros sont une aide au Trésor (tunisien), un versement direct sur le compte bancaire de M. Kaïs Saïed ».

      https://twitter.com/alemannoEU/status/1680659154665340928

      Maria Arena (S&D) a reproché à la Commission européenne de ne pas avoir ajouté de dispositions supplémentaires qui conditionneraient les paiements au respect des droits de l’homme.

      « Nous donnons un chèque en blanc à M. Saïed, qui mène actuellement des campagnes racistes et xénophobes, soutenues par sa police et son armée », a déclaré l’eurodéputée belge.

      « Croyez-vous vraiment que M Saïed, qui a révoqué son parlement, qui a jeté des juges en prison, qui a démissionné la moitié de sa juridiction, qui interdit maintenant aux blogueurs de parler de la question de l’immigration et qui utilise maintenant sa police et son armée pour renvoyer des gens à la frontière (libyenne), croyez-vous vraiment que M. Saïed va respecter les droits de l’homme ? Madame Johansson, soit vous êtes naïve, soit vous nous racontez des histoires ».

      Dans ses réponses, Ylva Johansson a insisté sur le fait que les 105 millions d’euros affectés à la migration seraient « principalement » acheminés vers des organisations internationales qui travaillent sur le terrain et apportent une aide aux demandeurs d’asile, comme l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), bien qu’elle ait admis que certains fonds seraient en fait fournis aux agents tunisiens sous la forme de navires de recherche et de sauvetage et de radars.

      https://twitter.com/vonderleyen/status/1680626156603686913

      « Permettez-moi d’insister sur le fait que la Commission européenne, l’UE, n’est pas impliquée dans le refoulement de ressortissants de pays tiers vers leur pays d’origine. Ce que nous faisons, c’est financer, par l’intermédiaire de l’OIM, les retours volontaires et la réintégration des ressortissants de pays tiers », a souligné la Commissaire.

      « Je ne suis pas d’accord avec la description selon laquelle la Tunisie exerce un chantage. Je pense que nous avons une bonne coopération avec la Tunisie, mais il est également important de renforcer cette coopération et d’augmenter le soutien à la Tunisie. Et c’est l’objectif de ce protocole d’accord ».

      https://fr.euronews.com/my-europe/2023/07/18/les-deputes-reprochent-a-la-commission-europeenne-davoir-signe-un-accor

  • Collision entre un cargo et une éolienne en mer du Nord

    Un accident s’est produit en mer du Nord entre le cargo Petra L, sous pavillon d’Antigua-et-Barbuda, et une éolienne du parc Gode wind 1 en mer du Nord allemande. L’événement a été découvert lorsque le navire s’est présenté à l’entrée du port d’Emden, en Allemagne.

    Le cargo « Petra L » est arrivé au port d’Emden avec un trou de 15 m² dans sa coque. (Photo : Wasserschutzpolizei)

    Photp => https://lemarin.ouest-france.fr/sites/default/files/styles/full/public/2023/04/27/credit_wasserschutzpolizei.jpg

    Source : https://lemarin.ouest-france.fr/secteurs-activites/energies-marines/collision-entre-un-cargo-et-une-eolienne-en-mer-du-nord-47214

    #énergie #éoliennes #électricité #éoliennes_industrielles #énergie_éolienne #éolien #écologie #environnement #éolienne #énergie_renouvelable #climat #critique_techno #pollution #mer_du_nord

  • Eolien en mer du Nord : neuf pays européens se réunissent pour le développer
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/04/24/eolien-en-mer-du-nord-neuf-pays-europeens-se-reunissent-pour-le-developper_6

    Un sommet réunit, lundi 24 avril en Belgique, neuf pays d’#Europe pour sceller leur ambition commune de décupler leurs capacités d’#éoliennes en #mer_du_Nord, un défi industriel colossal pour accélérer la décarbonation du continent.

    [...] « Ensemble, l’ambition est d’environ 300 gigawatts [GW] d’ici 2050 », a affirmé M. De Croo. C’est dix fois plus que les capacités actuellement installées [25 GW]. L’objectif pour 2030 est au moins de quadrupler [120 GW] le parc actuel, a-t-il ajouté.

    Si le Royaume-Uni compte 14 GW d’éolien en mer et l’Allemagne 8 GW, les capacités du Danemark, de la Belgique et des Pays-Bas s’établissent entre 2 et 3 GW, et celles de la France et de la Norvège à environ 0,5 GW. « Les ordres de grandeur sont gigantesques (…). Chez nous comme chez nos voisins, l’éolien en mer sera vraisemblablement entre 2030 et 2050 la principale source de production d’#énergie_renouvelable, loin devant le solaire et l’éolien terrestre », observe-t-on à l’Elysée. La France vise 40 GW d’éolien offshore en service en 2050 sur l’ensemble des côtes.

    [...] L’industrie européenne devrait ainsi fabriquer d’ici cinq ans l’équivalent de 20 GW d’éoliennes offshore par an, contre une capacité d’environ 7 actuellement, au risque d’usines saturées et de goulots d’étranglement sur les composants. Le coût total s’annonce colossal : fin 2020, Bruxelles chiffrait à 800 milliards d’euros les besoins d’investissements si l’UE seule visait 300 GW d’éolien offshore d’ici 2050.

    L’une des difficultés, pour atteindre cet objectif, est la dépendance européenne aux importations de composants critiques (terres rares…), notamment de Chine.

  • Installations photovoltaïques mises hors réseau… à cause du soleil  Antonin Marsac - La Libre Eco

    Le retour du beau temps implique le retour des problèmes de surtension sur le réseau électrique. Les détenteurs de panneaux photovoltaïques déchantent. Encore ?

    Alors que le soleil perce les nuages et chauffe les toitures du pays, les citoyens qui ont installé des panneaux pourraient encore être “pénalisés”. Pourquoi ? Car en cas de fort ensoleillement – et nous ne sommes qu’au début du mois d’avril -, la production des milliers de panneaux du pays génère une surtension sur le “réseau basse tension” (soit le réseau 230 volts utilisé par l’ensemble des Belges). Et pour éviter une surtension trop importante, ces mêmes panneaux sont équipés d’onduleurs qui les “décrochent” du réseau le temps que l’offre et la demande se rééquilibrent.

    ”Le problème, c’est que le réseau est construit depuis des décennies sur le modèle du ’download’ et non de l’inverse. Aujourd’hui, il y a 230 000 installations en Wallonie et il y en aura 250 000 d’ici la fin de l’année. Le réseau doit pouvoir absorber cette production. Aujourd’hui, des villages entiers ne produisent plus rien entre 11h et 14h30”, avance Régis François, de l’association Beprosumer, à cause de la surproduction lors du pic d’ensoleillement.

    ”Il y a trop d’installations par rapport à la mise à jour de la capacité du réseau, au niveau des cabines, des câbles, et des capacités d’absorption en cas de surproduction” , renchérit-il.

    Peut-on dire pour autant qu’il y a trop d’installations, alors que les volontés de souveraineté énergétique les justifient ? Une réponse nuancée est nécessaire. Le problème de surtension dépend des zones dans le pays, s’il y a des éoliennes, une consommation relativement basse ou non dans les localités, et si la production nucléaire nationale est à son maximum.

    Mais ce qui agace Régis François, c’est que les panneaux soient les premiers “déconnectés”, grâce aux onduleurs. On pourrait penser que c’est pourtant la solution la plus simple : une mise hors réseau automatique, qui se déroule en cas de surtension, sans intervention humaine. “Mais cela laisse une surtension potentielle jusqu’à 10 % sur les réseaux, soit jusqu’à 253 volts, puisque c’est la marge que laissent ces onduleurs avant le décrochage. Ça peut abîmer les appareils électroniques. Et de toute façon, les panneaux photovoltaïques ont une priorité au niveau de l’injection d’électricité sur le réseau, en théorie. Et on veut que cette priorité soit respectée” , avance Régis François.

    ”Le propriétaire de panneaux est appâté mais piégé”
    Il faut dire que les détenteurs de panneaux, avec le tarif prosumer (le coût pour prélever de l’électricité sur le réseau) et les déboires des certificats verts, ont l’habitude des mauvaises nouvelles. “Clairement, le propriétaire de panneaux est appâté à court terme. Mais on le tue dès qu’il commence à s’engraisser. Le piège se referme” , déplore le président de l’association.

    ”Il faut que les autorités investissent dans le réseau, mettent des incitants, comme en Flandre, pour favoriser le stockage via des batteries domestiques. On peut également encourager le déplacement de charge. Pousser à ce que les gens fassent tourner leurs lave-vaisselles et machines à laver pendant les pics de production, soit entre 11h et 14h30.”

    Ce qui sonne la fin des compteurs bi-horaire, ceux-ci poussant à consommer et faire tourner ses machines la nuit ? “Oui. La stratégie doit être revue et elle le sera pour tout le monde. Ce qui va signer l’arrêt de mort des compteurs bi-horaire, d’ici 2024 ou 2025” , lance-t-il. Cette proposition est d’ailleurs dans les cartons, au niveau wallon.

    ”Le socle de stabilité, c’est le nucléaire”, reconnaît également le président de l’association. “La promotion des énergies renouvelables, c’est très bien. Mais bon sang, ayons une vision claire de la politique !” , lance-t-il. “Aujourd’hui, il n’y a rien de pire que la politique énergétique wallonne” , tacle encore Régis François.

    Des chiffres du nombre de personnes pénalisées ?
    C’est le grand problème : les gestionnaires de réseau n’ont pas de cadastre des installations mises hors réseau. C’est d’ailleurs pour cela que l’association Beprosumer, apprend-on justement en contactant son président à ce sujet, a mis en place une carte de Wallonie reprenant les déclarations anonymisées des citoyens qui constatent cette mise hors réseau automatique. Une communication au grand public doit être faite à ce sujet cette semaine.

    ”C’est un problème récurrent. Les installations ’décrochent’ depuis déjà 7 ou 8 ans. Il faut que le politique réagisse !”, termine Régis François.

    Source : https://www.lalibre.be/economie/mes-finances/2023/04/03/installations-photovoltaiques-mises-hors-reseau-a-cause-du-soleil-aujourdhui

    #énergie #photovoltaïque #électricité #écologie #solaire #nucléaire #transition_énergétique #environnement #économie #énergies_renouvelables #énergie_solaire #pollution #énergie_renouvelable #panneaux_solaires #agrivoltaïsme

    • Et quand le vent est un peu fort, les éoliennes sont débrayées.

      Stocker l’électricité en batterie aux moments ensoleillés, ou venteux, il faudrait que les batteries existent.
      Le cout de ces batteries est de plusieurs fois le PIB de chaque pays.

      Surtout, ne pas réfléchir ou faire un calcul simple. Cela contrarierai la #doxa.

    • Consultation populaire sur l’éolien dans l’Aisne : un raz de marée de non, Remi Vivenot

      La consultation populaire non officielle organisée dimanche 2 avril par 17 communes de l’Aisne sur l’implantation d’éoliennes dans leur secteur s’est soldée par un score de 87% de non. Un résultat net. Pour autant, la participation annoncée est plus nuancée.

      87% de non à l’implantation d’éoliennes contre 13% de oui. C’est le résultat annoncé par les 17 communes de l’Aisne organisatrices de la consultation par les maires dans un périmètre géographique allant de Fismes aux confins de la Marne jusqu’au Tardenois. Le résultat semble donc sans appel atteignant des pointes allant jusqu’à 100% de non dans le village de Dhuizel par exemple.

      Pour Patrick Fillioud, maire (divers) de Bruys, un des principaux organisateurs de cette initiative. « C’est assez clair. C’est un rejet profond ». Un choix des électeurs qui n’étonne pas Véronique Stragier, maire (divers) de Coulonges-Cohan « Ils ont exprimé leur souhait qu’il n’y ait pas d’implantation. Cette orientation-là est bien marquée. C’est flagrant. La tendance générale, c’est le non, cela ne me surprend pas ».

      Non loin de là, à Mareuil-en-Dôle où une trentaine d’éoliennes pourraient être construites à quelques encablures du village, les votants se sont prononcés à 94% contre. Maire de la commune, Régine Domingues (divers) réagit : « Moi, je suis très satisfaite du résultat de mon village. C’est représentatif. Je discute beaucoup avec les gens. Cela ne surprend pas. Les gens n’étaient pas d’accord du tout. Cela me donne la pêche même pour d’autres sujets ».
      . . . . . .

      #Démocratie #Référendum #Votation #Consultation #énergie #éoliennes #électricité #éoliennes_industrielles #résistance #énergie_éolienne #france #éolienne #énergie_renouvelable #critique_techno

      Source : https://france3-regions.francetvinfo.fr/hauts-de-france/aisne/consultation-populaire-sur-l-eolien-dans-l-aisne-un-raz

  • Vendée : une éolienne est en flammes, un périmètre de sécurité mis en place  Le courrier vendéen

    Une éolienne de 77 mètres a pris feu à Froidfond (Vendée) au nord est de Challans jeudi 9 mars. Les pompiers, sur place, ont mis en place un périmètre de sécurité.

    Sept pompiers ont été dépêchés sur place et ont délimité un périmètre de sécurité tout autour, sur 200 mètres. L’incendie se situait dans un champ entouré de routes communales, au lieu-dit La Morlière, sur l’éolienne n°9.

    « De l’huile qui brûle »
    Les pompiers ont surveillé l’incendie, mais ne sont pas intervenus au sommet de l’éolienne. « C’est trop dangereux de monter au sommet pour l’éteindre. Monter, c’est faire prendre un risque aux pompiers. Le feu s’éteindra tout seul, c’est de l’huile qui brûle », soulignait-t-on au centre opérationnel d’incendie et de secours. 

    Le feu s’est propagé sur une pâle, de 40 mètres de longueur.

    L’origine du feu n’est pas déterminée. Au vu de la météo, le feu pourrait avoir un lien avec le vent : l’éolienne tournant trop vite, une étincelle a pu se former. 

    Source : https://actu.fr/pays-de-la-loire/froidfond_85095/vendee-une-eolienne-est-en-flammes-un-perimetre-de-securite-mis-en-place_579743

    #éoliennes #énergie #électricité #éoliennes_industrielles #énergie_éolienne #éolien #environnement #éolienne #france #énergie_renouvelable #critique_techno #pollution

  • « L’arnaque des éoliennes » : témoignage d’une agricultrice bio d’Auvergne Kairos
    https://www.kairospresse.be/larnaque-des-eoliennes-temoignage-dune-agricultrice-bio-dauvergne


    L’énergie éolienne contemporaine a pour caractéristique principale de cristalliser la fracture qui opposent les tenants du capitalisme vert et ceux d’une écologie radicale. Et, de fait, ce que l’on nomme « l’éolien industriel » revêt des intentions souvent bien éloignées des préoccupations environnementales. Les conditions de mise en place de la filière sont décriées par de nombreux militants écologistes mais, aussi et surtout, par des ruraux qui dénoncent l’industrialisation de la campagne.

    Cette dernière s’opère selon une logique capitaliste croissanciste, financière, technophile et transnationale qui n’a rien de neuve ; la production de l’éolien industriel se basant sur des usines en Chine et des constructeurs (les turbiniers(1)) en Allemagne ou au Danemark, le tout enrobé dans « la plus pure tradition financière(2) ». En témoigne le cas de l’entreprise Théolia, rebaptisée Futuren et rachetée par EDF en 2017, qui s’est faite connaître « par ses magouilles boursières et les endettements à répétition sur le dos de ses petits actionnaires(3) » et ses attaques judiciaires(4) contre l’opposition à l’éolien industriel. A vrai dire, l’implantation de l’industrie éolienne dans les campagnes se fait très souvent de manière brutale et corrompue. A cet égard, le Service central de Prévention de la Corruption s’inquiète, depuis près de 10 ans maintenant(5), des prises illégales d’intérêts, entre les élus et les multinationales des énergies renouvelables qui les courtisent(6), qui émaillent l’installation de centrales éoliennes.

    Les grands industriels qui composent le secteur ont, pendant longtemps, profité de subventions publiques très incitatives à l’implantation. Aujourd’hui, les directives européennes s’attaquent progressivement aux tarifs réglementés et le marché de l’éolien industriel se concentre toujours plus ; entraînant, pour le consommateur, une hausse des factures et une course à la rentabilité. Les grands groupes qui dominent le marché ont alors les moyens de financer leurs campagnes de greenwashing en faveur de « la transition énergétique » et ainsi d’occulter l’aberration sociale, économique et environnementale que constituent les chaînes d’extraction de métaux rares dans les mines d’Afrique ou de Chine. Elle s’emploient également à masquer le coût écologique impliqué par chaque socle de béton nécessaire à l’érection d’un mât : soit environ 1.500 tonnes pour une éolienne et 1 million de tonnes par an pour l’ensemble de la filière(7). On pourrait aussi parler des composites (mélange de résines et de fibres de verre) nécessaires pour les pales et dont le recyclage est difficile(8).

    Concrètement, la seule perspective de ces « nouvelles technologies » réside dans le passage à l’« écotechnocratie » ; synonyme de la dépendance des sociétés à des ensembles techniques exclusifs, démesurés et centralisés qui participe au renouvellement de la mystification du phénomène technicien. L’homme n’a pas plus la compréhension ni le contrôle réfléchi de ses moyens techniques d’interaction avec le monde naturel lorsque l’énergie qu’il utilise lui provient d’une centrale solaire thermodynamique géante ou d’une centrale électrique thermique classique.

    De plus, les énergies solaires, éoliennes et hydrauliques ne parviendront jamais à fournir aux sociétés les quantités massives de matières premières et d’énergie qu’exigent des populations extrêmement concentrées et une industrie hyper-centralisée. A l’inverse, l’emploi conjugué des différentes technologies à l’échelle locale pourrait largement suffire aux besoins de petites collectivités. En ce sens, malgré les critiques caricaturales adressées aux militants anti-éolien, ces derniers ont le mérite de politiser la question de l’énergie, de sa production à sa consommation. Ce n’est d’ailleurs pas un hasard si l’éolienne miniature(9), relativement facile à faire et à réparer n’est pas (assez) diffusée. Elle, mais aussi les Low-tech, l’agroécologie, les constructions autonomes, permettraient aux citoyens d’une communauté locale de devenir les producteurs et les consommateurs autonomes de leur énergie.

    Témoignage
    J’ai 35 ans, je suis agricultrice bio en Auvergne. Il y a deux ans, j’ai été contactée par une entreprise privée qui avait pour projet d’installer un parc d’éoliennes dans ma commune. Je l’ai reçue avec joie ! J’avais hâte de participer à un projet écologiste.

    – Première surprise : je m’attendais à rencontrer un représentant de l’État, ou de la préfecture pour ce genre de projet (l’énergie est, il me semble, le bien de tous et nous sommes tous concernés). En fait, il n’en était rien ; c’était bien une entreprise privée, financée par des fonds de pensions étrangers, qui était chargée du projet. Un peu bizarre mais, après m’être renseignée, je me suis aperçue que tous les projets étaient tenus par des sociétés privées qui prospectent un peu partout en France pour chercher des terrains où placer des éoliennes. Je pensais donc que cette société voulait m’acheter un bout de terrain, un peu comme un promoteur immobilier « du vert ».

    – Deuxième surprise : la société envisageait effectivement d’implanter une éolienne chez moi, mais elle ne voulait « surtout pas » me déposséder de mes terres. Elle voulait seulement louer le terrain. Et cela, pour une somme absolument mirobolante : 30.000 euros par an pour deux éoliennes implantées. Mes revenus actuels sont de 1.500 euros par mois, pensez-donc, 30.000 euros net par an et pendant 20 ans ! Pendant 20 ans… 30.000 euros qui tombent tous les ans et je participe à l’écologie nationale. Un rêve !

    La société a insisté pour que je signe « rapidement », car d’autres agriculteurs pouvaient être aussi intéressés. A 30.000 euros par an, je n’en doutais pas une seconde. Mais… je suis auvergnate, et par nature méfiante, « ils veulent payer 75 fois le prix de la terre sans la posséder ? Ici ? Là où nos terres ne valent pas grand-chose ? Il y a un loup quelque part ». Alors j’ai cherché le loup. Et je l’ai trouvé en demandant un nouveau rendez-vous avec la société. Je leur ai demandé un contrat du bail. Et j’ai lu toutes les petites lignes. Et voici la question que je leur ai posée : au bout de 20 ans, que se passe-t-il ? Une réponse très floue : « (.…) On ne sera plus là, car on revend nos implantations à des entreprises étrangères (chinoises notamment). Mais, comme la loi nous demande de prévoir le démantèlement de l’éolienne, nous vous provisionnons 50.000 euros pour vos deux éoliennes. »
Parce que, bien entendu, au bout de 20 ans, une éolienne, elle est en fin de course, foutue, et il est stipulé de la démonter.

    Ah bon ? Alors j’ai fait venir plusieurs entreprises spécialisées dans le démantèlement des éoliennes. Résultat : devis pour une éolienne (hauteur : 80 mètres), le coût minimum est de 450.000 euros par éolienne, à charge du propriétaire du terrain. Et s’il ne peut pas payer ? Comme il s’agit d’une éolienne industrielle, l’État se retourne contre le propriétaire, puis contre la commune. Je fais un rapide calcul : le projet d’ensemble de ma commune de 200 habitants comprend 7 éoliennes, soit 450 000 x 7 = 3.150.000 de dette pour la commune. C’est la faillite pour tous !

    Ensuite, je me suis demandé pourquoi cette société voulait implanter des éoliennes dans un endroit où il y a si peu de vent. Réponse : « En effet, il n’y a pas assez de vent, mais nous allons construire des éoliennes beaucoup plus hautes… de 80 mètres de haut ». Fort bien. Pour des éoliennes qui ne tourneront que 25 % du temps, ce n’est pas très rentable.

    Mais, comment se fait-il que des fonds de pension s’intéressent tant à l’éolien en France ?

    Tout simple ! En France, une loi exige que l’énergie verte des éoliennes soit achetée en priorité deux fois le prix des autres énergies (l’hydraulique, qui est pourtant totalement vert, n’a pas ce privilège !). Donc, c’est intéressant pour les investisseurs étrangers, sans doute en pleine complicité avec notre gouvernement car, qui paye cette différence ? … C’EST NOUS ! Regardez bien votre facture EDF, il y a une petite ligne qui indique que nous « participons au développement de l’énergie verte ». En fait, nous finançons des actionnaires étrangers.

    Ah oui ! Je ne vous ai pas tout dit ! Cette énergie est essentiellement destinée à être exportée.
Ça, les actionnaires s’en fichent totalement. Moi pas ! Le développement de l’éolien en France va coûter 75 milliards d’euros financés par nous-mêmes pour détruire nos paysages, notre tourisme, la valeur de nos biens immobiliers et nos parcelles cultivables. Au lieu de ça, avec cet argent, l’État pourrait redistribuer à chaque français une part pour isoler dignement son logement. Mais ça, ça ne rapporterait rien aux actionnaires.

    Faites circuler, et réfléchissez.

    Sous couvert de « VERT », on nous prend pour des…

    M‑T. 


    Notes et références

    1. Les turbiniers les plus importants en France sont les Allemands de Senvion, Nordex et Enercon et les Danois de Vestas. Voir Souchay, Grégoire. « L’économie de l’éolien, de plus en plus concentrée, n’est pas alternative », Reporterre, 29 novembre 2017. https://reporterre.net/L‑economie-de-l-eolien-de-plus-en-plus-concentree-n-est-pas-alternative


    2. Souchay, Grégoire. « L’éolien signe la fracture entre deux visions de l’écologie », Reporterre, 27 novembre 2019. https://reporterre.net/L‑eolien-signe-la-fracture-entre-deux-visions-de-l-ecologie


    3. Vidalou, Jean-Baptiste. « L’éolien industriel, faussement écolo mais vraiment répressif », Reporterre, 2 février 2018. https://reporterre.net/L‑eolien-industriel-faussement-ecolo-mais-vraiment-repressif


    4. Ce genre d’entreprise emploie, notamment, des cabinets d’avocats dont la spécialité est de simplifier et d’accélérer les procédures d’implantation de l’éolien industriel. Voir Ibid.


    5. https://reporterre.net/Le-marche-de-l-eolien-en-France

    6. Desfhiles, Philippe. « Le marché de l’éolien en France est susceptible de corruption », Reporterre, 10 septembre 2014. https://reporterre.net/Le-marche-de-l-eolien-en-France

    7. Souchay, Grégoire. « Quel est l’impact des éoliennes sur l’environnement ? Le vrai, le faux », Reporterre, 30 novembre 2019.https://reporterre.net/Quel-est-l-impact-des-eoliennes-sur-l-environnement-Le-vrai-le-faux

    8. Ibid.

    9. Plassard, Thomas. « Pourquoi parle-t-on toujours des grosses éoliennes et jamais des petites ? », Reporterre, 22 septembre 2014. https://reporterre.net/Pourquoi-parle-t-on-toujours-des

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  • Comment faire baisser le prix de l’électricité et du gaz ? Jacques FOOS - Professeur Honoraire au Conservatoire National des Arts et Métiers
    http://www.librairie-tropiques.fr/2021/11/ecoloscopie.html
     
     
    Il y a 10 ans, j’ai obtenu le « Prix de l’impertinence 2011 » créé par le Cercle des Entrepreneurs du Futur, pour un article que j’avais commis sur le thème : « Énergie : le nucléaire en plein séisme ». Ce prix me fut remis parce que j’avais écrit qu’il fallait mettre des éoliennes là où il y a du vent et des panneaux photovoltaïques là où il y a du soleil (comme l’avait écrit justement un élève dans sa copie : « le problème avec le solaire, c’est qu’il y a des jours où il fait nuit ! »).

    Lors de la remise du Prix, je n’avais pas manqué de souligner que je ne voyais pas ce qu’il y avait, dans ces propos, d’impertinent, si ce n’est que la remarque pouvait sembler politico-écologico incorrecte car on voit bien où il faut mettre ces éoliennes et ces panneaux solaires et surtout pas en Europe, par exemple. Et, en ce sens, cette affirmation peut passer pour impertinente.

    Ceci justifie les sommes colossales qui doivent subvenir à la production d’électricité par ces sources intermittentes dans notre pays pour les rendre acceptables, si on peut dire !

    Aujourd’hui, on voit une explosion des prix du gaz et des énergies en général, car le prix dépend de la demande, de plus en plus forte actuellement. Ainsi, au moment le plus drastique du confinement à l’échelle mondiale, le prix de l’essence était très bas mais personne ne pouvait rouler. Aujourd’hui alors qu’il est enfin possible de rouler, le prix des carburants atteint des sommets inégalés et ce n’est pas fini.

    La hausse des carburants, liée à celle du gaz et de l’électricité émeut nos concitoyens (et c’est un euphémisme !). Face à cette forte augmentation des prix de l’énergie, le Premier Ministre, Jean Castex propose un « bouclier tarifaire » avec le blocage du tarif réglementé du gaz jusqu’en avril et la limitation de la hausse de l’électricité, répondant comme dans d’autres pays européens à la flambée des prix de l’énergie. Ainsi, après l’augmentation de 12,6% du gaz fin septembre, son prix sera bloqué jusqu’en avril 2022 (date des élections présidentielles). Des options sont suggérées à destination du prochain gouvernement dont celle de faire payer alors aux consommateurs le gaz un peu plus cher que les cours du marché, qui devraient avoir baissé d’ici là, la saison du chauffage étant passée et donc avec une demande moins forte. Cela signifie toutefois que le consommateur paiera ces augmentations : c’est juste reculer pour mieux sauter !

    Or, il y a moyen de faire baisser drastiquement le prix de l’électricité et du gaz.
    Pour l’électricité , l’introduction de taxes, inexistantes au début de ce siècle doublent aujourd’hui le prix du kWh comme le montre ce tableau (Prix du kWh en France (en abscisse : le(s) dernier(s) chiffre(s) du millésime de ce siècle soit de 2001 à 2019). S’y ajoute la TVA !!). En 2021, le prix moyen du kWh TTC dépasse 0,19 euro (données Eurostat).
     



    Vous trouvez que mon impertinence frappe trop fort ? Regardez votre facture d’électricité. Elle présente quatre registres. Le premier est le prix du kWh. Le second indique le coût de l’abonnement payé à l’opérateur qui dépend essentiellement de la puissance installée. Le dernier correspond à la TVA.

    Le troisième registre s’intitule « Taxes et Contributions ». Là, le changement est important. Depuis 2002, une taxe est imposée au consommateur. Jusqu’en 2010, cette taxe appelée CSPE : Contribution au Service Public d’Électricité a peu augmenté, passant de 4 à 6% du prix du kWh : 0,9 c€/kWh (voir schéma). Cette taxe reflète essentiellement le surcoût associé aux politiques de soutien aux énergies renouvelables et à la cogénération selon les termes de la loi du 10 février 2000, même si d’autres rubriques en particulier sur le plan de la Solidarité, s’y rajoutent. Ainsi, en 2021, le montant de cette taxe est de 2,25 c€/kWh, soit une augmentation de 250% en dix ans (et il faut ajouter la TVA à 20% bien sûr !). Elle est destinée à 51% aux investissements dans le photovoltaïque (32%) et l’éolien (19%) !).

    Il suffirait donc tout simplement de supprimer ces subventions qui bénéficient pour une part importante aux sociétés étrangères qui installent ces centres de production électrique dans notre pays, pour voir notre facture d’électricité diminuer dans des proportions importantes. Par ailleurs, le développement de ces sources d’énergie intermittentes que sont le solaire et l’éolien nécessite un recours important aux centrales à gaz lorsqu’elles sont impuissantes à fournir du courant faute de vent ou de soleil. Ainsi, entre 2018 et 2019, la production thermique (gaz, fuel, charbon : tout ce qui rejette des gaz à effet de serre !!) est passée de 39,5 TWh à 42,5 TWh soit + 7,6% alors que notre pays s’est engagé, lors de la COP21 qu’elle a elle-même organisée à Paris, à baisser ses rejets de gaz à effet de serre ! Ainsi, alors que leur arrêt était prévu dans un avenir proche, les centrales à charbon ont repris du service depuis la fermeture de la centrale nucléaire de Fessenheim en 2020 qui, elle, comme toutes les autres centrales nucléaires, n’émettait pas de gaz à effet de serre. On pourrait revenir sur cette erreur néfaste pour le réchauffement de la planète en la remettant en service et en tout cas, il ne faut pas arrêter comme cela est prévu 12 autres réacteurs nucléaires sous le prétexte qu’ils sont trop vieux après 30 ou 40 ans de service. C’est à l’Autorité indépendante de sûreté française de décider de la fermeture ou du maintien en service des réacteurs (pour la centrale de Fessenheim, elle avait autorisé son fonctionnement pour 10 ans de plus !). Les États-Unis et le Canada prolonge ainsi la durée de vie de leurs centrales jusqu’à 80 ans de fonctionnement pour certaines d’entre elles !

    Ces centrales nucléaires en parfait état de marche voient leur financement amorti et donc le coût de production de l’électricité devient particulièrement bas. Ainsi, si on se compare à nos proches voisins européens, le coût du kWh au Royaume-Uni est 23% plus cher, +35% en Italie, +41% en Espagne, +65% en Belgique, +76% au Danemark et +82% en Allemagne1. Ainsi, les pays qui ont le plus recours aux énergies renouvelables, éolien et solaire, paient leur électricité beaucoup plus chère que nous et rejettent, pour leur production électrique, plus de gaz à effet de serre que les Français23 : c’est une mauvaise note sur toutes les lignes ! Comparaison n’est pas raison : on vient de voir que la suppression de certaines subventions irait aussi dans le bon sens pour le consommateur !

    Comme on le voit, le recours aux énergies renouvelables va à contre-sens de ce que l’on attend. C’est ce qu’ont très bien compris les producteurs de gaz qui, après avoir dit ne pas s’intéresser aux énergies intermittentes, les soutiennent maintenant puisque leur non-fonctionnement pendant près de 80% du temps4, conduit à un recours au gaz lorsqu’elles sont non-productives !

    Ainsi, en qualité de Chef d’un État imaginaire, si vous avez l’intention d’installer une centrale à gaz pour la production d’électricité de puissance de 10 000 MW, vous ne pouvez décemment pas annoncer à vos concitoyens ce projet qui va susciter un rejet écologico-à la mode. Vous annoncez alors que votre projet est d’installer 10 000 MW d’énergies éolienne et solaire. La foule congratule et pleure d’émotion !!

    Mais, ajoutez-vous, « le problème est l’intermittence de ces sources de production et si nous installons 10 000 MW de celles-ci, dans la mesure où elles ne produiront que pendant 20% du temps, il nous faut une autre source électrogène pour pallier les déficiences et voilà pourquoi nous devons installer en parallèle, mes chers concitoyens, 10 000 MW de gaz ».

    Banco, c’est gagné !

    Et c’est ce qui se passe un peu partout sur la planète ! Vous avez dit : diminution des rejets de CO2 ?

    En fait, ces rejets continuent d’augmenter !
     
    _ Parlons du gaz , justement (et là, l’impertinent va encore frapper !) : Son prix dépend fortement du pays producteur qui fixe son prix de vente en fonction de la demande et parfois aussi pour des raisons politiques. Or, nous pouvons nous affranchir de ces contraintes car nous possédons, en France, une réserve gigantesque de gaz de schiste : les estimations les plus sérieuses aujourd’hui conduisent à plus de 5 000 milliards de m3 (soit 4,3 Gtep au minimum : 25 ans de notre consommation d’énergie primaire, toutes sources confondues !).

    Comme le disait Michel Rocard : « La France est bénie des Dieux ! ». L’exploiter reviendrait à bénéficier de gaz gratuit. Certes il resterait les coûts d’extraction et de distribution mais le prix de notre gaz serait, chez le consommateur, beaucoup moins cher et constant dans le temps car non soumis aux contraintes évoquées plus haut.

    Nous ne sommes pas le seul pays à en avoir dans son sous-sol ; la Chine, les États-Unis, le Canada, l’Argentine, le Mexique et l’Afrique du Sud en possède des réserves encore plus abondantes. Mais, en Europe, c’est surtout la France et la Pologne qui se partagent les gisements les plus riches.

    Or, la France est le seul pays, non seulement à ne pas l’exploiter, mais encore à ne même pas envisager un essai d’exploitation, ne serait-ce que sur 1 km2 ! Il faut dire aussi que nous sommes les seuls à avoir inscrit le « principe de précaution » dans notre Constitution et que c’est à ce titre que nous ne bougeons pas dans ce domaine. À défaut d’être exportateur de gaz, on pourrait ainsi s’affranchir des dizaines de milliards d’euros que nous coûtent nos importations de gaz (et cette facture augmente actuellement de façon vertigineuse). En effet, rien qu’aux USA, selon M. Porter5, économiste à l’Université de Harvard, l’exploitation des gisements de gaz naturel en 2015 dans ce pays contribuait à hauteur de 430 milliards de dollars par an à l’économie américaine grâce à la baisse de la facture énergétique et aux revenus des 2,7 millions d’emplois créés dans cette industrie. Même si il y a une différence d’un facteur 5 entre la population américaine et la population française, de tels chiffres devraient faire rêver nos politiques !!

    Oui mais NON !

    Cela ne nous empêche pas de nous intéresser à cette exploitation de gaz … chez les autres ! Ainsi, il y a quelques années, Laurent Fabius est allé négocier en Algérie l’aide de la France à la prospection du gaz de schiste. De deux choses l’une : ou bien il n’y a aucun risque à exploiter cette source d’énergie et alors il faut le faire, ou bien cette exploitation est dangereuse à en croire les écologistes et il ne faut surtout pas encourager d’autres pays à le faire en particulier en les aidant à prospecter, voire en leur en achetant.

    Cherchez la logique ! En attendant, nous allons continuer à payer notre énergie de plus en plus chère ! Et pourtant, comme on vient de le voir, des solutions existent et qui ne peuvent avoir qu’un impact positif sur le budget des Français (et en termes de création d’emplois) pour plusieurs décennies ! 

    Qui aura le courage de prendre les bonnes décisions ?
     
    2 novembre 2021 *

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    1 D’après la revue « Capital » du 7 octobre dernier.
    2 Émissions de gaz à effet de serre en grammes par kilowattheure d’électricité consommé en 2019 : France : 44 ; Belgique : 134 ; Danemark : 175 ; Royaume-Uni : 177 ; Espagne : 197 ; Italie : 264 ; Allemagne :
    3 (soit exactement 3 fois plus que la France !!) Source : European Environement Agency
    4 D’après le rapport RTE sur la production électrique de 2020, la puissance installée (éolien+solaire) a été de 28 GW (soit un potentiel de production électrique égal à 245,95 TWh) et la production n’a été que de 52,3 TWh, ce qui conduit à un « rendement » (le terme exact est « facteur de charge ») de 21,26% !
    5 Relevé dans la revue « L’Express n° 3337 du 17 juin 2015

    • Écoloscopie 2
       
      Ma chronique 441, qui reprenait les conclusions de la COP21, avait pour sous-titre : Écoloscopie. Je reprends cette formule ici au sujet de deux événements qui ont attiré mon attention.
       
      Le "train des primeurs"

      https://www.youtube.com/watch?time_continue=38&v=dw6VjFLXnuY

       
       On nous a présenté, en cette fin d’octobre 2021, avec une émotion à peine contenue de la part des journalistes et des politiques de toute obédience, « le train des primeurs ». 
       
      Il s’agit de trains composés de 12 wagons dans lesquels on charge directement des palettes de fruits et légumes surtout venus d’Espagne et du Maroc et qui partiront cinq fois par semaine en fin d’après-midi de Perpignan, pour arriver avant l’aube à Rungis.
       
       Le journal « Le Figaro » du 19 octobre signale même que la CGT-Cheminots, qui s’est beaucoup mobilisée pour le retour du train des primeurs, appelle à « fêter la victoire » jeudi (21 octobre) à Perpignan en présence de son secrétaire général Laurent Brun et du secrétaire général de la CGT Philippe Martinez. Quelle victoire ? Comment sont arrivés jusqu’à Perpignan les primeurs venus du Maroc et d’Espagne ? Doit-on se réjouir quand on sait que les producteurs étrangers sont soumis à moins de contraintes pour la production de leurs fruits et légumes que nos producteurs français ce qui rend ces derniers moins compétitifs ? Pour qui nous prend-on ?
       
       
      Le projet éolien de Saint Brieuc
       
       Dans ce projet, du fait de la richesse écologique du site et de la présence de nombreuses espèces protégées, la société espagnole Iberdrola Ailes Marines SAS a dû demander de nombreuses dérogations pour la destruction et la perturbation intentionnelles d’espèces protégées concernant 54 espèces d’oiseaux, 5 espèces de mammifères marins mais également pour la destruction de leurs habitats.
      Mais oui, c’est possible !!
       
       En avril 2017, le préfet des Côtes-d’Armor accorde les autorisations nécessaires à la filiale d’Iberdrola avec l’aval de la ministre de l’Écologie en poste (plus pour très longtemps !) sous la présidence de François Hollande : Madame Ségolène Royal.
      Les experts du « Conseil National Pour la Protection de la Nature » qui se sont autosaisis du sujet ont publié en juillet dernier2 un rapport dont les conclusions sont les suivantes :
       
      « La Commission supérieure des sites, perspectives et paysages s’inquiète du développement des projets éoliens offshore tels que proposés par la Programmation Pluriannuelle de l’Énergie, et du potentiel jusqu’à 57 GW suite aux propositions de la Commission Européenne pour 2050, qu’elle juge disproportionnés eu égard aux enjeux de préservation du patrimoine naturel et paysager. La Commission estime que la transition énergétique ne doit pas conduire à porter gravement atteinte au littoral français dont la valeur paysagère, artistique, mémorielle et touristique est au premier plan en Europe, sous peine de remettre en cause plus d’un siècle d’efforts constants de protection du littoral par l’État. »
       
       Apparemment, l’avis de cette Institution, pourtant rattachée au ministère français de l’Écologie, de l’Énergie, du Développement durable et de la Mer, n’empêche nullement la société espagnole d’entreprendre ses travaux qui se sont illustrés, de plus, par une « pollution d’ampleur significative » (dixit la Préfecture maritime qui a saisi le parquet) en baie de Saint-Brieuc. Cette pollution a provoqué, en effet, une nappe d’huile de 15,9 km de long sur 2,8 km de large !
       
       Le cas de Saint-Brieuc n’est pas unique, pratiquement tous les projets déjà autorisés dans des zones capitales pour la biodiversité posent des problèmes similaires (Dunkerque, Le Tréport - voir video ci-dessous, Courseulles-sur-Mer, Belle-Île-en-Mer, Île de Groix, Banc de Guérande, Oléron…) et « provoquent un cumul d’impacts incompatibles avec la survie des oiseaux marins » souligne l’ONG Sea Sheperd.
       
       Et tout ça, au nom d’un engagement pour lutter contre le réchauffement climatique. On rêve !!
       
      https://www.youtube.com/watch?time_continue=2339&v=4_FOnjRbQeY


       
       Est-ce que l’ambition, légitime au demeurant, de lutter contre le réchauffement prévu (et même déjà constaté, sur la planète !), doit autoriser l’extinction d’espèces et la destruction d’habitats indispensables au bon fonctionnement de tout un écosystème fragile et extrêmement complexe ? En tout cas, cela n’émeut guère la plus grande majorité des associations dites écologistes. Celles-ci sont pourtant très actives contre quelques chasseurs qui tentent de conserver des coutumes ancestrales. En revanche, que l’on accorde des dérogations à des sociétés étrangères afin de leur permettre, dans nos eaux territoriales qui plus est, de détruire de façon intentionnelle (!) 54 espèces d’oiseaux protégés, ne leur pose aucuns problèmes !!
       
       Vous allez me trouver bien naïf mais il m’a fallu atteindre un âge avancé pour apprendre que l’on pouvait obtenir en toute légalité et avec la bénédiction de quasi tous les écolos, des autorisations pour la destruction et la perturbation d’espèces protégées.
       
       Mais c’est le genre de connaissances dont on aurait préféré s’affranchir ! Décidément, comme aurait pu le dire Michel Audiard, les écolos ça ose tout ; c’est même à ça qu’on les reconnaît !
       
      2 novembre 2021
       
      1 Publiée dans mon dernier ouvrage : « Regard sur la Société d’aujourd’hui pour préparer efficacement celle de demain. Chroniques du XXIe siècle. » (Éditions HDiffusion - Paris - mai 2019).
      2 http://www.avis-biodiversite.developpement-durable.gouv.fr/IMG/pdf/2021-17_avis_autosaisine_cnpn

  • In der Schweiz wird eine riesige Batterie aus Beton gebaut - Magazin - 1E9
    https://1e9.community/t/in-der-schweiz-wird-eine-riesige-batterie-aus-beton-gebaut/3384

    Au Tessin, dispositif de stockage gravitaire d’énergie par empilement de blocs de béton. Fonctionnellement équivalent au STEP (station de turbinage et de pompage d’eau) sauf que ce sont des blocs de béton qu’on empile et qu’on dépile, le complément idéal (?) aux énergies intermittentes.

    Reste à convaincre les populations qu’à côté du champ d’éoliennes on va monter des tours de blocs de béton de 80 mètres de haut…

    #yapuka

    via @cdb_77

    Jan. ’20
    Im schweizerischen Tessin wird derzeit eine gigantische Batterie gebaut. Rund 120 Meter soll sie in den Himmel ragen – und jede Menge Energie speichern. Dabei kommt diese Batterie ganz ohne Lithium oder Säuren aus. Denn der Erfinder der Mega-Batterie setzt auf ein so einfaches wie uraltes Konzept.

    Sie tut sich schwer, aber sie geht voran, die Energiewende. Bereits jetzt werden 35 Prozent des Stromverbrauchs in Deutschland durch erneuerbaren Energien gedeckt. Aber diese Energiequellen haben ein Problem. Zumindest Wind- und Sonnenkraft gibt es nur, wenn der Wind weht oder die Sonne scheint. Und wenn zu viel Energie fließt, geht die gerne mal sinnlos verloren, wenn es an Verbrauchern mangelt. Denn bislang fehlen vielfach Möglichkeiten, um überschüssige Energie sofort, langfristig, schnell abrufbar und auch günstig zu speichern. Wasserpumpspeicherwerke brauchen viel Platz, virtuelle Kraftwerke aus Heimspeichern wie von Sonnen aus dem Allgäu stehen noch am Anfang und Batteriekaskaden wie die Powerpacks von Tesla sind teuer.

    Der Schweizer Ingenieur Andrea Pedretti aus Lugano schlägt daher noch eine andere Lösung vor – eine ziemlich einfache, die er mit seinem Start-up Energy Vault verwirklichen will. Er will überschüssige Energie in Betonklötzen speichern. Denn seine Batterie soll aus einem Kran mit sechs Armen bestehen. Und eben zahlreichen Betonblöcken. Gibt es eine Überproduktion von elektrischem Strom, wird der Kran genutzt, um die aus Bauschutt gepressten 35-Tonnen-Blöcke aufeinander zu stapeln. Dadurch wird der Strom in potentielle Energie umgewandelt – also jene Art von Energie, die ein Objekt durch Masse und Höhe gewinnt. Es ist das gleiche Prinzip, das bei Wasser- und Pumpspeicherkraftwerken genutzt wird.

    Je höher ein Betonblock sitzt, umso mehr Energie speichert er – auf physikalisch natürliche Weise. Hunderte davon sollen sich in einer Turm-artigen Struktur aufeinanderstapeln lassen. Wird die Energie wieder benötigt, greift der Kran die Betonblöcke und lässt sie zur Erde zurückfahren, wo sie als Mauer um den Turm herum aufgestapelt werden. Dabei wird die Energie über Rollen und einen Generator wieder in elektrischen Strom umgewandelt – und das mit einer Effizienz von 85 Prozent. Im Gegensatz zu anderen Speichermöglichkeiten soll der Turm nahezu überall installierbar sein. Er funktioniert in Wüsten- wie auch Eis- und Tropenregionen. Dazu ließe sich das Konzept anpassen. Statt Betonklötzen könnte der Kran ebenso Steinquader oder ausgemusterte Schiffscontainer aufnehmen und aufeinandersetzen. Eben das, was in der entsprechenden Region einfach herstellbar und verfügbar ist.

    • Test positivi e ospiti illustri: la grande torre continua a stupire
      https://www.cdt.ch/ticino/bellinzona/test-positivi-e-ospiti-illustri-la-grande-torre-continua-a-stupire-HE4053081


      Test positivi e ospiti illustri: la grande torre continua a stupire
      Una fotografia scattata lo scorso luglio, quando la torre è entrata in funzione.
      © CdT/Zocchetti

      INNOVAZIONE Castione, la gru per lo stoccaggio di energia realizzata da una start-up ticinese suscita interesse non solo da parte dei potenziali clienti, ma anche di visitatori importanti - Il prototipo risponde in modo soddisfacente alla fase sperimentale: «Confermate le nostre aspettative» - LE FOTO

      Dapprima il presidente della Direzione generale della Banca nazionale svizzera Thomas J. Jordan. Ed ora l’ambasciatrice della Gran Bretagna nel nostro Paese ed in Liechtenstein Jane Caroline Owen. L’imponente torre energetica realizzata dalla start-up luganese Energy Vault nella zona industriale di Castione non smette di suscitare interesse. I due illustri ospiti l’hanno visitata negli scorsi mesi il primo e la scorsa settimana la seconda, rimanendo entrambi affascinati dall’idea innovativa sviluppata dal team guidato dal CEO Robert Piconi e dal capotecnico Andrea Pedretti.

      Per l’azienda ticinese non è che la conferma di quanto va dicendo dal novembre 2019, quando i suoi vertici presentarono la loro «creatura» durante una serata pubblica raccogliendo consensi anche da parte della popolazione...

      bon, au moment de la photo, y a même pas de quoi recharger un smartphone ;-)

    • Nouvelles de mars 2020, donc d’il y a un an...

      La #tour de #Arbedo est un prototype avec fonction démonstrative, dit le journal La Regione (traduction deepl) :

      "si tout se passe bien, si le projet garantit effectivement ce que les simulations informatiques annoncent aujourd’hui, il sera ensuite démantelé et destiné à un groupe indien engagé dans le développement de systèmes de production d’énergie propre dans l’un des coins les plus pollués de la planète. Pendant des mois à Castione devraient donc venir - si le coronavirus le permet, étant donné le frein sur les vols - des ingénieurs du monde entier intéressés à radiographier l’invention développée par l’équipe coordonnée par l’administrateur délégué #Robert_Piconi et le technicien en chef #Andrea_Pedretti, ingénieur tessinois qui a des connaissances approfondies dans le domaine des énergies renouvelables mais qui est aussi de retour de la faillite de la société #Airlight, jusqu’en 2016 présente sur la Riviera avec trois sociétés et qui n’a pas réussi à activer au Maroc le système photovoltaïque révolutionnaire développé à Biasca également grâce à des fonds publics. En outre, à Castione, selon les intentions, il est prévu d’installer la « salle de contrôle », c’est-à-dire le siège où Energy Vault pourrait gérer à distance les différentes installations vendues en « se déplaçant » sur quatre grands fuseaux horaires. Beaucoup dépendra du succès commercial et de la capacité réelle de la centrale à produire suffisamment d’#électricité au moment où les grands consommateurs, en premier lieu les mégapoles assoiffées d’#énergie_renouvelable pour remplacer le charbon et le nucléaire, en auront besoin."

      Luce verde alla maxi torre energetica di Castione

      Il Municipio ha rilasciato oggi la licenza edilizia sulla base del preavviso cantonale positivo. Ritirata l’opposizione delle Ffs.


      Stando alla tabella di marcia avrebbe dovuto essere funzionante già da alcune settimane, invece la licenza edilizia che dà il via libera alla sua installazione è arrivata oggi. A rilasciarla, durante la seduta odierna, il Municipio di Arbedo-Castione sulla base di due attesi documenti: il preavviso positivo espresso dal Dipartimento del territorio e il recente ritiro dell’opposizione inoltrata dalle Ffs contro la domanda di costruzione. Luce verde dunque alla maxi torre energetica che la Energy Vault, start-up di Biasca, inizierà a elevare prossimamente fino a un massimo di 60 metri dal suolo con l’intento di avviare la fase test di produzione di energia nel corso della primavera e per la durata massima di un paio d’anni. Gli ideatori e promotori, ascoltate le richieste delle Ferrovie, le hanno assecondate spostando di qualche metro una parte dell’installazione di cantiere, così da non intralciare eventuali future esigenze di spazio per la posa di condotte e cavi elettrici necessari alla nuova Officina di manutenzione dei treni prevista nelle vicinanze.

      Ingegneri da tutto il mondo (Coronavirus permettendo)

      Il prototipo della Energy Vault a Castione a avrà una funzione dimostrativa: se tutto filerà liscio, se il progetto garantirà concretamente quanto dicono ora le simulazioni al computer, sarà poi smontato e destinato a un gruppo indiano impegnato nello sviluppo di sistemi di produzione di energia pulita in uno degli angoli più inquinati del pianeta. Per mesi a Castione dovrebbero dunque giungere - Coronavirus permettendo, considerato il freno ai voli - ingegneri da tutto il mondo interessati a radiografare l’invenzione messa a punto dal team coordinato dal Ceo Robert Piconi e dal capotecnico Andrea Pedretti, ingegnere ticinese che vanta un’ampia conoscenza nel campo delle energie rinnovabili ma che è anche reduce dal fallimento della ditta Airlight, fino al 2016 presente in Riviera con tre società e che non è riuscita ad attivare in Marocco il rivoluzionario impianto fotovoltaico sviluppato a Biasca anche grazie a finanziamenti pubblici. Peraltro proprio a Castione, stando alle intenzioni, si prevede di installare la cosiddetta ‘control room’, ossia la sede nella quale Energy Vault potrebbe gestire in remoto i vari impianti venduti ‘muovendosi’ su quattro grandi fusi orari. Il condizionale è d’obbligo e molto dipenderà dal successo commerciale e dalla reale capacità dell’impianto di produrre corrente elettrica a sufficienza e nel momento in cui essa viene richiesta dai grandi consumatori, in primis le megalopoli assetate di energia rinnovabile in sostituzione di carbone e nucleare.

      Dal Ticino all’India

      La torre dotata in cima di sei gru alzerà e abbasserà un centinaio di blocchi da 35 tonnellate l’uno per generare corrente elettrica in discesa. Il prototipo castionese tuttavia non produrrà corrente ma servirà a testare il cervello (software) e il processo di produzione e spostamento dei blocchi (hardware). Saranno pure testate la linea di produzione dei blocchi costituiti da cemento povero e terra, come pure la strumentazione tecnica prodotta in Italia che è stata già acquistata dall’azienda indiana Tata Power che la ritirerà una volta ultimata la fase test di Castione.
      Il guadagno? Alzare di notte e abbassare di giorno

      Il principio di produzione energetica è lo stesso dei bacini idroelettrici ad accumulazione, dove cioè l’acqua viene ripompata in quota di notte consumando corrente elettrica a basso costo e turbinata di giorno producendo corrente venduta a prezzi più elevati di quella notturna. La torre consuma corrente elettrica alzando i mattoni e ne produce, abbassandoli, nel momento di grande richiesta, quando la corrente messa in rete ha un costo maggiore. Stando agli sviluppatori di #Energy_Vault l’utilizzo di motori elettrici e componenti meccaniche di ultima generazione assicurano un’efficienza molto elevata, calcolata fra il 78 e l’80%. In soldoni, se si consuma un kWh in salita se ne produce 0,8 in discesa, che venduto al prezzo previsto nelle ore di maggior consumo genera il guadagno destinato a rendere il progetto una soluzione sostenibile sul piano finanziario e su quello ambientale.

      https://www.laregione.ch/cantone/bellinzonese/1424508/corrente-castione-torre-luce-produzione

      #énergie #stockage_d'énergie #Inde #Maroc #Tessin #Suisse

  • C’est une série d’entretiens que j’ai faits pour une société de l’économie sociale et solidaire à l’occasion de la journée des droits des femmes. C’est de la communication commerciale mais j’ai trouvé avec ces entretiens plein de témoignages précieux de #femmes #militantes qui ne se voient pas trop comme des féministes et qui ont apporté des réponses assez originales.
    #énergie_renouvelable

    Ces femmes qui font les énergies renouvelables citoyennes : Claudette Lacombe | Énergie Partagée
    https://energie-partagee.org/interview-claudette-lacombe-parc-eolien-citoyen-isac-watts

    As-tu rencontré des difficultés en tant que femme impliquée dans un projet citoyen d’énergie renouvelable ?

    Quand on est une femme et qu’on a des façons de voir différentes, il faut parfois insister pour se faire entendre. J’ai l’impression que la parole de certains compte plus que la parole de certaines. C’était la même quand j’étais technicienne en laboratoire d’analyses et dans les syndicats où j’étais engagée. Les hommes qui prennent les responsabilités, c’est un classique de toute action sociale, syndicale, militante.

    Pour savoir dire non quand les limites du bénévolat dépassent les possibilités d’organisation de la vie personnelle et familiale, il faut être tenace et motivée. Les rapports hommes-femmes ne sont pas toujours faciles mais on s’explique. Et je suis un peu tête de mule, ça oblige les hommes à écouter.

    Ces femmes qui font les énergies renouvelables citoyennes : Sophie Setbon-Cuisinier | Énergie Partagée
    https://energie-partagee.org/interview-sophie-setbon-cuisinier-survoltes-aubais-watt-citoyen

    En tant que femme, vois-tu des obstacles à ta participation dans un projet citoyen ?

    Je suis très active localement, en partie grâce à un mari qui gère le reste, et qui m’a toujours permis d’aller aux réunions en gardant les enfants quand ils étaient petits. Je ne pourrais pas m’investir sans son soutien.

    Dans le groupe, on essaie aussi de faire attention à ces contraintes : si l’un·e ou l’autre doit rester pour s’occuper des enfants à la maison, on se réunit chez elle ou lui. Il faut aider chacun·e à participer, en ajustant les horaires ou les lieux de réunion. Ça me semble normal !

  • Les éoliennes d’engie et des autres, ça tue les Chauves-Souris !

    Eoliennes : engie teste un système de protection des chauves-souris - Hanna Schevenels (St.) - 16 Juillet 2019 - RTBF
    https://www.rtbf.be/info/regions/liege/detail_eoliennes-engie-teste-un-systeme-de-protection-des-chauves-souris?id=102

    Engie vient d’installer un système de protection des chauves-souris sur une de ses éoliennes. Il s’agit d’un test qui a lieu dans le parc éolien de la commune de Modave, à Liège. Le principe : dissuader les chauves-souris d’aller à la rencontre des éoliennes grâce à des ultra-sons

    Dans le parc éolien de Modave, une des cinq éoliennes se démarque des autres. À son sommet, on aperçoit cinq haut-parleurs à ultra-sons très puissants, un micro et des caméras infrarouges. Le but de ces toutes nouvelles installations : repousser les chauves-souris. Il s’agit d’un système déjà utilisé aux États-Unis, mais du tout premier test de ce genre en Europe.

    Dégageant de la chaleur, les éoliennes attirent des insectes, mets de choix des chiroptères. Les parcs éoliens deviennent donc de véritables territoires de chasse pour ces derniers. Le risque d’incident est alors élevé : les chauves-souris peuvent se faire percuter par les pales des éoliennes ou se faire prendre dans des turbulences produites par les vents puissants. En plus d’être des espèces protégées, les chauves-souris se révèlent d’un grand intérêt biologique. Selon Loïc Biot, chef de projet du parc éolien de Modave, il convient donc de les préserver.

    Le système de protection actuel, installé sur l’ensemble des parcs, n’est pas adapté. Il prévoit un arrêt des éoliennes à titre préventif durant certaines périodes où les chauves-souris sont particulièrement actives. Cette solution n’est pas efficace : “Parfois nous arrêtons les éoliennes quand il n’y a pas de chauves-souris. Et parfois il y a des chauves-souris et le parc n’est pas arrêté”, explique Loïc Biot. Ce n’est pas idéal, tant au niveau de la protection des chauves-souris que de la production d’énergie verte. “L’objectif du nouveau système mis en place est donc de gérer l’arrêt des éoliennes d’une manière plus dynamique, et qui se base sur la présence réelle des chauves-souris” poursuit le chef de projet. 

    La nouvelle installation repose sur deux systèmes : la détection des chiroptères par des caméras infrarouges et des micros, et leur effarouchement par des infra-sons. Ces infra-sons forment un bouclier sonore qui les repoussent. Le système se révèle ainsi à la fois positif pour la protection des chauves-souris, mais aussi pour la production d’énergie verte. Les éoliennes ne seront en effet mises à l’arrêt que si c’est réellement nécessaire, ce qui devraient augmenter la production.

    Toujours en phase de test, le nouveau système de protection n’a pas encore fait ses preuves. En octobre, en fonction des résultats, Engie prendra la décision d’étendre, ou non, son système d’ultra-sons sur l’ensemble de ses éoliennes.

    #engie et les autres #chauves-souris #moustiques #écologie #chiroptère #pipistrelle #énergie #éoliennes #électricité #éolien #énergie_éolienne #énergie_renouvelable

  • Ambon(Bretagne) : une éolienne de 80 m en feu Thierry Peigné - 25 Juin 2019 - FR3 Bretagne
    https://france3-regions.francetvinfo.fr/bretagne/morbihan/vannes/ambon-eolienne-80-m-feu-1690654.html

    Une éolienne etait en feu ce mardi 25 juin au niveau de la commune d’Ambon. L’incendie a pris au niveau de la turbine.

    Vu la hauteur de l’éolienne, près de 80 m et vu la fumée qui s’en dégage, l’incendie est visible de loin. 32 pompiers sont sur place pour contenir l’incendie de cette éolienne du parc de Kéruelqui se situe en bordure de la RN 165, sur la commune d’Ambon.

    Selon la préfecture du Morbihan, le feu aurait pris dans la machinerie, au niveau de la turbine, soit sur le haut de la structure.
    . . . . . .

    #énergie #éoliennes #électricité #éolien #énergie_éolienne #environnement #énergie_renouvelable #écologie #éolienne

  • Des éoliennes accusées de tuer des vaches L’essentiel/afp - 24 Mai 2019
    http://www.lessentiel.lu/fr/news/france/story/des-eoliennes-accusees-de-tuer-des-vaches-16134698
    Des dizaines de vaches meurent chaque année sans explication, refusent la traite et se comportent bizarrement... Depuis 2012, un village français vit un cauchemar.

    Des dizaines de vaches qui meurent chaque année sans explication, refusent la traite et se comportent bizarrement... Depuis l’arrivée d’éoliennes en 2012, c’est le cauchemar dans deux élevages de Loire-Atlantique, et le casse-tête pour les experts qui s’avouent désemparés. Avec environ 250 vaches de race normande perdues depuis 2013, l’élevage de Didier et Murielle Potiron, installés depuis 1989, est l’un de ceux qui a le plus été passé au peigne fin par les experts.
    « Les problèmes ont commencé fin 2012 avec les travaux de fondation des huit éoliennes du parc de Nozay, dont l’une se trouve à 600 mètres de la stabulation », raconte Murielle Potiron, 52 ans. Baisse de la production laitière, difficultés à vêler, retards de croissance, mais aussi, dans l’exploitation voisine de quatre kilomètres de Céline Bouvet, vaches qui refusent d’avancer sur une partie de la route qu’elles empruntaient pourtant quotidiennement pour aller au pré... Les éleveurs se plaignent eux de maux de tête, de douleurs aux jambes et d’insomnies.

    Fuites de courant électrique dans le sol

    Depuis avril, ils sont suivis par le CHU de Nantes, comme une vingtaine de riverains affirmant ressentir des troubles similaires. Les éleveurs accusent les éoliennes dont ils avaient pourtant volontiers accepté l’installation sur leur champ, et les fuites de courant électrique dans le sol. « Notre robot de traite est au croisement de deux failles d’eau dans un sous-sol riche en fer et en étain, le tout à quelques centaines de mètres d’un câble 20 000 V enterré à 60 cm qui relie les éoliennes entre elles. Cela ne fait pas bon ménage », assure Didier Potiron, qui confie « ne pas pouvoir tenir une année de plus » et réclame un « arrêt total du parc pendant trois semaines », pour déterminer la responsabilité des éoliennes.

    Une hypothèse jugée trop coûteuse, l’exploitant réclamant selon lui un dédommagement de 80 000 euros par jour. En Allemagne, première puissance éolienne d’Europe, la Fédération des producteurs laitiers interrogée par l’AFP dit n’avoir jamais entendu parler de problèmes similaires sur des vaches. « Il devrait y avoir des cas partout en France où 8 000 éoliennes ont été installées », renchérit France Energie Eolienne (FEE), qui représente la filière.

    À Conquereuil, bourgade située à 20 kilomètres au nord, Sylvie Bignon, 48 ans, raconte aussi avoir subi une baisse de la qualité de son lait et ressenti d’importants maux de tête après l’arrivée de cinq éoliennes. Dans la Somme, l’ancien éleveur Yann Joly, installé depuis 1995, affirme lui avoir vécu « une descente aux enfers » depuis la construction de 12 éoliennes en 2011 à 1,8 km de sa ferme.

     #énergie #éoliennes #électricité #éolien #éoliennes_industrielles #résistance #énergie_éolienne#environnement #énergie_renouvelable #éolienne #rte #capitalisme #edf

  • Écosse. Le pays où le vent tourne

    Face à l’urgence climatique, loin des envolées lyriques, certains avancent sans faire de bruit. C’est le cas de l’Écosse, qui table sur une électricité 100 % renouvelable en 2020. Pris en main par les habitants, ce tournant change la vie des plus modestes.

    https://lequatreheures.com/episodes/ecosse-pays-vent-qui-tourne
    #Ecosse #énergie_éolienne #énergie #électricité #alternatives #énergie_renouvelable

  • Trajectoire énergétique, les enseignements des scénarios de RTE

    https://newsletter.infomaniak.com/external/show-email/eyJpdiI6InZDZjJXeTJLdXlBSFRXb096THM0XC92akd2OHlIVG1xaTJJSzhuY

    En lien avec la révision des deux outils majeurs de pilotage de la transition énergétique française que sont la Programmation pluriannuelle de l’énergie (PPE) et la Stratégie nationale bas carbone (SNBC), les scénarios publiés en octobre dernier par RTE dessinent un paysage de possibles à l’horizon 2035 riche de très importants enseignements.

    L’effervescence médiatique autour de cette publication n’a malheureusement mis en évidence qu’une supposée impossibilité de respecter l’objectif 50 % de nucléaire en 2025 tout en contenant les émissions de CO2. Pourtant d’autres voies existent.

    Les scénarios de RTE se distinguent par de nombreuses variables (évolution démographique, économique, effort d’efficacité, orientations suivies par nos voisins européens, …), dont RTE teste de multiples combinaisons. Mais ils dessinent essentiellement deux perspectives :

    #énergie #énergie_renouvelable #négawatt

  • #Énergie_éolienne : dossier sur Reporterre :

    1.« L’éolien signe la fracture entre deux visions de l’écologie »

    Emblème de la #transition_énergétique ou avatar vert du capitalisme ? L’énergie éolienne divise les #écologistes. Reporterre a mené une grande enquête, en cinq volets, pour examiner en détail les questions soulevées par le développement de cette industrie et les enjeux qui l’accompagnent.

    https://reporterre.net/L-eolien-signe-la-fracture-entre-deux-visions-de-l-ecologie

    2. « Les éoliennes : pourquoi si hautes ? comment ça marche ? combien sont-elles ? »)

    Vitesse du vent, puissance installée, #stockage de l’énergie produite… les questions techniques liées aux éoliennes sont nombreuses. Reporterre se plonge dans la mécanique et le vent pour tout vous expliquer.

    https://reporterre.net/Les-eoliennes-pourquoi-si-hautes-comment-ca-marche-combien-sont-elles

    3. « L’#économie de l’éolien, de plus en plus concentrée, n’est pas alternative »

    Le secteur de l’énergie éolienne concerne de multiples acteurs aux rôles bien spécifiques, du « turbinier » à l’exploitant en passant par le développeur et l’« agrégateur ». Avec la dérégulation du #marché de l’énergie, le secteur n’échappe pas non plus à la concentration et à la financiarisation.

    https://reporterre.net/L-economie-de-l-eolien-de-plus-en-plus-concentree-n-est-pas-alternative

    4. « Quel est l’impact des éoliennes sur l’#environnement ? Le vrai, le faux »

    #Énergie_renouvelable, l’éolien a, comme toute énergie, un impact sur l’environnement. Mortalité des #oiseaux et des #chauves-souris, besoin en #matières_premières, infrasons, #bruit,... Reporterre fait le point sur ce qui pose problème ou pas.

    https://reporterre.net/Quel-est-l-impact-des-eoliennes-sur-l-environnement-Le-vrai-le-faux

    5. Les #paysages de l’#éolien : on ne peut plus faire sans les citoyens

    L’impact paysager des éoliennes et l’industrialisation des campagnes qu’elles représentent soulèvent de nombreuses oppositions. La querelle pose une question politique : l’éolien peut-il être autre chose que la poursuite du monde industriel, fondé sur la croissance, la consommation et la marchandisation du bien commun ?

    https://reporterre.net/Les-paysages-de-l-eolien-on-ne-peut-plus-faire-sans-les-citoyens

  • How India’s battle with climate change could determine all of our fates | Environment | The Guardian
    https://www.theguardian.com/environment/2017/nov/06/how-indias-battle-with-climate-change-could-determine-all-of-our-fates

    “It’s a lucky charm,” says Rajesh, pointing to the solar-powered battery in his window that he has smeared with turmeric as a blessing. “It has changed our life.”

    He lives in Rajghat, a village on the border of Rajasthan and Madhya Pradesh states, and until very recently was one of the 240 million Indians who live without electricity. In the poverty that results, Rajghat has become a village of bachelors, with just two weddings in 20 years.

    “No one wants to give their daughter to me,” says Sudama, another young man.

    #inde #climat #énergie_renouvelable

  • Environ mille éoliennes en Europe détenues par des fournisseurs suisses RTS - jvia - 31 Juillet 2017
    http://www.rts.ch/info/suisse/8810775-environ-mille-eoliennes-en-europe-detenues-par-des-fournisseurs-suisses.

    Alors que la Suisse ne compte que 37 éoliennes, les fournisseurs d’énergie helvétiques en détiennent environ mille en Europe. Leur production électrique correspond à deux fois celle de Mühleberg.
    Le parc éolien suisse ne fournit pour l’instant que 0,2% de la consommation d’électricité totale du pays, rapporte La Liberté.
    En revanche, les fournisseurs et investisseurs helvétiques détiennent environ mille éoliennes dans huit pays d’Europe, principalement en Allemagne, en Italie et en France.

    Celles-ci contribuent à produire environ 5000 gigawatts/heure (GWh) par an, soit presque le double de la production annuelle de la centrale nucléaire de Mühleberg. Ce chiffre dépasse les objectifs de production éolienne indigène de la stratégie énergétique de la Confédération (4200 GWh). 

    Faciliter la transition
    Or, ces éoliennes n’offrent pas la sécurité d’approvisionnement visée par la stratégie énergétique, nuance Lionel Perret, responsable chez Suisse Eole.

    Il estime néanmoins qu’investir à l’étranger permet « l’acquisition d’expérience et de compétences en Suisse », mais aussi de « faciliter la transition » vers une fourniture électrique « qui devra être à 100% renouvelable en 2050 ».
    http://www.rts.ch/2017/07/31/10/56/8810819.image?w=900&h=506
    Le parc éolien de Fresnoy Brancourt, en Picardie, est propriété du groupe bernois BKW

    Investissements récents en France et en Norvège
    L’acquisition d’installations éoliennes en Europe par des fournisseurs et investisseurs suisses se poursuit.

    Le groupe vaudois Romande Energie a annoncé lundi l’acquisition d’un parc éolien en Bretagne, à Pluzunet, dans le département français des Côtes-d’Armor. Il comprend trois éoliennes, pour une puissance de 6 mégawatts et une production annuelle de près de 10,7 millions de kilowattheures, soit l’équivalent de la consommation annuelle moyenne de près de 3000 ménages.

    Début juillet, le groupe bernois BKW avait aussi annoncé l’acquisition pour 2018 d’un projet de 15 éoliennes à Marker, au sud-est de la Norvège.

    #France #Suisse #énergie #éoliennes #éolien #électricité #énergie_renouvelable #capitalisme #BKW

  • #Villes et quartiers durables : la place des habitants. La participation habitante dans la mise en #durabilité urbaine : discours, effets, expérimentations et mises à l’épreuve

    1ère partie : Mises en perspectives et contextualisations de la problématique
    Paul Claval
    Étudier la ville à travers son fonctionnement ou à travers l’art d’habiter
    Jean-Pierre Augustin
    La #ville_durable : #écologie et #urbanisme en question
    Augustin Berque
    La ville insoutenable
    2ème partie : Prégnance et effets d’un gouvernement de la participation
    Annick Monseigne
    Le discours participatif de remédiation. Les maux des mots
    Florence Rudolf
    Les #éco-quartiers, une innovation sociotechnique au service d’une culture de la #soutenabilité_urbaine ou de nouveaux marchés ?
    Georges-Henry Laffont et Matthieu Adam
    La durabilité en pratique(s) : gestion et appropriation des principes durabilistes véhiculés par les écoquartiers
    Richard Morin, Anne Latendresse et Nicolas Lozier
    « #Quartiers_verts » et programmation de la participation publique : de l’ordonnancement à la légitimation
    Didier Laugaa et Grégoire Le Campion
    Comportements écologiques responsables et #participation_citoyenne dans les écoquartiers : entre discours et réalité
    Nicolas D’Andrea et Luc Greffier
    Le Centre social et socioculturel activateur de participation dans le projet urbain durable : les conditions d’une intégration opérante
    Sarah Montero
    Durabilité culturelle et enjeux participatifs : penser la coopération entre élus et citoyens dans le cadre des #agendas_21 de la #culture
    3ème partie : Opportunités d’appropriations et de « résistances » citoyennes/habitantes
    Édith Hallauer
    Résidence principale : de l’architecte habitant
    Guy Mercier, Francis Roy et Etienne Berthold
    Les écoquartiers de #Québec ou la fortune d’une idée aussi engageante que malléable
    Hassina Imerzoukene-Driad, Philippe Hamman et Tim Freytag
    Participation et engagement citoyen : l’exemple des éco-quartiers de #Rieselfeld et #Vauban à #Fribourg
    Abdourahmane Ndiaye
    Écoquartiers, circuits courts alimentaires de proximité et modes d’habiter : vers une typologie du consommateur responsable
    Guillaume Faburel et Mathilde Girault
    Les éco-quartiers : vers une infrapolitique par les modes de vie et leurs communs ?
    Élisa Goudin-Steinmann
    Particularités et ambiguïtés de la notion de #participation à l’exemple d’espaces collectifs dédiés à la culture en #Allemagne
    Guy Di Méo et Karen Foussette
    Les représentations sociales des écoquartiers. Leurs interactions avec les enjeux de la concertation, de la participation et de la #consommation_responsable
    Pierre Cabrol et Joseane Silva
    Participation et durabilité urbaine : la propriété en débat
    Ridha Abdmouleh
    La gestion communale des #déchets en #Tunisie. De la transition à la durabilité : le cas de la commune de #Sfax
    4ème partie : Focus sur des technologies « impliquantes », leviers et freins dans la participation
    Patrick Faucher, Margot Pousseur, Grégoire Le Campion et al.
    Eco-quartiers : vers une nouvelle forme de relation entre l’usager et l’équipement
    Guillaume Christen et Philippe Hamman
    Quelle participation habitante dans les projets locaux d’#énergie_renouvelable ? Retour sur un dispositif d’énergie « citoyenne » dans une commune alsacienne
    Marie Mangold
    L’habitant, acteur du logement « durable » ? Le cas de constructions individuelles écologiques et à haute performance énergétique en #Alsace
    Elisabeth Lehec
    La participation habitante, un objet de recherche pour la mise en durabilité de la gestion urbaine. Le cas du compostage des déchets
    Benoit Granier
    La participation des habitants comme préalable au changement de leurs comportements ? Réflexions à partir des #Smart_Communities japonaises

    http://books.openedition.org/cse/102
    #urban_matter #livre #habitants #participation #écoquartiers #aménagement_du_territoire #géographie_urbaine #Japon

  • Tilos, Greece: the first island in the Med to run entirely on wind and solar power | Travel | The Guardian

    https://www.theguardian.com/travel/2017/jun/15/tilos-greece-renewable-energy-wind-solar-power

    You’re more likely to run into friendly partridges, rare orchids and endangered eagles than people as you trek around Tilos. The entire Dodecanese island is a nature reserve, with more than 150 species of resident and migratory birds, over 650 plant varieties, and a permanent population hovering around 500. Tilos owes its extraordinary biodiversity to a network of underground springs that feed five wetlands – but also to the late mayor, Tassos Aliferis, a committed environmentalist who earned Tilos its reputation as “Greece’s green island”.

    #énergie #énergie_renouvelable #c_est_possible !

  • Le groupe #Engie se perd dans la transition énergétique
    https://www.mediapart.fr/journal/economie/300317/le-groupe-engie-se-perd-dans-la-transition-energetique

    A Saint-Denis, près de Paris. © Reuters. Pour la troisième fois en quatre ans, Engie (ex-GDF-Suez) est en perte. Le groupe a décidé de changer de stratégie pour devenir le leader de la transition énergétique. Les salariés sont déboussolés et regardent, navrés, brader les actifs historiques. Au sommet, la guerre continue entre #Gérard_Mestrallet, président, et sa directrice générale, #Isabelle_Kocher. Sous l’œil impassible de l’État actionnaire.

    #Economie #énergie #Energie_renouvelable #Etat_actionnaire #Gaz #Ségolène_Royal #Suez_environnement #Véolia

  • Toutes les infos sur le Scénario négaWatt 2017-2050

    http://link.negawatt.org/m?r=pDM5MjjEEErQkQfQhtCr_ilD0LbQx9C77__Q2TdwxBAM0JtkbdDO0LD7RdCL-Dsd0

    Dossier de synthèse

    La synthèse présente l’essentiel du scénario négaWatt en 48 pages, depuis les points forts de ce nouveau scénario jusqu’à ses impacts environnementaux et socio-économiques, en passant par sa méthodologie et l’explication de son contenu sur la demande et l’offre d’énergie.
    Téléchargez la synthèse

    Les 12 points-clés

    Le scénario négaWatt 2017-2050 résumé en 12 points-clés, issus de la synthèse, permettant de saisir rapidement les grandes lignes de ce nouveau scénario de transition énergétique pour la France.

    #énergie #énergie_renouvelable

  • Réapproprions-nous l’#énergie ! - #Attac France
    https://france.attac.org/se-mobiliser/changeons-systeme-pas-climat/article/reapproprions-nous-l-energie

    La libéralisation du marché européen de l’énergie est ambivalente : véhicule de la remise en cause de nos vieux #services_publics de l’énergie, elle est également utilisée dans la perspective d’une réappropriation citoyenne de la production, distribution et consommation de l’énergie. La création de centrales citoyennes et de sociétés #coopératives de production d’#énergie_renouvelable, citoyenne et locale en est un des exemples. Présentation et explication en exemples.

  • Smart fabric creates renewable energy
    http://us6.campaign-archive2.com/?u=6e13c74c17ec527c4be72d64f&id=da7e8c3f53&e=08052803c8

    Smart fabric creates
    renewable energy

    Scientists have developed a revolutionary fabric that can harvest
    electrical energy from the wearer’s movements and the sun.

    By Tim Radford

    LONDON, 14 November, 2016 – And now, fashion’s latest take on the idea of smart clothes: a fabric that manages its own energy needs.

    Just the thing for that run in the sun, a T-shirt that harvests the energy from solar radiation, while at the same time scavenging the mechanical energy from its own movement so it can store that electric power in its own battery fabric.

    The latest sportswear fashion parade from designers in China and the US presents a three-way fabric that incorporates interwoven fibres that serve as solar cells, nanogenerators and supercapacitors. The day of the wearable electronic device is at hand.

    #énergie_renouvelable #énergie #climat

  • India’s solar power set to outshine coal
    http://us6.campaign-archive1.com/?u=6e13c74c17ec527c4be72d64f&id=484507f8fc&e=08052803c8

    India’s solar power
    set to outshine coal

    Solar power in India will be cheaper than imported coal by 2020, but replacing the subcontinent’s fossil fuels with renewable energy is an enormous task.

    By Henner Weithoener

    BERLIN, 21 October, 2016 – India wants to provide its entire population with electricity and lift millions out of poverty, but in order to prevent the world overheating it also needs to switch away from fossil fuels.

    #inde #énergie #énergie_renouvelables #énergi_solaire #soleil
    Although India is blessed with ample sunshine and wind, its main source of energy is coal, followed by oil and gas. Together, they provide around 90% of the total energy demand of the subcontinent – India, Pakistan and Bangladesh – with coal enjoying the highest share, at more than 70%.