• Cancer : l’université des patients, redonner du pouvoir aux malades | La série documentaire
    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/lsd-la-serie-documentaire/l-universite-des-patients-redonner-du-pouvoir-aux-malades-3339211

    Parce qu’ils ont acquis de solides connaissances sur leur maladie et qu’ils ont appris à vivre avec certains patients choisissent de mettre leur expérience au service d’autres malades. Ils sont devenus patients-experts. 1er épisode d’une série de quatre sur les cancers. Durée : 57 min. Source : France Culture

  • Les oubliés du droit d’asile

    Plus de 500 personnes ont participé à l’enquête réalisée sur 5 structures d’accueil parisiennes. L’enquête a permis la production d’un rapport final à partir de l’analyse des données quantitatives et qualitatives recueillies.


    Le rapport « Les oubliés du droit d’asile » dresse un constat alarmant sur les conditions d’existence des #hommes_isolés fréquentant les structures sur lesquelles l’enquête a été menée. Ces résultats amènent les associations à formuler des recommandations qui supposent une adaptation réglementaire et législative, l’augmentation des moyens ou l’ajustement des pratiques. Les associations en sont convaincues, les réponses aux difficultés rencontrées par les hommes isolés visés par l’enquête ne pourront se construire qu’en concertation et collaboration entre les associations, les services et agences de l’Etat et les collectivités.

    https://www.youtube.com/watch?v=ScjteUjbWAA

    https://www.actioncontrelafaim.org/publication/les-oublies-du-droit-dasile
    #rapport #France #Paris #asile #migrations #réfugiés #accueil #recommandations #SDF #sans-abris #sans-abrisme #hébergement #conditions_d'accueil #île_de_France #conditions_matérielles_d'accueil #enquête #dispositif_d'accueil #précarisation #allocation_pour_demandeurs_d'asile (#ADA) #accès_aux_droits #faim #santé_mentale

    ping @karine4

    • 95 entretiens poussés , un peu de sérieux , 85 bénévoles combien ça coute ? transmission des résultats aux services publiques , canal habituel ? l’honorable correspondant ? etc ...

  • Ventimiglia: persone bloccate e respinte alla frontiera franco-italiana

    #Vietato_Passare – La sfida quotidiana delle persone in transito respinte e bloccate alla frontiera franco-italiana” è il titolo del nostro nuovo rapporto pubblicato oggi sulle condizioni di centinaia di persone migranti in transito nella città di Ventimiglia, che cercano ogni giorno di attraversare il confine italo-francese e raggiungere altri paesi europei.

    Adulti e bambini sistematicamente respinti dalla polizia francese – talvolta con violenza, trattamenti inumani e privazione temporanea della libertà personale – e lasciati senza un’adeguata assistenza sul territorio italiano.

    Vietato passare in Francia

    Tra i 320 pazienti visitati tra febbraio e giugno 2023 durante le nostre attività di clinica mobile e le 684 persone in transito che hanno partecipato ad attività di promozione della salute e orientamento ai servizi socio-sanitari, il 79,8% ha dichiarato di aver tentato più di una volta di raggiungere la Francia e di essere stato respinto.

    Persone che dopo aver lasciato il loro paese di origine per sfuggire a violenze, morte, soprusi e povertà e dopo aver affrontato viaggi estremamente pericolosi, si ritrovano nuovamente esposte a violenze, umiliazioni e abusi nel cuore dell’Unione Europea.

    Molte delle persone in transito che abbiamo incontrato e assistito, hanno raccontato di violazioni da parte delle autorità francesi durante le procedure di notifica del refus d’entré (rifiuto d’ingresso), menzionando ad esempio trascrizioni imprecise dei dati personali, la fornitura imparziale o insufficiente di informazioni da parte delle autorità o l’assenza di mediatori interculturali.

    Tra loro ci sono anche persone vulnerabili, come minori non accompagnati, donne incinte o con bambini, anziani e individui con patologie mediche. Più di un terzo dei 48 minori non accompagnati ha riferito di essere stato respinto, mentre diverse persone hanno raccontato di essere state detenute arbitrariamente dalla polizia francese e trattenute in container durante la notte, in condizioni di promiscuità e senza alcuna protezione specifica per donne e minori.

    Secondo quanto riferito al nostro team, nelle notti trascorse nei container non sempre sono stati forniti cibo e acqua, l’assistenza medica è stata spesso negata, i servizi igienici ritenuti inadeguati e le persone sono state costrette a dormire a terra in spazi ridotti e spesso sovraffollati.

    Inoltre, solo nella prima metà dell’anno, abbiamo registrato almeno quattro casi di separazione familiare durante i respingimenti.

    Assistenza inadeguata sul territorio italiano

    Sul territorio di Ventimiglia, d’altro canto, le persone in transito hanno un accesso estremamente limitato ad alloggi adeguati, all’assistenza sanitaria, all’acqua potabile o ai servizi igienici, con conseguenze dirette sulle loro condizioni di salute.

    Tra i 320 pazienti che abbiamo assistito da febbraio a giugno, 215 persone hanno riportato problemi dermatologici, infezioni respiratorie e gastrointestinali, ferite e dolori articolari – condizioni causate o aggravate dalla vita in strada – mentre 14 soffrivano di malattie croniche come diabete e malattie cardiovascolari con necessità di terapia continuativa e a lungo termine.

    Nonostante siano stati recentemente aperti due nuovi PAD (Punto Assistenza Diffusa) dove i migranti più vulnerabili respinti dalla Francia possono trovare riparo per la notte, decine di persone in transito sono ancora costrette a dormire in strada o in accampamenti di fortuna. Due dei quattro PAD promessi dalle autorità locali non sono ancora operativi e i servizi essenziali come alloggi, assistenza sanitaria e legale vengono forniti dalle associazioni locali e dalla società civile.

    https://www.youtube.com/watch?v=QoMbUmD8yuM&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fwww.medicisenzafron

    https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/ventimiglia-assistenza-migranti

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #frontières #push-backs #refoulements #accès_aux_soins #rapport #MSF #Medici_senza_frontiere #frontière_sud-alpine #Alpes

    • “Vietato passare”: il report di Msf sui soprusi contro i migranti alla frontiera franco-italiana

      Bloccati e respinti dalla polizia francese -con violenza, trattamenti inumani e temporanea privazione della libertà-, centinaia di uomini, donne, bambini, persone vulnerabili si ritrovano a Ventimiglia senza un riparo adeguato e con un accesso limitato all’assistenza sanitaria. Il rapporto di Medici Senza Frontiere

      “Siamo stati fermati ieri a Nizza dalla polizia. Mia moglie è incinta. È stata portata in ospedale perché è svenuta mentre la ammanettavano. Io e mio figlio di due anni siamo stati condotti alla stazione di polizia di frontiera di Mentone. Abbiamo passato la notte al freddo e questa mattina siamo stati respinti e portati in Italia, ma non abbiamo notizie di mia moglie. Mio figlio piange, vuole la sua mamma e io non posso contattarla perché non ha il telefono”.

      La testimonianza di questa famiglia originaria della Costa d’Avorio è solo una delle storie di soprusi che si verificano quotidianamente al confine italo-francese di Ventimiglia (IM) e raccolte da Medici Senza Frontiere (Msf) nel nuovo report intitolato “Vietato passare” e pubblicato a inizio agosto 2023.

      “Vediamo persone estremamente vulnerabili che vengono respinte dalla polizia francese in maniera indiscriminata, senza che le loro specifiche condizioni individuali vengano adeguatamente valutate, per poi ritrovarsi sul territorio italiano senza un’adeguata assistenza da parte delle istituzioni”, spiega Sergio Di Dato, coordinatore del progetto di Msf nella cittadina ligure. “Molte delle persone in transito incontrate e assistite da Msf, hanno raccontato di violazioni da parte delle autorità francesi durante le procedure di notifica del refus d’entré (rifiuto d’ingresso), menzionando ad esempio trascrizioni imprecise dei dati personali, la fornitura imparziale o insufficiente di informazioni da parte delle autorità o l’assenza di mediatori interculturali”.

      Il rapporto si basa sui dati raccolti durante l’attività medica dell’équipe di Msf tra febbraio e giugno 2023 a cui si aggiungono 14 interviste semistrutturate con pazienti e membri del personale sanitario. Proprio all’inizio del 2023 l’organizzazione, già presente sul territorio di confine ligure nel 2016, ha deciso di tornare con il proprio staff in risposta al crescente numero di persone bloccate al confine.

      Delle 320 persone assistite la maggioranza proviene da Costa d’Avorio (28,1%), Guinea (27,5%) e Camerun (4,9%) ed è arrivata a Ventimiglia principalmente da Lampedusa (82,2%) e Trieste (5,3%). L’età media dei pazienti è di 23 anni con il gruppo più numeroso compreso tra i 16 e i 20: il 21% del totale, infatti, si è dichiarato minorenne al momento della visita. Oltre un terzo delle persone incontrate (37%) è donna.

      “Entrambi i miei genitori sono morti -racconta una di queste, originaria della Guinea-. Sono rimasta con mia zia che mi ha detto che era arrivato il momento di sposarmi. Avevo 15 anni. Non conoscevo l’uomo che avrei sposato; fu lei a trovarlo. Non ho scelto di sposarmi. L’uomo che è diventato mio marito ha iniziato a picchiarmi, ogni giorno. Era sempre violento con me. Sono finita in ospedale molte volte. Non avevo nessuno che mi proteggesse da lui. Sono passati quattro anni e ne porto ancora le cicatrici sul corpo […]. Ho deciso di andarmene per allontanarmi da quella vita”. Una storia di violenza non isolata. Quasi una persona su due di quelle visitate era infatti portatrice di “bisogni specifici e di estrema vulnerabilità a causa di caratteristiche o vissuti personali particolarmente complessi, correlati al genere, all’etnia, all’orientamento sessuale, alle convinzioni politiche o religiose e alle violazioni subite nei loro Paesi d’origine”.

      Il 38,8% ha impiegato più di un anno per raggiungere l’Italia, per alcuni il percorso è durato oltre cinque anni. Ma il “sogno europeo” sbatte contro l’ennesima frontiera sigillata.

      Su un campione di un migliaio di persone intercettate da Msf, l’80% ha dichiarato di aver già tentato di attraversare il confine tra Italia e Francia; il 25% riportava di essere stato respinto più di una volta “affrontando innumerevoli difficoltà ed esponendosi a rischi sempre maggiori fino a compromettere, a volte, la propria incolumità”, scrive Msf. E questo vale anche per le donne in gravidanza o che stanno allattando, per le persone anziane o gravemente malate e per i minori non accompagnati. Un terzo di quelli incontrati da Msf era stato respinto al confine, “tra cui due sopravvissuti a violenze e naufragi e una madre di 16 anni con un neonato”.

      Emblematica è la storia di A., 17 anni, originario di un Paese dell’Africa subsahariana. In Libia è stato rinchiuso in un centro di detenzione dove ha subito violenze e maltrattamenti di ogni tipo “che gli hanno lasciato cicatrici ancora visibili sulla schiena e un dolore cronico al ginocchio”. Ha deciso di raggiungere la Tunisia ma dopo i rastrellamenti operati dal presidente Kaïs Saïed ai danni delle persone migranti, ha deciso di partire per l’Europa.

      A 35 chilometri da Lampedusa un’imbarcazione, “probabilmente tunisina”, li ha abbordati pretendendo il loro motore. Li ha affiancati sempre di più, minacciandoli con toni aggressivi e creando forti onde che hanno fatto imbarcare acqua al piccolo natante, che alla fine è affondato. Nonostante le grida, le suppliche e le richieste di soccorso, l’altra nave ha abbandonato i passeggeri della barca di A. al loro destino. Lui, è tra i 22 tratti in salvo. “Da Lampedusa A. è arrivato a Ventimiglia. Vuole raggiungere la Francia perché parla francese e pensa che lì potrebbe avere più possibilità per costruirsi un futuro -si legge nel rapporto-. Tuttavia, è stato respinto due volte dalle autorità francesi, anche se è vittima di naufragio, ha subito innumerevoli violenze, si dichiara minore e non è accompagnato”.

      La condizione sanitaria delle persone incontrate dagli operatori presenti a Ventimiglia è pessima. “Tra le persone assistite, 215 pazienti (67,2%) hanno riportato una condizione acuta, tra cui malattie dermatologiche, patologie respiratorie, disturbi gastrointestinali, problemi muscoloscheletrici o lesioni -si legge nel report-. In totale, sono stati segnalati 31 episodi di traumi accidentali acuti, di cui il 90,3% (28) tra la popolazione di sesso maschile e tre (9,7%) tra i minori. Inoltre, 32 individui (10%) hanno presentato sintomi neurologici, la maggior parte dei quali riconducibili a mal di testa o emicrania (25, 78,1%), e per 14 persone (4,4%) sono state individuate patologie croniche con necessità di terapia continuativa e a lungo termine”.

      Sono stati raccolti dati anche rispetto alle vittime di violenza intenzionale (in totale 12, il 3,8%) e alle persone che presentavano sintomi associati a problemi di salute mentale (15, ovvero il 4,7%). Ma su queste stime gli operatori sottolineano la “difficoltà di stabilire relazioni di fiducia con pazienti transitanti che sono concentrati sul proseguimento del loro viaggio, sulla ricerca di sicurezza o sul soddisfacimento dei bisogni primari”.

      Anche la soddisfazione dei bisogni primari a Ventimiglia è un miraggio. “Con la chiusura del campo Roja nel 2020, che rappresentava l’unico centro ufficiale di accoglienza di emergenza nella zona, e gli sgomberi forzati effettuati nel maggio 2023 dalle autorità italiane presso l’insediamento informale sulle rive del fiume Roja -si legge nel rapporto- le persone in transito si trovano costrette a dormire per strada, in edifici abbandonati o in ripari di fortuna. Questa situazione le espone a marginalizzazione, soprusi, condizioni climatiche avverse, rischi per la salute privandole dell’accesso a servizi igienici, all’acqua pulita o a un riparo adeguato”.

      Molti bisogni restano, così, senza risposta. E lo staff di Msf che fornisce assistenza medica a Ventimiglia “misura quotidianamente” l’impatto della mancanza di alloggi e servizi igienici: “Malattie della pelle (48 persone; il 15,8%), infezioni gastrointestinali (25, il 18,2%), infezioni urinarie e del tratto respiratorio superiore (35, l’11,5%) sono solo alcuni dei disturbi che spesso derivano direttamente dalle pessime condizioni di vita e di marginalizzazione sociale in cui è costretta a vivere la popolazione in transito”.

      E di cui soffrono soprattutto donne e minori, i più vulnerabili. L’accesso alle cure per chi dichiara di avere meno di 18 anni è complesso: per richiedere la tessera sanitaria è necessario coinvolgere chi esercita la potestà genitoriale o il responsabile della struttura di accoglienza in cui sono ospitati i minori. Struttura da cui però, nella maggior parte dei casi, è scappato chi arriva a Ventimiglia desideroso di raggiungere altri Paesi europei. Anche per le donne e ragazze, “che presentano bisogni e rischi sanitari specifiche” l’accesso alle cure mediche ginecologiche è difficoltoso. “Sia perché sono riluttanti a interrompere il loro percorso migratorio, sia perché hanno sfiducia nei confronti del sistema sanitario”, spiegano i curatori del report. “Tutto questo si traduce in un’interruzione della continuità delle cure mediche e in un aumento dei rischi di complicazioni e morbilità durante la gravidanza”.

      Salute calpestata, diritti negati. Chi è respinto al confine è spesso vittima di violenza e detenzione arbitraria nei container in cui le persone, una volta intercettate, aspettano di essere riportate sul territorio italiano. Secondo i dati raccolti da Msf dalla prefettura di Nizza, più di 13.395 persone tra il primo gennaio e il 15 giugno 2023 sono state soggette a “respingimenti o trattenimenti al confine italo-francese, con un aumento del 30% rispetto all’anno precedente”. Una media di 80 persone al giorno costrette a tornare indietro, tra cui sempre più minori.

      Le raccomandazioni di Msf che chiudono il report sono così rivolte ai tre principali protagonisti di questa paradossale situazione: alle autorità di Ventimiglia e al governo italiano di garantire l’accesso ai servizi di base e un’accoglienza dignitosa per le persone che transitano dal confine; alle autorità francesi di assicurare il rispetto delle garanzie procedurali durante i controlli di frontiera al confine italo-francese, proteggere i minori e porre fine alla detenzione arbitraria dei migranti. Infine, all’Unione europea, di “impedire i respingimenti alle frontiere interne” e “impedire le espulsioni collettive dagli Stati membri e stabilire meccanismi per valutare le situazioni individuali delle persone in transito”. Per provare a salvare quel che resta di quello spazio Schengen dove, a oggi, le merci attraversano più facilmente i confini di (alcune) persone.

      https://altreconomia.it/vietato-passare-il-report-di-msf-sui-soprusi-contro-i-migranti-alla-fro

  • Services publics injoignables
    https://www.senat.fr/questions/base/2023/qSEQ230205233.html

    Question de M. GUÉRINI Jean-Noël (Bouches-du-Rhône - RDSE) publiée le 16/02/2023

    M. Jean-Noël Guérini appelle l’attention de M. le ministre de la transformation et de la fonction publiques sur la difficulté à obtenir des renseignements téléphoniques pertinents auprès des agents des services publics.

    Six ans après une première enquête, la défenseure des droits et l’institut national de la consommation ont mené une étude sur l’évaluation de la disponibilité et de la qualité des réponses apportées aux usagers par les plateformes téléphoniques de quatre services publics : la caisse d’allocations familiales (CAF), #Pôle_emploi, l’assurance maladie et la caisse d’assurance retraite et de la santé au travail (CARSAT).
    Selon les résultats publiés le 26 janvier 2023, sur les 1 500 appels passés, 40 % n’ont pas abouti. La durée moyenne d’attente pour obtenir un interlocuteur s’est avérée supérieure à neuf minutes. Ensuite, la réponse s’est trop souvent limitée à renvoyer les usagers vers le site internet de l’organisme. Sachant que 13 millions de personnes éprouvent de sérieuses difficultés avec le numérique, cela crée une rupture d’égalité dommageable. De surcroît, les taux de réponses satisfaisantes n’ont jamais dépassé 60 % .
    En conséquence, il lui demande ce qu’il compte mettre en oeuvre pour que l’accès à l’information cesse d’être un parcours du combattant pour les usagers qui ne maîtrisent pas l’utilisation d’internet.

    Publiée dans le JO Sénat du 16/02/2023 - page 1111

    Réponse du Ministère de la transformation et de la fonction publiques publiée le 06/07/2023

    Réponse apportée en séance publique le 05/07/2023

    Les Français plébiscitent le téléphone pour joindre les services publics : c’est le premier canal pour entrer en contact avec un agent. En effet, en 2021, il y a eu plus de 200 millions d’interactions avec un agent public : 85% de ces interactions sont réalisées à distance [au Maroc ou aux Philippines ?] , dont 43% au téléphone. Ce canal génère toutefois de nombreuses insatisfactions : difficultés à joindre les services et problèmes de qualité des réponses apportées avec, notamment, des réponses non personnalisées lorsque l’agent au téléphone n’est pas en mesure d’accéder au dossier de l’usager . Le Gouvernement a donc décidé à l’occasion du comité interministériel de la transformation publique (CITP) de déployer un plan plus exigeant d’amélioration de l’#accueil_téléphonique dans les services publics. Des objectifs précis ont ainsi été fixés : Le taux de décroché devra être supérieur à 85 % dans les 18 mois, en ne tenant compte que des appels pris en charge lorsque l’usager demande à entrer en contact avec un agent Une mesure de la satisfaction des usagers du canal téléphonique sera mise en place avant fin 2023 [on veut un N° vert !] Le numéro de téléphone doit être facilement identifiable sur les sites internet des administrations La possibilité de prendre rendez-vous ou d’être rappelé sera développée [ça alors !] pour éviter le temps d’attente au téléphone lorsqu’aucun agent n’est disponible L’ensemble des réseaux de services publics sera chargé de décliner ce plan dans son réseau, en prenant en compte les orientations fixées par le Gouvernement. Pour opérationnaliser e fonds pour la transformation de l’action publique (FTAP) sera mobilisé pour les administrations qui mettent en oeuvre une stratégie omnicanale afin qu’elles puissent développer des outils avancés de gestion de la relation #usagers permettant de maintenir une relation personnalisée, continue et efficace avec les usagers. La direction interministérielle de la transformation publique (DITP) est chargée de suivre la mise en oeuvre de ce plan d’action et d’organiser le partage de bonnes pratiques en matière d’accueil téléphonique. Ce plan d’action est l’illustration de l’engagement déterminé du Gouvernement pour que nos services publics soient au rendez-vous des attentes des Français, quel que soit le canal d’accès que choisissent les citoyens.

    Publiée dans le JO Sénat du 06/07/2023 - page 4246

    #CAF #Cnam #accueil #dématérialisation #opacité #accès_aux_droits

  • Communiqué de la FNCS : L’AME n’est pas un instrument de politique migratoire

    https://syndicat-smg.fr/communique-de-la-fncs-l-ame-n-est-pas-un-instrument-de-politique-migrat

    Publié le mardi 4 juillet 2023, par Fédération nationale des centres de santé FNCS

    Le SMG s’associe complètement aux propos de la FNCS tenus dans ce communiqué de presse. L’accès aux soins doit être garanti pour chacun·e, quelle que soit sa situation personnelle, administrative ou économique.

    Fédération Nationale des Centres de Santé : L’AME n’est pas un instrument de politique migratoire

    Restreindre l’AME : un non-sens en termes de santé publique et économique

    Un projet de loi sur l’immigration est actuellement discuté. Il pourrait faire disparaitre l’AME (Aide médicale d’état) au profit uniquement d’une prise en charge des « soins urgents ». Cela permettrait, soi-disant, une économie de 350 millions d’euros.

    L’accès aux soins et à la prévention sont des droits pour toutes et tous quel que soit son statut.
    Soumis à des polémiques récurrentes, l’aide médicale d’Etat répond à cet objectif public et sanitaire comme l’indique le rapport Igas [1]. Elle assure aux étrangers en situation irrégulière le droit fondamental d’être soignés et de rester en bonne santé. Elle permet aussi de protéger toute la population contre les maladies transmissibles non repérées à temps. (…)

    #AME #soins

  • CNAM - dématérialisation et bunkérisation (déshumanisation) des administrations (reçu par mel)

    Ce mail fait écho avec deux anecdotes de la semaine dernière : une patiente hospitalisée pour laquelle a été sollicitée à la CNAV une demande d’aide au retour à domicile après hospitalisation, dont la réponse est censée être rapide...
    Comme ça fait un mois qu’on a envoyé le cerfa et que rien ne se passe, j’appelle le 3960, j’entre le NIR, appuie sur la touche 5 : « informations sur des aides concernant le maintien à domicile » et après 3 secondes de musique : « l’assurance retraite vous remercie de votre appel. Au revoir et à bientôt » et ça raccroche.
    Pensant que c’était un bug j’ai renouvelé l’opération : en vain, ça raccroche.

    Pour aune autre personne, j’appelle cette fois le la CPAM au 3646 : mais tous les conseillers sont occupés, je suis invitée à aller sur le site améli. Ca tombe bien Madame a un compte et elle connaît même son mot de passe. On voudrait un RDV parce que je ne connais pas le cas de figure que Madame me présente et il me semble qu’elle sera mieux guidée par un conseiller de la sécu. Sur améli, je peux choisir dans quelle antenne je veux être reçue (il y en a une dizaine et Madame a le choix, top !). On choisit Bobigny avec 3 jours de plage pour la semaine suivante « indisponibles », on clique sur la suivante : les 3 autres plages sont aussi indisponibles, on clique et on clique et on clique jusqu’à ne plus pouvoir cliquer. Toutes les plages sont occupées...
    J’essaie de passer par le robot qui vous propose d’écrire votre question et je trouve le chemin pour avoir un RDV téléphonique mais je dois choisir dans un menu déroulant le motif de ma demande et on m’avertit que si ma question est sur un autre sujet, le conseiller ne me répondra pas. Sauf que la situation ne Madame ne rentre dans aucune case...
    Il nous reste le bon vieux courrier postal...

    les vigiles qui interdisent d’entrer à la CPAM sans rendez-vous, l’attente téléphonique qui débouche sur un « merci d’avoir appelé », l’item « prendre rdv » bien caché qui n’admet qu’une liste très fermée de motifs, c’est exactement comme ça.

    #CPAM #CNAM #dématérialisation #accès_aux_soins

    • Lorsque mon époux est décédé, il était en arrêt maladie ALD cancer... J’ai eu besoin de papier de la CPAM ! Mais mais lorsque tu décèdes, abracadabra aussi sec ton compte Ameli devient inaccessible ! Pour prendre un rdv j’ai dû mentir et cocher n’importe quoi ! Devant la personne j’ai expliqué le jour du RDV ! Elle ne pouvait pas accéder au compte bloqué !!! C’est sa direction qui a pu le faire . La dame était hyper gentille. Moi, j’étais au bout de ma vie...C’est pas facile...

    • ces dark patterns prolongent une politique de rapine où le courrier postal comme la démarche au guichet débouchent eux-aussi sur des impasses (souvent illégales, mais difficilement contestables). je me débat avec la Cnam qui a prélevé mon compte des mois pour une CSS à laquelle j’avais droit à titre gratuit (la CAF communique automatiquement l’entrée au RSA socle de ses allocataires, situation qui ouvre droit à la CSS sans frais). mes multiples réclamations en ligne ont donné lieu à des réponses dilatoires ("faites une demande de CSS", alors que je l’avais déjà, ce qui rendait la démarche demandé impossible sur le site !) ; au guichet on m’a dit qu’on y pouvait rien sans me répondre sur le fond, écarté de l’échange malgré mon insistance, qu’il fallait écrire. en réponse à un courrier on m’a à nouveau proposé de faire une demande de CSS que j’avais déjà, là aussi sans dire un mot des prélèvements indus (ne pas fabriquer de nouvelles preuves contre l’administration). j’attends donc des nouvelles du « médiateur » de la CPAM (pour un autre litige, celui de la Sncf, s’était contenté d’annuler la majoration d’une amende indue et non l’amende elle-même : on m’avait vendu au guichet un aller/retour avec deux trajets datés du même jour, impossible à effectuer vu les horaires, ce que j’ai découvert lors du contrôle, au retour...). le médiateur va-t-il conclure au tort partagé en proposant de limiter le remboursement à une moitié de la somme en jeu ? Inutile de préciser que chaque démarche, c’est du taf (décrire les faits, fournir toutes les pièces justifiant l’argument). entamer une procédure, permettrait sans doute d’être remboursé juste avant audience. les administrations (préfecture, caf, Policemploi, cnam) ont le chic pour éviter les condamnations.
      pour ne pas s’assoir sur les 200 balles concernées, il faut vraiment en vouloir et ne pas compter ses heures.

    • Je regrette de ne pas avoir de mot en français pour désigner ce sujet d’actualité. A l’époque où on te dit que l’accessibilité n’est pas superflue, constater combien certaines fonctionnalités sont bâties en dépit du bon sens, au point parfois d’en arriver à vouloir sacrifier des bébés phoques (désolé, j’ai parfois de mauvaises pensées...).

      L’autre fois, c’était pour retrouver un identifiant sur un site de je ne sais plus quel fournisseur. Un assureur je crois. Où la procédure se termine par l’envoi d’un SMS non identifié contenant un lien bit.ly. Un lien court bit.ly à l’époque où tu sais qu’une simple URL malveillante peut provoquer des installations non désirées sur ton smartphone...

      Donc, dark patterns, c’est chouette. A la fois pour désigner la mé-conception, mais surtout pour désigner la mauvaise volonté manifeste de rendre le service attendu accessible facilement. Cette mauvaise volonté peut parfois être involontaire, par absence de compétence. Mais d’autres fois, elle peut aussi être le signe d’une volonté retorse de ne pas rendre le service. Parce qu’il y a parfois, chez les concepteurs la croyance que les utilisateurs sont des veaux qu’il faut dompter.

    • Ts, ts, ts  : les dev font ce que le chef de projet « interaction du public » ou autre leur demande. En fonction de ce qu’il sait et de ce qu’on lui demande. Donc de la merde.

      La Sécu est injoignable, c’est un fait et c’est à mon sens délibéré.
      On est au moins 12% à ne plus avoir accès à un médecin traitant, donc au parcours de soin, mais tu vois, ce n’est un item nulle part.
      Comme ça, tu ne peux manifester ton besoin nulle part, donc tu n’es pas enregistré·e dans la machine et donc ton problème n’existe pas parce qu’il n’est pas mesuré.

      Ma banque en ligne permettait la saisie libre de l’objet de la demande, maintenant, plus du tout.
      C’est bien un choix.

      Celui de ne s’occuper que des cas fluides qui cochent toutes les cases et ne font pas perdre de temps.

  • La rénovation urbaine au chevet des inégalités de santé ?
    https://metropolitiques.eu/La-renovation-urbaine-au-chevet-des-inegalites-de-sante.html

    Dans le cadre de son partenariat avec l’ANRU, Métropolitiques fait dialoguer chercheur·ses et professionnel·le·s autour de grands enjeux de la #rénovation_urbaine et des #quartiers_populaires. Ce premier échange traite des #inégalités sociales de santé dans les quartiers de la #politique_de_la_ville et des moyens de les réduire. Entretien réalisé par Anaïs Collet et David Rottmann. La crise sanitaire de la #Covid-19 a révélé l’ampleur des inégalités sociales et spatiales de santé. La surmortalité observée #Entretiens

    / santé, inégalités, Covid-19, #accès_aux_droits, quartiers populaires, rénovation urbaine, politique de la (...)

    #santé
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met-interview_anru.pdf

  • Réguler l’installation des médecins : la comparaison avec le cas allemand
    https://theconversation.com/reguler-linstallation-des-medecins-la-comparaison-avec-le-cas-allem

    L’Allemagne, voisin le plus proche géographiquement, est doté d’un système de régulation de l’installation parmi les plus stricts au monde. Pourtant, il est très peu évoqué dans le débat français. Au-delà de la barrière linguistique, la faible diffusion de l’évaluation des politiques en place outre-Rhin ne facilite pas les échanges d’expériences.

    Cet article décrypte le système allemand actuel, et son historique, et donne un aperçu des effets. En outre, il discute la transférabilité de ces enseignements vers la France.

    #déserts_médicaux #Allemagne #médecine #accès_aux_soins

    • L’article explique mal la situation. D’abord il faut savoir qu’en Allemagne le taux de remboursement des soins s’élève à 100 pour cent dans le cadre du régime général.

      Les médecins quant à eux font partie des professions libérales comme les psychologues, les avocats, les ingenieurs et les créateurs web. Ils sont tous libres d’exercer leurs métier où bien leur semble. Ils sont également autorisés à définir librement leurs prix.

      La régulation s’effectue par les associations des médecins sous le régime public (kassenärztliche Vereinigung). 89,74 pour cent des patients étant inscrits auprès des assurances maladie publiques (gesetzliche Krankenkassen) seulement 8,73 pour cent des patients sont patients privés et constituent la clientèle exclusive des médecins sans homologation auprès des associations kassenärztliche Vereinigung .

      Les médecins inscrits auprès des kassenärztliche Vereinigung essayent également d’attirer un maximum de patients privés en leur proposant un traitement de faveur par rapport au commun des assurés. Les assureurs privés autorisent de multiplier les tarifs des assurances publiques par 2,3. En conséquence on obtient des soins à deux vitesses chez les médecins « publiques ».

      La plupart des médecins et patients sont soumis au quasi monopole des associations kassenärztliche Vereinigung ce qui leur donne un pouvoir énorme face aux médecins individuels, assurances maladie et l’état. Les médecins « privés » s’installent alors prèsqu’exclusivement dans les régions et arrondissements riches et y contribuent à une meilleure disponibilité des soins pour leurs patients priviligiés.

      Ces médecins des riches gagnent une grande partie de leurs revenus grâce aux fonctionnaires d’état et des Länder qui sont priviligiés par rapport au commun des mortels. En règle générale les médecins privés facturent deux fois le taux de remboursement des assurance publiques et s’octroient un dépassement supplémentaires allant jusqu’à 350 pour cent pour les soins « compliqués ». Les soins qui ne sont pas remboursés par l’assurance publique sont facturés individuellement.

      Les « Beamte » (fonctionnaires de type allemand sans droit de grèvre et sans liberté d’expression à part entière qui jouissent en contrepartie de l’obligation de l’état de les « nourrir » pendant leur vie entière) ont droit au remboursement de 50 pour cent de leurs frais d’assurance maladie. Ensuite ils touchent des « Beihilfe » par soin ce qui leur permet de profiter de tarifs nettement moins chers que les membres des professions libérales et entrepreneurs qui choisissent l’assurance maladie privée.

      Depuis toujours la gauche revendique l’abolition de ces privilèges et l’intégration des Beamte et des indépendants dans le régime public d’assurance et pour la retraite et pour les soins médicaux. C’est la signification de la revendication d’une « Bürgerversicherung » par le parti de gauche Die Linke soutenu par une grande partie des membres du SPD.

      Nous nous moquons du parti FDP en l’appellant le parti des dentistes car il lutte pour le maintiens des privilèges et pour leur extension.

      –---

      Voici la meilleure stratégie pour les patients qui ne font pas partie des millionaires. Demandez aussi aux conseillers spécialisés mais faites attention de ne pas tomber sur un vendeur de contrats d’assurance. Ces conseils se payent :

      1. Restes dans l’assurance publique même si au premier abord elle a l’air plus chère que l’assurance privée. En fin de compte tu en profiteras.
      2. Pour chaque risque qui n’est plus couvert par les assurances publiques (prothèses dentaires !) tu choisiras une assurance supplémentaires à laquelle tu souscriras le plus tôt possible.
      3. Prends garde de ne jamais sortir du régime général, on rend de plus en plus difficile la possibilité d’y retourner quand tu dois renoncer à l’assurance privée.
      4. Etablis un rhythme régulier pour tes visites chez le médecin et le dentiste, ton assurance même publique t’en félicitera et t’offrira des avantages ensuite.

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      Sources

      Anzahl der Mitglieder und Versicherten der gesetzlichen und privaten Krankenversicherung in den Jahren 2016 bis 2022 https://de.statista.com/statistik/daten/studie/155823/umfrage/gkv-pkv-mitglieder-und-versichertenzahl-im-vergleich

      Voici un article pour médecins qui explique comment trouver des patients privés.

      https://www.zwp-online.info/zwpnews/wirtschaft-und-recht/praxismanagement/privatpatienten-wer-sie-sind-und-wo-man-sie-wie-findet

      15.05.2017 Praxismanagement - Privatpatienten : Wer sie sind und wo man sie wie findet

      Wie kann ich mehr Privatpatienten gewinnen? Dies beschäftigt viele Zahnärzte. Und vermutlich ebenso viele Zahnärzte werden die Erfahrung gemacht haben: Man findet nur wenige konkrete Antworten auf diese Frage, wenn man einmal von den grundsätzlichen Ratschlägen – stimmige Außendarstellung, gutes Google-Ranking, gute Be­wertungen, optimale Patientenbetreuung – absieht. Die erfolgreiche Akquise von Privatpatienten beginnt jedoch früher. Und zwar mit den Fragen: Wer sind Privatpatienten und wie und wo erreiche ich sie?
      ...
      Mitgliederstruktur der privaten Krankenversicherung

      Gruppe Anteil in %

      Beamte und Pensionäre 42,0
      Nichterwerbstätige (inkl. Kinder) 19,9
      Selbstständige 15,7
      Angestellte 11,6
      Rentner 7,5
      Studenten 2,9
      Arbeitslose 0,2

      Les dépassments prévus par les assureurs privés
      https://www.dgpar.de/blog/steigerungssatz

      Beitragssteigerungen in der PKV – ein Mythos oder ein wahrer Schrecken ?
      https://www.finanzberatung-bierl.de/leistungen/krankenversicherung/beitragssteigerungen-pkv-vs-gkv

      Wähle keine PKV aufgrund der Beitragsrückerstattungen aus!
      Wie kann ich dafür sorgen, dass die Beiträge stabil (er) bleiben?
      A: Es werden 10 % Deines Beitrages als Altersrückstellung entnommen
      B: Du kannst schon jetzt einen Beitragentlastungstarif auswählen
      C: Spare einfach privat an. Ob Fondssparplan, ETF Lösung oder ggf. eine Basisrente
      D: Der vielleicht wichtigste Rat – Augen auf bei der Wahl der richtigen Gesellschaft & Tarif!

      Gebührenordnung für Ärzte
      https://www.gesetze-im-internet.de/go__1982
      Ces règles donnent un cadre général pour les prix des soins mais aucun médecin ne suit ce texte. Les négotiation entres associations, assurances et l’état ne s’y réfèrent aussi peu.

      „Gebührenordnung für Ärzte in der Fassung der Bekanntmachung vom 9. Februar 1996 (BGBl. I S. 210), die zuletzt durch Artikel 1 der Verordnung vom 21. Oktober 2019 (BGBl. I S. 1470) geändert worden ist“

      #Allemagne #maladie #santé #assurance #fonctionnaires

  • Accès aux soins : qui sont ces patients qui renoncent ?
    https://theconversation.com/acces-aux-soins-qui-sont-ces-patients-qui-renoncent-185613

    L’article 25 de la Déclaration universelle des droits de l’homme de 1948 garantit le droit d’accès aux soins pour tous. Il précise en effet que :

    « Toute personne a droit à un niveau de vie suffisant pour assurer sa santé, son bien-être et ceux de sa famille, notamment pour l’alimentation, l’habillement, le logement, les soins médicaux […]  »

    Or, alors même que la population française vieillit, ce droit d’accès aux soins est de plus en plus difficile à garantir, dans un contexte de crise de l’hôpital et d’insuffisance des effectifs en médecine de ville.

    Médias et personnalités politiques se font d’ores et déjà l’écho des problèmes que rencontrent certains citoyens pour se soigner. Dans une telle situation, il arrive que des individus renoncent aux soins. En quoi consistent précisément ces renoncements aux soins ? Qui concernent-ils ? Des travaux de recherche permettent d’éclairer ces questions.

    #santé #vieillesse #accès_aux_soins

  • Soins médicaux pour personnes sans assurance maladie

    Vous vivez dans la ville de Zurich, vous n’avez pas d’assurance maladie et vous êtes malade ou ressentez des douleurs ?

    Dans la ville de Zurich, il existe différentes offres pour les personnes sans assurance maladie. Si vous vivez depuis au moins 3 mois dans la ville de Zurich, les coûts sont pris en charge.

    https://www.stadt-zuerich.ch/gud/de/index/gesundheitsversorgung/medizin/nkv/nkv-fr.html
    #sans-papiers #Zurich #Suisse #villes-refuge #migrations #soins_médicaux #santé #assurance_maladie #accès_aux_soins

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    ajouté à la métaliste sur les villes-refuge :
    https://seenthis.net/messages/759145

    • Sans-Papiers sollen bessere medizinische Versorgung bekommen

      Geschätzt 10’000 Menschen haben in Zürich keine Krankenversicherung. Die Stadt schaltet auf ihrer Website eine Anlaufstelle auf, um die Betroffenen zu erreichen.

      Personen, die keine Krankenversicherung haben, sollen in der Stadt Zürich ab 2023 medizinisch versorgt werden. Die Stadt startet ein Pilotprojekt, um die Betroffenen, oft Sans-Papiers, zu erreichen.

      Geschätzt leben über 10’000 Menschen in Zürich, die über keine Krankenversicherung verfügen. Schwierig sei es vor allem, diese Menschen zu erreichen, wie die Stadt Zürich in einer Medienmitteilung vom Montag schrieb.

      Zwar gebe es bereits spezialisierte Anlaufstellen für Menschen ohne gültige Aufenthaltsberechtigung. Doch hätten Auswertungen ergeben, dass nur die wenigsten Betroffenen diese Einrichtungen besucht hätten. Darum schaltet die Stadt die Anlaufstellen auf ihrer Website auf, wie es weiter heisst.

      Das Angebot wird in 13 Sprachen aufgeführt. Beiträge in den sozialen Medien und Flugblätter sollen auf die Website aufmerksam machen.
      Kosten von 4,6 Millionen Franken

      Medizinische Erstkonsultationen sollen im Ambulatorium Kanonengasse der Stadt Zürich, der Meditrina-Praxis des Schweizerischen Roten Kreuzes des Kantons Zürich und in lebensbedrohlichen Notfällen in den Notfallaufnahmen des Stadtspitals Zürich stattfinden.

      Das Pilotprojekt hatte 2021 auch der Zürcher Gemeinderat deutlich gutgeheissen. Er hatte einen Kredit von 4,6 Millionen angenommen. Das Projekt ist auf drei Jahre angesetzt.

      https://www.tagesanzeiger.ch/sans-papiers-sollen-bessere-medizinische-versorgung-bekommen-946958582

  • Pour obtenir un rendez-vous médical, mieux vaut ne pas être bénéficiaire d’une aide à la santé
    https://www.slate.fr/story/235168/refus-soins-medecins-patients-precaires-discrimination-aides-sante-maladie-ame

    Certains praticiens refusent de prendre en consultation les personnes bénéficiant de l’aide médicale d’État (AME) ou de la complémentaire santé solidaire (C2S). Face à cette discrimination, les recours sont rares car longs et surtout méconnus des patients.

    « Ma mère avait rendez-vous chez le dentiste. Une fois installée sur le fauteuil dentaire, il lui a demandé comment elle avait l’intention de payer. Ma mère lui a répondu qu’ayant la CMU complémentaire [la CMU-C, aujourd’hui complémentaire santé solidaire, ndlr], elle n’avait rien à payer. Le dentiste lui a alors dit qu’il ne prenait pas la CMU-C et, relevant brutalement le fauteuil, il lui a intimé l’ordre de partir. »

    « Je viens de déménager. Quand j’ai voulu prendre rendez-vous avec un pédiatre pour les enfants, la première chose qu’il m’a demandé c’est si j’étais à la CMU-C. Je lui ai dit que oui. Il m’a dit qu’il ne me prenait pas, du coup. »

    Ces témoignages ont été livrés à Santé info droits, une ligne d’écoute téléphonique de France Assos Santé, un collectif d’association de patients, qui en reçoit tous les jours plusieurs de ce type. Trop souvent, des patients bénéficiaires de la complémentaire santé solidaire (C2S), ex-couverture maladie universelle complémentaire (CMU-C) et aide à la complémentaire santé (ACS), ou de l’aide médicale d’État (AME) se voient refuser des soins du fait de leur protection sociale. Même des personnes atteintes de maladies chroniques n’y échappent pas : « J’ai une myopathie et les médecins ne veulent pas me soigner parce que j’ai l’aide médicale d’État »_, raconte ainsi une autre patiente.

    La C2S, sous conditions de ressources, est octroyée pour couvrir les dépenses de santé, et l’AME est destinée aux personnes étrangères en situation irrégulière. Mais ces aides, mises en place au début des années 2000 afin de permettre l’accès aux soins à celles et ceux qui n’en ont pas les moyens, deviennent parfois un frein dans leur parcours de prise en charge.

    rien de mieux pour savoir ce que c’est que la droite que les #médecins ...

    #médecine #santé #accès_aux_soins #CSS (il ont trouve un acronyme moins malsonnant avec leur #C2S, c’est top moderne

    • Certes, mais on nous explique plus loin qu’il existe des recours aux #refus_de_soin, pratique illégale et contraire à l’éthique.

      Deux options s’offrent au patient qui se voit refuser une prise en charge médicale : « une victime de refus de soins peut se présenter devant la commission mixte paritaire [constituée de représentants de la caisse primaire d’assurance-maladie et du conseil de l’Ordre du professionnel de santé mis en cause, ndlr] et devant le juge », indique Flore Ganon-Lecomte, référente technique et plaidoyer pour l’accès aux droits santé chez Médecins du monde.

      Par contre,

      Mais il s’agit de théorie, car le plus souvent, les personnes qui en sont victimes ne savent pas ce qu’est un refus de soins et ne connaissent pas les recours qui existent. Selon Flore Ganon-Lecomte, le manque d’information des personnes concernées est d’ailleurs le premier obstacle rencontré. Par ailleurs, les victimes de refus de soins « sont dans une difficulté sociale très importante et ont autre chose à faire que d’engager des procédures longues et coûteuses », pointe Florence Navattoni.

      Maintenant, quelle est la pertinence de maintenir cette « commission mixte et paritaire », vu que le Conseil de l’Ordre aura beau jeu de défendre les « intérêts économiques » des praticiens indélicats ? Quant au juge (quelle juridiction ?), ne fera-t-il qu’avaliser les conclusions retenue par la commission ? Il y a là (amha) un vice de procédure patent en matière de justice.

    • Faut-il brûler le Conseil de l’Ordre des Médecins ? François Dupuis (1972)
      https://www.nouvelobs.com/societe/20221030.OBS65301/il-y-a-50-ans-dans-l-obs-faut-il-bruler-le-conseil-de-l-ordre-des-medecin

      (...) à quoi sert ce Conseil de l’Ordre, créé par Louis-Philippe, supprimé en 1848, puis rétabli par Vichy ? C’est ce qu’exposait, en 1972, l’article que nous republions ci-dessous

      #paywall... #ordre_des_médecins

    • Carpentier revient, tes collègues sont des chiens !

      la dentiste compétente qui me suivait depuis des années m’a fait dire par son secrétariat qu’elle ne me prendrait plus en rendez-vous ayant « changé de manière de travailler », sans doute lassée de dispenser des séances de soins simples (sans prothèses etc. et pour cause...) au tarif CMU CSS.
      à la recherche d’un.e autre praticien.ne et contraint au nomadisme médical, j’ai eu la surprise lors d’un détartrage de m’entendre dire en cours de séance par une jeune dentiste, « je peux finir par un polissage, mais ce sera 30 euros »... j’ai hésité, commencé par dire oui, puis décidé de partir.

      tout le monde le sait, l’immense majorité des dentistes choisissent cette spécialité car les études sont moins longues et le gain assuré

      ces temps-ci je ne tombe que sur des sans masques, tel ce Kiné qui me dit « je peux le mettre si vous avez peur », je me casse, j’avais peur, oui, de lui mettre un grosse tarte, un infirmier qui tient à me faire payer le tiers payant de moins de 5 euros pour une vaccination ("comme ça les patients savent ce que ça coute"), et c’est parti pour des courriers et un traitement admin par la CPAM (combien ça coûte ?) etc.

      sagouins, maltraitants, âpres au gain, moralisateurs, paternalistes (femmes compris), plus ça va plus j’aime les médecins et les soignants

      #droite

    • Cela fait des années que certains dentistes refusent les personnes à la CMU, quand j’ai voulu prendre rendez-vous, la secrétaire m’avait indiqué clairement « on ne prend pas les CMU ». Il parait qu’ils doivent avancer les frais avant d’être remboursés, sur qu’il y a un truc qui cloche mais que tout le monde s’en fout dans les hautes sphères administrative du droit aux soins, les pauvres peuvent crever et la honte envahir nos cœurs. En discutant avec certains médecins, la haine des indigents et des pauvres est latente « ils n’arrivent jamais à l’heure » m’a sorti un dentiste. Reste alors l’hôpital où sont formés les étudiants, entre boucherie et mépris et il faut supporter le médecin formateur qui humilie continuellement sa petite troupe docile. j’y ai perdu pas mal de dents à servir de terrain d’exercice aux uns et aux autres.

      Quand au recours, ahahah, j’ai tenté une fois et signalé un refus de soin à cause de la CMU, mais sans témoin, (je ne sais plus quel organisme peut-être le défenseur des droits) ont seulement demandé à la personne qui avait refusé de me soigner ce qu’il s’était passé, et si c’était vrai. j’ai reçu une lettre pour me dire que je devais avoir mal compris :))) Faut avoir envie de militer, j’espére qu’elle a au moins un peu chié dans son pantalon et payé la laverie.

  • Aux origines de l’effondrement du service public de santé
    https://lvsl.fr/leffondrement-du-service-public-de-sante

    Considéré jusqu’au début des années 2000 comme le meilleur du monde, le service public de santé français avec ses deux piliers, l’hôpital public et les professionnels de santé de premier recours, s’effondre peu à peu. Cet article porte sur l’analyse structurelle de cette destruction progressive et dresse le tableau alarmant de l’évolution de la démographie des soignants. Ce texte est une nouvelle version d’une série de trois articles de Frédérick Stambach et Julien Vernaudon initialement parus sur le site de la revue Respublica.

    Le système de santé français a longtemps fait office d’exemple à l’international, au début des années 2000 il était même considéré comme le meilleur au monde. A la suite d’une destruction incrémentale du fondement même de notre système de santé, quel que soit les majorités gouvernementales, celui-ci est dorénavant à l’agonie. Les déserts médicaux progressent et l’hôpital public est au bord de l’implosion du fait de la diminution du nombre de lits, l’introduction en force du Nouveau management public et la dégradation des conditions de travail entraînant le départ en masse de personnels soignants épuisés et écœurés.

    Nous considérons que le point d’entrée dans le système de santé pour l’immense majorité de la population est l’hôpital public par le biais des urgences et ce que nous nommerons les professionnels de santé de premier recours (PSPR), par définition conventionnés en secteur 1. Ces derniers sont représentés par les médecins généralistes principalement mais il existe également d’autres « portes d’entrée » subtiles et souvent méconnues. C’est le cas notamment des pharmacies d’officine et, dans une moindre mesure, des infirmier(e)s et kinésithérapeutes libéraux. Pour les jeunes enfants, la Protection Maternelle et Infantile (PMI) lorsqu’elle existe encore sur le territoire peut également avoir ce rôle. Les chirurgiens-dentistes et les sage-femmes font également partie des PSPR.

    Mais d’une façon générale et majoritaire, lorsqu’un patient a un problème de santé (en dehors des grosses urgences) il va se rendre chez son médecin généraliste ou chez son pharmacien. C’est uniquement si ces deux voies sont fermées qu’il se rendra aux urgences directement.

    La pénurie médicale et la fermeture progressive des pharmacies d’officine, notamment en milieu rural, entraînent donc une suppression pure et simple de l’accès au système de santé, en particulier pour les classes populaires. Les services d’urgence, en grande souffrance, ne peuvent compenser la pénurie médicale de généralistes sur le territoire.

    La situation est complexe et assez catastrophique par bien des aspects, en particulier parce qu’elle relève de décisions gouvernementales qui, pour des raisons budgétaires mais pas uniquement, ont choisi délibérément de mettre en danger sanitaire la population française dans son ensemble. Cependant, les effets sont encore plus dramatiques pour les plus démunis, témoignant ainsi d’une politique de classe très violente : nous parlons ici de ceux qui ont la possibilité de se soigner ou pas.

    Nous allons revenir brièvement sur l’histoire de l’organisation puis de la désorganisation des médecins généralistes et de l’hôpital public, ensuite nous évalueront la situation actuelle (peu brillante) en termes d’effectifs soignants. Nous proposerons pour terminer une analyse politique et nos propositions pour changer de paradigme.

  • L’obiezione è un’incoscienza. Se non vuoi praticare aborti, puoi fare il dermatologo.

    Pochi giorni fa è stata data notizia che a luglio un medico obiettore di Napoli è stato licenziato dalla Asl in cui lavorava dopo che si è rifiutato di prestare cure mediche a una donna alla 18esima settimana di gravidanza. La donna è arrivata al presidio in travaglio, con il feto già privo di battito cardiaco e necessitava di un aborto farmacologico, che il ginecologo non ha voluto praticare appellandosi all’obiezione di coscienza. La paziente è stata salvata da un altro medico, chiamato di urgenza da un’ostetrica. L’Asl di Napoli ha licenziato l’obiettore per omissione di assistenza, e presto il caso passerà alla Procura e all’Ordine dei Medici. In Italia, 7 ginecologi che operano negli ospedali su 10 sono obiettori. La percentuale di obiezione supera l’80% in ben sette regioni, arrivando al 96,9% in Basilicata, senza contare gli anestesisti (48.8%) e il personale non medico (44%). A questo si aggiunge la galassia sommersa di “farmacisti obiettori”. Le virgolette sono obbligatorie, dato che secondo la legge 194/78 (la legge che ha depenalizzato l’aborto in Italia, promulgata nel 1978), “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”. Ma, come specificato dall’OMS, la pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo – che spesso i farmacisti si rifiutano di vendere adducendo fantasiose giustificazioni su ricette mancanti (che non sono obbligatorie per le maggiorenni) o il grande classico: “Mi spiace ma l’abbiamo finita”, guarda caso quando serve a te – non ha alcun effetto abortivo, pertanto l’obiezione non si può applicare. In Germania gli obiettori sono il 6%, in Francia il 3% mentre in Svezia e in Finlandia non esistono nemmeno.

    Il problema dell’obiezione di coscienza è che rende molto difficile per una donna ottenere l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza) entro i tempi previsti dalla legge, cioè entro 90 giorni dal concepimento, conteggiati dal primo giorno dell’ultima mestruazione. Posto che non tutte le donne si accorgono subito di essere incinte e che la legge prevede la cosiddetta “pausa di riflessione” di sette giorni tra il rilascio del certificato medico che autorizza l’IVG e la conferma dell’appuntamento, tre mesi non sono poi così tanti, soprattutto se tutto questo percorso già abbastanza complesso da un punto di vista psicologico e pratico viene ostacolato da medici, infermieri, psicologi, personale sanitario e sistema burocratico. Per non parlare di quelli che si mettono fuori dagli ospedali o dalle università con vangeli, immagini di feti photoshoppati male e crocifissi per terrorizzare le donne che vogliono praticare un aborto. Per quanto la legge 194 tuteli l’obiezione di coscienza, essa sancisce chiaramente che “Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure”. Questo, però, spesso non avviene. L’antropologa Silvia De Zordo ha condotto una ricerca negli ospedali di Roma e Milano per cercare di spiegare le cause della diffusione dell’obiezione di coscienza in Italia. I motivi religiosi, infatti, giustificano solo in parte questo fenomeno. La religione cristiana, ponendo l’accento sulla sacralità della vita sin dal concepimento, equipara l’aborto all’omicidio. Ma in casi come quello di Napoli, l’ostinazione a preservare la vita del feto (per altro già privo di battito cardiaco) ha quasi causato il decesso della madre. La legge 194 protegge l’obiezione di coscienza, ma ancor più la sicurezza delle donne. È stata fatta innanzitutto per contrastare le tecniche di aborto clandestine, a cui le donne ricorrevano per disperazione e che prevedevano pratiche molto pericolose come l’inserimento di ganci nell’utero, l’intossicazione tramite farmaci o erbe velenose, che in molti casi potevano portare a infezioni, perforazioni e quindi a emorragie e non difficilmente alla morte. L’accesso a tecniche mediche sicure per interrompere la gravidanza ha salvato moltissime vite. Ci sono molte altre specializzazioni di medicina altrettanto remunerative che un medico obiettore può intraprendere, se non ha a cuore la vita delle persone che esistono già perché preferisce quelle che devono ancora nascere. Dopotutto, un cristiano ortodosso che considera immorale prelevare organi dai cadaveri non si specializza di certo in trapianti. Storicamente, l’obiezione di coscienza era un atto di coraggio per contrastare un divieto o una legge che si riteneva sbagliata, e le conseguenze potevano essere molto pesanti. Un uomo che rifiutava la leva obbligatoria, ad esempio, veniva punito come un disertore: in tempo di guerra, rischiava la fucilazione. In Italia, l’obiezione di coscienza diventa un diritto dal 1972, anno in cui viene introdotta la legge n. 772. Da questo momento il concetto cambia: il servizio civile (quindi il modo in cui si esercita l’obiezione) è un’alternativa al servizio militare, una scelta. Semplificando, il danno procurato alla collettività per non aver svolto la naja, veniva ripagato con un altro lavoro di utilità sociale. Nel caso dell’aborto, però, non c’è un’alternativa, ma soltanto un enorme squilibrio. Chi fa obiezione per l’aborto non offre un’alternativa all’IVG, ma sottrae a una donna un diritto che per legge le è garantito.

    Non solo: l’obiezione di coscienza del singolo ricade anche sulla gestione del lavoro dell’intero reparto, con conseguenze gravi anche sui non obiettori. L’IVG infatti è una pratica abbastanza semplice e monotona e viene considerata generalmente un lavoro poco gratificante. Questo è dovuto al fatto che i pochi ginecologi non obiettori si ritrovano a praticare da soli tutti gli aborti, che vengono percepiti come un lavoro “accessorio”, nonostante siano la pratica medico-ginecologica più diffusa dopo il parto. I medici intervistati da De Zordo aggiungono anche il fatto che manchi un’adeguata formazione sulle nuove tecniche di aborto, come la D&E (dilatazione ed evacuazione strumentale) che all’estero viene praticata in anestesia totale dopo la diciassettesima settimana, mentre in Italia si preferisce ancora il travaglio indotto, obbligando la donna a un parto che non vuole fare. In generale, secondo De Zordo, il lavoro dei ginecologi che esercitano nell’ambito prenatale enfatizza molto il ruolo del feto e dell’embrione, che diventa quasi l’unico “paziente” a discapito della madre. Per questo motivo, molti medici si avvicinano a posizioni obiettanti. In alcuni ospedali, poi, l’obiezione è una scelta di comodo. Molti medici non obiettori si sentono stigmatizzati o esclusi da parte dei colleghi anti-abortisti. Quando questi ultimi occupano posizioni di prestigio all’interno degli ospedali, la carriera dei non obiettori può arenarsi proprio sulla pratica dell’IVG. Negli ospedali del Nord Italia, ad esempio, gli esponenti cattolici hanno un potere vastissimo: gran parte della sanità lombarda è dominata dal gruppo Comunione e Liberazione, che in alcuni casi, come la discussione sull’adozione della pillola abortiva Ru486, ha interferito con le decisioni del Pirellone, allora guidato da Roberto Formigoni, esponente di CL. All’interno di sei strutture lombarde, inoltre, è presente una sede del Movimento per la vita che sulla porta espone un’immagine di un feto con la scritta: “Mamma, ti voglio bene, non uccidermi”. Molte donne hanno raccontato di essere state indirizzate nei loro uffici dopo aver richiesto un IVG in un ospedale pubblico.

    C’è poi la questione economica. L’IVG si può praticare in ospedali pubblici, gratuitamente, sia in cliniche private. Per la sanità pubblica, l’aborto non può rientrare nelle procedure ospedaliere intra moenia, cioè nelle prestazioni di libera professione erogate nelle strutture ambulatoriali dell’ospedale. Questo legittima molti medici a dichiararsi obiettori per il SSN, ma poi eseguire l’IVG a pagamento nei propri ambulatori. Secondo i medici intervistati da De Zordo ci sarebbe una situazione fuori controllo per quanto riguarda gli “obiettori di comodo” o “falsi obiettori”, e inserire l’aborto tra le pratiche intra moenia potrebbe effettivamente incentivare molti ginecologi obiettori per motivi non religiosi (quindi quelli che rinunciano a praticare IVG per non restare indietro con la carriera) a prestare questo servizio anche nelle strutture pubbliche. A quarant’anni dalla sua approvazione, la legge 194 dovrebbe essere aggiornata. Quel testo fu l’esito di una lunghissima negoziazione con le forze cattoliche, evidente sin dal primo articolo (“Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”). Le cose nel nostro Paese sono molto cambiate dal 1978: calano i cattolici praticanti, mentre aumentano gli obiettori e, come denuncia LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione della legge 194/78), l’età media dei non obiettori è alta e non sta avvenendo un ricambio generazionale. Questo perché, evidentemente, l’obiezione non è dettata tanto dalla coscienza, ma da interessi di altro tipo. L’obiezione andrebbe quindi regolamentata in modo chiaro e la specializzazione in ginecologia sconsigliata a chi non vuole praticare aborti: l’Italia ha già ricevuto due sanzioni dall’Unione Europea perché, nonostante la 194 imponga la garanzia del diritto all’IVG anche in presenza di medici obiettori, questo nei fatti non viene garantito. Una soluzione potrebbe essere quella di assicurare il 50% di personale non obiettore in tutte le strutture, oppure quella più drastica, già attuata dall’ospedale San Camillo di Roma, di non assumere medici obiettori. Finché avremo questo governo, pensare di cambiare la legge è un’idea un po’ troppo ottimistica. Visto l’attuale clima reazionario, ultracattolico e nemico dei diritti, è già tanto se riusciremo ancora ad avere diritto all’interruzione di gravidanza.

    https://thevision.com/attualita/aborto-obiettore-di-coscienza

    #IVG #femmes #Italie #statistiques #objection_de_conscience #médecine #chiffres #interruption_volontaire_de_grossesse #santé #accès #accès_aux_soins #gynécologie #pharmaciens #loi #legge_194/78 #avortement #religion #hôpitaux #comunione_e_liberazione #CL #movimento_per_la_vita

  • Opinion | Where Are All Our Post-Covid Patients? - By Daniela J. Lamas
    The New York Times
    https://www.nytimes.com/2022/09/26/opinion/post-covid-care.html

    Dr. Lamas is a pulmonary and critical-care physician at Brigham and Women’s Hospital in Boston.

    At the University of California, Los Angeles, Dr. Nisha Viswanathan finds that she disproportionately sees long Covid patients in her post-Covid clinic who are well off and adept at navigating the health care system and — in a few cases — can even arrange a private jet to fly from their home to Los Angeles. If coronavirus was a disease of the vulnerable, Covid-19 follow-up has become a luxury of the well resourced. These are patients who can call the clinic repeatedly, waiting for a spot to open, who can afford to take days off work for pulmonary rehab and other appointments. “How do you provide care to the neediest individuals when you have this competing crowd?” Dr. Viswanathan asked.

    This is particularly troubling given the data from her own institution, surveying Covid patients after their hospital discharge, which found that Black and Hispanic patients had lingering symptoms such as fatigue and shortness of breath at similar rates as their white peers. While expectations of the health care system and the experience of illness are different across cultures, inequities in health care access could have an effect on whether patients seek care. The suffering is out there.

    Indeed, at the Covid-19 Recovery Clinic at Montefiore Medical Center in New York City, long Covid is not a disease of the privileged. At the clinic, in the Bronx, the population reflects the diversity of their surrounding community: About half of the patients are Hispanic, a quarter Black and about 15 percent Caucasian. Thanks to doctors who are familiar with the challenges of navigating Medicaid, these patients receive referrals to physical therapy and sub-specialists that they’re able to access.

    (...) “These patients are young and are extremely debilitated, and they are coming to me six months too late — because we don’t have the resources to follow them and schedule them, so they fall through the cracks,”

    (...) At every turn, Covid-19 has revealed the fault lines in our health care system and society. It should come as little surprise that the care delivered in the wake of this virus threatens to further entrench pre-existing disparities.

    #santé #covid #post-covid #inégalités #accès_aux_soins

    cc @supergeante

    • En France, on ne se pose même pas la question.

      On se contente de se gargariser de « valeur travail » et de fustiger les « feignants qui ne veulent pas bosser ».

      Je ne sais pas à combien d’infections en est mon voisin du dessous qui bosse dans la restauration, mais y a des nuits, c’est trop la dame aux camélias, dessous et je vous assure qu’on a plutôt une bonne insonorisation sur ce type de bruit.

      Là, pendant que j’écris, je pense qu’il donne directement du mou dans l’assiette de son chat, tout frais craché.

      Le gus bosse toujours et j’ai du mal à imaginer comment ça se passe en cuisine…

    • La semaine dernière dans la crèche d’en dessous, c’était les gamins qui toussaient. Cette semaine, ce sont les adultes. Un indep’ que je fais bosser et qui était là il y a 10 jours... il doit revenir demain. Il me dit qu’il est enrhumé depuis 2 jours. Comme l’alternant qui me disait être enrhumé, toussant, et prenant du paracétamol. Lui il est en télétravail maintenant.
      Jamais vu autant de gens enrhumés (et toussant (et prenant du paracétamol)) ces temps-ci.

  • Le syndrome de l’empilement - Icem7
    https://www.icem7.fr/pedagogie/le-syndrome-de-l-empilement

    avant

    Les graphiques en barres empilées sont notoirement peu lisibles, la presse le sait et les évite. Des alternatives plus efficaces existent. Nous les rencontrons pourtant partout dans la production institutionnelle : pas une étude statistique, pas un rapport d’activité où l’on ne subisse ces guirlandes de bâtons multicolores[1], leurs légendes extensibles et leurs inévitables aides au déchiffrage.

    Prenons deux exemples publiés la semaine dernière : à chaque fois la matière est intéressante, mais le traitement graphique la dessert.

    après…

    • attention, ces considérations sur les choix de #représentation_graphique pourrait faire oublier la #CSS, qui contrairement à la #CMU-C à laquelle elle a succédé, est devenue payante pour nombre de fauchés, une attaque réussie contre l’#accès_aux_soins. le doc de la Dress porte sur des données de 2017. on nous donne encore à voir les mythiques « classes moyennes »...

      https://www.youtube.com/watch?v=q5tZq_8UZUM

      #ACS #santé_publique #soins

    • la Cpam n’aime pas que l’on dise CSS et préfère C2S... pas trop envie de cet acronyme postmoderne bienveillant, faudrait malgré la paresse et le temps qui presse écrire #Complémentaire_solidarité_santé ? je ne sais pas

      j’ai découvert la chose alors que j’étais chômeur indemnisé : 25 euros par mois pour une complémentaire santé. puis les prélèvements ont continué alors que j’étais passé au RSA, alors même que la CSS était coupée ! (j’ai retardé des examens et soins et dû payer une part pour quelques médocs) ce que j’ai découvert... en allant en pharmacie avec une ordonnance pour laquelle je ne me suis pas fait délivrer la prescription. j’ai donc payé 4 mois alors que j’étais au RSA, puis 4 mois (100 balles) pour une CSS que je n’avais pas, puis j’ai réussi à faire rétablir la CSS et je continue à casquer.
      Après moultes démarches, le plus fun étant l’appel à la #CPAM, dont les items du site ne sont pas destinés à traiter de tels cas. Il m’aura fallut renouveler cet appels un grand nombre de fois avant d’obtenir un interlocuteur, en subissant à chaque fois de longues minutes d’attente avant de m’’entendre dire "nos services sont surchargés, merci de rappeler plus tard" , Puis un jour, on me répond sur un ton dégoulinant de bonne conscience que la situation a été "rétablie administrativement" (sic aie !). ainsi ais-je rétroactivement droit à la CCS pour les mois où je ne l’avais pas, youpi ! l’administration a fait son ménage, tout est propre, ok. et la barrière à l’accès aux soins durant 6 mois passe à la trappe. on me dit aussi que les prélèvement vont continuer puisque ils sont calculés sur l’année antérieure à l’ouverture de droits, une année ou figurent 9 mois d’un maigre chômage et 3 d’un plantureux RSA. des 526 euros de RSA, 25 sont donc mensuellement déduit. Byzance. tout ça en rencontrant bien des difficultés avec divers praticiens (dentiste, généraliste, ophtalmos) en raison de ce « statut ». les toubibs sont d’ailleurs directement incités à résister à la demande des pauvres : ils mettent parfois des mois à récupérer le fric de cette complémentaire, spécialement quand les ayant droit ne choisissent pas à ce titre la CPAM mais une mutuelle ou assurance privée, et ça engage du temps de secrétariat (au point que certains s’en abstiennent).

      #accès_aux_soins

    • être pauvre, c’est se faire carotter par les institutions sociales, suite. il fallait bien que je vérifie... on me fait payer 25€/mois de CSS alors que depuis avril je dépend du RSA, qui ouvre droit à la CSS gratuite

      Si vous percevez le revenu de solidarité active (RSA), vous avez droit, ainsi que les membres de votre foyer, à la complémentaire santé solidaire (C2S) gratuite, sans participation financière.

      https://www.service-public.fr/particuliers/actualites/A15651

      sorry @simplicissimus d’avoir embrayé ainsi sur les question de représentation graphique des #statistiques que tu indiquais. comme tu sais, sous les stats, il se passe des choses que celles-ci appréhendent mal ou pas du tout, sauf taff spécifique, dont se gardent bien les donneurs d’ordre dès lors que cela ne les sert pas.

  • Hospitals serving more Black patients are at a financial disadvantage, study finds - Lown Institute
    https://lowninstitute.org/hospitals-serving-more-black-patients-are-at-a-financial-disadvantage

    It’s been more than 50 years since the Civil Rights Act and the advent of Medicare disallowed #segregation at hospitals, but disturbingly, hospital systems in many major cities are still segregated by race in practice. A Lown Institute report earlier this year identified fifteen U.S. cities with racially segregated hospital markets, in which 50% or more of hospitals overserve or underserve Medicare patients from communities of color.

    […]

    Now a new study finds that some of the most inclusive hospitals for Black patients are also at a financial disadvantage, which may explain some of the differences in quality of care.

    […]

    The authors noted that differences in insurance status plays a role in financial disadvantage for Black-serving hospitals. […]

    This may be because of differences in private insurance coverage or ability to pay. White patients are disproportionately more likely than Black patients to have employer-sponsored insurance, which pays higher rates than Medicare or Medicaid. Even among patients with employer-sponsored coverage, nearly 12% report not being able to pay their medical bills; this rate rose to 21.5% for those making less than $50,000. If patients can’t afford to pay their out-of-pocket costs, that impacts hospital patient revenue.

    When hospitals serving Black communities are under financial stress, it’s difficult for them to improve quality of care. In some cases, hospitals may even have to close — such as Hahnemann University Hospital in Philadelphia and Kingsbrook Hospital in Brooklyn, NY — leaving communities with no lifeline.

    If we want everyone to have equal access to high-quality hospital care, there should be no difference in the reimbursement rates for those with public versus commercial insurance. We also have to improve the quality of hospitals taking care of communities of color. Unfortunately, many of the “pay-for-performance” models that have been implemented are further penalizing safety net hospitals financially, which may make it even harder for them to catch up.

    “Our multi-tiered health insurance system continues to assign a lower dollar value to the care of Black patients.”

    Gracie Himmelstein, MD, PhD, et al., Journal of General Internal Medicine

    The study authors calculate that each Black-serving hospitals would need to receive about $26 million more in patient revenue per year to make up the financial gap. However, simply equalizing funding may not be enough to make up for the high need for health services in communities of color. For example, a 2020 study found that Black communities had much greater Covid-19 burden and greater rates of chronic health conditions compared to other communities who received similar CARES Act funds.

    Policymakers should target America’s most inclusive hospitals for investment and assistance, so that the patients they serve can get the best care possible.

    #états-unis #assurance #santé

  • Quand les algorithmes de la CAF ouvrent la chasse aux pauvres ~ SILO
    https://silogora.org/quand-les-algorithmes-de-la-caf-ouvrent-la-chasse-aux-pauvres


    #chasse_aux_pauvres

    Première observation générale, le « monde merveilleux de la dématérialisation », qui s’accompagne d’une baisse considérable des moyens en termes d’accueil physique et téléphonique, génère des inégalités d’accès aux droits. Les raisons en sont d’une part les fractures numériques (territoriales, économiques pour la détention d’équipements, ergonomiques pour les personnes souffrant d’un handicap), d’autre part l’illectronisme (17% des Français) et la méconnaissance de l’outil numérique. En 2021 selon l’INSEE, 31% des Français ont renoncé à effectuer une démarche administrative.

    Deuxième observation, le traitement informatique des dossiers nécessite évidemment des algorithmes de calculs des droits, mais il entraine aussi le développement de techniques de ciblage via le datamining, c’est-à-dire la récolte et le croisement de données de différents fichiers administratifs. Officiellement, ces techniques visent à rendre la branche famille de la sécurité sociale plus efficiente, à appliquer le « juste droit », à repérer les personnes en situation de non recours et à punir justement les fraudeurs.

    Dans les faits, le ciblage des allocataires s’apparente à un véritable contrôle social. Plus de 1000 données sont collectées sur chacun d’entre eux, et la CNAF (Caisse nationale d’allocation familiale) l’écrivait elle-même dès 2017 dans son rapport « La politique de contrôle et de prévention des CAF » : « Ce traitement informatique permet de calculer la probabilité qu’une erreur se produise, en donnant un score de risque prédictif. Généralisé à tout le réseau des CAF, ce dispositif permet de repérer ainsi plus précisément les dossiers à risques ». Sur quels critères et selon quelles variables (décidés humainement) sont effectuées ces prédictions ? Mystère. Mais on peut aisément en imaginer quelques-uns… Maman solo, revenus irréguliers, lieu de naissance, par exemple.

    Les dossiers aux scores de risques élevés sont plus étroitement surveillés, y compris par les logiciels informatiques. Sur les quelque 37 millions de contrôles réalisés en 2020, touchant la moitié des allocataires, 32,25 millions étaient automatisés. Et 75% des contrôles effectués par des agents en chair et en os ont été déclenchés par le dispositif de ciblage. Pour schématiser, un logiciel repère des incohérences dans un dossier, tire la sonnette d’alarme, effectue les calculs débouchant sur un indu…

    • BnF : après plus d’un mois de grève, la #mobilisation ne faiblit pas

      Réorganisation du travail, missions supplémentaires, manque d’effectifs… En grève depuis le 4 mai, les salariés de la Bibliothèque nationale de France ne décolèrent pas et le bras de fer avec la direction est engagé. Décryptage.

      À trois mois de la réouverture de la somptueuse bibliothèque Richelieu, la Bibliothèque nationale de France (BnF) se heurte au mécontentement de ses employés, en grève depuis le 4 mai. Plus d’un mois plus tard, les grévistes répondent toujours présents. L’intersyndicale CGT-FSU-SUD appelle encore à la mobilisation ces mercredi 15 et jeudi 16 juin pour dénoncer une réorganisation du travail orchestrée par la direction de l’établissement et un sous-effectif. D’ores et déjà, le préavis de grève court jusqu’au 30 juin. Retour sur une mobilisation exceptionnelle en quatre questions.
      Pourquoi les salariés sont-ils en grève ?

      À cause du nouveau système de communication des documents aux usagers, goutte d’eau qui a fait déborder le vase déjà plein des agents de la bibliothèque François-Mitterrand. Concrètement, qu’est-ce que cela change ? Auparavant, les visiteurs de la bibliothèque pouvaient commander des documents toute la journée pour les consulter sur place. Depuis la crise sanitaire, cette communication directe des documents se fait seulement l’après-midi, de 13h30 à 17 heures. De plus, la réservation à l’avance doit se faire au minimum la veille, avant 20 heures. « Cela signifie qu’un lecteur ne peut pas demander le matin pour l’après-midi même. C’est absurde », estime Lucie, magasinière. Pour justifier ce nouveau fonctionnement, la direction s’appuie sur des chiffres : 44 % de communications en moins depuis dix ans. « Les usagers du matin ont considérablement baissé », avance-t-elle encore.

      Que cela change-t-il aux conditions de travail des employés ? Du fait de la concentration d’activité l’après-midi, les agents se disent surchargés, à l’image de Guillaume, catalogueur. « Les vagues de demandes arrivent toutes à 13 heures. Par conséquent, nous avons une charge de travail regroupée sur un moment de la journée, au détriment de l’accueil des usagers. » Des habitués de la bibliothèque qui soutiennent les grévistes, notamment à travers l’Association des lecteurs et usagers de la BnF (ALUBnF) et une pétition en ligne qui a récolté près de seize mille signatures. Si certains employés, comme Lucie, déplorent l’indifférence de la direction face au mécontentement manifeste des usagers, Kevin Riffault, directeur général de la BnF, dément : « Nous ne sous-estimons pas l’impact du nouveau dispositif sur les pratiques de recherche, mais il est limité. Et nous réfléchissons bien sûr à des améliorations. »
      Pour quelles raisons les grévistes réclament-ils des recrutements ?

      De nombreux chantiers occupent actuellement les agents de la BnF. Au premier chef desquels la préparation du nouveau centre de conservation nationale de la presse à Amiens et l’élargissement du dépôt légal aux œuvres numériques. Pour Gaël Mesnage, secrétaire général de la CGT-BnF, « c’est toujours la même logique de faire plus avec moins ». Car, selon les chiffres officiels, deux cent cinquante postes ont été supprimés entre 2009 et 2016. Depuis, les effectifs seraient « stables », assure la direction, qui ne cache pas son besoin de redéployer les employés chargés de la communication des documents aux lecteurs pour les poster sur ces nouvelles missions. « Les heures gagnées grâce au nouveau dispositif de communication permettront d’y répondre », soutient Kevin Riffault.

      « Si la direction n’avait pas décidé de supprimer 25 % des effectifs qui s’occupent de la communication aux lecteurs, on n’en serait pas à une telle réduction du service au public », affirme Gaël Mesnage. Au lieu de renouveler des contrats d’agents contractuels de catégorie C, l’établissement privilégierait des contrats à durée déterminée destinés aux étudiants. Une aberration pour Jean-François Besançon, délégué FSU à la BnF, qui redoute une précarisation de ces postes : « Comme réponse à notre désaccord, on nous dit que nous avons un devoir envers les étudiants qui ont souffert pendant la crise sanitaire, alors qu’il s’agit d’emplois précaires. »
      En quoi la réouverture du site Richelieu pose-t-elle problème ?

      Après plus de dix ans de travaux, la bibliothèque Richelieu, site historique de la BnF, rouvrira ses portes au public le 17 septembre prochain. Une réouverture qui n’enchante guère les employés en grève. Elle va même jusqu’à cristalliser leurs inquiétudes d’un affaiblissement des effectifs qui viendrait encore dégrader leurs conditions de travail. Gaël Mesnage, de CGT-BnF, dénonce la suppression de quarante postes à la bibliothèque François-Mitterrand pour les « transférer » vers Richelieu. La direction parle, quant à elle, d’environ cinquante emplois, venus de plusieurs sites de la BnF (il y en a sept en tout), dont le redéploiement « a déjà été opéré et intégré il y a un an, dès l’été 2021 ». « Cela doit se faire par redéploiement car le ministère de la Culture ne veut pas de recrutement », explique-t-elle encore.
      Où en sont les discussions avec la direction et le ministère de la Culture ?

      Au point mort, à en croire les grévistes. Voilà plus d’un mois que la grève est reconduite toutes les deux semaines, et les rapports sont plus que jamais tendus entre les salariés et leur hiérarchie, qualifiée de « macroniste et technophile » par certains. Le contrôle policier d’agents de la BnF lors de la mobilisation au site Richelieu du 2 juin est venu remettre de l’huile sur le feu. « La police nous a informés que nous allions être reçus par le ministère de la Culture. Puis, cette même police nous a empêchés de nous y rendre », raconte, indigné, Jean-François Besançon. Finalement reçue au ministère le 8 juin, l’intersyndicale ne dissimule pas son mécontentement : « Zéro avancée. Ils nous ont convoqués pour écouter. C’est incroyable d’avoir aussi peu de réponse », entend-on côté CGT.

      Du côté de la direction, on se dit encore ouvert aux négociations. « Des renforts sont prévus dans certains départements. Par ailleurs, le dispositif n’est pas figé et nous réfléchissons à de nouvelles évolutions de fonctionnement et de moyens », annonce le directeur général Kevin Riffault. La direction est actuellement en discussion avec ses « tutelles », les ministères de la Culture et du Budget, pour améliorer les moyens de l’institution. Une mention de Bercy qui ne devrait guère rassurer les grévistes dans leurs velléités de recrutement…

      https://www.telerama.fr/debats-reportages/bnf-apres-plus-d-un-mois-de-greve-la-mobilisation-ne-faiblit-pas-7010915.ph

    • « Madame la Présidente de la Bibliothèque nationale de France, votre #réforme est un #échec »

      Un collectif rassemblant plus de 350 acteurs du monde universitaire et culturel dénonce dans une tribune au « Monde » les mesures mises en place à la BNF, qui conduisent à une sévère réduction du temps pendant lequel la consultation des ouvrages est possible.

      https://www.lemonde.fr/idees/article/2022/06/20/madame-la-presidente-de-la-bibliotheque-nationale-de-france-votre-reforme-es

    • « Jour du dépassement universitaire » : « A partir de mercredi, tous les enseignements seront faits en dehors du service officiel des titulaires »

      Anne Roger, secrétaire générale du syndicat Snesup-FSU, dénonce un recours excessif aux vacataires et contractuels à l’université, faute de professeurs en nombre suffisant. Elle appelle à une grève jeudi.

      Ce mercredi marque, selon le syndicat Snesup-FSU, le « jour du dépassement universitaire », date symbolique à partir de laquelle les cours de l’année 2021-2022 cesseraient si l’on se contentait des heures statutaires des enseignants-chercheurs. Elle représente avant tout une manière, pour la secrétaire générale du syndicat, Anne Roger, de mettre en avant le sous-financement de l’université et le recours excessif aux heures supplémentaires, vacataires et contractuels.

      C’est quoi le « jour du dépassement pour l’année universitaire » ?

      C’est le jour à partir duquel les titulaires ont fait toutes les heures officielles qu’ils devaient faire pour l’année scolaire 2021-2022, dans l’hypothèse où les cours de ce premier semestre auraient tous été dispensés par eux. Concrètement, à partir d’aujourd’hui, tous les enseignements qu’il reste à couvrir seront faits en dehors de notre service officiel. Soit sur nos heures supplémentaires ou par le recrutement de contractuels ou de vacataires.

      Comment ce chiffre a-t-il évolué par rapport aux années précédentes ?

      Nous n’avons pas d’élément de comparaison car dans les bilans sociaux des années précédentes, il n’y avait pas les données suffisantes pour pouvoir établir un jour du dépassement. En revanche, il va être intéressant de voir dans les années à venir comment ça évolue, et surtout d’essayer de le comparer composante par composante, car toutes ne sont pas sur un pied d’égalité. En Staps [Sciences et techniques des activités physiques et sportives, ndlr] par exemple, qui est une filière particulièrement sous-dotée, dans de nombreuses universités ce jour du dépassement est beaucoup plus tôt. Au Staps de Bobigny, l’un des plus sous tension, ce jour est tombé le 1er décembre. Pour Marne-la-Vallée, c’était le 11 décembre, Rouen le 13…

      Ça montre que la question du sous-encadrement n’est pas un faux problème. Comment peut-on imaginer que les deux tiers des cours d’une année soient faits par des gens qui ne sont pas titulaires ? Comment peut-on continuer à faire de la recherche dans le même temps si on doit déjà multiplier les heures supplémentaires ? Ce n’est pas possible, c’est ingérable… Ça donne envie de dire « stop, on arrête ».

      Quelles conséquences cela entraîne-t-il, tant pour les professeurs que pour les étudiants ?

      Avant d’avoir des conséquences, cela met surtout en évidence le manque de financement de l’enseignement supérieur. Ça veut dire qu’on a, en gros, à l’échelle de la France entière, la moitié des moyens pour pouvoir tenir toute l’année avec des enseignants qui sont titulaires, en poste et stables. Nous sommes vraiment face à un sous-financement chronique de l’enseignement car on doit s’appuyer sur des personnels précaires pour pouvoir tenir l’année.

      Qu’est-ce que cela a comme incidence ? Eh bien cela crée une surcharge énorme sur les personnels. Sur les titulaires, parce qu’ils doivent accepter de faire des heures supplémentaires. Sur les contractuels, qui ont tous les ans leur contrat remis en cause. Et enfin sur les vacataires, à qui on donne des conditions de travail compliquées tout les sous-payant.

      Qui sont les personnes qui viennent compléter les professeurs pour donner des cours ?

      Cela peut être des doctorants en cours de thèse qui ont besoin de financer leurs études, des attachés temporaires d’enseignement et de recherche qui sont souvent des étudiants. On trouve aussi des enseignants qui viennent d’ailleurs : par exemple, en Staps, on a beaucoup de profs d’EPS qui viennent chez nous faire des vacations. Et il y a aussi de plus en plus de contractuels qui sont des doctorants sans poste de maître de conférences car aucun poste n’est créé, à qui ont fait signer des contrats leur demandant le double d’heures d’enseignement tout en continuant aussi à faire de la recherche, ce qui est impossible. Finalement, on a tout un tas de personnes que l’on met dans des situations précaires, que l’on paye au lance-pierre et qui viennent prêter main-forte aux enseignants qui font déjà des heures supplémentaires.

      Vous appelez donc à une grève jeudi. Quelles sont vos revendications ?

      Nous misons sur trois mots d’ordre. L’emploi tout d’abord, car le jour du dépassement n’est qu’une preuve de plus de notre besoin de postes, et nous voulons des postes titulaires, pas des vacataires ou contractuels car cela crée trop de tensions et de difficultés, avec des situations précaires. Ensuite, nous souhaitons une amélioration des conditions de travail, en lien avec ce qu’on a évoqué précédemment. On constate une énorme surcharge de travail, une dégradation des collectifs de travail : quand on fait trop d’heures on ne peut plus se parler et échanger sur les cours, ce qui entraîne une baisse de qualité des formations. Et le troisième point, c’est une hausse des salaires puisque, comme tous les fonctionnaires, nous avons un indice gelé depuis une grosse dizaine d’années, ce qui nous a fait perdre beaucoup en termes de pouvoir d’achat.

      https://www.liberation.fr/societe/education/jour-du-depassement-universitaire-a-partir-de-mercredi-tous-les-enseignements-seront-faits-en-dehors-du-service-officiel-des-titulaires-20220126_NBAXJWJOTBA35BGBODH2XRNO6Q/?redirected=1

    • Enseignants-chercheurs : « Moins il y a de moyens, plus le climat se dégrade, plus la sélection sociale est poussée »

      Un collectif de professeurs et chercheurs, titulaires ou vacataires, parmi lesquels Philippe Corcuff, Eva Debray, Caroline Déjoie, Ivan Sainsaulieu, tire, dans une tribune au « Monde », le signal d’alarme sur le niveau de précarité atteint actuellement dans l’université. Ils se demandent si l’amour de la recherche est devenu payant.

      https://www.lemonde.fr/idees/article/2021/03/31/enseignants-chercheurs-moins-il-y-a-de-moyens-plus-le-climat-se-degrade-plus

  • La santé au cœur des luttes de quartier
    https://metropolitiques.eu/La-sante-au-coeur-des-luttes-de-quartier.html

    Implantée dans un quartier populaire de #Toulouse, la Case de santé promeut avec succès une approche communautaire contre les #inégalités sociales d’accès aux soins. Échange avec Fabien Maguin, son coordinateur. Entretien réalisé par Clément Barbier et Antonio Delfini. À Marseille, Grenoble ou Toulouse, des initiatives associatives fleurissent avec pour ambition de proposer une alternative à la médecine libérale à destination des plus précaires. Se référant à la notion de « santé communautaire », notamment #Entretiens

    / santé, inégalités, #associations, #Covid-19, #accès_aux_droits, #migration, #quartiers_populaires, (...)

    #santé
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_entretien_case_de_sante_delfini-barbier.pdf

  • Sondages : un exécutif très attentif aux humeurs de l’opinion

    300 sondages commandés par le service d’information du gouvernement retracent les interrogations d’un pouvoir particulièrement soucieux de son image et de la perception de son action.

    Il est des questions plus instructives que les réponses qu’elles appellent. Particulièrement lorsqu’il s’agit des sondages commandés par l’exécutif pour s’enquérir de l’opinion des Français. « Pensez-vous [qu’un événement analogue à l’invasion du Congrès américain par les partisans du candidat perdant, Donald Trump] pourrait survenir en France à la suite d’une élection ? » Concernant « la démission [du ministre de l’intérieur] Gérard Collomb, diriez-vous qu’elle affaiblit (…) le président de la République ? » Edouard Philippe est-il « un homme de droite » ?
    Ces interrogations figurent, parmi des milliers d’autres, dans les quelque 300 sondages commandés entre juin 2017 et mars 2021 par le service d’information du gouvernement (SIG) et dont Le Monde a obtenu la copie, fin février.

    Questionnements sur l’actualité, prospection sur de futurs projets de loi, coups de sonde sur l’image du pouvoir… Ces études confidentielles, jusqu’alors jamais publiées, retracent, en creux, les obsessions et les inquiétudes d’un exécutif particulièrement soucieux de la perception de son image et de son action.

    A dix jours du premier tour de l’élection présidentielle, ils racontent aussi l’appétit pour les remontées de terrain d’un pouvoir qui, à force de cultiver la verticalité, s’est en partie coupé d’autres thermomètres permettant de mesurer l’état d’esprit des Français, comme les élus locaux ou les syndicats.

    [...]
    Pour obtenir ces quelque 300 sondages, [le journal] a fait plusieurs demandes auprès du service d’information du gouvernement (SIG) à partir d’août 2019, en invoquant la loi du 17 juillet 1978 qui accorde à toute personne un droit d’accès aux documents de l’administration. S’il a fourni dès le départ les baromètres mensuels de « suivi de l’action gouvernementale », le SIG s’est longtemps refusé à transmettre les sondages hebdomadaires couvrant l’actualité au nom du « secret des délibérations du gouvernement ».

    Un argument qui n’a pas convaincu la Commission d’accès aux documents administratifs (#CADA). Dans un avis daté de décembre 2020, cette autorité indépendante a estimé que les études d’opinion commandées en amont des projets de réforme ne relevaient pas de ce secret, « sauf circonstances particulières, non invoquées en l’espèce ».

    Malgré cet avis favorable, le SIG a poursuivi son obstruction et nous avons dû saisir le tribunal administratif. En février, alors que le tribunal ne s’était pas encore prononcé, une partie des documents nous a été transmise. Le reste, concernant principalement les retraites et le Covid-19, ainsi que les documents postérieurs à février 2021, ne nous a toujours pas été communiqué.

    https://justpaste.it/8i6dl

    On sait maintenant qu’il y a eu des McKinsey aux réunions d’un « conseil de défense » supposé composé exclusivement de responsables d’État. La loi sur le secret des affaires (cf, le rapport public sur Orpéa non publié) montre le chemin.

    #SIG #sondages #gouvernement #accès_aux_documents_administratifs #gilets_jaunes #covid-19 #retraites #pauvreté

  • « Nous sommes des psychologues et nous ne serons jamais des vendeurs de soins psychiques »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2022/03/29/nous-sommes-des-psychologues-et-nous-ne-serons-jamais-des-vendeurs-de-soins-

    Alors que le dispositif MonPsy entrera en vigueur le 5 avril, plus de 2 000 psychologues dénoncent, dans une tribune au « Monde », la gabegie du gouvernement et expliquent pourquoi ils entendent boycotter ce protocole, qu’ils étaient pourtant nombreux à appeler de leurs vœux.

    Tribune. Depuis plusieurs mois, Emmanuel Macron et Olivier Véran se félicitent d’une réforme concernant le remboursement de consultations auprès d’un psychologue qu’ils présentent avec emphase comme une avancée historique pour les personnes en situation de détresse psychique.

    Que l’on ne s’y trompe pas. Beaucoup de psychologues sont favorables à un dispositif de remboursement des séances au nom d’une égalité d’accès aux soins psychiques. Et puis, ne boudons pas notre plaisir : notre métier est enfin reconnu d’utilité publique, loin des clichés sulfureux qu’il charrie encore parfois. Pour autant, le dispositif MonPsy, qui entrera en vigueur à partir du 5 avril, est inacceptable et dangereux pour nous comme pour nos futurs patients.

    L’ensemble de la profession n’a cessé de le dire, mais nos demandes et propositions sont restées lettre morte. Si bien que nous, psychologues libéraux et exerçant en institution, sommes aujourd’hui déterminés à boycotter ce protocole dont nous étions pourtant nombreux à louer les motifs initiaux.

    Le service public de la santé psychique déconsidéré
    A titre liminaire, nous rappellerons au président de la République et à son ministre des solidarités et de la santé que le libre accès au soin psychique prodigué par des psychologues existe dans son principe noble, inconditionnel et gratuit, depuis une soixantaine d’années au sein de structures hospitalières et médico-sociales publiques.

    Or ces établissements ne sont plus en capacité d’effectuer leur mission (les listes d’attente pour la prise en charge de nouveaux patients varient de plusieurs mois à quelques années) parce que les gouvernements successifs les ont laissés progressivement dépérir en limitant leurs moyens et en transformant leur esprit.

    Jamais en France le service public de la santé psychique n’a été à ce point malmené et déconsidéré : fermeture de services de psychiatrie dans la fonction publique hospitalière, exclusion systématique de notre métier dans les revalorisations salariales, maltraitance de psychologues structurellement sous-payés, usés et démissionnaires du fait de procédures les soumettant à des contraintes incessantes et dénuées de sens.

    La santé mentale n’est pas qu’une affaire de médecine

    Dans ce contexte désolant, le dispositif promu par l’exécutif à destination du secteur libéral a tout de la poudre aux yeux jetée à des fins purement électoralistes. Qu’on en juge plutôt. En premier lieu, les séances ne seront remboursées que sur adressage préalable d’un médecin. Dans notre pratique quotidienne, une orientation du médecin est parfaitement compatible avec notre exercice.

    De fait, les médecins, majoritairement non formés à la prise en charge de la souffrance psychique dans son versant psychothérapique, nous envoient régulièrement des patients pour avis et suivi dans ce qui est une collaboration confraternelle nécessaire et féconde. Mais l’adressage (qui n’est ici rien d’autre qu’une prescription déguisée) est une affaire différente : il dit ce qui est bon pour un patient et commande une exécution par un professionnel de santé.

    A ce titre, il est antagoniste à toute démarche de soin psychique, laquelle s’inscrit dans un moment – le bon moment pour un patient – et dans une rencontre : la bonne rencontre entre le patient et son thérapeute. La santé mentale n’est pas qu’une affaire de médecine et de chimie, elle est aussi une affaire d’humanité, et les sciences humaines ont toute leur place dans la prise en charge de la souffrance psychique, à côté de la science médicale et sans nul besoin de lui être inféodée.

    Une méconnaissance stupéfiante de la profession

    La préservation de l’accès libre et direct aux psychologues doit être clairement garantie. D’autre part, les remboursements seront limités à une portion congrue de la population (250 000 personnes la première année, soit 0,5 % de la population) et en fonction des troubles. En effet, seuls « les troubles d’intensité légère à modérée » seront concernés, et les patients en burn-out ou prenant un traitement antidépresseur, souffrant de troubles alimentaires ou d’une addiction, seront de facto exclus de cette prise en charge.

    Quand les personnes seront plus gravement touchées, où trouveront-elles l’aide nécessaire ? Faudra-t-il attendre qu’elles soient hospitalisées pour être accompagnées décemment, si cela est encore possible ? Le troisième danger de ce dispositif réside dans le fait qu’il ne propose le remboursement que de huit séances par an au maximum. Huit, pas une de plus ! Cela montre une méconnaissance stupéfiante de notre profession et de ce qu’est une psychothérapie.

    Certaines thérapies courtes sont tout à fait fructueuses, et ce sont de toute façon les patients qui décident in fine du nombre de séances dont ils auront besoin. Mais pour que tout ce qui est douloureux et complexe puisse se dire, pour que l’élaboration de ce qui entrave puisse advenir, nos patients ont souvent besoin de plus de huit séances.

    Vers la paupérisation de la profession

    Si le nombre de séances annuelles remboursées est limité à huit, comment allons-nous clore de manière imposée ce qui a commencé à s’ébaucher ? « Vous vous êtes livrés tout l’été ? Eh bien ! payez maintenant ! » Ou bien : « Revenez l’an prochain même si vos souffrances sont toujours aussi aiguës. » Comment maintenir un lien de confiance avec nos patients qui devront alors payer de leur poche (s’ils en ont les moyens) pour continuer leur thérapie ?

    Cette rupture dans la continuité des soins est impossible à valider sur les plans éthique et thérapeutique, et nous demandons un rehaussement significatif du nombre de séances remboursées. Quatrième problème enfin, le montant des huit séances remboursées a été fixé à trente euros, sans dépassement possible. Cette décision est lourde de conséquences parce qu’elle condamne l’ensemble de la profession à une paupérisation sans précédent.

    En temps ordinaire, le tarif d’une séance de thérapie est de soixante euros en moyenne. Ce n’est pas un montant anodin, mais c’est ce qui nous permet de recevoir sept ou huit patients par jour tout en payant nos charges, le loyer de notre cabinet, nos formations et nos supervisions.

    Impossible de suivre correctement les patients

    Par ailleurs, dans notre pratique quotidienne, nous adaptons déjà nos tarifs aux moyens de nos patients : trente euros la séance, et même parfois moins. Si nous pouvons le faire, c’est précisément parce que d’autres patients ont les moyens de payer plus. On pourrait nous rétorquer que l’afflux de patients, lié au dispositif de remboursement, permettrait de compenser la perte sèche subie par les psychologues.
    A ceci près qu’il est rigoureusement impossible de faire ce métier correctement si nous recevons les patients à la chaîne. Nous refusons de recevoir de quinze à vingt patients par jour, entre vingt et trente minutes au maximum, au risque de nous abîmer dans ce rythme et d’abîmer nos patients avec.

    La survie de la profession, et d’un soin psychique dans le respect d’une éthique professionnelle et d’une qualité d’écoute, est menacée si des psychologues ubérisés acceptent ce dispositif contraint du début à la fin. La Cour des comptes, dans son rapport qui appelle à la généralisation du dispositif de remboursement des séances de psychothérapie (« Les parcours dans l’organisation des soins de psychiatrie », février 2021), semble pourtant percevoir le caractère ubuesque de la situation lorsqu’elle énonce que « la contrainte dans les soins mine l’alliance thérapeutique, reconnue comme précieuse dans le traitement ».

    Pour préserver l’éthique et l’humanité

    L’autre ironie amère de la situation est que l’on nous dit tous les jours, en cette période de pandémie, à quel point notre travail est précieux et, pourtant, jamais nous n’avons eu le sentiment d’être autant méprisés. Victimes de la reconnaissance de notre métier, il nous faudrait désormais l’exercer au rabais. Et ce au motif que l’Etat ne se donne plus les moyens de financer les institutions publiques dont la mission est d’intervenir gratuitement pour les publics les plus fragiles.
    Notre colère n’est en rien la traduction d’un quelconque réflexe corporatiste. Par-delà ces questions brûlantes soulevées par notre profession, nous sommes aussi solidaires de tous les professionnels exerçant un métier au cœur de l’humain : soignants, enseignants, travailleurs sociaux, magistrats, etc. Comme nous, ils sont touchés mais luttent sans relâche pour préserver l’éthique et l’humanité qui fondent leurs pratiques.

    S’il y a destruction de nos métiers et perte de sens de nos missions, il se produira un désastre pour celles et ceux qui font appel à nous. Nous sommes et resterons des professionnels responsables de notre éthique et autonomes dans nos méthodes et pratiques. Nous ne sommes ni des robots ni des clones, et nous ne gérons ni des flux ni des stocks. Nous sommes des psychologues et nous ne serons jamais des vendeurs de soins psychiques.

    Là où l’exécutif s’érige aujourd’hui en gestionnaire tatillon de l’intime, nous continuerons de prendre en charge la souffrance psychique d’êtres humains dont les problématiques, parce qu’elles sont diverses, complexes et singulières, ne seront jamais réductibles à un protocole contraint et standardisé.

    Les premiers signataires de cette tribune sont : Alain Abelhauser, professeur des universités en psychopathologie clinique, ancien vice-président de l’université Rennes-II, président du Séminaire interuniversitaire européen d’enseignement et de recherche en psychopathologie et psychanalyse (SIUEERPP) ; Solenne Albert, psychologue clinicienne ; Stefan Chedri, psychologue, psychothérapeute, psychanalyste ; Albert Ciccone, professeur de psychopathologie et psychologie clinique (université Lyon-II), psychologue, psychanalyste, membre du directoire du SIUEERPP ; Sebastien Firpi, psychologue clinicien hospitalier, psychanalyste, formateur en travail social, doctorant en psychopathologie clinique et psychanalyse, membre de l’Appel des appels ; Magali Foynard, psychologue spécialisée en neuropsychologie, psychothérapeute ; Isabelle Galland, psychologue clinicienne, présidente de l’Association des psychologues freudiens ; Nathalie Georges, membre de l’Association des psychologues freudiens, psychanalyste ; Roland Gori, professeur honoraire de psychopathologie à l’université, psychanalyste, essayiste, président de l’association Appel des appels ; Elise Marchetti, psychologue clinicienne, formatrice, chargée d’enseignements (université de Lorraine) ; Camille Mohoric-Faedi, psychologue clinicienne, M3P, #manifestepsy ; Patrick Ange Raoult, psychologue clinicien, psychologue conseil, psychothérapeute, docteur en psychologie, professeur HDR de psychopathologie, secrétaire général du SNP, directeur de publication de la revue Psychologues et Psychologies ; Catherine Reichert, psychologue clinicienne, psychothérapeute ; Claude Schauder, psychologue, psychanalyste, ancien professeur associé des universités en psychopathologie clinique, expert auprès de la Cours pénale internationale, président de l’association Lire Dolto aujourd’hui, membre de l’Appel des appels ; Ari Szwebel, psychologue clinicien, psychanalyste ; Frédéric Tordo, psychologue clinicien, docteur en psychologie clinique, M3P, #manifestepsy ; Michel Vandamme, psychologue des personnels hospitaliers, docteur en psychologie.

    #accès_aux_soins

  • Une personne sans titre de séjour sur six souffre de troubles de stress post-traumatique en France

    Les Troubles de stress post-traumatique (TSPT) sont des #troubles_psychiatriques qui surviennent après un #événement_traumatisant. Ils se traduisent par une #souffrance_morale et des complications physiques qui altèrent profondément la vie personnelle, sociale et professionnelle. Ces troubles nécessitent une #prise_en_charge spécialisée. Pour les personnes sans titre de séjour, la migration peut avoir donné lieu à des expériences traumatiques sur le #parcours_migratoire ou dans le pays d’accueil, qui peuvent s’ajouter à des traumatismes plus anciens survenus dans le pays d’origine, alors que les #conditions_de_vie sur le sol français sont susceptibles de favoriser le développement de TSPT.
    Quelle est la prévalence des troubles de stress post-traumatique au sein de cette population encore mal connue ? Comment les #conditions_de_migration et les #conditions_de_vie dans le pays d’accueil jouent-elles sur leur prévalence ? Quel est l’accès à l’Aide médicale de l’Etat (#AME) des personnes qui en souffrent ?
    54 % des personnes interrogées dans l’enquête Premiers pas, menée en 2019 à Paris et dans l’agglomération de Bordeaux auprès de personnes sans titre de séjour, déclarent avoir vécu un événement traumatique. 33 % dans leur pays d’origine, 19 % au cours de la migration, et 14 % en France. La prévalence des TSPT atteint 16 % parmi les personnes sans titre de séjour, tandis qu’elle est estimée entre 1 à 2 % en population générale en France (Vaiva et al., 2008 ; Darves-Bornoz et al., 2008). Les conditions de vie précaires en France sont associées à des prévalences plus élevées de TSPT. Parmi les personnes souffrant de TSPT éligibles à l’AME, 53 % ne sont pas couvertes, contre 48 % dans le reste de cette population.

    https://www.irdes.fr/recherche/2022/qes-266-une-personne-sans-titre-de-sejour-sur-six-souffre-de-troubles-de-stres
    #trouble_de_stress_post-traumatique (#TSPT) #statistiques #chiffres #traumatisme #sans-papiers #France #santé_mentale #psychiatrie #accès_aux_soins #précarité

    ping @isskein @karine4

  • Les pratiques d’un hôpital psychiatrique de Lens dénoncées

    Le contrôleur général des lieux de privation de liberté relève des conditions indignes et le non-respect de la loi sur les mesures de contention et d’isolement.

    L’autorité administrative chargée de contrôler les conditions de prise en charge des personnes privées de liberté dénonce de nombreux dysfonctionnements au sein d’un hôpital psychiatrique de Lens (Pas-de-Calais), le centre de santé mentale Jean-Baptiste-Pussin. Le constat dressé, dans un rapport publié le 1er mars, par le Contrôleur général des lieux de privation de liberté, à la suite d’une visite du 10 au 14 janvier dans l’établissement, est sans appel : « Les patients, y compris en soins libres, sont cloîtrés, souffrent de conditions d’hospitalisation médiocres, de placements à l’isolement indignes et évoquent leur insécurité. Leurs droits, aussi peu connus des patients que du personnel, sont d’autant plus rarement mis en œuvre que les juges ne se déplacent pas dans l’établissement et s’accommodent des absences répétées des patients à leurs audiences. » Déjà en 2016 et en 2019 des rapports administratifs avaient souligné des dysfonctionnements.

    Restriction d’accès aux espaces extérieurs même pour les patients en soins libres, chauffage mal réparti à tel point que certains patients déclarent dormir en bonnet… Les problèmes sont nombreux. Si les personnes hospitalisées ne peuvent prendre l’air qu’entre 13 h 30 et 16 h 30, les chambres où ils doivent séjourner le reste du temps ne permettent paradoxalement pas la garantie de leur sécurité et de leur intimité, faute de système de verrouillage. De la même façon, le Contrôleur général des lieux de privation de liberté décrit des chambres d’isolement indignes sans horloge permettant de se repérer dans le temps ni dispositif d’appel à l’aide pour les patients.

    « C’est l’improvisation »

    Outre ces conditions de prise en charge, c’est surtout le non-respect du cadre juridique des mesures d’isolement et de contention qui est dénoncé. Désignées par la loi comme étant des « pratiques de dernier recours » réservées aux personnes en hospitalisation sans consentement, ces mesures font pourtant l’objet d’une application généralisée en dépit du statut, de l’âge du patient, y compris mineur, et, pire encore, des décisions et contrôles effectués par les médecins en la matière. Est ainsi évoqué l’exemple d’une personne replacée à l’isolement une heure seulement après avoir bénéficié de la levée médicale de cette mesure…

    Certains professionnels de l’établissement, désemparés, reconnaissent que la direction ne recherche guère de solution à cette restriction de liberté illégale sur de nombreux aspects. « On nous a dit parfois que ça n’était pas légal, mais on ne nous dit pas quoi faire d’autre », résume un salarié.

    Les patients ne reçoivent pas toujours les décisions les concernant

    Les soins sans consentement sont pourtant soumis à un cadre procédural strict et doivent systématiquement faire l’objet d’un contrôle par un juge. « Là encore, c’est l’improvisation », déplorent certains. Les patients ne reçoivent pas toujours les décisions les concernant. L’audience se tient hors des murs du centre, compliquant la préparation du dossier pour les professionnels de justice. Résultat, 37 % seulement des patients sont présentés au juge des libertés et de la détention chargé de juger leur maintien en hospitalisation sans consentement. Le manque d’effectivité de ces décisions de justice et le risque d’enfermement arbitraire sont également signalés par le rapport. Une décision de la cour d’appel de Douai du 19 juillet 2021 ordonnant la mainlevée d’une hospitalisation sous contrainte n’a ainsi été exécutée que vingt-trois jours après sa notification.

    S’il regrette l’existence des manquements, le ministère de la justice, destinataire du rapport, tient à rappeler que l’absence des patients à l’audience devant le juge des libertés et de la détention est multifactorielle (refus du patient, possibilité de se faire représenter par un avocat, contre-indications médicales) et que les contraintes liées au ressort du tribunal de Béthune, comptant de nombreux centres psychiatriques, justifient que le juge ne se déplace pas au sein de l’établissement. Le garde des sceaux invite toutefois les chefs de cours à effectuer un rappel des dispositions légales et à procéder à un contrôle rigoureux des établissements placés sur leur territoire.

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2022/03/01/un-hopital-psychiatrique-de-lens-denonce-pour-ses-pratiques_6115656_3224.htm

    edit Recommandations en urgence relatives au centre de santé mentale Jean-Baptiste Pussin à Lens (Pas-de-Calais), #CGPL
    https://www.cglpl.fr/2022/recommandations-en-urgence-relatives-au-centre-de-sante-mentale-jean-baptiste-

    #psychiatrie #hôpital

    • « On est le triste reflet de l’effondrement de la psychiatrie » : dans les Flandres, un établissement de santé mentale en voie de « démantèlement »

      L’enterrement symbolique de la psychiatrie publique française est en marche. Les croix en bois plantées dans le sol de l’entrée de l’établissement public de santé mentale (EPSM) des Flandres, à Bailleul (Nord), illustrent depuis quelques mois le combat d’une partie des 1 200 agents hospitaliers contre le transfert annoncé de 70 lits de psychiatrie vers l’EPSM d’Armentières, à 15 kilomètres de là. « Bailleul va être amputée d’une partie de son histoire faute de psychiatres et d’internes en nombre suffisant, dénonce Nicolas Lefebvre, président du conseil de surveillance depuis 2015, et adjoint au maire de Bailleul. On est le triste reflet de l’effondrement de la psychiatrie publique en France. »
      Dans le Nord, comme partout en France, de Caen au Puy-en-Velay en passant par Allonnes (Sarthe), la pénurie de psychiatres est devenue telle que des établissements de santé sont contraints de fermer des lits ou de fusionner pour assurer un minimum de garanties de soins aux patients. « Même à Paris, à Sainte-Anne, ils ont du mal à recruter, explique le docteur Christian Müller, président de la Conférence des présidents de commission médicale d’établissement (CME) des centres hospitaliers spécialisés (CHS) en psychiatrie. La situation est particulièrement préoccupante et ce qu’il se passe à Bailleul est emblématique de la psychiatrie nationale. »

      Recrutements quasi impossibles

      A Bailleul, aux pieds des monts des Flandres, celui que les habitants appellent encore parfois « l’asile » est une institution sur le territoire. Une ville dans la ville qui a compté jusqu’à 2 000 patients. Depuis cent soixante ans, un immense parc et une partie de la trentaine de pavillons étalés sur 35 hectares accueillent les malades. Au fil des années, la situation n’a cessé de se dégrader dans ce centre hospitalier spécialisé qui assure les soins en santé mentale des habitants de la Flandre intérieure et du littoral. « Le fond du problème, c’est que nous n’avons pas de médecins et que l’on n’arrive pas à recruter », résume Valérie Bénéat-Marlier, la directrice générale des EPSM Lille-Métropole et des Flandres.

      Problème de démographie médicale, le nombre annuel de psychiatres formés a été divisé par cinq au milieu des années 1980. La crise est sans précédent, avec près de 30 % des postes de praticiens vacants en France. « A Bordeaux, par exemple, il y a une nette tendance à la demande de prolongation d’activité des plus de 65 ans pour pallier ce manque », explique Christian Müller.

      Parallèlement, la psychiatrie ne séduit plus les étudiants en médecine. Comme à Bailleul, de nombreux postes d’internes ne sont pas pourvus en France. « C’est une des spécialités les moins choisies, regrette le docteur Eric Salomé, président de la CME de l’EPSM des Flandres. Il y a un problème d’attractivité. Et pourtant, on essaie de changer la représentation du métier auprès des jeunes. » Le niveau de salaires et la détérioration des conditions de travail dans des équipes de plus en plus exsangues n’aident pas à susciter des vocations.

      « Chez nous, la baisse du nombre d’internes a été la goutte d’eau qui a fait déborder le vase, témoigne le docteur Eric Salomé. Quand on est moins nombreux dans un service, il y a un effet boule de neige, avec un nombre de gardes qui augmente et une charge de travail qui s’accroît. » Chaque jour, ce pédopsychiatre de 61 ans reçoit deux ou trois annonces pour lui proposer de travailler moins pour un salaire plus conséquent, parfois sans aucune garde. Des propositions issues du privé mais aussi d’établissements publics. « La concurrence est désormais sur les conditions de travail et sur les finances, dit-il. Moi, je reste à l’EPSM des Flandres, car je travaille avec des équipes qui me donnent envie, parce que mon travail est plus intéressant ici qu’ailleurs et que les projets sont passionnants. »

      Fermeture d’une ligne de garde

      Mais d’autres ont préféré partir. En février, la direction de l’EPSM des Flandres a été contrainte de fermer une ligne de garde. « Notre vocation est d’assurer des soins de qualité, mais ce grave déficit médical nous oblige à modifier notre organisation », explique Valérie Bénéat-Marlier. En quelques mois, la direction a dû faire face à l’annonce du départ de trois de ses six praticiens hospitaliers. « Au 1er janvier 2022, je n’aurai plus que trois psychiatres pour deux secteurs, et encore, il y en a une qui partira en congé maternité », précise la directrice, qui a même fait appel à un chasseur de têtes pour recruter.

      Dès son arrivée, en 2017, Valérie Bénéat-Marlier a pris d’importantes décisions pour faire face au déficit de près d’un million d’euros. « Désormais, on a les moyens de recruter correctement, dit-elle. On a une situation budgétaire saine, des projets innovants, mais sauf à vouloir tuer le service public psychiatrique, il faut corriger les écarts de rémunération entre public et privé. » La directrice, comme les syndicats, réclame aussi une répartition plus juste des internes, car depuis la réforme du troisième cycle de 2017, la majorité d’entre eux sont affectés au CHU de Lille. L’Agence régionale de santé des Hauts-de-France, à Lille, reconnaît que « la baisse du nombre d’internes dans cet établissement peut s’expliquer par une modification des maquettes d’internat intervenue en 2017, avec pour conséquence d’augmenter le nombre de stages au profit des CHU. »

      En attendant, c’est devant les locaux lillois de l’ARS que syndicats (CFTC, CGT, FO, SUD, UNSA) et élus locaux manifesteront le 16 septembre pour dire « non au démantèlement de l’EPSM de Bailleul et à la relocalisation de 70 lits de psychiatrie adulte sur le site de l’EPSM d’Armentières ». « Cette délocalisation aura des impacts catastrophiques pour les patients de la Flandre intérieure, estime Laëtitia Declercq (CGT), au nom de l’intersyndicale. Ils seront pris en charge loin de leur domicile, ce qui est à l’opposé de la politique de secteur. »

      Dans un contexte sanitaire qui a durement mis à l’épreuve la santé mentale des Français, Emmanuel Macron avait annoncé en janvier la tenue d’Assises de la santé mentale et de la psychiatrie. La restitution de la consultation nationale ouverte en ligne depuis mai est prévue fin septembre. « Avec les Assises, il y aura sûrement des effets d’annonce, mais on a besoin d’une loi-cadre, de quelque chose d’ambitieux », insiste le président de la Conférence des présidents de commission médicale d’établissement (CME) des centres hospitaliers spécialisés (CHS) en psychiatrie.

      Depuis sa rencontre avec le ministre de la santé, le 14 juin, pendant laquelle le praticien lillois a détaillé l’épuisement des équipes médicales en psychiatrie, la situation n’a cessé de se dégrader. « La question de l’#accès_aux_soins n’est plus une réalité en France, estime Christian Müller. _Dès 2018, nous avions alerté le ministère pour dire que la psychiatrie était en état d’urgence républicaine. C’est une catastrophe annoncée. »

      https://www.lemonde.fr/societe/article/2021/09/13/l-etablissement-de-sante-mentale-de-bailleul-symbole-de-la-deliquescence-de-

      « Il faut donner à la psychiatrie les moyens ambulatoires et hospitaliers qui lui ont été soustraits lors de la fermeture de 70 000 lits »- Collectif inter-hôpitaux (CIH) https://seenthis.net/messages/905177

  • Covid-19 : la vaccination, prise entre déterminants sociaux et défiance envers les institutions

    La sociologue Nathalie Bajos n’a pas pour habitude de survendre ses travaux. Pour présenter le troisième volet de l’enquête #EpiCov (« Epidémiologie et conditions de vie ») sur les disparités sociales dans l’accès à la vaccination contre le Covid-19, réalisée par l’Institut national de la santé et de la recherche médicale (Inserm) et la direction de la recherche, des études, de l’évaluation et des statistiques (Drees), la directrice de recherche à l’Inserm annonce la couleur : « Il n’y a pas de scoop. Les inégalités observées habituellement dans l’accès à la prévention, on les retrouve dans cette politique particulière qu’est la vaccination. »
    Nul ne sera stupéfait de lire que les catégories sociales les moins favorisées, les personnes les moins diplômées, celles aux plus bas revenus ou encore les immigrés non européens sont les moins vaccinés. Pas surprenant non plus le constat que la confiance envers le gouvernement ou vis-à-vis des scientifiques pèse lourdement dans le statut vaccinal.

    Mais l’ampleur de ces influences apparaît en revanche tout à fait étonnante, comme tout un ensemble de petits détails qui font de l’enquête rendue publique, jeudi 24 février, un tableau tout à fait saisissant.

    [...]
    Les écarts sociaux, s’ils étaient prévisibles, surprennent toutefois par leur ampleur. La différence dans la proportion de vaccinés est déjà de 10 % entre non-diplômés et bac + 5, mais elle s’amplifie encore lorsque l’on observe les catégories socioprofessionnelles, avec 64,8 % de vaccinés chez les ouvriers contre 83,1 % chez les cadres supérieurs. Et le fossé devient gouffre avec le niveau de vie : parmi les 10 % les plus pauvres, seuls 54,8 % étaient vaccinés, en juillet 2021, contre 87,6 % des personnes appartenant aux 10 % les plus riches. Plus de 30 points d’écart.

    « C’est d’autant plus spectaculaire que la vaccination est gratuite », souligne Nathalie Bajos, qui avance une explication : « Leurs conditions de vie les éloignent du contrat social. Ce sont les personnes les moins sensibles au discours préventif comme aux arguments de solidarité nationale, les deux principaux arguments avancés pour appuyer la vaccination. »

    https://justpaste.it/1tdo4

    #santé_publique #accès_aux_soins #prévention #vaccination #covid-19

  • Asile, une industrie qui dérape

    Le traitement des demandes d’asile en Suisse est devenu une véritable industrie, avec des #centres_fédéraux gérés principalement par des sociétés privées. Employés mal payés, manque cruel de formation, dérapages violents, dérives bureaucratiques, accès aux soins problématique : des témoignages et des documents d’enquêtes pénales inédits permettent de percer la boîte noire des centres fédéraux d’asile.

    https://pages.rts.ch/emissions/temps-present/12754866-asile-une-industrie-qui-derape.html

    #Budget de fonctionnement des centres : 215 millions en 2021, dont 57 mio à l’encadrement et 60 millions à la sécurité (min 53’50) :

    Dans le reportage, l’histoire de #Sezgin_Dag est racontée. Sezgin décède dans un taxi qui était en train de l’amener à l’hôpital (à partir de la minute 3’06).

    #asile #migrations #réfugiés #privatisation #business #Suisse #ORS #Protectas
    #violence #accélération_des_procédures #procédures_accélérées #accès_aux_soins #souffrance #témoignage #industrie_de_l'asile #business #SEM #Securitas #coût #dysfonctionnement #Boudry #cellule_de_réflexion #décès #morts #suicides #automutilations #traumatismes #dérapages #Gouglera #injures #violence_systématique #frontaliers #conditions_de_travail #plan_d'exploitation_hébergement (#PLEX) #fouilles #nourriture #alimentation #punitions #privations_de_sortie #mesures_disciplinaires #horaires #pénalité #formation #spray #agents_de_sécurité #salaires #centres_pour_récalcitrants #récalcitrants #Verrières #centres_spécifiques #centre_des_Verrières #disparitions #délinquance #optimisation #sécurité #prestations #société_anonyme

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    Ajouté à la métaliste sur #ORS en Suisse :
    https://seenthis.net/messages/884092