• Un rapporto sulla frontiera tra Lettonia, Russia e Bielorussia

    Il monitoraggio della ONG “I want to help refugees”

    A ottobre 2023 la ONG lettone Gribu palīdzēt bēgļiem (Voglio aiutare i rifugiati) 2, ha pubblicato un report sulla monitoraggio delle frontiere curato da Anna E. Griķe e Ieva Raubiško 3.

    Questa pubblicazione segue il report sulla visita effettuata in Lettonia dal 10 al 20 maggio del 2022 dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), un dossier a cui il governo lettone ha replicato in modo ambiguo e fuorviante. L’ONG lettone ha così deciso di redigere un proprio report che contesta le affermazione governative.

    Il Rapporto del Comitato europeo, infatti, forniva 21 raccomandazioni in merito alla situazione di detenzione nei confronti delle persone migranti, mentre la risposta del governo lettone considerava 18 di queste come risolte e/o ingiustificate, per cui non dovrebbero essere prese ulteriori misure, e 3 raccomandazioni presentate insieme a una potenziale azione.

    Tra le raccomandazioni, il CPT ha indicato alle autorità lettoni di garantire che le persone migranti che arrivano nella zona di frontiera o che sono presenti nel Paese non siano rimpatriate con la forza in Bielorussia. E’, invece, doveroso effettuare uno screening individuale al fine di identificare le persone bisognose di protezione, valutare tali necessità e prendere le misure appropriate. Inoltre, è essenziale che i cittadini stranieri abbiano accesso a una procedura di asilo, o altra procedura di soggiorno, che preveda una valutazione del rischio di maltrattamento in caso di espulsione della persona interessata verso il Paese di origine o un Paese terzo, sulla base di un’analisi obiettiva e indipendente della situazione dei diritti umani in quegli Stati.

    Per le autorità lettoni, attualmente, la situazione nei territori amministrativi al confine tra Lettonia e Bielorussia è considerata come un’emergenza e «non consente il flusso incontrollato di persone che attraversano il confine di Stato in luoghi non previsti», e allo stesso tempo non limita il diritto delle persone ad accedere alla procedura di asilo, poiché «il diritto di presentare una domanda al valico di frontiera previsto dalla legge sull’asilo non è limitato».

    Tuttavia, le testimonianze delle persone respinte con la forza dal confine lettone verso la Bielorussia indicano che al confine non viene effettuato un esame adeguato (ad esempio, non vengono verificati i documenti d’identità: nazionalità, età e altri dati identificativi sono sconosciuti), in violazione del divieto di espulsione collettiva dei rifugiati sancito dalla Convenzione di Ginevra, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla CEDU (principio di non-refoulement). Ci sono stati casi in cui non solo le famiglie con bambini, ma anche i minori non accompagnati sono stati respinti. Inoltre, perfino il principio dell’unità familiare non sempre è rispettato.

    Altre testimonianze di persone che sono riuscite ad entrare in Lettonia e hanno presentato domanda di asilo per motivi umanitari, mostrano che né le autorità bielorusse né quelle lettoni permettono ai migranti di spostarsi verso i valichi di frontiera ufficiali, respingendo invece in Lettonia o in Bielorussia, nonostante la legislazione vigente preveda che le persone possano presentare domanda di asilo ai valichi di frontiera ufficiali (ce ne sono due a Pāternieki e Silene) e al Centro di detenzione per stranieri di Daugavpils.

    Per dissuadere le persone dall’attraversare la frontiera, le guardie ricorrono all’uso della forza fisica e mezzi speciali, nonché all’uso di cani da guardia. Il 29 agosto 2023, il governo ha ratificato gli emendamenti al “Regolamento sui tipi di mezzi speciali e sulla procedura per il loro utilizzo“, prevedendo oltre ai mezzi speciali già in uso – tra cui manganelli, taser, spray di gas cs, candelotti e granate fumogene, granate a gas, luminose e sonore – anche dispositivi sonori con effetti stordenti.

    L’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine è illegale e per questo il CPT ha raccomandato che le forze dell’ordine vengano informate a riguardo e ricevano una formazione pratica sull’uso proporzionato della forza per l’arresto di cittadini stranieri alla frontiera.

    Le autorità lettoni ribattono di non aver fatto ricorso alla forza fisica e a mezzi speciali contro le persone migranti in quanto non si sono verificati casi in cui queste non hanno obbedito agli ordini considerati legittimi delle guardie di frontiera: le persone, infatti, vengono informate che l’attraversamento del confine di Stato è illegale e che è prevista una responsabilità penale per il suo attraversamento e vengono invitate a non attraversare il confine di Stato o, di conseguenza, a tornare in Bielorussia. Nonostante sia consentito l’uso dei taser ai funzionari, attualmente non sono utilizzati per la sorveglianza delle frontiere a causa della loro carenza numerica, del loro breve periodo di autonomia e della necessità di utilizzarli per le esigenze di altri servizi dell’SBG 4.

    Tuttavia, la risposta del governo è in contraddizione con diverse testimonianze di persone migranti raccolte da “Voglio aiutare i rifugiati” nel 2022-2023, che hanno subito violenze emotive e fisiche, tra cui insulti e minacce, percosse e folgorazioni, sia durante i respingimenti che durante la permanenza nelle tende/basi dell’SBG in territorio lettone.

    Secondo queste testimonianze, gli abusi sono stati commessi il più delle volte da membri di unità speciali non identificate che indossavano maschere. Nel report si legge che «almeno quattro denunce sull’uso eccessivo della violenza sono state presentate all’Ufficio per la sicurezza interna e uno dei denuncianti si è rivolto alla Corte europea dei diritti umani».

    Per quanto riguarda l’accoglienza dei minori non accompagnati, il Comitato vorrebbe fosse adibita una struttura specifica, mentre il governo lettone afferma che sarebbe impossibile in quanto il numero dei minori è esiguo. Per l’associazione questa risposta è fuorviante: nonostante il basso numero solo alcuni minori non accompagnati vengono accolti in modo adeguato. Nel maggio 2023 Anna E. Griķe ha incontrato una ragazza di 13 anni dell’isola di Comore ospitata nel “centro di accoglienza” per richiedenti asilo “Mucenieki“, che offriva le stesse condizioni di alloggio degli adulti e che quindi non può essere considerato un istituto di assistenza all’infanzia. Tra il 4 e il 7 luglio la minore è scomparsa.

    Oltre a strutture specifiche adeguate per l’età dei richiedenti asilo, il CPT vorrebbe assicurare ai richiedenti asilo trattenuti nei centri di Daugavpils e Mucenieki attività come lezioni di lingua, di computer, percorsi formativi ecc. Il massimo sforzo dovrebbe essere dedicato soprattutto per garantire ai bambini in età scolastica attività educative adeguate.

    Il governo lettone ha risposto che all’SBG non compete la pianificazione delle attività del tempo libero, tuttavia collabora con le ONG lettoni, come l’associazione “Voglio aiutare i rifugiati” e la Croce Rossa che, per quanto possibile, assicurano l’organizzazione di varie attività ricreative, di socializzazione e integrazione, misure di sostegno psicologico e di istruzione.

    Nonostante ciò, il report afferma che da quanto osservato nel 2023 l’unica attività garantita dalla CR è stata fornire indumenti scadenti a entrambi i centri di detenzione e che solo nell’estate del 2023 l’associazione ha organizzato attività settimanali in entrambi i centri di detenzione per bambini e famiglie e a volte per adulti: un’iniziativa basata sulla buona volontà, non una soluzione sistemica.

    In ultima istanza, il report si occupa delle problematiche relative alle cure psichiatriche e all’assistenza psicologica nei centri di detenzione. Il CPT insiste che siano presi provvedimenti a riguardo insieme a un necessario servizio di interpretariato professionale. Le autorità lettoni dichiarano che in base alla proposta avanzata dall’Ong “Medici senza frontiere“, nel periodo compreso tra luglio e il 31 dicembre 2022, i loro rappresentanti hanno visitato regolarmente l’IDC (centro di detenzione per immigrati) di Daugavpils e di Mucenieki, fornendo assistenza psicologica agli stranieri detenuti e ai richiedenti asilo ospitati nell’IDC dell’SBG.

    Da quando Medici Senza Frontiere ha cessato la sua attività in Lettonia, nel dicembre 2022 5, non è più disponibile alcun supporto psicologico per le persone detenute. Inoltre nel 2013, l’SBG e la Croce Rossa Lettone hanno firmato un accordo di cooperazione, in base al quale quest’ultima si è impegnata a fornire per le persone accolte misure di sostegno psicologico ed educativo. Secondo “Voglio aiutare i rifugiati” la Croce Rossa non ha offerto assistenza psicologica presso gli IDC anche a causa della difficoltà di organizzare gli interpreti. Sebbene le ONG possano offrire un valido supporto psicologico ai richiedenti asilo e agli stranieri detenuti nei centri di detenzione, i loro servizi non possono essere considerati una sostituzione del supporto psicologico che lo Stato dovrebbe fornire.

    “Voglio aiutare i rifugiati” ha ripreso lo slogan “Nessuno è illegale” (Neviena persona nav nelegāla!) per cercare di sensibilizzare sulla situazione al confine: «Il termine “migrante irregolare” non solo è indesiderabile (ad esempio, si veda il Glossario sulle migrazioni dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni), ma denigra anche i diritti umani di qualsiasi migrante e non è in linea con i principi delle buone pratiche».

    La maggior parte delle persone giunte in Lettonia dalla Bielorussia sono richiedenti asilo: fino a quando non verrà presa una decisione sul loro status, da un punto di vista giuridico dovrebbero essere chiamati richiedenti asilo, nonostante abbiano attraversato il confine “illegalmente“. Da un punto di vista legale ed etico, un processo o un atto può essere etichettato come irregolare, ma non lo può essere una persona.
    Nessuna persona, infatti, è illegale!

    https://www.meltingpot.org/2024/03/un-rapporto-sulla-frontiera-tra-lettonia-russia-e-bielorussia

    #rapport #frontières #migrations #réfugiés #Gribu_palīdzēt_bēgļiem #Gribu_palidzet_begliem #Lettonie #Russie #Biélorussie #accès_aux_droits #droit_d'asile #expulsions_collectives #refoulements #push-backs #violence #violences #dispositifs_sonores #insultes #menaces #violences_psychologiques

    • BORDER MONITORING REPORT, LATVIA

      Background

      On 11 July 2023 both the “Report to the Latvian Government on the periodic visit to Latvia carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 10 to 20 May 2022” (here and after – Report) and the “Response of the Latvian Government to the report of the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) on its periodic visit to Latvia from 10 to 20 May 2022” (here and after – Response) were published. The Report provides 21 recommendations in terms of Immigration detention; Response considers 18 recommendations as in progress and/or unjustified where no additional steps should be taken, and 3
      recommendations are presented along with a potential action plan.
      Ieva Raubiško has closely followed the situation of irregular migrants at the Latvian-Belarussian border since August 2021. In October 2022, she joined the NGO “I Want to Help Refugees” as an advocacy officer. In February 2023 Anna E. Griķe began to fulfil her duties as both border monitoring expert and coordinator of
      humanitarian aid for asylum seekers. Based on prior reports, observations, and individual cases, the following border monitoring report aims to highlight misleading information within the Response. It does not cover all recommendations/responses because of the insufficient data available regarding issues such as access to
      legal aid or to health care, but it is more focused on the everyday life in detention, especially, in regard to minors. The reference to both documents includes paragraphs and page numbers.

      Key Findings

      [1] Accommodation of unaccompanied minors

      Report, par. 30, p. 17: “The Committee recommends that the Latvian authorities take the necessary measures to ensure that unaccompanied minors are accommodated in an open (or semi-open) specialised establishment for juveniles (for example, a social welfare/educational institution) where they can be provided with appropriate care and activities suitable for their age; the relevant legal provisions should be amended accordingly.”

      Response, p. 12: “There is no open (or semi-open) specialised establishment in Latvia intended specifically for a minor foreigner to be extradited or unaccompanied asylum seeker and it is not planned to create such an establishment, because the number of unaccompanied minors is small and it would not be feasible to open such an establishment. An unaccompanied minor, who is not detained, is accommodated in a child care institution based on the decision of the Orphan’s and Custody Court.”

      Indeed, the number of asylum seekers – unaccompanied minors is low, and there is no specialised establishment for their accommodation. However, the Response is misleading since only some unaccompanied minors are properly taken care of. In May 2023, Anna E. Griķe came across two of them, a 13-years old girl from Comoros island and a 14-years old boy from DRC. They both were accommodated in the Accommodation centre for asylum seekers “Mucenieki” provided the same accommodation conditions as adults (free of charge accommodation and allowance of 3 euros per day). It could be considered a childcare institution in any way, as it requires individuals to have complete autonomy in taking care of themselves on a daily basis. After the girl’s disappearance of between July 4 and 7 and ‘with serious concerns about the lack of action, relevant institutions as Ombudsman or State Police were informed about the situation.

      [2] Access to education and/or leisure activities for minors in IDCs [immigration detention center]

      Response, p. 12: “Minors accompanied by their parents are accommodated in the IDC, based on the parents’ application for accommodating children together with parents, and after evaluating the best interests of a child. Thus, children are not detained, but accommodated together with their parents, who are detained. In turn, detained unaccompanied minors are accommodated in the premises of the IDC premises, in which there is personnel and equipment to take the needs of their age into account. Minors accommodated in the premises of the IDC are provided with opportunities for acquiring education, engaging in leisure time activities, including games and recreational events corresponding to their age.” Even though there is a theoretical possibility for children from IDC to access education, it does not take place due to multiple factors. For instance, it takes one month to get the response from the Ministry of Education to be assigned to an educational institution, and as the detainees do not know the length of their detention and live in hope that it will not be lasting long, there is low interest to submit an application. Apart from a room with a limited number of toys, there are no specific opportunities considered for children/youth who experience the same limited access of movement within the detention centre as adults. For instance, outdoor space is not openly available. In the premises of the IDC, there is no opportunity for acquiring education; also, online learning is not possible due to the limited access to electronic devices which is restricted to just one hour per day. None of IDC’s personnel has the task to meet the education and or/leisure activity needs.

      [3] About access to purposeful activities for detainees

      Report, par. 35, p. 19: “The CPT recommends that the Latvian authorities take steps to ensure that foreign nationals held at Daugavpils and Mucenieki Immigration Detention Centres are offered a range of purposeful activities (for example, language classes, computer courses, crafts, etc.). The longer the period for which foreign nationals are detained, the more developed should be the activities which are offered to them. Further, every effort should be made to provide children of school age with suitable educational activities.”

      Response, p. 14-15: “The SBG ensures the security guarding of persons accommodated in the IDC, but does not get involved in planning their free time activities. Nevertheless, the SBG actively cooperates with Latvian NGOs, such as the association “I want to help refugees”, which, as far as possible, ensures the organisation of various leisure activities in the IDC of the SBG for both children and adults. […] In 2013, the SBG and the association “Latvian Red Cross” (hereinafter – LRC) signed an agreement on cooperation, based on which the LRC, among other things, undertook to organise, as far as possible, for persons accommodated in the IDC, psychological support and educational measures or other measures that would improve living conditions, as well as to provide the services of social work experts and other measures promoting socialisation and integration, including, if necessary, to organise Latvian language classes. Recommendations regarding the provision of purposeful activities (including the Latvian language classes) for foreigners in accommodation centres for asylum seekers, as well as regarding measures to reduce the language barrier between health care personnel and admitted foreign nationals, by providing translation/interpreting services, are to be supported.”

      In summer 2023, “I Want to Help Refugees” organized weekly activities in both detention centres for children and families, and – when possible, for adults, both men and women. It was based on good will, and in no terms could be perceived as a systemic solution. However, these activities created an opportunity to get a better insight of the everyday life in detention and was an attempt to meet individual or collective needs. These included provision of underwear, socks, basic footwear, additional clothing, spices for food, books, toys, and games.
      Prior to summer 2023 no regular activities were provided by any institution, NGOs or Latvian Red Cross (besides two unsuccessful episodes in December 2022 and April 2023 when a team of LRC did not manage establish contact with detainees to provide leisure time activities). From what has been observed during 2023, the sole outcome of the cooperation agreement with LRC is the provision of donated clothes to both IDCs. These are of very poor quality and do not include such basic items as underwear or socks. No psychological support, educational measures or other initiatives that would improve living conditions are being implemented in any of IDCs. Services of social work experts and other measures promoting socialization and integration, including Latvian language classes, are not provided either.

      [4] About access to outdoor exercise at the IDCs

      Report. par. 36, p. 20: “The CPT recommends that the Latvian authorities take steps to increase significantly the daily outdoor exercise period for foreign nationals held at Daugavpils Immigration Detention Centre. In the Committee’s view, detained foreign nationals should, as a rule, have ready access to an outdoor area throughout the day.

      Response, p. 15: “According to Clause 21 of Cabinet of Ministers Regulation No. 254 of 16 May 2017, the daily schedule of the accommodation premises shall include daily walk time in fresh air (outdoor exercise) – for at least two hours. In turn, Clause 18 of Cabinet of Ministers Regulation No. 254 of 16 May 2017 provides that if a detained person refuses to exercise any rights (for example, outdoor exercise), an official of the accommodation premises may request to confirm it with a written submission. Given the structure of Daugavpils IDC and Mucenieki IDC, it is not possible to ensure free access of the detained persons to the outdoor area throughout the day.” “I Want to Help Refugees” has received complaints from a number detainees at both Daugavpils and Mucenieki Detention Centres about their restricted access to outdoor areas. While no clear-cut reasons for such restriction have been provided, these complaints also indicate a lack of clear procedure as to how the access to open-air areas should be requested by the detainees and why and how the time limit outdoor activities is determined (for example, why only one hour is granted for outdoor activities, not the two-hour minimum as prescribed in the Cabinet of Ministers Regulation No. 254, Internal Rules of Procedure of Accommodation Premises for Detained Foreigners and Asylum Seekers.) As a result, inhabitants of IDCs lose the possibility to be in fresh air for sufficient time each day or, on some days, are not able to spend time outdoors at all.

      [5] About the alleged ill-treatment of detained foreign nationals (irregular migrants) by Latvian special police forces between August 2021 and March 2022 in the border area.

      Report, par. 33, p. 18: “The CPT recommends that all law enforcement agencies concerned are given a clear and firm message on a regular basis that any use of excessive force is illegal and will be punished accordingly. Further, they should be provided with further practical training relating to the proportionate use of force, including control and restraint techniques, in the context of apprehending foreign nationals at the border. As regards more specifically the use of electrical discharge weapons, reference is made to the principles listed in paragraphs 65 to 84 of the 20th General Report on the CPT’s activities.23“

      Response, p. 13: “It has not been necessary to use physical force and special means against persons, because there have been no cases when they did not obey the lawful orders of the border guards. In order to prevent crossing or attempted crossing of the state border outside official border crossing points and procedures established for legal entry, persons are informed that crossing the state border is illegal and there is criminal liability prescribed for crossing it and are invited not to cross the state border or correspondingly invited to return to Belarus. Furthermore, at that moment persons also visually see armed border guards and national guards, and their preparedness for active response in preventing the possibilities of illegal crossing of the state border. Following such actions and the provision of information, persons, as a rule, do not risk approaching Latvia or, if they have already crossed the border, they return to Belarus. The enumeration of special means of the SBG contains electric shock devices, which the officials, based on Cabinet of Ministers Regulation No.55 of 18 January 2011, are entitled to use for fulfilment of the functions assigned to them. There are no electric shock devices of any kind (including TASER) currently used for border surveillance due to the numerical shortage thereof, expiry of their useful life and the necessity to use them for the needs of other SBG services (immigration control, border inspections).”

      The government’s response contradicts several testimonies of irregular border-crossers recorded by “I Want to Help Refugees” in 2022–2023 on having experienced emotional and physical violence, including cursing and threats, beatings, and electrocution both during the pushbacks and while in tents/ SBG bases in the Latvian territory. According to these testimonies, abuse was most often committed by members of unidentified special units wearing masks. At least four complaints on the excessive use of violence have been submitted to the Internal Security Bureau, and one of the complainants has turned to the European Court of Human Rights.

      [6] About the lack of psychological assistance to the detainees at the IDCs.

      Report, par. 44, p. 57: “The CPT recommends that steps be taken at Daugavpils and Mucenieki Immigration Detention Centres to ensure adequate access to psychiatric care and psychological assistance for foreign nationals, combined with the provision of professional interpretation.”

      Response, p. 18-19: “Based on the proposal made by the international non-governmental organisation “Doctors without Borders”, during the period from July to 31 December 2022, the representatives of the international non-governmental organisation “Doctors without Borders” have been regularly visiting Daugavpils IDC and Mucenieki IDC and providing psychological support to the detained foreigners and asylum seekers accommodated in the IDC of the SBG.

      By means of the funds raised via the project from the Asylum, Migration and Integration Fund, in order to reduce the everyday psychological sufferings or struggles of the target group, it is planned to attract psychologists and cover expenses for psychologist services for the foreigners accommodated in the centres.

      Additionally, as already mentioned herein above, in 2013, the SBG and the LRC signed an agreement on cooperation, based on which the LRC, among other things, undertook to organise, as far as possible, for persons accommodated in the IDC of the SBG, psychological support and educational measures or other measures that would improve living conditions of the referred to persons…”

      While NGOs might offer valuable psychological support to asylum seekers and detained foreigners at the IDCs, their services cannot be considered a viable alternative and substitution of state-provided in-house psychological support. Since December 2022 when “Doctors without Borders” ceased its operation in Latvia, no psychological support has been available to the detainees. LRC has not been able to offer any psychological assistance at the IDCs, citing the difficulty of arranging interpreters as one of the main challenges.

      [7] About the forcible return of irregular migrants from Latvia to Belarus

      Report, par. 48, p. 57: “… the CPT recommends that the Latvian authorities take the necessary measures to ensure that irregular migrants arriving at the border or present in the territory of Latvia are not forcibly returned to Belarus prior to an individualised screening with a view to identifying persons in need of protection, assessing those needs and taking appropriate action. Further, it is essential that foreign nationals have effective access to an asylum procedure (or other residence procedure) which involves an individual assessment of the risk of ill-treatment in case of expulsion of the person concerned to the country of origin or a third country, on the basis of an objective and independent analysis of the human rights situation in the countries concerned.38 The CPT considers that the relevant provisions of the Cabinet of Ministers’ Decree No. 518 on the Declaration of a State of Emergency should be revised accordingly.”

      Response, p. 19: “Currently, the emergency situation in the administrative territories at the Latvia- Belarus border does not allow the uncontrolled flow of people across the state border in places not intended for this, and at the same time does not limit the right of persons to access the asylum procedure, because the right to lodge an application at the border crossing point provided for by the Asylum Law is not restricted. The referred to regulation was based on the internationally recognised right of countries to control the border of their country and to prevent the illegal crossing thereof (see the judgment of the ECHR of 13 February 2020 in the case of ND and NT v. Spain and the judgment of the ECHR of 5 April 2022 in the case A.A. and others v. North Macedonia).”

      Testimonies of irregular migrants forcibly returned from Latvia/ Latvian border to the territory of Belarus indicate that no proper screening of persons is performed at the border. There have been cases when not only families with children, but also unaccompanied minors have been pushed back.
      Testimonies of irregular migrants allowed to enter Latvia on humanitarian grounds and submit their claims for asylum, show that neither the Belarussian nor the Latvian authorities allow the migrants to move to the official border crossing points, instead pushing them back to either Belarus or Latvia.

      Recommendations and Action Points

      Clarify the statements in the Response with authorities in question.
      Create an action plan that identifies the gaps in the treatment of detainees in detention centres and explores for possible solutions.
      Establish an obligation and a clear procedure for a prompt investigation of all claims of violence voiced by irregular migrants and detained asylum seekers.
      Ensure presence of a psychologist/psychotherapist at both IDCs to provide psychological help to the detained when necessary (also, ensure that the regular medical staff is present).
      Ensure the possibility for detainees to spend sufficient time outdoors each day.
      Ensure transparent evaluation of migrants’ individual circumstances upon their arrival at the border; share the assessment guidelines with independent monitoring bodies and NGOs.

      https://gribupalidzetbegliem.lv/en/2023/10/01/border-monitoring-report-latvia

  • De l’état des droits à l’Etat de droit

    Menacé par la non constitutionnalité de lois votées au Parlement, l’Etat de droit subit aussi une menace plus concrète et quotidienne : les difficultés posées dans l’#accès_aux_droits : droit au logement, droits sociaux... Ces registres sont-ils comparables ?

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/sous-les-radars/de-l-etat-des-droits-a-l-etat-de-droit-3499438

    #Etat_de_droit #France #audio #podcast

  • #Loi_immigration : l’accueil des étrangers n’est pas un fardeau mais une nécessité économique

    Contrairement aux discours répétés ad nauseam, le #coût des aides accordées aux immigrés, dont la jeunesse permet de compenser le vieillissement des Français, est extrêmement faible. Le #poids_financier de l’#immigration n’est qu’un #faux_problème brandi pour flatter les plus bas instincts.

    Quand les paroles ne sont plus audibles, écrasées par trop de contre-vérités et de mauvaise foi, il est bon parfois de se référer aux #chiffres. Alors que le débat sur la loi immigration va rebondir dans les semaines à venir, l’idée d’entendre à nouveau les sempiternels discours sur l’étranger qui coûte cher et prend nos emplois nous monte déjà au cerveau. Si l’on regarde concrètement ce qu’il en est, le coût de l’immigration en France, que certains présentent comme bien trop élevé, serait en réalité extrêmement faible selon les économistes. Pour l’OCDE, il est contenu entre -0,5% et +0,5% du PIB selon les pays d’Europe, soit un montant parfaitement supportable. Certes, les immigrés reçoivent davantage d’#aides que les autres (et encore, beaucoup d’entre elles ne sont pas réclamées) car ils sont pour la plupart dans une situation précaire, mais leur #jeunesse permet de compenser le vieillissement de la population française, et donc de booster l’économie.

    Eh oui, il est bien loin ce temps de l’après-guerre où les naissances explosaient : les bébés de cette période ont tous pris leur retraite ou sont en passe de le faire et, bientôt, il n’y aura plus assez de jeunes pour abonder les caisses de #retraite et d’#assurance_sociale. Sans compter que, vu l’allongement de la durée de vie, la question de la dépendance va requérir énormément de main-d’œuvre et, pour le coup, devenir un véritable poids financier. L’immigration, loin d’être un fardeau, est bien une #nécessité si l’on ne veut pas voir imploser notre modèle de société. Les Allemands, eux, l’assument haut et fort : ils ont besoin d’immigrés pour faire tourner le pays, comme l’a clamé le chancelier Olaf Scholz au dernier sommet économique de Davos. Le poids financier de l’immigration est donc un faux problème brandi par des politiques qui ne pensent qu’à flatter les plus bas instincts d’une population qui craint que l’avenir soit pire encore que le présent. On peut la comprendre, mais elle se trompe d’ennemi.

    https://www.liberation.fr/idees-et-debats/editorial/loi-immigration-laccueil-des-etrangers-nest-pas-un-fardeau-mais-une-neces
    #économie #démographie #France #migrations

    –-

    voir aussi cette métaliste sur le lien entre #économie (et surtout l’#Etat_providence) et la #migration... des arguments pour détruire l’#idée_reçue : « Les migrants profitent (voire : viennent POUR profiter) du système social des pays européens »...
    https://seenthis.net/messages/971875

    ping @karine4

    • Sur les #prestations_sociales aux étrangers, la #contradiction d’#Emmanuel_Macron

      Le pouvoir exécutif vante une loi « immigration » qui concourt à une meilleure intégration des « travailleurs » et soutient « ceux qui travaillent ». Mais la restriction des droits sociaux pour les non-Européens fragilise le système de #protection_sociale.

      Depuis son adoption au Parlement, la loi relative à l’immigration est présentée par Emmanuel Macron et par le gouvernement comme fidèle à la doctrine du « #en_même_temps ». D’un côté, le texte prétend lutter « contre les #passeurs » et l’entrée illicite d’étrangers dans l’Hexagone. De l’autre, il viserait à « mieux intégrer ceux qui ont vocation à demeurer sur notre sol » : les « réfugiés, étudiants, chercheurs, travailleurs ». En s’exprimant ainsi dans ses vœux à la nation, le 31 décembre 2023, le président de la République a cherché à montrer que la #réforme, fruit d’un compromis avec les élus Les Républicains, et inspirée par endroits du logiciel du Rassemblement national, conciliait #fermeté et #humanisme.

      Mais cette volonté d’#équilibre est contredite par les mesures concernant les prestations sociales. En réalité, le texte pose de nouvelles règles qui durcissent les conditions d’accès à plusieurs droits pour les étrangers non ressortissants de l’Union européenne, en situation régulière, ce qui risque de plonger ces personnes dans le dénuement.

      Un premier régime est créé, qui prévoit que l’étranger devra soit avoir résidé en France depuis au moins cinq ans, soit « justifier d’une durée d’affiliation d’au moins trente mois au titre d’une activité professionnelle » – sachant que cela peut aussi inclure des périodes non travaillées (chômage, arrêt-maladie). Ce « #délai_de_carence » est une nouveauté pour les aides visées : #allocations_familiales, prestation d’accueil du jeune enfant, allocation de rentrée scolaire, complément familial, allocation personnalisée d’autonomie, etc.

      « #Régression considérable »

      Un deuxième régime est mis en place pour les #aides_personnelles_au_logement (#APL) : pour les toucher, l’étranger devra soit être titulaire d’un visa étudiant, soit être établi sur le territoire depuis au moins cinq ans, soit justifier d’une « durée d’affiliation d’au moins trois mois au titre d’une activité professionnelle ». Là aussi, il s’agit d’une innovation. Ces critères plus stricts, précise la loi, ne jouent cependant pas pour ceux qui ont obtenu le statut de réfugié ou détiennent la carte de résident.

      Le 19 décembre 2023, Olivier Dussopt, le ministre du travail, a réfuté la logique d’une #discrimination entre nationaux et étrangers, et fait valoir que le texte établissait une « #différence » entre ceux qui travaillent et ceux qui ne travaillent pas, « qu’on soit français ou qu’on soit étranger ». « Nous voulons que celles et ceux qui travaillent soient mieux accompagnés », a-t-il ajouté, en faisant allusion au délai de carence moins long pour les étrangers en emploi que pour les autres. Une présentation qui omet que le nouveau régime ne s’applique qu’aux résidents non européens, et laisse penser que certains étrangers mériteraient plus que d’autres d’être couverts par notre #Etat-providence.

      Alors que la loi est censée faciliter – sous certaines conditions – l’#intégration de ressortissants d’autres pays, des spécialistes de la protection sociale considèrent que les mesures sur les prestations tournent le dos à cet objectif. « Les délais de carence vont totalement à l’encontre de l’intégration que l’on prétend viser », estime Michel Borgetto, professeur émérite de l’université Paris Panthéon-Assas. Ils risquent, d’une part, de « précipiter dans la #précarité des personnes confrontées déjà à des #conditions_de_vie difficiles, ce qui aura pour effet d’accroître le nombre de #travailleurs_pauvres et de #mal-logés, voire de #sans-abri, relève-t-il. Ils sont, d’autre part, susceptibles de se révéler largement contre-productifs et terriblement néfastes, poursuit le spécialiste du droit de la #sécurité_sociale, dans la mesure où les étrangers en situation régulière se voient privés des aides et accompagnements nécessaires à leur insertion durable dans la société, dans les premiers mois ou années de leur vie en France. C’est-à-dire, en fait, au moment même où ils en ont précisément le plus besoin… »

      Maîtresse de conférences en droit social à l’université Lyon-II, Laure Camaji tient à rappeler que les prestations visées constituent des « #droits_universels, attribués depuis des décennies en raison de la résidence sur le territoire ». « Cela fait bien longtemps – depuis une loi de 1975 – que le droit aux #prestations_familiales n’est plus lié à l’exercice d’une #activité_professionnelle, souligne-t-elle. C’est un principe fondamental de notre système de sécurité sociale, un #acquis majeur qui forme le socle de notre #pacte_social, tout comme l’est l’#universalité de la #couverture_maladie, de la prise en charge du #handicap et de la #dépendance, du droit au logement et à l’#hébergement_d’urgence. »

      A ses yeux, le texte entraîne une « régression considérable » en instaurant une « #dualité de régimes entre les Français et les Européens d’un côté, les personnes non ressortissantes de l’Union de l’autre ». L’intégralité du système de protection sociale est fragilisée, « pour tous, quelle que soit la nationalité, l’origine, la situation familiale, puisque l’universalité n’est plus le principe », analyse-t-elle.

      Motivation « idéologique »

      Francis Kessler, maître de conférences à l’université Paris-I Panthéon-Sorbonne, ne comprend pas « la logique à l’œuvre dans cette loi, sauf à considérer qu’il est illégitime de verser certaines prestations à une catégorie de la population, au motif qu’elle n’a pas la nationalité française, ou que les étrangers viennent en France pour toucher des aides – ce qu’aucune étude n’a démontré ». En réalité, complète-t-il, la seule motivation de cette loi est « idéologique » : « Elle repose très clairement sur une idée de “#préférence_nationale” et place notre pays sur une pente extrêmement dangereuse. »

      Toute la question, maintenant, est de savoir si les dispositions en cause seront validées par le #Conseil_constitutionnel. L’institution de la rue de Montpensier a été saisie par la présidente de l’Assemblée nationale, Yaël Braun-Pivet, ainsi que par des députés et sénateurs de gauche, notamment sur les restrictions des #aides_financières aux étrangers. Les parlementaires d’opposition ont mis en avant le fait que les délais de carence violaient – entre autres – le #principe_d’égalité. Plusieurs membres du gouvernement, dont la première ministre, Elisabeth Borne, ont reconnu que des articles du texte, comme celui sur les APL, pouvaient être jugés contraires à la Loi fondamentale. Le Conseil constitutionnel rendra sa décision avant la fin du mois de janvier.

      https://www.lemonde.fr/politique/article/2024/01/05/sur-les-prestations-sociales-aux-etrangers-la-contradiction-d-emmanuel-macro
      #Macron #loi_immigration #accès_aux_droits

  • Les condamnations de Pôle emploi pour ses positions contradictoires et incompréhensives, ses manquements à son obligation d’information, son manque de vigilance, ses négligences fautives, sa communication tardive de documents, ses informations erronées, ses retenues injustifiées…
    https://www.rocheblave.com/condamnation-pole-emploi

    Sommaire

    Sanction des positions contradictoires et incompréhensives de Pôle emploi
    Sanction du non-respect par Pôle emploi de son obligation d’information
    Sanction du manque de vigilance de Pôle emploi
    Sanction des négligences fautives de Pôle emploi
    Sanction de Pôle emploi qui tarde à satisfaire son obligation de communication de documents
    Sanction de Pôle emploi pour ses informations erronées
    Sanction de Pôle emploi pour ses retenues injustifiées

    Eric ROCHEBLAVE – Avocat Spécialiste en Droit du Travail et Droit de la Sécurité Sociale

    #Pôle_emploi #accès_aux_droits #indus #obligation_d’information

  • Les oubliés du droit d’asile

    Plus de 500 personnes ont participé à l’enquête réalisée sur 5 structures d’accueil parisiennes. L’enquête a permis la production d’un rapport final à partir de l’analyse des données quantitatives et qualitatives recueillies.


    Le rapport « Les oubliés du droit d’asile » dresse un constat alarmant sur les conditions d’existence des #hommes_isolés fréquentant les structures sur lesquelles l’enquête a été menée. Ces résultats amènent les associations à formuler des recommandations qui supposent une adaptation réglementaire et législative, l’augmentation des moyens ou l’ajustement des pratiques. Les associations en sont convaincues, les réponses aux difficultés rencontrées par les hommes isolés visés par l’enquête ne pourront se construire qu’en concertation et collaboration entre les associations, les services et agences de l’Etat et les collectivités.

    https://www.youtube.com/watch?v=ScjteUjbWAA

    https://www.actioncontrelafaim.org/publication/les-oublies-du-droit-dasile
    #rapport #France #Paris #asile #migrations #réfugiés #accueil #recommandations #SDF #sans-abris #sans-abrisme #hébergement #conditions_d'accueil #île_de_France #conditions_matérielles_d'accueil #enquête #dispositif_d'accueil #précarisation #allocation_pour_demandeurs_d'asile (#ADA) #accès_aux_droits #faim #santé_mentale

    ping @karine4

    • 95 entretiens poussés , un peu de sérieux , 85 bénévoles combien ça coute ? transmission des résultats aux services publiques , canal habituel ? l’honorable correspondant ? etc ...

  • Services publics injoignables
    https://www.senat.fr/questions/base/2023/qSEQ230205233.html

    Question de M. GUÉRINI Jean-Noël (Bouches-du-Rhône - RDSE) publiée le 16/02/2023

    M. Jean-Noël Guérini appelle l’attention de M. le ministre de la transformation et de la fonction publiques sur la difficulté à obtenir des renseignements téléphoniques pertinents auprès des agents des services publics.

    Six ans après une première enquête, la défenseure des droits et l’institut national de la consommation ont mené une étude sur l’évaluation de la disponibilité et de la qualité des réponses apportées aux usagers par les plateformes téléphoniques de quatre services publics : la caisse d’allocations familiales (CAF), #Pôle_emploi, l’assurance maladie et la caisse d’assurance retraite et de la santé au travail (CARSAT).
    Selon les résultats publiés le 26 janvier 2023, sur les 1 500 appels passés, 40 % n’ont pas abouti. La durée moyenne d’attente pour obtenir un interlocuteur s’est avérée supérieure à neuf minutes. Ensuite, la réponse s’est trop souvent limitée à renvoyer les usagers vers le site internet de l’organisme. Sachant que 13 millions de personnes éprouvent de sérieuses difficultés avec le numérique, cela crée une rupture d’égalité dommageable. De surcroît, les taux de réponses satisfaisantes n’ont jamais dépassé 60 % .
    En conséquence, il lui demande ce qu’il compte mettre en oeuvre pour que l’accès à l’information cesse d’être un parcours du combattant pour les usagers qui ne maîtrisent pas l’utilisation d’internet.

    Publiée dans le JO Sénat du 16/02/2023 - page 1111

    Réponse du Ministère de la transformation et de la fonction publiques publiée le 06/07/2023

    Réponse apportée en séance publique le 05/07/2023

    Les Français plébiscitent le téléphone pour joindre les services publics : c’est le premier canal pour entrer en contact avec un agent. En effet, en 2021, il y a eu plus de 200 millions d’interactions avec un agent public : 85% de ces interactions sont réalisées à distance [au Maroc ou aux Philippines ?] , dont 43% au téléphone. Ce canal génère toutefois de nombreuses insatisfactions : difficultés à joindre les services et problèmes de qualité des réponses apportées avec, notamment, des réponses non personnalisées lorsque l’agent au téléphone n’est pas en mesure d’accéder au dossier de l’usager . Le Gouvernement a donc décidé à l’occasion du comité interministériel de la transformation publique (CITP) de déployer un plan plus exigeant d’amélioration de l’#accueil_téléphonique dans les services publics. Des objectifs précis ont ainsi été fixés : Le taux de décroché devra être supérieur à 85 % dans les 18 mois, en ne tenant compte que des appels pris en charge lorsque l’usager demande à entrer en contact avec un agent Une mesure de la satisfaction des usagers du canal téléphonique sera mise en place avant fin 2023 [on veut un N° vert !] Le numéro de téléphone doit être facilement identifiable sur les sites internet des administrations La possibilité de prendre rendez-vous ou d’être rappelé sera développée [ça alors !] pour éviter le temps d’attente au téléphone lorsqu’aucun agent n’est disponible L’ensemble des réseaux de services publics sera chargé de décliner ce plan dans son réseau, en prenant en compte les orientations fixées par le Gouvernement. Pour opérationnaliser e fonds pour la transformation de l’action publique (FTAP) sera mobilisé pour les administrations qui mettent en oeuvre une stratégie omnicanale afin qu’elles puissent développer des outils avancés de gestion de la relation #usagers permettant de maintenir une relation personnalisée, continue et efficace avec les usagers. La direction interministérielle de la transformation publique (DITP) est chargée de suivre la mise en oeuvre de ce plan d’action et d’organiser le partage de bonnes pratiques en matière d’accueil téléphonique. Ce plan d’action est l’illustration de l’engagement déterminé du Gouvernement pour que nos services publics soient au rendez-vous des attentes des Français, quel que soit le canal d’accès que choisissent les citoyens.

    Publiée dans le JO Sénat du 06/07/2023 - page 4246

    #CAF #Cnam #accueil #dématérialisation #opacité #accès_aux_droits

  • La rénovation urbaine au chevet des inégalités de santé ?
    https://metropolitiques.eu/La-renovation-urbaine-au-chevet-des-inegalites-de-sante.html

    Dans le cadre de son partenariat avec l’ANRU, Métropolitiques fait dialoguer chercheur·ses et professionnel·le·s autour de grands enjeux de la #rénovation_urbaine et des #quartiers_populaires. Ce premier échange traite des #inégalités sociales de santé dans les quartiers de la #politique_de_la_ville et des moyens de les réduire. Entretien réalisé par Anaïs Collet et David Rottmann. La crise sanitaire de la #Covid-19 a révélé l’ampleur des inégalités sociales et spatiales de santé. La surmortalité observée #Entretiens

    / santé, inégalités, Covid-19, #accès_aux_droits, quartiers populaires, rénovation urbaine, politique de la (...)

    #santé
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met-interview_anru.pdf

  • Quand les algorithmes de la CAF ouvrent la chasse aux pauvres ~ SILO
    https://silogora.org/quand-les-algorithmes-de-la-caf-ouvrent-la-chasse-aux-pauvres


    #chasse_aux_pauvres

    Première observation générale, le « monde merveilleux de la dématérialisation », qui s’accompagne d’une baisse considérable des moyens en termes d’accueil physique et téléphonique, génère des inégalités d’accès aux droits. Les raisons en sont d’une part les fractures numériques (territoriales, économiques pour la détention d’équipements, ergonomiques pour les personnes souffrant d’un handicap), d’autre part l’illectronisme (17% des Français) et la méconnaissance de l’outil numérique. En 2021 selon l’INSEE, 31% des Français ont renoncé à effectuer une démarche administrative.

    Deuxième observation, le traitement informatique des dossiers nécessite évidemment des algorithmes de calculs des droits, mais il entraine aussi le développement de techniques de ciblage via le datamining, c’est-à-dire la récolte et le croisement de données de différents fichiers administratifs. Officiellement, ces techniques visent à rendre la branche famille de la sécurité sociale plus efficiente, à appliquer le « juste droit », à repérer les personnes en situation de non recours et à punir justement les fraudeurs.

    Dans les faits, le ciblage des allocataires s’apparente à un véritable contrôle social. Plus de 1000 données sont collectées sur chacun d’entre eux, et la CNAF (Caisse nationale d’allocation familiale) l’écrivait elle-même dès 2017 dans son rapport « La politique de contrôle et de prévention des CAF » : « Ce traitement informatique permet de calculer la probabilité qu’une erreur se produise, en donnant un score de risque prédictif. Généralisé à tout le réseau des CAF, ce dispositif permet de repérer ainsi plus précisément les dossiers à risques ». Sur quels critères et selon quelles variables (décidés humainement) sont effectuées ces prédictions ? Mystère. Mais on peut aisément en imaginer quelques-uns… Maman solo, revenus irréguliers, lieu de naissance, par exemple.

    Les dossiers aux scores de risques élevés sont plus étroitement surveillés, y compris par les logiciels informatiques. Sur les quelque 37 millions de contrôles réalisés en 2020, touchant la moitié des allocataires, 32,25 millions étaient automatisés. Et 75% des contrôles effectués par des agents en chair et en os ont été déclenchés par le dispositif de ciblage. Pour schématiser, un logiciel repère des incohérences dans un dossier, tire la sonnette d’alarme, effectue les calculs débouchant sur un indu…

  • La santé au cœur des luttes de quartier
    https://metropolitiques.eu/La-sante-au-coeur-des-luttes-de-quartier.html

    Implantée dans un quartier populaire de #Toulouse, la Case de santé promeut avec succès une approche communautaire contre les #inégalités sociales d’accès aux soins. Échange avec Fabien Maguin, son coordinateur. Entretien réalisé par Clément Barbier et Antonio Delfini. À Marseille, Grenoble ou Toulouse, des initiatives associatives fleurissent avec pour ambition de proposer une alternative à la médecine libérale à destination des plus précaires. Se référant à la notion de « santé communautaire », notamment #Entretiens

    / santé, inégalités, #associations, #Covid-19, #accès_aux_droits, #migration, #quartiers_populaires, (...)

    #santé
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_entretien_case_de_sante_delfini-barbier.pdf

  • Services publics : quand dématérialisation rime avec marchandisation La gazette des communes
    https://www.lagazettedescommunes.com/787485/services-publics-quand-dematerialisation-rime-avec-marchandisa

    La dématérialisation des services publics ne pose pas seulement la question de l’exclusion numérique. Elle fait aussi émerger de nouveaux acteurs, privés, qui se posent en intermédiaires entre les usagers et les administrations. « La Gazette » vous propose une enquête en plusieurs volets pour décortiquer l’émergence de ces acteurs qui proposent aux usagers des services payants afin d’accéder aux aides sociales auxquelles ils sont éligibles. Ces pratiques, dont la légalité pourrait être discutée, questionnent la capacité des services publics à se rendre accessibles aux publics qui en ont le plus besoin.

    C’est une rente sur le dos des usagers ! » : l’alarme a été donnée via une volée de courriers envoyés le 9 janvier dernier. L’expéditeur, Joran Le Gall, président de l’Association nationale des assistants de service social (Anas), alerte sur une situation qu’il juge critique : un acteur privé qui propose des services payants pour permettre aux usagers d’accéder aux aides sociales auxquelles ils sont éligibles. Destinataires une ribambelle d’administrations, telles que la Cnaf, la Cnam, la Cnav mais aussi le ministre de la Santé, Olivier Véran, ainsi que Claire Hédon, la Défenseure des droits.

    « La Gazette » a enquêté sur l’apparition de ces intermédiaires d’un nouveau genre, qui s’immiscent au cœur du service public : parmi eux, on retrouve notamment le site « Mes-allocs », « Wizbii », « Toutes mes aides », ou encore l’application Fastoche développée par Payboost, filiale de Veolia, qui ne semble, toutefois, plus en activité.

    Leurs slogans se veulent très engageants et aidants :
    Comme la plupart des gens, vous ne connaissez peut-être pas toutes les aides auxquelles vous avez droit, et les démarches administratives vous découragent. Vous hésitez avant de vous lancer ? » (…)
    Découvrez vite les aides auxquelles vous pouvez prétendre !
    Fini de se perdre dans la jungle administrative, on s’occupe de trouver les aides auxquelles vous êtes éligible.

    « On ne devrait pas pouvoir faire de l’argent sur le dos des personnes pauvres et de la Sécurité sociale », se désole Joran Le Gall, selon qui ces pratiques « viennent pointer l’accès aux services publics et les difficultés que rencontrent les personnes dans l’accès aux droits ».
Un point qui avait aussi été dénoncé par plusieurs chercheurs à l’occasion d’un colloque sur les impacts de la dématérialisation sur les droits des usagers https://www.lagazettedescommunes.com/748478/quels-impacts-de-la-dematerialisation-sur-les-droits-des-usage , organisé par l’université de Lorraine en juin dernier. A ce stade, difficile de connaître le nombre d’usagers utilisant ces intermédiaires, et donc la largeur du trou dans la raquette des services publics.

    Simulateur gratuit, démarches payantes
    Concrètement, le mode opératoire de ces acteurs privés est sensiblement le même et se décline en deux temps : d’abord mettre à disposition un simulateur agrégeant des aides sociales, à l’utilisation gratuite, basé sur le logiciel « Open Fisca », une API mise à disposition par l’Etat depuis 2014 dans une logique d’ouverture des données et des codes sources publics. Elle permet de simuler des prestations sociales, afin de montrer à l’usager qu’il est potentiellement éligible à des aides.
Ensuite, deuxième étape, proposer de réaliser les démarches administratives à la place de l’usager afin de les lui faire percevoir, moyennant rétribution.
    Cette logique en deux temps est celle qu’applique le site « Mes-Allocs », qui s’est lancé en 2018 et propose un simulateur agrégeant 1 200 aides tant nationales, régionales, que locales.
L’utilisation du simulateur est gratuite, mais pour obtenir les aides en passant par l’accompagnement de Mes-Allocs, il en coûtera 29,90 euros de frais d’inscription, auxquels s’ajoute également un forfait de 29,90 euros par trimestre à compter du mois suivant (un forfait résiliable).
L’entreprise apparaît labellisée dans les start-up à impact dans la catégorie « inclusion et lien social », selon le classement de la BPI et France Digitale, lui-même présenté comme rassemblant les « Porte-étendards de la Tech for Good ».
    « Plus d’un million de personnes se renseignent sur notre site chaque mois, et 22 000 personnes sont passées par nos services d’accompagnement », détaille Joseph Terzikhan, fondateur du site, qui assure lutter contre le non-recours puisqu’en moyenne, un utilisateur de Mes-Allocs récupère 3 200 euros d’aides par an. Il précise également que si Mes-Allocs a démarré avec Open Fisca, désormais « au moins 99,5 % des aides sont calculées en interne sur nos serveurs ».
    Viser de nouveaux publics ?
    « L’accès à l’information sur les aides est gratuit. Je comprends que certains puissent avoir du mal à concevoir notre concept, qui est nouveau, mais il est possible de faire payer un service tout en ayant un impact concret sur la vie des utilisateurs. Sans nous, ils ne feraient rien. Ces publics ont des revenus, ils sont en situation intermédiaire et oubliés des aides sociales. Ce ne sont pas les mêmes que ceux qui viennent voir des assistantes sociales et qui sont en situation de grande précarité », assure-t-il, considérant que l’initiative est « complémentaire » des services publics. Ainsi, il indique à « La Gazette » que les aides les plus demandées par son intermédiaire sont celles liées au logement, au soutien familial, à la prime d’activité, et pas forcément le RSA.

    Un autre acteur privé fait lui aussi appel à cette stratégie en deux temps, mais a décidé de se spécialiser sur un segment bien spécifique : la jeunesse. Il s’agit de #Wizbii, entreprise grenobloise qui offre plusieurs services à destination des jeunes, dont Wizbii Money, lancé fin 2019, qui accompagne les jeunes dans leurs recherches d’aides financières.

    Depuis le lancement, 2 millions de jeunes ont utilisé le simulateur, qui se base lui aussi sur Open Fisca et recense près de 500 aides nationales, régionales et locales. 3 000 jeunes ont décidé de confier à Wizbii le soin de réaliser les démarches pour obtenir leurs aides, nous indique Roman Gentil, cofondateur de la société. Dans ce cas, ils doivent débourser un pourcentage fixe : 4 % des aides sociales perçues sont prélevées par Wizbii tous les mois, durant toute la durée de l’octroi de l’aide, « avec un plafonnement à 9 euros par mois maximum », précise Romain Gentil.

    « Dans 90 % des cas, on est en capacité de proposer au moins une aide. Et la moyenne des simulations s’établit entre 2 400 à 2 600 euros d’aides par an », détaille-t-il. « Les aides du #Crous, la prime d’activité, les #APL, ainsi que beaucoup d’aides régionales, départementales ou locales », sont celles qui reviennent le plus.

    « Je peux comprendre que cela questionne, mais le sujet devrait être pris dans l’autre sens : nous apportons une expertise pour toucher un maximum de jeunes sur le territoire, et notre job est de leur faciliter le recours à ces aides. Ils ont le choix de faire appel à nous pour un accompagnement poussé, comme ils peuvent les réaliser eux-mêmes. Il doit y avoir de la place pour tout le monde, on devrait tous avoir une logique collaborative », estime Romain Gentil.

    Des contrats en cours avec l’Etat et les collectivités
    L’entreprise mise déjà sur le #collaboratif puisqu’elle travaille pour le compte d’acteurs publics : elle a ainsi remporté à l’automne 2020 l’appel d’offres du gouvernement pour créer la plateforme vitrine du programme « 1 jeune, 1 solution ».
    
Elle souhaite également multiplier les partenariats auprès des collectivités, pour lesquelles elle propose, sous marque blanche, des plateformes recensant les services proposés à destination des jeunes. C’est chose faite avec Pau depuis mi-2021, ainsi que pour Garges-lès-Gonnesses depuis fin2021. « Dans ce cas, c’est la collectivité qui prend en charge toutes les dépenses d’accès aux services, et les usagers ont y accès gratuitement », indique Romain Gentil, qui espère multiplier ce type de partenariats.

    Autre acteur privé qui voulait également se rapprocher des collectivités : Fastoche, initiative lancée par la filiale de #Veolia, #Payboost. Cette initiative consistait en un « #coach budgétaire et social » qui indiquait notamment les aides sociales auxquelles l’utilisateur pouvait prétendre, pour un coût mensuel de 0,99 euro TTC/mois, à l’exception du premier mois gratuit. Malgré nos multiples sollicitations, il a été impossible d’obtenir un échange. L’application n’est aujourd’hui plus disponible sur les stores, et le site web n’est plus fonctionnel.

    Une « complémentarité » avec les services publics ?
    Mais l’histoire reste éclairante : eux aussi vantaient la collaboration et la complémentarité avec les services publics, et notamment avec les missions des travailleurs sociaux, comme l’indiquait Frédéric Dittmar, président de Payboost, dans un publicommuniqué de Fastoche https://www.unccas.org/fastoche-fr-une-appli-pour-gerer-son-budget-et-ses-droits paru sur le site de l’Union nationale des centres communaux et intercommunaux d’action sociale (Unccas) en septembre 2018 : « Fastoche est un outil de prévention pour toucher des publics qui ne viennent pas voir le CCAS, ou bien qui viennent le voir quand il est déjà trop tard et que la situation s’est détériorée. Et #Fastoche permet aussi de démultiplier l’action du travailleur social. On peut déléguer au numérique l’accompagnement quotidien des bénéficiaires, en complément des rencontres humaines avec le travailleur social qui ont lieu sur des temps plus espacés », expliquait-il.
    
Contactée, l’#Unccas n’a pas donné suite à nos propositions d’interview.

    La trajectoire d’une autre initiative, baptisée « Toutes mes aides », est, elle, un peu particulière : projet phare de la première saison de 21, l’accélérateur d’innovation de la #Croix-Rouge française, elle est aussi née d’une volonté de lutter contre le non-recours, mais a fait pivoter son modèle économique, comme toute #start_up qui se respecte, « afin que le coût de l’application ne repose que sur les établissements et les professionnels, et non pas sur les bénéficiaires », comme le précisait https://21-croix-rouge.fr/l-ia-une-solution-pour-r-duire-le-non-recours-aux-aides-de-l-etat-75f le fondateur Cyprien Geze, en avril 2020.

    Aujourd’hui, le site internet s’adresse aux entreprises et mentionne être employé par 43 000 utilisateurs : « chaque employé découvre en moyenne 110 euros d’aides par mois qu’il ne réclamait pas », précise le site, qui vante un moyen de « booster leur pouvoir d’achat » et de leur offrir un « complément de revenus », le tout au prix de 2 euros par mois par collaborateur, avec des tarifs dégressifs pour les structures de plus de 200 collaborateurs.

    « Une taxe sur l’accès aux droits »
    « Comment on en arrive là ? A un système social si complexe, si illisible, avec de moins en moins d’accompagnement et d’accueil des usagers, au point que des usagers abdiquent volontairement une partie de leurs droits sociaux pour y avoir accès ? », interroge Arnaud Bontemps, fonctionnaire et l’un des porte-parole du collectif Nos Services Publics, qui avait publié en avril dernier un rapport sur l’externalisation des services publics. https://www.lagazettedescommunes.com/742967/services-publics-un-collectif-dagents-publics-sonne-lalarme « En faisant payer ces services aux usagers, ces acteurs privés font de l’optimisation fiscale à l’envers : il ne s’agit pas d’aider les gens à échapper à la solidarité nationale, mais de prélever une taxe sur leur accès aux droits », dénonce-t-il.

    Le sujet est brûlant, puisque l’Etat a adopté depuis plusieurs années une stratégie de dématérialisation massive, dénoncée régulièrement par le Défenseur des droits comme étant source d’inégalités dans l’accès aux services publics https://www.defenseurdesdroits.fr/sites/default/files/atoms/files/rapport-demat-num-21.12.18.pdf .

    Aujourd’hui, le gouvernement traduit cette volonté par la dématérialisation d’ici fin 2022 des 250 démarches administratives les plus utilisées par les Français, même s’il se défend d’une stratégie « tout numérique ». https://www.defenseurdesdroits.fr/sites/default/files/atoms/files/rapport-demat-num-21.12.18.pdf Face aux 13 millions de personnes considérées aujourd’hui éloignées du numérique et qui peuvent être perdues dans leurs démarches administratives numérisées, il consacre 250 millions d’euros du plan de relance à l’inclusion, déploie 4 000 conseillers https://www.lagazettedescommunes.com/775257/inclusion-numerique-les-elus-locaux-reclament-la-perennisation et développe le maillage territorial en « France Services », héritières des Maisons de services au public. https://www.lagazettedescommunes.com/779918/que-vont-devenir-les-maisons-de-services-au-public-non-labelli Sollicités, ni les ministères de la Transformation et de la fonction publiques, ni celui de la Cohésion des territoires, n’ont donné suite à nos demandes d’entretiens.

    #Service_Public #Dématérialisation #droits #marchandisation #Numérique #Administration #Aides #usagers #services_publics #Travailleurs sociaux #Action_Sociale #Revenus #accès_aux_Droits #Système_Social #solidarité #externalisation #privatisation #Solidarité confisquée

  • Beyond gratitude : lessons learned from migrants’ contribution to the Covid-19 response

    This report recognises and values the fundamental contribution of migrant workers to our societies and economies throughout the Covid-19 pandemic. Over the past year we have leaned heavily on ‘key workers’. Migrants account for a large share of these frontline workers and figure heavily amongst the multiple occupations we now classify as essential. Yet their jobs have often been labelled as ‘low-skilled’ and their work undervalued. As a result, many have risked their lives on the Covid-19 frontline while lacking the basic social protections enjoyed by other workers.

    A desire to capture the contribution of migrants during the pandemic inspired us to begin the systematic tracking of events across the globe over the past year. We wanted to make migrants’ essential work more visible, track the innovations and reforms that have enhanced their contribution during the emergency, and draw lessons from these experiences to inform long-term reforms and policies. We have observed many national and local governments relaxing migration regulations and creating new incentives for migrant workers in essential services, demonstrating that migration policies – regardless of today’s increasingly polarised debates – can and do change when necessary. This matters for the post-pandemic recovery, given that countries will continue to rely on migrant workers of all skill levels. We all must ensure that these changes are lasting.

    The following policy recommendations emerge from our research:

    - Enhance routes to regularisation, in recognition of migrants’ vital contribution to essential services.
    - Expand legal migration pathways, ensuring safe working conditions for all, to support post-Covid-19 global recovery, tackle shortages in essential workforces and fill skills gaps.
    - Ensure that migrants, whatever their status, have access to key basic services and social protection.
    - Detach immigration policies from inflexible ‘low’ and ‘high’ skills classifications. Workers of all skill levels will be essential in the long path to recovery.

    https://www.odi.org/publications/17963-beyond-gratitude-lessons-learned-migrants-contribution-covid-19-response

    #travail #covid-19 #coronavirus #travailleurs_étrangers #migrations #apport #bénéfices #économie #essentiel #politique_migratoire #recommandations #pandémie #odi #rapport #voies_légales #conditions_de_travail #accès_aux_droits #protection_sociale

    Pour télécharger le rapport :
    https://www.odi.org/sites/odi.org.uk/files/resource-documents/hmi-migrant_key_workers-working_paper-final_0.pdf

    #visualisation :


    https://www.odi.org/migrant-key-workers-covid-19

    ping @isskein @karine4

  • La crise sanitaire aggrave les troubles psy des jeunes migrants

    Les « migrants » sont une population composite recouvrant des #statuts_administratifs (demandeurs d’asile, réfugiés, primo-arrivants…) et des situations sociales disparates. Certains appartiennent à des milieux sociaux plutôt aisés et éduqués avec des carrières professionnelles déjà bien entamées, d’autres, issus de milieux sociaux défavorisés ou de minorités persécutées, n’ont pas eu accès à l’éducation dans leur pays d’origine.

    Et pourtant, une caractéristique traverse ce groupe : sa #jeunesse.

    Ainsi, selon les chiffres d’Eurostat, au premier janvier 2019, la moitié des personnes migrantes en Europe avait moins de 29 ans ; l’âge médian de cette population se situant à 29,2 ans, contre 43,7 pour l’ensemble de la population européenne. Cette particularité est essentielle pour comprendre l’état de santé de cette population.

    En effet, on constate que, du fait de sa jeunesse, la population migrante en Europe est globalement en #bonne_santé physique et parfois même en meilleure #santé que la population du pays d’accueil. En revanche, sa santé mentale pose souvent problème.

    Des #troubles graves liés aux #parcours_migratoires

    Beaucoup de jeunes migrants – 38 % de la population totale des migrants selon une recherche récente – souffrent de #troubles_psychiques (#psycho-traumatismes, #dépressions, #idées_suicidaires, #perte_de_mémoire, #syndrome_d’Ulysse désignant le #stress de ceux qui vont vivre ailleurs que là où ils sont nés), alors que la #psychiatrie nous apprend que le fait migratoire ne génère pas de #pathologie spécifique.

    Les troubles dont souffrent les jeunes migrants peuvent résulter des #conditions_de_vie dans les pays d’origine (pauvreté, conflits armés, persécution…) ou des #conditions_du_voyage migratoire (durée, insécurité, absence de suivi médical, en particulier pour les migrants illégaux, parfois torture et violences) ; ils peuvent également être liés aux #conditions_d’accueil dans le pays d’arrivée.

    De multiples facteurs peuvent renforcer une situation de santé mentale déjà précaire ou engendrer de nouveaux troubles : les incertitudes liées au #statut_administratif des personnes, les difficultés d’#accès_aux_droits (#logement, #éducation ou #travail), les #violences_institutionnelles (la #répression_policière ou les #discriminations) sont autant d’éléments qui provoquent un important sentiment d’#insécurité et du #stress chez les jeunes migrants.

    Ceci est d’autant plus vrai pour les #jeunes_hommes qui sont jugés comme peu prioritaires, notamment dans leurs démarches d’accès au logement, contrairement aux #familles avec enfants ou aux #jeunes_femmes.

    Il en résulte des périodes d’#errance, de #dénuement, d’#isolement qui détériorent notablement les conditions de santé psychique.

    De nombreuses difficultés de #prise_en_charge

    Or, ainsi que le soulignent Joséphine Vuillard et ses collègues, malgré l’engagement de nombreux professionnels de santé, les difficultés de prise en charge des troubles psychiques des jeunes migrants sont nombreuses et réelles, qu’il s’agisse du secteur hospitalier ou de la médecine ambulatoire.

    Parmi ces dernières on note l’insuffisance des capacités d’accueil dans les #permanences_d’accès_aux_soins_de_santé (#PASS), l’incompréhension des #procédures_administratives, le besoin d’#interprétariat, des syndromes psychotraumatiques auxquels les professionnels de santé n’ont pas toujours été formés.

    Les jeunes migrants sont par ailleurs habituellement très peu informés des possibilités de prise en charge et ne recourent pas aux soins, tandis que les dispositifs alternatifs pour « aller vers eux » (comme les #maraudes) reposent essentiellement sur le #bénévolat.
    https://www.youtube.com/watch?v=Pn29oSxVMxQ&feature=emb_logo

    Dans ce contexte, le secteur associatif (subventionné ou non) tente de répondre spécifiquement aux problèmes de santé mentale des jeunes migrants, souvent dans le cadre d’un accompagnement global : soutien aux démarches administratives, logement solidaire, apprentissage du français, accès à la culture.

    Organisateurs de solidarités, les acteurs associatifs apportent un peu de #stabilité et luttent contre l’isolement des personnes, sans nécessairement avoir pour mission institutionnelle la prise en charge de leur santé mentale.

    Ces #associations s’organisent parfois en collectifs inter-associatifs pour bénéficier des expertises réciproques. Malgré leur implantation inégale dans les territoires, ces initiatives pallient pour partie les insuffisances de la prise en charge institutionnelle.

    Des situations dramatiques dans les #CRA

    Dans un contexte aussi fragile, la #crise_sanitaire liée à la #Covid-19 a révélé au grand jour les carences du système : si, à la suite de la fermeture de nombreux #squats et #foyers, beaucoup de jeunes migrants ont été logés dans des #hôtels ou des #auberges_de_jeunesse à l’occasion des #confinements, nombreux sont ceux qui ont été livrés à eux-mêmes.

    Leur prise en charge sociale et sanitaire n’a pas été pensée dans ces lieux d’accueil précaires et beaucoup ont vu leur situation de santé mentale se détériorer encore depuis mars 2020.

    Les situations les plus critiques en matière de santé mentale sont sans doute dans les #Centres_de_rétention_administrative (CRA). Selon le rapport 2019 de l’ONG Terre d’Asile, sont enfermés dans ces lieux de confinement, en vue d’une #expulsion du sol national, des dizaines de milliers de migrants (54 000 en 2019, dont 29 000 en outremer), y compris de nombreux jeunes non reconnus comme mineurs, parfois en cours de #scolarisation.

    La difficulté d’accès aux soins, notamment psychiatriques, dans les CRA a été dénoncée avec véhémence dans un rapport du Contrôleur général des lieux de privation de liberté (CGLPL) en février 2019, suivi, à quelques mois d’écart, d’un rapport tout aussi alarmant du Défenseur des droits.

    La #rupture de la #continuité des #soins au cours de leur rétention administrative est particulièrement délétère pour les jeunes migrants souffrant de pathologies mentales graves. Pour les autres, non seulement la prise en charge médicale est quasi-inexistante mais la pratique de l’isolement à des fins répressives aggrave souvent un état déjà à risque.

    La déclaration d’#état_d’urgence n’a pas amélioré le sort des jeunes migrants en rétention. En effet, les CRA ont été maintenus ouverts pendant les périodes de #confinement et sont devenus de facto le lieu de placement d’un grand nombre d’étrangers en situation irrégulière sortant de prison, alors que la fermeture des frontières rendait improbables la reconduite et les expulsions.

    Un tel choix a eu pour conséquence l’augmentation de la pression démographique (+23 % en un an) sur ces lieux qui ne n’ont pas été conçus pour accueillir des personnes psychologiquement aussi vulnérables et pour des périodes aussi prolongées.

    Des espaces anxiogènes

    De par leur nature de lieu de #privation_de_liberté et leur vocation de transition vers la reconduction aux frontières, les CRA sont de toute évidence des #espaces_anxiogènes où il n’est pas simple de distinguer les logiques de #soins de celles de #contrôle et de #répression, et où la consultation psychiatrique revêt bien d’autres enjeux que des enjeux thérapeutiques. Car le médecin qui apporte un soin et prend en charge psychologiquement peut aussi, en rédigeant un #certificat_médical circonstancié, contribuer à engager une levée de rétention, en cas de #péril_imminent.

    Les placements en CRA de personnes atteintes de pathologies psychologiques et/ou psychiatriques sont en constante hausse, tout comme les actes de #détresse (#automutilations et tentatives de #suicide) qui ont conduit, depuis 2017, cinq personnes à la mort en rétention.

    La prise en charge effective de la santé mentale des jeunes migrants se heurte aujourd’hui en France aux contradictions internes au système. Si les dispositifs sanitaires existent et sont en théorie ouverts à tous, sans condition de nationalité ni de régularité administrative, l’état d’incertitude et de #précarité des jeunes migrants, en situation irrégulière ou non, en fait un population spécialement vulnérable et exposée.

    Sans doute une plus forte articulation entre la stratégie nationale de prévention et lutte contre la pauvreté et des actions ciblées visant à favoriser l’intégration et la stabilité via le logement, l’éducation et l’emploi serait-elle à même de créer les conditions pour une véritable prévention des risques psychologiques et une meilleure santé mentale.

    https://theconversation.com/la-crise-sanitaire-aggrave-les-troubles-psy-des-jeunes-migrants-152

    #crise_sanitaire #asile #migrations #réfugiés #jeunes_migrants #santé_mentale #troubles_psychologiques #genre #vulnérabilité #bénévolat #rétention #détention_administrative #sans-papiers

    ping @isskein @karine4

  • Pour les étudiants étrangers, les dommages collatéraux de l’administration en ligne

    Nombre d’entre eux ont du mal à renouveler leur titre de séjour à cause d’une nouvelle procédure dématérialisée censée simplifier les démarches.

    En 2016, Diminga Warigue Ndiaye a quitté son Sénégal natal pour suivre des études d’économie en France, à l’université de Bordeaux. Après un parcours universitaire sans faute, elle intègre cette rentrée un master 2 en finance à l’université Paris-Nanterre, et décroche un contrat en alternance dans un établissement financier. Une fierté pour cette étudiante de 23 ans, à qui tout sourit. Mais fin octobre, tout s’effondre. « J’ai perdu mon contrat d’alternance parce que mes papiers n’étaient plus en règle après le 31 octobre », confie Diminga Warigue, un mélange d’amertume et de lassitude dans la voix. Elle a vu aussi s’envoler sa rémunération d’apprentie.

    Comme chaque année, la jeune femme avait pourtant anticipé l’expiration de ses documents. Le 12 octobre, elle avait déposé une demande de renouvellement en ligne sur la nouvelle plate-forme ANEF-séjour (administration numérique pour les étrangers en France). Cette procédure dématérialisée, mise en place par le gouvernement mi-septembre dans le cadre du plan Bienvenue en France, a pour but de simplifier l’obtention d’un premier titre après visa ou le renouvellement d’un titre de séjour. « A travers cette démarche, les étudiants n’ont plus de rendez-vous à prendre en préfecture, ni à se déplacer pour s’assurer du dépôt de leur demande », stipule le ministère de l’intérieur.

    Absence de récépissé

    C’est pourtant le début d’un parcours du combattant pour Diminga Warigue, comme pour de nombreux autres étudiants étrangers. Contrairement aux démarches physiques en préfecture, la procédure dématérialisée de renouvellement des titres de séjour, une fois aboutie, ne fournit pas systématiquement de récépissé attestant de la régularité de leur situation.

    Le titre de séjour est essentiel pour que les étudiants puissent effectuer diverses démarches

    « Le document que j’ai, et que beaucoup d’étudiants ont, mentionne qu’il ne constitue pas un justificatif de régularité, explique-t-elle. Il faut attendre que notre dossier soit étudié en ligne pour générer une attestation de prolongation de notre titre de séjour, et cela peut prendre jusqu’à deux mois. » Or ce document est essentiel – si ce n’est vital – pour que les étudiants puissent effectuer diverses démarches, signer un contrat de travail en alternance, ou conserver leurs droits sociaux.

    Le 5 novembre, l’étudiante se rend à 7 heures du matin à la Préfecture de Paris pour obtenir un « document quel qu’il soit » afin de pouvoir justifier de sa régularité. Comme elle, de nombreux étudiants étrangers font la queue. Ils n’obtiendront rien. Le jour même, Diminga Warigue décide de lancer une pétition en ligne pour alerter l’opinion sur les difficultés traversées par les étudiants étrangers et la précarité dans laquelle ils se retrouvent. Le texte, qui a recueilli 8 400 signatures à ce jour, est assorti d’un Tweet à destination du ministère de l’intérieur pour dénoncer l’impact de la procédure dématérialisée. Très vite, les témoignages d’étudiants suivis du hashtag #séjourétranger se multiplient sur les réseaux sociaux.

    Des préfectures débordées

    Depuis l’ouverture de la plate-forme ANEF-séjour, mi-septembre, 47 000 demandes de renouvellement de titres de séjour ont été déposées, selon le ministère. Un chiffre qui représente plus du tiers des demandes annuelles, et qui explique que les préfectures n’ont pas pu suivre la cadence. Si les situations varient d’un département à un autre, ces vagues de retards touchent principalement la région parisienne et les grandes métropoles comme Lyon, Lille, Marseille.

    A ce jour, seulement 45 % des étudiants étrangers ayant fait une demande de renouvellement de titre sur la plate-forme ont obtenu, en l’espace de vingt jours en moyenne, un retour concernant leur démarche. Pour les autres, le ministère s’est engagé à clarifier leur situation d’ici vendredi 20 novembre. « A terme, ce qu’on voudrait changer, c’est qu’il n’y ait plus ce document provisoire, indique le ministère. Et que les étudiants obtiennent une réponse de l’administration avant l’expiration de leur titre de séjour. »

    « J’ai trouvé le numéro d’un autre service, où l’on a fini par me répondre “il faut attendre” », explique Sylvie

    Sans nul doute, le point qui cristallise les mécontentements est celui de l’absence d’interlocuteurs dans ces nouvelles démarches en ligne. Sylvie*, étudiante gabonaise de 25 ans, ne sait plus vers qui se tourner. « Quand est arrivé le dernier jour de validité de mon titre de séjour, n’ayant toujours pas de réponse de la préfecture, je me suis rendue sur place et découvert un petit panneau d’affichage indiquant de renvoyer un e-mail. J’ai tenté de joindre le standard téléphonique, mais il était saturé. En farfouillant sur Internet, j’ai trouvé le numéro d’un autre service, où l’on a fini par me répondre “il faut attendre”. » Une expérience déroutante.

    « La dématérialisation procède à une mise à distance des usagers – en l’occurrence des personnes étrangères – de l’administration. Elles se retrouvent isolées dans leurs démarches », estime Lise Faron, de l’association la Cimade. Selon elle, il est important de conserver des contacts réels, au-delà des procédures numériques, « que ces étudiants puissent accéder au guichet ou joindre quelqu’un par téléphone ou par messagerie ».

    Un sentiment d’abandon

    Cette sensation d’abandon vient s’ajouter à d’autres angoisses, comme le raconte Aissatou, étudiante en master à l’université de Metz. « Cette situation, très stressante et pénible, s’inscrit dans un contexte où nous rencontrons beaucoup de difficultés, en raison de la crise, pour trouver un emploi ou un stage. Si nous perdons des opportunités à cause du retard de notre titre de séjour, c’est vraiment très déprimant, explique Sylvie, à qui ces piétinements administratifs pourraient coûter son diplôme et sa force mentale. Je ne peux pas m’inscrire à mon examen final, qui a lieu début décembre. Cette irrégularité m’empêche même de sortir de chez moi. Si je suis contrôlée dans la rue, je suis fichue. C’est le double confinement, et j’angoisse énormément. »

    Les services d’accueil des universités s’organisent au mieux pour épauler les étudiants étrangers confinés

    Pour aider les jeunes à traverser ces difficultés, les services d’accueil des universités s’organisent au mieux pour épauler les étudiants étrangers confinés. L’université de Strasbourg travaille en lien étroit avec la préfecture du Bas-Rhin, affirme Ludovic Fabre, chef de service adjoint de la vie universitaire : « Nous sommes aux côtés des étudiants pour les conseiller et les rassurer sur la nouvelle procédure. »

    En attendant, certaines associations étudiantes, dont le syndicat UNEF, se mobilisent pour ces « oubliés de la crise sanitaire ». « Nous souhaitons que la carte étudiante devienne l’équivalent d’un titre de séjour », avance Mélanie Luce, sa présidente, qui s’alarme de la « précarité financière, pédagogique et désormais administrative des étudiants étrangers ». Un combat qui, selon Diminga Warigue, relève de l’évidence : « Nous sommes venus en France pour étudier, de la manière la plus légale possible, pas pour se battre pour nos droits. »

    * Le prénom a été modifié.

    https://www.lemonde.fr/campus/article/2020/11/18/pour-les-etudiants-etrangers-les-dommages-collateraux-de-l-administration-en

    via @fil

    #étudiants_étrangers #permis_de_séjour #université #confinement #France #dématérialisation #procédure_dématérialisée #alternance #ANEF-séjour #administration_numérique #Bienvenue_en_France #récépissé #accès_aux_droits #préfecture

    ping @isskein @karine4

  • Observatoire des #non-recours aux droits et services

    Objectifs

    Dans les domaines des #prestations_sociales, de la #santé, de l’insertion sociale et professionnelle, de l’#autonomie, de la #médiation_sociale, des déplacements, de la lutte contre les #discriminations

    - Observer des situations de non-recours, mesurer leur importance, caractériser les populations concernées, enquêter sur les causes.
    – Analyser les limites de l’#intégration_sociale par les politiques publiques au regard des phénomènes de non-recours.
    – Diffuser les connaissances, les données et les méthodes d’identification et d’évaluation du non-recours.
    – Accueillir la réalisation de stages, de mémoires de Master et de recherches doctorales ; servir de support à des séjours scientifiques dans le cadre de collaborations internationales.

    Une observation productrice d’#outils utiles pour la #recherche et l’#action

    – Requêtes #statistiques sur des bases de données constituées.
    - Dispositifs ad hoc de suivi/évaluation au sein de structures administratives ou associatives.
    - Enquêtes qualitatives suivant plusieurs techniques : entretien individuel ou collectif, focus group, groupe de qualification mutuelle.
    – Ateliers de #témoignages.

    Une #observation articulée à des recherches pour de nombreux organismes

    le CNRS, l’ANR, la CNAMTS, la CNSA, la DGCS, la DREES-MIRe/ONPES, le PUCA, l’INPES, le PREDIT, l’INCA, …

    Axes de questionnement

    Pourquoi des individus ou des populations ne recourent pas, volontairement ou non, à l’#offre_publique.
    Que ce soit dans des rapports directs aux services prestataires (services publics, associations, entreprises), à des acteurs intermédiaires (organisés ou non organisés) ou dans la participation à des actions collectives soutenant l’accès aux droits.

    Pourquoi et comment les institutions se saisissent des phénomènes de non recours à l’offre publique. Renouvellement du contenu de l’offre publique et organisation spatiale des pratiques sociales (autour de logiques de contrat, d’incitation et de responsabilisation, de proximité, d’accessibilité et de mobilité) ; développement d’outils de connaissance des phénomènes de non-recours ; mise en œuvre de dispositifs d’information, d’expression de la demande sociale, de (re)mise en capacité des individus, de lutte contre les discriminations, de construction d’intérêts collectifs.

    Une démarche scientifique fondée sur l’observation

    L’#invisibilité des phénomènes de non-recours demande d’articuler trois types de recherche dans une démarche scientifique interdisciplinaire.


    https://odenore.msh-alpes.fr
    #précarité #recherche-action #droits #accès_aux_droits

    • Collectif SOIF de connaissances

      Renforcer les liens entre la recherche, la formation des professionnels et les #pratiques de terrain dans le champ sanitaire et social

      Le secteur de l’#action_sociale connaît actuellement de profondes évolutions et remises en question, illustrées notamment par les débats menés dans le cadre des Etats Généraux du #Travail_Social. L’une des questions centrales concerne l’articulation, au niveau des territoires, entre les pratiques de terrain, la formation – continue ou initiale – des professionnels, et la recherche scientifique dans les différents domaines d’intervention. Le cloisonnement trop souvent observé des divers acteurs concernés mène en effet à une certaine incohérence entre les besoins identifiés, les réponses apportées par les structures, et les contenus de formation.

      Le Plan d’action en faveur du travail social et de l’#intervention_sociale présenté en conseil des ministres le 21 octobre 2015 prend en compte ces enjeux, en fixant notamment les objectifs suivants :

      – Inscrire progressivement le travail social dans un parcours conduisant à des grades universitaires.
      - Reconnaître l’intervention sociale comme un champ de recherche.
      - Garantir la qualité des formations et des diplômes d’Etat, via notamment un cahier des charges partagé Etat-Régions.

      http://www.collectif-soif.fr/le-collectif

  • January 2020 Report on Rights Violations and Resistance in Lesvos

    A. Situation Report in Lesvos, as of 15/1/2020

    Total population of registered asylum seekers and refugees on Lesvos: 21,268
    Registered Population of Moria Camp & Olive Grove: 19,184
    Registered unaccompanied minors: 1,049
    Total Detained: 88
    Total Arrivals in Lesvos from Turkey in 2020: 1,015

    Over 19,000 people are now living in Moria Camp – the main refugee camp on the island – yet the Camp lacks any official infrastructure, such as housing, security, electricity, sewage, schools, health care, etc. While technically, most individuals are allowed to leave this camp, it has become an open-air prison, as they must spend most of their day in hours long lines for food, toilets, doctors, and the asylum office. Sexual and physical violence is common – and three people have died as a result of violence and desperation in as many weeks. The Greek government has also implemented a new asylum law 1 January 2020 with draconian measures that restrict the rights of migrants. This new law expands grounds to detain asylum seekers, increases bureaucratic hurdles to make appeals, and removes previous protections for vulnerable individuals who arrive to the Greek islands. Specifically, all individuals that arrive from Turkey are now prohibited from leaving the islands until their applications are processed, unless geographic restrictions are lifted at the discretion of the authorities. These changes ultimately will lead to an increased population of asylum seekers trapped in Lesvos, and an increasing number of people trapped here who have had their asylum claims rejected and face deportation to Turkey. We will not detail here the current catastrophic conditions on the island for migrants, as they have already been detailed by others.

    B. Legal Updates

    Since the implementation of the new asylum law in Greece in January 2020, 4636/2019, it remains to be seen to what extent the Greek state will have the capacity to implement the various draconian provisions enacted into law. Below we have documented the following violations in the first few weeks of 2020, and procedural and practical complications in the implementation of the new law.

    1. Right to Work Denied: According to article 53 of the Law 4636/2019, asylum seekers have the right to work six (6) months after they have submitted their asylum application, if they have not yet received a negative first instance decision. Under the previously enforced asylum law, 4375/2016, asylum seekers had the right to work with no limitations. However, as one of its first acts after the New Democracy party came into power in Greece, on the 11 July 2019 the Minister of Employment & Social Affairs, Mr Vroutsis, issued a decision stopping the issuance of social security numbers (AMKA) to asylum seekers (Protocol number: Φ.80320/οικ.31355 /Δ18.2084). Although the newly enacted law allows for the issuance of a “temporary insurance number and healthcare of foreigners” (Π.Α.Α.Υ.Π.Α.) to asylum seekers, under Article 55 para. 2, the joint ministerial decision regulating this has not been issued, and it has yet to be set in force. The possession of a Π.Α.Α.Υ.Π.Α. or AMKA is a prerequisite to be hired in Greece, therefore, it is practically impossible for asylum seekers who have not already obtained an AMKA to work and have access to healthcare, despite having the right to do so.

    2. Access to Asylum Procedure Effectively Denied: According to article 65 para. 7 of the Law 4636/2019, there is a deadline of seven (7) days between the simple and full registration of an applicant’s asylum application. If the applicant does not present themselves before the competent authorities within 7 days, the case is archived with a decision of the head of the competent asylum office (article 65 para. 7 and 5). However, because of the number of asylum seekers currently living in Lesvos, many cannot access the asylum office on the day they are scheduled to register, as there are always hundreds of people waiting outside – and the asylum office is heavily guarded by the private security company G4S. This could lead to many people missing the deadline and being denied the right to apply for asylum. As a result their asylum cases could be closed, and they could face detention and deportation.

    3. Risk of Rejection of Asylum Claims Due to Inability to Renew Asylum Seeker ID Card: For asylum applications being examined under the border procedure (the procedure implemented for all those who arrive to the Greek islands from Turkey), the renewal of the asylum seeker’s card must take place every 15 days, under article 70 para. 4(c) of law 4636/2019. With over 20.000 asylum seekers currently in Lesvos, it is nearly impossible for them to access the office in order to renew an asylum seeker card that is expiring. Some have reported they have to pay (20 Euros) to other asylum seekers who are ‘controlling’ the line just to get a spot on line, where they must wait overnight in extreme weather conditions. After implementing the new law for the first few weeks of 2020 and requiring renewal of asylum seeker’s cards every 15 days, the Lesvos Regional Asylum Office (RAO) realized this is a practical impossibility and returned to the former system of renewing every 30 days, as announced to legal actors via UNHCR this week. Despite this, it still remains extremely difficult to access the asylum office, given the demand. Often the assistance of a lawyer is needed just to book an appointment or get in the door. The consequences of failing to renew an asylum seeker card under the new legislation are extremely harsh – asylum seekers must appear at the asylum office within one day of the expiration date, otherwise the asylum seeker’s card stops being valid ex officio, according to article 70 para. 6 of law 4636/2019. Their asylum claim will be implicitly withdrawn under article 81 para. 2 law 4636/2019, and this implicit withdrawal will be considered a final decision on the merits of their asylum claim, under article 81 para. 1 of law 4636/2019, despite never having had their asylum claim heard (if the implicit withdrawal is prior to their interview). While it may sound like a technical and insignificant difference, receiving a final decision on the merits means that they would need to appeal this denial to the Appeals Committee, rather than simply requesting the continuation of their case – which as described below involves additional obstacles that are likely to be impossible to overcome for many asylum seekers.

    4. Prioritization of Claims Filed in 2020: The new asylum law allows for the accelerated processing of asylum application under the border procedures – i.e. for all those who arrive to Lesvos from Turkey. As RAO and EASO transition to the new law, they have prioritized the processing of the asylum claims of new arrivals, at the expense of the thousands of asylum seekers who arrived and applied for asylum in Lesvos in 2018/2019. Those that have arrived in 2020 are registered and scheduled for interviews with the EASO within a few days of arrival. This means that it is extremely difficult for these individuals to access legal information or legal aid prior to their asylum interviews. Individuals who arrived last year, however, and are waiting months to be heard, are having their interviews postponed in order to accommodate the scheduling of interviews for new arrivals. We have also received information that EASO has not only prioritized new arrivals for interviews, but also prioritized the issuance of opinions for the cases of new arrivals, meaning that decisions for those who were interviewed in 2019 will also be delayed.

    5. Delay in Designation of Vulnerabilities Results in Continued Imposition of Geographic Restrictions for pre-2020 Arrivals: The designation of vulnerability under the previous asylum law led to the lifting of geographic restrictions to Lesvos, as ‘vulnerable’ individuals were referred form the border procedure to the regular asylum procedure. Vulnerable groups, as defined by pre 2020 law included: unaccompanied minors; persons who have a disability or suffering from an incurable or serious illness; the elderly; women in pregnancy or having recently given birth; single parents with minor children; victims of torture, rape or other serious forms of psychological, physical or sexual violence or exploitation; persons with a post-traumatic disorder, in particularly survivors and relatives of victims of ship-wrecks; victims of human trafficking. In 2018, 80% of asylum seekers in Lesvos were designated vulnerable (or approved for transfer to another European State under the Dublin III Regulation), and therefore able to leave Lesvos prior to the final processing of their asylum claims. Under the new legislation, however, vulnerable individuals continue to have their asylum claims processed under the border procedures, as specified in article 39 para. 6 of law 4636/2019. Many individuals who arrived in 2019 and should have been designated vulnerable through the Reception and Identification Procedures’ mandatory medical screening, provided by Article 9 para. 1c of the law 4375/2016, were not designated as such in 2019 due to delays and failure to have a thorough medical screening. For example, just in the past two weeks we have met with survivors of torture, sexual assault and people suffering from serious illnesses who arrived to Lesvos months ago, but have not been designated vulnerable due to a lack of a thorough medical assessment. If designated vulnerable in 2020, the State is currently applying the new law to these individuals, and continues to process their claims under the border procedures, rather than lifting geographic restrictions and referring to the regular asylum procedure. They have now missed the opportunity to have geographic restrictions lifted while they await their interviews, through fault of the Greek state. We should also note that the new legislation also requires a medical screening under Article 39, para. 5 4636/2019, however, this does not carry the same legal consequences, as those found vulnerable under the new legislation are not referred from the border to regular procedure.

    This week the Legal Centre Lesvos represented one couple from Afghanistan, in which the wife is pregnant (a category of vulnerability). In late 2019, they had been designated vulnerable and referred to the regular procedure, however, when in 2020 they were issued their asylum seeker card, it was with geographic restrictions. Only after the intervention of the Legal Centre Lesvos, were they advised that this was merely a ‘mistake’ and they would be referred back to the regular procedure and geographic restrictions would be lifted when they next renewed their asylum seeker card. Meanwhile, for the next two weeks they are unlawfully restricted to Lesvos.

    6. Insurmountable Hurdles to Appeal Negative Decisions: Under the new legislation, asylum applicants who receive a negative decision must describe specifically the grounds in which they are making an appeal in order for their appeal to be admissible by the Appeals Committees, according to articles 92 and 93 of 4636/2019. This is practically impossible without a lawyer to assess the decision and determine the grounds of appeal. Although the state is obligated to provide a lawyer on appeal (article 71 para. 3), this right has been denied for over two years in Lesvos. Nevertheless, the Lesvos RAO appears to be enforcing the new provision of the law requiring individuals to provide the grounds for appeal in order to lodge an appeal, but continues to deny applicants lawyers on appeal in order to determine these grounds – meaning that many are practically unable to lodge an appeal. Others are physically blocked from even accessing the asylum office in order to lodge the appeal due to the hundreds of people attempting to access the asylum office at any given time. We have documented at least one case of a family with two small children, that were arbitrarily given a five day deadline to lodge their appeal and moreover they were unable to enter the asylum office despite trying every day. Only through the intervention of a Legal Centre Lesvos attorney – accompanying the family on multiple days – the family was able to access the asylum office in order to lodge their appeal in due time. Furthermore, it will be a practical impossibility to accompany every asylum seeker whose case is rejected, and many are or will likely miss the deadline to lodge their appeal, if practices are not immediately changed.

    7. Denial of Interpreter for Detained Asylum Seekers Speaking Rare Languages at Every Stage of the Procedure: In November 2019, 28 asylum seekers’ claims were rejected with no interview having taken place, on the basis that no interpreter could be found to translate for them in their languages. The Legal Centre Lesvos and other legal actors represented these individuals on appeal, and denounced this illegal practice. Now, it appears the Lesvos RAO is attempting a new practice to reject the asylum claims of detained asylum seekers. Last week several men from sub-Saharan African countries who were detained upon arrival (based on the practice of arbitrarily detaining ‘low profile refugees’ based on nationality) were scheduled for interviews this week in either French or English, depending on whether they came from an area of the African continent that had previously been colonized by France or by Great Britain. This is despite the fact that they requested an interview in their native language, as is their right, under article 77 para. 12 of 4636/2019. The lasting effects of colonization – also a driving factor in continued migration from Africa to Europe – has continued to haunt these individuals, as even after they have managed to make it into Europe, they are now expected to explain their eligibility for asylum in their former colonizer’s language. The clear attempt to reject detained asylum seekers’ claims without regard to the law is a worrying trend, combined with the provisions of the new legislation which allow for expanded grounds for detention and expanded length of detention of asylum seekers. The Legal Centre has taken on representation of one of these individuals in order to advocate for the right of asylum seekers to be interviewed in a language they can communicate comfortably and fluently in.

    8. Apparent Suicide in Moria Detention Centre Followed Failure by Greek State to Provide Obligated Care. On 6 January a 31-year-old Iranian man was found dead, hung in a cell inside the PRO.KE.K.A. (Pre-Removal Detention Centre) According to other people detained with him, he spent just a short time with other people, before being moved to isolation for approximately two weeks. While in solitary confinement, even for the hours he was taken outside, he was alone, as it was at a different time than other people. For multiple days he was locked in his cell without being allowed to leave at all, as far as others detained saw. His food was served to him through the window in his cell during these days. His distressed mental state was obvious to all the others detained with him and to the police. He cried during the nights and banged on his door. He had also previously threatened to harm himself. Others detained with him never saw anyone visit him, or saw him taken out of his cell for psychological support or psychiatric evaluation. Healthcare in the PRO.KE.K.A is run by AEMY (a healthcare utility supervised by the Greek state). Its medical team supposedly consists of one social worker and one psychologist. However, the social worker quit in April 2019 and was never replaced. The psychologist was on leave between 19 December and 3 January. The man was found dead on 6 January meaning that there were only two working days in which AEMY was staffed during the last three weeks of his life, when he could have received psychological support. This is dangerously inadequate in a prison currently holding approximately 100 people. EODY is the only other state institution able to make mental health assessments, yet it has publicly declared that it will not intervene in the absence of AEMY staff, not even in emergencies, and that in any case it will not reassess somebody’s mental health. For more details, see Legal Centre Lesvos publication, here. Of note is that there is no permanent interpretation service inside the detention centre.

    C. Legal Centre Lesvos Updates

    Despite the hostile political environment in Lesvos, a few significant successes confirm the importance of continued monitoring, litigation, and coordination with other actors in advocating for migrant rights in Lesvos.

    On 25th November 2019 we joined other legal actors on Lesvos in representing 28 men from African countries whose asylum claims were rejected before they had even had an interview on their claims. These individuals – through the long denounced ‘pilot’ project – were arbitrarily detained upon arrival to Lesvos from Turkey, based only on their nationality – as they are from countries with a ‘low refugee profile.’ The RAO further denied these individuals their rights in November 2019, when their asylum claims were rejected on the basis that there was a lack of interpreter to carry out the interviews. In the case of the Legal Centre Lesvos client, he was rejected because apparently a Portuguese interpreter could not be found! We collaborated with other legal actors on the island and UNHCR in representing these individuals on appeal, and engaging in joint advocacy to denounce this illegal practice. Following this joint advocacy initiative, the Lesvos RAO has continued the illegal practice of arbitrary detention based on nationality, and has attempted new tactics to accelerate the procedure, rejection, and ultimate deportation of these individuals (as described above), but there have been no reports of denial of asylum claims based on lack of interpretation since our joint advocacy in November 2019.

    Following our successful submission to the European Court of Human Rights in November 2019, which led to the last minute halting of a scheduled deportation, the police appeared to have changed their policies. In the month prior to our filing, at least six individuals were deported to Turkey, after having filing appeals in administrative court, and motions to suspend their deportation pending resolution of their appeals. Despite the fact that the administrative court had not yet ruled on the suspension motions, these individuals were forcibly deported to Turkey. Since our petition to the ECHR, in which we raised the lack of effective remedy in Greece, there have been no reported cases of deportation of individuals who have filed administrative appeals on their asylum claims. Our efforts in making this change were not alone, as advocacy from other legal actors and the Ombudsman’s Office against this practice likely contributed to the changed policy.

    Dublin Successes in Increasingly hostile climate: Since late 2017, there has been an increase in the number of refusals of ‘take charge’ requests for family reunification sent by the Greek Dublin Unit to Germany under the Dublin III regulations, with a variety of reasons used to deny the reunification of families who have often been separated by war and persecution. The family reunification procedure under the Dublin regulations is one of the rare legal routes protecting family unity and allowing for legal migration for asylum seekers out of Greece to other European states.

    In the period of October 2019 – December 2019 four families we represented had their applications for family reunification through Dublin III Regulations approved, enabling our clients to reunite with family members in France, Germany, and Sweden.

    Our most recent Dublin success involved the reunification of a family with two minor sons who are living in Germany. The two minor sons had left Afghanistan 5 years ago and had been separated from their family ever since. There is a trend from the German Dublin Unit to reject the cases in which families make the difficult decision to first send their minor children to safety when the entire family is not able to leave together. The German Dublin Unit has denied these cases on the basis that it is not in the best interest of the child to reunite minor children with parents who used smugglers to send their children to safety. We have consistently argued that when the children’s life is at risk, the parents should not be punished for using whatever means they can to find safety for their children, when legal and safe routes of migration are denied to them. The German Dublin Unit agreed in this case after advocacy from the Legal Centre Lesvos and the Greek Dublin Unit.

    https://legalcentrelesvos.org/2020/01/22/january-2020-report-on-rights-violations-and-resistance-in-lesvos
    #Lesbos #Moria #hotspots #droits #hotspot #Grèce #violation #statistiques #chiffres #surpopulation #Dublin #règlement_Dublin #accès_aux_droits

  • #IVG en #France : un accès inégal, un droit malmené

    Une Française sur trois avorte au cours de sa vie. Pourtant, 40 ans après la loi Veil dépénalisant l’avortement, les #obstacles et les inégalités dans l’accès à l’interruption volontaire de grossesse (IVG), méconnus, sont loin d’avoir disparu.

    https://www.mediapart.fr/studio/panoramique/ivg-france-acces-inegal-droit-malmene?xtor=CS3-67
    #inégalités #accès_aux_droits #avortement #femmes

  • ‘They are already citizens’: What will it take to bring Europe’s undocumented out of the shadows?

    Innovative ways of supporting undocumented migrants so that they can access vital health, social and emergency services are required so that European countries can properly assist these vulnerable people.

    https://horizon-magazine.eu/article/they-are-already-citizens-what-will-it-take-bring-europe-s-undocume
    #régularisation #citoyenneté #sans-papiers #migrations #accès_aux_droits #santé

  • Indigenous immigrants face unique challenges at the border

    Between May 5 and June 9, more than 2,000 immigrant families were stopped at the U.S.-Mexico border. Government agents and agencies have failed to identify Indigenous individuals and families after apprehension and because many Indigenous migrants speak neither English or Spanish, language barriers can lead to human and Indigenous rights violations and increase the risk for family separations.


    https://www.hcn.org/articles/tribal-affairs-indigenous-immigrants-face-unique-challenges-at-the-border
    #barrières_linguistiques #langue #peuples_autochtones #frontières #asile #migrations #USA #Etats-Unis #droits #accès_aux_droits #langue

  • ’Vulnerable migrants and wellbeing study’ highlights barriers to healthcare for migrants.

    A pilot study by the University of Birmingham has identified major barriers to healthcare access for migrants, including denial of entitlements, administrative issues, lack of understanding, language barriers and fears of being arrested.

    https://www.birmingham.ac.uk/news/latest/2019/02/vulnerable-migrants-and-wellbeing-study-highlights-barriers-to-healthc
    #accès_à_la_santé #accès_aux_droits #santé #réfugiés #asile #migrations #UK #Angleterre #langue #barrières_linguistiques #vulnérabilité

  • Dimenticati ai confini d’Europa

    L’obiettivo della ricerca è dare voce alle esperienze dei migranti e dei rifugiati, per rendere chiaro il nesso tra quello che hanno vissuto e le politiche europee che i governi hanno adottato.
    Il report si basa su 117 interviste qualitative realizzate nell’enclave spagnola di Melilla, in Sicilia, a Malta, in Grecia, in Romania, in Croazia e in Serbia. Ciò che emerge chiaramente è che il momento dell’ingresso in Europa, sia che esso avvenga attraverso il mare o attraverso una foresta sul confine terrestre, non è che un frammento di un viaggio molto più lungo ed estremamente traumatico. Le rotte che dall’Africa occidentale e orientale portano fino alla Libia sono notoriamente pericolose, specialmente per le donne, spesso vittime di abusi sessuali o costrette a prostituirsi per pagare i trafficanti.

    Il report mostra che alle frontiere dell’Unione Europea, e talora anche a quelle interne, c’è una vera e propria emergenza dal punto di vista della tutela dei diritti umani. L’assenza di vie legali di accesso per le persone bisognose di protezione le costringe ad affidarsi ai trafficanti su rotte che si fanno sempre più lunghe e pericolose. I tentativi dell’UE e degli Stati Membri di chiudere le principali rotte non proteggono la vita delle persone, come a volte si sostiene, ma nella maggior parte dei casi riescono a far sì che la loro sofferenza abbia sempre meno testimoni.


    http://centroastalli.it/dimenticati-ai-confini-deuropa-2
    #Europe #frontières #asile #migrations #droits_humains #rapport #réfugiés #Sicile #Italie #Malte #Grèce #Roumanie #Croatie #Serbie #UE #EU #femmes #Libye #violence #violences_sexuelles #parcours_migratoires #abus_sexuels #viol #prostitution #voies_légales #invisibilisation #invisibilité #fermeture_des_frontières #refoulement #push-back #violent_borders #Dublin #règlement_dublin #accès_aux_droits #accueil #détention #mouvements_secondaires

    Pour télécharger le rapport :
    https://drive.google.com/file/d/1TT9vefCRv2SEqbfsaEyucSIle5U1dNxh/view

    ping @isskein

    • Migranti, il Centro Astalli: “È emergenza diritti umani alle frontiere d’Europa”

      Assenza di vie di accesso legale ai migranti forzati, respingimenti arbitrari, detenzioni, impossibilità di accedere al diritto d’asilo: è il quadro disegnato da una nuova ricerca della sede italiana del Servizio dei gesuiti per i rifugiati.

      S’intitola “Dimenticati ai confini d’Europa” il report messo a punto dal Centro Astalli, la sede italiana del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, che descrive, attraverso le storie dei rifugiati, le sempre più numerose violazioni di diritti fondamentali che si susseguono lungo le frontiere di diversi Paesi europei. La ricerca, presentata oggi a Roma, si basa su 117 interviste qualitative realizzate nell’enclave spagnola di Melilla, in Sicilia, a Malta, in Grecia, in Romania, in Croazia e in Serbia.

      Il report, si spiega nella ricerca, «mostra che alle frontiere dell’Unione europea, e talora anche a quelle interne, c’è una vera e propria emergenza dal punto di vista della tutela dei diritti umani». Secondo padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, la ricerca mette bene in luce come l’incapacità di gestire il fenomeno migratorio solitamente attribuita all’Ue, nasca anche dalla «volontà di tanti singoli Stati che non vogliono assumersi le proprie responsabilità» di fronte all’arrivo di persone bisognose di protezione alle loro frontiere, al contrario è necessario che l’Europa torni ad essere «il continente dei diritti, non dobbiamo perdere il senso della nostra umanità». «Si tratta di una sfida importante - ha detto Ripamonti - anche in vista delle prossime elezioni europee».

      A sua volta, padre Jose Ignacio Garcia, direttore del Jesuit Refugee Service Europa, ha rilevato come «gli Stati membri dell’Ue continuano ad investire le loro energie e risorse nel cercare di impedire a migranti e rifugiati di raggiungere l’Europa o, nel migliore dei casi, vorrebbero confinarli in ‘centri controllati’ ai confini esterni». «La riforma della legislazione comune in materia d’asilo, molto probabilmente – ha aggiunto - non verrà realizzata prima delle prossime elezioni europee. I politici europei sembrano pensare che se impediamo ai rifugiati di raggiungere le nostre coste, non abbiamo bisogno di un sistema comune d’asilo in Europa».

      La fotografia delle frontiere europee che esce dalla ricerca è inquietante: violazioni di ogni sorta, violenze, detenzioni arbitrarie, respingimenti disumani, aggiramento delle leggi dei singoli Paesi e del diritto internazionale. Un quadro fosco che ha pesanti ricadute sulla vita dei rifugiati già provati da difficoltà a soprusi subiti nel lungo viaggio. «Il Greek Council for Refugees – spiega la ricerca - ha denunciato, nel febbraio del 2018, un numero rilevante di casi di respingimenti illegali dalla regione del fiume Evros, al confine terrestre con la Turchia. Secondo questa organizzazione, migranti vulnerabili come donne incinte, famiglie con bambini e vittime di tortura sono stati forzatamente rimandati in Turchia, stipati in sovraffollate barche attraverso il fiume Evros, dopo essere stati arbitrariamente detenuti in stazioni di polizia in condizioni igieniche precarie». Secondo le testimonianze raccolte in Croazia e Serbia, diversi sono stati gli episodi di violenze fisiche contro rifugiati e di respingimenti immediati da parte della polizia di frontiera.

      E in effetti nel nuovo rapporto del Centro Astalli, più dei soli dati numerici e dei carenti quadri normativi ben descritti, a colpire sono i racconti degli intervistati lungo le diverse frontiere d’Europa. Un ragazzo marocchino, in Sicilia, per esempio ha raccontato «di come i trafficanti gli abbiano rubato i soldi e il cellulare e lo abbiamo tenuto prigioniero in un edificio vuoto con altre centinaia di persone per mesi». «Durante il viaggio – è ancora la sua storia – i trafficanti corrompevano gli ufficiali di polizia e trattavano brutalmente i migranti». Nel corso di un tentativo di attraversamento del Mediterraneo ricorda poi di aver sentito un trafficante dire a un altro: «Qualsiasi cosa succeda non mi interessa, li puoi anche lasciar morire».

      Ancora, una ragazza somala di 19 anni, arrivata incinta in Libia, ha raccontato di come il trafficante la minacciasse di toglierle il bambino appena nato e venderlo perché non aveva la cifra richiesta per la traversata. Alla fine il trafficante ha costretto tutti i suoi compagni di viaggio a pagare per lei ma ci sono voluti comunque diversi mesi prima che riuscissero a mettere insieme la somma richiesta. Storie che sembrano provenire da un altro mondo e sono invece cronache quotidiane lungo i confini di diversi Paesi europei.

      Infine, padre Ripamonti, in merito allo sgombero del centro Baobab di Roma che ospitava diverse centinaia di migranti, ha osservato che «la politica degli sgomberi senza alternative è inaccettabile». Il Centro Astalli «esprime inoltre preoccupazione anche per le crescenti difficoltà di accesso alla protezione in Italia: in un momento in cui molti migranti restano intrappolati in Libia in condizioni disumane e il soccorso in mare è meno efficace rispetto al passato, il nostro Paese ha scelto di adottare nuove misure che rendono più difficile la presentazione della domanda di asilo in frontiera, introducono il trattenimento ai fini dell’identificazione, abbassano gli standard dei centri di prima accoglienza».

      https://www.lastampa.it/2018/11/13/vaticaninsider/immigrazione-il-centro-astalli-c-unemergenza-diritti-umani-alle-frontiere-deuropa-v3qbnNIYRSzCCQSfsPFBHM/pagina.html

  • Migrants : Le long chemin pour l’accès aux droits

    Des obstacles continuent à être constatés devant l’accès effectif aux droits des personnes migrantes. Tour d’horizon d’une nouvelle configuration sociale au Maroc.
    Boubacar Diallou est arrivé au Maroc en 2013, et comme beaucoup de jeunes Africains, ce Sénégalais rêvait d’Europe. « Je vivais dans un campement non loin de la forêt proche de Nador. Mon objectif était d’atteindre Melilia », confie-t-il. Après quelques tentatives infructueuses et des arrestations musclées des forces auxiliaires et de la Guardia civil espagnole, Boubacar change d’objectif. « J’ai décidé de quitter la forêt et prendre le risque de descendre en ville rencontrer les Marocains », continue-t-il. Depuis, il a signé son premier contrat professionnel avec l’association locale Asticude. Il travaille comme médiateur social avec les migrants de passage et en résidence à Nador. « J’ai fait le pari de vivre avec les Marocains, les comprendre et échanger avec eux. Au jour le jour, ce n’est pas facile mais il faut surmonter les frustrations de chacune des deux parties », recommande-t-il avec le ton du connaisseur. Le parcours de Boubacar n’est pas une exception. De dizaines de milliers de jeunes Subsahariens se trouvent séduits par l’offre marocaine d’accueil et d’installation à l’égard des migrants, lancée en 2013 avec la #Stratégie_nationale_d’intégration_et_d’asile (#SNIA). Depuis le lancement de cette politique publique, un large réseau associatif à la qualité et l’engagement, et aux intentions très variables accompagne l’installation de ces migrants en termes d’offres de services (santé, éducation, etc.). Le tout en attendant leur #intégration effective dans les politiques publiques. La #Plateforme_nationale_de_protection_des_migrants (#PNPM) fait partie de ce réseau associatif, il compte des ONG internationales avec une expertise dans la thématique (Caritas, Médecins du monde, CEFA, etc.) et des associations marocaines qui démarrent leur engagement sur ce thème (OMDH, ALCS, droits, justice, etc.). Ce collectif comptant 13 associatifs a tenu ses assises le 25 juin dernier à Rabat. Ce moment annuel d’échange a permis de débattre « de l’état des lieux de l’accès aux services publics pour les personnes migrantes au Maroc ».

    Santé : des droits en sursis
    « 55 associations ont pris part aux assises. Ces ONG travaillent dans les régions du Nord, de Casa-Settat et du Sahara », détaille Younous Arbaoui, responsable plaidoyer et coordination à la PNPM. L’accès à la santé continue d’être un chemin de croix pour les migrants, spécialement ceux en situation irrégulière se trouvant près des zones frontalières avec l’Espagne. Bassal Likong, travailleur social à l’association Mains solidaires de Tétouan revient sur cette situation. « Les personnes migrantes rencontrent une panoplie de difficultés une fois qu’ils arrivent en ville. Dans le volet sanitaire et nonobstant le soutien du ministère délégué dans l’#accès_aux_soins de ces personnes. Ceci passe aussi par des interventions de l’association et notre partenariat avec la délégation de la #santé. Cap sur le sud du pays, à Lâayoune, l’association Sakia Lhamra arrive à assurer un accès aux soins, « par le biais de la bonne coopération de la délégation régionale de la santé », se satisfait Abdelkabi Taghia, président de cette ONG sahraoui mais c’est à Nador que la situation demeure la plus problématique où des refus d’offrir des soins continuent d’être recensés, selon plusieurs rapports associatifs sur place. Pour cette raison, le PNPM recommande qu’un « effort d’information des professionnels de santé soit réalisé, y compris dans les régions confrontées plus récemment au phénomène migratoire. Celui-ci passe notamment par une explication des circulaires régulant l’accès des patients étrangers de manière généralisée au système de santé ». L’accès au #RAMED des migrants régularisés demeure un autre sujet épineux, d’autant plus que ce dossier connaît un retard d’une année.

    Éducation : des #discriminations signalées
    L’accès à l’éducation aux migrants en âge de scolarité est garanti par une circulaire du ministère de l’Éducation nationale datant 2013. Pourtant, les choses sont nettement plus compliquées à en croire les retours de terrain des associatifs. « Nous sommes condamnés à faire des aller-retour entre l’école et l’administration pour inscrire un enfant », regrette Imane Benbouzid, responsable de l’éducation de la Fondation Orient Occident (FOO) qui travaille avec les familles migrants installées dans le quartier de Yacoub Mansour de Rabat. Pour combler le vide laissé par le département de l’Éducation, le secteur associatif assure la scolarité des enfants migrants de différentes catégories surtout les mineurs non accompagnés. « Des dispositifs pilotes ont été démarrés pour assurer la scolarité. Le rythme d’appropriation de la part de l’Éducation nationale n’est pas la même que celui des associations. Un travail est nécessaire pour capitaliser sur ces nouveaux outils », souligne Fanny Curet, responsable de ce dossier chez Caritas. L’arrivée d’enfants étrangers au sein de l’école publique marocaine s’accompagne par l’émergence de discours discriminatoires. « Certains membres de la communauté congolaise ont dû retirer leurs enfants des écoles car des élèves ou même des instituteurs tenaient des discours discriminants à l’égard de leurs enfants », alerte Stephan Mboma Ngulutu, SG de l’association de la diaspora congolaise au Maroc. Si aujourd’hui les effectifs sont faibles, environ 6.100 lors de l’année 2015-16, l’école marocaine doit se préparer à une transformation vers une école de la diversité multiculturelle. Pour cette raison, le PNPM émet plusieurs recommandations. En premier lieu que « des moyens soient consacrés à des projets permettant une véritable expérimentation pédagogique en matière d’apprentissage de l’arabe comme langue seconde ; évitant d’inscrire les enfants étrangers dans des filières parallèles et visant une intégration immédiate ou dans un délai court de l’élève en école formelle dans une classe d’âge proche du sien ». Enfin, le PNPM recommande que les « enfants des personnes migrantes et des familles d’origine non musulmane soient dispensées d’enseignement islamique sans pour autant être pénalisés dans les examens ». Ces difficultés constatées pour assurer l’accès aux droits des migrants installés au Maroc montre le long chemin encore à parcourir dans ce domaine pour le royaume. Une construction marquée par des hésitations de l’administration (voir encadré) et quelques crispations de la société. Il demeure que dans cette voie, le Maroc peut se prévaloir d’avoir fait le choix de l’ouverture migratoire, à contre-courant d’une Europe en repli et d’une Amérique honteuse…


    http://www.leseco.ma/maroc/67776-migrants-le-long-chemin-pour-l-acces-aux-droits.html
    #Maroc #accès_aux_droits #migrations #asile #réfugiés #régularisation
    #éducation #école #sans-papiers

  • #Accès_aux_droits : l’Assemblée pointe le décalage entre les ambitions et les moyens - Localtis.info - Caisse des Dépôts
    http://www.localtis.info/cs/ContentServer?pagename=Localtis/LOCActu/ArticleActualite&jid=1250278310376&cid=1250278306966&nl=1

    L’Assemblée nationale organisait le 10 janvier un débat en séance sur le rapport du comité d’évaluation et de contrôle consacré aux politiques publiques en faveur de l’accès aux #droits_sociaux, présenté à l’automne dernier par Gisèle Biémouret, députée (PS) du Gers, et Jean-Louis Costes, député (Les Républicains) du Lot-et-Garonne (pour le contenu du rapport, voir notre article ci-contre du 21 novembre 2016). Un débat qui prend place alors que le thème du #revenu_universel - à ne pas confondre toutefois avec un #minimum_social - occupe une place inattendue dans la campagne électorale.

    Assemblée nationale ~ Première séance du mardi 10 janvier 2017
    http://www.assemblee-nationale.fr/14/cri/2016-2017/20170091.asp#P950791

    Débat sur les politiques publiques en faveur de l’accès aux droits sociaux

  • Un simulateur pour diminuer le non recours aux droits sociaux, par Sophie Le Gall, 24/11/2014

    L’#annonce est ancienne mais cela reste au stade l’expérimentation...
    http://www.gazette-sante-social.fr/15372/un-simulateur-pour-diminuer-le-non-recours-aux-droits-sociaux

    Annoncée, à la fois par le plan de lutte contre la #pauvreté et le « choc de simplification », la révision des démarches d’aides sociales prend forme. Le Conseil national des politiques de lutte contre la pauvreté et l’exclusion sociale (CNLE), qui compte en son sein des usagers, teste un #simulateur_des_droits, outil informatique interactif, pour diminuer le #non_recours aux aides droits sociaux.

    C’est à l’occasion la dernière journée mondiale du refus de la misère, le 17 octobre 2014, que la secrétaire d’État en charge de la lutte contre l’exclusion, Ségolène Neuville, a annoncé au Conseil nationale des politiques de lutte contre la pauvreté et l’exclusion sociale (CNLE) sa décision de lui confier l’examen d’un simulateur des droits, outil conçu par le secrétariat d’État à la réforme de l’État et à la Simplification. Le plan de lutte contre la pauvreté, adopté en janvier 2013, avait souligné la nécessité de faciliter l’#accès_aux_droits, les complexités administratives étant particulièrement préjudiciables aux publics les plus fragiles et entraînant des forts taux de non-recours.

    Les usagers pourront tester l’outil

    « Nous avons lancé un appel à candidatures à l’ensemble des membres de notre instance pour répondre à cette mission. Notre groupe de travail s’est rapidement constitué et nous venons de nous mettre au travail », explique Christiane El Hayek, secrétaire générale du CNLE. Les dix-sept membres qui ont répondu à cet appel comptent, notamment, des représentants de la Caisse nationale de l’assurance maladie et de la Caisse nationale des allocations familiales, mais aussi plusieurs personnes du 8ème collège du CNLE, composé d’usagers en situation de difficulté (voir ci-dessous). « Il était important que les personnes directement concernées puissent tester cet outil », commente Christiane El Hayek. « Nous aussi ouvert ce groupe à des associations qui ne font pas partie du CNLE, comme les Apprentis d’Auteuil et la Croix Rouge, afin de croiser les regards », ajoute-t-elle.

    Limiter l’errance administrative

    Le simulateur des droits vise à orienter la personne vers les aides sociales (précarité, familiales, logement…) auxquelles elle peut prétendre et ainsi limiter l’errance administrative. Le demandeur renseigne sur sa situation personnelle et l’interface lui indique automatiquement les « bonnes portes ». Au demandeur, ensuite, d’entamer les démarches concrètes. « Nous étudions ces parcours fléchés. Nous pensons faire des propositions de consignes en français simplifié pour les personnes maîtrisant mal la langue, tout en veillant à ce qu’il n’y ait pas de perte de sens. Nous avons déjà noté qu’il serait utile de créer des stades intermédiaires, qui résumeraient les informations étape après étape », dévoile Christiane El Hayek.

    Lancement officiel en janvier 2015

    Le CNLE devra faire des propositions de simplification de l’outil dès la mi-décembre, pour un lancement officiel prévu pour janvier 2015. Une fois cette mission achevée, le CNLE se penchera sur le projet du coffre-fort numérique, annoncé par le gouvernement pour courant 2015, qui devrait permettre aux particuliers de stocker de façon sécurisée leurs documents administratifs, et les formulaires types des caisses d’assurance-maladie.

    Le simulateur d’aides sociales doit encore être pris en main par les #travailleurs_sociaux, par Isabelle Raynaud, 25/09/2015
    http://www.gazette-sante-social.fr/22269/le-simulateur-daides-social-doit-encore-etre-pris-en-main-par-l

    Les secrétaires d’État en charge de la Simplification et de la Réforme de l’État et de la Lutte contre l’exclusion ont présenté, le 24 septembre, le simulateur d’aides sociales en ligne mes-aides.gouv.fr. Après un an de fonctionnement discret sur la toile, le dispositif entame une phase plus poussée de tests dans les collectivités, avec une participation plus importante des travailleurs sociaux.

    François Hollande avait testé l’application en octobre 2014, il a pourtant fallu attendre le 24 septembre 2015 pour que le simulateur mes-aides.gouv.fr soit officiellement présenté en présence de deux secrétaires d’État, Clotilde Valter, en charge de la Simplification et de la Réforme de l’État, et Ségolène Neuville, chargée de la Lutte contre l’exclusion à Melun, en Seine-et-Marne. L’outil doit permettre aux usagers de connaître, en partant de leur situation, les aides (#RSA, #allocation_logements, #AAH…) auxquelles ils ont droit.

    Mais après un an de tests et de retours, le dispositif n’en est même pas encore à la phase de déploiement mais juste du lancement de l’expérience pilote dans le département, soit presqu’un an de retard. Et pour les travailleurs sociaux, qui ont apprécié la simplicité du dispositif lors de la présentation, c’est une découverte et beaucoup de questions.

  • Un cabinet de dentiste ambulant pour #soigner les plus démunis
    http://www.lemonde.fr/acces-aux-soins/article/2015/07/31/le-bus-social-dentaire-lutte-toujours-contre-l-exclusion-sanitaire_4706468_1

    Allongée dans le fauteuil dentaire, sous la lumière blafarde des néons, Fadhila s’abandonne aux mains du docteur Rivierez ; elle semble oublier le sifflement de la turbine et le bourdonnement du bac stérilisateur. Le visage de la jeune demandeuse d’asile est doux, innocent presque, ceint par un voile noir qui descend jusque sur son front. En se relevant, elle palpe sa joue encore engourdie par l’anesthésie, stupéfaite que cette sensation ne lui arrache plus un cri de douleur. Elle murmure d’une voix étouffée, à peine audible : « Ça fait longtemps qu’on ne s’était pas occupé de moi » .

    Sans papiers ni couverture sociale, Fadhila n’aurait jamais osé franchir la porte d’un service d’urgence à l’hôpital. Mais la douleur était devenue telle… C’est un copain du 115 qui lui a parlé du « Bus social dentaire ».

    Unique en son genre, ce cabinet dentaire itinérant sillonne Paris, les Hauts-de-Seine et la Seine-Saint-Denis depuis presque vingt ans pour offrir des soins dentaires, souvent d’urgence, aux plus démunis. « Tout ce que je vois ici, je ne l’avais jamais vu en vingt ans de pratique en cabinet libéral, confie Jean-Albert Rivierez, 85 ans, chirurgien-dentiste bénévole et vice-président de l’association humanitaire. Nous recevons des personnes en grande détresse sociale, sanitaire, ou mentale ». (...)
    ...Katia s’assure que sa patiente a bien compris comment constituer son dossier pour obtenir l’#AME, à laquelle elle est éligible. « La plupart de nos patients, parce qu’ils sont en situation irrégulière, ignorent qu’ils ont des #droits médicaux, mais aussi sociaux, regrette la coordinatrice sociale. En marge des soins, notre mission est donc de les réorienter vers des structures sociales fixes et, dans la mesure du possible, vers le circuit général de soin. »

    #accès_aux_soins #accès_aux_droits #hors_les_murs #précarité

    • Les #sans-dents ne sortent pas d’HEC.

      Les #sans-abri surexposés au risque dentaire
      Selon une étude sur l’accès aux soins bucco-dentaires des Français réalisée par l’IFOP, pas moins de 35 % des Français ont déjà renoncé à des soins dentaires pour des raisons financières.
      Mais c’est chez les personnes les plus #pauvres que la situation est la plus préoccupante. Selon le rapport de l’Observatoire de l’accès aux droits et aux soins des plus démunis en France de Médecins du monde, les personnes soignées dans les centres d’accueil de soins et d’orientation (CASO) de l’ONG en France souffrent, par exemple, de 3,1 caries en moyenne, contre 1,2 dans la population générale adulte française.
      Cet état de santé bucco-dentaire est particulièrement dégradé pour les personnes à la rue ou en habitat précaire. Une étude menée en 2014 auprès des consultants des sept plus gros CASO de Médecins du monde a montré que plus d’un tiers (38,3 %) des personnes de 15 ans ou plus considèrent avoir un mauvais ou très mauvais état de santé bucco-dentaire, contre 25 % de la population générale. Toujours parmi les personnes de 15 ans ou plus, 60 % déclaraient au moins une dent absente – contre 36 % en population générale –, et pour plus de deux personnes sur cinq, au moins cinq dents étaient absentes.

    • un bulletin sorti de chez le confiseur pour bien signifier la casse entre les privilégiés zus banlieue idf et les autres loins des procédures d’assistance détournées à fin de possible saisie des levier de l’économie