• Purificateur d’air DIY : Corsi-Rosenthal Cube - Encycla
    https://encycla.com/Corsi-Rosenthal_Cube

    The Corsi-Rosenthal Cube (sometimes called a Comparetto Cube) is an inexpensive, do-it-yourself air cleaner that can be easily constructed out of a box fan and MERV-13 furnace filters. The Corsi-Rosenthal Cube can give whole-room air cleaning performance comparable to commercial HEPA air cleaners that are 10x or more the cost. Total cost is around $100USD ($130CAD).

    Construction guide
    Filter brands to potentially avoid
    Variations
    History
    Room sizing & placement
    Power usage, noise & safety
    See also
    News / media stories

    New air purifiers filter at least 90% of COVID-carrying particles, researchers say
    https://www-cbsnews-com.cdn.ampproject.org/v/s/www.cbsnews.com/amp/news/covid-air-purifiers-particles/?amp_js_v=a6&amp_gsa=1&usqp=mq331AQKKAFQArABIIACAw%3

    An army of do-it-yourselfers is trying to clear the air of COVID-19. One group at the University of California, San Diego, is building 250 homemade air purifiers for classrooms and labs around campus, and they say their box-style purifier filters at least 90% of the particles that carry the virus.

    The Corsi-Rosenthal boxes, named for the two men who created the purifiers, are made up of four air filters on the sides. As air flows in, an electric fan on top draws out the purified air.

    des équipes scolaires en fabriquent aux US et aux Canada. ça reste interdit dans pas mal d’établissements (≠DIY)

    pour ce qui est du niveau sonore ça affiche de meilleurs résultats que des soluces 20 fois plus chères du commerce. en matière d’entretien (grosse contrainte : les filtres), ça reste à voir.

    #purificateur_d'air #DIY #air #covid-19 #boites_Corsi_Rosenthal

  • #Leonardo sbarca in #Somalia, la sua fondazione promuove l’italiano e addestra l’esercito

    Leonardo punta a rafforzare la propria presenza in Corno d’Africa e affida l’affaire all’ex ministro dell’Interno Marco Minniti (Pd), alla guida della Fondazione Med-Or costituita dall’holding del complesso militare-industriale italiano per promuovere progetti di “cooperazione” e scambi culturali-accademici con i Paesi del cosiddetto Mediterraneo allargato (Med) e del Medio ed Estremo Oriente (Or).

    Il 21 dicembre 2021 è stato firmato a Roma un Memorandum of Understanding tra la Fondazione Med-Or e la Repubblica Federale di Somalia per la “promozione della lingua italiana in Somalia e il sostegno all’alta formazione, attraverso l’erogazione di borse di studio e corsi di formazione professionale”.

    A sottoscrivere l’accordo Marco Minniti e il Ministro degli Affari Esteri somalo Abdisaid Muse Ali, ma all’evento erano presenti pure il Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio, il Ministro della Pubblica Istruzione somalo Abdullahi Abukar Haji e l’intero stato maggiore di Leonardo S.p.A., il presidente Luciano Carta (generale ritirato della Guardia di finanza), l’amministratore delegato Alessandro Profumo, il direttore generale Valerio Cioffi e Letizia Colucci, direttrice generale della Fondazione Med-Or.

    “La Somalia è un Paese strategico nei complessi equilibri dell’Africa Orientale ed è un partner fondamentale per noi nel Corno d’Africa”, ha dichiarato l’ex ministro Minniti. “L’interesse e l’impegno di Med-Or verso l’ex colonia italiana sono in linea con quanto fatto nel corso degli ultimi anni. Consolideremo la cooperazione in numerosi campi e le relazioni comuni, insieme alle istituzioni somale”.

    Il Memorandum firmato con la Repubblica di Somalia segue altri due progetti promossi e finanziati in Africa dalla Fondazione di Leonardo: il primo con la Mohammed VI Polytechnic University di Rabat (finanziamento di alcune borse di studio presso la LUISS “Guido Carli” di Roma, destinate a studenti provenienti dal Marocco); il secondo con la consegna alla Repubblica del Niger di una cinquantina di concentratori di ossigeno per alcune strutture sanitarie impegnate nell’assistenza a malati di Covid-19.

    La presenza a Roma alla firma dell’accordo di “cooperazione” dei massimi vertici di Leonardo S.p.A., conferma l’intenzione del gruppo di penetrare nel redditizio mercato dei sistemi d’arma del martoriato Corno d’Africa. Risale a tre anni fa l’ultima importante commessa nella regione, la fornitura al governo federale somalo di sistemi ATC – Air Traffic Control. Nello specifico, la controllata Selex ES Technologies Limited (SETL) con sede in Kenya, ha installato nel 2018 a Mogadiscio un Centro Nazionale ACC (Air Control Centre) per l’integrazione degli strumenti operativi di controllo aereo e tre torri radar in altrettanti aeroporti del Paese per un totale di 16 postazioni operatore, oltre a un sistema radio VHF e una rete satellitare.

    Una trattativa per la fornitura di un sofisticato sistema radar è in corso tra Leonardo e le autorità militari di Gibuti, la piccola enclave tra Eritrea, Etiopia e Somaliland, strategica per il controllo dello Stretto Bab El Mandeb che separa il Mar Rosso dal Golfo di Aden, principale rotta commerciale e petrolifera tra l’Asia e l’Europa.

    Il 30 gennaio 2020 i manager del gruppo italiano hanno accompagnato una delegazione della Repubblica di Gibuti (presenti tra gli altri il ministro della Difesa Hassan Omar Mohamed e l’ambasciatore a Parigi Ayeid Mousseid Yahya) in visita alla 4ª Brigata Telecomunicazioni e Sistemi per la Difesa Aerea e l’Assistenza al Volo dell’Aeronautica Militare di Borgo Piave, l’ente responsabile della realizzazione, installazione e manutenzione dei sistemi radar, di telecomunicazioni e radio assistenze al volo e alla navigazione aerea.

    “Gli ospiti sono stati accolti dal Comandante della 4ª Brigata, generale Vincenzo Falzarano”, riporta la nota dell’ufficio stampa dell’Aeronautica italiana. “La visita ha interessato il Sistema FADR (Fixed Air Defence Radar, modello RAT–31DL, prodotto da Leonardo, nda) che costituisce la struttura portante del sistema di Difesa Aerea. Il FADR è un radar di sorveglianza a lungo raggio (oltre 470 chilometri) e l’Aeronautica Militare, grazie alla sinergia con il mondo industriale nazionale, lo ha utilizzato per il rinnovamento tecnologico di dodici radar fissi a copertura dell’intero spazio aereo nazionale”.

    Come nel caso del Niger, la Fondazione Med-Or di Leonardo S.p.A. sembra voler privilegiare le regioni del continente africano dove operano stabilmente le forze armate italiane. In Corno d’Africa l’Italia è presente nell’ambito di due missioni internazionali, EUTM Somalia (European Union Training Mission to contribute to the training of Somali security forces) e MIADIT.

    L’operazione EUTM ha preso il via nell’aprile 2010 dopo la decisione dell’Unione Europea di “contribuire al rafforzamento del Governo Federale di Transizione della Somalia attraverso l’addestramento delle Forze di sicurezza somale”. Inizialmente il personale militare UE era schierato in Uganda e operava in stretta collaborazione con le forze armate ugandesi.

    Furono costituititi un quartier generale a Kampala, una base addestrativa a Bihanga (250 km a ovest della capitale) e un ufficio di collegamento a Nairobi (Kenya). Quando le condizioni di sicurezza in Somalia sembrarono migliori, EUTM inaugurò un centro di formazione presso l’aeroporto internazionale di Mogadiscio (aprile 2013) e, dall’inizio del 2014, sia il quartier generale sia i centri addestrativi furono trasferiti in territorio somalo.

    “Focus iniziale della Missione EUTM è stato l’addestramento delle reclute somale e la formazione di istruttori delle Somali National Security Forces, capaci di gestire in proprio l’addestramento di sottufficiali e della truppa”, spiega il Ministero della Difesa italiano. “Con il crescente impegno della Comunità Internazionale e dell’UE nel processo di stabilizzazione del Corno d’Africa, è stato previsto un ulteriore sviluppo della missione. Dall’aprile 2015, con il 4° mandato, essa si è concentrata sempre più sulla componente legata alla consulenza operativa, logistica e amministrativa del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore somalo”. Dal 15 febbraio 2014 il Comando di EUTM è assegnato all’Italia e il contingente nazionale impiegato è di 148 militari e 20 mezzi terrestri.

    Dal 2013 le forze armate italiane sono impegnate pure nella Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze di Polizia somale e gibutiane – MIADIT. “La missione è volta a favorire la stabilità e la sicurezza della Somalia e dell’intera regione del Corno d’Africa, accrescendo le capacità nel settore della sicurezza e del controllo del territorio da parte delle forze di polizia somale”, spiega ancora il Ministero della Difesa. “L’obiettivo a lungo termine è quello di rigenerare la polizia federale somala mettendola innanzitutto in grado di operare nel complesso scenario e successivamente, con i corsi training of trainers, portarla gradualmente all’autosufficienza formativa”.

    Il contingente nazionale impiegato è di 53 militari e 4 mezzi dell’Arma dei Carabinieri. I moduli addestrativi sono diretti a 150-200 agenti somali e gibutini alla volta e hanno una durata di 12 settimane.

    Le attività spaziano dall’addestramento individuale al combattimento, agli interventi nei centri abitati, alle tecniche di controllo del territorio e gestione della folla, alla ricerca e neutralizzazione di armi ed esplosivi. Sempre secondo la Difesa, gli istruttori dei Carabinieri hanno già addestrato oltre 2.600 unità appartenenti alla Polizia Somala, alla Polizia Nazionale e alla Gendarmeria Gibutiana, contribuendo inoltre alla ristrutturazione dell’Accademia di Polizia di Mogadiscio.

    https://www.africa-express.info/2021/12/24/leonardo-sbarca-in-somalia-la-sua-fondazione-promuove-litaliano-e-a

    #Italie #néo-colonialisme
    #Minniti #Marco_Minniti #Fondazione_Med-Or #complexe_militaro-industriel #Mediterraneo_allargato #Memorandum_of_Understanding #accord #langue #langue_italienne #formation_professionnelle #bourses_d'étude #Abdisaid_Muse_Ali #Luigi_Di_Maio #Abdullahi_Abukar_Haji #Luciano_Carta #Alessandro_Profumo #Valerio_Cioffi #Letizia_Colucci #Corne_d'Afrique #coopération #aide_au_développement #ATC #Air_Traffic_Control #Selex_ES_Technologies_Limited (#SETL) #ACC (#Air_Control_Centre) #radar #système_radar #Bab-el-Mandeb #Vincenzo_Falzarano #Sistema_FADR (#Fixed_Air_Defence_Radar) #RAT–31DL #défense_aérienne #Aeronautica_Militare #armée #EUTM_Somalia #European_Union_Training_Mission_to_contribute_to_the_training_of_Somali_security_forces #MIADIT #Bihanga #Nairobi #Somali_National_Security_Forces #Missione_Bilaterale_di_Addestramento_delle_Forze_di_Polizia_somale_e_gibutiane (#MIADIT) #training_of_trainers #formation #Carabinieri #police

  • Le #no-code, nouveau sésame pour les non-initiés à la #programmation  ?

    Le mouvement no-code est devenu en trois ans une vraie alternative à la programmation. Des solutions comme #Bubble, #Webflow, #Airtable, #Glide permettent de créer un #site_web ou une #appli_mobile sans pour autant être un développeur confirmé.

    En gros,

    Cette nouvelle méthode va aider à décharger ces ingénieurs de l’écriture de codes à faible valeur ajoutée, une tâche qu’ils considèrent comme ingrate et qu’ils ont tendance à saboter.

    https://usbeketrica.com/fr/article/le-no-code-nouveau-sesame-pour-les-non-inities-a-la-programmation

    donc ils créent des outils à « forte valeur » ajoutée pour que les utilisateurs et utilisatrices finales sabotent eux-même leur code, c’est ça ? Car j’ai du mal à croire que des applis #wysiwyg produisent un code aussi propre qu’un être humain qualifié. Sans parler de l’accompagnement.

    Bref, c’est encore une fois sur le marché lowcost que ça tire vers le bas...

    #développement #webdev (no-)#html #no_code

    • Toujours cette idée de nouveauté qu’elle est neuve et que c’est un nouveau sésame… C’est juste qu’on en a toujours bouffé sur le Web de ces promesses avec Dreamweaver, Director, Flash… depuis les années 90.

      Un aspect vraiment flippant de ces trucs, c’est qu’on continue de fabriquer des jeunes professionnels dont on a encouragé l’incompétence informatique, et qui vont en chier toute leur vie dans des boulots de merde où il n’y a pas d’argent à gagner.

      30 ans après, on continue à fabriquer des graphistes, designers, photographes… fiers d’avoir une maîtrise totalement superficielle de leurs outils informatiques. Des gens qui ensuite se lancent sur le marché en étant à la fois moins efficaces et moins « innovants » (y compris sur leur cœur de métier, c’est-à-dire les créations graphiques et visuelles) que leurs concurrents, et vont dépendre de prestataires informatiques qui vont la leur faire à l’envers systématiquement.

      L’impossibilité de défendre ton boulot, parce qu’il est toujours plus ou moins approximatif/amateur au moment du rendu, et les clients seront souvent insatisfaits, parce que la fin de la prestation est toujours bordélique (ça marche pas, ça marche pas bien, personne ne sait pourquoi parce que personne n’a la moindre compétence…). Donc végéter dans des petits boulots mal rémunérés et peu gratifiants.

      Et évidemment l’impossibilité de survivre quand le seul logiciel Wysiwyg que tu maîtrises disparaît (le massacre quand Flash a disparu, le massacre quand ton client peut s’acheter pour 5 dollars un template tout fait et que tu ne peux proposer rigoureusement aucune valeur ajoutée par rapport à ça…).

      Ça fait 30 ans que je vois passer des gens qui galèrent parce qu’on leur a fait miroiter qu’ils pourraient devenir des professionnels avec des outils Wysiwyg, et qu’une fois sur le marché professionnel, c’est une catastrophe et ils sont cantonnés comme tu dis au low-cost, où il y aura toujours quelqu’un d’encore moins cher, et pas forcément plus incompétent (genre à se retrouver au bout de 5 ou 10 ans sur une « place de marché » en ligne en concurrence avec des boîtes low-cost installées en Inde).

  • Se questa è l’Europa. Una cortina di ferro per i migranti

    La Polonia costruirà da dicembre una barriera per fermare il flusso di profughi spinti verso il confine dal governo della Bielorussia. Negli ultimi 50 anni costruiti 65 muri di confine

    Non sarà facile, quando toccherà agli storici, spiegare che l’epoca dei muri non è più solo quella del Vallo di Adriano o il tempo del cinese Qin Shi Huang, l’imperatore padre della Grande Muraglia. Epoche in cui le fortificazioni servivano a proteggersi dalle incursioni armate. Non nel 2021, quando miliardi di euro vengono investiti per respingere nient’altro che persone disarmate.

    Il 60% delle nuove barriere è stato voluto per ostacolare le migrazioni forzate. Negli ultimi 50 anni (1968-2018) sono stati costruiti oltre 65 muri di confine. L’Europa (26%) è seconda solo all’Asia (56%). A oltre trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, il 60% della popolazione mondiale (circa 4,7 miliardi di persone) vive in Paesi che hanno costruito un qualche argine contro i flussi di persone.

    Il centro studi ’Transnational Institute’ ha calcolato che solo dal 1990 al 2019 i Paesi Ue dell’area Schengen si sono dotati di oltre mille chilometri di recinzioni. E presto saranno più del doppio. La spesa totale ha sfiorato il miliardo di euro. A cui andranno aggiunti gli stanziamenti per i 508 chilometri di frontiera che la Lituania ha deciso di puntellare con pali d’acciaio e filo spinato. Come la Polonia, del resto, che con i lituani condivide l’affaccio sulla Bielorussia. Ieri la conferma: da dicembre il governo polacco costruirà una nuova barriera al confine. «È sconcertante quanto avviene in più luoghi ai confini dell’Unione. È sorprendente – ha detto ieri il presidente Sergio Mattarella – il divario tra i grandi principi proclamati e il non tener conto della fame e del freddo cui sono esposti esseri umani ai confini dell’Unione» .

    Per venirne a capo bisogna seguire i soldi. Tanti soldi. Si scopre così che il filo spinato e le armi per ricacciare indietro i poveri sono prima di tutto un colossale giro d’affari. A poco servono le inchieste amministrative e quelle penali sulle operazioni condotte da agenzie come Frontex, nata per supportare la sorveglianza dei confini esterni e finita accusata di malversazioni e di aver cooperato nelle operazioni più cruente nei Balcani, nel Canale di Sicilia e nell’Egeo. Entro il 2027 si passerà dagli attuali 1.500 a 10mila effettivi, di cui 7 mila distaccati dalle forze dell’ordine nazionali, e avrà nel bilancio un budget superiore alla maggior parte delle agenzie dell’Unione Europea: circa 5,6 miliardi di euro fino al 2027.

    Direttamente o attraverso consociate, beneficiano dei cospicui investimenti europei le più importanti aziende del comparto difesa: tra cui #Airbus, #Thales, #Leonardo, #Lockheed_Martin, #General_Dynamics, #Northrop_Grumman, #L3_Technologies, #Elbit, #Indra, #Dat-Con, #Csra, #Leidos e #Raytheon. Tra i principali beneficiari degli appalti per i muri le grandi firme dell’industria bellica. C’è #European_Security_Fencing, produttore spagnolo di filo spinato, utilizzato nelle recinzioni al confine con Spagna/Marocco, Ungheria/Serbia, Bulgaria/Turchia, Auanche stria/Slovenia, Regno Unito/ Francia. Poi la società slovena “#Dat-Con” incaricata di costruire barriere in Croazia, a Cipro, in Macedonia, Moldavia, Slovenia e Ucraina.

    E ancora il costruttore navale olandese #Damen, le cui navi sono state utilizzate in operazioni di frontiera da Albania, Belgio, Bulgaria, Portogallo, Paesi Bassi, Romania, Svezia e Regno Unito, oltre che Libia, Marocco, Tunisia e Turchia. I francesi siedono al tavolo dei grandi appalti con “#Sopra_Steria”, il principale contraente per lo sviluppo e la manutenzione del Sistema d’informazione visti ( #Vis), il Sistema d’informazione Schengen (#Sis_II) e Dattiloscopia europea (#Eurodac). Poi di nuovo una compagnia spagnola, la #Gmv incaricata di implementare #Eurosur, il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere esterne.

    Prima di oggi le imprese hanno beneficiato del budget di 1,7 miliardi di euro del Fondo per le frontiere esterne della Commissione europea (2007-2013) e del Fondo per la sicurezza interna – frontiere (2014-2020) di 2,76 miliardi di euro. Per il nuovo bilancio Ue (20212027), la Commissione europea ha stanziato 8,02 miliardi di euro al Fondo per la gestione integrata delle frontiere; 11,27 miliardi di euro a Frontex (di cui 2,2 miliardi di euro saranno utilizzati per acquisire e gestire mezzi aerei, marittimi e terrestri) e almeno 1,9 miliardi di euro di spesa totale (20002027) per le sue banche dati di identità e Eurosur (il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere).

    Commentando le ultime notizie dalla frontiera orientale, il presidente della commissione Cei per i migranti, il vescovo Giancarlo Perego, ha usato parole che ben riassumono la deriva del continente dei muri: «Una sconfitta dell’umanesimo su cui si fonda l’Europa, una sconfitta della democrazia. L’Europa dei muri è un’Europa che dimostra di cedere alla paura, un’Europa in difesa da un mondo che cammina». Oppure, per dirla con Papa Francesco, le moderne muraglie sono «una cosa insensata, che separa e contrappone i popoli».

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/una-cortina-di-ferro-per-i-migranti

    #murs #barrières_frontalières #migrations #asile #réfugiés #frontières #complexe_militaro-industriel #business

  • NocoDB | Turns your SQL database into a Nocode platform. Free & Open Source.
    https://nocodb.com

    Open Source #Airtable Alternative
    NocoDB is an open source NoCode platform that turns any #database (MySQL, PostgreSQL, SQL Server, SQLite & MariaDB) into a smart #spreadsheet

    – Search, sort, filter, hide columns with uber ease
    – Create Views : Grid, Gallery, Kanban, Gantt, Form
    – Share Views : public & password protected
    – Personal & locked Views
    – Upload images to cells (Works with S3, Minio, GCP, Azure, DigitalOcean, Linode, OVH, BackBlaze)
    – Roles : Owner, Creator, Editor, Viewer, Commenter, Custom Roles.
    – Access Control : Fine-grained access control even at database, table & column level.

    https://www.youtube.com/watch?v=5oy-U6mmN-8

  • Macron va taper les gens du voyage « là où ça fait mal : au porte-monnaie » | Léa Gasquet et Yann Castanier
    https://www.streetpress.com/sujet/1634289282-macron-amendes-gens-voyage-aire-discriminations-justice-port

    Sarkozy en rêvait, Macron l’a fait : les voyageurs stationnés en dehors des aires d’accueil s’exposent à des amendes de 500 à 1.000 euros. En cas de récidive, ils risquent la prison. Une attaque en règle contre leur mode de vie. Source : StreetPress

  • The removal of airborne #SARS-CoV-2 and other microbial bio#aerosols by air filtration on COVID-19 surge units | medRxiv
    https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.09.16.21263684v1

    #filtrage

    This study examined the effect of air filtration and ultra-violet (UV) light sterilisation on detectable airborne SARS-CoV-2 and other microbial bioaerosols.

    Methods
    We conducted a crossover study of portable air filtration and sterilisation devices in a repurposed surge COVID ward and surge ICU. National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) cyclonic aerosol samplers and PCR assays were used to detect the presence of airborne SARS-CoV-2 and other microbial bioaerosol with and without air/UV filtration.

    Results
    Airborne SARS-CoV-2 was detected in the ward on all five days before activation of air/UV filtration, but on none of the five days when the air/UV filter was operational; SARS-CoV-2 was again detected on four out of five days when the filter was off. Airborne SARS-CoV-2 was infrequently detected in the ICU. Filtration significantly reduced the burden of other microbial bioaerosols in both the ward (48 pathogens detected before filtration, two after, p=0.05) and the ICU (45 pathogens detected before filtration, five after p=0.05).

    Conclusions
    These data demonstrate the feasibility of removing SARS-CoV-2 from the air of repurposed surge wards and suggest that #air filtration devices may help reduce the risk of hospital-acquired SARS-CoV-2.

  • Quand les présidences tournantes de l’Union européenne sont sponsorisées par des multinationales
    https://multinationales.org/Quand-les-presidences-tournantes-de-l-Union-europeenne-sont-sponsor

    Des réunions entre ministres européens avec des bouteilles de #Coca-Cola bien en évidence. Des sites web officiels où les symboles de l’Union européenne se mélangent avec les logos de #sponsors. Des diplomates baladés en #BMW ou en #Renault devant les caméras. Inconcevable, mais vrai : depuis quelques années, l’habitude s’est installée de faire sponsoriser la présidence tournante de l’Union européenne par des grandes entreprises. La France, qui s’apprête à prendre cette présidence pour 6 mois en janvier 2022, n’a pas exclu d’avoir recours elle aussi à des #mécènes privés. L’Observatoire des multinationales s’associe à une pétition lancée par #Foodwatch et #Corporate_Europe_Observatory pour exiger qu’elle y renonce.

    Le 1er janvier prochain, la France prendra pour six mois la Présidence tournante de l’Union européenne. La dernière présidence française remonte à 2008, et le président Emmanuel Macron ne cache pas sa volonté d’en faire une plateforme en vue de sa réelection, dans le cadre de la campagne électorale du printemps prochain.

    Entre-temps, une étrange pratique s’est installée : les États membres qui assurent tout à tour, tous les six mois, le leadership de l’Union européenne ont pris l’habitude faire sponsoriser leur présidence par des grandes entreprises.

    En 2017, la présidence de l’Estonie était sponsorisée par #Microsoft, #Mercedes et BMW, et celle de Malte par les mêmes BMW et Microsoft, plus la compagnie aérienne nationale #Air_Malta. En 2018, la présidence autrichienne de l’Union était sponsorisée par #Porsche, #Audi, Microsoft et quelques autres. En 2019, la Roumanie a fait appel à Coca-Cola, Renault et Mercedes, et la Finlande à BMW. En 2020, la Croatie a accepté les cadeaux de #Peugeot #Citroën et d’une compagnie pétrolière, INA. En 2021, le Portugal a fait sponsoriser sa présidence par plusieurs entreprises nationales, dont l’entreprise papetière The Navigator Companies. Seule exception : l’Allemagne, qui a renoncé en 2020, sous pression de la société civile, de recourir à ce type de sponsorship pour sa présidence.

    Les présidences de l’Union européenne doivent-elles être réduites au même triste sort que les grands événements sportifs ou culturels dans le monde d’aujourd’hui : celui de support pour les #logos de grandes #multinationales ? Au-delà de la publicité offerte à bon marché à leurs produits pas toujours très vertueux (boissons sucrées, voitures individuelles, pétrole), le #sponsoring privé des présidences de l’UE offre à des entreprises comme Renault ou Coca-Cola un accès privilégié aux décideurs, pour mieux faire passer leurs idées et leurs priorités et imposer leur agenda politique.

    La pratique du sponsoring des présidences est décriée de toutes parts : par la société civile, par la Médiatrice de l’Union européenne, et jusque dans les rangs des députés européens macronistes, qui ont demandé au gouvernement français de ne pas y avoir recours. Pourtant, l’option est clairement à l’étude. Au printemps dernier, le secrétaire d’État aux affaires européennes Clément Beaune déclarait à Mediapart : « Il n’y aura pas de financement privé de la présidence, pas de ’sponsorship’. Le seul débat que l’on ouvre, et qui sera mené de manière transparente, c’est de savoir si, sur des sujets ponctuels, il peut y avoir un soutien matériel. Je prends un exemple très concret : qu’un constructeur automobile français prête des voitures électriques pour un événement, parce que cela rentre par ailleurs dans nos priorités pour le climat. C’est le maximum que l’on s’autoriserait, en termes d’implication du monde de l’entreprise. »

    Cette distinction entre soutien financier et soutien en nature est parfaitement hypocrite : la plupart des sponsors passés des présidences tournantes de l’UE ont eux aussi apporté leur soutien en nature. C’est précisément ce qui les intéresse : pouvoir placer leurs produits.

    Toute forme de sponsoring privé des présidences de l’Union européenne est inacceptable. L’#Observatoire_des_multinationales s’associe à Foodwatch et à l’ONG bruxelloise Corporate Europe Observatory pour lancer une pétition en ligne demandant à la France d’être exemplaire et d’envoyer un message fort aux citoyen.nes et aux autres États membres en refusant ces accords douteux, qui n’ont pas leur place dans notre démocratie.

    -> Pour signer la pétition c’est ici : https://www.foodwatch.org/fr/sinformer/nos-campagnes/politique-et-lobbies/lobbies-et-multinationales/presidence-francaise-UE-non-aux-cadeaux-des-entreprises

    #ue #union_européenne #publicité

  • Les cadeaux d’Anne Hidalgo aux milliardaires Bernard Arnault, François Pinault et Xavier Niel
    https://linsoumission.fr/2021/09/07/les-cadeaux-danne-hidalgo-aux-milliardaires-bernard-arnault-francois-p

    La maire de Paris socialiste se prépare à annoncer sa candidature à l’élection présidentielle. Le précédent Président socialiste, François Hollande, s’était fait élire en annonçant que son véritable ennemi serait la finance, pour in fine bien la servir. Le résultat fut l’élection de son pur produit et serviteur, Emmanuel Macron, grâce à qui les intérêts des puissants oligarques milliardaires n’auront jamais été aussi bien défendus dans toute l’histoire de la République. Y a-t-il autre chose à attendre de la probable future candidate Anne Hidalgo ? Cette note vise, à partir de quelques exemples parisiens, d’évaluer à cet égard le bilan de l’action municipale de la maire socialiste vis-à-vis de certains de ces oligarques milliardaires. Et si les amis d’Hidalgo étaient précisément les financiers ? 

    Anne Hidalgo et Bernard Arnault, un vieil idylle
    Commençons par #Bernard_Arnault, l’homme le plus riche de France et la deuxième fortune mondiale. C’est un grand adepte des #paradis_fiscaux, de l’optimisation et de l’évasion fiscale. Si l’homme d’affaire est amateur d’art et collectionneur, son engagement dans le mécénat suit surtout une stratégie visant à améliorer l’image du groupe LVMH et accroître son rayonnement à l’international. 

    Pour le milliardaire, comme pour nombre d’oligarques, il est essentiel de tisser des liens avec le politique, de droite comme de gauche. Et côté #PS, dans l’équipe de #Bertrand_Delanoë - #Anne_Hidalgo, ça tombe bien, c’était un de leurs objectifs. #Christophe_Girard, l’ancien adjoint à la culture et maire du 4e, est en partie à l’époque choisi pour cela. Celui qui fut à #EELV avant de rejoindre le PS a occupé des fonctions de premier plan au sein de la maison #Yves_Saint_Laurent et du groupe #LVMH jusqu’en 2016.

    #Un immense terrain à prix cassé pour la Fondation Vuitton à Paris
    Bernard Arnault avait déjà obtenu pour le groupe LVMH de la Mairie de Paris l’exploitation du jardin d’acclimatation dans le bois de Boulogne par le biais d’une délégation de service public. En 2006, le Conseil de Paris va lui permettre de construire sa “ #Fondation_Vuitton ” qui sera inaugurée en 2014. Une convention de 55 ans au profit de LVMH est établie sur un terrain appartenant à la Ville et jouxtant le jardin d’acclimatation, contre une redevance de 100.000€ par an. Au vu de la superficie de 11.100m2, c’est pas cher payé, soit une redevance de 9€/m2/an.

    À titre de comparaison, la redevance versée par la FFT pour la convention d’occupation de #Roland_Garros est d’environ 60€/m2. La largesse est de taille ! Mais surtout, Bernard Arnault va pouvoir profiter du cadre fiscal du mécénat induit par la loi Aillagon. La Cour des comptes en novembre 2018 a révélé que la construction du bâtiment qui devait initialement coûter 100 millions d’euros va voir sa facture exploser à près de 800 millions d’euros au total. Du fait de l’avantage fiscal permettant de défiscaliser 60% de l’argent investi, il en coûtera 518M€ à l’Etat.

    Le musée des Arts et traditions populaires offert sur un plateau à LVMH
    Celui qui a détruit tant d’emplois, tant de vies et tout le savoir-faire français de l’industrie du textile par sa politique de délocalisation va reprendre, tout un symbole, le musée des Arts et traditions populaires pour en faire sa maison LVMH- Arts-talents-patrimoine… Le bâtiment de l’ancien Musée national des Arts et Traditions populaires qui était installé dans le Bois de Boulogne, lui aussi attenant au jardin d’acclimatation, appartenait à la Ville et avait été concédé à l’État en 1954, par une convention arrivant à échéance en décembre 2014. Ce musée avait été fermé par l’Etat, et ses collections avaient été transférées au MUCEM à Marseille en 2011. Le bâtiment, depuis cette date, avait été laissé sans utilisation, muré en juin 2013 et laissé à l’abandon.

    L’État va finalement verser une indemnité de 10 millions d’euros (un montant visant à permettre de réaliser les travaux de réhabilitation du bâtiment) à la Ville de Paris, pour la reprise du bâtiment. Mais plutôt que de recréer un établissement culturel municipal, certains parlaient d’un musée sur l’esclavage, la ville va le céder à LVMH, sans aucune mise en concurrence pourtant imposée à la moindre association culturelle. Et le “projet culturel”, normalement exigé, sera des plus sommaires. La ville va lui offrir les 10 millions d’euros perçus par L’État et établir une convention d’une durée de 50 ans pour une redevance en retour très faible de nouveau pour le groupe LVMH. Il s’agit de 150.000 euros par an, pour plusieurs milliers mètres carrés de surface, soit environ de nouveau 9€ le m2 par an, plus un faible pourcentage du chiffre d’affaires, alors qu’une partie des activités pratiquées dans le lieu (évènementielles et de restauration) sera très lucrative et bien rentable. A titre de comparaison, le prix des loyers commerciaux le plus faible dans le 16ème arrondissement est au minimum de 270€ le m2 par an… 

    Quand Anne Hidalgo prend la défense de Bernard Arnault contre ATTAC
    Les investissements ont été estimés à 158 millions d’euros, bénéficiant là encore de la règle de la déduction fiscale de 60%, donc largement financés par l’Etat. Bernard Arnault peut donc s’offrir ainsi, grâce aux largesses de la ville et de l’Etat, une “Maison LVMH / Arts – Talents – Patrimoine”, mixant résidence d’artiste, salles d’exposition et de concerts, centre de documentation sur les métiers d’art et un restaurant de 1.000 m2, qui lui permettra, sous prétexte de culture, de valoriser son image. Le domaine LVMH dans le bois de Boulogne est dorénavant une vitrine plus que conséquente, nationale et internationale pour l’empire du luxe du milliardaire. 

    Le 3 juillet, lors de l’inauguration de la réouverture après travaux des magasins emblématiques de #La_Samaritaine, l’association Attac a mené une action non violente, un tag à la gouache et des banderoles pour dénoncer le gang des profiteurs. Pendant la crise sanitaire, alors que la pauvreté explose, ces milliardaires ont en effet augmenté de 68% leur fortune ! Bernard Arnault, lui, a vu ses avoirs personnels augmenter de 62 milliards d’euros, tout en poursuivant des licenciements et ses placements dans les paradis fiscaux ! Mais, Anne Hidalgo, côte à côte avec Emmanuel Macron pour flatter l’indécent milliardaire, fut parmi les premières personnalités politiques à dénoncer le vandalisme de l’association https://linsoumission.fr/2021/07/06/hidalgo-defend-arnault-la-gauche-soutient-attac … En cohérence, elle a choisi son camp, celui des milliardaires fraudeurs du fisc, la gôche anti gouache pro LVMH… https://linsoumission.fr/2021/07/06/hidalgo-defend-arnault-la-gauche-soutient-attac

    Les cadeaux d’Anne Hidalgo à #François_Pinault
    Juste après Bernard Arnault, impossible de ne pas mentionner François Pinault, autre milliardaire. François Pinault a lui aussi utilisé des sociétés écrans situées dans les paradis fiscaux des Antilles néerlandaises pour cacher un quart de sa fortune pendant une vingtaine d’années, évitant ainsi d’être assujetti à l’impôt sur le revenu jusqu’en 1997, sans compter les stratégies d’optimisation fiscale réalisées depuis. 3ème fortune française et 59ème au niveau mondiale en 2012, avec une fortune personnelle estimée à 8,5 milliards de dollars et une fortune professionnelle de 8,1 milliards d’euros, rien que ça. Pour François Pinault, impensable de ne pas accéder lui-aussi à sa propre fondation dans la capitale. Et ce que les milliardaires rêvent à Paris, Anne Hidalgo l’exauce. La maire de Paris lui a ainsi permis de réaliser la #Fondation_Pinault au sein de la Bourse du Commerce. 

    Cette magnifique rotonde datant du XVIIIe siècle avait été cédée par la Ville de Paris à la chambre de commerce et de l’industrie de Paris-Ile-de-France (CCI) en 1949, pour 1 franc symbolique, sous réserve qu’elle y accueille des activités liées à ses missions. Fin de l’été 2015, la municipalité a demandé à la CCI de lui céder cet espace de 13.000 mètres carrés, afin d’y installer une activité emblématique, de visibilité internationale, à côté des Halles : la fondation Pinault. En janvier 2016, alors que la CCI se retrouve financièrement au plus mal, à prévoir plus de 300 licenciements, la Ville de Paris a fait une proposition de rachat jugée satisfaisante par la chambre, laquelle se verrait céder en pleine propriété un bâtiment de 14.000 mètres carrés près de République, dont elle est concessionnaire depuis 1914. L’opération va coûter 86 millions d’euros à la ville de Paris et un dédommagement de 21 millions d’euros pour la CCI ! 

    La ville, là encore, établit pour le milliardaire collectionneur, un bail emphytéotique pour 50 ans, pour un loyer annuel de 15 millions d’euros les deux premières années. Mais ce montant pouvant sembler être impressionnant revient à 1150€/m2/an, soit un loyer bien inférieur aux fourchettes hautes dans le quartier des loyers commerciaux qui sont plus autour de 2589€/m2/an. Et d’emblée, la ville a promis des loyers beaucoup moins élevés pour les années suivantes afin de tenir compte des travaux engagés. Les coûts d’entretien et d’investissement de ce site seraient très élevés (12,3 millions d’euros entre 2009 et 2015, 4 millions nécessaires pour une mise aux normes d’urbanisme et d’accueil du public). Mais François Pinault, en bon mécène désintéressé comme Bernard Arnault, sait user lui aussi de la loi Aillagon de défiscalisation de l’argent investi dans la fondation. Ces milliardaires savent défendre leurs intérêts au point de réussir à les faire passer pour de l’intérêt général ! 

    Les liens d’Anne Hidalgo avec Unibail-Rodamco-Westfield, le premier groupe coté de l’immobilier commercial au monde
    Sans chercher à être exhaustif, on ne peut traiter du rapport d’Anne Hidalgo avec les milliardaires et les grandes entreprises au top dans la financiarisation capitaliste sans traiter d’ #Unibail-Rodamco-Westfield , le premier groupe coté de l’immobilier commercial au monde. 

    Avant d’être Maire de Paris, Madame Hidalgo a été 1ère adjointe de Bertrand Delanoë de 2001 à 2014. Un des gros dossiers d’urbanisme de l’équipe municipale fut celui des Halles. Si les débats à l’époque ont surtout porté sur les aspects esthétiques et la Canopée, l’opération de rénovation des #Halles prévoyait surtout une immense braderie, puisque ce bâtiment emblématique de Paris, porte d’entrée dans la capitale via les immenses stations de métro et RER qu’il abrite, au profit de l’entreprise Unibail.

    Cette cession du centre commercial, qui a eu lieu en 2010-2011, a profité de manière aberrante à l’entreprise, aux dépens de la collectivité : la Ville a ainsi réalisé 1 milliard de travaux dans le bâtiment avant de le céder (sans contribution d’Unibail, alors que l’entreprise devait initialement contribuer pour 238M€ aux travaux, mais ce concours a été annulé). Elle cède pour 142 millions un centre commercial qui doit en valoir dans les 700 millions selon l’évaluation de la CRC en 2018, qui estime que “le réaménagement des Halles a profité de manière déséquilibrée à Unibail-Rodamco(-Westfield) potentiellement au détriment 1) des finances de la Mairie et 2) de l’intérêt public considéré plus généralement.”)

    De plus, la surface commerciale a été étendue, ce qui accroît la marchandisation aux dépens de l’intérêt général et notamment à l’encontre des revendications des riverains.

    Les liens de Mme Hidalgo et de son équipe avec cette entreprise ne s’arrêtent pas là : en effet, elle a décidé en 2014 de permettre à #Unibail de construire au coeur du Parc des expositions qui était déjà délégué en délégation de service public à Viparis, filiale d’Unibail, la gigantesque Tour Triangle, bâtiment anti-écologique, contesté par les riverains, des élu.es (comme #Alexis_Corbière et moi-même à l’époque et les élu.es écologistes) et spéculatif. D’après un rapport de la CRC, publié en juin 2020, on a appris de plus que la Ville avait dans le cadre de ce projet offert un cadeau de 263 millions d’euros, sans raison, à l’entreprise Unibail !

    En effet, en 2014, la Ville a résilié de manière anticipée le contrat de délégation du Parc des expositions qui la liait à Unibail, afin de signer un nouveau contrat intégrant la présence de la future Tour Triangle. La résiliation a été l’occasion d’une indemnisation d’Unibail à hauteur de 263 millions d’euros, pour le dédommager de cette résiliation anticipée… C’est pourtant l’entreprise Unibail le premier bénéficiaire, puisqu’elle a obtenu le nouveau bail du Parc des expositions et de la Tour triangle, pour une durée de 50 ans ! Après la braderie des Halles à Unibail en 2011, c’est un nouveau cadeau injustifié fait par la Ville à cette multinationale, qui va déjà profiter de larges bénéfices du fait du projet de Tour triangle (si le projet voit le jour car il est tellement à contre temps !) et qui a, selon les termes de la CRC, “durablement renforcé sa situation sur son secteur d’activité”.

    Pour rendre concret ce montant, avec 263 millions d’euros on pourrait très très largement héberger et garantir un accompagnement social à l’ensemble des sans-abris parisiens et mal logés pendant 5 ans !

    De plus, avec un loyer de 2 millions d’euros par an pour une durée de 80 ans (et 8 millions versés à la livraison du bâtiment), la convention est assez généreuse : rien que les 77.000m2 de bureaux prévus peuvent permettre à Unibail d’engranger environ 80 millions d’euros par an, montant qui n’inclut pas les bénéfices liés à l’espace de conférences, à l’hôtel de luxe, aux locaux commerciaux en pied d’immeuble.

    Anne Hidalgo et Xavier Niel
    Dernier exemple pour la route dans cette note, parlons des largesses de la ville avec #Xavier_Niels et sa station F. Non content de faire de la capitale la vitrine des milliardaires, du luxe, de la transformer en centre commercial géant, l’équipe municipale d’Anne Hidalgo entend en faire une vitrine de l’innovation, la capitale des #start-up, de quoi faire rougir de plaisir Emmanuel Macron qui s’auto présente comme le Président de la start-up Nation. 

    L’équipe se tourne naturellement vers un autre milliardaire, Xavier Niel. Il est le fondateur et actionnaire principal d’ #Iliad, groupe de télécommunications français, maison mère du fournisseur d’accès à internet #Free et de l’opérateur de téléphonie mobile #Free_mobile. C’est aussi un parisien qui vit par ailleurs dans un somptueux palais dans le 16e arrondissement. 

    Pour monter la station F, plus grand incubateur numérique à start-up d’Europe, la SNCF va céder la #Halle_Freyssinet à la Ville de Paris qui la cède ensuite au groupe Free en 2016 pour 70 millions d’euros, soit pour 1800€ le m2 dans une zone où au même moment le prix du m2 avoisinait les 8000 €. 

    Pur hasard ? #Jean-Louis_Missika, l’adjoint d’Anne Hidalgo à l’urbanisme durant la précédente mandature, celui qui pilota en grande partie sa campagne municipale “Paris en commun”, très actif sur ce dossier, avait auparavant travaillé comme lobbyiste auprès de Free et de Xavier Niel…C’est vrai qu’il avait été en grande partie choisi pour avoir siégé dans une cinquantaine de conseil d’administration de grande entreprises et notamment chez free. Son soutien lors de la présidentielle à Emmanuel Macron n’avait en aucun cas entaché leur collaboration politique.

    Si la station F peine à fidéliser les 1000 start-up promises du fait de nombreuses difficultés pour garantir l’efficacité des services promis et de bonnes conditions matérielles (même le wifi dysfonctionne, quel comble pour le patron de Free !), la gare de la start-up nation-capitale accueille de beaux voyageurs, comme le fondateur d’ #Airbnb, la numéro 2 de #Facebook, le PDG de #Microsoft… Le jour de l’inauguration du lieu, le 29 juin 2017, en présence d’Emmanuel Macron, fut précisément le même jour où celui-ci avait déclaré “Une gare, c’est un lieu où on croise les gens qui réussissent et les gens qui ne sont rien.”

    Par Danielle Simonnet.

    #paris #Saccage2024 #anne_hidalgo #ps #enMarche #paris #jo du #fric

  • Cent projets de start-up pour renforcer le service public
    https://www.lefigaro.fr/entrepreneur/cent-projets-de-start-up-pour-renforcer-le-service-public-20210905

    L’État est devenu incubateur de jeunes pousses. À Bercy, l’une d’elles, Signaux Faibles, est censée mieux détecter les entreprises en difficulté.

    Pour faire bouger l’État, il y a les vastes réflexions sur les nouveaux enjeux du service public et les petits pas concrets. Le programme Beta.gouv suit clairement la seconde voie. Il vise à « aider les administrations publiques à améliorer le service public de l’intérieur grâce au numérique » en s’appuyant sur des start-up d’État, c’est-à-dire des services innovants incubés au sein des ministères ou des administrations.

    Concrètement, il s’agit de donner aux fonctionnaires, à l’esprit entrepreneur et au projet solide, les moyens financiers et le temps pour développer leurs idées de nouveaux outils internet tournés vers les usagers. Ces incubateurs inspirés du privé permettent ainsi à l’État de valoriser ses agents les plus innovants, mais aussi de mobiliser l’expertise de jeunes informaticiens, codeurs, qui, sans cette promesse de souplesse et d’autonomie dans le travail, n’auraient jamais pensé rejoindre la direction d’un ministère.

    La suite payante, mais à lire : Start-up nation : quand l’État programme son obsolescence Jules Brion https://seenthis.net/messages/926470

    #start-ups #France #État_français #schumpeters #entreprenariat. #jeunes_pousses #start-up_nation #French_Tech #Fleur_Pellerin #Innovation #Économie_numérique #French_Tech_Visa #licornes #innovation #subventions #réindustrialisation #bpi #Banque_Publique_d_Investissement #Caisse_des_Dépôts_et_Consignations #CDC #conversion_numérique #Transition_numérique #Cedric_O #passerelles_public-privé #SATT #Italie #mythe #chômage #désindustrialisation #qwant #souveraineté_technologique #start-up_mania #chômage_structurelle #plateformisation #Uber #Deliveroo #code_du_travail #Aircall #Voodoo #Tencent #healthtech #Owkin #Lucine #Icade #agents_publics #zeitgeist #Doctolib #AP-HP #COVID-19 #financiarisation #burn_rate #Theranos #Rifft #The_camp #AirBnb #Lyft #pyramide-de_Ponzi #néolibéralisme #économie_disruptive #services_publics

  • Main basse sur les terres agricoles

    Un producteur de #fraises, un sulfureux homme d’affaires marseillais spécialisé dans les #énergies_renouvelables, un fonds d’investissement allemand, l’ancien président du conseil départemental. Tels sont les acteurs de la rocambolesque histoire des #serres_photovoltaïques de #Bourgneuf-en-Mauges. Ou la preuve que lorsque les financiers veulent faire main basse sur l’#agriculture, tout part souvent en déconfiture.

    https://latopette.fr
    #terres #accaparement_des_terres #France

    C’est dans le numéro de septembre, où il y a aussi un article sur les #aires_d'accueil, d’ailleurs...

    ping @odilon

  • #Airborne transmission of respiratory viruses | Science
    http://science.sciencemag.org/content/373/6558/eabd9149.full

    The COVID-19 pandemic has revealed critical knowledge gaps in our understanding of and a need to update the traditional view of transmission pathways for respiratory viruses. The long-standing definitions of droplet and airborne transmission do not account for the mechanisms by which virus-laden respiratory droplets and aerosols travel through the air and lead to infection. In this Review, we discuss current evidence regarding the transmission of respiratory viruses by aerosols—how they are generated, transported, and deposited, as well as the factors affecting the relative contributions of droplet-spray deposition versus aerosol inhalation as modes of transmission. Improved understanding of aerosol transmission brought about by studies of severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2) infection requires a reevaluation of the major transmission pathways for other respiratory viruses, which will allow better-informed controls to reduce airborne transmission.

  • Haute-Garonne : il commande un iPhone sur Leboncoin pour plus de 250 euros, il reçoit un pot de ratatouille
    https://www.francetvinfo.fr/faits-divers/haute-garonne-il-commande-un-iphone-sur-leboncoin-pour-plus-de-250-euro

    La victime prévoit de porter plainte et espère être remboursé par le site de ventes en ligne.

    Un habitant de Saint-Lys (Haute-Garonne), au sud-ouest de Toulouse, a subi une arnaque sur le site de ventes en ligne Leboncoin il y a quelques jours, en recevant un pot de ratatouille en lieu et place d’un iPhone, rapporte France Bleu Occitanie lundi 23 août.

    Cet homme avait payé l’iPhone 11 pour un montant de 264 euros, à un vendeur privé. Le règlement, selon lui, s’est fait via paiement sécurisé sur le site internet. Quelques jours plus tard, dans le colis reçu en point relais, il ne s’agissait pas du smartphone, mais d’un pot de ratatouille.

    L’acheteur a alors recontacté le vendeur qui n’a rien voulu savoir. Ce dernier, qui a déposé le colis dans un relais de Seine-et-Marne, assure avoir envoyé l’iPhone. La victime prévoit de porter plainte à la gendarmerie de Saint-Lys et il espère être remboursé par Leboncoin.

    #leboncoin.fr #humour #ebay #algorithme #airbnb #profiling #amazon #petites_annonces

  • Start-up nation : quand l’État programme son obsolescence Jules Brion
    https://lvsl.fr/start-up-nation-quand-letat-programme-son-obsolescence

    Depuis de nombreuses années, les start-ups françaises peuvent se targuer d’avoir à leur disposition de nombreuses subventions publiques et un environnement médiatique favorable. Partant du postulat que la puissance privée est seule capable d’imagination et d’innovation, l’État français finance à tour de bras ces « jeunes pousses » dans l’espoir schumpéterien de révolutionner son économie. Cette stratégie économique condamne pourtant la puissance publique à l’impuissance et à l’attentisme.


    Emmanuel Macron, alors ministre de l’Economie, promouvant la “French Tech” au Consumer Electronics Show de Las Vegas en 2016. © Christophe Pelletier

    En 2017, Emmanuel Macron avait largement axé sa campagne présidentielle sur un discours général favorable à l’entreprenariat. La stratégie économique française valorise ainsi la création de nouvelles entreprises, dites jeunes pousses ou start-ups. En avril 2017, le futur président français assène qu’une « start-up nation est une Nation où chacun peut se dire qu’il pourra créer une start-up. Je veux que la France en soit une ». Ces entités ont pour vocation de proposer des technologies de ruptures disruptives, selon l’expression de l’économiste américain Clayton Christensen, c’est-à-dire une redéfinition des règles du jeu économique venant remplacer les anciens schémas de pensée.

    Cette configuration institutionnelle favorable aux start-ups n’est cependant pas apparue subitement lors de la dernière présidentielle. Le label French Tech est en effet lancé dès 2013 par Fleur Pellerin, alors Ministre déléguée chargée des Petites et moyennes entreprises, de l’Innovation et de l’Économie numérique. Ce programme a pour ambition de développer les jeunes pousses hexagonales. Les successeurs de Fleur Pellerin vous tous accompagner et poursuivre ce mouvement d’effervescence : en 2015 sont lancés le French Tech Ticket ainsi que le French Tech Visa en 2017.

    Ce discours s’accompagne d’un appel à créer le plus de licornes possibles : des start-ups valorisées sur les marchés à plus d’un milliard d’euros. Alors que la France compte 3 licornes en 2017, ce chiffre est passé à 15 en 2020. Le gouvernement espère qu’il en sera crée 10 de plus d’ici 2025. Ce constant appel à l’innovation s’inspire de l’exemple israélien, parangon de la start-up nation, qui compte une jeune pousse pour 1400 habitants. Poussé par l’afflux de liquidités fourni par son ministère de la défense, l’État hébreux s’est lancé très tôt dans cette stratégie économique. Les nombreuses start-ups qui y sont créées permettent à Israël de mieux peser sur la scène internationale : son secteur de l’innovation représente 10% de son PIB et près de la moitié de ses exportations.

    De l’État providence à l’État subventionneur
    Toutes ces entreprises ne se sont pas créées d’elles-mêmes. Pour leur écrasante majorité, elles ont largement été financées par la puissance publique. Dès 2012, tout un écosystème institutionnel favorable à l’entreprenariat individuel est mis en place. En pleine campagne présidentielle, François Hollande promet une réindustrialisation rapide et efficace de la France. Afin d’atteindre cet objectif ambitieux, ce dernier entend créer « une banque publique d’investissement qui […] accompagnera le développement des entreprises stratégiques ». Quatre mois plus tard naît la Banque Publique d’Investissement (BPI), détenue par la Caisse des Dépôts et des Consignations (CDC) ainsi que par l’État. La BPI a pour mission de « financer des projets de long terme » et d’œuvrer à la « conversion numérique » de l’Hexagone. Très vite, l’institution devient un outil permettant à l’État de financer massivement les start-ups. La BPI subventionne ainsi le label French Tech à hauteur de 200 millions d’euros et est actionnaire de nombreuses start-ups françaises.

    Comme le pointe un rapport publié par Rolland Berger, une grande majorité des entreprises du French Tech Next 40/120 — un programme regroupant les start-ups françaises les plus prometteuses — a reçu des prêts et des subventions de la puissance publique. On estime ainsi que 89% de ces entreprises ont reçu une aide indirecte de la BPI ! En pleine crise sanitaire, l’institution obtient plus de 2 milliards d’euros pour soutenir ces entreprises innovantes tandis que 3,7 milliards du plan de relance décidé en 2020 par le gouvernement a été fléché vers la création et l’aide aux start-ups. Cedric O, Secrétaire d’État chargé de la Transition numérique, confirme ainsi qu’il « va y avoir des opportunités suite à la crise [sanitaire], tout comme celle de 2008 ».

    Pour autant, l’État français ne soutient pas ses start-ups uniquement sur le plan financier. La loi Pacte de 2019, en continuité avec la loi Allègre de 1999, facilite les passerelles public-privé et encourage les chercheurs à créer des entreprises. Ces dispositions législatives permettent à des recherches menées et financées grâce à de l’argent public d’être « valorisées », c’est-à-dire en réalité privatisées, par le secteur lucratif. Des Sociétés d’Accélération du Transfert de Technologies (SATT) ont été créées pour accélérer ce processus dans de nombreuses universités. Plus de 250 start-ups ont été développées par le prisme de ce réseau depuis 2012. L’Union européenne n’est pas en reste dans cette stratégie de soutien massif aux « jeunes pousses ». Sa stratégie Horizon 2020, un programme de 79 milliards d’euros étalé entre 2014 et 2020, dédiait 20% de son budget à la création de start-ups. Pléthore de pays européens se tournent eux aussi vers des stratégies de numérisation de l’économie, souvent via un soutien sans faille aux start-ups. En 2012, le ministre italien de l’économie, sous le gouvernement du technocrate Mario Monti, a promulgué une loi qui a permis à l’État italien de dépenser 200 millions d’euros pour aider les jeunes entreprises du pays, dans le but de « promouvoir la mobilité sociale ». Depuis 2019, le fonds national pour l’innovation italien a dépensé 245 millions d’euros pour subventionner 480 start-ups.

    Le mythe des start-ups souveraines et créatrices d’emplois
    Si les nations européennes axent autant leurs stratégies économiques sur le développement des start-ups, c’est avant tout car cette politique permet aux États de prétendre agir dans des domaines clefs où leur incurie a mainte fois été pointée du doigt : la lutte contre le chômage de masse et la mise en place d’une souveraineté technologique. 

    Nombre de médias se sont ainsi fait le relais de la start-up mania, louant la capacité de la French Tech à « créer 224.000 nouveaux emplois d’ici à 2025 » et à être le « fer de lance de l’économie ». Ces jeunes pousses permettraient de créer jusqu’à « 5,2 emplois indirects qui dépendent de [leur] activité » et d’œuvrer à la réindustrialisation de la France. Ce constat mérite pourtant d’être nuancé. Comme cela a déjà été évoqué, la start-up mania s’accompagne d’une aide inconditionnelle de l’État français par le prisme de la BPI. Pourtant, comme l’ont analysé nos confrères du Média, le bilan de l’institution est tâché de nombreux scandales. La banque, dès sa création, n’a pas été pensée comme un organisme capable de contenir et d’endiguer la désindustrialisation de l’Hexagone. M. Moscovici, alors ministre des finances, déclarait ainsi en 2012, que « la BPI n’est pas un outil défensif, c’est un outil offensif, n’en faisons pas un pompier ».

    L’institution est en effet souvent demeurée indifférente aux plans de licenciements et en a même favorisé certains comme le confirment les exemples des entreprises Veralia et Arjowiggins. Une loi du 23 mars 2020 a quant à elle permis d’ouvrir le conseil d’administration de l’institution à des acteurs privés, laissant une fois de plus planer le doute sur la capacité et la volonté de la banque publique d’agir pour le bien commun.

    Il est également permis de rester sceptique face à une stratégie de réduction de chômage structurelle se basant principalement sur le soutien à des start-ups qui participent à la « plateformisation » de notre économie. En proposant de mettre en contact clients et professionnels, des entreprises telles que Uber ou Deliveroo s’évertuent à détruire code du travail et régulations étatiques. Alors qu’elles sont vendues comme des instruments permettant de lutter contre le chômage, ces start-ups ne peuvent exister et espérer devenir rentables que par une grande flexibilité et en excluant leurs travailleurs du salariat. Le gouvernement socialiste espagnol vient ainsi récemment de légiférer afin de contrôler ces géants de l’économie de plateforme, permettant de conférer un statut de salarié aux livreurs qui étaient considérés comme des travailleurs indépendants. À peine la nouvelle annoncée, Deliveroo a annoncé qu’elle comptait mettre fin à ses activités dans le pays, tandis que ses concurrents Stuart, Glovo et UberEats critiquaient cette décision qui va mettre « en danger un secteur qui apporte 700 millions d’euros au PIB national ».

    En somme, la France semble avoir abandonné toute stratégie ambitieuse de réduction du chômage de masse. Plutôt que de défendre le droit de tout citoyen à obtenir un emploi, inscrit dans le préambule de la Constitution de 1946, l’État dépense des sommes faramineuses afin d’encourager la création d’entreprises à l’avenir très incertain. Dans cette politique qui s’apparente à un véritable choix du chômage, les citoyens sont appelés à innover alors même que les multiples causes du chômage structurelle sont éludées. Pour autant, cette incurie étatique ne date ni du quinquennat Hollande ni du mandat du président Macron : Raymond Barre déclarait en 1980 que « les chômeurs pourraient essayer de créer leur entreprise au lieu de se borner à toucher les allocations de chômage ! ».

    NDLR :  Pour en savoir plus sur les choix politiques et économiques ayant conduit à un chômage de masse persistant, lire sur LVSL l’interview de Benoît Collombat par le même auteur https://lvsl.fr/le-choix-du-chomage-est-la-consequence-de-decisions-neoliberales-entretien-avec : « Le choix du chômage est la conséquence de décisions néolibérales ».

    Outre l’argument des créations d’emplois, le soutien aux start-ups est également justifié par une nécessaire préservation de la souveraineté nationale. Dès qu’éclate en 2013 l’affaire Snowden, la préservation de la vie privée et la souveraineté technologique deviennent des préoccupations politiques majeures. Des entrepreneurs ont profité de ce phénomène pour proposer des technologies souveraines capables de réduire l’impuissance des nations européennes face à l’espionnage de masse. Les États comme la France vont alors largement baser leur politique de défense de la souveraineté nationale par un soutien massif à des start-ups.

    L’exemple de l’entreprise Qwant est sur ce point éloquent tant il permet de montrer les insuffisances et les impasses d’une telle approche. Fondée en 2011 par Jean-Manuel Rozan, Eric Léandri et Patrick Constant, l’entreprise se rêve en « Google français » en proposant un moteur de recherche souverain. Alors que la société n’est pas loin de la faillite, l’affaire Snowden lui permet de faire un large lobbying au sein des institutions françaises. Ces efforts seront rapidement récompensés puisque la Caisse des Dépôts et des Consignations investit en 2017 plus de 20 millions d’euros dans le projet tout en détenant 20% de son capital. En janvier 2020, l’État annonce même que Qwant est désormais installé sur les postes informatiques de l’administration publique. Pourtant, force est de constater que cette aide massive n’a pas permis de bâtir un moteur de recherche réellement souverain : en 2019, soit sept ans après sa création, Qwant utilise la technologie de Bing (Microsoft) dans 75% des recherches effectuées. Une note de la Direction interministérielle du numérique (DINUM) pointe également les nombreuses failles de l’entreprise, tels que les salaires mirobolants de ses dirigeants et les nombreux problèmes techniques du logiciel utilisé par Qwant, qui laissent perplexe quant au soutien massif que lui prodigue l’État. Plus largement, rien n’indique qu’une entreprise créée sur le sol français ne tombera pas aux mains de fonds d’investissements étrangers : parmi les licornes « françaises », la start-up Aircall (téléphonie via IP) est détenue à majorité par des acteurs non-français, tandis que Voodoo (jeux vidéo) a fait rentrer le géant chinois Tencent à son capital.

    Quand les start-ups remplacent l’État
    Le recours aux start-ups s’explique également par une prétendue incapacité de l’État à innover, à comprendre le marché et à « prendre des risques ». Ce mythe, pourtant déconstruit méthodiquement par l’économiste Mariana Mazzucato dans The Entrepreneurial State (paru en français en 2020), laisse penser que seul le secteur privé est capable de faire évoluer nos activités économiques et donc de créer des emplois. Comme l’analyse l’auteure, « le « retard » de l’Europe par rapport aux États-Unis est souvent attribué à la faiblesse de son secteur du capital-risque. Les exemples des secteurs de haute technologie aux États-Unis sont souvent utilisés pour expliquer pourquoi nous avons besoin de moins d’État et de plus de marché ». Nombre de start-ups se servent de ce mythe auto-réalisateur pour légitimer leur activité.

    Il est intéressant de noter que cette mentalité a également imprégné les dirigeants d’institutions publiques. Un rapport de la CDC ayant fuité en 2020 et prétendant redéfinir et révolutionner la politique de santé française chantait les louanges du secteur privé, des partenariats public-privé et de 700 start-ups de la healthtech. La puissance publique finance volontiers des jeunes pousses du domaine de la santé, à l’image d’Owkin, qui utilise l’intelligence artificielle pour traiter des données médicales, ou encore Lucine qui, grâce à des sons et des images, revendique la capacité de libérer des endorphines, de la morphine ou de l’adrénaline. La CDC détient également 38,8% d’Icade santé, un des acteurs majeurs du secteur privé et lucratif de la santé en France. De fait, les start-ups médicales s’immiscent de plus en plus au sein des institutions privées, à l’image d’Happytal, financé à hauteur de 3 millions d’euros par la BPI, qui propose à prix d’or aux hôpitaux des services de pré-admission en ligne ou de conciergerie de patients hospitalisés. Pour encourager les jeunes pousses à envahir les hôpitaux publics, la puissance publique va jusqu’à prodiguer, via un guide produit par BPI France https://www.lemediatv.fr/articles/2021/bpi-france-banque-publique-interets-prives-letat-livre-la-sante-aux-financ , des conseils pour entrepreneurs peu scrupuleux expliquant comment passer outre des agents publics dubitatifs et méfiants qui ont « tendance à freiner les discussions » !

    Ainsi, comme l’analyse Mariana Mazzucato, « c’est donc une prophétie auto-réalisatrice que de considérer l’État comme encombrant et uniquement capable de corriger les défaillances du marché ». Pourtant, les start-ups ne pullulent pas uniquement grâce à ce zeitgeist favorable à l’entreprenariat, mais profitent directement de l’incapacité de l’État à fournir des services à ses citoyens, renforçant d’autant plus le mythe évoqué par Mariana Mazzucato. L’exemple de l’attribution à Doctolib du vaste marché de la prise de rendez-vous en ligne des Hôpitaux de Paris (AP-HP) en 2016 est révélateur de ce phénomène : devenu incapable de fournir un service public de prise de rendez-vous, l’État a dû confier les données de santé de millions de français à cette start-up française. La même expérience s’est répétée lors de la prise des rendez-vous de la vaccination contre le COVID-19, qui ont permis à l’entreprise d’engranger des millions de nouveaux clients sans aucune dépense de publicité.

    Vers une bulle spéculative ?
    Outre les questions que soulève le soutien massif de l’État français aux jeunes pousses du numérique, il convient également de se poser la question de la crédibilité économique de ces entreprises. En effet, il apparaît que nombre de ces sociétés participent à la financiarisation de nos activités économiques et deviennent des actifs spéculatifs et instables. Plus que de « changer le monde », un créateur de start-up recherche principalement à réaliser un « exit », c’est-à-dire à réaliser une belle plus-value via le rachat ou l’entrée en bourse de son entreprise. Dans un climat hostile et instable — on estime que seulement 20 % des jeunes pousses réussissent cet « exit » — les entrepreneurs sont poussés à dilapider le plus rapidement l’argent qu’ils ont à leur disposition. Cette stratégie, dénommée burn rate, est souvent perçue comme une perspective de croissance future par les investisseurs.

    De plus, les entrepreneurs sont souvent poussés à embellir leurs entreprises en exagérant le potentiel des services qu’elles proposent, voire en mentant sur leurs résultats, comme le montrent les exemples de Theranos (tests sanguins soi-disant révolutionnaires), Rifft (objets connectés) ou The Camp (technopôle provençal en perdition adoubé par M. Macron). Cela conduit les start-ups technologiques à avoir un ratio de valorisation sur chiffre d’affaires très élevé. Alors qu’il n’est que de 2,6 fois pour Amazon, c’est-à-dire que la valorisation boursière de l’entreprise n’excède « que » de 2,6 fois son chiffre d’affaires, ce nombre atteint plus de 50 pour certaines licornes. Pour AirBnb, la troisième licorne mondiale valorisée à 25,5 milliards de dollars, le chiffre est par exemple de 28,6. Alors que dans une entreprise traditionnelle la valeur des actions est estimée par les investisseurs en fonction de l’estimation des bénéfices futurs d’une entreprise, ce chiffre est très largement secondaire dans les levées de fonds de start-ups. Ainsi, de nombreuses licornes ne prévoient pas à court ou moyen terme de réaliser des bénéfices. L’entreprise Lyft a par exemple enregistré l’an dernier une perte de 911 millions de dollar, tandis qu’Uber a perdu 800 millions de dollars en un trimestre. On estime que sur les 147 licornes qui existent autour du globe, seulement 33 sont rentables. En somme, les investisseurs s’intéressent principalement à la capacité d’une start-up à produire une masse d’utilisateurs la plus large possible. Ce phénomène justifie des dépenses gargantuesques par ces mastodontes de l’économie de plateforme : Lyft a dépensé 1,3 milliard de dollars en marketing et en incitations pour les chauffeurs et les coursiers en 2018. Cet écosystème très instable a toutes les chances de participer à la création d’une bulle spéculative sous la forme d’une pyramide de Ponzi. En effet, si nombre de ces entreprises sont incapables à moyen terme de produire un quelconque bénéfice, que leurs actifs sont surévalués et que les règles du jeu économique poussent les entrepreneurs à dépenser sans compter tout en accentuant excessivement les mérites de leurs produits, les marchés financiers risquent de connaître une nouvelle crise technologique comparable à celle de 2001.

    La stratégie économique de soutien massif aux start-ups adoptée par l’État français s’apparente ainsi fortement à une politique néolibérale. En effet, comme ont pu l’analyser Michel Foucault et Barbara Stiegler, le néolibéralisme, loin d’être favorable à un État minimal, comme le libéralisme classique, prône l’émergence d’un État fort capable de réguler l’économie et d’adapter les masses au sens de l’évolution capitaliste ; c’est-à-dire aux besoins du marché. Ce constat conduit l’auteure d’Il faut s’adapter (Gallimard, 2019) à affirmer que « la plupart du temps les responsables de gauche caricaturent ainsi le néolibéralisme en le prenant pour un ultralibéralisme lointain […] si bien que dès qu’un gouvernement fait appel à plus l’État, ces responsables croient que ça signifie que la menace ultralibérale a été repoussée ». De fait, plutôt que de considérer de facto une politique de soutien aux start-ups comme souhaitable et efficace, il conviendrait de rester prudent vis-à-vis de ce genre d’initiative. Une telle attitude serait d’autant plus vertueuse qu’elle permettrait de comprendre que « l’économie disruptive », loin de dynamiter les codes du secteur économique, imite sans scrupule les recettes du « monde d’avant ». Les concepts flous de « start-up » ou de « technologies de ruptures » y sont les nouveaux arguments d’autorité justifiant la destruction de nos écosystèmes, la disparition des petites entreprises et des services publics et la précarisation de pans entiers de la populations.

    NDLR :  Pour en savoir plus sur la différence entre libéralisme et néolibéralisme, lire sur LVSL https://lvsl.fr/limperatif-neoliberal-de-ladaptation-par-barbara-stiegler l’article réalisé par Vincent Ortiz et Pablo Patarin : L’impératif néolibéral de « l’adaptation » : retour sur l’ouvrage de Barbara Stiegler.

    #start-ups #France #État_français #schumpeters #entreprenariat. #jeunes_pousses #start-up_nation #French_Tech #Fleur_Pellerin #Innovation #Économie_numérique #French_Tech_Visa #licornes #innovation #subventions #réindustrialisation #bpi #Banque_Publique_d_Investissement #Caisse_des_Dépôts_et_Consignations #CDC #conversion_numérique #Transition_numérique #Cedric_O #passerelles_public-privé #SATT #Italie #mythe #chômage #désindustrialisation #qwant #souveraineté_technologique #start-up_mania #chômage_structurelle #plateformisation #Uber #Deliveroo #code_du_travail #Aircall #Voodoo #Tencent #healthtech #Owkin #Lucine #Icade #agents_publics #zeitgeist #Doctolib #AP-HP #COVID-19 #financiarisation #burn_rate #Theranos #Rifft #The_camp #AirBnb #Lyft #pyramide-de_Ponzi #néolibéralisme #économie_disruptive #services_publics

    • Paris - 29 Mars 2021 : Think Tec Summit, 10 000 start_ups pour changer le monde ! (Cérémonie).
      https://10kstartups-pour-changer-le-monde.fr

      La Tech au coeur de la relance économique ? 
Financement, impact, hypercroissance, Covid-19, jeunesse et relance, mixité, relocalisations dans les territoires d’industrie, biotech, souveraineté…
      Le 29 mars, La Tribune réunit l’ensemble de l’écosystème tech au Grand Rex de Paris pour le Think Tech Summit, l’événement de référence qui pense le futur de la French Tech, comme moteur de la relance, comme tremplin d’emplois, comme modèle d’insertion.
      https://www.youtube.com/watch?v=Xl3G02GYyY8

      15h00 - Keynote : Où va la French Tech ?
      15h20 - 11 licornes, et après ? Les défis de l’hypercroissance
      15h50 - Vaccins, médicaments : comment faire grandir les biotech ?
      16h20 - KEYNOTE : L’international avec Business France
      16h30 - La startup nation, moteur de la Relance ?
      17h00 - La tech peut-elle relancer les territoires d’industrie ?
      17h30 - KEYNOTE : Les startups contre Apple, un enjeu de concurrence
      17h45 - Cleantech, Enertech : quelles innovations de rupture ?
      18h15 - La souveraineté peut-elle se gagner par la technologie ?
      18h45 - KEYNOTE : Les années 20 seront exubérantes !
      19h00 - Cérémonie 10K
      20h00 - After Work « Think Tech Summit »

      L’apothéose d’une tournée dans toute la France et en Outre-Mer, pendant laquelle La Tribune et son jury d’experts ont entendu 180 pitchs et primé 48 lauréats dans six catégories.

  • Smoking guns. How European arms exports are forcing millions from their homes

    The #nexus between the arms trade and forced displacement is rarely explored and the role of European arms trade policies that facilitate gross human rights violations in third countries is often absent from displacement and migration studies. This report joins the dots between Europe’s arms trade and forced displacement and migration.

    Key findings

    - Arms and military equipment manufactured and licensed in Europe and sold to third countries provokes forced displacement and migration. This arms trade is motivated by how highly lucrative the industry is and current control and monitoring mechanisms facilitate rather than curtail problematic licensing and exportation.

    – The arms trade is political and is driven by profit but is under-regulated. Although other sectors, such as food and agriculture, do not undermine the fundamental right to life and other human rights in the same way that the arms trade does, they are far more stringently regulated.

    - It is possible to methodically trace arms, military equipment and technology, from the point of origin and export to where these were eventually used, and document their devastating impact on the local population. The report confirms beyond any reasonable doubt that European arms are directly used not to defend populations or to enhance local or regional security as is often claimed, but to destabilise entire countries and regions.

    - The arms industry is involved in clear violations of non-transfer clauses and end user agreements (EUAs) despite a supposedly robust system of controls. The evidence shows that once arms are traded, and although they may be traced, it is virtually impossible to control how they may eventually be used. Furthermore, although importing countries were known to have breached EUAs, EU member states continued to sell them arms and military equipment.

    - Regardless of whether arms were exported to official state security forces or were eventually used by non-state armed actors, or whether EUAs and other control mechanisms were respected, the result was the same – European arms were used in military operations that led to destabilisation and resulting forced displacement and migration. The destabilisation, facilitated by arms supplied by Europe, then contributed to Europe hugely expanding its border security apparatus to respond to the apparent threat posed by refugees attempting to arrive and seek asylum.

    - European countries are among the top exporters of lethal arms equipment worldwide, comprising approximately 26% of global arms exports since 2015. The top five European arms exporters are France, Germany, Italy, Spain and the UK – together accounting for 22% of global arms exports in the 2016–2020 period.

    - Arms exports from Bulgaria, Croatia and Romania have soared in recent years, a large proportion of which is exported to West Asian countries. For example, before 2012, Croatia exported ammunition worth less than €1 million a year, but with the start of the Syrian war this surged every year to reach €82 million in 2016. The European Parliament called on Bulgaria and Romania to stop arms exports to Saudi Arabia and the US (if there was a risk that these arms may be diverted), so far to no avail.

    – In Syria an estimated 13 million people need humanitarian assistance and more than half of the population remains displaced from their homes – including 6.6 million refugees living in neighbouring countries, such as Jordan and Lebanon, who subsequently attempt to flee to Europe in a reverse movement to the arms that displaced them. Another 6.7 million are internally displaced persons (IDPs) inside Syria.

    –-

    Five case studies document that:

    Italian T-129 ATAK helicopter components were exported to Turkey and used in 2018 and 2019 in two attacks in the district of Afrin in Northern Syria as part of Operation Olive Branch and in Operation Peace Spring on the Turkish–Syrian border. According to UN figures, 98,000 people were displaced during the Afrin offensive between January and March 2018, while 180,000, of whom 80,000 were children, were displaced, in October 2019 as a result of Operation Peace Spring.

    Bulgaria exported missile tubes and rockets to Saudi Arabia and the US, which eventually ended up in the hands of IS fighters in Iraq. The equipment was diverted and used in Ramadi and the surrounding region, where the International Organisation for Migration reported that from April 2015, following the outbreak of the Ramadi crisis, over half a million people were displaced from Anbar province, of which Ramadi is the capital city, while 85,470 were displaced specifically from Ramadi City between November 2015 and February 2016. Around 80% of all housing in Ramadi was severely damaged after the offensive. In 2017 another missile tube originating in Bulgaria was found to have been used by IS forces in the town of Bartella, located to the east of Mosul. At least 200,000 people from minority groups were displaced from the greater Mosul area between 2014 and January 2017. By July 2019, over two years after military operations had ended in Mosul, there were still over 300,000 people displaced from the city.

    British, French, and German components and production capacity, including missiles, missile batteries, and a bomb rack, were exported to Turkey, where they were mounted on Turkish-made drones and exported to Azerbaijan. These same drones, loaded with European-manufactured arms components, were used in the 44-day conflict in Naghorno- Karabakh, which provoked the forced displacement of half of the region’s Armenian population – approximately 90,000 people.

    Between 2012 and 2015 Bulgaria exported assault rifles, large-calibre artillery systems, light machine guns, hand-held under-barrel and mounted grenade launchers to the Democratic Republic of Congo’s (DRC) national police and military. The conflict in DRC is one of the world’s longest, yet Europe continues to supply arms that are used to perpetrate gross human rights violations. In 2017, Serbia exported 920 assault rifles and 114 light machine guns that were originally manufactured in Bulgaria. That same year, 2,166,000 people were forcibly displaced, making it one of the worst since the conflict began. Specifically, Bulgarian weapons were in use in North Kivu in 2017 coinciding with the forced displacement of 523,000 people.

    At least four Italian Bigliani-class patrol boats were donated to Libya and used by its coastguard to forcibly pull back and detain migrants who were fleeing its shores. In 2019, the Libyan coastguard mounted a machine gun on at least one of these boats and used it in the internal conflict against the Libyan National Army. Many of those fleeing Libya had most likely already fled other conflicts in other African and West Asian countries that may have purchased or were in receipt of European arms, so that at each step along their journey from displacement to migration, the European arms trade is making massive profits by firstly displacing them, and then later deterring and pushing them back.

    The arms companies we identified in these case studies include: Airbus (Franco-German), ARSENAL (Bulgaria), BAE Systems (UK), Baykar Makina (Turkey), EDO MBM (UK), Intermarine (Italy), Kintex (Bulgaria), Leonardo (Italy), Roketsan (Turkey), SB Aerospatiale (France), TDW (Germany), Turkish Aerospace Industry (Turkey), and Vazovski Mashinostroitelni Zavodi ЕAD (Bulgaria).

    https://www.tni.org/en/publication/smoking-guns
    #rapport #tni
    #armes #commerce_d'armes #migrations #asile #réfugiés #Europe #armée #militaire #industrie_de_l'armement #droits_humains #droits_fondamentaux #France #Allemagne #Italie #UK #Angleterre #Espagne #Bulgarie #Croatie #Roumanie #Arabie_Saoudite #Syrie #T-129_ATAK #Turquie #Operation_Olive_Branch #Operation_Peace_Spring #Irak #Ramadi #Bartella #Azerbaïjan #arméniens #Congo #RDC #République_démocratique_du_Congo #Serbie #Kivu #Nord_Kivu #Bigliani #Libye #gardes-côtes_libyiens #complexe_militaro-industriel
    #Airbus #ARSENAL #BAE_Systems #Baykar_Makina #EDO_MBM #Intermarine #Kintex #Leonardo #Roketsan #SB_Aerospatiale #TDW #Turkish_Aerospace_Industry #Vazovski_Mashinostroitelni_Zavodi_ЕAD

  • Avec « Ready to fly », Air France espère fluidifier l’embarquement des passagers
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2021/07/17/avec-ready-to-fly-air-france-espere-fluidifier-l-embarquement-des-passagers_

    Avec « Ready to fly », Air France espère fluidifier l’embarquement des passagers. Ce nouveau service gratuit permet aux clients de la compagnie de vérifier au préalable s’ils détiennent tous les documents sanitaires exigés pour leur voyage.
    C’est la hantise des compagnies aériennes cet été. Des files d’attente interminables qui s’allongent dans les aéroports et provoquent d’importants retards à l’embarquement. Pour parer à cette thrombose des aérogares et, parallèlement, « réduire le stress de ses clients », Air France a lancé, samedi 17 juillet, un nouveau service gratuit baptisé « Ready to fly » (« prêt à voler »). Il permet aux futurs passagers de vérifier au préalable s’ils sont en possession de tous les documents sanitaires exigés pour effectuer leur voyage. Une liste qui peut être longue et varier selon les pays de destination.
    Trois jours avant le vol, Air France adresse à chaque passager un courriel avec un accès à une plate-forme vers laquelle « il doit transmettre, selon les cas, les documents sanitaires nécessaires pour son voyage. Le QR code de son passe sanitaire européen [disponible dans l’application TousAntiCovid pour les Français] ou, pour les non-Européens, la photo d’un test PCR négatif ou du justificatif de vaccination », explique Guy Zacklad, directeur du hub de Roissy-Charles-de-Gaulle. Une fois téléchargés sur la plate-forme, les documents sont vérifiés « soit par des agents d’Air France, soit par des sous-traitants de sécurité » qui travaillent habituellement avec l’entreprise, précise M. Zacklad. Cette étape franchie, « les données sont supprimées », assure-t-il. Si le passager a bien fourni tous les papiers exigés, sa carte d’embarquement portera alors la mention « Ready to fly », un sésame qui lui évitera un contrôle de son passe sanitaire à l’aéroport.
    C’est l’obligation, pour les compagnies aériennes, « de s’assurer que tous les passagers ont les documents demandés par le pays de destination » qui est à l’origine de « Ready to fly », souligne M. Zacklad. Air France voit aussi dans ce nouveau service une chance d’accélérer le parcours des voyageurs à l’aéroport, car les contrôles manuels à l’embarquement prennent beaucoup de temps – une minute pour chacun des 470 passagers d’un Boeing 777 d’Air France pour les outre-mer. Et pourtant, elle est l’une des plus rapides. A l’inverse, beaucoup plus tatillonne, l’américaine United Airlines prendrait, au grand dam de Groupe ADP, gestionnaire de Roissy et d’Orly, « environ dix minutes par passager ».
    Après une phase de test auprès de 5 000 clients depuis le 15 juin, Air France a décidé de lancer « Ready to fly » dans un premier temps sur ses vols vers la Corse et les outre-mer (Antilles, Guyane et La Réunion). Sa filiale KLM « a développé un système comparable » opérationnel depuis quelques jours, note M. Zacklad. A terme, « toutes les compagnies aériennes vont s’y mettre, notamment pour éviter les problèmes d’embouteillage à l’embarquement », prédit Augustin de Romanet, PDG de Groupe ADP. La compagnie Corsair a même devancé Air France avec un service similaire à l’œuvre depuis le 12 juillet.Pour « limiter au maximum les files d’attente », M. Romanet souhaite « travailler main dans la main avec la police ». En pratique, il veut obtenir l’aval des autorités pour organiser, à l’instar d’Air France, un contrôle sanitaire des passagers en amont des contrôles de la police aux frontières (PAF). Une sorte de « préfiltrage » qui ne laisserait plus à la PAF que la vérification des voyageurs pour « motif impérieux ».

    #Covid-19#migrant#migration#france#airfrance#sante#frontiere#controle#circulation

  • #Border_Profiteers. Corporations profiting from borders, detentions and deportations - Berlin edition

    This brochure has gathered a list of corporations that profit from deportations, from managing detention centers, from building fences, selling ships, drones or planes patrolling the Mediterranean, subcontracted security guards, providing data collection, border surveillance software, id control mechanisms, racist policy consultation, prison construction and any other form of oppression that limits peoples freedom of movement and right to stay.

    The external borders of Europe are not in Berlin, but the border regime is all around us. This regime consists of more than just the state. In capitalism, many forms of border oppression are subcontracted to corporations. Borders are very profitable. Therefore this market is dominated by huge multinational corporations. And since keywords of the European borders are militarisation and surveillance, the list of corporate border profiteers is full of the usual suspects that also profit from war, prisons and privacy infringement.

    The goal of this booklet is to promote action in Berlin and Brandenburg. Hence the focus is very much on companies that have an office in Berlin or action possibilities based on local struggles.

    List of Border Profiteers

    1. DEPORTATION COLLABORATORS
    #Lufthansa#Eurowings
    #Privilege_Style
    #Corendon_Airlines
    #Turyol / #Jalem_Tur
    #Enter_Air

    2. BORDER MILITARISATION
    #Airbus#Hensholdt
    #Otokar#Koç_Holding
    #Thales

    3. DETENTION INDUSTRY
    #European_Homecare
    #Pulsm#Morten_Group
    #Markgraf
    #Baukontor_Lange

    4. SURVEILLANCE SOFTWARE
    #Sopra_Steria
    #Cevision

    5. PRIVATE GUARDS
    #City_Schutz
    #Securitas
    #L&S_Sicherheit
    #Secura_Protect

    6. BORDER CONSULTANCY
    #McKinsey

    Quelques captures d’écran :

    https://noborderassembly.blackblogs.org/2021/04/14/new-brochure-border-profiteers

    Pour télécharger la brochure :
    https://noborderassembly.blackblogs.org/wp-content/uploads/sites/1214/2021/04/Border-Profiteers-berlin.pdf

    #profit #business #complexe_militaro-industriel #frontières #asile #migrations #réfugiés #renvois #Allemagne #compagnies_aériennes #sécurité #détention_administrative #rétention #consultants #militarisation_des_frontières #renvois #expulsions #charter #Frontex

    #no_border_assembly #rapport

  • Airbnb condamné à une amende de 8 millions d’euros à Paris
    https://www.lesechos.fr/industrie-services/tourisme-transport/airbnb-condamne-a-une-amende-de-8-millions-deuros-a-paris-1328759

    Depuis 2018, la plateforme continuait d’héberger des annonces de location de meublés touristiques dépourvues de numéro d’enregistrement auprès des services de la Mairie. Le tribunal judiciaire de Paris l’a condamné à une amende de huit millions d’euros pour publication d’annonces illégales.

    l’article ne dit pas si #Airbnb fait appel.

  • Ammoniac : en Bretagne, l’air est grave - Page 1 | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/france/140621/ammoniac-en-bretagne-l-air-est-grave

    Côté #pollution de l’#air, la #Bretagne remporte un triste trophée. Elle ne couvre que 5 % de l’Hexagone, et la voilà classée par #Air_Breizh première région émettrice d’#ammoniac, un gaz qui inquiète médecins, défenseurs de l’environnement et professions agricoles elles-mêmes.

    La péninsule concentre à elle seule 58 % du #cheptel et de la production porcine française, majoritairement dans le Finistère et les Côtes-d’Armor. Un poulet sur trois vient de Bretagne, et la région possède 21 % des #élevages laitiers. Or, selon l’Inrae (Institut national de recherche pour l’#agriculture, l’alimentation et l’environnement, ex-Inra), 95 % des émissions d’ammoniac sont d’origine agricole, dont 80 % issues de l’élevage. En Bretagne, cette part monte à 99 %.

    • Justement je suis en Bretagne actuellement et j’ai pu voir le journal régional, dans lequel une intervenante soulignait que parmi les organismes chargé de la surveillance de l’air en France, Air Breizh est le moins doté de tous.
      Cherchez l’erreur.
      #agro_industrie

  • Ile-de-France : un rapport mesure l’emprise de la location touristique au détriment du logement des Franciliens
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2021/05/27/ile-de-france-un-rapport-mesure-l-emprise-de-la-location-touristique-au-detr

    A Paris, les efforts de création de nouveaux logements sont anéantis par le développement des locations de type Airbnb.

    Les chiffres inédits, publiés jeudi 27 mai, par l’Institut Paris Région, établissent de façon indiscutable ce que les plates-formes de locations saisonnières de type Airbnb ont toujours nié : leur impact massif sur le basculement du parc parisien de résidences principales au profit des touristes et au détriment des habitants.

    A la demande de la région Ile-de-France, cet institut d’urbanisme a mesuré précisément cette offre dans toutes les communes en se basant sur deux banques de données, l’américaine AirDNA, concentrée sur Airbnb et Abritel-HomeAway, et la française Trackeet qui ausculte les annonces publiées sur douze sites, les deux leaders mais aussi Booking, TripAdvisor, Leboncoin, SeLoger, PAP… Trackeet montre, au passage, le poids écrasant d’Airbnb qui truste environ 80 % des annonces (76 % à Paris, 84 % en petite couronne), devant Abritel-HomeAway (11,5 %) ou Booking (7 %).

    L’étude confirme l’explosion spectaculaire, en quelques années, du phénomène de la location touristique à Paris et dans sa région. Entre 2011, date d’arrivée d’Airbnb en France, et 2019, avant la pandémie, l’offre est, en effet, passée de 20 000 à 88 000 appartements rien qu’à Paris – 120 000 pour la région entière.

    « Une offre illégale »
    Selon les auteurs, 29 % de ces logements sont loués plus de 120 jours par an, durée au-delà de laquelle la loi impose une autorisation et un changement d’usage – qui doit passer d’« habitation » à « commercial » – dans les communes qui ont adopté cette réglementation, telle Paris. Cette part des locations quasi professionnelles monte à 35 % dans les Hauts-de-Seine et 31 % dans le Val-de-Marne.

    Or, dit le rapport, « si l’on considère les difficultés auxquelles un bailleur doit faire face en théorie pour proposer une offre légale de ce type dans la capitale, [puisqu’il doit] en particulier, compenser la surface d’habitation perdue, voire le double (…) dans les quartiers centraux, tout laisse donc à penser qu’une majorité de ces locations saisonnières parisiennes relèvent tout simplement d’une offre illégale. »

    #paywall

    • De 2011 à 2017, selon les chiffres du recensement Insee, la capitale a, certes, gagné 26 700 logements mais a, pour la première fois, perdu 23 900 résidences principales au profit de #résidences_secondaires ou occasionnelles qui ont, elles, crû de 50 600 unités dans la même période. L’étude estime que 40 % de la baisse du nombre de résidences principales est imputable à la location touristique qui capte, désormais, 6 % des logements parisiens, une proportion qui grimpe à 18 % dans le 2e arrondissement, 16 % dans le 3e, 13 % dans le 4e et plus de 9 % dans les 8e, 9e et 10e arrondissements.

      « La région Ile-de-France estime qu’il faut construire 70 000 logements par an pour accueillir les 50 000 nouveaux habitants et renouveler le parc, un chantier qui mobilise beaucoup de fonds publics mais, dans le même temps, ces efforts sont contrecarrés par l’hémorragie de logements existants vers la location touristique » , remarque Martin Omhovère, directeur du département habitat et société de l’Institut Paris Région.

      Un effet centrifuge

      Par un effet centrifuge, le phénomène Airbnb s’étend à l’Ile-de-France. De nombreuses communes des Hauts-de-Seine affichent des centaines d’annonces de location de plus de 120 jours par an : pas moins de 410 sur les 1 672 de Boulogne-Billancourt ; 161 sur 654 à Issy-les-Moulineaux ; 226 sur 874 à Courbevoie ; 169 sur 764 à Neuilly-sur-Seine…

      « Les réglementations, renforcées depuis la loi pour l’Accès au logement et à un urbanisme rénové [loi Alur du 24 mars 2014] puis la loi pour une République numérique [du 7 octobre 2016] et la loi pour l’Evolution du logement, de l’aménagement et du numérique [loi Elan, du 23 novembre 2018], ont tenté de réguler ce far-west de la location de courte durée, analyse Emmanuel Trouillard, géographe et coauteur de l’étude. Mais, retardées par des recours judiciaires jusque devant la Cour européenne de justice, elles n’ont pas encore pu démontrer leur efficacité et leur impact reste incertain », juge-t-il.

      Outre Paris, dix-huit communes parmi les plus impactées ont instauré l’autorisation de changement d’usage et une télédéclaration obligatoire de meublé touristique, dont Boulogne-Billancourt, Levallois-Perret, Neuilly-sur-Seine ou Versailles. « Là où ces dispositions ont été mises en place dès 2017 ou 2018, on constate une légère décrue du nombre total de locations saisonnières », rapporte l’étude.

      Des effets positifs

      La « airbnbisation » a, selon les auteurs, des effets positifs dans les communes qui manquent d’hébergements touristiques économiques, le prix moyen, par lit et par nuitée, étant de 46 euros. Autour de Disneyland-Paris (Marne-la-Vallée) où se pressent, chaque année, en temps normal, 18 millions de visiteurs, cette offre correspond aux besoins des familles. Versailles et son château attirent huit millions de visiteurs par an et la location touristique y complète la capacité d’hôtels locaux plutôt haut de gamme, comme à Auvers-sur-Oise (300 000 visiteurs par an), à Provins, à Fontainebleau (500 000 visiteurs).

      Des appartements à louer en courte ou moyenne durée ont aussi leur utilité près des hôpitaux, pour accueillir patients et familles, comme c’est le cas près de l’Hôpital américain, à Neuilly, ou de l’hôpital Gustave-Roussy à Villejuif (Val-de-Marne).
      « Lors de grandes compétitions sportives, le nombre de locations touristiques est décuplé autour du lieu de l’événement, observe Marion Tillet, coautrice de l’étude en tant que géographe spécialiste du tourisme. A Guyancourt [Yvelines], la Ryder Cup de golf, par exemple, a, en septembre 2018, multiplié le nombre de ces locations, passé de 104 à 444. On peut s’attendre au même effet pour la Coupe du monde de rugby, en 2023, puis les Jeux olympiques et paralympiques, en 2024. »

      #immobilier #meublés #profytasion

  • #Air, #Ventilation, & Viruses: Working To Prevent The Next Pandemic | Colorado Public Radio
    https://www.cpr.org/show-segment/air-ventilation-viruses-working-to-prevent-the-next-pandemic

    Jose-Luis Jimenez is a chemistry professor from the University of Colorado Boulder who studies airborne viruses. And, here’s one thing he says about COVID-19 that might surprise you: He argues disinfecting surfaces to prevent the spread of the virus is “Hygiene Theater.” He says that to avoid another pandemic, air needs to be regulated, just like food and water.

    #regulation

  • Dans le Rhône, une enseignante interdite de cours en raison d’un masque arc-en-ciel (Libération)
    https://www.liberation.fr/societe/dans-le-rhone-une-enseignante-interdite-de-cours-en-raison-dun-masque-arc

    Empêchée de prendre sa classe par la proviseure, incitée à quitter l’Éducation Nationale par les services du Rectorat.

    Le 11 mai, un entretien de près de deux heures a réuni au rectorat l’enseignante convoquée, un représentant du syndicat SUD éducation, deux responsables des ressources humaines du rectorat et le référent académique « Valeurs de la République ». « On m’a dit que ce masque n’était qu’une provocation, qu’on ne pouvait pas m’interdire de retourner avec au lycée mais qu’on me conseillait très vivement de ne pas le mettre pour le bien de l’établissement, retrace la professeure de lettres. Ce conseil de ne pas faire de vagues, ce n’est pas le service public dans lequel je me reconnais. »

    Elle reste marquée par le vocabulaire employé par ses interlocuteurs : « Le référent académique m’a dit que ce symbole pouvait inciter mes élèves à certaines pratiques, à prôner une certaine sexualité, s’étonne encore la prof. Il a également employé le terme d’« obédience » pour parler de l’appartenance à la communauté LGBTQI. C’est terrible d’associer un drapeau qui représente l’égalité de la diversité des sexualités avec ce terme. »

    Bien sûr, officiellement, le Rectorat dément #PasDeVagues

    #éducation #lycée #LGBTQI-phobie