• La fortune des ultra-riches français en Suisse bondit de 13,5%
    http://www.lefigaro.fr/flash-eco/2018/11/29/97002-20181129FILWWW00388-la-fortune-des-ultra-riches-francais-en-suisse-bo

    Le nombre des ultra-riches français résidant en #Suisse est resté stable cette année, mais leur fortune totale a grimpé de 13,5% sur un an, indique l’étude annuelle des 300 plus riches de Suisse, diffusée jeudi par le magazine Bilan.

    Cette année, 54 #ultra-riches français, soit le même nombre qu’au cours des deux dernières années, figurent dans ce classement des personnes ou familles dont la fortune nette s’établit au moins à 100 millions de francs suisses (88 millions d’euros). Le patrimoine au total de ce club très fermé est évalué à 92,3 milliards de francs suisses.

    Deux nouveaux venus ont fait leur entrée cette année, selon la revue. Il s’agit d’#Alain_Boucheron, arrière petit-fils du fondateur de la célèbre maison de luxe de la place Vendôme à Paris, avec une fortune estimée entre 300 à 400 millions de francs suisses. M. Boucheron a pris ses quartiers au coeur de la célèbre station de ski de Zermatt, dans le canton du Valais, dans la rue principale, entre succursales bancaires, palaces et boutiques de très haute horlogerie, selon Bilan.

    La famille #Capelli, avec une fortune estimée entre 100 à 200 millions de francs suisses, fait aussi son entrée dans la liste. Actif depuis plus de 40 ans dans la conception d’espaces de vie, le groupe français Capelli s’est concentré depuis dix ans sur la promotion immobilière. En Suisse, où la famille Capelli est présente via diverses sociétés, le groupe vient d’annoncer un nouveau projet immobilier d’une cinquantaine d’appartements dans les environs de Genève, en bordure du lac Léman.

    La chute enregistrée par l’action #Altice a en revanche provoqué la sortie de Jérémie Bonnin, secrétaire général du groupe de télécoms. Bilan a par ailleurs sorti de la liste #Stéphane_Nicolas, actif dans les fonds alternatifs.

    Les trois premiers du classement des Français les plus riches de Suisse reste inchangé, mais pas à la même place.

    #Gérard_Wertheimer, actionnaire de Chanel, passe en première position avec une fortune estimée entre 18 à 19 milliards de francs suisses. Le groupe de luxe connu notamment pour ses tailleurs en tweed et son parfum N°5 a dévoilé cet été, pour la première fois de son histoire, ses résultats financiers. Aussi la fortune estimée de la famille a été fortement réévaluée. Résident genevois, Gérard Wertheimer possède cet empire avec son frère Alain, qui vit à New York.

    La famille #Castel passe au 2e rang, avec une fortune estimée entre 13 et 14 milliards de francs suisses. Le groupe Castel, actif dans le vin, est également présent dans la bière et les eaux en bouteille.

    #Patrick_Drahi, magnat franco-israélien qui préside le groupe de télécoms et de médias Altice, figure toujours au 3e rang, avec une fortune estimée entre 6 à 7 milliards de francs suisses.

  • DHQ : Digital Humanities Quarterly : Humanities Approaches to Graphical Display
    http://www.digitalhumanities.org/dhq/vol/5/1/000091/000091.html

    To overturn the assumptions that structure conventions acquired from other domains requires that we re-examine the intellectual foundations of digital humanities, putting techniques of graphical display on a foundation that is humanistic at its base. This requires first and foremost that we reconceive all data as capta. Differences in the etymological roots of the terms data and capta make the distinction between constructivist and realist approaches clear. Capta is “taken” actively while data is assumed to be a “given” able to be recorded and observed. From this distinction, a world of differences arises. Humanistic inquiry acknowledges the situated, partial, and constitutive character of knowledge production, the recognition that knowledge is constructed, taken, not simply given as a natural representation of pre-existing fact.

    Les #données ne sont pas données (given), mais obtenues (d’où le joli mot #capta).

  • Il traffico di oro di aziende europee e americane finanzia il massacro in Congo

    «Il commercio dell’oro proveniente da zone di conflitto alimenta le finanze di famigerati gruppi armati come le FDLR (Forze Democratiche per la Liberazione del #Rwanda) attive nell’est della Repubblica democratica del Congo, oltre alle unità dell’esercito congolese che nei confronti della popolazione della regione si sono macchiate di numerose atrocità, violenze sessuali e altri gravi abusi dei diritti umani».

    Questo uno dei passi salienti del rapporto The Golden Laundromat (La lavanderia dorata), pubblicato lo scorso ottobre da The Sentry, il gruppo di investigatori dell’ong americana Enough Project finanziato dall’attore George Clooney, assieme all’attivista per i diritti umani John Prendergast.

    Il report denuncia il commercio illegale dell’oro dalle aree di conflitto del Congo orientale agli Stati Uniti e all’Europa, sollevando seri timori sul fatto che il prezioso metallo stia raggiungendo i mercati internazionali, comprese le catene di approvvigionamento delle principali compagnie europee e statunitensi, oltre ad essere presente negli apparati elettronici che usiamo abitualmente.

    I documenti esaminati nell’inchiesta e le relative interviste condotte da The Sentry puntano il dito contro la rete aziendale controllata dal magnate belga #Alain_Goetz, accusato di agire in connivenza con la #African_Gold_Refinery (#AGR) di #Entebbe (Uganda), anch’essa di proprietà belga, inaugurata ufficialmente dal presidente #Yoweri_Museveni, nel febbraio 2017. Quest’ultima, riciclerebbe oro proveniente da zone di conflitto del Congo orientale, per poi esportarlo negli Stati Uniti e in Europa attraverso collegamenti con una serie di società, tra cui figurano nomi altisonanti come #Amazon, #General_Electric e #Sony.

    Entebbe al centro del sistema

    Secondo i documenti di cui è venuta in possesso l’ong, nel 2017 l’AGR avrebbe esportato oro di origine ignota per un valore pari a circa 377 milioni di dollari attraverso una società di facciata con sede a Dubai, riconducibile alla raffineria belga #Tony_Goetz_NV, di proprietà del figlio di Alain Goetz.

    Numerose persone intervistate da The Sentry hanno identificato la fonderia #AGR come la principale fonte di smercio del prezioso minerale proveniente dalle provincie congolesi in guerra, ma la compagnia ugandese nega ogni addebito, sostenendo che si è formalmente impegnata ad astenersi da qualsiasi attività che possa contribuire a finanziare il conflitto.

    Nell’ultimo anno ben 283 aziende statunitensi hanno inserito la Tony Goetz NV nella lista delle proprie fonderie e la stessa AGR potrebbe essere inclusa nella catena di approvvigionamento di 103 aziende. Le centinaia di società statunitensi che si approvvigionano dalle fonderie afferenti a questo network, rischiano pertanto di maneggiare oro di provenienza illecita.

    La scia dell’oro insanguinato segue una catena suddivisa in sei fasi dall’est del Congo ai suoi principali destinatari finali, che utilizzano il metallo per produrre gioielli e lingotti, oltre all’impiego nell’elettronica.

    Oro giallo e oro verde

    Gli ultimi dati delle Nazioni Unite indicano che l’oro contrabbandato nelle zone di conflitto del Congo orientale è la principale fonte di finanziamento per gli attori armati che vi partecipano, con un calcolo annuo compreso tra i 300 e i 600 milioni di dollari.

    Senza contare che nel 2011 l’AGR non ha superato un importante audit internazionale sui minerali dei conflitti e che due importanti contrabbandieri d’oro operativi nell’est del Congo hanno rivelato a The Sentry di aver trafficato illegalmente con l’AGR.

    Inoltre, quattro commercianti regionali hanno dichiarato che i trafficanti d’oro #Buganda_Bagalwa e #Mange_Namuhanda – indicati in diversi report delle Nazioni Unite sul Congo come acquirenti del #bloody_gold – nel 2017 hanno fornito ingenti quantità del metallo alla stessa fonderia ugandese. Quest’ultima, però, smentisce di aver ricevuto oro dai due contrabbandieri e anche di aver acquistato ingenti quantità del prezioso metallo non tracciato da altri fornitori. Oltre a sostenere di effettuare accurate verifiche sulla certificazione di provenienza dell’oro.

    Tuttavia, alcuni documenti aziendali esaminati da The Sentry sembrano elevare i sospetti che l’AGR ricicli denaro sporco, come indicato dalla Financial Action Task Force (FATF), il principale organismo intergovernativo mondiale per la lotta al riciclaggio di denaro.

    The Sentry evidenzia, inoltre, che nel 2014 Goetz avrebbe chiesto l’intercessione del presidente Museveni per ottenere agevolazioni fiscali per l’AGR. E nel febbraio di tre anni dopo, in concomitanza con l’inizio dell’attività della fonderia ugandese, Museveni ha annunciato di aver eliminato l’imposta di importazione sull’oro. Un provvedimento di cui ha sostanzialmente beneficiato solo l’AGR.

    Tutti questi elementi inducono a considerare che dietro l’African Gold Refinery possa nascondersi una colossale operazione di riciclaggio dell’oro insanguinato del Congo che avrebbe implicazioni sulla vita di milioni di persone.

    https://raiawadunia.com/il-traffico-di-oro-di-aziende-europee-e-americane-finanzia-il-massacro-
    #Congo #RDC #guerre #conflit #extractivisme #or #mines #Belgique #Dubaï
    ping @albertocampiphoto

    • Le #rapport :
      The #Golden_Laundromat

      Key Findings

      An investigation by The Sentry raises significant concerns that gold mined from conflict areas in eastern Democratic Republic of Congo (“Congo”) is reaching international markets, including the supply chains of major U.S. companies and in products that consumers use every day.
      Documents reviewed and interviews conducted by The Sentry raise serious concern that the corporate network controlled by Belgian tycoon Alain Goetz has refined illegally-smuggled conflict gold from eastern Congo at the African Gold Refinery (AGR) in Uganda and then exported it through a series of companies to the United States and Europe, potentially including Amazon, General Electric (GE), and Sony.
      According to documents reviewed by The Sentry, AGR exported approximately $377 million in gold in 2017 to an apparent affiliate of the Belgian gold refinery Tony Goetz NV, based in Dubai. Numerous sources interviewed by The Sentry identified AGR as sourcing conflict gold from Congo. AGR denies this and maintains that it is committed to refraining from any action that contributes to the financing of conflict.
      According to the U.N., conflict gold provides the largest source of revenue to armed actors in the conflict in eastern Congo, and $300 to $600 million is smuggled out of Congo annually.
      This gold may wind up in the supply chains of major western corporations. Amazon, Sony, GE, and 280 other U.S. publicly traded companies listed the Belgian refinery as an entity that may be in their supply chains, according to 2018 SEC filings, despite the fact that it failed a major international conflict minerals audit in 2017.
      Numerous sources interviewed by The Sentry identified AGR as sourcing conflict gold from Congo. Two major gold smugglers in Congo acknowledged to The Sentry that they illegally trafficked gold from eastern Congo to AGR, and other regional gold traders corroborated these accounts. Furthermore, four regional traders told The Sentry that gold traffickers Buganda Bagalwa and Mange Namuhanda, who have been named in several U.N. Group of Experts reports on Congo as purchasers of conflict gold, supplied gold to AGR in 2017. AGR denies having received gold from these traders and denies that it has otherwise received significant amounts of undocumented gold from other sources.
      Several corporate practices of AGR appear to raise red flags as indicators of potential money laundering as established by the world’s leading intergovernmental body on anti-money laundering, the Financial Action Task Force (FATF), according to documents reviewed by The Sentry.
      The trail of conflict gold follows a roughly six-step supply chain from eastern Congo to its main end-products, jewelry, gold bars for investors and banks, and electronics.

      https://thesentry.org/reports/the-golden-laundromat

      Pour télécharger le rapport :


      https://cdn.thesentry.org/wp-content/uploads/2018/10/GoldenLaundromat_Sentry_Oct2018-final.pdf

      ping @daphne

  • L’#industrie_du_tabac manœuvre pour tracer les #cigarettes

    Du 8 au 10 octobre, s’est tenue à Genève la première réunion du Protocole pour éliminer le commerce illicite des produits du tabac. Le texte exige des États la mise en place d’un système de #traçabilité indépendant des industriels, accusés par le passé d’alimenter la #contrebande. Mais en coulisses, les cigarettiers manœuvrent pour jouer un rôle, allant jusqu’à recruter d’anciens policiers français.



    https://www.mediapart.fr/journal/france/111018/l-industrie-du-tabac-manoeuvre-pour-tracer-les-cigarettes
    #tabac #OMS #lobby #Codentify #Sicpa #Burkina_Faso #Montenegro_Connection #Sicpatrace #Philip_Morris_International #Inexto #Impala #British_American_Tobacco #Philippe_Chatelain #PMI_Impact #Marlboro #Luis_Moreno_Ocampo #Jürgen_Storbeck #Europol #Alain_Juillet #Association_de_lutte_contre_le_commerce_illicite #ALCCI #Hervé_Pierre #Dominique_Lapprand #Tracfin #Bercy #Pierre_Moscovici

    Un article de @marty et photos @albertocampiphoto de @wereport

  • Notes anthropologiques (XXIII)

    Georges Lapierre

    https://lavoiedujaguar.net/Notes-anthropologiques-XXIII

    Dionysos ou la déraison grecque
    Deuxième partie : L’outlaw ou l’Ivrogne divin

    « L’extase est une “sortie”, l’enthousiasme est une “possession” : y a-t-il pour autant communion ? Dionysos est un dieu insaisissable à ses propres fidèles », a pu écrire Louis Gernet dans un article intitulé « L’anthropologie dans la religion grecque ». Y aurait-il un mystère Dionysos ? Le culte de Dionysos avec ses nourrices et son cortège de ménades ou de bacchantes emportées dans une danse et une ivresse collectives les jetant hors d’elles-mêmes nous laisse entrevoir, ou deviner, une forme de pensée qui déborde largement les limites imposées par la raison. Dans cet essai, je me propose seulement d’en saisir quelques aspects, d’en préciser quelques données. C’est que le culte de Dionysos nous emporte dans un domaine qui n’est presque plus le nôtre et laisse deviner une cosmovision qui n’est plus la nôtre. Pourtant il nous plonge dans des profondeurs ignorées ou oubliées de nous-mêmes, à la source de ce que nous sommes. (...)

    #Grèce_antique #Inde #Maria_Daraki #ivresse #déraison #tantrisme #Alain_Daniélou

  • Découverte du premier dessin ? Il a 73 000 ans.

    Le plus ancien dessin abstrait connu a été trouvé dans la grotte de Blombos, en Afrique du Sud, sur la face d’un éclat de roche siliceuse provenant de couches archéologiques datant de 73 000 ans avant le présent. L’œuvre est au moins 30 000 ans plus ancienne que les premiers dessins abstraits et figuratifs connus auparavant.

    Qu’est-ce qu’un symbole ? C’est une question difficile à résoudre lorsque vous devez analyser les premières productions graphiques. (...) Pendant longtemps, les archéologues ont été convaincus que les premiers symboles sont apparus lorsque Homo sapiens a colonisé des régions d’Europe il y a environ 40 000 ans. Cependant, des découvertes archéologiques récentes en Afrique, en Europe et en Asie suggèrent que la création et l’utilisation de symboles ont émergé beaucoup plus tôt.

    (...)

    Archéologie expérimentale.

    Un défi méthodologique majeur consistait à prouver que ces lignes avaient été délibérément dessinées par des humains. Il a été principalement abordé par les membres français de l’équipe, experts en la matière et spécialisés dans l’analyse chimique des pigments. Ils ont d’abord reproduit les mêmes lignes en utilisant différentes techniques : ils ont essayé des fragments d’ocre avec une pointe ou une arête et ont également appliqué différentes dilutions aqueuses de poudre d’ocre à l’aide de brosses. En utilisant des techniques d’analyse microscopique, chimique et tribologique (la science de la friction et de l’usure), ils ont ensuite comparé leurs dessins à l’ancien original. Leurs résultats confirment que les lignes ont été intentionnellement dessinées avec un outil ocre pointu sur une surface d’abord lissée par frottement. Le motif constitue ainsi le premier dessin connu, précédant d’au moins 30 000 ans les œuvres les plus anciennes découvertes précédemment.

    La strate archéologique dans laquelle la couche de silicium avait déjà produit de nombreux autres objets avec des marques symboliques (...). Ces découvertes démontrent que les premiers Homo sapiens dans cette région d’Afrique utilisaient différentes techniques pour produire des signes similaires sur différents matériaux, ce qui étaye l’hypothèse que ces marquages ​​remplissent une fonction symbolique.

    Cette découverte concernant Homo Sapiens est à rapprocher de celle-ci concernant Néandertal :
    – Un artefact de pierre gravé provenant de Crimée a pu aider à démontrer le symbolisme néandertalien
    https://seenthis.net/messages/691572 2018

    #Christopher_S._Henshilwood #Francesco_d’Errico #Karen_L._van_Niekerk #Laure_Dayet #Alain_Queffelec #Luca_Pollarolo
    #Préhistoire #Paléolithique #Afrique_du_Sud #Bomblos #Art #Dessin
    #CNRS

    DOI : 10.1038/s41586-018-0514-3

    Discovery of the earliest drawing - CNRS Web site - CNRS
    http://www2.cnrs.fr/en/3152.htm

  • Livre audio :

    Il s’agit de l’enregistrement public de la lecture « Alain Marc lit Pierre Garnier » effectuée le 24 mars 2017 lors de l’inauguration du deuxième festival de poésie « Des mots, des rimes et des lyres » de Gif-sur-Yvette dans le cadre du Printemps des poètes.

    http://impression.premiere.free.fr/livreaudiolecturedepierregarnier.htm
    https://www.bookdoreille.com/fr/livre-audio/litterature-fictions/5198-lecture-de-pierre-garnier


    #Pierre_Garnier #poésie #spatialisme #Alain_Marc #Laurent_Maza #livre_audio

  • Pourquoi le NPA refuse-t-il de répondre ? Michel Collon - 30 Août 2018 - Investigaction

    https://www.investigaction.net/fr/pourquoi-le-npa-refuse-t-il-de-repondre

    Texte de la lettre adressée en mars par Michel Collon à la direction du NPA et restée sans réponse. Sur son site, le NPA (Nouveau Parti Anticapitaliste français) publie un ramassis de calomnies signé Ornella Guyet contre Michel Collon, fondateur et directeur du site Investig’Action. Or, cette pseudo-journaliste s’est aussi acharnée contre Jeremy Corbyn, François Ruffin, Pierre Carles, Frédéric Lordon, Alain Gresh, Noam Chomsky… Toute ressemblance avec les campagnes de diabolisation menée par le lobby sioniste… n’est pas fortuite. Le NPA répondra-t-il enfin ?

    Au comité national dirigeant le NPA,

    Bonjour,

    Vous diffusez sur votre site un article fort long[1] qui me calomnie sur base de rumeurs, ragots et déformations. Vous m’accusez d’ « imposture journalistique », de « mercantilisme » et de complicité avec des dictatures. Vous me prêtez des amitiés avec des gens que je ne fréquente pas ou que je dénonce.

    L’auteur de ce torchon, véritable degré zéro du journalisme, s’appelle Ornella Guyet. J’y ai relevé 70 erreurs factuelles, fautes journalistiques grossières ou calomnies pures et simples. Si vous en doutez, je suis prêt à en discuter avec vous. Je me limiterai ici à vous poser cinq questions :

    Comptez-vous publier aussi les articles dans lesquels Ornella Guyet a agressé et calomnié d’autres progressistes : Jeremy Corbyn, François Ruffin, Pierre Carles, Frédéric Lordon, Hervé Kempf, Alain Gresh et Noam Chomsky ?

    Savez-vous que Guyet a répandu ses calomnies sous divers pseudonymes, destinés à faire croire qu’il s’agissait d’un mouvement d’opinion et non d’une seule personne ? Savez-vous qui finance toute cette activité ?

    Savez-vous que la source primaire de Guyet est le site Conspiracy Watch, tenu par Rudy Reichstadt, proche de Bernard Henri-Lévy ? Ce site se nourrit en permanence du théoricien islamophobe Pierre-André Taguieff et recopie les pires délires des néocons islamophobes US : Daniel Pipes, Norman Podhoretz et le site d’extrême droite MEMRI. Comment expliquez-vous que les critiques d’Ornella Guyet épargnent les Etats-Unis, Israël et leurs alliés des pétromonarchies réactionnaires ?

    Savez-vous que le travail « journalistique » de cette personne a été sévèrement critiqué par Le Monde Diplomatique, Acrimed et d’autres groupes ? Savez-vous qu’elle a toujours refusé tout débat public ? Parce que manifestement elle se sait incapable de répondre aux critiques sur ses méthodes tendancieuses, et a d’ailleurs fini par arrêter l’activité de son site.

    Sur votre site, vous affirmez « avoir reçu cette contribution » de Guyet et « la publier bien volontiers ». Mais d’après elle[2] c’est vous qui lui auriez commandé ce torchon. Qui dit vrai ?

    Beaucoup de gens me demandent comment il est possible qu’une organisation de gauche reprenne de telles calomnies. Et je vous le demande à mon tour. Votre publication me cause du tort ainsi qu’à toute l’équipe de jeunes journalistes d’Investig’Action qui travaille dur contre la pensée dominante et la désinformation. Héberger ce ramassis de mensonges alors qu’Investig’Action est déjà la cible des néocons, du lobby pro-Israël et de certains journalistes chiens de garde, qui répandent les mêmes attaques que Guyet, cela vous place dans un curieux voisinage, non ?

    Je vous demande donc de retirer cet article et d’en informer vos lecteurs. Je me tiens à votre disposition si vous souhaitez des éclaircissements quant aux accusations que cette personne porte contre moi. Si vous refusez, je vous demande d’en débattre publiquement avec moi.

    Je n’ai aucun problème avec le fait qu’on critique mes analyses en échangeant des arguments politiques. J’estime même que la gauche française devrait davantage discuter sereinement ses divergences. On reste trop entre soi. Mais remplacer ce débat par des insultes et calomnies, en recopiant les attaques de nos ennemis de classe, me semble le contraire du véritable débat politique et un signe de faiblesse.

    Bien à vous
    Michel Collon
    Investig’Action – Bruxelles

    Notes :

    [1] http://tantquillefaudra.org/debats/article/michel-collon-un-militant-de-la-347

    [2] « Le NPA, dont la Commission nationale anti-fasciste (Cnaf) m’a commandé il y a plusieurs mois… un dossier sur Michel Collon, qui a été l’article le plus abouti que j’ai publié à ce jour à son sujet. » http://www.confusionnisme.info/index.php/2015/10/05/le-martyre-de-saint-michel

    #ornella_guyet #NPA #Michel_Collon #Jeremy_Corbyn #François_Ruffin #Pierre_Carles #Frédéric_Lordon #Alain_Gresh #Noam_Chomsky #calomnies #information #débat #conspiracy_watch #rudy_reichstadt #bernard_henri-lévy #BHL #pierre-andré_taguieff #daniel_pipes #norman_Podhoretz #MEMRI

  • Artisan-fabricant de #globes_terrestres

    Un simple message pour saluer la communauté des géographes de Geotamtam et, peut-être, aiguiser la curiosité de quelques-uns . Je quitte officiellement aujourd’hui mon poste d’enseignant-chercheur pour devenir à plein temps artisan-fabricant de globes terrestres, activité presque disparue que j’essaie de remettre au goût du jour.

    Si la démarche vous intrigue, je vous invite à consulter le site internet : www.globesauter.fr

    https://www.youtube.com/watch?v=OgT-keRKw9w

    –-> Message de #Alain_Sauter via la mailing-list geotamtam

    #globes #fabrication

    Pour faire un peu suite à cet autre message d’aujourd’hui sur les globes :
    https://seenthis.net/messages/718730

  • Lobby israélien aux Etats-Unis, le documentaire interdit,

    par Alain Gresh (Le Monde diplomatique, septembre 2018)

    https://www.monde-diplomatique.fr/2018/09/GRESH/59047

    À l’écran, il a tout du parfait gentleman. Malgré sa dégaine d’étudiant, James Anthony Kleinfeld, jeune Britannique juif bien sous tous rapports, diplômé de la prestigieuse université d’Oxford, parlant six langues, dont le néerlandais et le yiddish, s’orientant sans difficulté dans les arcanes des conflits au Proche-Orient, trouverait facilement sa place dans les bureaux d’un ministère des affaires étrangères occidental ou d’un think tank renommé. Pour l’heure, il a d’autres desseins : s’investir dans les organisations américaines favorables à Israël. Il est recruté par The Israel Project (TIP), qui s’occupe de soigner l’image d’Israël dans les médias. Accueilli à bras ouverts du fait de ses compétences, il côtoie durant cinq mois le gratin des responsables d’associations engagées dans la défense inconditionnelle d’Israël, notamment du puissant lobby pro-israélien aux États-Unis, l’American Israel Public Affairs Committee (Aipac). Il fraie avec eux dans les cocktails, congrès, conventions, stages de formation pour militants, se liant avec les uns et les autres. Avenant, chaleureux, efficace, il gagne la confiance de ses interlocuteurs, qui lui parlent à cœur ouvert, laissant au vestiaire la langue de bois et les « éléments de langage » convenus. Et leurs confidences sont explosives.

    Comment influence-t-on le Congrès ? « Les membres du Congrès ne font rien si on ne fait pas pression sur eux, et la seule manière, c’est l’argent. » Comment combat-on les militants favorables aux droits des Palestiniens sur les campus universitaires ? « Avec les anti-Israéliens, le plus efficace est de faire des recherches sur eux, que vous mettez en ligne sur un site Web anonyme et que vous diffusez par des annonces ciblées sur Facebook. » Avec une candeur d’autant plus grande qu’ils croient s’épancher auprès d’un ami, les interlocuteurs de Kleinfeld admettent qu’ils se livrent à des opérations d’espionnage de citoyens américains, avec l’aide du ministère des affaires stratégiques israélien.

    Créé en (...)

    • Lobby israélien, le #documentaire interdit

      Une enquête menée par la chaîne qatarie #Al-Jazira dévoile les méthodes des groupes de pression américains favorables à Israël. Mais, soucieux de ne pas s’aliéner ces organisations dans son contentieux avec l’Arabie saoudite, le Qatar a gelé la diffusion du reportage.

      À l’écran, il a tout du parfait gentleman. Malgré sa dégaine d’étudiant, James Anthony Kleinfeld, jeune Britannique juif bien sous tous rapports, diplômé de la prestigieuse université d’Oxford, parlant six langues, dont le néerlandais et le yiddish, s’orientant sans difficulté dans les arcanes des conflits au Proche-Orient, trouverait facilement sa place dans les bureaux d’un ministère des affaires étrangères occidental ou d’un think tank renommé. Pour l’heure, il a d’autres desseins : s’investir dans les organisations américaines favorables à Israël. Il est recruté par The Israel Project (TIP), qui s’occupe de soigner l’image d’Israël dans les médias. Accueilli à bras ouverts du fait de ses compétences, il côtoie durant cinq mois le gratin des responsables d’associations engagées dans la défense inconditionnelle d’Israël, notamment du puissant lobby pro-israélien aux États-Unis, l’American Israel Public Affairs Committee (Aipac) (1). Il fraie avec eux dans les cocktails, congrès, conventions, stages de formation pour militants, se liant avec les uns et les autres. Avenant, chaleureux, efficace, il gagne la confiance de ses interlocuteurs, qui lui parlent à cœur ouvert, laissant au vestiaire la langue de bois et les « éléments de langage » convenus. Et leurs confidences sont explosives.

      Comment influence-t-on le Congrès ? « Les membres du Congrès ne font rien si on ne fait pas pression sur eux, et la seule manière, c’est l’argent. » Comment combat-on les militants favorables aux droits des Palestiniens sur les campus universitaires ? « Avec les anti-Israéliens, le plus efficace est de faire des recherches sur eux, que vous mettez en ligne sur un site Web anonyme et que vous diffusez par des annonces ciblées sur Facebook. » Avec une candeur d’autant plus grande qu’ils croient s’épancher auprès d’un ami, les interlocuteurs de Kleinfeld admettent qu’ils se livrent à des opérations d’espionnage de citoyens américains, avec l’aide du ministère des affaires stratégiques israélien.

      Créé en 2006, ce dernier dépend directement du premier ministre Benyamin Netanyahou. L’une de ses responsables confie : « Nous sommes un gouvernement qui travaille sur un territoire étranger et nous devons être très, très prudents. » En effet, car certaines de ces actions pourraient se révéler passibles des tribunaux américains.

      À la fin du stage de « Tony », M. Eric Gallagher, son chef à TIP, se montre si satisfait de ses services qu’il lui propose de l’embaucher. « J’adorerais que tu viennes travailler pour moi. J’ai besoin de quelqu’un qui a l’esprit d’équipe, qui travaille dur, qui est passionné, curieux, bien formé, qui parle bien, qui a beaucoup lu. Tu es tout cela. »Mais son poulain refuse. Car, on l’aura deviné, il n’est pas tout à fait celui qu’il prétend être, même si ses diplômes et ses compétences ne sont pas contestables : il est un infiltré, missionné par la chaîne Al-Jazira, propriété de l’émirat du Qatar, pour réaliser un documentaire sur le lobby pro-israélien. Il a filmé en caméra cachée une partie des confidences qu’il a recueillies et il a réuni, avec d’autres membres d’une équipe dirigée par Phil Rees, de la cellule d’investigation de la chaîne, tous les ingrédients d’une enquête spectaculaire. La diffusion de celle-ci était d’autant plus attendue que, en 2017 déjà, un reportage d’Al-Jazira sur le lobby pro-israélien au Royaume-Uni (2) avait montré les ingérences d’Israël dans les affaires internes d’un pays étranger, et ses tentatives pour faire chuter un ministre considéré comme propalestinien — ce qui avait abouti à des excuses publiques de l’ambassadeur d’Israël à Londres et au retour précipité à Tel-Aviv d’un diplomate de haut rang.

      On pouvait donc s’attendre à un événement médiatique, avec ses démentis outragés et ses violentes polémiques. Mais non : la diffusion, programmée pour début 2018, a été reportée sine die, sans explications officielles. On a fini par apprendre, grâce à des articles dans la presse juive américaine (3), que le documentaire ne passerait pas, ce qu’a confirmé Clayton Swisher, directeur de la cellule d’investigation de la chaîne, dans un article où il regrettait ce choix ; quelques jours plus tard, la chaîne annonçait qu’il prenait un congé sabbatique (4). L’enquête a été sacrifiée dans la bataille sans merci que se livrent le Qatar d’un côté et l’Arabie saoudite et les Émirats arabes unis de l’autre pour gagner les faveurs de Washington dans le conflit qui les oppose depuis juin 2017 (5). Et quelle meilleure manière de l’emporter que de s’attirer les faveurs du puissant lobby pro-israélien, dont on connaît l’influence sur la politique américaine au Proche-Orient ?

      Pour faire pencher la balance, le Qatar a donc fait « reporter » la diffusion, obtenant en échange le secours inespéré d’une partie de l’aile droite d’un lobby déjà très à droite dans son ensemble. M. Morton Klein, le président de l’Organisation sioniste américaine (ZOA), un proche de M. Stephen Bannon, ancien conseiller du président Donald Trump, s’est même rendu à Doha et s’est réjoui d’avoir enterré le documentaire (lire « Le Qatar en quête d’amis »). Que de tels groupes, qui accusaient il y a peu le Qatar de financer le Hamas et le terrorisme, aient accepté de virer de bord en échange de la rétention de l’enquête en dit long sur le caractère embarrassant des révélations qu’elle contient.

      Cet enfouissement d’un travail qui a duré plus d’une année a suscité des remous au sein de la chaîne. Certains ont souhaité que ces révélations ne sombrent pas dans les sables mouvants des compromis géopolitiques. C’est la raison pour laquelle nous avons pu voir, grâce à un ami résidant dans le Golfe, les quatre épisodes du documentaire, de cinquante minutes chacun, dans leur version presque définitive.

      Ce qui frappe au visionnage, c’est la fébrilité qui a saisi le lobby depuis quelques années, due à une peur sourde de perdre son influence. Comment l’expliquer, alors que le soutien à Israël est massif aux États-Unis et que les élus des deux partis, républicain et démocrate, apportent un appui sans faille à n’importe quelle aventure d’Israël ? L’élection de M. Trump n’a-t-elle pas amené Washington à abandonner toute volonté de jouer les intermédiaires dans le conflit israélo-arabe et à se ranger sans aucun faux-semblant aux côtés du gouvernement le plus à droite de l’histoire d’Israël ? Sans doute ; mais, dans ce paysage en apparence favorable, un spectre hante le lobby : celui de Boycott, désinvestissement et sanctions (BDS).

      Ce mouvement lancé en 2005 se propose d’appliquer à Israël les méthodes non violentes qui ont fait leurs preuves contre l’Afrique du Sud de l’apartheid. Il a connu un essor sur les campus américains. Mais faut-il vraiment s’en alarmer, s’interroge M. David Brog, directeur des affaires stratégiques de Chrétiens unis pour Israël (CUFI) et directeur exécutif de la Maccabee Task Force, l’un des groupes qui combattent BDS ? « Israël est la “start-up nation”. Il reçoit plus d’investissements étrangers qu’à n’importe quel autre moment de son histoire. Alors pourquoi ne pas se calmer, comprendre que BDS ne vaut rien et l’ignorer ? » Il insiste : « Je ne pense pas que BDS ait jamais eu pour objectif que les universités retirent leurs investissements en Israël. En ce qui concerne l’argent, nous n’avons pas d’inquiétude à avoir ; mais les efforts déployés pour creuser un fossé entre nous, qui aimons Israël, et la génération montante, sont préoccupants. Parmi les jeunes nés après l’an 2000 et les étudiants, on en arrive au point où la majorité est plus favorable aux Palestiniens qu’aux Israéliens. » M. Jacob Baime, directeur exécutif de l’Israel on Campus Coalition, un groupe d’organisations qui emploie plus d’une centaine de personnes pour lutter contre BDS dans les universités, s’inquiète : « La seule chose que tous les membres du Congrès, tous les présidents, tous les ambassadeurs ont en commun est le fait d’avoir passé du temps sur les campus, et c’est durant cette période qu’ils ont été formés. » Seront-ils encore demain des « amis d’Israël » ?

      Discréditer le messager

      Un élément supplémentaire alarme le lobby. Le soutien à Israël a toujours transcendé les clivages entre démocrates et républicains. N’est-ce pas M. Barack Obama qui, quelques mois avant la fin de son mandat, a fait voter une aide inconditionnelle de 38 milliards de dollars (33 milliards d’euros) à Israël sur dix ans, en dépit de ses relations détestables avec M. Netanyahou ? Mais le paysage politique se transforme, et le ralliement inconditionnel du lobby à M. Trump réduit sa base, qui se résume de plus en plus au Parti républicain et à la droite évangélique. M. David Hazony, ancien directeur de The Tower Magazine et membre influent de TIP, le reconnaît dans le documentaire : « Le boycott immédiat d’Israël, ce n’est pas un problème. Le plus gros problème, c’est le Parti démocrate, les partisans de Bernie Sanders, tous ces anti-Israéliens qu’ils amènent dans le Parti démocrate. Être pro-israélien ne relèvera bientôt plus d’un consensus bipartisan, et chaque fois que la présidence changera, la politique à l’égard d’Israël risquera de changer. C’est une chose dangereuse pour Israël. C’est cela qui est en jeu dans la bataille sur les campus. » Ce que confirme John Mearsheimer, coauteur d’un célèbre livre (6) sur le lobby, dont les commentaires ponctuent le documentaire. Il constate que, désormais, le soutien à Israël croît au Parti républicain alors qu’il diminue au Parti démocrate : « Il y a une différence substantielle entre les deux partis. »

      Comment contrer cette évolution ? En engageant un débat politique ? Difficile, alors que, depuis l’échec des accords d’Oslo, signés en 1993, Israël est dirigé par des partis d’extrême droite qui refusent toute solution diplomatique. Il ne peut être question de discuter du sort des Palestiniens, de l’avenir des colonies ou du drame de Gaza. Et le ralliement du lobby à M. Netanyahou et à M. Trump est peu propice à susciter l’enthousiasme des étudiants américains. Le journaliste Max Blumenthal fait remarquer (Twitter, 15 février 2018) que c’est cette tactique du refus de la discussion que le lobby déploie au sujet du documentaire d’Al-Jazira : assimiler le journalisme d’investigation à de l’espionnage ; discréditer la chaîne en la réduisant à son propriétaire, le Qatar ; affirmer que le sujet est le « lobby juif », et non le soutien à Israël. Et ainsi éviter toute discussion sur le fond des révélations et sur la politique israélienne.

      Directeur exécutif du Comité d’urgence pour Israël (ECI), M. Noah Pollak synthétise la ligne adoptée face aux critiques : « Pour discréditer le message, il faut discréditer le messager. Quand vous évoquez BDS, vous devez dire que c’est un groupe qui prône la haine, la violence contre les civils. C’est-à-dire qu’il soutient le terrorisme. » Et, bien sûr, qu’il est antisémite. L’organisation Voix juives pour la paix (JVP) ? Il préfère l’appeler « Voix juives pour le Hamas »… Mais il reste optimiste, car, comme il l’explique à « Tony », la majorité des Américains reste favorable à Israël, alors qu’au Royaume-Uni « c’est de la haine pure. Vous avez laissé la moitié de ces Pakistanais de m… s’installer chez vous ».

      Pour « discréditer le messager », il faut accumuler des informations variées, qui vont de sa vie privée à ses activités professionnelles, en passant par ses convictions politiques. Le lobby pro-israélien a instauré ces dernières années un réseau d’espionnage. « Nos opérations de recherche,s’enorgueillit M. Baime, disposent d’une technologie de pointe. Quand je suis arrivé, il y a quelques années, notre budget était de quelques milliers de dollars ; il est aujourd’hui de 1,5 million, sans doute 2. Je ne sais même pas ; c’est énorme. » Mais ses amis et lui tiennent à rester « invisibles » : « Nous faisons cela de manière sécurisée et anonyme ; c’est la clé. »

      Parmi les groupes les plus redoutés par les militants favorables aux droits des Palestiniens figure Canary Mission (7), dont le financement, les membres et le fonctionnement restent secrets. Une journaliste proche du lobby explique son rôle : « Ceux qui le haïssent, ceux qui sont visés parlent de “liste noire”. Vous avez des noms, des étudiants et des professeurs d’université, des organisations qui ont des liens avec le terrorisme ou avec des terroristes qui ont appelé à la destruction de l’État juif. » Le site de l’organisation résume ainsi son objectif : « Assurez-vous que les radicaux d’aujourd’hui ne deviendront pas vos employés demain. » Surplombant la biographie de chaque victime clouée au pilori, ce slogan : « Si vous êtes raciste, le monde doit le savoir. »
      Kleinfeld a réussi à remonter à son fondateur et financier, M. Adam Milstein, président du Conseil israélien américain (IAC), condamné à une peine de prison pour fraude fiscale en 2009, ce qui ne l’a pas empêché de poursuivre ses activités du fond de sa cellule. Il expose au jeune homme sa philosophie : « Tout d’abord, mener des enquêtes sur eux [les militants favorables à la Palestine].. Quel est leur projet ? S’attaquer aux Juifs parce que c’est facile, parce que c’est populaire. Nous devons les démasquer pour ce qu’ils sont : des racistes, des gens hostiles à la démocratie. Nous devons les mettre sur la défensive. »

      Plusieurs étudiants témoignent des risques qu’ils encourent. Mme Summer Awad, qui a participé à la campagne pour les droits des Palestiniens à Knoxville (Tennessee), raconte comment elle a été harcelée sur Twitter, comment « ils » ont mis en ligne des informations à son sujet datant de plus de dix ans : « Ils creusent et creusent encore. Quelqu’un a contacté mon employeur et lui a demandé de me licencier, en le menaçant de le dénoncer comme antisémite s’il n’obtempérait pas. » Ces méthodes de délation peuvent signifier une mise à mort professionnelle ou, pour un étudiant, compliquer la recherche d’un emploi à la fin de son cursus. Certains des accusés ont donc envoyé des « messages de repentir » qui sont publiés dans une rubrique spéciale du site de Canary Mission (8) en échange du retrait de leur nom de la liste noire : des « aveux » anonymisés dans lesquels ils expliquent qu’ils ont été « trompés » et qui ressemblent à ceux arrachés aux suspects de sympathies communistes du temps du maccarthysme aux États-Unis dans les années 1950, ou dans les régimes autoritaires aujourd’hui. « C’est la guerre psychologique. Ils sont terrifiés, se réjouit M. Baime. Soit ils la ferment, soit ils passent leur temps à faire des recherches [sur les accusations portées contre eux] au lieu d’attaquer Israël. C’est très efficace. » Un autre interlocuteur de « Tony » regrette cependant que « diffamer quelqu’un en le traitant d’antisémite n’ait plus le même impact ».

      Ces croisades, qui s’appuient sur la récolte de données personnelles de citoyens américains, ne seraient pas possibles sans les moyens accordés par le ministère des affaires stratégiques israélien. Mme Sima Vaknin-Gil, sa directrice générale, le reconnaît lors d’une conférence à l’IAC : « En ce qui concerne la collecte de données, l’analyse de l’information, le travail sur les organisations militantes, la piste de l’argent, c’est quelque chose que seul un pays, avec les ressources dont il dispose, peut faire au mieux. » Elle ajoute : « Le fait que le gouvernement israélien ait décidé d’être un acteur-clé signifie beaucoup, parce que nous pouvons apporter des compétences que ne possèdent pas les organisations non gouvernementales impliquées dans cette affaire. Nous sommes le seul acteur du réseau pro-israélien à pouvoir combler les lacunes. (…) Nous avons le budget, et nous pouvons mettre sur la table des choses bien différentes. » Puis son propos se fait menaçant : « Tous ceux qui ont quelque chose à voir avec BDS doivent s’interroger à deux fois : est-ce que je dois choisir ce camp ou bien l’autre ? »

      Une violation des lois américaines

      Dans ce travail de collecte d’informations, Mme Vaknin-Gil admet : « Nous avons la FDD et d’autres qui travaillent [pour nous]. » La Fondation pour la défense des démocraties (FDD) est un think tank néoconservateur qui a joué ces dernières années un rôle important dans le rapprochement entre les Émirats arabes unis et Israël. Il a participé l’été dernier à la campagne contre le Qatar et contre Al-Jazira, accusée d’être un instrument de déstabilisation régionale. Or, selon la loi américaine, les organisations ou les individus travaillant pour un gouvernement étranger doivent s’enregistrer en tant que tels au ministère de la justice. Ce dernier osera-t-il traîner devant les tribunaux la FDD, qui n’a pas accompli ces démarches ?

      Comme le remarque Ali Abunimah, animateur du site The Electronic Intifada, « si vous aviez un enregistrement d’un haut responsable russe ou iranien, ou même canadien, reconnaissant que son pays mène des opérations clandestines d’espionnage de citoyens américains et utilise pour cela la couverture d’une organisation américaine, ce serait une bombe ! ». Car cette coopération ne se limite pas à la FDD, et nombre des interlocuteurs de Kleinfeld, comme M. Baime, l’admettent sous le sceau de la confidence, même s’ils ajoutent que le sujet est « délicat » et qu’il vaut mieux ne pas s’étendre.

      Le documentaire contient d’autres révélations, comme la manière dont les journalistes américains sont « pris en charge » à Jérusalem par TIP (9), cornaqués, mais aussi alimentés en sujets « clés en main » qu’ils n’ont plus qu’à diffuser aux États-Unis ; ou les pressions exercées sur les médias et les agences de presse pour qu’ils modifient leurs dépêches ou leurs articles…

      Bien que tout semble aujourd’hui sourire à Israël, ses partisans américains, en dépit de tous leurs moyens, sont nerveux. L’avenir leur paraît s’assombrir, y compris dans les milieux les plus susceptibles de les appuyer. Mme Vaknin-Gil l’admet : « Nous avons perdu la génération des Juifs nés après l’an 2000. Leurs parents viennent m’expliquer les difficultés qu’ils rencontrent avec leurs enfants durant des dîners de shabbat. [Les plus jeunes] ne reconnaissent pas l’État d’Israël et ne nous voient pas comme une entité à admirer. »

      #Alain_Gresh
      Directeur du journal en ligne Orient XXI

      #Palestine #BDS

  • Affaire Benalla : souriez, vous pouvez filmer
    https://www.lemonde.fr/pixels/article/2018/07/25/affaire-benalla-souriez-vous-pouvez-filmer_5335837_4408996.html


    Sous ce lampadaire situé place de la Contrescarpe à Paris, une caméra de vidéosurveillance ronde en cloche capable de filmer à 360 degrés.
    GOOGLE STREET VIEW

    L’affaire Benalla démontre, de manière spectaculaire, à quel point la vidéosurveillance protège bien plus les puissants que les citoyens ordinaires.

    Qu’en est-il, dès lors, pour les caméras gérées par la puissance publique ? Quelle confiance peut-on avoir dans un dispositif de surveillance permanente dont l’affaire Benalla a montré de manière éclatante qu’il peut être totalement détourné de son but premier ? Qui, en résumé, surveille les surveillants ?
    […]
    Alors, dans l’affaire Benalla comme dans d’autres, c’est finalement au citoyen, armé de son smartphone, d’un appareil photo ou d’une caméra portable, que revient la tâche ingrate de documenter la violence, plus spécialement lorsqu’elle émane, avec ou sans justification, des forces de l’ordre. Une forme d’« ubérisation » du contrôle de la force publique, en quelque sorte – quand les forces de l’ordre ne confisquent pas tout simplement les appareils photo et autres smartphones des témoins.

    #copwatching
    #quis_custodiet_ispsos_custodes ?

    • La note illégale de la préfecture de police de Paris autour de la conservation de la vidéo protection
      https://www.franceinter.fr/justice/la-note-illegale-de-la-prefecture-de-police-de-paris-autour-de-la-conser

      Dans l’affaire Benalla, trois policiers ont été mis en examen pour détournement d’images de vidéo protection. Mais les copies de cette vidéo protection étaient rendues possibles au quotidien à la préfecture de police de Paris. Autorisées par une note que France Inter s’est procurée.

      C’est une note qui date du 21 février 2017. Elle est signée de la main d’#Alain_Gibelin, directeur de l’ordre public et de la circulation, à la préfecture de police de Paris.
      Cette semaine, devant les députés, ce haut gradé de la police a dénoncé l’attitude de ses trois subordonnés qui ont transmis le 18 juillet à Alexandre Benalla, une copie de la vidéo protection du 1er mai, place de la Contrescarpe.

      Le préfet de police, Michel Delpuech, les a lui aussi accusés, publiquement, de « dérives inacceptables sur fond de copinages malsains ». Et le préfet de police de Paris de rappeler, devant la commission d’enquête de l’Assemblée nationale, que ces images auraient dû être effacées, au bout d’un mois. Comment donc expliquer qu’elles existent encore en juillet ?

      En fait, celui qui reconnaît avoir fait une copie de la vidéo surveillance dès le 2 mai, le commissaire #Maxence_Creusat, avait carte blanche dans son service pour le faire, selon cette fameuse note signée par Alain Gibelin. Car la note numéro 16/2017, que France Inter s’est procurée, autorise l’extraction d’images de vidéo protection, dans le cadre de retours d’expérience, pour des synthèses internes à la préfecture de police de Paris, au sein de la cellule Synapse, dont était chargé le commissaire Creusat.

  • https://offensivesonore.blogspot.com/2018/07/cartographie-de-lislamo-gauchisme.html

    Cartographie de l’Islamo-Gauchisme

    Emission du 20 juillet 2018, nous recevons @lieuxcommuns pour parler une nouvelle fois de l’islamo-gauchisme avec la sortie d’une infographie qui permet de visibiliser cette mouvance. Le phénomène islamo-gauchiste semble paradoxal : une partie de la gauche et de l’extrême-gauche soutiennent l’extrême-droite musulmane. C’est pourtant la convergence construite entre les héritiers des totalitarismes marxistes et la montée du totalitarisme islamique. Ils en reprennent méthodes de propagande, schémas victimaires, idéologies complotistes, certitude d’être dans le Sens de l’Histoire, volonté d’instaurer le Bien sur Terre en luttant contre le Mal, par tous les moyens...

    #audio #radio #offensive_sonore #radio_libertaire #audio #islamismes #islamogauchisme #islamophobie #islam #gauchisme #religion#complaisance #paternalisme #lieux_commun #urss #postmodernisme #Islam #Politique #Religion #Houria_Bouteldja #Daniel_Obono #Edwy_Plenel #ccif #Alain_Soral #Rokaya_Diallo #Médine #Tariq_Ramadan #lamanifpourtous #extrème-droite #musulmans

    • . . . . . . .

      Excédé par la ténacité du russe, le plus capé des hiérarques socialistes pensera trouver la parade par une astuce, qui s’est révélée grossière, couvrant de ridicule son auteur, le ministre français des Affaires étrangères : Laurent Fabius a en effet proposé lundi 22 octobre 2012 la réforme du recours au Droit de veto au sein du Conseil de sécurité de l’ONU, préconisant que son usage soit réduit au seul cas où un état détenteur de ce droit était menacé d’une action hostile des instances internationales.

      Depuis la création de l’ONU, les pays occidentaux ont fait usage du droit de veto 132 fois contre 124 fois à l’Union soviétique puis de la Russie, dont onze veto américains en faveur d’Israël. Les Occidentaux sont donc bénéficiaires de ce passe-droit, qui leur a permis de bloquer l’admission de la Palestine en tant que membre de plein droit de l’organisation internationale. A l’analyse, la proposition de Laurent Fabius s’est révélée être un bobard diplomatique pour enfumage médiatique en ce qu’en voulant priver la Russie de son droit de veto en faveur de la Syrie, il privait, par ricochet, Israël de son bouclier diplomatique américain. Depuis lors, Fabius, petit télégraphiste des Israéliens dans les négociations sur le nucléaire iranien, frustré par ailleurs d’un Prix Nobel pour son bellicisme outrancier, a été placé en état de congélation politique avancée par sa promotion à la Présidence du Conseil Constitutionnel.

      Alain Juppé, un autre hyper capé de la méritocratie française, a eu droit au même traitement énergisant du russe. Se vantant avec son compère du Qatar, Hamad Ben Jassem, de faire de la bataille de Bab Amro (Syrie), « le Stalingrad du Moyen orient », février 2012, -qui s’est révélé un des grands désastres militaires de la diplomatie française-, Lavrov, excédé par la morgue de son homologue français lui a tout bonnement raccroché au nez sans jamais le reprendre au téléphone jusqu’à son départ du Quai d’Orsay.

      Auparavant, l’anglais David Milliband, impertinent et quelque peu présomptueux, a entrepris de dicter au téléphone les termes d’une résolution qu’il entendait soumettre au vote dans le contexte du conflit russo-géorgien en Ossétie du Sud (Août 2008) : la réponse du russe, mémorable, demeurera dans les annales de la diplomatie onusienne : « WHO ARE YOU TO F***ING LECTURE ME » qui peut se traduire selon la version soft : « Qui es-tu ? pour me dire ce que je dois faire !? » et selon la version hard : « Qui es-tu, putain ! pour me faire la leçon ! ». Ah qu’en termes élégants ces mots-là sont dits.

      . . . . . . .
      #hillary_clinton #david_miliband #william_hague #alain_juppé #laurent_fabius #hamad_ben_jassem #saoud_al_faysal

  • L’Eugénisme En Marche - ou Heureux les pauvres en esprit car le royaume de la manipulation génétique leur est promis Gérard COLLET - 23 Juillet 2018 - Le Grand Soir
    https://www.legrandsoir.info/l-eugenisme-en-marche-ou-heureux-les-pauvres-en-esprit-car-le-royaume-

    Le sieur Laurent Alexandre, ci-devant urologue et actuel entrepreneur [1] a récemment confié à l’Express une tribune fort humblement intitulée « Pourquoi #Bourdieu avait tort » [2]. Voilà donc le sort de P. Bourdieu et d’un pan de la sociologie scellé sans appel par les 50 lignes à l’emporte-pièce du tribun.

    Les lignes en question au demeurant, et quelque provocantes qu’elles paraissent, semblent avoir soulevé fort peu d’intérêt, ne déclenchant apparemment pas le moindre buzz : une recherche sur l’Internet ne mentionne en effet qu’une seule recension notable d’ailleurs fort peu élogieuse, et une critique acerbe qui à vrai dire s’intéresse davantage au journal qu’il l’a publiée qu’à l’auteur [3].

    Ce faible écho n’est guère surprenant, car le tribun, sous des dehors révolutionnaires au sens #macronien du terme, n’y fait montre que du positivisme le plus suranné, d’un #scientisme béat qu’on croyait passé de mode, et du réductionnisme le plus élémentaire. Toutes ces qualités étant rehaussées il est vrai d’un si singulier manque de curiosité. En effet, M. Alexandre semble ignorer les mises en garde précises et nombreuses de l’auteur grâce auquel il pense pulvériser pour le compte Pierre Bourdieu et tous les travaux mettant en évidence l’importance du milieu dans la réussite sociale. Enluminées aussi d’un esprit si rigoureusement critique qu’il passe sous silence les réflexions de fond sur le réductionnisme scientifique pourtant au principe de son article historique.


    Reste que quelques aspects conjoncturels de cette tribune, bien inscrite dans l’air du temps, suggèrent de creuser un peu plus avant le pourquoi et le comment d’un tel pétard mouillé. Car ce pétard passablement truqué œuvre à l’accréditation lancinante d’idées fort dangereuses.

    Qui est L.A.
    Il est évidemment utile de connaître une part du parcours et des engagements de l’auteur afin de tenter comprendre d’où il parle, pourquoi il le fait, et quels sont les credo intellectuels et politiques qui constituent le soubassement de son interprétation des travaux en neurologie et en sciences cognitives. Et ses éventuels intérêts trébuchants.
    Si l’on en croit sa biographie telle que décrite par Wikipédia et confortée par nombre d’articles répertoriés sur le web, L.A. est donc médecin urologue, mais il est bien davantage un représentant de la classe IEP/ENA et créateur d’entreprises. Personnalité libérale proche d’#Alain_Madelin, il est également présent dans la presse via ses rachats et plusieurs journaux font obligeamment place à ses credo.

    L’essentiel de ses interventions (tribunes, conférences) se situe dans le domaine des « technologies », en particulier celles de l’ingénierie génétique ; elles révèlent un héraut du #transhumanisme dissertant complaisamment sur l’immortalité à court terme et les éventuels bienfaits « humanistes » des dites #NBIC. Cette passion visionnaire restant bien entendu totalement indépendante de ses intérêts personnels, investis entre autres dans une société de séquençage d’#ADN. Celle-ci n’étant que le prolongement concret de celle-là.

    On trouve également parmi ses fort nombreuses déclarations, des prises de position erratiques et tonitruantes sur le sujet, allant de la mise en garde alarmiste contre les apprentis sorciers à la #futurologie enthousiaste. Le dénominateur commun étant comme par hasard l’appel à des « investissements massifs ». Car L.A. n’ignore évidemment pas que les avancées technologiques fulgurantes en NBIC et en IA ne tombent pas du ciel, ni de laboratoires marginaux et improvisés, mais sont bel et bien le produit de choix politiques influencés par les nombreux lobbyistes si attentifs au progrès humain...

    Que nous dit-il ?
    De manière fort simpliste [4], L.A. assène des chiffres dont la signification est assez sibylline, mais qu’il explicite aimablement pour nous après les avoir radicalement simplifiés :

    On sait aujourd’hui que l’ADN détermine plus de 50 % de notre intelligence. L’école et la culture familiale ne pèsent pas beaucoup face au poids décisif de la génétique.

    La formule chiffrée présente la compacité d’une publicité de pâte dentifrice ou de crème anti-rides, et le pourcentage bien rond est évidemment garant d’élégance scientifique [5].

    Cette rigueur prend cependant quelques libertés avec l’arithmétique : les deux parts de 50% sont apparemment modulées par un mystérieux coefficient idéologique, puisque la moitié revenant à l’école et à la culture « ne pèse pas beaucoup », tandis que l’autre moitié est « décisive ». Voilà donc une manière singulière d’accommoder les chiffres à la sauce ingénierie génétique.

    On apprend ensuite que pour la lecture elle-même, le rôle de l’école et de l’environnement culturel est marginal. Et l’on se prend à regretter que l’analyse soit encore incomplète puisqu’elle peine toujours à démontrer que le gène de la lecture est usiné à l’origine pour la lecture syllabique et tout à fait incompatible avec la lecture globale.

    En dépit de ce petit goût d’inachevé, le degré de précision des analyses mentionnées est tel qu’il laisse envisager qu’il faudrait doubler l’effort individuel et la contribution familiale des malheureux ayant reçu un « mauvais #patrimoine » pour qu’ils puissent espérer concurrencer les heureux #héritiers [6].

    Notre tribun s’essaye ensuite à démontrer que l’évidente corrélation entre #QI et #pauvreté est taboue [7], ce qui participe incontestablement au déclin de la France.

    Alexandre insiste lourdement, dans de nombreux articles, sur le rôle joué par le QI (et par son origine génétique sous-entendue) dans la « réussite » [8]. Derrière cette affirmation s’en dissimule (mal) une seconde : celle de l’origine raciale de cet « avantage comparatif » génétique.

    L. Alexandre prend ici appui sur le phénomène amorcé en France par la sidération des sphères ministérielles devant les résultats des enquêtes internationales de « compétences ». Le nouveau ministre, comme ses prédécesseurs, se devant de fournir une explication. Qui mette si possible hors de cause les choix institutionnels.

    Pour ce qui concerne la lecture, les résultats de l’enquête #Pirls (Programme international de recherche en #lecture #scolaire, touchant les écoliers de CM1) n’étaient pas très bons en 2012 (cf. Le Monde du 13/12/2012). Ceux de 2017 sont encore plus mauvais, au point de déclencher une prise de parole quasi immédiate du ministre de l’Éducation nationale.

    Mais alors ? La baisse continue du QI de la France [9], d’emblée imputée par le ministre aux horreurs du « #pédagogisme », traduit-elle une baisse génétique corrélée ? Les résultats comparés au niveau européen représentent-ils le potentiel génétique des différentes populations ? Faut-il révéler que les irlandais sont particulièrement doués de gènes performants, et les maltais particulièrement handicapés par leurs #gènes insulaires ?

    En fait, contrairement à ce que disent ces auteurs, sans cesse pleurnichant sur les interdits dont ils seraient victimes malgré les titres de presse et les chaires dont ils disposent dans les journaux, c’est bien l’idée d’un « héritage » des dons qui est la plus répandue. On en trouve trace partout dans le langage, dans les récits historiques, et dans les discussions de Bar du commerce [10].

    Énoncer la théorie #complotiste de l’éléphant dans le couloir est en effet une contre vérité totale [11].

    Reste juste à préciser ce que sont ces « capacités » devenant subrepticement « intelligence » [12]. Mais il est assez clair que l’unité de mesure suggérée ici est en dernier ressort la capacité à « créer sa boîte » et à « développer » l’ « #innovation » susceptible d’arracher des « parts de marché ».

    Il existe en fait deux variétés de fans des fondements génétiques de « l’intelligence » : il y a les « conservateurs », dans l’acception macroniste du monde, pour qui la #race, l’origine, la #caste... disent tout sur l’intelligence de manière définitive, et il y a les « progressistes », En Marche vers l’amélioration de l’espèce, qui dissimulent leur condescendance de classe derrière le vœu pieu de « réparer » les héritages pénalisants. Ces derniers peuvent alors se réclamer d’un « humanisme » qui fleure bon la pitié charitable, mais en réalité se placent d’emblée dans le cadre de la guerre de tous contre tous : la supériorité chinoise doit être surclassée de toute urgence !

    Ce discours a pour but d’ancrer l’idée de supériorités « naturelles » indiscutables, de contrer toute réflexion suggérant des politiques égalitaires voire compensatoires, et surtout de rendre « l’égalitarisme » responsable du « déclin », par l’étouffement de l’énergie des plus doués. Lesquels bien évidemment ne rêvent qu’entreprise, reprises, placements, start-up, concurrence et parts de marché.

    Ce que font semblant d’ignorer ces tartuffes, c’est que l’égalitarisme n’est pas un « programme » mais une attitude philosophique et politique refusant l’enfermement des individus pour cause d’hérédité, de race, de couleur, de QI. Ils feignent d’avoir oublié que l’assise des anciens régimes féodaux était précisément de cette nature, de même que celle des privilèges ici, des castes là-bas. Que la déclaration des droits de l’homme est une déclaration de principe et d’intention et prétend justement affranchir l’Homme d’un calcul de QI ou des résultats d’un séquencement de #génome.

    Les malheureux semblent n’avoir pas compris, que la relativisation de l’interprétation du QI et la défiance vis-à-vis de son utilisation partent du même principe qui refuse que l’on prétende définir, limiter, arrêter le devenir d’un individu, son chemin, ses désirs et sans ambitions en lui opposant un bête chiffre censé le résumer.

    Mais le point d’orgue de l’article en est sans conteste l’émouvant prétexte humaniste : lutter contre le déterminisme génétique pour compenser les inégalités. Beau projet. En contradiction cependant avec l’opposition radicale et méprisante à « l’égalitarisme ». Car l’égalitarisme on le sait, est gauchiste, irresponsable et contraire au progrès lorsqu’il s’agit d’éducation, mais il devient humaniste et porteur d’avenir dès qu’il s’agit d’ingénierie génétique.

    Pourquoi cette tribune n’a pratiquement aucun intérêt scientifique et frôle l’imposture.
    Il faut d’abord noter que les déclarations à l’emporte-pièce de #Laurent_Alexandre ne se préoccupent d’aucune des mises au point de R. Plomin lui-même, et ne font allusion qu’à des aspects parcellaires des travaux de P. Bourdieu.

    Comme le rappelle en effet dans un article assez complet la rédaction du site Chronik [13], les découvertes de Plomin ne nient pas, contrairement à ce que fait croire Laurent Alexandre, l’influence de l’environnement : bien au contraire, elles lui donnent une place fondamentale. Dans un article de 2004 publié par l’American Psychological Association,Robert Plominexplique en effet : http://webspace.pugetsound.edu/facultypages/cjones/chidev/Paper/Articles/Plomin-IQ.pdf

    « Si l’influence des facteurs génétiques sur l’intelligence est d’environ 50 %, cela signifie que les facteurs environnementaux expliquent le reste de la variance. »
    
 
Plus grave encore, selon les mêmes auteurs, la présentation donnée par notre tribuniste émérite constitue l’erreur type que dénonce R. Plomin :

    Nombre de lecteurs de bonne foi peuvent comprendre que l’intelligence de leur enfant est à plus de 50 % déterminée par les gènes dont il a hérité. Mais voilà, c’est précisément cette manière de « comprendre » qui est la plus importante contre-vérité, la plus grave erreur, la « number one fallacy » contre laquelle nous prévient Plomin, notamment dans son interview à la BBC en octobre 2015. [14]

    Le site Mute fournit pour sa part de manière bien documentée quelques précisions sur le travail entrepris par Plomin et son équipe :

    Mais lorsque des centaines de milliers de marqueurs génétiques furent ainsi passées au crible, les chercheurs n’ont trouvé que quelques associations entre des SNPs (polymorphismes d’un seul nucléotide), dont le plus efficient expliquait un peu moins de 1 % de la variance aux tests psychométriques, et les autres moins de 0,4 % (cf par exemple Harlar 2005, Craig 2006, Butcher 2008). L’effet est si faible qu’il faut répliquer ce genre d’études pour exclure les faux positifs. Et, en aucun cas, on ne trouve pour le moment de gène massivement impliqué dans les différences d’intelligence entre individus. De plus, Les deux propriétés essentielles sont ici la pléiotropie (un même gène a plusieurs effets) et la polygénicité (un même trait dépend d’une multitude de gènes) [15]

    Ce qui adoucit singulièrement les déclarations à l’emporte-pièce de L.A., mais nécessite il est vrai un peu plus de réflexion.

    D’où sortent encore des chiffres hallucinants de précision comme :

    Nos différences de capacités de lecture en sont issues à 64 % du patrimoine génétique, la famille, l’école et nos efforts individuels n’y sont que pour un tiers.

    Mais de quelle lecture s’agit-il donc, et comment sont mesurées ces « capacités » ?

    Par ailleurs, il y a une contradiction absolue à avancer ces affirmations et dans le même temps à charger les méthodes d’apprentissage de tous les maux. Et comment interpréter alors avec un tel prisme les nombreux résultats d’enquêtes internationales ? Le surgissement des « capacités » des chinois, coréens et autres signe-t-il donc une modification de leur patrimoine génétique [16], eux qui étaient considérés il y a un siècle comme des « peuples de coolies » [17] ? Ou bien seuls 50% de ces résultats sont-ils attribuables aux gènes chinois ?

    Ou bien encore, la #Chine aurait-elle, avant-même les « #start-up » macroniennes et nonobstant les brevets en gestation dans l’entreprise de L.A., découvert la pierre philosophale NBIC permettant la production en série de génies de la recherche-développement ?

    Ignorent-ils aussi, Alexandre et ses followers , qu’au XIX° siècle les premiers touristes anglais riches qui visitent notre pays, et singulièrement les Alpes (E. Whymper entre autres), y sont stupéfaits par l’omniprésence du « crétinisme » et l’arriération générale des populations qu’ils découvrent. Il faut croire que là encore un phénomène improbable a modifié les gènes des alpins pour en faire, au XXI° siècle des humains quasi normaux.

    On pourrait également renvoyer L.A. -mais il est vrai qu’à la date de sa tribune il ignorait probablement les faits- au rapport parlementaire [18] rendu public ce printemps.

    On y lit par exemple :

    Le département (93) cumule des taux de chômage, de pauvreté et de difficultés scolaires bien supérieurs aux moyennes nationales. Face à ce constat, les moyens humains y sont pourtant inférieurs aux autres territoires : deux fois moins de magistrats, par exemple, au tribunal d’instance d’Aubervilliers, que dans un tribunal parisien équivalent. Dans les écoles « le moins bien doté des établissements parisiens est mieux doté que le plus doté des établissements de la Seine-Saint-Denis »

    Les dés sont donc singulièrement pipés, et il devient très délicat, M. Alexandre, de distinguer ce qui relève de la supériorité des gènes des élèves parisiens de ce qui relève du milieu, n’est-il pas vrai ?

    A travers l’ensemble de ces recherches, au fond, il apparaît que les liens désespérément recherchés entre « gènes » et « intelligence » s’obstinent à ne pas se montrer, et bien entendu, à part Laurent Alexandre on ne trouve pas un seul chercheur pour suggérer encore qu’il existerait des « séquences de code » directement responsables de l’intelligence. Si toutefois il avait pris la peine de tenter une définition de la dite intelligence, mais sans doute veut-il encore faire croire que le QI dont il se gargarise dans nombre d’interventions est un indicateur largement satisfaisant.

    Plus honnête, croisant les réflexions des neurologues, de l’épigénétique, de la sociologie, de la psychologie, de la pédagogie, des sciences cognitives en général, l’article pourrait alors se résumer à la formule :

    P’têt bien que l’héritage génétique a une certaine influence sur l’intelligence, et p’têt bien que l’environnement, les conditions de la croissance et de l’éducation en ont aussi une.

    Ce qui avouons-le est totalement renversant et en surprendra plus d’un. Et que Pierre Bourdieu admettait parfaitement [19]. Notre hardi tribuneur aurait certes gagné à lire quelques autres textes plus larges et plus synthétiques sur le sujet [20] ; mais une compréhension correcte, étayée, de bon sens et non biaisée n’était sans doute pas dans le propos de L.A., archétype des vulgarisateurs à l’affût de bribes de travaux scientifiques susceptibles d’apporter de l’eau à leur moulin quitte à en commettre une exégèse aventureuse. Toutes époques, tous les intérêts et toutes les idéologies ont tenté ainsi de subtiliser les travaux de recherche. Et à l’ère technocratique, surtout s’ils produisent de beaux chiffres [21].

    Au final, l’apport de la tribune alexandrine serait inexistant si elle n’était faussée et caricaturale, et s’il ne tirait des conclusions tout à fait gratuites, primaires et dangereuses.

    On voit donc sans effort exagéré transparaître dans le texte publié par l’Express, ce que L.A. et un certain nombre de commentateurs ont voulu faire dire à R. Plomin, lequel comme on l’a vu s’en est bien défendu.

    Il s’agit essentiellement de prétendre raviver la querelle #inné-acquis sur de nouvelles bases incontestables parce que chiffrées, pour espérer enfin faire basculer l’histoire dans le sens de l’inné. Or quelles que soient les intentions charitables (et surtout pragmatiques) affichées, vouloir à tout prix privilégier l’inné est une démarche enfermante, celle-là même qui renvoie les dominés à leur prétendue #infériorité « naturelle ». Discours que l’on retrouve dans les discours de tous les dominants, de l’esclavage au nazisme en passant par la droite américaine la plus obscurantiste et ségrégationniste. Alors que le choix de l’éducabilité est par nature émancipateur, qui présuppose une égalité de principe et s’attache à la rendre réalisable.

    Il s’agit aussi de redonner vie au #scientisme [22], que l’on croyait durablement disqualifié mais qui ressurgit de ses cendres à chaque « #innovation #R&D ». Il s’agit d’y ajouter hypocritement la promesse de l’amélioration génétique, faisant ainsi le lit d’un transhumanisme au masque humaniste et égalitariste. Hypocrisie fort utile cependant à toute la #startuposphère de l’ingénierie génétique, qui trépigne d’impatience à l’idée de pouvoir un jour fabriquer de l’humain OGM et tenter de damer le pion à la croissance de Facebook.

    Reste que si cette promesse est déçue, comme celle de l’immortalité au bout du chemin de la recherche NBIC, il demeurera la « démonstration » de la nature génétique des différences d’intelligence, justifiant bien entendu les différences de statut humain.

    Il s’agit enfin d’accréditer obstinément une approche réductionniste, fétiche des technocrates avides de chiffres. Un réductionnisme dopé par l’informatique et sa nouvelle dimension « big data » qui n’en est pas avare, et en produit bien davantage que tous les L.A. de la terre peuvent en digérer.

    Il semble pourtant que, prévenu par Karl Popper, tout scientifique sait les limites de cette approche, mère du déterminisme. Car si le réductionnisme peut selon Popper constituer une étape méthodologique fructueuse, il ne peut en aucun cas constituer une doctrine, et l’extrapolation de résultats « réduits » à la réalité est toujours hasardeuse [23].

    Et l’on retrouve également dans cette rhétorique le projet de la sociobiologie, qui prétend expliquer tous les comportements humains sur des bases biologiques, puis plus tard génétiques. Et nombreux sont les scientifiques de toutes disciplines qui ont mis en garde contre un schéma explicatif dont ils dénoncent les évidents effets pervers tant socio-politiques que scientifiques.

    Ou tout cela nous mène-t-il ?
    On serait donc tenté de conclure que la tribune en question est tout simplement totalement dénuée d’intérêt, et n’est qu’un pot-pourri d’approximations, de contre-vérités, de travestissements partiaux de résultats scientifiques, d’absence de réflexion et de rigueur. De soupçonner qu’elle n’était là que pour faire acte de présence dans les média et rester en vue. Le premier réflexe serait donc de l’ignorer simplement et de ne plus jamais ré-ouvrir le journal qui l’a publiée [24].

    Mais ce serait oublier que ce texte poursuit en réalité deux objectifs bien précis, complémentaires, et lourds de conséquences.

    Le premier est d’alimenter en eau fraîche le moulin de la macronie en avançant l’hypothèse de « start-up » susceptibles de doper au CRISPR-Cas9 l’intelligence française dont L.A. et ses amis nous révèlent qu’elle laisse tant à désirer, et qu’elle sera bien insuffisante dans le « monde réel » de la lutte de tous contre tous [25].

    Le second est que compère L.A., par là même avance ses pions en tentant de montrer tout ce que l’ingénierie génétique pourrait apporter à l’économie française, se chiffrant comme à l’ordinaire en points de croissance et donc en créations d’emploi. Hypothétiques. En tous cas en perspectives radieuses pour les intérêts de ce secteur prometteur.

    L’invocation du ministre #Blanquer, de son proche collaborateur Dehaene et de la vision macronienne du monde souligne d’ailleurs la nature éminemment politique de la prétendue avancée scientifique :

    .. C’est-à-dire accentuer la stratégie du ministre Blanquer, développer la recherche en pédagogie et donner des moyens aux grands spécialistes de la cognition : Stanislas Dehaene, François Taddei, Franck Ramus...

    Et bien entendu l’approche « pédagogique » suggérée est majoritairement centrée sur cette vision selon laquelle, comme le déclare volontiers S. Dehaene, l’imagerie cérébrale va ouvrir les portes à la compréhension de l’acte de lire. Loin de cette équipe l’idée de s’appuyer sur les travaux pédagogiques d’approche globale et humaine : il s’agit plutôt d’un « retour à l’ancien monde (!), avec la glorification du modèle purement transmissif. Et elle ignore superbement l’ensemble des travaux de fond, de longue haleine, nourris de savoirs, de savoir-faire et d’expériences multiples. Là encore, « La #Science » aurait tranché de manière indiscutable et désigné les procédures « efficaces ». Il n’est pour s’en rendre compte que de lire certaines réactions approfondies aux projets du ministre [26].

    Tout ce galimatias n’a finalement pour but que de déguiser sous les aspects d’une « science dure » à la mode, capable de présenter des chiffres et des images numériques, une démarche idéologique non explicitée.

    Or cette démarche conduit tout naturellement à faire surgir un eugénisme -bien entendu positif- et à un transhumanisme justifié par la concurrence déloyale et le péril du « gène jaune » augmenté [27]...

    Il y a là, répétons-le, le fond commun de tous les racismes, les esclavagismes, les misérabilismes et de toutes les formes de mépris social : la volonté de renvoyer les dominés à leur place en affirmant qu’ils sont « nés comme ça ». On l’a trouvé à toute époque et sous tous climats, et la convocation des « neurosciences » (extrapolées, tronquées, manipulées, parfois même trahies) n’est que le nouvel alibi justificatif, paré des plumes de l’imagerie cérébrale.

    Laurent Alexandre, toutefois, manque singulièrement d’audace dans la voie qu’il s’est tracée, et hésite à exposer toutes les conséquences prévisibles de son approche de l’inné et de l’acquis : s’il se lâchait vraiment, il nous révélerait sans aucun doute la base génétique des inégalités qui perdurent entre hommes et femmes. Mais nous proposerait bien vite une ingénierie susceptible d’upgrader le second chromosome X des malheureuses.

    On sait évidemment l’idée de « l’amélioration de la race » vieille comme le monde, elle n’a pas attendu L.A., ni le « traitement de textes génétique » ; et depuis le II° Reich jusqu’aux inventeurs du transistor, nombreux sont ceux qui ont parié sur cette voie... Sans grand succès et avec moult dégâts.

    Un chemin beaucoup plus direct vers l’amélioration de la race que celui prêché par L.A. (encore que pas accessible à tous) fut en effet imaginé dans les années 80 du XX° par une Banque des spermes d’exception créée par R.K. Graham [28]. C’était aux US bien entendu, la Chine n’étant alors pas encore le point de mire des eugénistes. L’un des plus célèbres des généreux et altruistes donateurs fut William_Shockley, glorieux inventeur de l’effet transistor et prix Nobel de physique 1956 [29].

    Mais il semble bien, hélas, qu’aucun des rejetons des spermatozoïdes hyper-performants n’ait inventé la Moulinette-à-faire-la-vinaigrette ni même le Repasse-limaces, et l’on ignore si le « pack » fourni par la Banque Graham comprenait à la fois le gêne des semi-conducteurs et celui des traces de paranoïa...

    La seule nouveauté de cette tribune est donc bien sa conclusion en forme d’humanisme en trompe l’œil : certes les nuls sont nuls de naissance et aucune éducation n’y pourra rien, mais la macronie dans sa grande générosité (à moins qu’il s’agisse de pragmatisme) va les aider en faisant appel à L.A. et ses collègues. Elle va « réparer » ces mal dotés de l’ADN, et du même coup de ciseau génétique assurer les « avantages concurrentiels » de la France face à l’Asie.

    L’émouvant slogan : « Se battre et dynamiter le déterminisme génétique ! » claque comme une bannière progressiste, et propulse même L.A. et toute la techno-sphère macronienne dans l’univers sulfureux de l’insoumission, de la révolte, de la lutte finale contre les injustices de la nature...

    Le procès, ici, est clair et a deux aspects complémentaires. Affirmer la grande générosité visionnaire des nouvelles équipes gouvernementales, prêtes à faire la courte échelle aux sous-doués pour qu’ils viennent faire concurrence aux élites. Conforter la volonté de Macron de transformer la France en start-up nation, en privilégiant les visées réductionnistes et scientistes de Blanquer [30] et des équipes de numéricologues et de leur amis entrepreneurs. Lesquels n’attendent que les investissements massifs (publics ?) qui vont leur permettre de créer les « boîtes » de demain [31]. Et tout cela sans laisser place une seconde à la réflexion sur le monde dans lequel ils prétendent ainsi nous entraîner.

    Il n’est au reste pas surprenant que tout ce que la macronie compte de Laurent Alexandre et autres hérauts de la croissance innovante s’empare avec gourmandise de travaux tels que ceux de l’équipe de R. Plomin. Quitte à ne lire que la surface des résultats scientifiques, à se hâter de détourner les travaux pour les citer à l’appui de leur vision orientée du monde.

    Et c’est dans ce droit fil qu’apparaît l’argument massue : la dénonciation hypocrite de la licence qui régnerait en Chine vis-à-vis de l’IA et du transhumanisme : « Aucune norme éthique ne semble freiner les transhumanistes chinois ».

    Et c’est pour mieux conclure : « La Chine disposera d’un avantage considérable dans la société de l’intelligence », suggérant que les « lois de la concurrence » nous obligeraient aussi à accepter à contrecœur l’eugénisme du XXI° siècle à visage (trans)humain.

    Gérard COLLET

    [1] D’une société belge de séquençage ADN selon sa biographie Wikipédia.
    [2] Voir : https://www.lexpress.fr/actualite/sciences/determinisme-pourquoi-bourdieu-avait-tort_2002043.html
    [3] Sciences : peut-on publier n’importe quoi dans L’Express... En un mot : oui. Voir : http://www.acrimed.org/Sciences-peut-on-publier-n-importe-quoi-dans-L
    [4] Mais il est vrai que le format « Tribune » de l’Express ne permet pas de faire dans la dentelle.
    [5] On sait en effet très bien qu’Oral-B élimine 100% de plaque dentaire en plus, que par certaine crème anti ride « l’ovale du visage est redéfini pour 82 % des femmes » tandis que 96% des femmes constatent plus de fermeté...
    [6] En effet, « Nos différences de capacités de lecture sont issues à 64 % de cet héritage, tandis que la famille, l’école et nos efforts individuels n’y sont que pour un tiers. » Or il est clair que 2 x 33 % est supérieur à 64 %.
    [7] Tabou indiscutablement lié à la domination culturelle des idées crypto-marxistes, diffusées sournoisement par les chaînes de télévision et les organes de presse écrite.
    [8] Voir par exemple : https://www.lexpress.fr/actualite/sciences/face-a-l-intelligence-artificielle-le-tabou-du-qi-est-suicidaire_1894152.ht puis aussi : https://www.lexpress.fr/actualite/monde/asie/manipulations-genetiques-augmentation-cerebrale-la-chine-est-ultratranshuma
    [9] Statistiquement s’entend, car il y demeure heureusement quelques grands esprits échappant à la malédiction.
    [10] A titre d’exemple, cet extrait de L’Autre Amérique, Arte, 29/5/2018. : « Ce portrait le Justin Trudeau présente en beau gosse bien né, fils de Pierre Elliott Trudeau [...]. Outre ce lignage, qu’en est-il des convictions de Justin, de sa vision pour le Canada [...] . »
    [11] Cette théorie a été popularisée par Mme Smith-Woolley, une élève du professeur Robert Plomin, personnalité controversée qui a longtemps soutenu l’idée que l’intelligence est très fortement héréditaire. Elle compare la génétique à “l’éléphant dans le couloir” [en référence à l’expression anglaise “the elephant in the room”, qui évoque un problème évident que personne ne veut ou ne peut voir et ne veut discuter, ndt] et pense qu’elle devrait être enseignée aux futurs professeurs. Toby Young, libertarien provocateur et activiste en matière d’éducation, apparaît comme co-auteur de cet article. M. Young s’est récemment attiré l’opprobre pour avoir écrit que la génétique étant le facteur dominant de la réussite scolaire, les écoles ne faisaient que peu de différence. (https://www.lenouveleconomiste.fr/financial-times/reussite-la-spirale-du-succes-63020)
    [12] Dont le sens reste propriété de M. Alexandre. En tous cas, il n’aura pas la place de les définir.
    [13] https://chronik.fr/denigrement-de-pierre-bourdieu-laurent-alexandre-t-nom.html
    [14] Voir note précédente.
    [15] Article publié sur le site Mute : http://we-the-mutants.blogspot.fr/2008/09/plomin-et-la-chasse-aux-gnes-de.html
    [16] http://www.bilan.ch/techno/made-china/le-succes-du-systeme-scolaire-chinois
    [17] En tous cas par les entrepreneurs de l’époque, ancêtres spirituels de L.A.. A ce sujet, on lira avec intérêt Cochinchine de Léon Werth.
    [18] L’état recule en Seine Saint-Denis, rendu public en mai 2018.
    [19] Voir note 11.
    [20] Albert Jacquard dans « L’Héritage de la liberté » expliquait de manière lumineuse l’articulation des deux genèses.
    [21] Rapprocher des instrumentalisations de Darwin (Contresens_Darwin) Voir aussi https://lesamisdebartleby.wordpress.com/2017/09/09/lecobusiness-de-darwin-leur-evolution-et-la-notre : l’entreprise Darwin à Bordeaux !)
    [22] Tout problème humain quel qu’il soit peut être résolu par « la science ».
    [23] Voir à ce sujet Karl Popper ou la connaissance sans certitude, ChapitreXVII Échec au réductionnisme, Page 109.
    [24] Voir à ce sujet l’article d’ACRIMED : « Sciences : peut-on publier n’importe quoi dans L’Express ? »
    [25] Selon Acrimed, il s’agit là d’ « un article pseudo-scientifique cachant mal ses objectifs politiques : défendre une certaine vision de l’éducation, en l’occurrence celle du gouvernement actuel ». Voir note 1.
    [26] Dans ce contexte, la création du conseil scientifique, présidé par Stanislas Dehaene et où neurobiologistes et psychologues cognitivistes sont dominants, est une forme de coup de force qui, de plus, désorganise le paysage français de l’évaluation où les acteurs sont déjà nombreux. (Fondation Copernic – Axel Trani (coord.) : Blanquer : un libéralisme autoritaire contre l’éducation, Éditions Syllepse.
    [27] Selon une autre « tribune tonitruante de L.A. : https://www.lexpress.fr/actualite/monde/asie/manipulations-genetiques-augmentation-cerebrale-la-chine-est-ultratranshuma
    [28] Le narcissique homme d’affaires pense que son action va permettre de maintenir « un certain niveau d’intelligence » dans une société américaine en crise. Graham avait 38 ans d’avance sur L.A..
    [29] Selon sa biographie Wikipédia : A partir de là, les tendances dominatrices et paranoïaques de Shockley commencèrent à s’exacerber. Et il s’évertua à éclipser les deux autres co-inventeurs du célèbre effet.
    [30] M. Blanquer ne limite évidemment pas sa vision à cette facette. Cependant il est clair que le ministre veut une place primordiale pour les neurosciences et affirme volontiers que sur plusieurs débats pédagogiques « la science a tranché ». Confortant ainsi l’approche réductionniste.
    [31] M. Alexandre, pour sa part, ne pourra pas participer pleinement à ces investissements massifs en France, puisque sa biographie le décrit comme résident fiscal belge. (Wikipédia cite à ce sujet « L’Obs). Mais il pourrait bien en profiter.

  • Macron, le Médiocrate 13 juin 2018 - Anticons
    https://anticons.wordpress.com/2018/06/13/macron-le-mediocrate

    Réformateur, pragmatique et efficace, il est “l’homme que nous attendions”, nous laissent entendre des responsables des grands médias. Intellectuellement, il fut très proche du philosophe Paul Ricoeur, nous rabâchent ses admirateurs. Dès 2014, Attali annonçait :  « Macron sera président en 2017 » ,  « Nous avons élu un oiseau très rare ! » nous dit Kouchner.  « Il a résisté pendant quelques secondes à la poignée de main Donald Trump » commente Christophe Barbier. « L’échange est ferme, viril mais correct, et hisse la France au niveau de l’Amérique » garantit l’éditocratie.  « Macron c’est moi, en mieux » certifie Sarkozy.  « Il est mi-Kennedy, mi-Alcibiade » écrit BHL toujours bien inspiré (Alcibiade fut condamné à l’exil et Kennedy mourut assassiné). Pour Alain Minc, « Macron, c’est Bonaparte Premier consul « . Alain Juppé  « partage en grande partie » la vision d’Emmanuel Macron. Valéry Giscard d’Estaing « distribue des bons points » à Macron. Bref, cet échantillon de louanges dithyrambiques indique à quel point Emmanuel Macron est le modèle d’une très grande partie de la classe politico-médiatique. N’ayons pas peur des mots, Emmanuel Macron fait consensus auprès des oligarques.
     


    Esprit éclairé ou confusion mentale ? Macron, le best of !
    Nous avons sélectionné quelques citations emblématiques du Président Macron. Parmi les constantes figure en premier lieu la certitude pour lui d’être un homme d’exception. D’autre part, Emmanuel Macron à une fâcheuse tendance à perdre son sang froid dès qu’il est contrarié. Ajoutons que notre Président méprise totalement les classes populaires. Enfin, autre point inquiétant, Emmanuel Macron ne cesse de se contredire et, peut-être pire encore, il semble prendre ses croyances pour des vérités absolues. Voyons cela plus en détails.

     « Je ne suis que l’émanation du goût du peuple français pour le romanesque »

     « Aujourd’hui, je ne suis pas prêt à faire les concessions que m’impose le Parti socialiste, c’est-à-dire m’excuser d’être un jeune mâle blanc diplômé. En d’autres temps, c’était un avantage compétitif inouï. Un jeune mâle blanc inspecteur des finances, il y a soixante ans, était le maître du monde »

     « Dans la politique française, cet absent est la figure du roi, dont je pense fondamentalement que le peuple français n’a pas voulu la mort »

     « Je mise sur la révolution démocratique »

     « Il faut des jeunes Français qui aient envie de devenir milliardaires »

     « Il aurait fallu une Margaret Thatcher à la France »

     « Fillon, c’est Thatcher dans les années 80, la France mérite mieux que ça »

     « Je n’ai pas de leçons à recevoir. »

     « Le meilleur moyen de se payer un costard, c’est de travailler »

     « Le libéralisme c’est la loi du plus fort, l’esprit des réformes que nous proposons c’est tout l’inverse »

     « Le libéralisme est une valeur de gauche »

     « Je suis maoïste, […] un bon programme c’est ce qui marche »

     « La politique c’est mystique »

     « Quand t’es jeune, 35h c’est de la pipe »

     « Travailler plus, sans être payé plus »

     « Monsieur Trump » ou  « l’Américain » : « N’oubliez jamais que si vous êtes une nation libre, c’est parce que des ambitieux sont partis de ces terres avec l’amour de la liberté, avec le même rêve, le rêve français, le rêve européen. Monsieur Trump, n’oubliez jamais ce que vous nous devez. La liberté, votre existence, c’est celle de Lafayette, c’est la nôtre »

     « Avec Trump, nous contribuerons à la création d’un ordre mondial du 21e siècle pour le bien de nos concitoyens »
    https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=DXcrghQfslU

     « Il y a dans cette société (Gad), une majorité de femmes, il y en a qui sont pour beaucoup illettrées, pour beaucoup on leur explique : Vous n’avez plus d’avenir à Gad ou aux alentours. Allez travailler à 50 ou 60 km ! Ces gens-là n’ont pas le permis de conduire, on va leur dire quoi ? »

     « Si j’étais chômeur, je n’attendrais pas tout de l’autre, j’essaierais de me battre d’abord »

     « Mes prédécesseurs n’avaient absolument aucune idée pour l’Europe »

     « J’ai une loyauté personnelle envers François Hollande. Je lui dois de m’avoir fait confiance et de m’avoir nommé au gouvernement. En même temps, lorsqu’un président nomme quelqu’un ministre, il le fait parce qu’il pense que c’est bon pour son pays, pas pour en faire son obligé »

     « François Hollande, sa présidence bavarde et son “absence d’idée” sur l’Europe »

     « Comme De Gaulle, je choisis le meilleur de la gauche, le meilleur de la droite et même le meilleur du centre »

     « Je suis l’anti-système »

     « J’ai condamné toujours la colonisation comme un acte de barbarie. […] La colonisation fait partie de l’histoire française. C’est un crime contre l’humanité. Ça fait partie de ce passé que nous devons regarder en face en présentant aussi nos excuses à l’égard de celles et ceux envers lesquels nous avons commis ces gestes »

     « En même temps, il ne faut pas balayer tout ce passé et je ne regrette pas cela parce que – il y a une jolie formule qui vaut pour l’Algérie – la France a installé les droits de l’homme en Algérie, simplement elle a oublié de les lire. […] Tout en reconnaissant ce crime, je ne veux pas qu’on tombe dans la culture de la culpabilisation sur laquelle on ne construit rien »

     « Une gare, c’est un lieu où on croise les gens qui réussissent et les gens qui ne sont rien, parce que c’est un lieu où on passe, un lieu que l’on partage »

    Difficile, au milieu de tant d’inconséquence, de comprendre comment Macron a pu séduire autant de français. Le philosophe Alain Deneault montre qu’Emmanuel Macron, à l’instar de Justin Trudeau, premier ministre du Canada depuis novembre 2015, est devenu une figure charismatique uniquement parce que des médias complaisants lui attribuent plus de qualités qu’il n’en a réellement.

    Une figure de proue de l’extrême centre…
    Alain Deneault définit l’extrême centre comme un nouvel ordre politique qui s’efforce de liquider les notions de droite et de gauche. Cette nouvelle droite, puisque nous allons voir qu’il s’agit bien de cela, s’applique selon lui à garantir plus d’argent pour les multinationales, plus de dividendes versés aux actionnaires, plus de facilité d’accès aux paradis fiscaux, moins de services sociaux, et le démantèlement des droits des travailleurs.
     « Emmanuel Macron, c’est Robin des bois à l’envers : il prend aux pauvres pour donner aux riches » a déclaré le journaliste François Ruffin. Et au vu du bilan de sa première année de présidence, il semble difficile de donner lui tort :

    • Suppression de l’impôt sur la fortune (ISF) dès 2017
    • Suppression de l’impôt pour freiner l’exil fiscal (exit tax) pour 2019
    • Suppressions de 120 000 postes de fonctionnaires
    • Gel du point d’indice et rétablissement du jour de carence pour les fonctionnaires
    • Diminution des aides au logement
    • Hausse de la CSG
    • Stigmatisation des chômeurs
    … pour ne retenir que quelques mesures.

    https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=ZnWgYicjYAQ


    Il n’y a rien de nouveau sous le soleil, serait-on tenté de dire, puisque l’économiste libéral Milton Friedman soutenait qu’une entreprise ne devrait pas avoir de  « responsabilité sociale » envers le public ou la société. Pour Friedman, le seul souci qui doit peser sur l’entreprise est d’accroître les profits pour ses actionnaires ainsi que pour elle-même. Pour les tenants de la doctrine Friedman, en particulier Reagan, Thatcher et Pinochet, la question sociale doit être subordonnée au bon vouloir de l’initiative privée. Une théorie très fortement contestée par la journaliste Naomie Klein qui démontre que la plupart des citoyens s’appauvrissent tandis que les élites corporatives gagnent une énorme richesse. En janvier 2018, l’ONG Oxfam International rapportait dans un rapport consacré à l’année 2017 que les 1% les plus riches ont empoché 82 % des richesses créées cette année-là, tandis que la moitié la plus pauvre de l’humanité n’en n’a pas eu une miette.

    L’extrême centre ne tolère pas d’opposition
    Deneault explique clairement que l’#extrémisme ne s’évalue pas en fonction du curseur gauche-droite. L’extrémisme nous dit-il, est l’attitude qui consiste à être intolérant à ce qui n’est pas soi. Ainsi, l’extrême centre se présente arbitrairement comme étant “le” centre. L’extrême centre serait donc en somme l’équilibre, la voie médiane qui évite raisonnablement les deux extrêmes. Mais comprenons bien qu’il s’agit avant tout d’une posture. Or la question du positionnement faussement modéré ne date pas d’hier, et l’exemple le plus parlant est peut-être celui d’ #adolphe_thiers qui fut le fut le premier président de la République française (1871-1873), partisan libéral dans un premier temps d’une monarchie constitutionnelle. Adolphe Thiers est l’une des figures emblématiques de l’histoire du #Centre_Gauche, dont il est la représentation de la fausse modération. Honoré de Balzac s’inspirera de Thiers pour créé Eugène de Rastignac, un personnage qui est décrit par Balzac comme ambitieux et prêt à tout pour parvenir à ses fins. L’extrême centre au nom de la raison est violent, cruel, destructeur et aveugle nous enseigne Deneault. Partant de là, rappelons-nous qu’en novembre 1831 débutait à Lyon la première révolte des Canuts, ces ouvriers de l’industrie de la soie. Contre les insurgés, Thiers déclara :  « il vaut mieux l’arme blanche que l’arme à feu » . Ce qu’il voulait, c’était éviter de lire dans la presse :  « On tire sur le peuple » . Les canuts se soulèveront à nouveau en 1834. Cette nouvelle insurrection sera une fois encore réprimée dans le sang par le ministre de l’Intérieur de l’époque, Adolphe Thiers. La Commune de Paris est une autre période insurrectionnelle de l’histoire de Paris. Elle s’est développée à partir du 18 mars 1871 pour aboutir à la fameuse  « Semaine sanglante » du 21 au 28 mai 1871. Le chef du pouvoir exécutif Adolphe Thiers, réfugié pour l’occasion à Versailles, lancera contre la capitale cinq corps d’armée. Le résultat sera terrible, avec plus de 20 000 victimes dont beaucoup de femmes et d’enfants. Et bien évidemment, pour Macron… Thiers a sauvé la République en 1871.
    https://blogs.mediapart.fr/jean-claude-meyer-du-18/blog/100518/thiers-sauve-la-republique-en-1871-selon-macron

    Médiocratie : La marque de l’extrême centre
    En politique selon Deneault, être médiocre signifie satisfaire une oligarchie. Aussi la médiocratie est incarnée par l’extrême centre, commente-t-il. Deneault insiste sur le fait que la  « médiocrité” est en français le substantif désignant ce qui est moyen, tout comme supériorité et infériorité font état de ce qui supérieur et inférieur. Il n’y a pas de  « moyenneté » . En conséquence la médiocrité désigne le stade moyen érigé au rang d’autorité.

    Pour Deneault, la principale compétence d’un médiocre est de reconnaître un autre médiocre. Ensemble, ils organisent des réseaux afin d’établir un puissant système de collusions et de renvois d’ascenseurs. Dans un article précédent consacré à Emmanuel Macron, il nous était apparu important de faire la liste des groupes de pression et des réseaux très opaques du patronat qui gravitent autour de notre nouveau président.

    Et comme il faut bien que l’extrême centre se distingue de la droite stricto sensu, la duperie va s’accomplir dans la bonne humeur. Étant entendu que c’est uniquement le maquillage qui distingue l’extrême centre de la droite à papa, la mystification repose par conséquent sur une #novlangue. La “théorie du ruissellement” selon laquelle “enrichir les riches profite à tout le monde” est contestée par le Gouvernement Édouard Philippe car trop droitière dans son apparence ? Qu’à cela ne tienne, le problème est contourné par Emmanuel Macron en personne, qui lui prône la théorie des  « premiers de cordée » _. Mais comprenons bien que chez Macron, le premier de cordée n’est pas l’instituteur, ni même l’infirmière, l’ingénieur ou l’ambulancier. Les premiers dans le logiciel Macron sont les #réseaux qui lui ont permis d’accéder au pouvoir.

    Les médiocres sont au service d’instances transnationales
    Si nous suivons Alain Deneault dans son raisonnement, nous sommes tous potentiellement des médiocres. Nous sommes donc susceptibles de régresser intellectuellement et moralement. De ce fait, la minorité possédante (oligarchie) qui nous domine et qui emploie Macron met tout en œuvre pour faire de nous des médiocres. Cet asservissement a pour but de nous imposer des protocoles qui insensiblement modifient les consciences, justifiant en cela un discours qui vante les bienfaits de la concurrence. En conséquence, il est facile de comprendre comment la dialectique peut devenir guerrière.

    Souvenons-nous : a posteriori, nous avons eu la confirmation que l’explication humanitaire à la guerre de Libye n’était qu’un prétexte. Bis repetita au printemps de cette année : l’histoire se répète avec Macron en Syrie. Cette fois-ci l’acte qui déclenche les hostilités et une (présumée) attaque chimique à la Douma le 7 avril 2018. En quelques jours, ce qui n’était que supposé va devenir avéré dans les bouches du trio Emmanuel Macron, Theresa May et Donald Trump. Ce qui est remarquable, c’est qu’il y a peu de temps encore, la presse occidentale présentait ce dernier comme un adepte des théories du complot, tout en l’accusant d’être à la solde de la Russie, qui attendrait un retour sur investissement.

    Rappelons donc qu’Emmanuel Macron vient de s’allier à deux États, en l’occurrence les États-Unis et la Grande Bretagne, qui dans un passé récent ont sciemment menti pour envahir l’Irak, et sur bien d’autres motifs de guerre. Qui sont donc ses “amis” ? La guerre d’Irak ou seconde guerre du Golfe commence officiellement le 20 mars 2003. A cette époque, Theresa May était Présidente du parti conservateur qui a toujours soutenu la guerre en Irak. Donald Trump lui, a promu (en mars 2018) le néoconservateur John Bolton au poste très influent de conseiller à la sécurité nationale. En bon néoconservateur, Bolton fut un farouche partisan de la guerre en Irak et du concept de guerre préventive. En 2002, il enterre le protocole de vérification de la convention sur les armes biologiques. En 2002 encore, il signe la lettre qui indique que les États-Unis renoncent à toute participation à la Cour pénale internationale (CPI). Puis Trump nomme Gina Haspel à la direction de la Central Intelligence Agency (CIA). Gina Haspel a été directement impliquée dans la pratique de la torture de détenus. Dans le Washington Post, John Kiriakou, ancien officier du contre-terrorisme de la CIA, explique qu’il est allé en prison pour avoir divulgué les tortures de la CIA. Gina Haspel a aidé à les dissimuler. En s’associant sans la moindre légitimité au duo Trump / May, Macron vient en notre nom à tous, de légitimer la quintessence du Monde selon Bush : torture, traitements cruels, séquestrations illégales, ingérences, guerres sous faux prétextes, (…). Cela nous ramène à la conclusion d’un dossier précédent, où il nous était apparu nécessaire de souligner qu’étape après étape, la pensée politico-médiatique dominante en France est devenue néoconservatrice.

    Confus et nébuleux
     « La grosse colère d’Emmanuel Macron face aux eurodéputés hostiles aux frappes en Syrie « , titra la presse sous l’influence des réseaux de l’OTAN, après que la question des preuves d’armes chimiques lors des attaques en Syrie ait été soulevée à l’Assemblée européenne. Une intervention “irresponsable, risquée et sans perspective politique”, indiquaient certains responsables politiques européens, qui notaient que Trump, May et Macron avaient agi sans preuves ni mandat de l’ONU.

    Face aux eurodéputés hostiles aux frappes en Syrie, Macron s’improvisa défenseur de la veuve et de l’orphelin, et s’adressa à son opposition en ces termes :  « Les mêmes, les mêmes qui à chaque fois s’indignent devant les images que nous avons vu, d’enfants, de femmes, morts d’attaques de chlore, les mêmes, restons-nous assis ? Défendons nous des droits en disant ‘les droits c’est pour nous, les principes c’est pour nous, la réalité c’est pour les autres ? Non, non ! » Le reste est tout aussi indigeste, mais surtout le Président Macron répond totalement à côté, car la seule chose qui lui fut demandée était tout simplement de fournir ses preuves. Par la suite la “médiocrasphère” viendra à la rescousse du nouveau boss :  « Révisionnistes, dégueulasses, sont ceux qui réclament des preuves » , affirme #BHL qui sans vergogne recourt une fois encore au point Godwin (l’arme favorite des médiocres).

     « Bonnet blanc, blanc bonnet »
    Selon les critères définis par A. Deneault, il n’est pas vain d’établir une ressemblance entre le néo-conservatisme et l’extrême centre. Rappelons que le néo-conservatisme est une variante du conservatisme. Sa spécificité est de conserver les caractéristiques du conservatisme traditionnel qui promeut des valeurs établies issues de coutumes et de traditions. Ces règles (foncièrement opposées au progressisme) sont ainsi combinées à l’individualisme, que le #néo-conservateur qualifie de libre entreprise. Sur ce point, la convergence avec le président français est établie par Forbes le magazine d’affaires américain pour qui Macron est le leader des marchés libres.

    Dès qu’ils ont eu accès à des postes de pouvoir et d’autorité, les néo-conservateurs ont approuvé la totalité des programmes anti-sociaux. Pour eux, seules les initiatives privées ont pour fonction de renforcer l’action sociale, via le financement d’organisations religieuses qui ont seules la vocation à s’occuper des pauvres et des marginaux. Autant dire que chez les #néocons l’aide sociale, qui repose en principe sur des actions d’insertion, de prévention et de secours, doit-être réduite à sa plus simple expression. La promotion de la #philanthropie est également le leitmotiv du programme économie sociale et solidaire de La République En Marche.

    Dans leur logique, l’État est relégué au rang de simple auxiliaire des conglomérats de la finance, de l’énergie et de l’armement. Moins de ressources pour les classes populaires et plus de dividendes pour les groupes financiers constituent également la ligne économique et sociale de l’extrême centre comme nous l’avons vu précédemment. La seule différence est relative à sa forme. Le plus souvent les #néoconservateurs ont migré du trotskisme pour aller vers la droite. De Trotksy, les néocons ont conservé l’idée d’exportation de la révolution, qu’ils ont fait évoluer en ingérence américaine. En résumé, ils se revendiquent ouvertement à la fois pro-israéliens, anticommunistes et anti-New Deals. Ainsi pour les néocons, la réglementation en matières économiques et sociales est un échec. L’extrême centre quant à lui avance masqué. Ses objectifs profonds sont tout aussi cruels que ceux du néo-conservatisme. Mais Deneault nous signale que le médiocre de l’extrême centre est cool, jeune, nouveau, sympathique dans sa présentation. “Il faut penser printemps” prêche son illustre représentant Emmanuel Macron. Cela nous rappelle Michel Clouscard qui surnommait George Pompidou  « l’oncle libéral débonnaire » .

    Ne perdons pas de vue qu’avant de cautionner la politique pro-Arabie Saoudite, pro-Israël, et anti-Iran que mène Donald Trump, les poids lourds du néoconservatisme, déjà membres influents du parti républicain, avaient jeté leur dévolu sur la candidate Hillary Clinton qui reste par ailleurs une référence de l’extrême centre.

    Ainsi nous comprenons pourquoi, vis à vis des crimes de guerre israéliens, l’extrême centre se situe toujours dans un semblant de consensus. Le plus souvent cela débouche sur des formules expéditives. Par exemple Macron appelle Netanyahou au  « dialogue » avec les Palestiniens. Sans mentionner Israël, Trudeau a condamné  « l’emploi présumé d’une force excessive et de munitions réelles » qu’il juge  « inexcusable » . Mais ces annonces laconiques ne débouchent jamais sur aucune action concrète, et leurs contenus sont invariablement ponctués par des  « Israël est une grande démocratie » , ou encore  « A Paris, Macron joue la proximité avec le premier ministre israélien » .

    Le discours paradoxal
    Le médiocrate de l’extrême centre peut apparaître déroutant pour son auditoire, tant ses contradictions sont nombreuses. Ainsi pour battre Donald Trump, Hillary Clinton se revendiquait féministe et engagée pour les droits des femmes, alors même que parmi les donateurs de la fondation Clinton, nous retrouvons l’Arabie Saoudite, pays qui condamne les femmes adultères à la mort par lapidation.

    Dans le même style, le gouvernement Macron prétend vouloir déconstruire la désinformation et les théories conspirationnistes. Et simultanément la famille Macron entretient une relation fusionnelle avec #philippe_de_villiers qui est pourtant l’archétype du porte-parole au style paranoïaque selon les critères définis par l’historien américain Richard Hofstadter, lorsqu’il établit le portrait robot du théoricien de la conspiration à partir de postulats caractéristiques. Ces postulats nous les retrouvons dans les livres de Philippe De Villiers. Pour lui :

    1.  La conspiration dure depuis plusieurs décennies
    2. Il y a allégeance à une puissance étrangère (le monde arabe)
    3. La France sacrifie ses valeurs
    4. Les arabes imposent leur langue et leur religion
    5. L’alliance France-monde arabe s’appuie sur une politique commune hostile à la chrétienté
    6. Il y a complicité des instances dirigeantes française
    7. Il y a complicité des médias
    8. L’idéologie islamique imprègne les institutions scolaires et universitaires.

    https://www.youtube.com/watch?v=P4U3wBAcMSg

    Pour la petite histoire, vous noterez aussi que d’un côté règne l’harmonie parfaite avec Philippe de Villiers, “tête de gondole du pôle vieille France” qui se revendique 100 % souverainiste, tandis que d’un autre côté Macron entretient des relations étroites avec Daniel Cohn-Bendit et Romain Goupil, deux figures du libéralisme libertaire qui se proclament foncièrement européistes. S’il y a autant de contradictions en médiocratie, c’est tout bonnement parce que l’extrême centre est avant tout la sphère des faire-valoir et des faux-semblants. C’est ainsi que Nicolas Hulot a été nommé ministre de la Transition écologique et solidaire par Emmanuel Macron, alors que ce dernier multiplie les camouflets à l’encontre de son ministre et souhaite même rétablir les chasses présidentielles ?… Il va de soi que cet héritage de la monarchie se pratique uniquement entre pairs.
    https://www.francetvinfo.fr/culture/cinema/festival-de-cannes/video-quand-emmanuel-macron-fait-une-apparition-dans-le-film-de-daniel-

    Conclusion : un “Président des riches » _
    Il n’est ni Machiavel, ni Alcibiade, ni Kennedy, ni Bonaparte. Plus modestement il est le représentant d’une droite qui n’a jamais cessé de modifier son apparence. Son objectif ? Déconstruire méthodiquement le modèle social français. Ses arguments, une fois l’emballage retiré, sont ceux qu’utilisent les différentes droites depuis des lustres :  « nous sommes soumis à la concurrence internationale » , « le nombre des fonctionnaires doit-être réduit » , « il faut impérativement contrôler les chômeurs », « les cheminots sont des privilégiés » , « nous devons insuffler un élan méritocratie » et enfin  « baissons massivement les impôts des plus riches afin que la théorie du ruissellement opère » .

    Il est clair que pour des raisons de convergence d’intérêts, les milliardaires qui possèdent la presse ont pour la plupart soutenu la candidature de notre nouveau président, qui dispose désormais de la quasi-totalité des moyens de communication pour promouvoir sa politique. Ce constat nous renvoie à la question centrale : Pourquoi les médiocres de l’extrême centre dépensent-ils autant d’énergie pour se déguiser ? Ne serait-il pas plus simple de déclarer : “Nous sommes avant tout au service d’une classe sociale communément appelée élite qui, puisqu’elle est élite, doit naturellement dominer” ?

    Selon toute vraisemblance la réponse à ces interrogations réside dans le fait que si les médiocres et en particulier Macron, nous imposent ce jeu de dupe, c’est parce que s’ils “mettaient carte sur table”, l’oligarchie qui les emploie n’aurait pas la moindre chance de conserver ses privilèges. Rappelons nous que la médiocratie est le monde des collusions et de la corruption. De ce fait, les médiocres trahissent une idée qui comporte trois mots : “Liberté, Égalité, Fraternité”. Cette devise est en fait l’ADN de la société républicaine. Fortement influencée par Du Contrat social de Rousseau, elle postule que les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits. Ainsi nous comprenons aisément pourquoi cet axiome qui est l’un des fondements de la morale moderne est incompatible avec l’affairisme, les réseaux, et le renvoi d’ascenseur que favorisent les médiocres de l’extrême centre

    https://www.youtube.com/watch?v=oXsFb6iCDZU

    Même si le peuple est tour à tour désabusé, désillusionné, perverti ou complice, les principes républicains sont implantés dans sa conscience par l’entremise de l’éducation. Spontanément, le tout-un-chacun juge le monde en vertu de cette maxime  « Liberté, Egalité, Fraternité » , que l’on retrouve déjà en gestation dans la littérature antique. L’universalité des valeurs républicaines a supplanté depuis longtemps la morale élitiste du droit divin. Le premier médiocrate à avoir pleinement intégré cette donnée s’appelait Adolphe Thiers. Royaliste à ses débuts, il évoluera vers un projet aux allures républicaines, ce qui lui permettra de combiner ses ambitions personnelles à une stratégie globale qui, sous couvert de libéralisme, garantira à une caste sociale la primauté sur la majorité. Depuis lors, la contre-révolution (représentée par les médiocrates) réinvente à intervalle régulier sa rhétorique pour continuer de faire illusion.

    Emmanuel Macron est la nouvelle égérie de la lignée médiocrate. La résurgence de son archaïsme ne laisse planer aucun doute sur ses véritables aspirations (de #Rothschild, de Villiers, Versailles, Chambord… ). Cependant, intuitivement, la plupart des français ont désormais compris à qui ils avaient affaire : Selon le sondage du mois de mai 2018 Odoxa-Dentsu Consulting, les trois quarts des français (72%) perçoivent Emmanuel Macron comme un  « président des riches » .

     #oligarques #alain_deneault #droite #gauche #centre #extrême_centre #canada #médiocratie #gouvernance #éditocratie #ISF #exit_tax #APL #CSG #chômeurs #milton_friedman #Social #Naomie Klein #citations
     #emmanuel_macron #guerre_aux_pauvres #macron #enmarcheverslefn #france #gouvernement_macron #réformes_antisociales

  • De l’émeute : l’Histoire et son Sphinx
    http://www.platenqmil.com/blog/2018/06/10/de-lemeute--lhistoire-et-son-sphinx

    Viennent ensuite les commentateurs pour qui les émeutiers sont des égarés, plutôt que le reflet de l’idéologie capitaliste. Pour ces essayistes, les émeutes sont une machine lancée sur une mauvaise trajectoire. L’échec est alors plus largement imputable à une gauche radicale en déréliction, incapable d’avancer une « alternative » ou un « programme politique » à même de canaliser, structurer et enfin diriger la rage des émeutiers. Žižek demande : « Qui réussira à diriger la rage des pauvres ? » Oubliez la possibilité que les pauvres puissent diriger leur propre rage.

    Il est facile de repérer les grandes lignes foncièrement condescendantes, communes à toutes ces réactions. A chaque fois, l’intellectuel attribue une sorte de fausse conscience aux émeutiers, afin de se rendre, lui (et c’est généralement lui), d’autant plus indispensable en tant que voix de l’autorité vacante. Ces intellectuels entendent dans les émeutes une question à laquelle ils se doivent de répondre. Ils ne réalisent pas que les émeutes sont plutôt une réponse à la question qu’ils se refusent à poser.

    #théorie #communisme

    • Pour la liaison, réflexion, car lu récemment :
      https://seenthis.net/messages/695845

      L’impuissance satisfaite du citoyennisme a beaucoup contribué à la (re)naissance d’un courant insurrectionnaliste dans les années 2000. Beaucoup de jeunes ont été séduits par des discours qui exaltaient l’affrontement avec la police lors du contre-sommet de Gênes en 2001, les émeutes de banlieues en 2005, la casse en marge de défilés syndicaux pacifiques et répétitifs. Il en est sorti une mouvance porteuse d’une critique foisonnante de la vacuité de l’existence sous le capitalisme et qui prétend avoir trouvé la panacée pour exercer un pouvoir sur sa vie et sur le cours du monde.

      […]

      Face à la vague sécuritaire, à l’omniprésence de la police, à la prolifération du contrôle électronique, imaginer des stratégies de subversion n’est pas simple. Mais ce qui est sûr c’est que l’appel à l’affrontement systématique avec les forces de l’ordre, au saccage et à l’émeute comme moyens de constituer une opposition à l’oppression actuelle, est fallacieux. S’il s’entend à la lettre comme un appel au combat physique, étant donné le déséquilibre des forces, c’est un appel au sacrifice. S’il s’entend de manière métaphorique, il dessert la révolte qu’il entend susciter car il insiste sur un moment de la lutte politique qu’il sacralise alors que ce n’est pas le plus important.

      La violence est parfois une exigence morale ou stratégique. Autour du chantier TGV Lyon-Turin, des trains de déchets nucléaires, (de la ZAD de Notre-Dame des Landes), le fait de tenir tête aux forces de l’ordre et d’infliger des dommages matériels peut marquer les esprits et faire exister un rapport de forces. Comment la violence pourrait-elle être exclue par un mouvement d’opposition puisque l’Etat de son côté ne l’exclut jamais ?

      Le pacifisme bêlant est exaspérant, mais la fétichisation de la violence qui figure l’affrontement avec l’appareil de répression comme une jouissance est franchement tendancieuse. Quand l’heure arrive de s’amuser dans les batailles rangées avec la police, c’est en règle générale par la grâce du travail politique accompli en amont, grâce à l’information, au débat, à des actions étayées par une parole publique, qui ont donné au combat une légitimité populaire telle que les autorités ne peuvent réprimer au-delà d’un certain point.

      Adopter l’émeute comme stratégie signifie qu’il n’y a plus rien à espérer et à construire ici-bas. Bien que la configuration politique contemporaine soit, à bien des égards, désespérante, ce n’est pas notre avis.

  • Alain Péters, le clochard céleste - Sur les traces du génial chanteur de La Réunion

    Il n’a laissé qu’une vingtaine de chansons, mais elles ont changé à jamais la musique de l’île de #La_Réunion. En ballade entre les champs de cannes à sucre et les volcans, #David_Commeillas part sur la piste d’#Alain_Péters, chanteur et poète maudit mort à 43 ans.

    Génie torturé, alcoolique et autodestructeur, Alain Péters a magnifiquement transformé le #maloya en poésie dans les années 70. Ses chansons sont plus proches de la mélancolie de #Nick_Drake ou de #Leonard_Cohen que des clichés d’une musique des îles forcément festive…

    Pour mieux saisir la création de Péters, David rencontre le groupe #Groove_Lélé qui nous initie au maloya, la musique traditionnelle des esclaves de La Réunion. Puis le grand chanteur Danyel Waro prépare un rougail à la morue en racontant ses souvenirs et ses regrets avec Péters. Carlos de Sacco du groupe #Grèn_Sémé nous conduit chez #Jean-Marie_Pirot, l’homme qui a réalisé ses rares enregistrements. Enfin le musicien #Labelle, esthète d’une musique électronique métissé, explique pourquoi Alain Péters est une inspiration évidente pour une génération créolisée.

    https://www.arteradio.com/son/61660068/alain_peters_le_clochard_celeste

    Mais qu’il est beau ce doc !

    L’échange Grèn Sémé / Jean-Marie Pirot... DanielWaro parlant de son ami... C’est une chance de pouvoir entendre ça. Merci David Commeillas !

    #musique #histoire #podcast #Arte_Radio

  • « Manifeste "contre le nouvel antisémitisme" » : délirant, provoquant | Textes à l’appui | Là-bas si j’y suis
    https://la-bas.org/la-bas-magazine/textes-a-l-appui/manifeste-contre-le-nouvel-antisemitisme-delirant-provoquant-indigent

    Il faut d’abord des informations claires, des études cohérentes, des analyses articulées mais surtout, avant tout, il faut des pédagogies fraternelles.

    #Dominique_Vidal #UJFP #Farid_Laroussi

    #Philippe_Val #Manuel_Valls #Nicolas_Sarkozy #Laurent_Wauquiez #Alain_Finkielkraut #islamophobie #islamophobe

  • Le macronisme au pouvoir (3/3) : pouvoir fort ou pouvoir faible ?
    https://www.mediapart.fr/journal/france/150418/le-macronisme-au-pouvoir-33-pouvoir-fort-ou-pouvoir-faible

    Emmanuel Macron. © Reuters L’hyper-président Macron bombe le torse à l’international, ne craint pas d’affronter « en même temps » les étudiants, les cheminots et les écolos, et met en scène son pouvoir « jupitérien ». Mais après un an à l’Élysée, a-t-on affaire à nouveau type de chef d’État ou à un colosse aux pieds d’argile ? Dernier volet de notre enquête.

    #France #Culture-Idées #Alain_Garrigou #Antoine_Vauchez #Didier_Fassin #Dominique_Rousseau #Emmanuel_Macron #Frédéric_Sawicki #Gérard_Bras #Nicolas_Roussellier #Olivier_Mongin #Pierre_Birnbaum #Pierre_Rosanvallon #Sandra_Laugier