#alain_de_benoist

  • Ci risiamo: il ministro Lollobrigida ha detto che non esiste una “razza italiana” ma “un’etnia italiana” da tutelare, soprattutto attraverso le nascite.

    Dopo la “grande sostituzione”, eccoci qui con un’altra teoria di estrema destra – quella del “differenzialismo”.

    l tentativo è chiarissimo: evitare le accuse di razzismo evitando l’impronunciabile “razza” e usando il più neutro “etnia”.

    Lo usa anche la Treccani!

    In realtà, come ha scritto Pierre-André Taguieff in diversi libri, “etnia” è un modo ripulito di dire “razza”.

    Questa innovazione linguistica la si deve ad Alain De Benoist, l’ideologo della “Nouvelle Droite”.

    Invece che fondarsi sull’inservibile razzismo “biologico-scientifico”, De Benoist si è concentrato sulle “differenze etnico-culturali”; da qui la definizione di “differenzialismo”.

    La faccio breve: siccome ogni “etnia” è “culturalmente” diversa, la convivenza è impossibile.

    Per vivere in pace, dunque, è meglio stare separati e non “contaminarsi”.

    È una forma di “razzismo politicamente corretto”, diciamo così, che ricorda sinistramente l’apartheid.

    Il pensiero di De Benoist non è affatto marginale, almeno all’interno di questo governo.

    Matteo Salvini anni fa ci faceva i convegni insieme.

    Ora invece è stato elogiato pubblicamente dal ministro della cultura Sangiuliano, e sarà ospite al Salone del Libro di Torino.

    Lollobrigida dice anche che occuparsi di natalità è un modo di “difendere la cultura italiana” e il “nostro modo di vivere”.

    Tradotto brutalmente: devono esserci più bambini bianchi.

    Altrimenti arrivano quelli «diversi» e si finisce con la “sostituzione etnica”.

    Insomma: dopo tutte le polemiche delle scorse settimane, rieccoci qui.

    Magari anche questa volta si tirerà in ballo “l’ignoranza”, o si accamperanno scuse di vario genere.

    Ma la realtà è che si tratta di precise scelte lessicali – e dunque politiche.

    https://twitter.com/captblicero/status/1656718304273104910

    #race #racisme #ethnie #terminologie #mots #vocabulaire #Lollobrigida #Italie #grand_remplacement #ethnie_italienne #différentialisme #Alain_De_Benoist #Nouvelle_Droite #extrême_droite #ethno-différentialisme #Francesco_Lollobrigida

    • Lollobrigida, l’etnia italiana e la leggenda della nazione omogenea

      Ci risiamo con una pezza che è peggiore del buco. Agli #Stati_generali_della_natalità (già il titolo meriterebbe un trattato filologico) l’irrefrenabile Lollobrigida, dopo avere detto, bontà sua, che è evidente che non esiste una razza italiana, ha dovuto colmare questa insopportabile lacuna, affermando che: “Esiste però una cultura, una etnia italiana che in questo convegno immagino si tenda a tutelare”. Esisterà dunque anche un’etnia francese (lo dica a bretoni e corsi), una spagnola (lo spieghi a baschi e catalani), una belga (l’importante che lo sappiano fiamminghi e valloni) o una inglese (basta non dirlo a scozzesi, gallesi e irlandesi). Ma forse no, lo stabordante ministro dell’Agricoltura sostiene il principio della purezza indicato peraltro nel punto 5 del Manifesto della razza: “È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici”.

      La cultura italiana sarebbe dunque completamente autoctona. In un libretto scritto nel ventennio dal fondatore del Museo di Storia Naturale di Torino, c’era un capitolo (credo fosse d’obbligo) sull’elogio della razza italiana, che si era conservata pura “nonostante qualche invasione”. Quasi commovente quel “qualche”, i nostri libri di storia sono pressoché un elenco di invasioni, ma forse, proprio per questo la cultura italiana ha toccato punte di eccellenza (non adesso) come nel Rinascimento. Proprio grazie alla sintesi di culture diverse, che si sono fuse in una proposta originale fondata sull’incontro con la diversità.

      Siamo tutti d’accordo che il pensiero occidentale deve molto (non tutto, ma molto) a quello dell’antica Grecia, ma nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia, Hegel sostiene, giustamente, che “gli inizi della cultura greca coincisero con l’arrivo degli stranieri”. Il tratto costitutivo per la nascita della cultura greca è quindi l’arrivo degli stranieri, di cui i greci avrebbero mantenuto “memoria grata” nella propria mitologia: Prometeo, per esempio, viene dal Caucaso, e lo stesso popolo greco si sarebbe sviluppato a partire da una “#colluvies” , termine che originariamente significava fango, immondizia, accozzaglia, scompiglio, caos.

      Gli Stati si differenzierebbero da quelle che chiamiamo “tribù” o etnia, perché contengono diversità, non omogeneità. Per quanto riguarda l’etnia, vale una celebre affermazione dell’antropologo britannico Siegfried Nadel: “L’etnia è un’unità sociale i cui membri affermano di formare un’unità sociale”. I Greci, peraltro, non associavano il concetto di #ethnos a un territorio, si poteva infatti essere greco anche in terre lontane, come volle esserlo Alessandro. L’etnicità di un popolo sta nel progetto.

      La storia viene spesso manipolata dalle élite, e l’identità evocata da chi sta al potere si fonda spesso sulla storia, o meglio su una storia, quella storia. Perché, come affermava Ernest Renan, per costruire una nazione ci vuole una forte dose di memoria, ma anche un altrettanto forte dose di oblio: “L’oblio, e dirò persino l’errore storico costituiscono un fattore essenziale nella creazione di una nazione (…) Ora l’essenza di una nazione sta nel fatto che tutti i suoi individui condividano un patrimonio comune, ma anche nel fatto che tutti abbiano dimenticato molte altre cose. Nessun cittadino francese sa se è Burgundo, Alano, Visigoto; ogni cittadino francese deve aver dimenticato la notte di San Bartolomeo, i massacri del XIII secolo nel Sud”.

      Dobbiamo fingere di ricordare ciò che ci unisce e dimenticare quanto invece, del nostro passato, ci divide. Oppure accettare, come sostengono Julian S. Huxley e Alfred C. Haddon che: “Una nazione è una società unita da un errore comune riguardo alle proprie origini e da una comune avversione nei confronti dei vicini”.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/12/lollobrigida-letnia-italiana-e-la-leggenda-della-nazione-omogenea/7158926

      #nation #homogénéité #diversité #culture #culture_italienne #ethnicité #identité

  • Alain de Benoist, du néofascisme à l’extrême droite « respectable » | Cairn.info
    https://www.cairn.info/revue-du-crieur-2017-1-page-128.htm

    Renoncer à unir les « comploteurs » et les « nostalgiques » est le fondement de la stratégie culturelle d’A. de Benoist. Tout comme la Nouvelle Gauche des années 1960 cherche à s’affranchir du poids mort que constituent à ses yeux les traditions communistes et sociale-démocrates, la Nouvelle Droite ne veut plus avoir à répondre de l’impuissance politique des extrêmes droites de l’époque. Cette stratégie, A. de Benoist lui donne un nom : « métapolitique », un terme aujourd’hui en vogue dans les milieux dits de la « Dissidence », organisés autour d’Alain Soral et Dieudonné. L’idée est simple : toute politique reposant sur une culture, quiconque est hégémonique dans la culture définit le spectre des politiques possibles. D’où l’idée qu’il faut agir sur ce qui se trouve en deçà (meta) de la politique, à savoir le langage et les catégories de la pensée. La métapolitique est une stratégie mise en œuvre par le plus faible contre le plus fort. Plutôt que de la combattre frontalement, le faible cherche à introduire patiemment ses catégories de pensée dans la culture dominante. Le résultat, nous l’avons sous les yeux aujourd’hui.La Nouvelle Droite se forme dans un contexte historique, les années 1960 et 1970, où les idées de gauche saturent l’espace public. D’où l’omniprésence des références à des penseurs révolutionnaires dans les écrits d’A. de Benoist, par l’entremise desquelles il cherche à convaincre son camp de l’importance de la reconquête intellectuelle. L’un des mythes savamment entretenus le concernant, énoncé par exemple dans ses Mémoires [10]
    [10]A. de Benoist, Mémoire vive, entretiens avec François Bousquet,…
    , est qu’il posséderait la plus grande bibliothèque privée de France. « Deux cent mille livres, ils sont dans une maison de campagne », m’assure-t-il lorsque je lui demande comment tous ces livres tiennent dans l’appartement dans lequel il me reçoit. La métapolitique absorbe l’air du temps. Elle se branche sur les débats dominants de l’époque de sorte à accéder au mainstream, et y faire passer en contrebande ses idées. Dans les années 1960, le mainstream intellectuel, c’est la gauche. L’appétence d’A. de Benoist pour la pensée de gauche persiste à ce jour « Je trouve qu’à la fois il y a un déclin de la gauche absolument terrible et, en même temps, c’est quand même la gauche qui a depuis quinze ou vingt ans écrit les choses les plus intéressantes. » Pendant notre entretien, il cite, pêle-mêle, Ernesto Laclau, Karl Marx, Toni Negri, Moishe Postone, ou encore Cornelius Castoriadis.L’ethno-différentialisme affirme que chaque peuple a un « droit à la différence », c’est-à-dire le droit de vivre comme il l’entend. Ce droit, il l’exerce chez lui, raison pour laquelle ce droit s’accompagne d’une hostilité de principe aux migrations. L’ethno-différentialisme est la version de droite du « multiculturalisme ». Le racisme biologique étant devenu intenable avec l’émergence de la « norme antiraciste » déjà évoquée, il s’est transformé en différentialisme culturel. Les « Européens » ont bien sûr eux aussi leur « droit à la différence ». Dans un texte paru en 1974 dans Éléments, intitulé Contre tous les racismes, A. de Benoist déclare : « Si l’on est contre la colonisation, alors il faut être pour la décolonisation réciproque, c’est-à-dire contre toutes les formes de colonisation : stratégique, économique, culturelle, artistique, etc. On a le droit d’être pour le Black Power, mais à la condition d’être, en même temps, pour le White Power, le Yellow Power et le Red Power [16]

    . » L’ethno-différentialisme, c’est la « décolonisation réciproque », autrement dit chacun chez soi. L’idée que les Blancs sont victimes de racisme, et doivent à ce titre être défendus, a fait son chemin depuis. En témoigne l’usage fait par la droite et l’extrême droite du thème du « racisme antiblanc » au cours de la dernière décennie.

  • L’enfant interdit - Comment la pédophilie est devenue scandaleuse | Pierre #Verdrager
    https://www.armand-colin.com/lenfant-interdit-comment-la-pedophilie-est-devenue-scandaleuse-9782200

    « (...) dans certaines sociétés, ce que nous appellerions des actes pédophile sont acceptés comme des actes naturels de la vie sociale » in Tom o’caroll paedophilia, p.38. Les sciences sociales dans leur ensemble n’ont cessé d’encourager ce type de raisonnement. Le schéma inférentiel qui sous-tend cette analyse est le même que celui des analyses de la sociologie critique qui tentent de rendre fragile l’état des choses en faisant référence à d’autres cieux, reprenant par là des arguments relativistes qui sont formulés depuis des siècles, lesquels déduisent de la variation des normes leur arbitraire. La démarche des sciences sociales critiques, qui font rimer variation et arbitraire et souhaitent mettre en évidence le caractère contingent d’éléments qui ne seraient que « naturalisés » parce que préalablement « intériorisés », fut donc fortement mise à contribution [pour défendre la pédophilie]. (...) Les défenseurs de la pédophilie furent des gens qui culturalisaient à tout bout de champ comme le font les professionnels (...) dans Gai Pied , on développe une passion pour les peuples primitifs (...) « près des Asmats, vivent les Marins Anim dont parle Van Baal dans son livre intitulé Dema (...) ils croient à la sodomie comme étant la seule voie possible pour l’enfant de devenir un homme. (...) » [ et Verdrager de donner d’autres exemples de ce « relativisme pédophile »].
    En indexant la variation des attitudes sur celle des latitudes, l’utilisation de l’argument anthropologique visait à rendre contingent et arbitraire le rejet de la pédophilie ayant cours en Occident. Et comme toujours, rendre contingent et arbitraire une pratique sur le plan sémantique aboutit à la rendre vulnérable à la déconstruction sur le plan pragmatique : la dynamique appelle la dynamite.

    (p56-57)

    #pédophilie #relativisme #argumentaire_pédophile

    • même type d’argumentaire là :

      L’enfance est une invention récente.

      Les caractéristiques qu’on lui attribue (innocence, vulnérabilité, dépendance, etc.) sont le produit d’une construction sociale. Les attentions spéciales, la « protection », le « respect » dont les enfants sont l’objet, ainsi que les institutions créées pour eux (l’école en particulier) servent avant tout à les tenir sous tutelle, à les priver de tout pouvoir sur leur vie, à les enfermer dans leur rôle, à les... infantiliser.

      En réexhumant ce texte qui, pour la première fois sans doute, étendait aux enfants l’analyse des mécanismes de domination, nous espérons bien contribuer à donner des outils de lutte à tous ceux, toutes celles -et particulièrement aux mineur-es- qui jugent que la « condition de l’enfance » est inaceptable.

      http://www.tahin-party.org/firestone.html

      peut-être avec de nouvelles visées émancipatrices qui m’échappent, où le sexe avec des enfants est estimé à sa juste dangerosité...

      Je n’ai jamais réussi à lire la domination adulte , notamment parce l’auteur repartait de schérer, comme s’il n’y avait que les penseurs pédophiles pour nous mettre sur la voie de... je ne sais pas trop quoi à vrai dire... parce que pour moi les enfants, depuis 50 ans, ont gagné énormément d’espace, de liberté, de respect... Je ne dirais pas que c’est la teuf, mais ces mouvements qui n’en finissent plus de reprendre l’argumentaire pédophile, en citant duvert, schérer et hocquenghem, comme encore une fois l’ultime libération... alors que les types ont causé des dégâts colossaux...

      L’enfant, en tant que catégorie socialement construite, (...)

      http://www.trounoir.org/?Lire-Hocquenghem-II-L-Education-antisexuelle

      #constructivisme #fabrique #fabrication #déconstruction

    • Toujours dans le chapitre sur la rationalisation de la pédophilie, sa tentative de légitimation par les sciences :

      #Réné_Schérer se référa à la biologie pour défendre l’idée que la puberté démarrait non pas à l’âge de quinze ans mais bien plus tôt, à six ans. Et si Schérer préférait défendre la pédophilie en affirmant la rareté de la pénétration, à Homophonies on a fait appel à des médecins pour certifier que la sodomie des enfants n’était pas un problème.

    • épistémologie bachelardienne va comme un gant à l’argumentaire pédophile (...) être favorable à la pédophilie c’est être du côté de la raison raisonnable et non de la pulsion incontrolée, du côté du petit nombre qui comprend et non de la grande masse qui s’égare, du côté de ceux qui pensent et non de ceux qui sont pensés.

    • La psychanalyse était puissante à un point qu’on a du mal à imaginer aujourd’hui. Omniprésente. Offrit un cadre d’analyse inespéré et réputé scientifique : si la société rejetait la pédophilie c’était qu’elle « résistait » à la sexualité infantile et parce qu’elle était mue par des « tabous ».

    • #élisabeth_badinter, dans son livre L’amour en plus : vise à #dénaturaliser l’amour maternel. En observant les variations du sentiment maternel à travers les âges, elle en conclut au caractère contingent de celui-ci. La conséquence pragmatique d’un tel constat consistait à libérer les femmes d’un amour auquel elles ne sentaient pas nécessairement vouées. Gérard Bach-Ignasse rapportait ainsi que dans dans sa plaidoirie pour la défense de Claude Sigala dans l’affaire du #Coral, son avocat fit référence à Badinter pour considérer des attouchements sexuels comme étant parfaitement anodins (...) chez #gai_pied et au #petit_gredin, cette référence fut également sollicitée : si l’amour maternel était historique et socialement contingent, alors il était arbitraire et n’était pas inévitable. Mutatis mutandis , on appliqua le même raisonnement à la pédophilie (...) cette inférence pouvait être facilitée par le fait que l’auteure défendait un sens très extensif de la pédophilie, puisqu’elle la voyait en toute mère : "je suis vraiment convaincue, affirmait-elle en 1993, qu’il y en a chez toute mère et cela me semble parfaitement naturel. Dans une publicité pour couche culottes, on voit cette images d’une extrême sensualité qui montre un petit bébé sur le ventre et s’approchant de ses fesses, une superbe bouche de femme avec du rouge à lèvres. Il me semble aberrant de hurler à la perversion lorsqu’il y a semblable situation entre un père et ses enfants.

    • Autre grande référence #Philipe_Ariès, l’enfant et la vie familiale sous l’ancien Régime , (...) qui visait à mettre en évidence une triple variation de la notion d’enfance.
      La première, ontologique. Selon l’auteur le « sentiment de l’enfance » (notion reprise par #Vigarello dans son travail sur le viol) n’a pas toujours existé. Il varie avec le temps. le moyen âge ne connaissaient pas ce sentiment. L’enfance aurait donc fait l’objet d’une découverte (...) Il y avait une symétrie,et non un hiatus, entre enfants et adulte.
      Deuxième variation axiologique : la haute valeur de l’enfance serait tardive elle aussi. Il citait Montaigne, qui affirmait avoir perdu « deux ou trois enfants » (...) Troisième variation : sexuelle. L’idée de l’enfant comme être sexué : c’est la psychanalyse qui l’apporterait. Elle aurait été inconnue avant. C’est la raison pour laquelle les adultes n’hésitaient pas à jouer avec le sexe des enfants (...) Paradoxalement, ce qui permettait ces jeux sexuels, était la putative asexualité infantile (...)
      Les théories constructionnistes dans le domaine du sentiment connaissaient un considérable succès dans les années 1980. La thèse de George Duby selon laquelle l’amour était une invention de l’Europe du XIIé siècle rencontrait un large écho et était relayée par la presse gaie. (...)
      Le propos d’Ariès fut tout à fait stratégiques pour les défenseurs de la pédophilie et c’est la raison pour laquelle il fut parfois mobilisé pour dénoncer le caractère réactionnaire, puritain ou rétrograde des normes de conduite proscrivant tout contact sexuel entre adultes et enfants. (...)

    • #Schérer : a soutenu le combat pédophile toute sa vie (...) Incursions dans l’histoire du droit (...) âge de la majorité sexuelle n’est pas éternel et a effectivement varié (...) Reprend argument de #Jean-Jacques_Passay, qui avait retracé l’histoire du droit des mineurs relativement au sexe dans le numéro « #fou_d'enfance » de la revue #Recherches, ou de #Jacques_Girard : l’apparition et le déplacement du seuil s’expliquaient par l’essor de la bourgeoisie puritaine, mouvement que devait amplifier le régime de Vichy. L’apparition et les variations de cet âge de consentement manifestait selon lui l’arbitraire de ce seuil. D’où sa dénonciation sur un mode historico-constructionniste qui fait dériver de la variation des normes leur aberration : sa sémantique historique était une pragmatique politique. S’il faisait l’histoire du droit, c’était pour tenter de conquérir le droit de faire ou plutôt de défaire, l’histoire.

      Autre argument : variation de l’âge de la puberté, selon les personnes et selon les époques (...)

      Rejetait la pédérastie pédagogique, car vectrice d’asymétrie. Pour lui « le pédophile (...) traite l’enfant qu’il désire ou qu’il aime (...) comme un véritable partenaire sexuel ». Schérer considérait que la famille était un lieu clos qui avait besoin d’un tiers. Elle contribuaient à la « fétichisation » de l’enfance. Par cette « mise en croyance », il désignait pragmatiquement deux groupes : ceux qui « croient » au fétiche, qui fait d’eux des croyants crédules, et ceux qui « savent » que l’enfant n’est pas sacré (...) Pour lui, la violence liée à la pédophilie était largement imputable aux peurs des représailles et non à la pédophilie en elle-même. Elle était non pas substantielle mais relationnelle. (...)

    • #Michel_Foucault : 1978 « la loi de la pudeur » Michel Foucault : « aller supposer que du moment qu’il est un enfant, on ne peut pas expliquer ce qu’il en est, que du moment qu’il est un enfant, il ne peut pas être consentant, il y a là deux abus qui sont intolérables, inacceptables ».

      La menace pesant sur la pédophilie lui paraissait viser la société tout entière : « autrefois les lois interdisaient un certain nombre d’actes (...) on condamnait des formes de conduite. Maintenant, ce qu’on est en train de définir, et ce qui, par conséquent, va se trouver fondé par l’intervention et de la loi et du juge et du médecin, ce sont des individus dangereux. On va avoir une société de dangers, avec d’un côté ceux qui sont mis en danger, et d’un autre côté ceux qui sont porteurs de danger. Et la sexualité ne sera plus une conduite avec certaines interdictions précises ; mais la sexualité, ça va devenir cette menace dans toutes les relations sociales, dans tous les rapports d’âges, dans tous les rapports des individus. C’est là sur cette ombre, sur ce fantôme, sur cette peur que le pouvoir essaiera d’avoir prise par une législation apparement généreuse et en tout cas générale » (in la loi de la pudeur ).

      Si Foucault propulsait son discours à de si hauts niveaux de généralité (...) ce n’est pas seulement parce qu’il jugeait les grands problèmes comme seuls véritablement dignes de lui, mais c’était aussi parce qu’il s’agissait d’enrôler un maximum d’acteurs dans la cause pédophile. Si la pédophilie ne concernait pas seulement les pédophiles mais tout un chacun, alors il convenait d’adopter un style prophétique impressionnant où « tout le monde » pouvait se sentir concerné.

    • Une partie de la gauche libertaire considère que l’abolition du statut de mineur permettrait de répondre aux violences sexuelles âgistes. Le raisonnement un peu résumé consiste à dire que sans catégorisation adulte-enfant, non seulement on facilite la « puissance d’agir » des jeunes mais en plus on expulse la notion de pédophilie et d’inceste, pour encourager la liberté dans les rapports amoureux et sexuels contre la morale puritaine, familialiste, âgiste. Qu’en pensez-vous ?

      D.D. – C’est un raisonnement qu’il est très difficile de contrer, les pro-pédophiles contestant tous les arguments en brandissant la responsabilité délétère de la morale sociale opposée à la libéralisation de la sexualité avec des enfants. Ce discours pro-pédophilie a coûté la vie à des tas d’adultes, anciens enfants ‘partenaires’ sexuels de pédophiles et qui n’ont pas supporté l’expérience dépersonnalisante et déshumanisante d’être un objet sexuel. Il faut être très clair à ce sujet : ni en France, ni ailleurs, je n’ai jamais lu, jamais entendu, jamais rencontré quelqu’un qui pouvait témoigner que la sexualité qu’il avait vécu enfant était sans conséquence néfaste sur sa vie adulte. Les bibliothèques sont pleines de témoignages allant dans le sens radicalement contraire. Même les enfants ayant grandi dans les années soixante-dix dans des milieux sociaux libertaires et intellectuellement favorables à la pédophilie témoignent de l’horreur rétrospective d’être le « partenaire » sexuel d’un adulte. Les pro-pédophiles sont de mauvaise foi et mentent ; il faut garder cela en tête.

      https://christinedelphy.wordpress.com/2021/01/11/viol-incestueux-et-on-ose-encore-dire-que-nous-ne-savions

    • bon on dira que je n’ai pas de vie, mais je vous explique le projet vite fait : j’ai lu ce livre et j’en recopie des passages pour m’en, peut-être, servir plus tard. Me dis que ça peut aussi être utile à d’autres (et c’est cool de savoir que je suis pas seul à lire ces merdes ha !)

      Donc la suite :

      DE LA PÉDOPHILIE CONSIDÉRÉE COMME UN DES BEAUX-ARTS

      Je la fait courte, d’aucuns font du chantage à l’avenir (ne pas louper l’art qui sera considéré important demain).

      Fameuse Pétition de matzneff

      ("si une fille de 13 ans à droit à la pilule, c’est pour quoi faire ?")

      Soit dit en passant, violence dans le ton qui me rappelle celle de ginsberg revendiquant son droit aux petits garçons. cf : https://seenthis.net/messages/885607]

      Tony Duvert fut très à la mode et constituait même l’incarnation de ce qui, alors, était dans le vent. Son nom apparu dans La Distinction de Bourdieu dans les propos d’un « jeune cadre qui sait vivre » comme symbole même des livres « un peu stimulants ». (...)

      Alors ça, je paye une bouteille à celle ou celui qui la retrouve :

      La brochure destinée à la jeunesse éditée en 1982 par le ministère de la Jeunesse et des Sports intitulé J’aime, je m’informe qui recommandait la lecture du Bon Sexe illustré, [de Tony duvert] texte vantant les mérites de la pédophilie et argumentant en sa faveur.

      Ce #pedoland_total.

    • LA POLITISATION DE LA PÉDOPHILIE

      Les mouvement pédophiles visaient la collectivisation de leur cause, d’une part en agrégeant les pédophiles entre eux et , d’autre part, en s’adressant au reste de la société, tant sur le plan national qu’international. (...) Ceux qui formèrent des collectifs pédophiles savaient bien que, pour compter, il fallait d’abord se compter car dans ce domaine, le qualitatif - que peut-on faire ?- était fortement lié au quantitatif - combien sommes nous ?

    • En France, c’est le GRED, qui, à partir de 1979 tenta d’imposer l’idée que la question de la défense de la pédophilie relevait de la politique. Ce groupe succéda aux éphémères FLIP, le Front de libération des pédophiles et FRED, le front d’action de recherche pour une enfance différente, mouvement qui ont vu le jour en 1977 pour s’éteindre aussitôt.
      (...)

    • Les difficultés étaient essentiellement liées à la redéfinition du pédophile non plus en tant que coupable d’abus, mais en tant que victime d’une législation « rétrograde ». La victimisation du pédophile se heurta à d’importantes difficultés car la place de la victime dans la relation pédophile était déjà occupée par l’enfant. La victimisation du pédophile, pour réussir, devait donc opérer une redéfinition de la place de l’enfant au sein de cette relation. Cela n’était pas une mince affaire, mais parut « jouable » aux acteurs de l’époque.
      Dans un tel cadre, les publications eurent un rôle très important (...) l’écrit donne du pouvoir (...)
      Au cours des années 1970 et 1980, toute une série publications appartenant peu ou prou à la mouvance pédophile fit son apparition. Backside vit le jour en 1981, pour quelques numéros. Revue de poésie dirigé par #Harold_Giroux qui avait pour sous-titre « écritures-sexualités » elle était pour l’essentiel consacré à des textes érotique illustrés de photo d’enfant nus (...)
      #Bernard_Alapetite fit paraître Beach boy (...) #Jean_Manuel_Vuillaume fonda quant à lui Palestra , (...)il publia de 1984 à 1990 une revue érotique Jean’s (...) qui comportait très peu de textes. Lorsque texte il y avait, il s’agissait le plus souvent de topos d’allure savant, que pouvait réhausser, ça et là, des allusions à Nietzsche, Derrida ou #Barthes, lequel avait été le directeur de thèse de #Vuillaume. La revue qui parle toujours d’"adolescents", faisait une grande place aux enfant prépubères dénudés (...) Vuillaume publia également la revue P’tit Loup entre 1985 et 1990 (...) spécialisée dans les tout jeunes enfants - presque tous impubères, entre cinq et dix ans pour la plupart - et comportait de nombreuse photos de nus. Les photos était parfois assorties de l’expression « bon appétit ». (...)

    • SYMÉTRISATION ADULTES/ENFANTS

      Ceux qui ont tenté d’établir la légitimité de la relation pédophile ont fréquemment fait reposer leur argumentation sur une exigence de symétrie visant à combler l’écart entre l’enfant et l’adulte. C’est la résorption des différentiels entre adulte et enfants qui semblait, pour certains, être la manoeuvre la plus à même de rendre la pédophilie acceptable (...)

    • (...) blocage du sujet au stade infantile se projetant dans l’objet infantile (...) rapprocher l’enfant de l’adulte (...) hypothèse : tout être possède toujours son âme d’enfant. Cette diminution du caractère adulte de l’adulte avait pour viser de le rapprocher de l’enfant.(...)

    • #Symétrisation cognitive : #Tony_Duvert a « fait l’amour avec des gamins parce qu’ils le voulaient bien ; ça ne les embêtait pas » (...) on sollicitait la parole de l’enfant en exigeant qu’on la prenne au sérieux. Symétrisation ontologique : référence à la notion de « personne ». L’#enfant, tout comme l’#adulte était une personne et devait à ce titre (...) avoir « droit » à la sexualité. (...) C’est la raison pour laquelle certains ont considéré que le pédophile était d’un intérêt supérieur au père de famille. Il était le seul à savoir considérer l’enfant comme « embryon de citoyen » et non comme un subordonné. Symétrisation actantielle : il arrive en effet que ce soient les enfants et non les adultes qui prennent une initiative de type sexuel car, selon Tony Duvert « les #gamins aiment faire l’amour comme on se mouche » (...) Pour les #pédophiles il s’agissait non pas de condamner ce « #consentement », mais de le « prendre au sérieux ». #Dominique_Fernandez, tout en estimant qu’il aurait pu « très bien être pédophile », regrettait qu’il y ait « cette erreur de ne pas vouloir savoir que l’enfant a une #sexualité très débordante, folle ». #André_Baudry, de même, défendait l’idée que les « #adolescents » étaient bien souvent à l’initiative des relation sexuelles avec des adultes (...) #Frits_Bernard, quant à lui, considérait que son roman pédophile Costa Brava présentait de l’intérêt dans la mesure où il fournissait le récit d’une telle symétrisation : l’enfant et non l’adulte, était le moteur dans la relation érotique. [pareil pour ] #Tom_O'Caroll.

      Cette thèse fut défendue par certains médecins au cours des années 80. En 1985, #Michèle_Eilstein, dans sa thèse de doctorat de médecine :

      "le mouvement de détournement qu’implique la séduction se retrouve (...) au sein de la relation pédophilique (...) on parle alors de « détournement de mineur ». Mais ne peut-on pas retourner la proposition dans l’autre sens (...) Est-ce que (...) l’enfant ne peut pas devenir celui qui détourne l’adulte de sa sexualité d’adulte ?" (...) Si l’enfant se soumet effectivement à la règle de cette relation duelle, il n’en reste pas moins vrai qu’il conserve la maîtrise du jeu et ce pour deux raison essentielles. La première est en rapport avec l’interdit, l’enfant sait qu’il ne risque rien, alors que l’adulte a tout à perdre dans cette relation. Ainsi, fort de sa parfaite #innocence l’enfant garde la liberté d’interrompre le jeu selon son désir. La deuxième raison tient à la différence de sexualité qui existe entre l’enfant et l’adulte. En effet, ici l’adulte joue avec sa sexualité d’adulte dans laquelle réside une ascension du désir qu’il ne peut arrêter quand il veut. L’enfant, qui lui ne ressent pas ce désir croissant de l’autre mais est simplement satisfait par l’idée même du jeu, possède donc là encore une #emprise sur l’adulte."(...) dans notre société l’enfant (...) a une place privilégiée de « victime innocente » (...) d’autre part les dénonciation calomnieuses faites par des enfants ne sont pas rares (..) il faut savoir se poser la difficile question des limites de son innocence et de sa pureté, venant constituer une véritable forteresse imprenable".

      allez #victime_innocente comme scandale par rapport à la bonne vieille #victime_coupable, on est pas à ça près hein...

    • Ces gestes de symétrisation était encouragés dans les années 70 par les mouvements de #fugues_de_mineurs qui faisaient l’objet d’une importante couverture médiatique (...) on parlait désormais de « #mineurs_en_lutte » dans la presse. Certains furent accueillis à #Vincennes ; Ces enfants affirmaient vouloir « disposer de leur corps et de leur tête ». On parla même à Marseille d’un « mouvement de libération des enfants » par des enfants eux-mêmes (...)

      Symétrisation amoureuse (...) défendue jusqu’en 1997, par exemple dans la revue de #Phillipe_Solers, où l’on publia plusieurs textes qui défendirent l’idée d’une possible symétrie dans ce domaine, comme ceux de #Bertrand_Boulin ou de #René_de_Ceccatty.

    • Pour Je m’aime, je m’informe :
      • un article de Robert Salé, du Monde du 18/06/1984 où, juste avant le #paywall :
      « J’aime, je m’informe »
      https://www.lemonde.fr/archives/article/1984/06/18/j-aime-je-m-informe_3025363_1819218.html

      À la fin de la brochure, le lecteur était renvoyé à neuf ouvrages, parmi lesquels le Bon Sexe illustré, de Tony Duvert et l’Amour, c’est pas triste, de Jane Cousins. Ce n’est pas le genre de livres qu’on conseille généralement aux fiancés catholiques. Toutes les formes de relations sexuelles y sont plus ou moins justifiées, y compris l’inceste et la pédophilie.

      • sinon, aux milieux de beaucoup d’autres documents, la brochure a été déposée le 9 octobre 1985 aux Archives Nationales à Pierrefitte-sur-Seine par le cabinet du Ministre de la Jeunesse et des Sports …
      https://www.siv.archives-nationales.culture.gouv.fr/siv/rechercheconsultation/consultation/ir/pdfIR.action?irId=FRAN_IR_014364

    • #paywall de l’article du monde signalé par @simplicissimus
      C’est intéressant de voir que les références ont certainement été ajoutées infine. Du coup, le travail du Planning familial sur la contraception et les termes clairs pour son usage sont anéantis. De ce que j’observe et lis c’est tout à fait la façon d’agir des pro-viols d’enfants et des pédocriminels, parasiter le discours de libération de la sexualité.
      #stratégie_de_perversion

    • Tout son univers [de Matzneff] respire pourtant la droite extrême depuis ses auteurs admirés (de #Montherlant (...) à #Julius_Evola) ses fréquentations ou ses amis (#Alain_de_Benoist (...) mais aussi #Pierre_Boutang, #Ghislain_de_Diesbach, Pierre #Gripari, #François_d'Orcival, #Roger_Peyrefitte, #Lucien_Rebatet, #Michel_de_Saint_Pierre, ¨#Phillipe_de_Saint_Robert etc.) jusqu’à sa pensée dans laquelle les valeurs aristocratiques, que manifeste le vif rejet de la gauche ou la récurrence des injures adressées aux gens ordinaires, la misogynie ou l’admiration des chefs, ont une place centrale.

    • si les relations asymétrique plaisent aux pédophiles d’extrême droite, c’est avant tout parce que , dans cet univers, on y prise sans doute comme nulle part ailleurs l’autorité, les rapports de domination clairs, les structures hiérarchiques incontestées, comme dans l’armée, où se distribue nettement petits et grands , dominés et dominants, esclaves et maîtres, serviteurs et chefs, masses et élites (...)

    • Les uns [d’extrême droite] et les autres [pédophiles] adoptaient un vocabulaire qui accorde à la singularité une large place : ils se revendiquaient « non conformiste », « dérangeants », et « politiquement incorrects » (...)

    • EXPLICATION DES REJETS DE LA PÉDOPHILIE

      Sociologisation

      Le rejet de la pédophilie s’expliquerait non pas parce qu’elle serait intrinsèquement mauvaise mais parce qu’elle serait l’objet d’un rejet inadéquat (...) les pédophiles n’ont pas eut leur pareil pour sociologiser le rejet dont ils ont fait l’objet. Ainsi au Petit Gredin , on fit référence à une citation du #Marquis_de_Sade qui affirmait que « ce n’est point [sa] façon de penser qui fait [son]malheur, c’est celle des autres ». (...)

      Le psychologue et militant pédophile #Fritz_Bernard considérait que lorsqu’on interroge les enfants qui ont été en contact sexuel avec des adultes, « aucun ne parle d’expérience traumatisante, c’est plutôt le contraire. Ce ne sont pas les actes en eux-mêmes, généralement caresses et masturbation, qui engendrent des problèmes ou des conflits, mais plutôt (...) l’attitude négative de la société qui engendre le traumatisme chez l’enfant »

      (...) #Claude_Sigala (...) « le problème ne vient pas de l’individu [mais] de la norme, du social ». (...) #Sociologisation du rejet fut une ressource cardinale (...)

    • Discréditation et pathologisation

      (..) Profonde « crédulité » de la société s’exprimerait dans la « croyance » en ces « personnages » ou « figures » de fiction que sont le « pédophile monstre » ou « l’enfant pur » (...) L’écrivain #Michel_Tournier regrettait (...) que l’enfant soit depuis Victor Hugo assimilé à un saint. « L’enfant c’est #sacré » se désolait-on de même à #Gai_Pied (...) on ricanait dans la revue de #Phillipe_Solers de l’enfant contemporain, vu comme un « petit jésus mâtiné de litte Bouddha ».

    • Dans les années 70 et 80, on s’affrontait de façon vive afin de répondre à la question suviante : qui est malade ? était-ce les pédophiles qui avaient une sexualité aussi pathologique que pathogène, ou bien « la société » qui, en les pourchassant, manifestait une attitude pathologique ? (...)

      Est-ce que c’étaient les pédophiles qui devaient entamer une psychothérapie pour admettre, par exemple, leur immaturité psycho-sexuelle ou bien était-ce la société qui devait douter de son « #hystérie » et de sa « panique ». On le voit la référence à la #panique est un acte de guerre. Dire de l’autre qu’il ne se maîtrise pas - qu’il est « hystérique » ou « en panique »- a pour effet en retour de laisser penser que celui qui énonce un tel diagnostic contrôle, lui, ses émotions et donc, la situation. (...) Bref, il s’est agi de répondre à la question suivante : qui donc devait aller consulter ?

    • les défenseurs de la pédophilie ont fait l’hypothèse d’une « phobie » antipédophile, d’une « pédophobie »(...) cette hystérie faisait par exemple qu’on n’était jamais sensible à la dimension positive que pourrait avoir la prostitution infantile.
      (...)

    • #Edward_Brongersma opéra ce double mouvement de pathologisation du normal et de normalisation du pathologique en prenant appui sur l’expertise du docteur #Sigusch, professeur de #sexologie, lequel considérait "les adultes qui seraient dépourvus du désir d’avoir des relations sexuelles avec un enfant comme des « figures problématiques ». (...)

      dans la revue Recherches de #Felix_Guattari, on est même allé jusqu’à affirmer qu’il « n’y a pas un homme de quarante ans, qui n’aurait envie, en voyant nu un garçon de quatorze ans, de l’enculer ». Or comme notre société serait « pathologiquement meurtrière », elle opprimerait ce mouvement naturel.

      On s’attendait donc à une dépathologisation de la pédophilie. De même que l’homosexualité avait été sortie en 1973 du (...) #DSM.

    • Mauvaise presse

      Le fait que TF1 — la chaîne de télévision la plus regardée de France qui cristallise tout ce qu’un penseur digne de ce nom peut mépriser — s’empare à ce point de l’affaire Dutroux ne suffisait-il pas à prouver qu’il s’agissait d’une bien mauvaise cause, et ce d’autant plus qu’elle laissait de côté les petits africains en privilégiant les enfants blanc d’Occident ? ( #Annie_Ernaux in L’infini , p62)

    • Pédagogisation

      [Non pas manque de contrôle sexuel des pédophiles mais manque d’information du grand public.]

      La réduction au cognitif était une arme redoutable en ce sens qu’elle plongeait simultanément celui qu’elle visait dans les abîmes de la subjectivité à mesure qu’elle hissait celui qui l’opérait dans les hauteurs de l’objectivité. Les problèmes était donc liés non pas à l’essence de la pédophilie mais à méconnaissance.

      (...)

      Comme « les lois des pays occidentaux montrent une variation incroyable dans la fixation de l’âge du consentement » affirmait le sénateur hollandais pro-pédophile #Edward_Brongersma, cela était censé fournir la « preuve évidente de la maladresse et de l’arbitraire des législateurs confrontés avec un sujet dont ils ne savaient rien ».

      (...)

      Dans un tel contexte, caractérisé, selon #Roger_Peyrefitte, « à la fois [par] un manque d’intelligence et un manque de culture » les associations pédophiles pouvaient prétendre (...) à un rôle important d’information et de démystification.

      (...)

      L’usage du terme « #tabou » (...) rappelle que ce ne sont pas de simples instruments de description classificatoire mais bien des armes pragmatiques dont le but est de transformer le monde. Le « tabou » ce n’est pas seulement l’interdit, c’est l’interdit du « sauvage » dont parlent les anthropologues, c’est dont l’interdit qui transforme celui qui s’y soumet en sauvage.

      (...)

      Le combat pédophile se solda par un fiasco complet.

    • me semble hyper important ça (en gras) :

      3 LA DEROUTE PEDOPHILE

      Les arguments des pédophiles sont devenus des termes, dûment identitifés dans les manuels de psychiatrie, qui servent à établir le diagnostic de ce dont ils sont atteints.

      (...)

      Comme le rapporte Catherine Dolto, « le nombre d’adultes, hommes et femmes, qui racontent avoir été abusés pendant leur enfance est proprement stupéfiant. Ce qui l’est plus encore, c’est qu’ils sont très nombreux à dire que, s’ils en ont parlé dans leur famille, on leur conseillé de se taire. Ceux qui ont consulté des thérapeutes à l’époque sont nombreux à ne leur avoir rien dit ».

      (...)

      Le pédophile n’est plus cet être honteux qui hante le privé et dont on ne dit rien car « on ne parle pas de ces choses-là ». Il est désormais un monstre ignoble à l’identité stabilisée et dont les méfaits doivent désormais être mis « en pleine lumière ».

      Chaque acteur du système de la pédophilie connaît une telle dynamique identitaire. La victime, par exemple, se définit peu à peu comme telle. Avant le milieu des années 1990, le statut du mineur victime d’abus sexuel n’est pas tout à fait clair, s’il on admet qu’une victime pour l’être pleinement doit être considéré comme telle par tout le monde. C’est ce qui explique que des personnes qui, alors qu’elles étaient enfants, ont subi des relations avec des adultes, se sont senties progressivement devenir des « victimes » à mesure que les pédophiles devenaient des « coupables ». L’activité d’un rapport sexuel entre adulte et enfant n’implique pas nécessairement la conscience d’être victime pour celui ou celle qui subit ce que fait l’adulte. L’éditeur #George_Kempf s’est senti être une « victime » de son « agresseur » trente ans après les faits. On peut devenir une victime longtemps après ce qu’on a subi car, comme souvent, il n’y a pas nécessairement coïncidence entre l’activité — être violé— et l’identité —être victime. Dans une autre affaire, un plaignant accuse Monseigneur Di Falco de viol. L’argumentaire de son avocat est le suivant : bien que les faits aient censé avoir eut lieu entre 1972 et 1975, son client n’a compris qu’en 1995 qu’il aurait été victime d’une relation non consentie du fait de la médiatisation des affaires de pédophilie. On peut donc « prendre conscience » d’une identité de victime en découvrant qu’elle est justiciable par d’autres d’une telle « prise de conscience ». D’où ce statut de victime à retardement. Les psys y verraient une manifestation du mécanisme de « refoulement ». Mais cette analyse est largement rétrospective. Pour qu’une personne se sente victime, il faut que tout le circuit du système de la pédophilie soit actif, institutions, associations, coupables, médias. Qu’un acteur, voire plusieurs, viennent à manquer et c’est le court-circuit : plus rien ne se passe, l’identité de victime devient moins stable, plus « subjective ». L’identité de victime est profondément relationnelle, elle suppose l’activité continuée de la collectivité des acteurs participant au système de la pédophilie : son objectivité est la forme réifiée et stabilisée que rend possible tout le système. Plus l’identité de coupable se solidifie et plus l’identité de victime risque de prendre de plus en plus de place dans l’identité de la personne, voire prendre toute la place, au point que certains font l’hypothèse qu’on peut « rester prisonnier toute [la] vie de cet attentat », qu’on peut devenir comme un « mort-vivant » (in Marie-Ondine, pédophilie, une histoire vraie).

      (...)

    • Deux causes permettent de comprendre pourquoi les #féministes ont été hostiles à la cause pédophile. La première fut statistique : l’attrait pédophile semblant bien moins fréquent chez les femmes que chez les hommes (...) il était logique qu’elle n’aient pas été en première ligne pour défendre cette cause, tout au contraire. La seconde était historique : la division sexuelle du travail domestique assignant aux femmes traditionnellement un rôle de protection des enfants, celle-ci ont été sensibles bien plus que les hommes à cette dimension protectrice.

    • DÉPOLITISATION DE LA PÉDOPHILIE

      Les acteurs pédophiles n’ont pas été reconnus comme des acteurs « militants » : tout ce petit monde est entré en #clandestinité.
      (...)

      Accès des femmes aux postes à responsabilité politique, médiatique, judiciaire ou associative, a été déterminant dans la dépolitisation du combat pédophile et la politisation de la lutte contre la pédophilie

      (...)

      C’est là l’ironie de l’histoire : cantonnées, par les hommes, à des postes qu’ils considéraient comme subalternes, elles en ont fait des postes clés, voire des plaques tournantes de toute la vie publique.

      (...)

      En 1980, en pleine vague pro-pédophile, c’est un magazine féminin qui publia un grand papier qui lui était hostile. De 1997 à 2002, c’est une femme, #Ségolène_Royal qui a été le fer de lance de la lutte contre « l’enfance maltraitée » : rapports, missions, circulaires, Royal multiplia les initiatives dans ce domaine. Elle contribua à renforcer l’insertion de la question pédophile dans celle, plus large, de la maltraitance infantile.

      (...)

      Ségolène Royal = bête noire de Matzneff ("la quarkeresse")

      (...)

      sympathie pédo des franges néopaïennes d’extrême droite

      (...)

      rejet de la pédophilie a désormais force de loi.

    • Pierre Verdrager, le sociologue qui a vu un « grand renversement » au sujet de la pédophilie

      https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2021/02/26/pierre-verdrager-le-sociologue-qui-a-vu-un-grand-renversement-au-sujet-de-la

      Armand Colin lui demande de préparer une version courte et actualisée de L’Enfant interdit – celle qui est publiée aujourd’hui sous le titre Le Grand Renversement – et de travailler à une nouvelle version enrichie, prévue pour l’automne.

      [...]

      Il sait qu’il peut être accusé de faire le jeu de l’amalgame entre homosexualité masculine et pédophilie, que les gays ne cessent de combattre. « Je n’ai jamais caché mon homosexualité, précise-t-il. En tant que gay, j’ai plus de facilité à aborder ce sujet et personne ne peut me soupçonner d’être homophobe. »

      [...]

      Il raconte aussi que les féministes ont joué un rôle important dans la défaite de la pédophilie. « La libéralisation de la pédophilie annonçait pour certains gays une victoire de la liberté, écrit-il, alors qu’elle signifiait pour de nombreuses féministes une victoire de la domination masculine. »

    • A sa petite échelle, Pierre Verdrager, 50 ans, a, lui aussi, vécu un grand renversement. La première fois que M le contacte, début décembre 2019, sa réponse est claire et nette : la pédocriminalité et les œuvres de Gabriel Matzneff, c’est fini, il ne s’exprime plus sur ces questions. Il a donné, publié L’Enfant interdit (Armand Colin, 2013) et recueilli d’ailleurs peu d’échos : zéro article de presse, une critique dans une revue spécialisée, deux passages radio et une poignée de colloques. Il termine la traduction d’un livre de l’anthropologue britannique Jack Goody et se dit « peu disponible ».

      [...]

      Pierre Verdrager s’affiche comme un « électron libre » dans le monde de la recherche

      [...]

      « C’est un grand sociologue, avec d’autant plus de mérite qu’il n’est inséré dans aucun cadre institutionnel », admire sa consœur Martine Gross, spécialiste de l’homoparentalité. En 2007, Pierre Verdrager publie L’Homosexualité dans tous ses états (Les Empêcheurs de penser en rond), réalisé à partir d’entretiens. « C’est en lisant les journaux gay comme Gai Pied et en découvrant les articles de défense de la pédophilie que je me suis dit qu’il fallait que je creuse », se souvient-il.

    • merci @ktche j’ai pas fini encore de recopier, il me reste notamment un passage sur les chiffres et l’effet grossissant de l’observation, qui est très clair et très bien dit. C’est un peu sa force je trouve, comme ça par exemple :

      La victime, par exemple, se définit peu à peu comme telle. Avant le milieu des années 1990, le statut du mineur victime d’abus sexuel n’est pas tout à fait clair, s’il on admet qu’une victime pour l’être pleinement doit être considéré comme telle par tout le monde. C’est ce qui explique que des personnes qui, alors qu’elles étaient enfants, ont subi des relations avec des adultes, se sont senties progressivement devenir des « victimes » à mesure que les pédophiles devenaient des « coupables ». L’activité d’un rapport sexuel entre adulte et enfant n’implique pas nécessairement la conscience d’être victime pour celui ou celle qui subit ce que fait l’adulte. L’éditeur #George_Kempf s’est senti être une « victime » de son « agresseur » trente ans après les faits. On peut devenir une victime longtemps après ce qu’on a subi car, comme souvent, il n’y a pas nécessairement coïncidence entre l’activité — être violé— et l’identité —être victime.

      qui est très réel.

    • Merci de partager ta lecture. J’entends ce qu’il dit sur le « devenir victime » mais il y a quelque chose qui cloche tout de même car le déni ou le refoulement sont très puissants et actifs avant que ne puisse intervenir cette prise de conscience « socialisée/judiciarisable » et se caractérise malheureusement par des pathologies et des comportements à risques (voir Salmona qui parle de comment reconnaitre ses signes pour mieux aider).
      J’en viens à penser que cette souffrance indicible ne tient pas que de l’évolution sociale et justement quand elle peut se dire c’est aussi un chemin libératoire pour refuser tous rapports de domination, voire se questionner politiquement. Cela peut soulager la victime et non pas comme il est écrit la poursuivre toute sa vie et la personne victime peut aider à libérer d’autres victimes, ce qui est une grande joie merde quoi quand même, vive la bienveillance.

    • pour moi c’est une explication parallèle, ou complémentaire, au « délai d’apparition » des victimes (je ne sais pas comment dire mieux) délai que l’amnésie traumatique de Salmona explique aussi très justement et pour un grand nombre de personnes, mais qui, pour encore ramener mon nombril dans la place, ne me concerne pas... j’ai jamais rien oublié, mais j’ai mis du temps à interpréter et surtout à accepter ce statut d’ancienne victime. C’est bête mais une émission de Mireille Dumas sur le sujet m’a bp aidé... Je comprends pas trop ce que tu dis sur « poursuivit toute la vie » ...

      tu parle de ça ?

      On peut devenir une victime longtemps après ce qu’on a subi car, comme souvent, il n’y a pas nécessairement coïncidence entre l’activité — être violé— et l’identité —être victime.

    • Je cite le passage plus haut

      Plus l’identité de coupable se solidifie et plus l’identité de victime risque de prendre de plus en plus de place dans l’identité de la personne, voire prendre toute la place, au point que certains font l’hypothèse qu’on peut « rester prisonnier toute [la] vie de cet attentat », qu’on peut devenir comme un « mort-vivant » (in Marie-Ondine, pédophilie, une histoire vraie).

    • la pédocriminalité et les œuvres de Gabriel Matzneff, c’est fini, il ne s’exprime plus sur ces questions. Il a donné, publié L’Enfant interdit (Armand Colin, 2013) et recueilli d’ailleurs peu d’échos : zéro article de presse, une critique dans une revue spécialisée, deux passages radio et une poignée de colloques.

      En 2014, Matzneff à eu le prix Renaudot, du coup ce que dit Pierre Verdrager est faux. Il percevait d’autre part un logement de la ville de Paris et des aides financières de l’etat. Gallimard publiait toujours son journal de pédovioleur et c’est seulement à la sortie du livre de Springora que l’éditeur a découvert ce qu’il éditait et à cessé la diffusion de cet auteur. C’est aussi d’autant plus faux que Matzneff publie encore en 2021 grace aux crowdfounding et qu’il insulte toujours librement ses victimes depuis l’autre coté des alpes.

    • LA PEDOPHILIE PARTOUT

      L’amélioration de l’#observabilité des cas de pédophilie, qui entraîna immanquablement l’augmentation des cas observés, suscita donc une vive inquiétude. Cette inquiétude a été engendrée par l’énonciation de #statistiques toutes plus alarmantes les unes que les autres « une jeune fille sur trois est victime d’une agression sexuelle avant l’adolescence » (...) L’accumulation de #chiffres de ce genre crée une peur diffuse. Ces statistiques peuvent parfois donner lieu à des hypothèses sur l’effondrement de la morale. En 2001, un #sondage fit de la pédophilie la préoccupation n°1 des Français en matière de politique de l’enfance — celle-ci justifiant un renforcement des moyens de lutte contre la pédophilie, qui lui-même augmenta l’observabilité du phénomène pédophile : le phénomène est circulaire.

      (...)

      S’il y a clairement une circularité entre l’amélioration de l’observation et la multiplication des « cas » de pédophilie, je ne souhaite pas la traiter avec ironie ou l’envisager avec le dédain de l’expert s’indignant de l’usage naïf des statistiques : elle appartient aux acteurs eux-mêmes. (...) Pour ce qui me concerne, je me borne à constater cette circularité, laquelle est un phénomène bien connu des sciences sociales et des acteurs de terrain comme les magistrats ou les travailleurs sociaux. Plus on se donne les moyens de voir quelque chose et plus ce quelque chose risque d’apparaître avec netteté et en grand nombre et ceci de façon croissante dans le temps. À la manière de la prophétie auto-réalisatrice, le dispositif d’observation a eu tendance à contribuer à produire les preuves de la pertinence de son existence : il était performatif. #Ian_Hacking fut très certainement fondé à affirmer que « nous ne savons guère si des nombres plus importants sont à mettre sur le compte de l’augmentation de la maltraitance ou d’une meilleure détection de celle-ci, ou encore de l’extension de ce qui est jugé comme telle ». (...) C’est là le paradoxe de ce genre de statistiques : plus elles sont précises, fiables, nombreuses et moins nous savons exactement ce qu’elles mesurent.

      (...)

      Ceux qui se sont penchés sur les statistiques savent cependant qu’il est impossible d’avoir une idée fiable et consensuelle du nombre de pédophiles en France : cela est bien fait pour renforcer l’inquiétude. (...) La répression doit être d’autant plus sévère que l’omerta a été générale. D’où cette demande réitérée de peines toujours plus lourdes, le nombre des années d’emprisonnement semblant à même de compenser les années de retard dans la « prise de conscience ».

    • L’AFFAIBLISSEMENT DES THÈSES #CONSTRUCTIONNISTES SUR L’ENFANCE

      Dans ses derniers livres, le grand anthropologue #Jack_Goody (...) a donné un coup de frein au #constructionnisme intégral dans certains domaines (...) il constate en effet que « pour l’immense majorité de l’humanité, [...] les soins à donner aux enfants sont une choses essentielle » et ceci à toutes les époques. Au-delà, des flottements de seuils, il n’y a pas de variations aussi tranchée qu’on le prétend parfois de la notion d’enfance d’une civilisation à l’autre et faire naître l’enfance en Occident à l’époque moderne relève, selon lui, de l’ethnocentrisme le plus étroit. (...) Pour [Goody] il existe un lien entre l’hyperconstructionnisme historiciste et l’ethnocentrisme.

      (...)

      La notion de « construction sociale », si elle a pu fournir un levier extraordinaire à la lutte militante, car ce qui est construit peut être déconstruit et changé, a aussi freiné la réflexion (...) Ian Hacking considère que certains des emplois de la notion de « construction sociale » sont intellectuellement paresseux (...) il constate par exemple que lorsqu’Aristote parle du plus pur exemple d’amour, il cite le cas de celui qu’une mère porte à son enfant, remarque qui fragilise les thèses constructionnistes soutenues avec vigueur dans ce domaine, de Philipe Ariès à Elisabeth Badinter

      (...)

      le sol constructionniste des défenseurs de la pédophilie s’ouvre chaque jour un peu plus sous leur pieds.

    • FRAGILITÉ DU MOUVEMENT PÉDOPHILE

      #André_Baudry avait bien essayé d’organiser les choses à #Arcadie [une des premières assos gay en France ndgwyneth] (...) pour autant il s’était rapidement heurté à des déconvenues : « il y a de nombreuses années, écrivit-il en 1982, nous avions constitué un groupe de réflexion rassemblant des pédophiles. Ils se réunissaient par dix ou vingt. Je leur avait demandé d’étudier ensemble le problème pédophile, de rassembler des documents divers et irréfutables, de faire parler l’Histoire, la morale, la psychologie, la sociologie, la littérature, en un mot de rassembler toutes ces données afin de publier un manifeste honnête sur ce terrible problème. Les réunions, malgré la bonne volonté de leur animateur, devinrent vite des réunions de voyeurs, d’exhibitionnistes, de rêveurs... une agence pour pédophiles. On se racontait ses bonnes, ses mauvaises, ses infructueuses rencontres de la semaine, en faisant circuler des revues qui, à l’époque, arrivaient de Scandinavie, voire même des photos récentes prises sur le vif entre tel participant et un adolescent (le pédophile la manie de l’appareil photo ! (cc @touti). On organisait un voyage vers le Maroc, la Tunisie, les Philipines... On vivait la pédophilie comme chacun aurait bien voulu la réaliser, mais on était loin de ce travail de recherche honnête, seul capable de faire progresser les choses à cette époque. Je n’eus pas à intervenir, le groupe cessa de vivre ».

    • 4. Du point de vue pédophile

      SUBCULTURE ?

      (...) il existe bien deux journées mondiales qui sont programmées chaque année afin de défendre la cause pédophile. Il s’agit de la Alice’s day (25 avril) et de la journée Boy Love (21 juin) [mais] pour l’essentiel, les pédophiles s’exprimant à visage découvert appartiennent au passé.

      (...)

      Un langage codé prolifère sur internet. L’enfant y devient un « Jigé », forme lexicalisé de l’abréviation « JG », signifiant « Jeune Garçon » qui est lui-même un euphémisme d’enfant de sexe masculin. Le pédophile, quant à lui, y est désigné comme un « boy lover », qui s’abrège en « BL ». Sur certains sites pédophiles, on a coutume de mettre en capitales les lettres B et L dans les mots qui comprennent ces deux lettres dans cette ordre. Par exemple on écrira « sensiBiLité » ou « biBLiothèque »

      (...)

      #Internet va comme un gant au monde pédophile. C’est un univers où l’on peut se renseigner sur les risques encourus, se plaindre des épreuves traversées, deviser avec des inconnus, évoquer les « Jigés » croisés, voir presque sans être vu, et rêvasser sans relâche à un monde jugé « meilleur », c’est-à-dire plus clément vis-à-vis des amours pédophiles. De nombreuses conversations sont le lieu d’une intense critique de « la société ». (...) les pédophiles (...) sont également présent sur un site essentiel du Web 2.0 : #Wikipédia. D’une manière générale, les articles qui font référence à la pédophilie, s’ils proposent des informations ou des références bibliographiques tout à fait intéressantes (...) manquent de neutralité. Ils ont tendance à présenter la pédophilie d’une manière extrêmement favorable . Les pages wikipédia sont particulièrement stratégiques car elles sont généralement bien positionnées dans les résultats des principaux moteurs de recherche, comme Google. La guerre de la pédophilie a donc désormais lieu sur la Toile.

    • Pour finir...

      LE SYNDROME DES #FAUX_SOUVENIRS­

      Au cours des années 80, on assista au états-unis à une explosion de plaintes de personnes déclarant, longtemps après les avoir oubliés, des abus sexuels pendant l’enfance. (…) Une psychologue, #Elizabeth_Loftus, tenta d’élucider cette explosion de cas avec sa théorie des « faux souvenirs ». Ces faux souvenirs seraient une création pure de la #thérapie qui suggère que ces abus ont eu lieu. Ses travaux furent controversés. Certaines féministes lui reprochèrent de mettre en cause la parole des femmes et par conséquent d’être une alliée objective des pédophiles. Certains #psychanalystes, parce qu’elle critiquait la notion de refoulement, qui pour elle était sans bases objectives, lui reprochèrent de saper les fondements mêmes de la psychanalyse.(...) La question demeure, encore aujourd’hui, hautement controversée car les intérêts en présence sont considérables.

      Quel était l’argument d’Elizabeth Loftus ? Selon elle, un des éléments qui permettait d’expliquer la multiplication d’abus sexuels sur enfants fut la vogue, dans les années 80, notamment aux états-unis, des thérapies dites de la "#mémoire retrouvée. Ces thérapies défendaient l’idée que certaines #troubles psychiques pouvaient s’expliquer par l’enfouissement de souvenirs d’événements oubliés. La guérison requérait de déterrer ces souvenirs. S’inspirant des théories de #Freud, ces thérapies faisaient le pari que les troubles psychiques d’aujourd’hui pouvait être imputable au refoulement des abus sexuels subis pendant l’enfance : à force de regarder les nuages de leur passé, les patients finissaient toujours par y découvrir des abus sexuels. Les faux souvenirs étaient congruents avec l’épidémie de pédophilie et, en même temps, la généraient : ils créaient des situations de conflits innombrables et détruisit des familles où les enfants accusaient à tort les parents de les avoir abusés sexuellement. Les dégâts furent si considérables que des institutions prenant la défense des familles injustement accusées se mirent en place (…) Ces faux souvenirs étaient pour l’essentiel, produit par la théorie qui les conceptualisait. Les thérapeutes, en induisant le fait que le traumatisme présent était le produit d’abus sexuels passés, engendraient les faux souvenirs de patients qui, localisant une cause, se sentaient soudain bien mieux. Le fait que les patients refusaient parfois de se rendre à cette thèse confirmait la théorie : le « déni » était une preuve supplémentaire qu’il y avait bien eu abus. La théorie devenait irréfutable : si les patients trouvaient des souvenirs d’abus, c’est parce que des abus avaient eu lieu, s’ils n’en trouvaient pas, c’est aussi parce qu’ils avaient eu lieu, chose que les patients « refoulaient » : la réalité ne régulait plus rien, la théorie était, quoiqu’il advînt, vraie. Freud , lui même, pourtant, avait abandonné la théorie de la séduction, théorie qui faisait le lien entre un traumatisme et un abus sexuel subi dans l’enfance. Il s’était rendu compte que les patients inventaient de toute pièces des abus qu’il avait lui-même suggérés. Il se retrouvait avec un trop grand nombre de cas d’abus (…)

      Lorsque Freud constata l’échec de la théorie de la séduction, il passa à la théorie de l’OEdipe qui laissait une large place à l’aspect « fantasmatique » des choses. La nouvelle théorie permettait de se passer des abus sexuels réels pour basculer sur le plan du fantasme. Le problème est que cette théorie compliqua considérablement la vie des personnes qui avaient été réellement victimes d’abus pendant leur enfance puisque le soupçon pesait désormais sur eux que ce qu’il rapportaient était « fantasmatique » et n’était donc arrivé que dans leur imagination. C’est la « pulsion de mort » inhérente à la triangulation oedipienne. Ce déni psychanalytique encouragea le mouvement féministe à adopter des thérapies alternatives. Un mouvement des thérapies de la mémoire retrouvée ( recovered memory movement ) se mit même en place, de nombreux livres de témoignages de victimes d’abus sexuels dans l’enfance furent alors publiés. Et c’est alors que commencèrent à déferler les faux souvenirs. Pourtant la théorie du refoulement prêtait à la critique. En effet, les enfants traumatisés par des abus sexuels se souviennent d’ordinaire parfaitement bien des traumatismes qu’ils ont subis. Nul besoin n’était d’aller les débusquer dans les tréfonds de l’esprit de souvenirs enfouis. Car le problème des événement traumatisants ne réside pas dans leur enfouissement ou leur refoulement mais bien, tout au contraire, dans leur incapacité à se faire oublier.
      (…)
      caractère #iatrogène -produit par la thérapie-

      (…)

      En France, c’est essentiellement par le biais de la lutte contre les sectes que la question des faux souvenirs a été abordée. (…) l’#AFSI (association Alerte aux Faux Souvenirs Induits) constata que certaines sectes manipulaient leurs adeptes en leur faisant se souvenir d’abus sexuels qui ne s’étaient jamais produits (…) Mais déjà, le danger guette : l’association a conscience d’être elle-même vulnérable à la récupération par d’authentiques pédophiles qui tenteraient de se faire dédouaner par son biais. (…) Ces fausses accusations font de singulier dégâts sur les victimes : maladies, dépressions, suicides. La mission recommande ainsi un meilleur encadrement des psychothérapies et en appelle à la formation des personnels – policiers, magistrats— susceptible d’être confrontés à ce type de réalité. Tout le monde a peur que l’explosion des signalements de cas de pédophilie, incestueuse ou non, ayant eu lieu dans les années 1980 ne se reproduise en France...

  • La tentation écofasciste : migrations et écologie

    Pierre Madelin

    https://lavoiedujaguar.net/La-tentation-ecofasciste-migrations-et-ecologie

    En 2019, le nombre de migrants internationaux à l’échelle mondiale a atteint 272 millions selon l’ONU, soit une augmentation de 51 millions par rapport à 2010. Cette même année 2019, le jour du « dépassement écologique » mondial, soit la date à partir de laquelle l’humanité a consommé plus de ressources naturelles et émis plus de gaz à effet de serre que la Terre n’est capable d’en produire et d’en absorber au cours d’une année, a été atteint le 29 juillet. Quelques mois auparavant, le 25 avril, un rapport affirmait que 14 % des emplois des pays membres de l’OCDE allaient disparaître en raison de l’automatisation, et que 31,6 % des activités seraient quoi qu’il en soit transformées par celle-ci. Le 15 mars, à Christchurch, en Nouvelle-Zélande, un homme répondant au nom de Brenton Tarrant, équipé d’armes de guerre, tuait dans plusieurs mosquées 51 personnes et en blessait 49 autres. Enfin, le 3 août, à El Paso, ville frontalière du Texas, Patrick Crusius attaquait à l’arme automatique un supermarché fréquenté par des latinos, tuant 22 personnes et en blessant 26. Quatre phénomènes apparemment étrangers, mais néanmoins reliés les uns aux autres par la dynamique du capitalisme, qui tend à épuiser « en même temps les deux sources d’où jaillit toute richesse : la terre et le travailleur » (Marx). (...)

    #fascisme #écologie #capitalisme #extrême_droite #écofascisme #Ugo_Palheta #carbo-fascisme #André_Gorz #Bernard_Charbonneau

    • Or cette raréfaction conjointe du travail et des ressources entraîne logiquement la multiplication d’êtres humains « inutiles » [6] ou « non rentables » du point de vue de l’accumulation du capital ; « Ce n’est plus, écrit le groupe Krisis dans son Manifeste contre le travail, la malédiction biblique, “tu mangeras ton pain à la sueur de ton front”, qui pèse sur les exclus, mais un nouveau jugement de damnation encore plus impitoyable : “Tu ne mangeras pas, parce que ta sueur est superflue et invendable”. [7] » Ces humains « inutiles » sont qui plus est « encombrants », dans la mesure où, n’ayant pas renoncé au désir de vivre et de survivre, ils souhaitent malgré tout pouvoir obtenir leur part de ressources et de richesse. La crise du capitalisme provoque donc aussi un accroissement de la compétition pour l’accès au travail et aux ressources, tant chez les individus qui sont privés de cet accès que chez les personnes qui en bénéficient tout en le jugeant menacé.

      #surnuméraires #travail #automatisation

      Les trois sens de l’écofascisme :

      1. Au début des années 1990, ce concept a été utilisé à des fins diffamatoires par des idéologues « libéraux », notamment en France, pour suggérer que toute critique écologiste radicale de la modernité industrielle et capitaliste favoriserait l’avènement de régimes autoritaires. « Sous l’amour de la nature, la haine des hommes », écrivait par exemple Marcel Gauchet dans un célèbre article, peu avant que Luc Ferry ne publie son pamphlet Le Nouvel Ordre écologique, qui exerça une influence délétère sur la réception de la pensée écologiste anglo-saxonne dans les milieux intellectuels français [12].

      2. Dès les années 1970, divers penseurs de l’écologie politique soutinrent que la détérioration des milieux et la raréfaction des ressources provoquées par la croissance capitaliste entraîneraient à terme une gestion de plus en plus autoritaire (voire totalitaire) des territoires et des populations. « Les divers responsables de la ruine de la Terre, écrivait Bernard Charbonneau dans Le Feu vert, organiseront le sauvetage du peu qui en restera, et après l’abondance géreront la pénurie et la survie [13] », tandis qu’André Gorz, dans un texte célèbre, s’inquiétait de l’émergence d’une ingénierie écologique chargée de « déterminer scientifiquement les techniques et les seuils de pollution écologiquement supportables, c’est-à-dire les conditions et les limites dans lesquelles le développement de la technosphère industrielle peut être poursuivi sans compromettre les capacités autorégénératrices de l’écosphère » [14].

      3. Enfin, à partir des années 1980, dans le monde anglo-saxon, divers auteurs s’inquiétèrent des conclusions politiques que certains pourraient être tentés de tirer des positions éthiques dites écocentrées. Ils craignaient notamment que ces éthiques, lorsqu’elles accordent davantage de valeur aux communautés et aux touts qu’aux individus et aux parties qui les composent, ne puissent être invoquées pour légitimer, fût-ce à leur corps défendant, le sacrifice de certaines personnes et de certains groupes humains au nom de la préservation des écosystèmes. C’est cela qu’ils nommèrent écofascisme : la tendance à considérer que des populations spécifiques, dont on estime qu’elles perturbent les équilibres de la biosphère par leurs pratiques ou par leur nombre, doivent être éliminées, et qu’il peut être nécessaire de s’en débarrasser au nom du « bien commun » [15].

      […]

      Je souhaite pour ma part suggérer que l’écofascisme au sens 2 et l’écofascisme au sens 3 pourraient fusionner, en montrant que la gestion autoritaire de la pénurie et de la survie n’affecterait pas l’ensemble des êtres humains de manière indifférenciée, un point sur lequel Gorz ou Charbonneau ne se sont guère attardés. Elle pourrait à terme conduire, au nom de « l’intérêt général » et de la préservation des équilibres de la biosphère ou des écosystèmes nationaux, au sacrifice des groupes placés en bas de l’échelle sociale, restreignant dans un premier temps drastiquement leur accès aux ressources et aux richesses, et remettant finalement en cause leur droit à l’existence. Par écofascisme, il faudrait alors entendre une politique désireuse de préserver les conditions de la vie sur Terre, mais au profit exclusif d’une minorité.

      […]

      À la différence d’une option que l’on pourrait dire éco-socialiste, qui se proposerait de limiter par un procédé démocratique l’appropriation de la nature qui est au fondement de l’accumulation du capital, ainsi que sa captation par des groupes privilégiés, l’option écofasciste entendrait limiter la population par des méthodes autoritaires pour que ces mêmes groupes, définis suivant des critères ethno-raciaux toujours plus exclusifs, puissent continuer à s’approprier la nature comme bon leur semble, mais de façon à ce que l’abondance dont cette appropriation leur permet de jouir continue à être viable d’un point de vue écologique.

      #ethno-différencialisme

      En intégrant peu à peu la question écologique, l’ethno-différentialisme s’est en effet progressivement doublé de ce que l’on pourrait appeler un « éco-différentialisme ». Sans remettre en cause le caractère spécifiquement culturel de l’identité du groupe, il s’est efforcé, via un raisonnement analogique, de montrer que cette identité était en dernière instance tributaire d’un support naturel : l’écosystème, le milieu, ou la bio-région. À chaque ensemble culturel correspondrait ainsi un territoire, et l’intégrité de l’un ne pourrait être respectée qu’à condition de respecter l’intégrité de l’autre. Tout comme la biodiversité, l’ethno-diversité devrait être protégée, et à l’image des écosystèmes, les cultures seraient des entités fragiles dont il faudrait préserver les équilibres lorsque ceux-ci sont menacés par des perturbations extérieures.

      #éco-différentialisme #bio-région #nouvelle_droite #Alain_de_Benoist

      Si la décroissance et l’abolition des rapports sociaux capitalistes doivent demeurer des objectifs prioritaires, il serait donc malencontreux d’abandonner la question démographique aux idéologues d’extrême droite, qui en feront toujours un usage nauséabond et l’inscriront systématiquement dans le cadre de politiques autoritaires, eugénistes et racistes allant de la stérilisation forcée des femmes issues des populations subalternes à leur élimination pure et simple. Il vaudrait au contraire la peine de se demander dans quelles conditions une politique de décroissance démographique pourrait s’articuler à une visée émancipatrice. De ce point de vue, la pionnière française de l’éco-féminisme, Françoise d’Eaubonne, offre des perspectives intéressantes [34]. Dès la fin des années 1970, cette théoricienne avait en effet proposé d’articuler une politique de décroissance démographique, qu’elle jugeait indispensable, à la lutte des femmes contre le contrôle physique et juridique exercé par le patriarcat sur leurs capacités reproductives, et tout simplement contre leur assignation à une pure fonction reproductrice. En garantissant un accès universel aux moyens de contraception et au droit à l’avortement (aujourd’hui encore un enjeu majeur pour les mouvements féministes dans les pays du Sud, par exemple en Amérique latine), il était selon elle possible de faire coup double : promouvoir la liberté des femmes tout en réduisant les taux de natalité sans soulever le spectre de mesures coercitives (remarquons que ce principe est également au fondement des programmes de contrôle de la population des Nations unies). Dans cette perspective, il s’agirait en quelque sorte de dénaturaliser la croissance démographique et de montrer que celle-ci, loin d’être un phénomène purement biologique, est également la résultante du pouvoir exercé sur le corps des femmes par diverses institutions : la famille, l’Église ou encore l’État

      #démographie #femmes #contrôle_des_naissances #contraception

      et ping @antonin1 @monolecte @rezo un texte clair, bon résumé, très accessible

  • Pour sauver la planète, faut-il en finir avec la croissance ?
    Avec #Jacques_Sapir et #Serge_Latouche sur #Radio_Sputnik.

    Devenue l’un des thèmes centraux de la vie politique, l’écologie rassemble autant sur le constat qu’elle divise sur les solutions. Au cœur de la question, la croissance économique : peut-on croître à l’infini dans un monde fini ? Une croissance réellement verte est-elle possible, ou bien faut-il envisager une forme de #décroissance ?

    http://fr.sputniknews.com/radio_sapir/201906241041511622-ecologie-croissance-decroissance-serge-latouche-j

    #extrême_droite, il me semble !?! J’ai pas écouté cette émission.

    Mais ça me rappelle que Latouche à déjà donné plusieurs interviews à la revue Éléments d’#Alain_de_Benoist, en s’en justifiant ainsi :

    Par exemple, dois-je interdire à Alain de Benoist de se revendiquer de la décroissance sous prétexte qu’il est classé à droite ? Est-ce qu’il est condamné ad vitam aeternam à être enfermé dans cette catégorie ? Sa position pourrait être réévaluée, rediscutée.

    http://reporterre.net/La-decroissance-permet-de-s

    Étonnant, non ?

  • Contre les théories du « grand remplacement » : rompre avec la rationalité eurocentrique | João Gabriell
    https://joaogabriell.com/2019/03/24/contre-les-theories-du-grand-remplacement-%EF%BB%BF-rompre-avec-la-rat

    Contre les théories du « grand remplacement », plutôt qu’un amoncellement de preuves factuelles contradictoires, il faut rompre avec la rationalité eurocentrique qui les fondent, à la fois en imposant un autre type de débats que ceux qui ont cours, et en renforçant nos luttes politiques contre l’impérialisme occidental. Source : Le blog de João

    • Le « grand remplacement », généalogie d’un complotisme caméléon

      Trouvant ses racines dans la chrétienté médiévale, qui considère juifs et musulmans comme une menace, la théorie d’une « submersion » de la France par un prétendu « envahisseur étranger » convoque et adapte toutes les idéologies présentes et passées – racialistes, antisémites et nationalistes – aptes à servir son propos.

      La pensée du « grand remplacement », propagée principalement par l’écrivain #Renaud_Camus, figure des milieux identitaires, et le candidat d’extrême droite à l’élection présidentielle #Eric_Zemmour, ne repose pas simplement sur un délire démographique. Elle s’appuie sur tout un système de représentations, où s’entremêlent des sources clairement identifiables et un imaginaire plus diffus, constitué au fil des siècles et constamment revisité.

      Le « grand remplacement » ne laisse pas toujours deviner son âge, tant il adopte des formules modernes ou des exemples contemporains. C’est par exemple le cas chez Renaud Camus. Ainsi écrit-il dans Le Grand Remplacement (La Nouvelle Librairie, 2021) : « L’expression de “grand remplacement” désigne, certes, essentiellement, le remplacement d’un peuple, le peuple français indigène, par un ou plusieurs autres ; celui de sa culture par la déculturation multiculturaliste ; celui de sa civilisation si brillante et admirée par la décivilisation pluriethnique (le village global), elle-même en rivalité âpre avec l’intégrisme musulman, la conquête et la conversion islamique. »

      [...] Aujourd’hui, les musulmans sont vus comme les acteurs d’une conspiration mondiale menée « par les princes et par les masses, par les multimilliardaires du pétrole et par les “jeunes” sans emploi », croit savoir Camus. (...)

      Après la seconde guerre mondiale, l’extrême droite est contrainte à un renouvellement idéologique. La fin des colonies et la rapide croissance économique se traduisent par la montée d’une immigration venue du Sud vers l’Europe. Et alors, la peur de la submersion démographique qui était jusque-là davantage du domaine de la fiction, commence à se diffuser.
      L’idée de remplacement de la population est exprimée par René Binet, un ancien SS français, qui écrit dans son livre Théorie du racisme (1950) que« la “Révolution” n’a, jusqu’ici, été que l’accession de races inférieures au pouvoir, en remplacement de races supérieures dégénérées ». Camus ne s’inspire pas de ce livre, mais il s’inscrit néanmoins dans ce courant de pensée. Il rend en effet un hommage appuyé à celui qui travailla le plus à développer ses idées, l’essayiste Dominique Venner. Après son suicide en 2013, Camus le décrit comme un « grand intellectuel ». Pour Stéphane François, professeur de science politique à l’université de Mons, en Belgique, et historien des idées, « Venner joue un rôle central, car il se situe à l’avant-garde intellectuelle, il tente de sortir d’un nationalisme étroit par l’adoption d’un pan-nationalisme européen. Il est notamment l’auteur d’Histoire et tradition des Européens. 30 000 ans d’identité [#éditions_du_Rocher, 2002], dans lequel il affirme qu’existe une continuité culturelle en Europe, de la préhistoire à aujourd’hui… On trouve en outre chez lui l’idée que l’immigration est une invasion, que les nouveaux arrivants venus du Sud ne peuvent pas s’intégrer, à cause de leur violence ».

      (...) L’immigration est une « contre-colonisation ». Un large usage est donc fait d’un auteur anticolonialiste tel le psychiatre martiniquais Frantz Fanon. On le transforme en ce qu’il n’est pas : une espèce d’apôtre du « chacun chez soi » identitaire.

      https://www.lemonde.fr/idees/article/2022/01/28/le-grand-remplacement-genealogie-d-un-complotisme-cameleon_6111330_3232.html

      https://justpaste.it/28s9i

      source démocratique et CAC 40, #Alain_Finkielkraut pas cité #extrême_droite #histoire #chrétienté_médiévale #1492 #Joseph_de_Maistre #Ernest_Renan #Maurice_Barrès #Édouard_Drumont #Dominique_Venner #antisémitisme #islamophobie #racisme #complotisme #immigration #différentialisme #Enoch_Powell #Alain_de_Benoist #Nouvelle_droite


  • http://www.decroissance.org/index.php?chemin=textes/latouche
    « Rupture inaugurale » par Anselm Jappe & Clément Homs (à propos des liens de #Serge_Latouche avec l’extrème droite)

    Des intentions aux actes, l’oiseau rejoint son nid : Serge Latouche vient de publier un entretien dans le magazine d’extrême-droite Eléments (n°167, été 2017) dirigé par #Alain_De_Benoist.

    http://www.palim-psao.fr/2015/12/rupture-inaugurale-par-anselm-jappe-clement-homs.html
    https://reporterre.net/La-decroissance-permet-de-s
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Serge_Latouche
    #rouges_bruns #La_décroissance #Le_passager_clandestin

  • Michel Onfray se rapproche de l’extrême droite, sous le patronage de Proudhon | Lignes de force
    https://lignesdeforce.wordpress.com/2017/04/25/michel-onfray-se-rapproche-de-lextreme-droite-sous-le-patro

    Le pauvre Michel Onfray poursuit sa pitoyable dégringolade et se rapproche de la vieille « Nouvelle droite » intellectuelle d’Alain de Benoist. Non seulement il préface un livre de Thibault Isabel, mais il participe en chair et en os à un colloque organisé par les revues Éléments pour une civilisation européenne et Krisis, les deux organes de cette mouvance d’extrême droite.

    La stratégie de pêche à la ligne pratiquée depuis longtemps par Alain de Benoist, via les revues en question, se révèle une fois de plus payante. Après avoir attiré récemment Bernard Langlois, cofondateur de la revue Politis, de Benoist peut se flatter d’une belle prise médiatique, que la mise en page ci-dessous indique assez : ça n’est pas vers l’affiche du colloque que se tournent les regards quasi égrillards des deux « penseurs » d’extrême droite, mais vers Michel Onfray.

    Quant au grand ancêtre qui fournit le prétexte de cette répugnante fraternisation intellectuelle, il serait vain de lui reprocher aujourd’hui de tirer Onfray encore plus bas qu’il n’était. Ce sont pourtant bien les ambiguïtés de sa théorie qui autorisent tant d’ordures de droite ou d’extrême droite à se réclamer de lui.

    Onfray, lui, définitivement enfermé dans sa folie omnisciente et omnipotente, est certainement persuadé non seulement d’avoir raison à propos de #Proudhon – comme du reste – mais de ce que sa parole magique éclairera tous les esprits et résoudra toutes les contradictions…

    Encore quelques années (ou mois ?) et notre cynique rédigera des rapports pour la présidente du Front national et/ou de la République.

    #Michel_Onfray #Alain_de_Benoist

  • Communiqué commun SUD Educ #EHESS & Solidarités Etudiant-e-s EHESS concernant la revue Éléments et ses contributeurs récents.
    https://twitter.com/ArSaintMartin/status/826192205719171072

    #Marcel_Gauchet #Jacques_Sapir #Pierre_Manent #Alain_de_Benoist

    Avec cette justification de Marcel Gauchet (de 5min35s à ) :

    J’ai accepté de faire un entretien avec des gens que je connais un peu et qui me paraissent des intellectuels respectables . Je me serai bien passé de cette Une. [...] Pour moi l’esprit démocratique, #pluraliste, ça consiste à discuter avec tout le monde. C’est à dire notamment avec les gens avec lesquels on n’est pas d’accord. Je suis loin d’être d’accord avec Alain de Benoist sur l’essentiel de sa pensée, mais je ne vois pas de raisons dès lors... Pour moi les gens avec lesquels je ne discute pas ce sont ceux qui se proposent de renverser la #démocratie. Mais à partir du moment où les gens sont dans l’ #espace_démocratique, il me semble que la règle de base c’est d’accepter le désaccord. C’est la coexistence. [...] Il y a une extrême gauche et une extrême #droite, le champs politique est polarisé par nature. Je discute aussi avec des gens d’ #extrême_gauche. Je dois dire, par ailleurs, beaucoup plus souvent avec l’extrême #gauche qu’avec l’ #extrême_droite.

    https://www.youtube.com/watch?v=AwOmFwRzxQU

  • L’amour à 3, Soral, Zemmour, De Benoist
    http://lahorde.samizdat.net/2017/01/05/lamour-a-3-soral-zemmour-de-benoist

    Lu sur la Rotative.info, une interview par le journal en ligne Haro ! de Nicolas Bonanni, auteur du #livre « L’amour à trois, Soral, Zemmour, De Benoist ». « Vous connaissez #Alain_Soral et #Eric_Zemmour. Mais les avez-vous lu ? Et savez-vous qui est #Alain_de_Benoist ? Non ? Ce n’est pas grave. Oui ? Cet article est fait pour [&hellip

    #Repères #antifa

    • Dans L’amour à trois, tu expliques que la critique du capitalisme par Zemmour, Soral et de Benoist n’est que théorie, ou mauvaise foi. Est-ce que ces idéologues ont modifié les rapports triangulaires entre économie, valeurs de gauche et valeurs de droite ?
      Le capitalisme a brisé mille liens qui liaient les hommes les uns aux autres, et à leur environnement, pour les remplacer par des liens monétaires. Ce qu’on attendait hier de la solidarité familiale, amicale ou de voisinage, on l’attend de plus en plus des services marchands – éventuellement des services publics. Converties aux valeurs du capitalisme, assimilant libéralisme et liberté, la sociale démocratie comme la droite libérale ont pour unique programme de demander au capitalisme de tenir ses promesses et d’achever de briser tous les liens.
      La droite anti-libérale, celle du trio, porte un discours critique du capitalisme, ou du moins de certaines de ses facettes. Mais c’est avant tout un discours moral, éthique et romantique, une critique des « valeurs » du capitalisme qui déracine le hommes. Ils proposent essentiellement d’en revenir au stade « d’avant », ou à ce qu’ils nous présentent comme le stade d’avant – avec toutes les mythifications nécessaires. Avant le capitalisme, avant la modernité, quand les hommes étaient enracinés, pris dans des structures sociales organiques hiérarchiques stables. Hélas (ou heureusement), comme on ne revient jamais en arrière, je pense que la seule conséquence de leur activisme peut être d’ajouter l’aliénation nationaliste ou religieuse à l’aliénation capitaliste ; les tensions identitaires, racistes et sexistes à l’exploitation capitaliste. Ils n’ont rien modifié, seulement mis au goût du jour la critique de droite du capitalisme, qui existe depuis un siècle et demi et qui était traditionnellement portée par les aristocrates et l’Eglise.
      En dehors de la droite anti-libérale, de la droite libérale et de la gauche libérale, il reste un espace pour une gauche révolutionnaire, qui couplerait critique sociale et critique culturelle, critique de l’exploitation et de l’aliénation. Une critique du capitalisme qui renoue avec les expériences des anarchistes espagnols, des situationnistes, des briseurs de machines du XIXème siècle. À mon avis, cela implique de sortir du techno-progressisme obligatoire (« on n’arrête pas le progrès »), de s’intéresser aux expériences concrètes et marginales (les squats, la simplicité volontaire...) ainsi qu’aux expériences pré-capitalistes ou non-européennes au lieu de réclamer systématiquement plus d’Etat contre le capitalisme. Cela implique également de porter clairement une pensée libertaire qui ne soit pas libérale. Et de sortir des ghettos militants, et d’appuyer tout effort politique sur les préoccupations populaires (trop souvent caricaturées en « trucs de beaufs »).

  • Parution de « Libérons-nous du travail », le manifeste du Comité érotique révolutionnaire (éditions Divergences)
    http://www.palim-psao.fr/2016/12/parution-de-liberons-nous-du-travail-le-manifeste-du-comite-erotique-revo

    Lors du printemps dernier, le mouvement social contre la loi El Khomri a soulevé nombre de débats sur la notion du travail, ainsi que de sa critique la plus radicale. Mais qu’est que le travail dans notre société ? Quel est son rôle et surtout comment permet-il au capitalisme de se maintenir ? Le comité érotique révolutionnaire propose une ébauche de réponse, rédigé dans un style accessible et précis, nous vous conseillons vivement de vous le procurer !

    Libérons-nous du travail ne sera disponible en librairie qu’au mois d’avril 2017. En attendant, nous faisons une première diffusion dans les milieux militants. Il sera présent dans les prochains jours dans un certain nombre de lieux (librairies militantes, espaces occupés...) un peu partout en France. On publiera dans peu de temps une liste des lieux où se le procurer. Il est aussi possible de nous faire des commandes groupées du livre (5 exemplaires ou plus) soit via cette page soit sur le mail : editions.divergences@laposte.net

    #livre #travail #critique_du_travail #critique_de_la_valeur #wertkritik #Comité_érotique_révolutionnaire

    • Et alors on vie comment après ? Il ne faut pas rêver l’homme/femme a besoin d’une activité utile au delà du fait qu’il doit gagner sa vie ! Il/elle peux aimer son métier, sa vie même si il n’a pas vraiment choisi cela au départ, et que proposez vous à la place ?. C’est bien beau ces gens "soit disant « anarchistes » ou autre qui nous propose un « salaire minimum a vie » (RSA est déjà un salaire minimum a vie), tout comme les politiciens d’ailleurs qui voudraient bien voir vivre le peuple vivre avec « trois francs six sous ». Le travail en lui même n’est pas le problème, mais ce sont ceux qui dominent décideurs patrons, banquiers qui peuvent décider de votre vie avec « l’ esclavage dans le travail ». Ils décident de dévaluer le travail en salaire, les diplômes obtenus n’ayant plus la cote Non nous sommes fait pour travailler (ou avoir son jardin, ces bêtes) et être rémunérer en fonction de nos qualités, dureté du travail, je ne comprends pas du tout cette notion de « vie sans travail » si ce n’est que c’est une création contre le salariat déjà mis a mal par ces mêmes décideurs politiques.

    • Le travail est une spécificité du mode de vie capitaliste, aucun rapport avec le fait d’avoir une ou plusieurs activités, et donc sa critique n’a aucun rapport avec l’apologie de la paresse (même si c’est bien aussi dans une certaine mesure).

      Tu devrais prendre un peu de temps pour parcourir Palim Psao, il y a quantité d’articles (plus ou moins complexes ou vulgarisés suivant les cas) qui expliquent cette distinction (mais aussi un certain nombre de conversations ici sur seenthis en suivant les tags critique de la valeur, wertkritik, critique du travail…).

      La critique de quelques « grands méchants », et la mise en valeur du salariat est une critique du point de vue du Travail, qui aménage les choses, qui ne changent rien au mode de vie globale, au productivisme. Au mieux ça fait un capitalisme d’État ou un capitalisme « autogéré ».

      Si tu préfères l’audio à la lecture il y a cette vulgarisation pas mal du tout :
      https://seenthis.net/messages/506283

    • Ok je vais tenter d’y voir clair, car je crains que certains profitent de ce salaire minimum a vie pour renforcer le NAIRU ou créer des bantoustan de « travailleurs » ou esclaves modernes corvéables à merci .....

    • L’abolition de la valeur, écrit Moishe Postone, Temps, travail et domination sociale ne permettrait pas seulement de se délivrer de l’astreinte à la production pour la production, de donner au travail une structure différente et d’instaurer « une relation nouvelle du travail aux autres domaines de la vie » ; elle permettrait aussi d’acquérir « un plus haut degré de maîtrise, par les hommes [et les femmes] de leurs propres vies et une relation à l’environnement naturel plus consciente et maîtrisée »...
      L’écologie politique permet donc de mener une critique radicale de la richesse, des besoins et du travail, et de renouveler ainsi ce qu’il y a lieu d’entendre par « valeur d’usage »...
      On parvient ainsi à une conception anticonsumériste et antiproductiviste, où la technologie et les « forces productives » sont au centre de la critique.

      Fabrice Flipo : Moishe Postone, un marxisme antiproductiviste
      Radicalité 20 penseurs vraiment critiques Edition L’échappée

      Fabrice Flipo est maître de conférence en philosophie , contributeur régulier à la Revue du MAUSS et à Contre-Temps , auteur notamment de La décroissance : dix questions pour comprendre et débattre
      @rastapopoulos @aude_v @elihanah @vanderling

    • merci @marielle je vais me pencher un peu plus sur
      #Moishe_Postone ( d’autant plus que j’ai ce bouquin de l’échappée ) voici 2 liens de Contretemps à propos de
      Temps, travail, domination sociale… et destruction écologique. Retour sur Moishe Postone.
      http://www.contretemps.eu/postone-capital-nature
      http://www.contretemps.eu/lactualite-theorie-valeur-marx-propos-moishe-postone-temps-travail-domin
      à propos de Radicalité, 20 penseurs vraiment critiques selon les #éditions_l'échappée

      La liste ressemble un peu à un inventaire à la Prévert : Gunther Anders, Zygmunt Bauman, Cornelius Castoriadis, Bernard Charbonneau, Dany-Robert Dufour, Jacques Ellul, Ivan Illich, Christopher Lasch, Herbert Marcuse, Michela Marzano (députée du Parti démocrate italien !!!), Jean-Claude Michéa, Lewis Mumford, Georges Orwell, François Partant, Pier Paolo Pasolini, Moishe Postone, Richard Sennet, Lucien Sfez, Vandana Shiva, Simone Weil. Si l’on veut absolument trouver un point commun (très schématique) entre la majorité de ces intellectuels, ce serait leur sympathie pour l’écologie et leur critique de la société industrielle et de la technocratie – ce qui n’entraîne pas forcément une critique des fondements réels du capitalisme ni la volonté de s’y attaquer de façon « radicale »... On notera aussi que :

      – la majorité de ces auteurs sont des philosophes (discipline où l’on peut affirmer beaucoup de choses sans avoir à s’appuyer sur l’histoire et la politique concrètes) ;

      – quatre d’entre eux (Ellul, Charbonneau, Illich et Lasch) appartiennent à une mouvance chrétienne généralement modérée sur le plan politique. Ellul fut à la fois un théologien protestant et l’animateur d’une paroisse ; quant à Illich, il était prêtre de l’Eglise catholique, il est vrai proche des « pauvres » et non de sa hiérarchie ! Mais les fonctions ecclésiastiques prédisposent rarement à la « radicalité ». Ellul et Charbonneau appartenaient tous deux au courant personnaliste chrétien dont Emmanuel Mounier, le représentant le plus connu, et plusieurs de ses disciples, fréquentèrent l’Ecole des cadres d’Uriage sous... Pétain. C. Lasch fit profil bas sur les conséquences politiques de ses convictions religieuses mais il est reconnu, surtout depuis sa mort, comme l’un des maîtres à penser des conservateurs anglo-saxons. On ne s’étonnera pas que ce quatuor de croyants soient des adversaires de la Raison et de la critique matérialiste antireligieuse inaugurée par les Lumières ;

      – le seul auteur qui ait une activité politique traditionnelle actuellement (Michela Marzano) représente au Parlement un parti du centre gauche, qui n’a jamais été ni « radical » ni « vraiment critique » vis-à-vis du capitalisme et n’est même pas un parti réformiste combatif ;

      – et enfin que Zygmunt Bauman, fut commissaire politique, major dans le Corps de sécurité intérieure (les renseignements militaires) et membre du Parti polonais stalinien de 1944 à 1968 avant d’être chassé de Pologne à la suite d’une campagne menée par le Parti « communiste » contre les Juifs. Un tel long parcours au sein de l’appareil militaire puis politique d’un Etat totalitaire n’est pas vraiment un témoignage de « radicalité »....

      Bref sur ces vingt prétendus penseurs de la « radicalité », un tiers ont vraiment mouillé leur chemise à un moment ou un autre de leur existence (même si certains se sont bien assagis par la suite), voire ont risqué leur vie ou la prison pour leurs idées. Les deux autres tiers sont formés de braves universitaires dont la « radicalité » n’a jamais pris le chemin d’une pratique concrète anticapitaliste... Il ne s’agit pas de le leur reprocher (tout le monde n’a pas le goût à militer aux côtés des exploités) mais je vois mal comment une perspective libertaire « vraiment critique » pourrait s’élaborer seulement dans les facs ou les cénacles intellectuels, en dehors de toute participation à des luttes de masse.

      source : http://www.mondialisme.org/spip.php?article1990

      (Ajout du 22/12/2013 : D’ailleurs, manque de pot pour les libertaires de l’Echappée, #Olivier_Rey, auteur de l’article consacré à #Pasolini dans leur livre, a accordé une interview à la revue Conférence sur « l’usage social des sciences » dont le texte a été reproduit (probablement avec son autorisation) dans Krisis n° 39 de septembre 2013, la revue du fasciste mondain #Alain_de_Benoist. Signalons au passage que Rey est aussi l’auteur dans Etudes, la revue des jésuites, d’un article au titre évocateur : « L’homme originaire ne descend pas du singe »... Il a également donné une petite conférence à Notre-Dame-de-Paris, en compagnie d’un théologien pour gloser sur la « querelle du genre » (« Homme-femme : heureuse différence ou guerre des sexes ? », conférence que l’on peut voir et écouter sur la chaîne catholique KTO :

      http://leblogjeancalvin.hautetfort.com/tag/olivier+rey
      http://www.paris.catholique.fr/Texte-des-Conferences-de-Careme,15767.html

      Décidément les amis de l’Echappée nous réservent bien des surprises !...)
      https://youtu.be/JSmRVNBCAiM

      Cette maison d’édition officiellement libertaire a donc pondu un communiqué pour appeler à la « vigilance », communiqué sidérant par son absence de contenu politique. En effet le problème résiderait simplement, selon l’Echappée, dans une petite erreur de casting (on n’a pas vérifié sur Google, quelqu’un de fiable nous l’a recommandé, et autres excuses d’amateur)mais pas dans le choix stupéfiant de #Jean-Claude_Michéa comme auteur « vraiment critique » et « radical ».

  • Anselm Jappe et Clément Homs rompent publiquement avec Serge Latouche pour cause de non distanciation explicite avec l’extrême-droite.

    Anselm Jappe vient de publier en cette fin d’année un dernier livre-débat avec Serge Latouche. Mais annonce désormais que le débat est pour l’instant terminé.

    « Rupture inaugurale », par Anselm Jappe & Clément Homs - Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme
    http://www.palim-psao.fr/2015/12/rupture-inaugurale-par-anselm-jappe-clement-homs.html

    Mais nous devons constater aujourd’hui que la poursuite de ce débat n’a plus de sens. En ce qui concerne Latouche, au lieu de s’améliorer, il a entrepris une démarche où il montre, c’est la moindre des choses qu’on puisse dire, un manque de vigilance envers les récupérations de la décroissance opérées par la « Nouvelle droite ». Latouche semble avoir l’intention de « ratisser large » et de miser sur une espèce de « front décroissant » auquel tout le monde pourrait adhérer, indépendamment de ses positions politiques sur d’autres questions – même A. De Benoist à qui il laisse clairement la porte ouverte dans un entretien de juillet 2013 au site Reporterre[1]. Quand en Italie il n’hésite pas à s’afficher aux côtés d’un certain Diego Fusaro, un disciple de l’ordure Costanzo Preve, qui mange à tous les râteliers des fascistes italiens quand il ne donne pas un entretien en France au magazine Eléments de De Benoist en juillet-septembre 2015 (n°156).

    Dans un moment historique où le nouveau « populisme transversal » avance partout et se propose comme une véritable explication idéologique de la crise du capitalisme destinée à détourner la rage de ses victimes, le refus de participer, fût-ce indirectement ou de loin, à cette entreprise « rouge/brun » est la condition minimale pour qu’un dialogue avec nous soit possible. Nous nous engageons publiquement à cracher au visage de différents De Benoist, Soral, Onfray, Diego Fusaro, etc., dès que nous serons en leur présence, et nous attendons la même attitude de nos interlocuteurs. Latouche ne réussira jamais à enrôler la critique de la valeur dans ses troupes auxiliaires ! Les rares approches contemporaines qui restent fidèles à l’idée d’émancipation sociale combattront évidemment avec toutes leurs forces les nouveaux réactionnaires du populisme transversal – mais sans nécessairement donner raison à la gauche moderniste. La critique de la valeur continuera plutôt à démontrer que ce qui unit ces deux champs, au-delà de leurs différences, est l’anticapitalisme tronqué et la réduction de la critique sociale à une critique de la seule sphère financière.

    #rupture #débat #Serge_Latouche #Anselm_Jappe #critique_de_la_valeur #extrême_droite #décroissance #Nouvelle_Droite #Alain_de_Benoist #sortir_de_l'économie