• Permessi in mano straniera : il vero #business è rivenderli

    La crescita della domanda delle materie prime critiche ha rimesso le miniere al centro dell’agenda politica italiana. Ma sono compagnie extra-UE a fare da protagoniste in questa rinascita perché la chiusura delle miniere negli anni ’80 ha spento l’imprenditoria mineraria italiana.

    “Nelle #Valli_di_Lanzo l’attività mineraria risale al XVIII secolo, quando il cobalto era utilizzato per colorare di blu tessuti e ceramiche. Poi l’estrazione non era più conveniente e le miniere sono state chiuse negli anni ‘20” dice a IE Domenico Bertino, fondatore del museo minerario di Usseglio, Piemonte. Adesso, grazie a una società australiana, i minatori potrebbero tornare a ripopolare le vette alpine.

    Secondo Ispra quasi tutti i 3015 siti attivi in Italia dal 1870 sono dismessi o abbandonati. Ma la crescita della domanda di materie prime critiche (CRM) ha fatto tornare le miniere al centro dell’agenda politica.

    “Abbiamo 16 materie critiche in miniere che sono state chiuse oltre trent’anni fa. Era più facile far fare l’estrazione di cobalto in Congo, farlo lavorare in Cina e portarlo in Italia” ha detto a luglio il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, ribadendo la volontà del governo di riaprire le miniere. Oltre al cobalto in Piemonte, ci sono progetti per la ricerca di piombo e zinco in Lombardia, di litio nel Lazio e di antimonio in Toscana.

    I protagonisti di questa “rinascita mineraria”, che dovrebbe rendere l’Italia meno dipendente da paesi terzi, sono compagnie canadesi e australiane. Dei 20 permessi di esplorazione attivi, solo uno è intestato a una società italiana (Enel Green Power).

    La ragione è che “le scelte politiche fatte negli anni ‘80 hanno portato alla chiusura delle miniere. E così la nostra imprenditoria mineraria si è spenta e la nuova generazione ha perso il know how” spiega Andrea Dini, ricercatore del CNR.

    La maggior parte sono junior miner, società quotate in borsa il cui obiettivo è ottenere i permessi e vendere l’eventuale scoperta del giacimento a una compagnia mineraria più grande. “Spesso quando la società mineraria dichiara di aver scoperto il deposito più grande del mondo, il più ricco, il più puro, cerca solo di attrarre investitori e far decollare il valore del titolo” spiega Alberto Valz Gris, geografo ed esperto di CRM del Politecnico di Torino, promotore di una carta interattiva (http://frontieredellatransizione.it) che raccoglie i permessi di ricerca mineraria per CRM in Italia.

    Tra le junior miner presenti in Italia spicca Altamin, società mineraria australiana che nel 2018 ha ottenuto i primi permessi di esplorazione (https://va.mite.gov.it/it-IT/Oggetti/Info/1760) per riaprire le miniere di cobalto di Usseglio e Balme, in Piemonte. “Finora sono state effettuate solo analisi in laboratorio per capire la qualità e quantità del cobalto” spiega Claudio Balagna, appassionato di mineralogia che ha accompagnato in alta quota gli esperti di Altamin. “Ma da allora non abbiamo saputo più nulla", dice a IE Giuseppe Bona, assessore all’ambiente di Usseglio, favorevole a una riapertura delle miniere che potrebbe creare lavoro e attirare giovani in una comunità sempre più spopolata.

    A Balme, invece, si teme che l’estrazione possa inquinare le falde acquifere. “Non c’è stato alcun dialogo con Altamin, quindi è difficile valutare quali possano essere i risvolti eventualmente positivi" lamenta Giovanni Castagneri, sindaco di Balme, comune che nel 2020 ha ribadito l’opposizione “a qualsiasi ricerca mineraria che interessi il suolo e il sottosuolo”.

    “Le comunità locali sono prive delle risorse tecniche ed economiche per far sentire la propria voce” spiega Alberto Valz Gris.

    Per il governo Meloni la corsa alla riapertura delle miniere è una priorità, con la produzione industriale italiana che dipende per €564 miliardi di euro (un terzo del PIL nel 2021) dall’importazione di materie critiche extra-UE. Tuttavia, a oggi, non c’è una sola miniera di CRM operativa in Italia.

    Nel riciclo dei rifiuti le aziende italiane sono già molto forti. L’idea è proprio di puntare sull’urban mining, l’estrazione di materie critiche dai rifiuti, soprattutto elettronici, ricchi di cobalto, rame e terra rare. Ma, in molti casi, la raccolta e il riciclo di queste materie è oggi ben al di sotto dell’1%. “Un tasso di raccolta molto basso, volumi ridotti e mancanza di tecnologie appropriate non hanno permesso lo sviluppo di una filiera del riciclaggio delle materie critiche”, dice Claudia Brunori, vicedirettrice per l’economia circolare di ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Oltre alla mancanza di fondi: nel PNRR non sono previsti investimenti per le materie prime critiche.

    Un’altra strategia è estrarre CRM dalle discariche minerarie. Il Dlgs 117/08 fornisce indicazioni sulla gestione dei rifiuti delle miniere attive, ma non fornisce riferimenti per gli scarti estrattivi abbandonati. Così “tali depositi sono ancora ritenuti rifiuti e non possono essere considerati nuovi giacimenti da cui riciclare le materie” denuncia l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che chiede una modifica normativa che consenta il recupero delle risorse minerarie.

    https://www.investigate-europe.eu/it/posts/permessi-in-mano-straniera-il-vero-business-rivenderli
    #extractivisme #Alpes #permis #mines #minières #Italie #terres_rares #matières_premières_critiques #transition_énergétique #Alberto_Valz_Gris #permis_d'exploration #Usseglio #Piémont #Adolfo_Urso #plomb #zinc #Lombardie #Latium #Toscane #antimoine #Enel_Green_Power #junior_miner #Altamin #Australie #Balme #urban_mining #recyclage #économie_circulaire #déchets

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  • Il mondo al contrario (reboot). Note sulla politica dell’immaginario cartografico e sul libro di Vannacci

    La cartografia rovesciata è stata spesso utilizzata da artiste e artisti per proporre messaggi politici, forme di attivismo e di pensiero creativo, per contribuire a destabilizzare le nostre convinzioni e il nostro subconscio politico

    Il libro di Roberto Vannacci cui si fa riferimento nel titolo è una raccolta di idee, posizioni, commenti e aneddoti che tratteggiano i molteplici modi attraverso i quali – si sostiene – la società sta sovvertendo i presupposti logici comuni. Le idee dell’autore, chiaramente collocabili nell’area politica dell’estrema destra, si sviluppano attraverso dodici capitoli tematici in cui si parla di argomenti assai disparati, dalla sostenibilità all’idea di patria, dalla diversità sessuale all’autodifesa, dalle tasse all’animalismo. Si è già scritto molto al riguardo: ogni singolo capitolo potrebbe essere oggetto di una decostruzione critica e rappresenta l’antitesi (o il contrario, per rimandare ancora una volta al titolo) delle posizioni oggi dominanti nelle scienze sociali: la lotta all’essenzialismo, all’antropocentrismo, al patriarcato, al pensiero binario e a quello coloniale, per citare alcuni temi cari alla geografia umana. I legami fra questo libro e la disciplina che pratico nelle aule universitarie – la geografia– sono peraltro numerosi, a partire dalla considerazione di come l’autore, al momento della pubblicazione del libro, fosse alla guida dell’Istituto Geografico Militare. In più, il libro affronta una gran quantità di tematiche squisitamente geografiche, come il rapporto fra uomo (sic) e natura (spesso indicata con sinonimi e varianti come Natura, Madre Natura e addirittura Creato, in un momento in cui il dibattito scientifico preferisce spesso l’uso della stessa parola nature, al plurale). C’è poi un capitolo esplicitamente dedicato alla crisi della città, in cui l’attenzione si concentra sul tema della mobilità e sull’importanza delle automobili, ma in cui si toccano anche questioni sociali come la gentrification, senza usare esplicitamente il termine. L’autore evidenzia infatti come il sistema di divieti, proibizioni e provvedimenti illiberali (che per esempio limitano l’utilizzo dell’automobile) voluto da vari movimenti politici e da amministrazioni locali produca città sempre più esclusive destinate a “single privilegiati”, ma invivibili “per famiglie con prole”.

    Un aspetto geografico del libro su cui vorrei soffermare l’attenzione è però l’utilizzo, fin dal titolo, di una metafora geografica: quella del mondo rovesciato, al contrario. Non si tratta certo del primo caso di metafora planetaria, e anzi esiste una nutrita schiera di prestigiosi lavori in questo senso: è possibile citare il mondo liquido e quello fluido, o l’idea assai criticata del mondo piatto, caratterizzato dalla riduzione delle distanze e dei confini nei fenomeni economici. Il mondo al contrario, ci spiega l’autore, è quello in cui sono rovesciati i principi del senso comune, della logica, della razionalità. Una delle parole maggiormente ricorrenti nel testo è “normalità”, intesa come il solido terreno comune che fornisce le coordinate per orientarsi in un mondo sempre più complesso e frastagliato, proprio come il mondo liquido discusso anni fa dal sociologo e filosofo Zygmunt Bauman. I colpevoli di questo ribaltamento sarebbero “esigue e sparute minoranze”, comprese quelle intellettuali, che il mondo “lo preferiscono a testa in giù”. Il concetto di normalità assunto nel testo è assai problematico, perché inevitabilmente legato a una concezione quantitativa: è “normale” ciò che riguarda una maggioranza di persone (all’interno di una determinata area, qui assunta come l’Italia, perché chiaramente ciò che è statisticamente normale qui non lo sarà altrove) e una sufficiente quantità di tempo (secoli? Millenni? Davvero la tradizione è una virtù che legittima pratiche e posizioni politiche?). Vorrei però concentrare l’attenzione sulla metafora stessa, e cioè sull’immagine fisica del mondo al contrario. Su alcuni siti e testate è stata presentata l’immagine di una cartografia capovolta rispetto a quella tradizionale, con l’Africa in alto e con l’Europa nella parte inferiore, come nell’immagine qui riprodotta, estratta dal sito democraticgeography.

    Simili mappe, disponibili in molte varianti, sono spesso chiamate South-up, o upside-down, cioè letteralmente “al contrario”. Si tratta di mappe curiose, ma per nulla strampalate o prive di senso. La Terra è un oggetto in movimento nello spazio, e non esiste un sistema di coordinate assoluto, se non quello creato dalle nostre convenzioni. La tradizione di porre l’Europa al centro della mappa e il Nord in posizione superiore è puramente convenzionale, non è sempre stato così, e in molte parti del mondo si utilizzano (o si utilizzavano) sistemi assai differenti, per esempio posizionando la Cina al centro. Anche senza andare distanti dall’Europa, la tradizione cristiana usava sancire la sacralità della rappresentazione del mondo unendo simbolismi religiosi, come nelle mappe dette T-O, in cui la disposizione dei continenti allora conosciuti richiamava la forma della croce cristiana, con l’Asia (più estesa) posta nella parte superiore della figura. Lo schema cartografico riproduceva il mito dell’assegnazione dei continenti ai tre figli Noe: Sem, Cam e Jafet, ognuno dei quali capostipite delle popolazioni di un’area geografica. L’esempio qui sotto, estratto da un libro medievale, è uno dei molti possibili.

    La cartografia rovesciata è stata spesso utilizzata da artiste e artisti per proporre messaggi politici, forme di attivismo e di pensiero creativo, per contribuire a destabilizzare le nostre convinzioni e il nostro subconscio politico. È stata spesso utilizzata dai movimenti anticolonialisti. Come sottolineato da un’ampia letteratura della psicologia ambientale, siamo infatti abituati ad attribuire una posizione di superiorità a ciò che sta in alto, come ben rappresentata nelle consuetudini del nostro linguaggio (“mi sento giù”). Sovvertire il sistema di coordinate è una strategia, come molte altre, per mettere in discussione saggezze consolidate, cercare nuovi punti di riferimento, sperimentare altri modi di essere e di posizionarsi al mondo, creare nuovi discorsi. Cosa si prova a guardare l’immagine dello stivale al contrario? Vedere Roma in quella posizione, sopra Milano? Siamo davvero sicuri che si tratti solo di un gioco inutile? Forse c’è qualcosa di estremamente vitale, critico e creativo nell’immagine del mondo al contrario.

    https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/08/24/news/il_mondo_al_contrario_reboot_note_sulla_politica_dellimmaginario_cart

    Il y a même une entrée wiki:
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Carte_invers%C3%A9e

    #cartographie #upside_down #Nord #Sud #carte_inversée #cartographie_inversée #Alberto_Vanolo

  • Alla ricerca del cobalto sulle Alpi

    È un elemento importante per la realizzazione delle batterie delle auto elettriche. Il cobalto viene estratto però soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, una realtà travolta dalla corruzione e instabile dal punto di vista militare e politico. Per “aggirare” la possibile penuria della fornitura di un componente essenziale dello sviluppo di una economia realizzata con fonti rinnovabili, le nazioni post-industriali e industrializzate cercano il Cobalto altrove, in territori guidati da governi più stabili e dove è più solida la certezza del diritto.

    Vecchie miniere di cobalto dismesse perché poco remunerative tornano improvvisamente interessanti. Una di queste è situata tra Torino e il confine con la Francia, ancora in territorio piemontese.

    Tra la necessità di tutelare l’ambiente e l’opportunità economica offerta, istituzioni e popolazione si interrogano sul presente e il futuro del territorio interessato dal possibile nuovo sviluppo minerario.

    https://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/laser/Alla-ricerca-del-cobalto-sulle-Alpi-16169557.html?f=podcast-shows

    #extractivisme #Alpes #cobalt #Piémont #Italie #terres_rares #Balme #Altamin #Barmes #Punta_Corna #Valli_di_Lanzo #mines #exploitation #peur #résistance #Berceto #Sestri_Levante #lithium #souveraineté_extractive #green-washing #green_mining #extraction_verte #transition_énergétique #NIMBY #Usseglio #Ussel

    Le chercheur #Alberto_Valz_Gris (https://www.polito.it/en/staff?p=alberto.valzgris) parle de la stratégie de l’Union européenne pour les #matières_premières_critiques :
    #Matières_premières_critiques : garantir des #chaînes_d'approvisionnement sûres et durables pour l’avenir écologique et numérique de l’UE
    https://seenthis.net/messages/1013265

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    • Caccia al cobalto sulle Alpi piemontesi

      Viaggio in provincia di Torino dove una multinazionale ha nel mirino la creazione di una miniera destinata ad alimentare le nuove batterie per i veicoli elettrici.

      Il boom delle auto elettriche trascina la ricerca mineraria in Europa. Noi siamo stati in Piemonte dove una società australiana spera di aprire una miniera di cobalto, uno dei metalli indispensabili per produrre le più moderne batterie. Il progetto è ancora in una fase preliminare. Non si vede nulla di concreto, per ora. Ma se siamo qui è perché quanto sta accadendo in questa terra alpina apre tutta una serie d’interrogativi su quella che – non senza contraddizioni – è stata definita “transizione ecologica”.

      Balme, alta #Val_d’Ala, Piemonte. Attorno a noi i boschi sono colorati dall’autunno mentre, più in alto, le tonalità del grigio tratteggiano le cime che si estendono fino in Francia. Un luogo magico, non toccato dal turismo di massa, ma apprezzato dagli appassionati di montagna. Tutto potrebbe però cambiare. Nelle viscere di queste rocce si nasconde un tesoro che potrebbe scombussolare questa bellezza: il cobalto. La società australiana Altamin vuole procedere a delle esplorazioni minerarie sui due versanti della Punta Corna. Obiettivo: sondare il sottosuolo in vista di aprire una miniera da cui estrarre questa materia prima sempre più strategica. Il cobalto è infatti un minerale indispensabile per la fabbricazione delle batterie destinate alle auto elettriche o ad immagazzinare l’energia prodotta da fonti rinnovabili. Tecnologie dette verdi, ma che hanno un lato grigio: l’estrazione mineraria.

      Oggi, circa il 70% del cobalto mondiale proviene dalla Repubblica democratica del Congo (Rdc), dove la corsa a questo metallo, guidata dalla Cina, alimenta la corruzione e genera grossi problemi sociali e ambientali. Di recente, un po’ in tutta Europa, si sta sempre più sondando il terreno in cerca di nuovi filoni che potrebbero ridurre la dipendenza dall’estero di questo ed altri minerali classificati dall’Ue come “critici”. Ecco quindi che queste valli piemontesi sono diventate terreno di caccia di imprese che hanno fiutato il nuovo business. Siamo così partiti anche noi in questa regione. Alla ricerca del cobalto e all’ascolto delle voci da un territorio che – suo malgrado – si trova oggi al centro della nuova corsa mondiale all’accaparramento delle risorse.

      Balme dice no

      «Siamo totalmente contrari. In primis perché non siamo stati coinvolti in nessun tipo di dialogo. Siamo poi convinti che l’estrazione di minerali non sia l’attività adatta per lo sviluppo del nostro territorio». #Gianni_Castagneri è il sindaco di Balme, 110 abitanti, uno dei comuni su cui pende una domanda di ricerca da parte di Altamin. Il primo cittadino ci accoglie nella piccola casa comunale adiacente alla chiesa. È un appassionato di cultura e storia locale e autore di diversi libri. Con dovizia di particolari, ci spiega che anticamente queste erano terre di miniera: «Un po’ tutti i paesi della zona sono sorti grazie allo sfruttamento del ferro. Già nel Settecento, però, veniva estratto del cobalto, il cui pigmento blu era utilizzato per la colorazione di tessuti e ceramiche».

      Dopo quasi un secolo in cui l’attività mineraria è stata abbandonata, qualche anno fa è sbarcata Altamin che ha chiesto e ottenuto i permessi di esplorazione. Secondo le stime della società i giacimenti a ridosso della Punta Corna sarebbero comparabili a quello di Bou Azzer, in Marocco, uno dei più ricchi al mondo di cobalto. «Andando in porto l’intero progetto di Punta Corna si avrà una miniera europea senza precedenti» ha dichiarato un dirigente della società. Affermazione che, qui a Balme, ha suscitato molta preoccupazione.

      Siamo in un piccolo comune alpino, la cui unica attività industriale è l’imbottigliamento d’acqua minerale e un birrificio. Al nostro incontro si aggiungono anche i consiglieri comunali Guido Rocci e Tessiore Umbro. Entrambi sono uomini di montagna, attivi nel turismo. Entrambi sono preoccupati: «Siamo colti alla sprovvista, cerchiamo “cobalto” su Internet ed escono solo cose negative, ma abbiamo come l’impressione che la nostra voce non conti proprio nulla».

      Sul tavolo compare una delibera con cui il Comune ha dichiarato la propria contrarietà «a qualsiasi pratica di ricerca e coltivazione mineraria». Le amministrazioni degli ultimi anni hanno orientato lo sviluppo della valle soprattutto verso un turismo sostenibile, vietando ad esempio le attività di eliski: «Noi pensiamo ad un turismo lento – conclude il sindaco – la montagna che proponiamo è aspra, poco adatta allo sfruttamento sciistico in senso moderno. Questa nostra visione ha contribuito in positivo all’economia del villaggio e alla sua preservazione. Ci sembra anacronistico tornare al Medioevo con lo sfruttamento minerario delle nostre montagne».

      Australiani alla conquista

      «Lo sviluppo della mobilità elettrica ha spinto le richieste di permessi di ricerca in Piemonte» ci spiega al telefono un funzionario del settore Polizia mineraria, Cave e Miniere della regione Piemonte. Si tratta dell’ente che, a livello regionale, rilascia le prime autorizzazioni. L’uomo, che preferisce non essere citato, ci dice che per il momento è troppo presto per «creare allarmismi o entusiasmi», ma conferma che, in Piemonte, sono state richieste altre autorizzazioni: «Oltre a Punta Corna, si fanno ricerche in Valsesia e verso la Val d’Ossola» conclude il funzionario. Proprio in Valsesia un’altra società australiana, del gruppo Alligator Energy, ha comunicato di recente di avere iniziato i lavori per un nuovo sondaggio. La zona è definita dall’azienda «ad alto potenziale».

      L’argomento principale delle società minerarie è uno: la necessità di creare una catena di valore delle batterie in Europa: «Punta Corna è centrale per la strategia di Altamin […] e beneficerà della spinta dell’Ue per garantire fonti pulite e locali di metalli nonché degli investimenti industriali europei negli impianti di produzione di veicoli elettrici e batterie» si legge in un recente documento destinato agli azionisti. Altamin ricorda come, in prospettiva, l’operazione genererebbe una sinergia produttiva col progetto Italvolt dell’imprenditore svedese Lars Calstrom. L’uomo vuole costruire una nuova grande fabbrica di batterie ad alta capacità presso gli ex stabilimenti Olivetti nella vicina Ivrea.

      Altamin, così come altre società attive nel ramo, non è un gigante minerario. Si tratta di una giovane società capitalizzata alla borsa di Sidney che ha puntato sull’Italia per tentare il colpaccio. Ossia trovare un filone minerario potenzialmente sfruttabile e redditizio, considerato anche l’aumento dei prezzi delle materie prime, soprattutto dei metalli da batteria. Oltre al progetto piemontese, l’azienda è attiva in altre zone d’Italia: in Lombardia ha un progetto di estrazione di zinco, mentre ha presentato domande anche in Liguria, Emilia-Romagna e Lazio. Qui, nell’antica caldera vulcanica del Lago di Bracciano, Altamin e un’altra società australiana, #Vulcan_Energy_Resources, hanno ottenuto delle licenze per cercare del litio, un altro metallo strategico. «L’idea che si sta portando avanti è quella di rivedere vecchi siti minerari anche alla luce delle nuove tecnologie e della risalita del prezzo dei metalli» spiegano da Altamin. Il tutto in uno scenario internazionale, in particolar modo europeo, in cui si cerca di ridurre la dipendenza delle importazioni dall’estero. Questo a loro dire avrebbe molti vantaggi: «Estrarre cobalto qui ridurrebbe al minimo i problemi etici e logistici che si riscontrano attualmente con la maggior parte delle forniture provenienti dalla Rdc». Ma non tutti la pensano così.

      Lo sguardo del geografo

      A Torino, il Politecnico ha sede presso il Castello del Valentino, antica residenza sabauda situata sulla riva del Po. Qui incontriamo il geografo e assegnista di ricerca Alberto Valz Gris che di recente ha messo in luce diverse ombre del progetto Punta Corna e, in generale, dell’impatto della corsa ai minerali critici sulle comunità locali. Per la sua tesi di dottorato, Valz Gris ha studiato le conseguenze socio-ambientali causate dall’estrazione del litio nella regione di Atacama tra Argentina e Cile. Rientrato dal Sudamerica, lo studioso è venuto a conoscenza del progetto minerario a Punta Corna, a due passi da casa, nel “giardino dei torinesi”. Il ricercatore ha così deciso di mettere in evidenza alcune contraddizioni di questa tanto decantata transizione ecologica: «Il cobalto o il litio sono associati a una retorica di sostenibilità in quanto indispensabili alle batterie. In realtà, per come è stata organizzata, questa transizione ecologica, continua a implicare un’estrazione massiva di risorse naturali non rinnovabili e, quindi, il moltiplicarsi di siti estrattivi altamente inquinanti. Ciò non mi sembra molto ecologico».

      In questo senso il ritorno dell’estrazione mineraria su grande scala in Europa non è proprio una buona notizia: «L’estrattivismo non ha mai portato sviluppo e la materialità di questa dinamica investirà in particolare le aree di montagna. Per cui ho forti dubbi sulle promesse su cui si fondano tutti i progetti come quello di Punta Corna, e cioè che accettare il danno ecologico e paesaggistico portato dall’estrazione mineraria si traduca in sviluppo sociale ed economico per chi abita quei territori». Per Alberto Valz Gris, però, opporsi alle miniere europee non significa giustificare l’appropriazione di risorse in altri posti del mondo: «Dobbiamo immaginare alternative tecniche ed economiche che siano realmente al servizio dell’emergenza climatica, per esempio investendo nel riciclo delle risorse già in circolo nel sistema industriale in modo da ridurre al minimo la pressione antropica sugli ecosistemi». Il problema ruota attorno al fatto che «estrarre nuove materie prime dalle viscere della Terra è ad oggi molto meno costoso che non impegnarsi effettivamente nel riciclare quelle già in circolo»; questo vantaggio economico che «impedisce lo sviluppo di una vera economia circolare» è falsato poiché «non vengono mai calcolati i costi sociali e ambientali legati all’estrazione delle materie prime».

      Gli “sherpa” di Altamin

      Usseglio, alta Valle di Viù, Piemonte. Siamo di nuovo in quota, questa volta sul versante Sud della Punta Corna. Anche qui il territorio vive perlopiù di turismo e può contare su una centrale idroelettrica che capta l’acqua dal bacino artificiale più alto d’Europa. Su queste montagne, oltre i 2.500 metri, Altamin ha ottenuto di recente la possibilità di estendere i carotaggi in profondità. I lavori dovrebbero iniziare la primavera prossima. Ciò che non sembra preoccupare il sindaco Pier Mario Grosso: «Pare che ci sia una vena molto interessante, ma per capire se si potrà sfruttarla occorrono altri sondaggi».

      Il primo cittadino ci accoglie nel suo ufficio e ci mostra una cartina appesa alle pareti su cui si legge “miniere di cobalto”: «Erano le vecchie miniere poi abbandonate e su cui ora Altamin vuole fare delle ricerche perché il cobalto è il metallo del futuro». A Usseglio, l’approccio del comune è diverso rispetto a Balme. #Pier_Mario_Grosso è un imprenditore che vende tende e verande in piano. Per lui il progetto di Altamin potrebbe creare sviluppo in valle: «Questa attività porterà senz’altro benefici alla popolazione e aiuterà a combattere lo spopolamento. Sono quindi tendenzialmente favorevole al progetto, a patto che crei posti di lavoro e non sia dannoso per l’ambiente».

      Salutiamo il sindaco e saliamo fino alla frazione di #Margone dove abbiamo appuntamento per visitare un piccolo museo dei minerali. Qui incontriamo #Domenico_Bertino e #Claudio_Balagna, due appassionati mineralogisti che gestiscono questa bella realtà museale. Nelle bacheche scopriamo alcune perle delle #Alpi_Graie, come gli epidoti e la #Lavoisierite, un minerale unico al mondo scovato nella zona. Appese ai muri ci sono delle splendide mappe minerarie dell’800 trovate negli archivi di Stato di Torino. E poi c’è lui, il cobalto. Finalmente lo abbiamo trovato: «È in questa pietra che si chiama #Skutterudite e il cobalto sono questi triangolini di colore metallico, anche se in molti pensano che sia blu» ci spiegano i due ricercatori. Eccolo qui, il minerale strategico tanto agognato che oggi vale circa 52.000 dollari la tonnellata.

      Possiamo osservarlo nei minimi dettagli su un grande schermo collegato ad uno stereoscopio. Sul muro a lato un cartello sovrasta la nuova strumentazione: «Donazione da parte di Altamin». Tra il museo e la società vi è infatti un legame. Più volte, Domenico e Claudio hanno accompagnato in quota i geologi di Altamin a cercare gli ingressi delle vecchie miniere. Sherpa locali di una società che altrimenti non saprebbe muoversi tra gli alti valloni di queste montagne poco frequentate. Non c’è timore nell’ammetterlo e i due, uomini di roccia e legati nell’intimo a questo territorio, non sembrano allarmati: «Noi siamo una sorta di guardiani. Abbiamo ricevuto delle rassicurazioni e l’estrazione, se mai ci sarà, avverrà in galleria e sarà sottoposta a dei controlli. In passato abbiamo avuto le dighe che hanno portato lavoro, ma ora qui non c’è più nessuno e la miniera potrebbe essere una speranza di riportare vita in valle».

      Usseglio fuori stagione è affascinante, ma desolatamente vuota. Le poche persone che abbiamo incontrato in giro erano a un funerale. Il terzo nelle ultime settimane, il che ha fatto scendere il numero di abitanti sotto i duecento. Ma siamo sicuri che una miniera risolverà tutti i problemi di questa realtà montana? E se l’estrattivismo industriale farà planare anche qui la “maledizione delle risorse”? Torniamo a casa pieni di interrogativi a cui non riusciamo ancora a dare risposta. Nel 2023, dopo lo scioglimento delle nevi (sempre se nevicherà) Altamin inizierà i carotaggi in quota. Scopriremo allora se l’operazione Punta Corna avrà un seguito o se franerà nell’oblio. La certezza è che in Piemonte, come del resto in Europa e nel mondo, la caccia grossa a questi nuovi metalli critici continuerà.

      https://www.areaonline.ch/Caccia-al-cobalto-sulle-Alpi-piemontesi-2654a100

  • #Alberto_Meschi et les luttes ouvrières des travailleurs du marbre
    https://www.partage-noir.fr/alberto-meschi-et-les-luttes-ouvrieres-des-travailleurs-du


    ❝Né à Borgo san Donnino (aujourd’hui Fidenza), dans la province de Parme, en 1879, Alberto Meschi commença dès son plus jeune âge à militer dans le mouvement anarchiste. Esprit vif et curieux, il acquiert vite une solide culture qui lui permit par la suite d’affronter avec succès, pendant toute une vie de lutte, les défenseurs de l’« Ordre bourgeois ». #Le_Monde_libertaire_n°144_-_Septembre-Octobre_1968
    #Alberto_Meschi, #Le_Monde_Libertaire, #Italie, #USI, #Carrare

    https://www.partage-noir.fr/IMG/pdf/bdic_fp_2520_1968_144.pdf

  • Le sentier de l’espoir

    « Comment oublier les anti-fascistes (y compris le futur Président de la République italienne Sandro Pertini) ou des Juifs comme #Robert_Baruch qui en #1939 dessine et envoie à sa communauté de Merano la carte ci-jointe (qui représente avec exactitude le chemin) dans la tentative d’offrir une issue aux lois raciales »


    http://www.ecodellariviera.it/le-sentier-de-lespoir

    #cartographie #contre-cartographie #Vintimille #frontière_sud-alpine #migrations #frontières #mobile_infrastructure_of_solidarity #solidarité #histoire #visualisation #croquis #Italie #France #col_de_la_mort #passo_della_morte

  • #Nike, la victoire à tout prix

    L’équipementier américain Nike a lancé en 2001 aux États-Unis un groupe d’athlètes de haut niveau, l’Oregon Project, financé par la marque à des fins promotionnelles. Mais en 2019, son entraîneur Alberto Salazar est suspendu par l’Agence américaine antidopage lors des championnats du monde d’athlétisme. Il est accusé d’"incitation à une conduite dopante". La direction de Nike dissout aussitôt le projet.

    Plus disponible sur arte, mais voici la bande-annonce :
    https://ne-np.facebook.com/infobyarte/videos/nike-la-victoire-%C3%A0-tout-prix-thema-arte/324506792744931/?__so__=permalink&__rv__=related_videos

    #sport #Alberto_Salazar #dopage #doping #Nike_Oregon_Project #Oregon_Project #Projet_Oregon #marathon #médecine_du_sport #athlétisme #techniques_d'entraînement #entraînement #violences_psychologiques #Mary_Cain #violences_physiques #poids #performance #optimisation #médicaments #EPO #vaporFly #vapor_fly #technologie #chaussures #AlphaFly #Alpha_Fly #marketing #Peter_Julien #dopage_technologique

  • #Alberto_Di_Monte. Condividere il passo dei migranti

    Geografo e appassionato escursionista, Di Monte ha percorso e descritto cinque sentieri alpini. Attraversati, ieri come oggi, da persone in transito, in fuga da guerra e povertà.

    “Settant’anni fa ci passavano gli ebrei in fuga dalle persecuzioni razziali, oggi sono i migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, decisi a lasciare l’Italia per costruirsi un futuro migliore altrove, a percorrere i sentieri tra Dumenza, in provincia di Varese, e Astano in Svizzera. Lo stesso succede sulle propaggini settentrionali della Val di Susa, ora punto di transito ineludibile delle rotte migratorie che vanno dal Mediterraneo verso il Nord Europa e negli anni del secondo dopoguerra “sbocco naturale per milioni di italiani in cerca di lavoro dai cugini d’Oltralpe”. Le somiglianze tra i migranti di una volta e quelli di oggi sono notevoli, a partire dal comune desiderio di lasciarsi la povertà e le persecuzioni alle spalle, imboccando quei sentieri che scavalcano le frontiere e aprono le porte, forse, a un futuro migliore.

    Proprie le rotte utilizzate dai migranti di oggi e di ieri sono al centro del volume “Sentieri migranti. Tracce che calpestano il confine” (Mursia, 2021) che Alberto Di Monte, geografo e appassionato escursionista, ha recentemente pubblicato, descrivendo un percorso per entrare in Italia e quattro per proseguire verso Nord. Da Ventimiglia a Trieste, passando per Como, la Val di Susa, il Brennero, il libro tocca cinque punti caldi delle rotte migratorie che attraversano la Penisola, mettendo insieme ricordi personali e informazioni utili per gli escursionisti ma ricostruendo anche il periodo, il contesto e i motivi per cui ognuna delle zone attraversate è entrata nella grande storia delle migrazioni.

    Che cosa ha voluto dire ripercorrere questi sentieri?
    ADM Da cittadino, provo un profondo affetto per l’ambiente montano, esplorato sia in solitaria attraverso le discipline d’alta quota, sia in una dimensione collettiva con l’Associazione proletari escursionisti (“Sentieri proletari” è il primo libro edito da Mursia di Alberto Di Monte dedicato alla vicenda centenaria dell’Ape, ndr). In questo caso, però, l’esperienza era diversa: partivo da solo ma avevo la certezza di incontrare migranti in cammino, con motivazioni del tutto diverse dalle mie, o qualche accompagnatore che poteva aiutarmi a vedere quanto non era immediatamente visibile. Anche se apparentemente il panorama è fisso e immobile, un sentiero cambia completamente a seconda della stagione e col trascorrere del tempo. Ma cambia anche a seconda delle motivazioni che hanno spinto qualcuno a intraprenderlo.

    Possiamo considerare il camminare lungo queste vie un atto politico, una denuncia della gestione europea delle migrazioni?
    ADM È un atto politico perché richiede non solo la rinuncia all’attitudine dell’escursionista e del turista dolce, ma anche uno sforzo, se non di immedesimazione con i migranti, almeno di liberazione da tutti gli altri vestiti sociali. Inoltre attraversare questi sentieri è un atto di delegittimazione delle politiche migratorie dei Paesi europei: tanto più queste vie vengono attraversate, percorse e raccontate, tanto più si esprime vicinanza alle persone in movimento, dicendo chiaramente che non esistono persone illegali o aspirazioni illegittime. Condividerne il passo è un modo per ribadirlo.

    Nel suo libro non manca mai, in ciascuna delle tappe percorse, un riferimento anche ai solidali, alle persone che supportano i migranti lungo il percorso. Quanto sono stati importanti per le sue escursioni?
    ADM Sono stati coloro che mi hanno accompagnato lungo questi sentieri. Sono stati importanti perché, innanzitutto, mi hanno permesso di inserire nel libro solo le informazioni strettamente necessarie, a tutela di chi ancora è sulla rotta: ci sono fatti, incontri e ulteriori vie di cui, per ovvie ragioni, non ho parlato. Premesso questo, è indubbio che camminare con chi già conosce e abita i luoghi da attraversare dà l’opportunità di osservare ciò che l’occhio nudo non vede: non solo le potenziali difficoltà di attraversamento ma anche i cambiamenti che, nel tempo, hanno interessato quelle zone.

    “Un sentiero cambia completamente a seconda della stagione e col trascorrere del tempo. Ma cambia anche a seconda delle motivazioni che hanno spinto qualcuno a intraprenderlo”

    E per i migranti, invece, qual è il ruolo dei solidali che, in vari casi, proprio per questa loro attività, sono stati presi di mira dalle autorità?
    ADM Da quello più duro e difficile, come il disincentivare dal partire per il confine ormai in vista, qualora le condizioni non lo permettano; fino a quelli più immediati come fornire indicazioni, una coperta termica o calzature adeguate, o attivare i propri contatti oltreconfine. Ogni gesto di attivazione a fianco dei migranti è importante. Proprio il sostegno nell’ultima parte del percorso è uno dei più delicati e importanti perché, come nelle uscite alpinistiche, la discesa è più difficile rispetto al raggiungimento della vetta. Lo stesso succede ai migranti: è quando hanno attraversato il confine, ma non sanno di preciso dove si trovano e si sentono più stanchi, che la paura, il freddo, la stanchezza li possono colpire più facilmente. Per questo è importante, ad esempio sul versante francese, la presenza di “ronde” di solidali che si muovono sulle montagne di notte alla ricerca di persone disperse che hanno bisogno di sostegno.

    La descrizione di un sentiero diventa l’occasione per ripercorrerne la storia recente e non solo. Nella sua ottica l’escursionismo diventa un’occasione per conoscere un luogo, le sue caratteristiche tecniche e le persone che ne hanno fatto la storia?
    ADM L’escursionismo e l’alpinismo sono due discipline autenticamente moderne, anche se il sentiero, in ogni epoca, ha avuto il suo significato. Solo nell’ultimo secolo i sentieri sono diventati luoghi di divertimento, di svago, di esplorazione e agonismo. Ma già oggi questi percorsi hanno assunto significati diversi per alcune persone: sono semplici luoghi di passaggio, di connessione più rapida tra due punti.

    Le tracce utilizzate oggi dai migranti sono le stesse già usate a suo tempo dagli emigranti italiani e dai contrabbandieri?
    ADM Già in un altro libro citavo un episodio del 1923 riportato sulla rivista “Sport e proletariato” in cui si narrava della tempesta che aveva colto impreparati 23 migranti italiani nel tentativo di raggiungere la Francia attraverso i sentieri lungo le Alpi perché privi dei documenti adatti per l’espatrio. E già allora ci si interrogava sull’assurdità di queste tragedie. Anche questo libro insiste sulla stessa nota, mettendo in evidenza come i sentieri che ho descritto siano percorsi da comunità in fuga. Di ogni tempo. Settant’anni fa, nel caso di Ventimiglia ma non solo, da esuli antifascisti ed ebrei, trent’anni fa dalle persone in fuga dalle guerre balcaniche, oggi da migranti provenienti da Medio Oriente o dai Paesi africani. In alcuni casi, addirittura, questi diversi passaggi hanno lasciato delle tracce nel tempo: mappe, scritte sui muri, date impresse lungo il percorso.

    Dove queste tracce del passato sono rimaste più evidenti?
    ADM Sicuramente sul confine italo-francese a Ventimiglia. Il sentiero tra l’ultima località italiana e il panettone calcareo della Girandola, che separa i Balzi Rossi dalla Francia, è stato utilizzato di sicuro dagli ebrei in fuga. Ne è testimonianza una mappa e un documento in cui un ebreo perseguitato descriveva il percorso da seguire per raggiungere la Francia. E più recentemente, sui muri delle ultime case prima del confine si leggono una miriade di scritte e di annotazioni che raccontano chi è passato con messaggi di buon viaggio, di buona speranza o anche di disprezzo verso chi continua a ostacolare i percorsi migratori.

    Dei cinque percorsi descritti qual è quello che più le è piaciuto dal punto di vista escursionista? E quello che più consiglierebbe
    ADM Personalmente sono molto affezionato alle Alpi occidentali, in particolare alla Val di Susa e ai sentieri che vi si diramano. Anche se devo ammettere che una scoperta unica è stato il Brennero: sebbene nella mia mente vi associassi istintivamente solo una lunga fila di camion in attesa, ho scoperto che lungo il confine austriaco, appena sopra il passo, si arriva in una terra straordinaria. Dal punto di vista dei paesaggi ma anche da quello dell’aspetto del confine che, da grande Moloch controllato e militarizzato, torna a essere un elenco di cippi di pietra alti 30 centimetri e abbandonati lì da almeno un secolo.

    https://altreconomia.it/alberto-di-monte-condividere-il-passo-dei-migranti
    #montagnes #Alpes #frontières #migrations #réfugiés #asile #histoire #Dumenza #Astano #frontière_sud-alpine

    • "SENTIERI MIGRANTI. Tracce che calpestano il confine"

      «Il 3% della popolazione mondiale sta muovendo i propri passi altrove. Duecentosessanta milioni di donne e uomini si stanno spostando da qui a là in cerca di migliori condizioni di vita, senza intenzione di far ritorno a breve termine. Nella maggior parte dei casi si diviene migranti per motivi di studio o in cerca di lavoro. È il caso di quanti oggi lasciano l’India e la Cina, o l’America Centrale, ma anche quello di tanti giovani italiani alle prese con una carriera accademica precaria o l’ambizione di maggior meritato guadagno. Qual è la differenza? Se gli italo-parlanti vengono vezzeggiati dai rotocalchi col titolo di «cervelli in fuga» (180.000 laureati espatriati in dieci anni), a quasi tutti gli altri giramondo resta invece appiccicata la piatta etichetta di migranti economici.», si apre così Sentieri Migranti (Mursia, pagg. 194, Euro 15,00, con inserto fotografico), il nuovo libro di Alberto Di Monte che è al contempo una guida preziosa per tutti coloro che vogliono provare a percorrere alcuni dei tragitti utilizzati da migliaia di uomini e donne come via di fuga verso una vita migliore e un’attenta ricostruzione dell’evoluzione dei meccanismi istituzionali che tentano di impedirne l’attraversamento dei confini nazionali.

      I sentieri di cui questo volume narra sono anzitutto l’esito di un calpestio reiterato, incessante, prolungato: sono quelli percorsi da chi, per scelta, per obbligo e per necessità, intraprende un viaggio, trasformandosi in migrante dopo essere stato esule, perseguitato o discriminato.

      Con la compagnia di guide non professioniste, l’Autore percorre cinque rotte disseminate lungo l’arco alpino con partenza da Ventimiglia, una deviazione in Val Roja, una tappa a Bardonecchia e a Claviere, prima di prendere la via del nord lungo la linea immaginaria che unisce i tre laghi tra Luino e Chiasso, per spostarsi infine nei pressi di Trieste passando per il Brennero.

      Un cammino che si trasforma in racconto delle vite di chi, al di là di ogni restrizione, continua insistentemente a cercare una via di fuga verso una prospettiva migliore.

      https://www.mursia.com/blogs/notizie/sentieri-migranti-tracce-che-calpestano-il-confine

      #libro

  • L’ITALIA COLONIALE.
    Attualità e storie dimenticate dalle ex Colonie italiane – Diretto da #Alberto_Alpozzi

    L’ITALIA COLONIALE è un #blog di storici, giornalisti, scrittori, collezionisti e semplici appassionati di storia coloniale italiana accomunati dalla passione per la storia d’Italia.

    https://italiacoloniale.com
    #Italie_coloniale #colonialisme_italien #Italie #colonialisme #colonisation #histoire #histoire_militaire

    @cede : un site que j’ai parcouru rapidement et qui a l’air très « colonial » et peu « post-colonial », mais avec plein d’informations sur la période coloniale italienne...

    –—

    ajouté à la métaliste sur le colonialisme italien :
    https://seenthis.net/messages/871953

  • #Loi_de_Brandolini

    La loi de #Brandolini, ou #principe_d'asymétrie_des_idioties (#bullshit_asymmetry_principle en anglais, langue dans laquelle cette expression est plus connue)1, est un adage ou aphorisme énonçant que « la quantité d’énergie nécessaire pour réfuter des idioties est supérieure d’un ordre de grandeur à celle nécessaire pour les produire ». Ce principe critique la technique de #propagande (en) consistant en la diffusion de masse d’#infox qui exploite la #crédulité d’un certain public en faisant appel à son système de pensée rapide, instinctif et émotionnel.

    Pour le dire simplement : s’il est facile de créer une #fausse_information, sur le fond et la forme, en quelques minutes, il faudra probablement plusieurs heures pour démonter chaque point et montrer ainsi la #fausseté de l’ensemble.

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Loi_de_Brandolini
    #idioties #fake-news #fake_news #émotions #démonstration #contre-démonstration #Alberto_Brandolini #Brandolini

  • Au Pérou, l’ex-président Alberto Fujimori devant la justice pour avoir orchestré une politique de stérilisations forcées
    https://www.lemonde.fr/international/article/2021/03/10/au-perou-alberto-fujimori-devant-la-justice-dans-le-dossier-des-sterilisatio

    « Un jour, ils sont venus me chercher et ils m’ont fait monter de force dans une ambulance. Je n’étais pas seule, il y avait d’autres femmes avec moi, ils nous ont emmenées comme du bétail. » Aurelia Paccohuanca avait 24 ans quand elle a été forcée de subir une opération de stérilisation. « On m’a dit que je ne devais plus avoir d’enfants, que je devais me faire ligaturer les trompes. Je ne savais même pas ce qu’était la ligature des trompes ! “Comment, vous ne savez pas ?”, on m’a dit. “Vous êtes des ignorants !” Arrivées au centre de santé, on nous a demandé de nous déshabiller, certaines femmes criaient. »

    Les médecins l’endorment, l’opèrent alors qu’elle est à demi consciente et la renvoient chez elle, sans aucun suivi post-opératoire. C’était en 1998, sous la présidence d’Alberto Fujimori (1990-2000). Elle en garde des douleurs et un profond traumatisme.

    et après paywall...

    Celui de l’ancien président Alberto Fujimori et trois de ses ministres, accusés d’avoir fait stériliser plus de 300 000 femmes, la plupart sans leur consentement, entre 1996 et 2000. Après moult reports, une première audience préliminaire s’est tenue ce lundi 1er mars.
    (y’a du y avoir un kouak entre le titre et chapo)
    https://www.rfi.fr/fr/am%C3%A9riques/20210302-p%C3%A9rou-alberto-fujimori-devant-les-juges-pour-la-st%C3%A9rilisation

  • Par-delà l’État peste – Alberto Toscano - ACTA
    https://acta.zone/alberto-toscano-par-dela-letat-peste

    Alors que l’épidémie de Covid-19 a mis en lumière notre dépendance vis-à-vis des institutions étatiques quant aux enjeux de santé collective et que l’on assiste à la remise au goût du jour des hypothèses keynésiennes de restructuration du capitalisme, Alberto Toscano interroge l’ambivalence de ce regain de « désir pour l’État ». Empruntant un détour par la philosophie classique occidentale, il propose l’hypothèse d’un double biopouvoir seul à même de réactualiser l’hypothèse révolutionnaire aujourd’hui.

    Il est courant, lorsque l’on commente des crises de diverses natures, de constater leur capacité à faire surgir soudainement ce que la reproduction apparemment paisible du statu quo laisse inaperçu, à révéler les coulisses, à arracher les œillères qui d’ordinaire recouvrent nos yeux, etc. Le caractère, la durée et l’ampleur de la pandémie de Covid-19 illustrent de manière particulièrement complète cette vieille vérité apocalyptique. De l’exposition différentielle à la mort engendrée par le capitalisme racial à la mise en avant du travail de soins, de l’attention portée aux conditions létales d’incarcération à la baisse de la pollution visible à l’œil nu, les révélations catalysées par la pandémie semblent aussi illimitées que son impact continu sur nos relations sociales de production et de reproduction.

    La dimension politique de notre vie collective n’y fait pas exception. Les états d’alerte et d’urgence se multiplient, de véritables dictatures sanitaires voient le jour (notamment en Hongrie), l’urgence sanitaire est militarisée, et ce que The Economist nomme un « coronopticon » est bêta-testé de façon variable sur des populations paniquées1. Et pourtant, il serait bien trop simple de se contenter de fustiger les différentes formes d’autoritarisme médical qui sont apparues sur la scène politique contemporaine. En particulier pour ceux investis dans la préservation d’un avenir émancipateur au lendemain de la pandémie, il est crucial de réfléchir à la profonde ambivalence envers l’État que cette crise met en évidence.
    Nous sommes témoins d’un désir généralisé pour l’État – d’une demande à ce que les autorités publiques agissent rapidement et efficacement, qu’elles financent correctement la « ligne de front » épidémiologique, que les emplois, les moyens de subsistance et la santé soient garantis face à une interruption sans précédent de la « normalité ». Et, corrigeant une conception progressiste et pleine d’espoir, selon laquelle toute répression est d’origine verticale ( top-down ), il y a aussi une demande ambiante à ce que les autorités publiques punissent rapidement ceux qui ont un comportement imprudent ou dangereux.

    Compte tenu de l’étroitesse de nos imaginaires et de notre rhétorique politiques – mais aussi, je dirais, de la nature même de l’État – ce désir s’exprime, dans une très large mesure, en termes martiaux. Nos oreilles sont abruties par les déclarations de guerre contre le coronavirus : le « vecteur en chef » américain, comme l’a bien nommé Fintan O’Toole2, tweete que « l’ennemi invisible sera bientôt en pleine retraite », tandis qu’un Premier ministre britannique en convalescence parle d’un « combat que nous n’avons jamais mené contre un ennemi que nous ne comprenons pas encore tout à fait ». Des analogies nationalistes à l’« esprit du Blitz » sont proposées, tandis que des pouvoirs législatifs de temps de guerre sont promulgués temporairement pour nationaliser des industries afin de produire des ventilateurs et des équipements de protection individuelle.
    Bien sûr, faire la guerre à un virus n’est finalement pas plus convaincant que de mener la guerre contre un nom (par exemple le terrorisme), mais c’est une métaphore profondément ancrée à la fois dans notre réflexion sur l’immunité et l’infection, et dans notre vocabulaire politique. Comme en témoigne l’histoire de l’État et de notre perception de celui-ci, il est souvent extrêmement difficile de distinguer le médical du militaire, que ce soit au niveau de l’idéologie ou de la pratique. Pourtant, de même que la détection des clusters capitalistes derrière cette crise ne nous dispense pas de faire face à nos propres complicités3, de même le fait de fustiger l’incompétence et la malveillance politiques qui sévissent dans les réponses au Covid-19 ne nous dispense pas de faire face à notre propre désir contradictoire pour l’État.
    L’histoire de la philosophie politique peut peut-être apporter un éclairage partiel sur notre situation difficile. Après tout, le nexus entre l’aliénation de notre volonté politique au profit d’un souverain et la capacité de ce dernier à préserver la vie et la santé de ses sujets, notamment face aux épidémies et aux fléaux, est à l’origine même de la pensée politique occidentale moderne – qui, pour le meilleur et pour le pire, continue de façonner notre sens commun. La meilleure illustration en est peut-être la maxime inventée par l’homme d’État et philosophe romain Cicéron, puis adoptée au début de la période moderne – c’est-à-dire à l’époque de la gestation de l’État capitaliste moderne – par Thomas Hobbes, Baruch Spinoza, John Locke et l’insurgé niveleur William Rainsborowe4 : Salus populi suprema lex (Que le salut du peuple soit la loi suprême). Dans ce slogan d’une simplicité trompeuse, on peut identifier une grande partie de l’ambivalence portée par notre désir d’État – il peut être interprété comme la nécessité de subordonner l’exercice de la politique au bien-être collectif, mais il peut aussi légitimer la concentration absolue du pouvoir dans un souverain qui monopolise la capacité de définir à la fois ce qui constitue la santé et qui est le peuple (ce dernier pouvant facilement se transformer en une ethnie ou une race).

    Revisiter notre histoire politique et nos imaginaires politiques à travers le slogan de Cicéron, plutôt, disons, qu’à travers une focalisation unique sur la guerre comme sage-femme de l’État moderne, est particulièrement instructif à notre époque de pandémie. Prenez un exemplaire du Léviathan de Thomas Hobbes (1651) et regardez la célèbre image qui orne probablement sa couverture (dans l’original, c’était le frontispice, qui faisait face à la page de titre). Vous serez probablement frappé par la façon dont Hobbes a demandé à son graveur de représenter le souverain comme une tête regardant au-dessus d’un corps politique composé de ses sujets (tous regardant vers l’intérieur ou vers le haut du roi). Ou bien vous pouvez parcourir le paysage pour observer l’absence de travail dans les champs et les signes lointains de la guerre (barrages routiers, navires de guerre à l’horizon, panaches de fumée de canon). Ou encore, vous pouvez vous promener autour des icônes du pouvoir séculier et religieux disposées à gauche et à droite de l’image. Ce que vous risquez de manquer, c’est que la ville sur laquelle se dresse l’Homme artificiel de Hobbes est presque entièrement vide , à l’exception de quelques soldats en patrouille et de quelques figures inquiétantes portant des masques d’oiseaux, difficiles à distinguer sans grossissement. Ce sont des médecins de la peste. La guerre et les épidémies sont le contexte de l’incorporation de sujets désormais impuissants dans le souverain, ainsi que de leur isolement dans leurs foyers en temps de conflit et de contagion. Salus populi suprema lex .

    [...] En d’autres termes, lorsque la santé des populations et leur reproduction sociale sont profondément empêtrées dans les impératifs de l’accumulation – ceux-là mêmes qui déterminent la contribution de l’agrobusiness à la crise actuelle et l’abandon des grandes entreprises pharmaceutiques pour l’atténuer – l’État peut être intrinsèquement incapable de penser comme un épidémiologiste. [...]

    #État #désir_d'État #salut_public #biopouvoir #double_pouvoir #double_biopouvoir #Alberto_Toscano

    • [...] est-il possible d’imaginer des formes de santé publique qui ne seraient pas simplement synonymes de santé de l’État, des réponses aux pandémies qui n’enracineraient pas davantage notre désir et notre collusion avec les monopoles souverains du pouvoir ? Pouvons-nous éviter la tendance apparemment irréductible à traiter les crises comme des occasions d’élargir et d’approfondir encore les pouvoirs de l’État, alors que le peuple est absent et isolé ? L’histoire récente des épidémies en Afrique de l’Ouest a suggéré l’importance vitale des épidémiologistes qui pensent comme des communautés, et des communautés qui pensent comme des épidémiologistes5 – s’appuyant sur les économies morales et les observations locales pour remodeler le comportement social et corporel dans une direction préventive – tandis que la réflexion critique sur les limites des politiques de « confinement » sans la mise en place de « boucliers communautaires » va dans le même sens6.[...]

      Une piste spéculative pour commencer à séparer notre désir d’État de notre besoin de santé collective consiste à tourner notre attention vers les traditions de ce que nous pourrions appeler le « double biopouvoir », à savoir la tentative collective d’appropriation politique des aspects de la reproduction sociale, du logement à la médecine, que l’État et le capital ont abandonnés ou rendus insupportablement exclusifs, dans une « épidémie d’insécurité artificielle »7. La santé publique (ou populaire ou communale) n’a pas seulement été le vecteur de la prise de pouvoir récurrente de l’État, elle a aussi servi de point d’appui pour imaginer le démantèlement des formes et des rapports sociaux capitalistes sans s’appuyer sur le postulat d’une rupture politique dans le fonctionnement du pouvoir, sans attendre les lendemains révolutionnaires. Les expériences brutalement réprimées des Black Panthers avec des programmes de petits-déjeuners, le dépistage de la drépanocytose et un service de santé alternatif ne sont qu’un exemple parmi d’autres de ce type d’initiatives populaires anti-systémiques. Le grand défi pour le présent est de réfléchir non seulement à la manière dont de telles expériences politiques peuvent être reproduites dans diverses conditions sociales et épidémiologiques, mais aussi à la manière dont elles peuvent être étendues et coordonnées – sans pour autant renoncer à l’État lui-même en tant qu’arène de lutte et de revendications. Le slogan que les Black Panthers ont choisi pour leurs programmes est peut-être un contrepoids et un substitut approprié au lien hobbesien entre la santé, le droit et l’État. Survivre en attendant la révolution ( Survival Pending Revolution ).

      #santé_publique

  • #Spomenik. L’utopie de la #mémoire


    Livre de photo signé #Alberto_Campi (@albertocampiphoto)

    https://www.albertocampiphoto.com/presentazione-del-libro-spomenik-lutopie-de-la-memoire

    Pour voir quelques clichés sur le site web d’Alberto :
    https://www.albertocampiphoto.com/portfolio/items/38

    Le livre sera en vente bientôt online au prix de 20 EUR... il faut encore un peu de patience pour la mise en place de la vente (car auto-édition et auto-production)... Mais ça sera prêt pour vos cadeaux de Noël, si jamais ça vous tente...

    Le livre est en 4 langues :
    – français
    – italien
    – anglais
    – serbo-croate

    #spomenik #livre #monuments #photographie

    ping @philippe_de_jonckheere @visionscarto @isskein @reka @fil @nepthys @simplicissimus

  • Sous pression des marchés, Macri tente de reconquérir les Argentins
    https://www.mediapart.fr/journal/international/150819/sous-pression-des-marches-macri-tente-de-reconquerir-les-argentins

    Depuis dimanche, le président argentin, largement devancé lors des primaires, est sous pression politique et financière. Pour tenter d’endiguer la chute du peso et sa chute électorale, Mauricio Macri a annoncé une hausse du salaire minimum, des réductions d’impôt, des aides pour les petites entreprises, et appelle au secours l’opposition.

    #Amérique_du_Sud #Alberto_Fernández,_Crise,_Argentine,_monnaie,_changes,_Mauricio_Macri,_péronisme

  • Dans une Argentine minée par la crise, l’opposition favorite pour les élections
    https://www.mediapart.fr/journal/international/130819/dans-une-argentine-minee-par-la-crise-l-opposition-favorite-pour-les-elect

    Alberto Fernández, le candidat de l’opposition à la présidentielle, a largement devancé le président Mauricio Macri lors des primaires obligatoires pour tous les partis, dimanche 11 août. Un scrutin à valeur de test, à deux mois des élections générales. Le président paie la crise économique, aggravée par les mesures d’austérité imposées par le FMI. Lundi, le peso et la Bourse se sont effondrés en réaction à la défaite probable de Macri.

    #Amérique_du_Sud #Alberto_Fernández,_péronisme,_FMI,_austérité,_Argentine,_Crise,_Mauricio_Macri,_Cristina_Kirchner,_présidentielle

  • Dans une Argentine minée par la crise, l’opposition favorite pour les élections
    https://www.mediapart.fr/journal/international/130819/dans-une-argentine-minee-par-la-crise-lopposition-favorite-pour-les-electi

    Alberto Fernández, le candidat de l’opposition à la présidentielle, a largement devancé le président Mauricio Macri lors des primaires obligatoires pour tous les partis, dimanche 11 août. Un scrutin à valeur de test, à deux mois des élections générales. Le président paie la crise économique, aggravée par les mesures d’austérité imposées par le FMI. Lundi, le peso et la Bourse se sont effondrés en réaction à la défaite probable de Macri.

    #Amérique_du_Sud #Alberto_Fernández,_austérité,_Cristina_Kirchner,_Argentine,_présidentielle,_Crise,_FMI,_Mauricio_Macri,_péronisme

  • Segnalò ebrei e aderì a #Salò: i leghisti gli dedicano una via

    Per il podestà fascista #Airoldi la mozione al Comune di #Erba. Alla proposta della destra per «meriti culturali» rispondono Anpi, sinistra e sindacati: lunedì presidio.

    Negli anni Novanta, quando giocava alla secessione, la Lega era solita sostituire i nomi delle vie che avevano riferimenti nazionali con quelli leghisti. Il più classico era la sostituzione di via Roma con #via_Padania o #via_Lega_Lombarda.

    Lo fecero anche a Erba, nel comasco, dove oggi la Lega «non più Nord», insieme a Forza Italia e liste civiche del sindaco, vorrebbe intitolare una via a un podestà fascista che collaborò con i nazisti e partecipò alla Repubblica Sociale Italiana: #Alberto_Airoldi. Tutto parte da un appello ospitato a inizio luglio dal quotidiano locale La Provincia dove l’autore, lo scenografo Ezio Frigerio, propone di intitolare una via al podestà fascista. Il motivo è culturale: Alberto Airoldi ha contribuito a fondare nel 1923 il teatro Licinium di Erba, ha animato la rivista Brianza e si è affermato come poeta brianzolo.

    Ma per questi meriti Erba lo ha già omaggiato anni fa intitolandogli il cippo al teatro Licinium, un omaggio esclusivamente culturale. A nessuno era venuto in mente di celebrare in altro modo e in altri ambiti colui che fu sì un personaggio della cultura locale, ma soprattutto un fascista che collaborò coi nazisti nella persecuzione degli ebrei.

    Dalle parole dell’appello ai fatti, la Lega e il resto del centrodestra hanno preso la palla al balzo e scritto una mozione che presenteranno il 15 luglio in consiglio comunale. «Il podestà Alberto Airoldi amava Erba e i suoi concittadini che ha sempre tutelato e difeso», ha detto il deputato leghista e consigliere comunale Eugenio Zoffili.

    «Me l’hanno raccontato i nostri anziani e chi l’ha conosciuto di persona. Per la Lega non ci sono dubbi: è doveroso dedicargli una piazza della nostra città, ma anche organizzare incontri culturali e iniziative nelle nostre scuole per farlo conoscere ai nostri ragazzi. Chi a sinistra è contrario perché era fascista, o chi tentenna e fa il democristiano manca di rispetto a Erba che ricorda la sua storia per crescere forte nel futuro con l’esempio di persone come Alberto Airoldi di cui siamo tutti orgogliosi».

    Tra gli anziani con cui Zoffili ha parlato non devono esserci stati gli anziani della famiglia Usiglio o delle altre di origine ebraica segnalate da Airoldi al ministero degli Interni fascista. «Al di là delle sue posizioni e delle sue scelte politiche, Airoldi è stato il protagonista indiscusso di una stagione esaltante di rinascita culturale per la città», ha detto la vicesindaca leghista Erica Rivolta.

    Il podestà applicò le leggi razziali in modo scrupoloso e secondo alcune ricostruzioni si spinse anche oltre. A Radio Popolare Manuel Guzzone dell’Anpi di Como, che ha studiato la figura di Airoldi, ha raccontato che nel 1939 il podestà scrisse un opuscolo dal titolo «Elenco di cognomi ebraici», dove elencò famiglie ebraiche del territorio comasco fuori dai confini del comune di sua competenza, Erba.

    «In un certo senso aiutò chi venne dopo di lui, i nazisti, nei rastrellamenti. Molte di quelle famiglie avevano lasciato Milano per oltrepassare il confine comasco verso la Svizzera. Lui non solo approvò le leggi razziali, ma diede un ulteriore aiuto ai nazisti indicando le famiglie ebraiche del territorio».

    Fu coinvolto nel processo al Primo partigiano della resistenza brianzola Giancarlo Puecher, fucilato il 23 dicembre 1943 a Erba. «Il ruolo di Airoldi fu determinate – racconta Guzzon – C’è un ulteriore particolare che risuona particolarmente inopportuno. La via che cambierà di nome dovrebbe essere un tratto di via Crotto Rosa, la stessa dove al civico 5 aveva vissuto per un periodo un componente della famiglia Usiglio, una delle famiglie ebraiche di Erba segnalate da Airoldi».

    La mozione che arriverà in consiglio comunale il 15 luglio è sostenuta da Lega, Forza Italia, lista civica Il Buonsenso e lista civica del sindaco Veronica Airoldi, nipote del podestà: un grande omaggio al nonno.
    Nel comune comasco, a solida maggioranza di destra, in tanti non ci stanno e lunedì manifesteranno dalle ore 20 fuori dal consiglio comunale.

    «Le adesioni stanno crescendo», dicono dall’Anpi di Monguzzo. Ci saranno Cgil, Cisl, Uil e delegazioni da alcune fabbriche del territorio, come il cementificio Holcim.

    E poi il Pd, Rifondazione, Sinistra italiana e una ventina di associazioni. «Non è sufficiente esibire meriti culturali per cancellare una macchia indelebile come la complicità attiva nel regime fascista; persino Hermann Goering, numero due del nazismo, aveva meriti culturali ed era uno dei più grandi collezionisti d’arte, ma nessuno in Germania si sognerebbe mai di intitolargli una via», scrive l’Anpi nell’appello. Una piccola storia locale, un podestà a cui verrà intitolata una via, ma che racconta come avviene la normalizzazione del fascismo.

    https://ilmanifesto.it/segnalo-ebrei-e-aderi-a-salo-i-leghisti-gli-dedicano-una-via
    #toponymie #noms_de_rue #Italie #fascisme

  • Amianto. Une histoire ouvrière

    « C’est un travail dangereux de souder à quelques centimètres d’une cuve de pétrole. Une seule étincelle est capable d’amorcer une bombe qui peut emporter une raffinerie. C’est pour cela qu’on vous dit d’utiliser cette bâche gris sale, qui résiste aux températures élevées car elle est produite avec une substance légère et indestructible : l’amiante. Avec elle, les étincelles restent prisonnières et vous, vous restez prisonnier avec elles, et sous la bâche en amiante, vous respirez les substances libérées par la fusion de l’électrode. Une seule fibre d’amiante et dans vingt ans vous êtes mort. »

    #Alberto_Prunetti raconte l’histoire de son père, Renato, né en 1945 à Livourne. Soudeur dans les #raffineries et les #aciéries italiennes depuis l’âge de quatorze ans, Renato s’empoisonne lentement au travail : il respire de l’essence, le plomb lui entre dans les os, le titane lui bouche les pores de la peau, et finalement, une fibre d’amiante se glisse dans ses poumons. Il meurt à 59 ans, après plusieurs années passées à l’hôpital.

    En contrepoint de ce récit tragique, l’auteur rapporte ses souvenirs d’enfance, entre parties de foot et bagarres, et décrit une époque, sa musique, ses dialectes, ses grands événements sportifs – dans cette Toscane ouvrière où les années 1970 furent une décennie de luttes sociales, avant que les restructurations des années 1980 n’y mettent bon ordre.

    L’opposition entre le père, parfait représentant de l’idéologie stalinienne du travail, et le fils qui incarne très vite la figure du précaire, n’empêche pas que s’exprime le profond amour qui les lie, teinté d’agacement et d’amusement avant que la maladie ne s’installe. L’humour constant, la délicatesse des sentiments, l’érudition historique et technique se mêlent dans ce récit.


    https://agone.org/memoiressociales/amianto
    #livre #amiante #travail #décès #Italie #classe_ouvrière

  • « L’Etat ne peut contraindre quelqu’un à vivre contre sa volonté »

    #Jacqueline_Jencquel a fixé la date de sa mort : elle s’en ira en janvier 2020, à l’âge de 75 ans, en bonne santé et assistée par l’association #suisse #Lifecircle. Son histoire relance le débat autour des critères d’accès à l’aide au suicide. Pour l’éthicien #Alberto_Bondolfi, le financement des associations devrait être mieux contrôlé.


    https://www.swissinfo.ch/fre/economie/aide-au-suicide_-l-etat-ne-peut-contraindre-quelqu-un-%C3%A0-vivre-contre-sa-volont%C3%A9-/44428408
    #aide_au_suicide #suicide_assisté #mourir #mort #éthique #suicide

    • Cependant, l’histoire de Jacqueline Jencquel est difficilement imitable. Elle a elle-même évoqué la somme de 10’000 francs que lui coûtera son suicide. J’ai l’impression qu’il s’agit d’une personne aisée, qui a un style de vie particulier. Il est difficile pour un Suisse moyen de s’identifier à ce cas. Pour le moment, le phénomène reste aristocratique et ne touche pas encore la majorité de la population.

      Ouf, nous voici soulagés. Tant que cet « acte » ne restera accessible qu’aux nantis, l’armée de réserve du Capital ne risque pas de voir ses effectifs fondre.

      Cet article est profondément dégueulasse.

      #Âgisme

  • [S E M I N A I R E] : Participation et biens communs
    http://seminaire.samizdat.net/spip.php?article271

    Au sein de la Constitution et au-delà de la Constitution
    Participation et biens communs
    A la recherche de nouvelles dimensions de droit public

    samedi 6 octobre 2012 par Alberto Lucarelli

    On constate aujourd’hui la montée en puissance de deux phénomènes : la fragmentation de l’intérêt public et la privatisation des biens appartenant autrefois aux collectivités publiques et il convient de réfléchir à la construction de systèmes de droit public susceptibles d’encadrer de nouvelles catégories juridiques, économiques et sociales.

    L’un de ces systèmes se propose de revisiter le droit de propriété tel qu’il s’exprime aujourd’hui ,droit qui repose sur le concept de dominium dans les rapports du propriétaire avec son bien. Il s’agit de réagir à un processus de dégénérescence, des valeurs traditionnelles et de proposer un parcours qui conduise du public au commun.

    Il est nécessaire d’imaginer une nouvelle forme de droit public qui protège et valorise certains biens publics liés à des droits fondamentaux, en tant que biens collectifs et sociaux . Il faut aller au-delà des dichotomies public-privé d’une part et propriété-gestion d’autre part.

    C’est dans cette optique que se situent certaines expériences participatives de base, par lesquelles on tente de conduire les orientations des pouvoirs publics vers des formes de conservation de biens publics considérés comme essentiels à la satisfaction des besoins fondamentaux des hommes en les soustrayant au détournement vers des fonctions étrangères leur finalité d’origine. Il s’agit d’expériences de « base » partant « de la base », expression de conflits, de propositions et de contrôles , signes avant-coureurs enregistrés sur le front de la mobilisation sociale exprimant une demande de la part de citoyens actifs alertés par des tentatives répétées d’enlever au secteur public et donc aux citoyens eux-mêmes, des biens différents des biens marchands et dont la disponibilité , liée à l’exercice effectif des droits fondamentaux, doit être préservée.

    #Alberto_Lucarelli #Communs #Droit

  • La Catastrophe invisible, une histoire sociale de l’héroïne | Les oreilles loin du front
    http://loldf.org/spip.php?article610

    Cette semaine on a parlé avec le sociologue Michel Kokoreff de l’histoire de l’héroïne, celle de la répression, de la guerre à la drogue et, en corollaire, de celle de l’absence de culture de santé publique en France. Michel Kokoreff a coordonné l’ouvrage collectif « La Catastrophe invisible Histoire sociale de l’héroïne » (France, années 1950-2000) publié aux éditions Amsterdam. Durée : 1h09. Source : Fréquence Paris Plurielle

    http://loldf.org/archives/18.05.02.histoire.sociale.heroine.michel.kokoreff.mp3

  • Pérou : un « pacte d’impunité » derrière la grâce de Fujimori
    https://www.mediapart.fr/journal/international/271217/perou-un-pacte-dimpunite-derriere-la-grace-de-fujimori

    Quelques jours après avoir bénéficié d’une partie des voix fujimoristes pour contrer la procédure parlementaire visant à sa destitution, le président #Pedro_Pablo_Kuczynski a gracié dimanche l’ancien dictateur #Alberto_Fujimori, sous le coup d’une peine de vingt-cinq ans de prison pour « crimes contre l’humanité » et « corruption ». Un recours est engagé devant la Cour interaméricaine des droits de l’homme.

    #International #grâce_présidentielle

  • Neofascisti romani. I neri che fanno paura (e non sono gli immigrati)

    29/09/2017 Una giovane famiglia italiana di origine eritrea ottiene regolarmente una casa popolare, prima occupata abusivamente da una famiglia italiana. Ma interviene “Roma ai romani”, che difende gli abusivi contro questi “italiani dalla pelle nera”. Risultato: la famiglia rinuncia alla casa. È la seconda volta che succede, in pochi mesi. Ecco chi sono i neofascisti e qual è la strategia della galassia nera della capitale.


    http://www.famigliacristiana.it/articolo/neofascisti-romani-i-neri-che-fanno-paura-e-non-sono-gli-immigrati
    #Rome #Italie #extrême_droite #extrême-droite #néo-fascisme #néonazis #casapound #casa_pound #anti-migrants #anti-réfugiés #No_Bolkestein #identitaires #La_feccia #Roma_ai_romani #forza_nuova #xénophobie #racisme #Giuliano_Castellino #Nel_dubbio_mena #Alberto_Palladino #Zippo #Roberto_Fiore #Terza_posizione #Militia #Maurizio_Boccacci #Movimento_politico #Eric_Priebke #Massimo_Carminati #er_pantera #Luigi_Aronica

    cc @albertocampiphoto @marty